Allegato - Cisl Calabria
Transcript
Allegato - Cisl Calabria
Forestazione e Ambiente. Convegno Interregionale del Mezzogiorno. Relazione di G. Gualtieri Segretario Generale FAI CISL CALABRIA Si rileva , in verità, una attenzione nuova e diversa , nel Mezzogiorno, rispetto alla questione ambientale e non solo per il dovere che abbiamo, comunque, di preservare le nostre bellezze naturali ma ,anche, perché si comincia a guardare all’ambiente come nuova fonte di impiego. Non ho i dati disaggregati per aree geografiche ma , forse, saranno altrettanto significativi i dati riferiti all’intero Paese, da cui si rileva che gli occupati in questo settore sono ,attualmente, di circa 200 mila, con una di crescita di 65 mila unità entro il 2010 ; con un tasso doppio rispetto alla crescita occupazionale generale. Tale crescita, sta interessando non solo i settori strettamente connessi, quali lo smaltimento dei rifiuti, la produzione di energie rinnovabili , la depurazione delle acque , le tecnologie pulite ma , anche , settori immediatamente collegati, come il terziario, riferito alle attività legate al turismo ed alle nuove modalità di fruizione del tempo libero, quali l’agroturismo e l’eco-turismo e , ovviamente, l’agricoltura. L’incremento costante di attività legate all’agriturismo , tanto per citare questo segmento, fa intendere le grandi potenzialità economiche del settore, anche nel Mezzogiorno, ricco di paesaggi che ben si prestano a questo tipo di attività e che stanno attirando sempre più professionisti, in grado di sfruttare e ottimizzare le risorse naturali offerte dal territorio. Interessante, anche, l’incremento del settore dell’agricoltura biologica e delle biotecnologie. Mi pare inevitabile fare un breve riferimento alla questione dell’agricoltura, poiché, questo settore, unitamente al turismo ad alle piccole e medie imprese, anche ad essa collegate e l’artigianato, rappresentano un elemento ineludibile , per riscattare il Mezzogiorno, dalla condizione di difficoltà ( diciamo così, per non usare i soliti termini da catastrofe che, però, per alcuni aspetti sarebbero giustificati). Le difficoltà in cui versa l’agricoltura nel Mezzogiorno, ci sono ben note e si potrebbero sintetizzare nel dato , da cui si rileva che si è arrivati, addirittura, a registrare aumenti nella produzione con una, obiettiva, riduzione dei ricavi. Ciò, prevalentemente, a causa della scarsa competitività dovuta alla carenza di infrastrutture, agli alti costi energetici, all’alto costo del denaro. Urgono, politiche, a sostegno dell’agricoltura di livello nazionale ad integrazione di quelle comunitarie che , si prevede, diminuiranno costantemente entro il 2013 per dedicarle a settori, considerati più remunerativi. Ciò per la difesa e l’irrobustimento di un settore che non è ,solo, economia, produzione, produttività ma , anche e soprattutto, cultura e tradizioni. Ma, per restare, agli aspetti strettamente connessi alla questione ambientale, bisogna ricordare la sensibilità , per la sua conformazione morfologica, di larga parte del territorio del Mezzogiorno, rispetto ai fenomeni di dissesto idrogeologico. Tale vulnerabilità è stata esaltata dalla pressione dell’uomo ( vedi l’abusivismo. edilizio, che ha una grande incidenza nelle nostre regioni meridionali ed in particolare, quello sulle coste che è la principale causa, secondo me, dell’inquinamento del mare) e ne discende, che il rischio naturale legato alle catastrofi idrogeologiche è tra i problemi più rilevanti che abbiamo. La Calabria, la Campania e la Basilicata sono tra le regioni con la maggiore percentuale di comuni a rischio e ciò, purtroppo non significa che alcune zone significative della Puglia sono esenti da tali problematiche.Grande attenzione , quindi, nella ricognizione dello stato dell’ambiente , va dedicata alle condizioni del nostro straordinario patrimonio naturale, tra cui spicca la questione “ mare”. Nel corso della estate appena trascorsa vi è stata una discussione forte circa le condizioni del nostro mare, fortunatamente solo, per alcune zone. Tra le cose da fare in fretta vi è anche questa; cioè pensare alla preservazione del mare. Se ne parla, come dicevo, e questo è un bene. Le ricorrenti calamità naturali, spesso provocate dall’uomo, stanno suscitando una attenzione che prima non c’era e che, anche adesso, è insufficiente.La sfrenata corsa al profitto è, in genere, la molla che sospinge questa inconsulta spirale autodistruttiva.Mi sovviene alla mente il disastro della petroliera “Prestige” che nel 2003 è affondata spezzandosi in due al largo delle coste della Galizia, nell’oceano atlantico. Tre anni prima il naufragio dell’Erika, al largo della Bretagna. E’ stato calcolato che le due petroliere hanno perduto in mare rispettivamente 177mila tonnellate e 31 mila tonnellate di petrolio.La televisione ha mostrato le immagini del disastro ecologico, che ha colpito le coste spagnole e francesi, con la distruzione di pesci e uccelli, di chilometri di costa, e perdita di posti di lavoro.Di fronte ad avvenimenti di questa natura , sembra impossibile fare qualcosa. Emblematicamente, questa impotenza, viene evidenziata dai volontari e quanti altri impegnati, nel tentativo di arginare la gigantesca onda nera usando semplici pale.La sproporzione toglie il respiro ed uccide la speranza. Eppure si può. Si può e si deve fare di più. Mi piace ricordare che la CISL , qualche anno fa, ha lanciato una “Piattaforma mare”, che può impegnare non solo i lavoratori che vivono sul mare e del mare , ma anche, le strutture del turismo e dei servizi legati al mare, delle città costiere, portuali e turistiche .Alcuni punti di quella piattaforma erano e sono : il controllo della qualità delle acque che affluiscono al mare, di fiumi, almeno nel tratto degli ultimi 20 chilometri; verificare l’uso di fitofarmaci ed altri prodotti chimici in agricoltura, vicino alla costa, le emissioni industriali e i depositi di sostanze pericolose nelle fasce costiere; salvaguardare la sicurezza delle coste e controllare l’edificabilità delle aree costiere; controllare la depurazione delle acque reflue delle città costiere; definire le linee di attuazione per un turismo sostenibile. Bisogna prendere atto,con onestà , che avremmo potuto e dovremmo fare qualcosa in più , anche noi !!!!!!!!!! E’ molto facile, che parlando di mare il pensiero corra alla questione dell’acqua. Già nel 1995 , con enorme lungimiranza , il vice presidente della banca mondiale, presagiva una verità , che oggi, non possiamo più ignorare: “Nel prossimo secolo le guerre scoppieranno per l’acqua , non per il petrolio o per altri motivi politici”. Dati recenti, dimostrano che un abitante del pianeta su cinque è privo di acqua potabile, e 3,4 milioni di esseri umani muoiono , ogni anno, di malattie legate alla cattiva qualità del loro patrimonio idrico .Nel 1993 l’ONU , ha voluto dedicare all’acqua, quell’anno, richiamando l’attenzione del mondo, su un bene insostituibile .A KYOTO, la FAO, ha segnalato la necessità di incrementare la “produttività” dell’acqua e riferendosi , in particolare, all’agricoltura, ha osservato che la produzione mondiale, dovrà essere aumentata di circa il 60%, per nutrire due miliardi di persone in più entro il 2030. L’uso agricolo dell’acqua sarà un fattore chiave per l’aumento della produzione alimentare , specie in molti Paesi in via di sviluppo, dove attualmente circa 800 milioni di persone soffrono di fame cronica. In molti Paesi l’acqua non c’è, per fattori naturali , in altri è usata in modo irrazionale, spesso sprecata , ancora più spesso, abbondantemente dispersa a causa di acquedotti obsoleti.Fare la nostra parte, anche rispetto ai problemi nostrani dell’acqua, sia come cittadini che come attori sociali, significa trasportare un piccolo mattone per l’immenso edificio culturale, per la preservazione del nostro patrimonio naturale. Vorrei concludere questa mia esposizione, sulla questione ambientale in generale,e forse , per mia responsabilità, generica, dicendo, che sarà sempre più necessario accompagnare agli strumenti tradizionali di misura della ricchezza economica, quali il Prodotto Interno Lordo, altri strumenti, capaci di rendere conto dei risultati ottenuti nella difesa dell’ambiente , nell’avanzamento della qualità della vita ed il guadagno o la perdita degli stock di risorse naturali. Ora, per ripercorrere l’ introduzione di Sbarra , mi soffermerò sul rapporto ambiente montagna - foreste, sulle potenzialità produttive ,sulla ineludibilità di una programmazione per un processo di sviluppo possibile e sostenibile, per i territori montani, che sia parte integrante e ,per alcuni aspetti , volano di un complessivo sviluppo economico e sociale. Attenzione che si dispiega, per ora , almeno nel Mezzogiorno, nel fiorire di iniziative convegnistiche, se si mettono in rete riflessioni e proposte che , man mano vengono alla luce, possono rappresentare, un punto positivo di partenza per giungere a pensare alla montagna , ai parchi, al patrimonio forestale ,come ad una grande opportunità per lo sviluppo complessivo del territorio, se si pensa ai settori produttivi, che possono basarsi su fattori esistenti sui territori montani quali il turismo , la valorizzazione dei prodotti del bosco e del sottobosco , il legno , e le biomasse. Con questa iniziativa ci proponiamo di compiere un ulteriore passo in avanti, nel sollecitare nuovi interessi , stimolare nuove riflessioni ed indicare , per i problemi che solleva e gli interventi che richiede, impegni ed impieghi mirati a rendere la montagna un patrimonio, una risorsa, una opportunità.Si registra, da qualche tempo, una inversione di tendenza nell’andamento dell’esodo dalle montagne verso le marine nel senso che il deflusso si è notevolmente arrestato. Tale circostanza pone questioni non trascurabili che attengono ad una non rinviabile politica di integrazione, capace di restituire per intero, identità al territorio, dimensione al suo assetto e di riscoprire il localismo produttivo, provvedendo al suo irrobustimento con una appropriata legislazione di sostegno. In una parola vi è la non più eludibile esigenza di pensare alle zone interne. La predetta circostanza , infatti, pone una nuova domanda di qualità della vita, che sollecita approfondimenti, sulle varietà che configurano quella condizione territoriale, sulla riscoperta culturale della montagna e sulla storia delle comunità. E’ una nuova domanda , anche, di unità per impedire l’aggravarsi del divario interno esistente nelle nostre realtà regionali, mortale per ogni ripresa , e per superare gli squilibri che non favoriscono processi armonici e complessivi, di avanzamento sociale ed economico delle comunità e delle popolazioni. L’obiettivo è vincere le miopi visioni, dei poteri e di quelle classi dirigenti,che hanno pensato ambienti sociali ed economici chiusi, determinando così, condizioni di povertà e pesanti costi sociali, costituiti dalle migrazioni, dall’abbandono di beni naturali, e da cancellazione di fattori essenziali per la produzione di beni e servizi. La ripresa del dibattito , allora, in un tempo nel quale vengono messi in discussione diritti e livelli di benessere , apre una ulteriore occasione di approfondimento su possibili interventi, capaci di organizzare la salvaguardia e la valorizzazione delle zone interne e di definire un modello d sviluppo sostenibile, che arresti il degrado e promuova una concreta politica d’integrazione. La proposta richiede la messa a punto di iniziative che, facendo leva su fattori e luoghi da valorizzare , risorse da assommare, organizzare ed investire, senza trascurare gli essenziali contributi della ricerca e della innovazione , osservino e risolvano i problemi della messa a sicurezza del territorio. La tutela ambientale non è garantita se non viene meno il deficit d interesse per il territorio, né riprendono le attività rurali se non si riducono i rischi idraulici e geologici e se non si prevengono i pericoli d alterazione degli elementi naturali. La lotta all’inquinamento, all’abusivismo ed a tutto ciò che ha aspetti devastanti del esul territorio, sull’ambiente e sul paesaggio, è decisiva unitamente a politiche pubbliche, che assumano la difesa della persona contro il malessere sociale e sostengano, con servizi appropriati, lo sviluppo locale. Un intervento di supporto allo sviluppo sostenibile non può, non considerare, una politica industriale, riferita al territorio montano ed alle economie di settore presenti, con particolare riferimento a quelle turistiche. La loro valorizzazione può dare corpo alle produzioni locali , comprese quelle di nicchia, impedire la desertificazione sociale, tutelare il patrimonio naturale, gli usi, le tradizioni, le abitudini, le esperienze lavorative delle zone interne, esaltare le risorse umane ed i lavori del mondo boschivo e forestale. Decisivo, a proposito, è il ruolo dei Parchi che vanno rilanciati in un contesto di rivisitazione dell’assetto istituzionale e del sistema dei rapporti ,che assicuri la circolarità delle idee, delle conoscenze e delle opportunità, la messa in rete delle risorse finanziarie e della progettualità dei vari attori presenti sullo scenario montano.Una politica di assetto istituzionale non può che essere premiale per le scelte ed i luoghi che favoriscono un metodo di governo unitario del territorio ; un metodo che rifiuti la frammentazione delle decisioni , la polverizzazione delle risorse, la progettazione di risulta ed incoraggi, invece, una politica di concertazione e di cooperazione circa l’assetto del territorio con particolare attenzione al raccordo ed ai collegamenti tra marina e montagna. Si dice, ed è vero, che bisogna preparare il Mezzogiorno, le sue regioni, alle nuove sfide tra cui quella ,esaltante, di connotarsi come punto di riferimento del Paese e dell’Europa, per proporsi come strumento di relazioni verso i Paesi dell’Africa e del Medio-Oriente . Tale sfida si vincerà se sarà tutto il territorio, complessivamente considerato, ad essere coinvolto , con le sue diverse peculiarità e vocazioni, in un processo di sviluppo sostenibile e duraturo. Come si potrebbe immaginare un qualsiasi processo di sviluppo nelle nostre realtà Regionali, senza coinvolgere il 21,49% del territorio Campano, il 19,46% del territorio della Basilicata , il 32,43% del territorio della Calabria ed anche , pur se minimo, il 6,11% del territorio Pugliese ? In un tempo in cui si consumano comportamenti egoistici e per nulla solidali da parte delle aree forti del Nord, mi piace sottolineare come , anche in questo campo , il Mezzogiorno si rivela creditore nei confronti dell’intero Paese. Infatti, in considerazione che le emissioni gassose dovute alle industrie , che nel Mezzogiorno non ci sono, sono di conseguenza estremamente esigue, il Mezzogiorno presenta un consistente saldo attivo in termini di emissioni con cui, prima o dopo, lo Stato dovrà fare i conti, perchè è proprio questo saldo attivo, che consente alle Regioni più industrializzate (quelle del Nord) di non subire costi ulteriori per la riduzione delle emissioni, per come stabilito dal PIANO NAZIONALE PER LA RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI GAS, RESPONSABILI DELL’EFFETTO SERRA redatto a seguito del PROTOCOLLO DI KYOTO. Per quanto sopra, risulta evidente, la necessità di rivedere il bilancio ambientale Nazionale, allo scopo di rendere economicamente visibile il valore delle Foreste nel Mezzogiorno e la sua reale incidenza nelle politiche economiche nazionali. Parlare di ambiente , di necessita di preservare il nostro patrimonio naturale, senza accennare a quei lavoratori, che nelle nostre rispettive regioni, operano per la protezione e la salvaguardia del territorio, per la difesa del suolo, dai sempre incombenti rischi di dissesto idrogeologico ed ambientale, sarebbe una omissione grave ed incomprensibile. Mi riferisco , ovviamente ai lavoratori forestali. Come ben comprenderete, ho chiesto ai miei colleghi della Campania , della Basilicata e della Puglia di fornirmi una scheda sullo stato dell’arte, circa il rapporto bosco-sviluppo e sulla consistenza , condizione e problematiche dei lavoratori forestali. Non mi pare che ci sia bisogno di approfondimenti specifici rispetto alle diverse Realtà. In Campania, gli addetti al settore sono continuamente diminuiti. Si è avuto un calo di circa 3000 addetti negli ultimi 20 anni, dovuto soprattutto alla mancanza i finanziamenti Regionali: (si è passato, infatti, da circa 7900 addetti del 1980 a circa 4800 del 2002). Con la delibera Reg/le n° 6395 del Novembre 2001 è iniziato il percorso della stabilizzazione differenziandolo in più fasi. Infatti fino ad oggi sono stati stabilizzati circa 3720 lavoratori, la parte restante a tempo determinato continua ad avere la garanzia delle giornate lavorative degli anni precedenti pari a 156 annue. Alla Regione Puglia, dove manca un Piano Reg/le Forestale e un coordinamento che curi l’attività forestale, riguardante la programmazione degli interventi finalizzati allo sviluppo, alla difesa dell’assetto idrogeologico, per evitare pericoli di smottamento del territorio, il numero degli addetti tra operai oti e otd ammontano a circa cinquemila unità. Tale numero che opera su una superficie di ettari 116.700 è al di sotto della media nazionale. Sono altrettanti significativi i dati della Basilicata , tale attività viene svolta da 5.400 addetti, su una superficie boscosa pari a ha. e rappresenta l’azienda più grande in termini occupazionali, di cui solo poche centinaia, sono a tempo indeterminato, la parte restante otd di cui 540 effettuano 156 giornate e 4703 con 101 giornate CAU annue.In Calabria su 650.000 ettari di terreno boscato, da 34.000 addetti del 1984 con fasce di 51,101,151 giornate, siamo scesi a 10.200 al 31 Dicembre del 2004 , con una riduzione di circa 24.000, raggiungendo per gli attuali addetti, la stabilizzazione con l’accordo Regionale del 23 Novembre 2003. Le rispettive Federazioni Regionali sono da sempre impegnate sul versante della tutela di questi lavoratori, non solo per una sorta di senso del dovere, come è nei confronti di qualsiasi altro lavoratore di altro comparto ma , anche, nella consapevolezza, che le attività di sistemazione idraulico-forestale , per la loro valenza ambientale, costituiscono una occasione importante di sviluppo economico e di riscatto sociale, per le popolazioni, che vivono in condizioni di grande disagio, in aree svantaggiate, come sono quelle delle zone montane e boschive delle nostre realtà regionali. In passato, sostiene il mio collega della Campania Colarusso, la forestazione ha significato occupazione dei nostri braccianti, in zone dove, né l’agricoltura né altre attività, offrivano possibilità di lavoro dipendente. Per le nostre zone interne, la forestazione è stata la più grande industria .Ora, è tempo di fare il salto di qualità, coniugando l’indispensabile opera di salvaguardia del territorio , di imboschimento e di rimboschimento per evitare, tra l’altro, i rischi di allagamenti delle valli e di dissesto del suolo, come mi dice il mio collega pugliese Paolo, che succede, frequentemente, nel Gargano, con l’esigenza di rendere produttivo il bosco e la foresta ed aiutando le attività economiche proprie delle zone montane, come mi suggerisce il mio collega Lapadula. Come sapete , cari amici, in Calabria lo scorso anno abbiamo dovuto fare le barricate per sconfiggere una impostazione , inquinata (tanto per restare in tema) , che voleva cancellare questo importante segmento del mondo del lavoro calabrese e mettere in difficoltà l’intera realtà regionale. Ci siamo riusciti , allora. Ma oggi, siamo impegnati nella redazione di un PIANOPROGRAMMA DI SVILUPPO AUTOSOSTENIBILE NEL SETTORE FORESTALE, per rendere Il settore produttivo. Vi è una proposta che non ci è stata, ancora, consegnata ufficialmente, ma ,che,abbiamo avuto modo di sfogliare. Tale proposta è stata elaborata da un gruppo di esperti voluti da questa Giunta Regionale ed in particolare dall’assessore all’agricoltura Mario Pirillo e dove ha contribuito anche il Prof. Nervi. Mi pare non superfluo fare riferimento a quella bozza, in quanto affronta problemi comuni alle diverse aree territoriali, qui convenute. L’architettura del Piano parte dal pre-requisito della tutela delle risorse naturali dell’ecosistema forestale, ponendosi l’obiettivo guida, dello sviluppo multifunzionale della foresta. Gli obiettivi strategici, sono la gestione degli ecosistemi forestali, per sviluppo e consolidamento delle relazioni sistemiche nelle filiere; il potenziamento delle infrastrutture ed il potenziamento del sistema forestale come sistema a rete. Nell’alveo di tali obiettivi strategici si sono individuati i rapporti tra foresta e territorio, foresta – agricoltura, foresta-industria, foresta turismo. All’interno di questi rapporti si fa riferimento alla difesa , manutenzione, valorizzazione e sviluppo delle risorse naturali; manutenzione del paesaggio naturale ; regolazione del ciclo idrogeologico; integrazione delle economie delle famiglie rurali; sviluppo dell’agriturismo; filiera dell’energia; filiera alimentare; filiera della trasformazione del legno; creazione e manutenzione di aree attrezzate per attività ricreative e sportive; manutenzione delle aree a parco; certificazione della foresta e dei prodotti forestali; vivaismo come diffusione delle innovazioni e come attività commerciale vera e propria; formazione degli addetti al settore, rispetto ai nuovi e diversi obiettivi; incubazione di imprese di trasformazione e valorizzazione di ogni utilità proveniente dalla foresta; creazione di una “Borsa delle utilità della foresta”. Pervenire ad un equilibrato rapporto tra le diverse funzioni(ecologiche, economiche, culturali, ricreative e paesaggistiche) deve costituire l’obiettivo di fondo e, prioritario, per un programma, autosostenibile, di sviluppo del settore forestale. Io credo che una volta licenziata definitivamente e, cioè, dopo il confronto con il Sindacato calabrese, potrà essere oggetto di approfondimento, in un ulteriore Incontro, per poter costruire come CISL e come FAI, una proposta complessiva di sviluppo del settore a livello Nazionale, ma sopratutto per le regioni del Mezzogiorno, nella consapevolezza, ripeto, della incidenza di tale aspetto, per il complessivo sviluppo economico e sociale delle nostre realtà territoriali. Cari amici, credo che dovremo intensificare incontri come questo, che fuoriesce dalla nostra azione quotidiana di rappresentanza e tutela dei nostri lavoratori nella consapevolezza, però, che approfondimenti sui vari temi ci consentono di svolgere quella azione con maggiore contezza dei problemi che abbiamo davanti a noi e che contribuendo a trovare soluzioni ad essi troveremo più facilmente soluzioni per la tutela e la rappresentanza dei nostri lavoratori. La Fai insieme alla CISL a mio avviso proprio perché considera il tema dell’ambiente, montagna e foresta, non solo settori decisivi per lo sviluppo dell’economia Meridionale, ma anche, luoghi capaci di rilanciare l’iniziativa per la crescita dell’occupazione, deve realizzare un coordinamento tra le diverse realtà e la segreteria nazionale allo scopo di cogliere le diverse specificità sintetizzandole in una proposta che possa aprire una discussione di merito con le nostre controparti. Sono altrettanto, convinto che l’iniziativa di oggi apra un percorso da tempo avviato. dalla nostra Federazione nazionale le foriero di risultati che arriveranno e che aiuteranno la necessità e il desiderio di noi tutti di dare risposte non solo alla gente che noi rappresentiamo ma anche e soprattutto all’insieme della società meridionale e italiana.