Carlo Michelstaedter, La Persuasione e la Rettorica

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Carlo Michelstaedter, La Persuasione e la Rettorica
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Carlo Michelstaedter,
La Persuasione e la Rettorica
«Ogni suo attimo è un secolo della vita degli
altri, - finché egli faccia di se stesso fiamma e
giunga a consistere nell’ultimo presente»
La Persuasione e la Rettorica è la tesi di
laurea di Carlo Michelstaedter e la sua
maggiore opera nonché fulcro centrale su cui
ruota l’intero pensiero dell’intellettuale. Lo
scritto, terminato il 17 ottobre 1910, data in
cui l’autore mise fine alla sua tormentata
esistenza, e pubblicato postumo nel 1913,
offre uno sguardo lucido e critico sulla società
borghese moderna e sui sistemi del
positivismo e dell’idealismo su cui
quest’ultima si costituisce, portandone in
superficie le contraddizioni più aspre,
demistificando la realtà umana, i bisogni che
induce e le maschere che inevitabilmente
costringe a portare, causa di un vero e
proprio scollamento tra individuo e realtà.
La tesi è un testo formalmente
inclassificabile, che si evolve a partire dalla
riflessione sul rapporto tra individuo, vita e
morte e trova nel dualismo “persuasionerettorica” un’alternativa filosofica ed eticoesistenziale. La Persuasione corrisponde
all’essere, dunque al tentativo di giungere al
possesso di se stessi («Persuaso è chi ha in
sé la sua vita»), mentre la Rettorica coincide
con il non essere, in quanto rappresenta tutti
i tentativi dell’uomo di occultare l’impossibilità
di giungere alla Persuasione a causa della
manchevolezza della vita, del nulla totale e
del dolore che «stilla sotto a tutte le cose».
La vita umana inautentica e rettorica è come
il desiderio di un peso per cadere e giungere
al punto più basso, esiste in relazione
all’impossibilità di soddisfare il proprio volere
e dunque è continua mancanza e sofferenza.
Il sapere accademico e la società sono piena
espressione della Rettorica, in quanto il primo
duplica l’uomo in ciò che è e ciò che sa,
mentre la seconda lo scinde in ciò che è e ciò
che fa. La Persuasione rappresenta dunque il
tentativo di superare questo dualismo per
giungere a essere uno e indipendente.
Il peggior nemico della Persuasione è il
tempo, poiché in esso regna la paura della
morte (che è in realtà paura di una vita
segnata dall’inevitabile fine) e la correlazione,
che porta al confronto tra due enti, causando
necessariamente la consapevolezza del non
essere nell’ente che percepisce, causa della
vita inautentica. Annientando il tempo si
annienta, infatti, ogni punto di contatto con il
non essere. Di conseguenza l’uomo giusto,
che giunge alla Persuasione con una presa di
volontà, è quell’uomo che non dipende più
dal mondo, bensì è lui stesso a formarlo
essendo uno e partecipe del tutto.
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L’uomo, però, indotto a soddisfare i propri
desideri dalla philopsichìa (amore della vita o
dio del piacere), inganna se stesso, vivendo
nell’illusione e perseguendo un piacere
puramente illusorio così come lo sono i suoi
bisogni: egli cerca dunque di avere un
rapporto che lo soddisfi con il mondo esterno,
ignorando che la realizzazione umana
dipende esclusivamente dal possesso di se
stessi, che diviene possesso di ogni altro
ente, poiché l’uomo persuaso ha in sé ogni
cosa.
L’uomo che approda alla Persuasione non può
temere la morte poiché non desidera nulla di
un tempo futuro, essendo realizzato e libero
nell’Assoluto, vivo in ogni attimo. La salvezza
dunque può essere conquistata solo
dall’uomo stesso, che si erge al di sopra di
ogni ente metafisico. Una volta superata la
paura della morte non vi è nulla che possa
turbare l’uomo persuaso, tuttavia
estremamente solo e diverso, proprio in virtù
del suo ergersi oltre ogni confine rettorico
che caratterizza la fallace vita degli uomini.
rigetta ogni principio rettorico e non è in
grado di giungere alla Persuasione non resta
che la morte, intesa come negazione di ogni
desiderio, di ogni bisogno e del non essere
che circonda ogni uomo.
Bibliografia:
Carlo Michelstaedter, La Persuasione e la
Rettorica, Milano, Adelphi, 1982 (14ª
edizione); Id., Epistolario, Milano, Adelphi,
1983 (2ª edizione).
Contributo:
Tiago Felicetti (classe V I, L.C. Virgilio, Roma)
La vita autentica si configura come una lotta
in cui non è lecito accontentarsi o adeguarsi,
in cui il possesso di sé si conquista attimo per
attimo attraverso il dolore, la solitudine, la
consapevolezza della propria fine e la
necessità di Assoluto. Spesso infatti
intraprendere la via della Persuasione è molto
difficile, quasi aldilà dell’agire umano e
l’uomo preferisce dunque ridursi ai sentieri
già tracciati della vita rettorica («Gli uomini
temo che siano sì bene incamminati, che non
verrà loro mai il capriccio di uscire dalla
tranquilla e minore età»). Infine all’uomo che
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