Lezione 19 - ESERCIZIO FISICO
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Lezione 19 - ESERCIZIO FISICO
Lezione 19 - ESERCIZIO FISICO Dia 1 Da decenni è nota l’importanza dell’esercizio fisico sul metabolismo glucidico. Una delle prime cose che impara il diabetico di tipo 1 sottoposto a terapia insulinica è proprio come modulare la dose di insulina non solo in rapporto con i pasti ma anche in relazione all’esercizio fisico. Nel diabetico di tipo 1 il fabbisogno insulinico è aumentato dalla sedentarietà ed è ridotto dall’attività motoria. La fisiologia ci insegna che l’insulina è facilitata nel compito di promuovere l’utilizzazione del glucosio da parte delle cellule muscolari se queste sono sottoposte ad attività motoria. Dia 2 Ma solo recentemente sono stati eseguiti studi sperimentali che hanno dimostrato come l’esercizio fisico possa notevolmente ridurre la comparsa di un diabete di tipo 2. Ciò è possibile perché la resistenza insulinica, che è alla base della fisiopatologia del diabete di tipo 2, è ridotta dall’esercizio fisico. Aumenta quindi, di conseguenza, l’efficacia insulinica sui tessuti bersaglio: muscolo, fegato e tessuto adiposo. Dia 3 Nel 2001 è stato pubblicato uno studio finlandese, il “Finnish Diabetes Prevention Study”, che riuscì a dimostrare per la prima volta l’importanza dell’esercizio fisico nel ridurre l’insorgenza di nuovi casi di diabete di tipo 2: 2. 522 soggetti con intolleranza glucidica e con sovrappeso o obesi, furono randomizzati in 2 gruppi e seguiti per oltre 3 anni. Mentre uno dei due gruppi fu seguito con una visita all’anno, e fungeva da gruppo di controllo, l’altro fu sottoposto a cambiamento dello stile di vita, stimolato da 10 visite all’anno, consistente in: Dia 4 - fare attività fisica per almeno mezz’ora al giorno, cammino, jogging, nuoto, scii ecc) per almeno 4 giorni alla settimana - ottenere una riduzione ponderale di almeno il 5% - seguire una alimentazione in cui la quota lipidica non superasse il 30% delle calorie totali, i grassi saturi non fossero superiori al 10% e il contenuto di fibre fosse di almeno 15 gr per 1.000 calorie assunte. Dia 5 Gli obbiettivi che gli sperimentatori si erano prefissi furono raggiunti solo da alcuni soggetti e precisamente: - l’86% dei soggetti riuscì a fare un’attività fisica, contro il 71% del gruppo di controllo, con elevata significatività statistica, - solo il 43% dei soggetti riuscì a ridurre il proprio peso al di sotto del 15%, contro il 13% del gruppo di controllo, con elevata significatività statistica - solo il 47% riuscì a mantenere una alimentazione con contenuto lipidico inferiore al 30%, contro un 26% del gruppo di controllo, - solo il 26% riuscì a mantenere una alimentazione con grassi saturi inferiori al 10%, contro l’11% del gruppo di controllo. Dia 6 I risultati che gli sperimentatori si aspettavano erano certamente superiori a quelli effettivamente ottenuti. Infatti la riduzione ponderale media fu di 4,2 kg nel primo anno e, ancora minore, di 3,5 nel secondo anno, laddove il gruppo di controllo perse soltanto 0,8 kg. Risultati che non aprivano molte speranze al raggiungimento delle finalità dello studio, e che sottolineavano ancora una volta la difficoltà di modificare lo stile di vita. Dia 7 Nel corso dei 3 anni di studio gli sperimentatori osservarono, con piacevole sorpresa, che degli 86 soggetti totali che passarono da uno stato di intolleranza glicidica ad uno stato diabetico franco, la maggioranza di essi (59) appartenevano al gruppo di controllo, mentre solo 27 erano del gruppo in cui si era intervenuti con il cambiamento dello stile di vita, dimostrando che anche cambiamenti molto modesti del peso corporeo, dovuti a modificazioni dietetiche e ad attività fisica, siano stati in grado di produrre risultati così eclatanti. Il calcolo dell’incidenza standardizzata del numero di pazienti divenuti diabetici per anno permetteva di stabilire che essa appariva più che dimezzata, passando da 78 a 32 per 1000 pazienti per anno. Dia 8 Estendendo i risultati a 4 anni si può giungere alla conclusione che l’incidenza del diabete di tipo 2 poteva essere ridotta del 58% (quindi più della metà) dalla modifica dello stile di vita, che lasciava comunque la maggior parte dei soggetti ancora in stato di sovrappeso e di obesità. E a questo punto ognuno di noi può immaginare quanto grande sarebbe il margine di manovra, se si convincesse tutta la popolazione diabetica e obesa, o comunque in sovrappeso, a tornare gradatamente nei limiti della normalità. Dia 9 L’anno successivo, nel 2002, comparve in letteratura uno studio molto simile, che si differenziava sia per la casistica molto più numerosa, sia perché fu aggiunto un braccio nello studio per valutare come si sarebbero comportati i pazienti se fossero stati sottoposti ad una terapia intensiva con metformina. Si noti che in questo caso la metformina veniva somministrata in pazienti intolleranti, quindi con glicemia a digiuno normale. Furono arruolati 3.234 soggetti con intolleranza glucidica con BMI medio francamente obeso (34). Il gruppo con metformina fu trattato con 2 cp da 850 mg ed il gruppo con modifica dello stile di vita con 150’ per settimana di attività fisica con dieta ipocalorica. L’obbiettivo era quello di raggiungere un calo ponderale del 7%. L’intero studio durò 2,8 anni. Dia 10 I risultati furono molto simili allo studio precedente, anche se il gruppo trattato con placebo andò incontro ad un numero di diabetici lievemente superiore a quello del precedente studio: 110 soggetti divenuti diabetici per mille soggetti per anno contro i 78 dello studio precedente. Ma la riduzione della incidenza ottenuta con la modifica dello stile di vita è risultata molto simile a quella del precedente studio: 56% (mentre nell’altro studio era del 58%), nonostante il decremento ponderale lievemente maggiore. L’altro elemento degno di rilievo è rappresentato dalla efficacia intermedia ottenuta dalla terapia con metformina, che conferma l’importanza del farmaco nell’indurre una riduzione ponderale significativamente superiore al placebo. Dia 11 Il fenomeno è ancor più visibile in questo grafico che permette di osservare la progressione dei tre bracci dello studio, con una netta prevalenza di risultati favorevoli nel gruppo trattato con modifica dello stile di vita, rappresentato dalla linea verde in basso. Questo studio spinge a utilizzare la metformina nei soggetti obesi o con sovrappeso, anche quando non vi è ancora iperglicemia a digiuno. Dia 12 In questi grafici sulla destra sono delineati gli andamenti in alto della glicemia ed in basso dell’emoglobina glicata, che rendono ragione di come il braccio che si riferisce alla modifica dello stile di vita sia in realtà il più efficace, anche se la metformina sia attiva, soprattutto sulla glicemia. Questi due studi sperimentali fanno intravedere quanto grande sia l’impatto della modifica dello stile di vita sulla prevenzione del diabete. Dia 13 A questo punto è bene dare norme pratiche di comportamento che possano aiutare i pazienti che desiderano cambiare stile di vita e trarre tutti i vantaggi possibili dall’esercizio fisico. Il primo avvertimento da dare è che se non viene praticata anche una riduzione calorica, difficilmente l’esercizio fisico da solo può produrre un calo ponderale apprezzabile. Il secondo punto da sottolineare è che il tipo di attività fisica prescelta, deve essere fatta almeno 5 volte alla settimana e deve non essere inferiore a 30 minuti al giorno. Il terzo punto da consigliare è quello di scegliere l’attività fisica che si desidera, con l’avvertenza che il cammino a passo svelto è il tipo di attività fisica più semplice, ma anche più comodo, da praticare. E’ da sottolineare inoltre che l’esercizio fisico, al di là del consumo calorico che induce, provoca una più facile aderenza alla dieta, perché ha un lieve effetto anoressante, attraverso l’attivazione di neuropeptidi encefalici attivi sui centri ipotalamici che regolano l’alternanza fame-sazietà. Dia 14 Desideriamo fornire al medico pratico la possibilità di venire incontro ai pazienti più esigenti che desiderano conoscere il consumo calorico dell’attività fisica. Gli unici ben standardizzabili sono gli spostamenti che implicano una gradualità di consumo facilmente misurabile in km/h come il cammino, lo jogging, la corsa e l’uso della bicicletta, ovviamente in pianura. Si forniscono qui alcune formule, tratte dalla letteratura, che permettono di risalire rapidamente al consumo calorico, espresso sia in calorie/minuto, sia in totale se si impostano i minuti dedicati all’attività fisica. Queste formule si riferiscono a persone di media età, senza sovrappeso, ma siccome è impostabile solo il peso, che, in ultima analisi, rappresenta la variabile che maggiormente condiziona il consumo calorico dovuto all’esercizio fisico, possono essere valide anche per i soggetti con sovrappeso. Dalla loro applicazione emerge la disillusione di poter ottenere grandi consumi calorici in rapporto all’esercizio fisico richiesto e come la donna di casa che riferisce di non fermarsi mai nelle faccende domestiche sia in realtà coinvolta in spese energetiche molto modeste. Dia 15 Raccomandazioni ADA 2006 Vengono consigliati almeno 150 m’ alla settimana di attività fisica aerobica di intensità moderata (50-70% della frequenza cardiaca massima) e/o almeno 90 m’ di esercizio fisico intenso (>70% della frequenza cardiaca massima). Il numero di giorni non dovrebbe essere meno di 3 alla settimana e la distribuzione nei giorni non dovrebbe prevedere più di 2 giorni consecutivi di inattività. Attività aerobica: cammino, jogging, corsa, bicicletta, nuoto e molti sport. Esercizio contro resistenza: sollevamento pesi e utilizzo di apposite macchine per l’allenamento con pesi. I due tipi di esercizi non presentano differenze nei benefici indotti. Dia 16 La prescrizione dell’attività fisica deve essere graduale nei soggetti che non l’hanno mai effettuata. Se il rischio coronarico a 10 anni è minore o uguale al 10%, non è necessario alcun test preliminare, se viceversa è maggiore, è necessario eseguire un test da sforzo e, in caso di positività, l’inizio dell’attività fisica è opportuno che sia seguita con molta gradualità ed attenzione. Altri due aspetti di grande attenzione sono rappresentati dalla presenza di - una neuropatia vegetativa che può agire sfavorevolmente per la ridotta risposta cardiaca allo sforzo, alla possibilità di ipotensione ortostatica, - una retinopatia pre-proliferante o, ancor più, proliferante per la possibilità che lo sforzo induca emorragie vitreali o distacco retinico.