Più lavoro per uscire dalla crisi Credito responsabile, ricerca CRIF

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Più lavoro per uscire dalla crisi Credito responsabile, ricerca CRIF
Pubblicazione di CRIF / autunno 2011
Più lavoro per uscire dalla crisi
Intervista al Premio Nobel Dale Mortensen
Credito responsabile,
ricerca CRIF-Efma:
sempre più rilevanti gli strumenti di
valutazione della sostenibilità finanziaria
Antiriciclaggio, “titolare
effettivo”, ex D. Lgs. 231/07:
Deutsche Bank adotta il supporto di CRIF
Decidere di erogare credito
alle imprese:
lo scenario di mercato e la soluzione
di svolta con CRIF
POE: tornano ad aumentare
le microimprese investitrici
e migliora la qualità del credito
sopravvivere o crescere attraverso il
cambiamento su scala internazionale
La vista 3D sull’impresa:
rischiosità creditizia, rischio commerciale
e marketing
Pagamenti delle imprese:
aumenta la puntualità in Italia
nel primo semestre 2011
Nuove metriche per uno sviluppo
sostenibile del portafoglio crediti
Geomarketing e sviluppo delle
carte di pagamento:
il caso ICCREA
Uffici Legali:
quali strumenti per la tutela del business
e il recupero del suo valore
Nella Manovra misure espansive
per facilitare l’accesso al credito
I temi del CRIF Finance Meeting 2011
Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB - Bologna - n. 29, 2011
Imprese italiane di fronte a un bivio:
Pubblicazione di CRIF
PIÙ LAVORO PER USCIRE DALLA CRISI
Intervista al Premio Nobel Dale Mortensen
Di Maurizio Liuti, Responsabile Comunicazione
di CRIF e Direttore Responsabile di Sintesi
In occasione della lectio magistralis organizzata
da CTC - Centro di formazione manageriale della
Camera di Commercio di Bologna, abbiamo
avuto l’opportunità di intervistare il Professor
Dale Thomas Mortensen, insignito nel 2010 del
Premio Nobel per l’Economia insieme ai colleghi
Diamond e Pissarides per il metodo di analisi
dei mercati che presentano frizioni di ricerca.
Gli spunti di riflessione proposti dal Professor
Mortensen risultano particolarmente interessanti
per meglio comprendere le incertezze determinate
dalla recente recrudescenza della crisi economica
internazionale.
Professor Mortensen, come la crisi dei consumi
ha influito sulla recessione economica?
Indubbiamente la relazione tra occupazione,
consumi e congiuntura economica è molto
forte. Nello specifico, in questa fase cruciale le
famiglie avrebbero bisogno di ricostruire il proprio
portafoglio di ricchezza per riprendere a sostenere
i consumi. L’obiettivo primario dei lavoratori,
quindi, è ottenere un reddito che consenta loro di
acquistare beni e servizi senza mettere a rischio
il bilancio famigliare. Il mercato del lavoro però
è ancora molto debole e questo rappresenta un
fattore di criticità che frena la crescita dei consumi
e, quindi, l’uscita dalla crisi. Inoltre non dobbiamo
dimenticare che, negli USA come del resto in
molti altri Paesi sviluppati, una larga parte delle
famiglie ha una casa di proprietà, bene primario per
eccellenza che rappresenta la quota maggioritaria
del loro patrimonio. Con il crollo del valore delle
abitazioni, come accaduto in questi ultimi anni, le
famiglie sono state spinte a ricostruire la ricchezza
attraverso un maggiore risparmio, riducendo i
consumi di beni e servizi. Questo ha innescato una
reazione a catena con effetti devastanti.
La situazione del mercato del lavoro è una causa
o un effetto della recessione?
La globalizzazione dei mercati ha rappresentato un
fattore di accelerazione della crisi ma va fatta una
distinzione tra fenomeni di breve e di lungo termine.
Nel lungo periodo dobbiamo considerare l’incidenza
di almeno un altro fattore oltre alla globalizzazione:
lo sviluppo dell’informazione, che ha privilegiato
le competenze più evolute. Questo aspetto non è
collegato direttamente alla recessione ma incide
fortemente sulla ripresa perché la disoccupazione
di lungo termine, come quella che si registra in
questa fase, ha effetti drammatici sulla catena del
lavoro. Infatti, le persone che rimangono senza
occupazione per molto tempo tendono a perdere
la propria rete di contatti professionali e fanno
ancora più fatica a ricollocarsi. Abitualmente si
pone molta enfasi sulla disoccupazione giovanile
ma non dobbiamo dimenticare che c’è anche
un problema di espulsione dal mercato del
lavoro di persone più avanti con gli anni, la cui
professionalità e competenze non risultano più
adeguate rispetto alla domanda. Negli Stati Uniti il
tasso di disoccupazione registrato negli ultimi anni,
durante la crisi, è stato al livello più alto degli ultimi
60 anni, secondo solo a quello rilevato durante la
recessione dei primi anni ’80. Inoltre, fino a 3 anni fa
per un lavoratore era impensabile rimanere fuori dal
lavoro per più di 6 mesi mentre ora è normale stare
disoccupati anche 12 mesi o più, il che produce una
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perdita sia di relazioni sia di competenze. Diversi
segnali, tra i quali proprio la contenuta creazione
di nuovi posti di lavoro, lasciavano intravvedere
la possibilità di una ricaduta, che puntualmente è
arrivata, accentuata dalle difficoltà di alcuni paesi
più deboli.
Quali interventi di stimolo sarebbe opportuno
attivare?
Nei periodi di recessione il problema è che il numero
dei posti di lavoro persi è maggiore di quello delle
assunzioni, i lavoratori hanno maggiori difficoltà
ad essere assunti e i tempi di rioccupazione sono
più lunghi. Quando i posti vacanti sono pochi a
causa di una offerta modesta, la ripresa dipende
fondamentalmente dalla motivazione delle imprese,
dalla loro fiducia rispetto al futuro immediato e
dalla propensione ad investire risorse. Per questo
a mio avviso servirebbero politiche di riconversione
dei lavoratori dai settori maggiormente in crisi
verso altri con maggiori potenzialità, in particolare
attraverso formazione e riqualificazione della
forza lavoro. Il fatto è che mancano investimenti
sia pubblici sia da parte delle imprese stesse,
che sono poco stimolate nel creare nuovi posti
di lavoro. Questo consolida una crisi di fiducia,
come un cane che si morde la coda, che per
essere superata avrebbe bisogno di segnali solidi e
costanti nel tempo oltre che di politiche di stimolo
forti. Dobbiamo però considerare che, rispetto al
passato, le cause della recessione sono differenti
per cui la ricetta per uscirne non può essere la
medesima. A mio parere la soluzione più efficace
non può essere rappresentata da un incremento
della pressione fiscale né da provvedimenti che
innalzerebbero ulteriormente il debito pubblico, in
molti Paesi già molto alto, ma piuttosto da interventi
di stimolo costanti, in grado di produrre risultati
positivi e solidi nel medio-lungo termine. Il problema
è che gli indirizzi politici sono prevalentemente
orientati al breve termine in quanto condizionati dal
consenso pubblico che per natura è concentrato
sul presente, sul qui e ora. Ma se non si interviene
immediatamente i riflessi nel lungo periodo saranno
ancora più drammatici. Probabilmente usciremo
dalla crisi con nuovi modelli di riferimento ma, del
resto, ogni generazione ha dei parametri diversi
rispetto alle precedenti, sia dal punto di vista
economico sia sociale.
Quali prospettive vede per l’Italia?
È difficile fare valutazioni approfondite in quanto
non conosco così a fondo il vostro Paese ma
senza dubbio la situazione del mercato del lavoro
rappresenta un fattore cruciale anche per voi,
sia per quanto riguarda le ripercussioni sulla
disoccupazione di lungo termine sia per quella
giovanile, drammaticamente importante. Il fatto che
l’Italia abbia un rapporto debito/PIL molto alto, che
limita gli investimenti, è indubbiamente un fattore
frenante e ugualmente rilevante è il problema della
spesa assistenziale e delle pensioni. Questo quadro
impone una valutazione seria e tempestiva sulle
modalità e i tempi di intervento. Relativamente al
mercato del lavoro in Italia, da uno studio condotto
da una ricercatrice con la quale ho collaborato
è emerso che le forme di contratti a termine ed
atipici introdotti negli ultimi anni non sembrano
aver prodotto particolari benefici di lungo periodo
pur avendo agevolato l’inserimento sul mercato del
lavoro anche di persone non più giovani. Alla luce di
questo scenario potrebbe quindi essere necessario
un ripensamento complessivo delle politiche
occupazionali. In ogni caso dobbiamo considerare
che in Italia c’è una forte vitalità e anche in una fase
così delicata continuano a nascere nuove imprese; il
problema è che spesso rimangono piccole e fanno
fatica a fare quel salto di qualità che una economia
sempre più globalizzata richiederebbe. D’altro
canto, è pur vero che durante le fasi di recessione
non di rado si registra un incremento della nascita
di nuove imprese proprio perché vengono fondate
da lavoratori che non riescono a rioccuparsi come
dipendenti. Per consolidare questa dinamica
servirebbero però investimenti solidi e di lungo
termine, in grado di stimolare la ripresa dei
consumi. Ad esempio attraverso stipendi più alti o
un minor cuneo fiscale.
autunno 2011
CREDITO RESPONSABILE, RICERCA CRIF-EFMA:
SEMPRE PIÙ RILEVANTI GLI STRUMENTI DI VALUTAZIONE DELLA SOSTENIBILITÀ FINANZIARIA
La ricerca a livello europeo evidenzia il ruolo e la graduale crescita
di nuove metriche per la valutazione della sostenibilità finanziaria dei
richiedenti credito. L’innovativo Indice di Tensione Finanziaria di CRIF già
adottato con successo da importanti aziende di credito.
Le strategie adottate nell’ultimo anno dalle aziende di credito di 16 Paesi
europei per rispondere alla crisi economica e fronteggiare il rischio di
sovraindebitamento della clientela retail, perseguendo un approccio basato
sul Credito Responsabile: questo il focus di indagine della ricerca intitolata
‘Responsible lending’ realizzata da CRIF e Efma, l’associazione che
raccoglie quasi 3.000 operatori del credito a livello internazionale.
I processi attivati dagli intermediari finanziari europei per ricalibrare e
rivedere le politiche creditizie mostrano un graduale crescente utilizzo
di nuove metriche per la valutazione della sostenibilità finanziaria dei
richiedenti credito.
Inoltre, la ricerca - che ha visto sia la realizzazione di interviste di persona
sia la somministrazione per via elettronica di questionari a senior executives
di banche e istituzioni finanziarie - fa emergere un secondo elemento
chiave: la maggioranza dei rispondenti (l’89%) usa sistemi di rating interni
per la valutazione dell’affidabilità creditizia, il 74% li integra con dati esterni
provenienti da credit bureau, ma solo il 22% del totale ha sviluppato
nuovamente i propri sistemi di rating per incorporare indicatori di
sostenibilità finanziaria.
Nel recente passato, il tasso di crescita delle nuove erogazioni di credito è
stato in grado di mascherare, pur entro certi limiti, alcune inefficienze nelle
pratiche manageriali di banche e istituzioni finanziarie. Oggi i costi del rischio
hanno reso necessaria per gli intermediari finanziari l’ottimizzazione dei propri
processi creditizi attraverso l’introduzione di nuove misure di valutazione della
sostenibilità finanziaria che garantiscano quei parametri fondamentali per
operare con profitto sul mercato e per rafforzare una relazione con la clientela
fondata sulla soddisfazione di lungo periodo. In questo scenario la ricerca
CRIF-Efma evidenza come l’integrazione di dati da fonti esterne, come ad
esempio quelli provenienti dai credit bureau che forniscono informazioni sui
comportamenti creditizi, sui livelli di esposizione complessiva e sui profili di
gestione dei debiti, a detta degli intervistati è risultata cruciale per una
completa valutazione dell’indebitamento complessivo dei clienti e della
loro capacità di sostenere oneri finanziari nel medio periodo.
“Sembra che una comprensione della fondamentale differenza tra la dimensione
del rischio e quella della sostenibilità non sia ancora molto diffusa - ha
commentato Patrick Desmarès, Segretario Generale di Efma. “I due concetti
sono sicuramente correlati ma richiedono specifici strumenti di analisi. Ad
ogni modo, i processi implementati dagli intermediari europei per ristrutturare
e rivedere le proprie politiche creditizie evidenziano una graduale crescita
nell’utilizzo di nuove metriche per valutare la sostenibilità finanziaria”.
“Per valutare meglio i clienti e misurare la loro sostenibilità finanziaria, CRIF
ha sviluppato per il mercato italiano un indicatore che misura il livello di
‘tensione finanziaria’ basandosi sul patrimonio informativo del Sistema
di Informazioni Creditizie EURISC” - spiega Simone Capecchi, Direttore
Finance Corporate Offer Italy and Western Europe di CRIF. “L’Indice di Tensione
Finanziaria consente di identificare i soggetti che adottano un comportamento
spregiudicato o imprudente nella domanda di credito e dimostrano
caratteristiche ‘aggressive’ nell’uso di tutti i tipi di finanziamento, anche i
più innovativi e costosi. Questi consumatori, per quanto rappresentino una
minoranza, hanno una naturale propensione alla mobilità creditizia e al credit
shopping e, più in generale, tendono a finanziarie i loro consumi correnti con
il debito. L’Indice di Tensione Finanziaria è nella sua essenza complementare
ai sistemi di rating, che risultano in una più efficace valutazione dell’affidabilità
creditizia dei richiedenti. Inoltre, l’utilizzo di indici che misurano la sostenibilità
finanziaria aiuta i prestatori a essere compliant con i principi della Consumer
Credit Directive, facilita un dialogo con il consumatore finale improntato ai
principi della trasparenza, basato su valutazioni oggettive e che descrive la sua
reale capacità di rimborsare i debiti, riducendo i margini di soggettività”.
“Indicatori come l’Indice di Tensione Finanziaria di CRIF introducono un grande
elemento di novità nella gestione del credito” - continua Capecchi.
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“Stiamo assistendo alla progressiva fine dell’era della valutazione tramite
i strumenti che distinguono solo i buoni clienti da quelli meno affidabili:
occorrono pertanto nuovi indicatori altamente performanti ‘click&go’ che,
senza estrazioni di dati da parte del lender, sono in grado di intercettare
i nuovi fenomeni del credito a partire dal patrimonio informativo del SIC.
Tali indicatori mixati a quelli tradizionali (il credit bureau score o score interni)
consentono di mettere in atto strategie e processi decisionali ad hoc per la
valutazione e la gestione dei ‘nuovi consumatori del credito’, anche alla luce
dell’invito normativo. Grazie agli strumenti CRIF sono stati già ottenuti
importanti risultati presso lenders italiani, tra cui CheBanca!, Creditis,
ING Direct, che hanno così individuato target di clienti da gestire in modo
differenziato rispetto a quelli non finanziariamente stressati”.
Secondo i risultati della ricerca CRIF-Efma, la Direttiva sul Credito al Consumo
ha spinto banche e società finanziarie verso strumenti e pratiche di erogazione
sostenibile. Dall’analisi dei dati raccolti è emerso infatti che:
• il 63% degli operatori intervistati ha risposto che il Legislatore ha posto in
essere iniziative mirate a stimolare questo processo;
• il 33,3% dei rispondenti ha inoltre affermato che il mix dei prodotti offerti è
cambiato per meglio aderire a questo principio;
• il 29,6% ha sostenuto che sono state intraprese specifiche iniziative di
comunicazione per informare i consumatori dei cambiamenti introdotti
nell’ottica di consolidare un approccio sempre più responsabile alla
concessione del credito.
Dalla ricerca CRIF-Efma emerge anche una sostanziale differenza
nell’interpretazione dei trend del mercato del credito, che possono essere
sostanzialmente attribuite alle differenti specializzazioni di business.
In particolare, differenze emergono tra i lenders con un portafoglio crediti in
cui predominano i mutui rispetto a quelli maggiormente focalizzati sul credito
al consumo. Rispetto al 2009, nel 2010 gli operatori intervistati hanno rilevato
un calo della domanda di servizi finanziari (prestiti per viaggi, studio, cura della
persona) a fronte di un trend positivo delle richieste di prestiti per l’acquisto
di auto e case, così come di prestiti per liquidità. D’altro canto, le politiche di
erogazione riflettono anch’esse la specializzazione del business: tra i lenders
che gestiscono prevalentemente mutui, una quota pari a circa il 60% del totale
ha risposto di aver applicato nel corso del 2010 criteri più conservativi, mentre
nel caso di operatori maggiormente attivi nel credito al consumo tale quota
scende al 35%.
Trends in the credit market
Respondents confirmed that, compared to 2009, in 2010:
Volumes
Risk
Credit Policy
Overall surveyed
population
55.6%
increased
44.4%
decreased
44.4%
more
prudential
Largely consumer
loans business
52.9%
increased
58.8%
decreased
35.0%
more
prudential
Largely mortgages
business
60.0%
increased
20.0%
decreased
60.0%
more
prudential
Fonte: ricerca ‘Responsible Lending’, CRIF e Efma.
Ad ogni modo, il 55,6% delle risposte raccolte da CRIF e Efma fa emergere
un incremento nelle erogazioni nel 2010 rispetto all’anno precedente, e alcuni
lenders hanno segnalato come il 2011 sia iniziato con aspettative ottimistiche in
termini di crescita dei volumi, che sarà sostenuta dal recupero della domanda
di credito specialmente nel segmento dei mutui.
Per maggiori informazioni sulla ricerca “Responsible Lending” di CRIF e Efma:
[email protected]
Pubblicazione di CRIF
ANTIRICICLAGGIO, “TITOLARE EFFETTIVO”, EX D. LGS. 231/07:
DEUTSCHE BANK ADOTTA IL SUPPORTO DI CRIF
Le esigenze di Deutsche Bank
Cliente: Deutsche Bank
Esigenze: supporto per attività di individuazione
del titolare effettivo.
Soluzione: IDea, IDentity Effective Analysis,
e il supporto
CRIF per alcune attività da
ricomprendersi nell’adeguata verifica della
clientela.
Risultati: certezza nell’acquisizione dei dati relativi
al titolare effettivo, monitoraggio centralizzato
del processo, contenimento costi e maggiore
efficienza dei processi.
Il Decreto Legislativo n. 231, del 21 novembre 2007,
riguardante l’attuazione della Direttiva 2005/60/CE
sulla prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario
a scopo di riciclaggio dei proventi di attività
criminose e di finanziamento del terrorismo, nonché
della Direttiva 2006/70/CE che ne reca misure
di esecuzione, ha introdotto alcune importanti
innovazioni nello scenario normativo in materia.
Una delle principali novità riguarda la codifica
legislativa del concetto di “adeguata verifica” della
clientela, che include: l’identificazione del cliente e
del titolare effettivo, le informazioni sullo scopo e
sulla natura del rapporto o dell’operazione, nonché
un controllo costante nel corso del rapporto.
Per quanto riguarda il titolare effettivo, questa figura
è definita come “la persona o le persone fisiche che,
in ultima istanza, possiedono o controllano il cliente
nonché la persona fisica per conto della quale è
realizzata un'operazione o un'attività, individuate
sulla base dei criteri descritti nell’allegato tecnico al
presente decreto”.1
Lo scenario italiano
Gli obblighi di adeguata verifica della clientela sono
commisurati al rischio di riciclaggio associato al tipo
di cliente, al rapporto continuativo, al tipo di servizio
richiesto, all’area geografica di riferimento. Ogni
adeguata verifica porta a determinare, in capo al
cliente, un grado di rischio di esposizione al riciclaggio
e al finanziamento del terrorismo. La determinazione
di un profilo di rischio necessita a sua volta di
informazioni, in parte già disponibili da parte degli
istituti di credito, in parte da richiedere al cliente, in
parte da acquisire da basi informative esterne.
A carico dei soggetti cui la disciplina si rivolge vi è,
quindi, l’obbligo di dotarsi di tutti quegli strumenti
organizzativi e informativi per accrescere
la conoscenza sulla clientela, attraverso la
rilevazione e organizzazione di informazioni e
dati relativi ai rapporti con il cliente, in termini di
complessiva situazione economica e patrimoniale
e in termini di collegamenti operativi del cliente con
altri soggetti.
Nella classificazione dei rischi, quello del
riciclaggio è ricondotto tra quelli di natura legale e
reputazionale, ancorché non possano escludersi
perdite su crediti o su strumenti finanziari dovute al
finanziamento inconsapevole di attività criminose.
Il rischio legale è ricompreso nell’ambito dei rischi
operativi e come tale concorre alla determinazione
del requisito del patrimonio previsto dal “primo
pilastro”; il rischio reputazionale viene trattato
nell’ambito del secondo pilastro e contribuisce
alla stima del grado di adeguatezza del capitale
complessivo dell’intermediario.
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Deutsche Bank, da sempre in prima fila nella prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento
del terrorismo, ha avvertito l’esigenza di agevolare alcune attività effettuate nell’ambito dell’adeguata
verifica, fornendo supporto ai propri gestori di relazioni con la clientela, nell’ambito dell’identificazione del
titolare effettivo.
In base a quanto contenuto nella normativa antiriciclaggio, in caso di società, per titolare effettivo s'intende:
1. la persona fisica o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedano o controllino un'entità
giuridica, attraverso il possesso o il controllo diretto o indiretto di una percentuale sufficiente delle
partecipazioni al capitale sociale o dei diritti di voto in seno a tale entità giuridica, anche tramite azioni
al portatore, purché non si tratti di una società ammessa alla quotazione su un mercato regolamentato e
sottoposta a obblighi di comunicazione conformi alla normativa comunitaria o a standard internazionali
equivalenti; tale criterio si ritiene soddisfatto ove la percentuale corrisponda al 25 per cento più uno di
partecipazione al capitale sociale;
2. la persona fisica o le persone fisiche che esercitano in altro modo il controllo sulla direzione di un'entità
giuridica.
Specifiche disposizioni vigono, poi, in relazione ad eventuali partecipazioni in società quotate su mercati
regolamentati, partecipazioni reciproche/circolari, fiduciarie e soggetti pubblici.
“I controlli che avevamo attivato per assolvere agli obblighi normativi” - spiega Francesco Adamoli,
Campaign Management di Prestitempo, divisione Consumer Finance di Deutsche Bank - “erano
stati definiti attraverso la consultazione delle singole sorgenti informative (Elenco Soci, Consob, Registro
Imprese, Ministero dello Sviluppo Economico). Ci siamo però resi conto che tali controlli, effettuati
individualmente dal singolo gestore di relazione, potevano risultare poco precisi ed inefficienti. Pertanto,
abbiamo cercato una soluzione efficace che ci consentisse di rendere omogenee sull’intera rete distributiva
tali controlli, garantendo completezza e precisione dei dati da cui partire per eseguire, a cura del gestore
della relazione, l’adeguata verifica sul cliente. Abbiamo scelto IDea - IDentity Effective Analysis, la
soluzione CRIF per il supporto all’individuazione del titolare effettivo.
Aggiunge Francesco Adamoli: “Abbiamo così integrato nei nostri processi di istruttoria e di monitoraggio
della clientela la soluzione CRIF che ci consente di ottenere un dato proveniente da una fonte
affidabile ed indipendente, vagliato e monitorato da una struttura centrale”.
Il valore aggiunto di CRIF dalle fonti informative
all'individuazione del titolare effettivo
FONTI
INFORMATIVE
+
KNOW HOW
VENTENNALE
=
Banca Dati Soci
ASSETTO PROPRIETARIO
(QUOTATE E NON QUOTATE)
Consob
Gruppi Aziendali
FIDUCIARIE E ENTI PUBBLICI
RECIPROCITÀ E CIRCOLARITÀ
Registro Imprese
STRUTTURA GIURIDICA
IMPRESE
TITOLARE
EFFETTIVO
I benefici ottenuti
“Abbiamo adottato la soluzione CRIF in primis per agevolare l’individuazione del titolare effettivo su tutto il
portafoglio storico di imprese con cui abbiamo rapporti continuativi” - spiega Adamoli.
“Grazie all’utilizzo di IDea siamo riusciti a raggiungere importanti risultati in termini di affidabilità del
dato raccolto e di maggiore efficienza dei processi, attraverso il contenimento dei tempi. Ciò è stato
possibile sia attraverso una gestione massiva di file batch in fase iniziale, sia perché, con un solo click,
riusciamo ad avere, in un unico report, gli elementi afferenti al titolare effettivo richiesti dalla normativa
senza dover consultare più fonti informative e costruire poi i legami ‘manualmente’ e, vantaggio non
trascurabile, la soluzione CRIF ha portato a un’omogeneizzazione delle procedure adottate da tutti gli
operatori, garantendo il gruppo rispetto all’assolvimento degli adempimenti normativi in materia.
Nella soluzione IDea abbiamo trovato piena conferma dell’esperienza ventennale di CRIF nella gestione e
qualità delle informazioni creditizie e business” - conclude Adamoli.
Per informazioni sulle soluzioni CRIF per l’antiriciclaggio: [email protected]
1 Art. 1 comma 2 lett. U del D. Lgs 231/2007
speciale “Credito alle imprese”
Pubblicazione di CRIF
DECIDERE DI EROGARE CREDITO ALLE IMPRESE:
LO SCENARIO DI MERCATO E LA SOLUZIONE DI SVOLTA CON CRIF
Sulla base dell’analisi del patrimonio informativo di EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF,
che raccoglie i dati relativi a oltre 8 milioni di linee di credito attribuite a utenti business, emerge che la
domanda di credito da parte delle imprese italiane (analizzata sulla base delle anagrafiche riconducibili
sia a imprese individuali sia a società di persone e capitali) nel primo semestre 2011 ha fatto segnare
una diminuzione pari a -1% rispetto ai valori dello stesso periodo del 2010. Segno ancora negativo, ma
in risalita rispetto al ben più pesante -9% rilevato nel primo semestre dell’anno passato, quando ancora i
primi timidi segnali di ripresa economica non si erano manifestati (Fonte: Barometro CRIF sulla domanda di
credito da parte delle imprese italiane).
Tasso di Variazione
Andamento della domanda Imprese ponderata sui giorni lavorativi
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
-5%
-10%
-15%
-20%
01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 01 02 03 04 05 06
2009
2010
Imprese individuali
2011
Società
Fonte: EURISC – Il Sistema CRIF di Informazioni Creditizie
A questo scenario della domanda di credito, che si innesta in un quadro di crescita che stenta a ripartire
a pieno regime (con l’inevitabile conseguenza di una maggiore rischiosità del credito), si aggiungono le
crescenti pressioni connesse all’inasprimento della regolamentazione prudenziale sul sistema bancario,
che impongono agli intermediari finanziari sia un maggior controllo dei cosiddetti RWA (Risk Weighted
Asset) sia una maggiore dotazione di patrimonio. In altri termini, si richiede alle aziende di credito di
erogare solo dopo attente analisi, governando al meglio la rischiosità del proprio attivo, e di gestire l’istituto
finanziario con maggiore efficienza per garantire un’adeguata redditività.
Si impone un cambiamento per poter rispettare il nuovo dettato normativo e garantire un’adeguata
redditività al capitale investito. E anche l’andamento dei tassi di default, per quanto leggermente più
contenuti nelle ultime rilevazioni, rende sempre più fondamentale dotarsi di sistemi tecnologici e avanzati
per la stima del rischio di credito, soprattutto in fase di valutazione.
La soluzione “di svolta” proposta da CRIF: la nuova Sprint Business 2.0
Per essere costantemente a fianco dei propri clienti e di supporto nel loro business, CRIF ha sviluppato
Sprint Business 2.0 - la soluzione più avanzata sul mercato italiano per la valutazione dell’affidabilità
creditizia delle imprese per la nuova era 2.0 del credito. Completamente in outsourcing, Sprint
Business 2.0 consente alle aziende di credito di “processare una pratica”, ovvero di valutare la richiesta
di credito presentata da un’impresa e di decidere - sulla base delle evidenze di informazioni pubbliche,
creditizie e regole decisionali stabilite dall’istituto - se accettarla, rifiutarla o rimandarla a un organo
deliberante superiore.
“Già consolidata sul mercato da ormai 15 anni e utilizzata quotidianamente da oltre 250 aziende di credito
italiane, la nuova soluzione 2.0 offre una ‘vista fronte-retro’ sulle aziende in quanto vengono effettuati
controlli congiunti su dati di natura pubblica, creditizia e commerciale integrati in logiche parametriche
originali e innovative” - spiega Maria Ricucci, Marketing Manager di CRIF.
4. nuova riclassificazione di bilancio, realizzata
da CRIF Decision Solutions, e nuovo tableau
degli indici delle società di capitali in conformità
alle novità normative in materia (D.Lgs 17
gennaio 2003 n.6 e D.Lgs Correttivo sul diritto
societario art. 37-310 del 2004);
5. innovativi indicatori di benchmark
fra l’impresa e il settore/comparto di
appartenenza, in relazione ai principali
indicatori economico-finanziari dell’impresa
oggetto di valutazione. Si tratta di oltre 15 indici
tra i più significativi che identificano lo stato
di salute di un settore, le voci prevalenti del
conto economico e dello stato patrimoniale,
con possibilità di approfondimento per classe di
fatturato, per territorio, e per tipologia del settore
di riferimento.
6. innovativi indicatori statistici di rischio
commerciale e creditizio:
- indicatori sulle abitudini di pagamento di
un’impresa verso i propri fornitori (tra i quali ad
esempio il D&B Paydex);
- CRIF Business Default Index, l’innovativo
indice di rischiosità di default delle imprese
realizzato da CRIF Decision Solutions.
Specifico per la valutazione del credito
business alle imprese, considera oltre al
profilo economico-finanziario dell’impresa
anche quello creditizio, aggiungendo potenza
predittiva al già potente credit bureau
score, diventando così il nuovo standard di
riferimento sul mercato per
la valutazione del credito alle imprese
nell’era 2.0;
7. calcolo della perdita attesa connessa
all’affidamento e ai singoli finanziamenti;
8. giudizio qualitativo sull’impresa e
sull’imprenditore: a partire da un questionario
di indagine viene elaborato un esito finale,
per correggere al rialzo o al ribasso il rating
quantitativo (c.d. notching);
9. possibilità di definire le strategie decisionali
con il team degli oltre 100 analisti, che
lavorano quotidianamente per arricchire
l’enorme patrimonio informativo del Gruppo
CRIF e valutare le imprese;
10. un layout grafico user-friendly che consente
un’immediata lettura della solvibilità
dell’impresa con la possibilità di ottenere zoom
specifici sui dettagli.
“Sprint Business 2.0 rappresenta infatti” - continua Ricucci - “oggi il ‘luogo fisico’ in cui accedere a tutto
il know-how di CRIF per la gestione del rischio di credito e per la valutazione delle imprese, beneficiando
delle elevate competenze metodologiche e tecnologiche di CRIF e dei vantaggi della fruizione della
soluzione in outsourcing, senza alcun impatto IT”.
Le principali novità introdotte dalla soluzione sono:
1. nuove informazioni di natura creditizia, EURISC 2.0 - la nuova generazione del Sistema di
Informazioni Creditizie di CRIF - con maggiore profondità informativa e viste ad hoc nella credit history
di un’impresa. Il SIC di CRIF conta tra le proprie 78 milioni di posizioni di credito e tassi di significatività
superiori al 90%;
2. nuove informazioni di natura commerciale, grazie a CRIBIS iTRADE, il più ampio patrimonio
informativo sui comportamenti di pagamento delle aziende italiane ed estere, con 26 milioni di
esperienze di pagamento sul mercato italiano;
Per ulteriori informazioni: [email protected]
3. controlli compliant con D.Lgs. 231/2007 sull’antiriciclaggio e il supporto per la definizione del
Titolare Effettivo;
5
speciale “Credito alle imprese”
autunno 2011
POE: TORNANO AD AUMENTARE LE MICROIMPRESE INVESTITRICI
E MIGLIORA LA QUALITÀ DEL CREDITO
Se il 2010 si era chiuso con una ulteriore diminuzione dei Piccoli Operatori Economici (ovvero le imprese
italiane con meno di 10 dipendenti e/o un fatturato inferiore a 2,5 milioni di Euro) che avevano effettuato
investimenti, facendo registrare la percentuale più bassa degli ultimi quattro anni (i POE investitori erano
stati rispettivamente il 35,4% nel 2007, il 28,7% nel 2008 e il 26,6% nel 2009 e, appunto, il 24,5% nel
2010), il 2011 sembra orientato ad una inversione di tendenza.
Secondo le rilevazioni contenute nell’ultima edizione dell’Osservatorio sulla Finanza per i Piccoli Operatori
Economici, realizzato da CRIF Decision Solutions e Nomisma e giunto alla diciassettesima edizione, per il
2011 i POE investitori dovrebbero passare, infatti, al 25,6%.
Il credito alle microimprese: gli impieghi
Secondo lo studio CRIF Decision Solutions-Nomisma, il 2010 ha evidenziato una ripresa particolarmente
sostenuta degli impieghi erogati soprattutto alle imprese individuali (+8,37% rispetto all’anno precedente)
mentre è stata meno marcata la ripresa per le società non finanziarie (+1,65%).
Anche per quanto riguarda la durata degli impieghi, quelli inferiori all’anno hanno registrato una
performance positiva (da -8,49% del dicembre 2009 a +0,48% del dicembre 2010) mentre quelli con
durate comprese tra 1 e 5 anni sono passati, nello stesso arco temporale, da -6,77% a -4,85%. Gli
impieghi con durata superiore ai 5 anni hanno mantenuto e addirittura incrementato il loro trend positivo
attestandosi, a dicembre del 2010, a oltre il +6,6% di crescita annua.
Per quanto riguarda il 2011, le indicazioni provenienti dall’analisi dei dati registrati nel Sistema di
Informazioni Creditizie EURISC relativamente ai primi mesi dell’anno mostrano un incremento
degli affidamenti richiesti di oltre il 7% rispetto al 2010, in linea con gli andamenti evidenziati dalle
fonti istituzionali.
La rischiosità del mercato
Per quanto riguarda la qualità del credito erogato, a fine 2010 hanno trovato conferma i segnali di
miglioramento già evidenziati a metà dello scorso anno.
I tassi di insolvenza leggera (1 o 2 rate insolute) e grave (da 3 a 5 rate insolute) mostrano, dopo tre trimestri
di sostanziale stabilità, una flessione negli ultimi tre mesi del 2010, registrando rispettivamente valori pari
al 4,62 % e al 1,97%. Il tasso di sofferenza (almeno 6 rate scadute e non pagate) registrato a fine 2010
è invece stato del 9,23%, in crescita di 1,6 punti percentuali rispetto al periodo precedente ma che, in
previsione, dovrebbe tornare verso i livelli sperimentati nella fase pre-crisi, registrando una progressiva
battuta d’arresto.
I tassi di decadimento, che misurano l’incidenza delle nuove posizioni in sofferenza creditizia, nell’arco del
2010 si sono prima stabilizzati e ora risultano in netta flessione: nello specifico, il tasso di decadimento a
180 giorni è sceso dal 4,21% di fine 2009 al 3,87% di fine 2010, mentre il tasso di decadimento a 90 giorni
è sceso al 5,72% (-1,08 punti percentuali rispetto a fine 2009).
Gli ultimi dati disponibili, rilevati al 31 marzo 2011, consolidano questa linea di tendenza evidenziando
un tasso di decadimento a 180 giorni che scende ulteriormente al 3,70% mentre quello a 90 giorni si
assesta al 5,44%.
Andamento della domanda Imprese ponderata sui giorni lavorativi
6,80
6,36
6,14
6,11
6,21
5,88
5,72
6
5,72
5,13
5
4
4,21
3,70
3
4,15
4,22
Dall’analisi territoriale presentata nell’Osservatorio
CRIF Decision Solutions-Nomisma risulta che
dal 2007 le microimprese che hanno effettuato
investimenti sono calate sensibilmente soprattutto
nell’area del Nord Est (-14 punti percentuali
nell’ultimo quadriennio).
Se nel 2010, il Nord Ovest era stata l’area territoriale
con la più alta percentuale di POE che avevano
effettuato investimenti (26,7% del totale), seguita
da Nord Est (26,6%), Centro (25,7%) e Sud
(22%), nel 2011 i POE valdostani, piemontesi,
liguri e lombardi ridurranno drasticamente i loro
investimenti, al contrario delle microimprese delle
altre regioni italiane.
Sul fronte della qualità del credito, il Sud si
conferma come l’area con le peggiori performance
del tasso di sofferenza (pari a 10,26% a
dicembre 2010).
I tassi di insolvenza grave mostrano, rispetto a
dicembre 2009, le contrazioni più rilevanti nel Nord
Est (1,8% contro 2,09%), Nord Ovest (1,85% contro
2,11%) e Centro (2,02% contro 2,31%).
A fine 2010, l’analisi territoriale della nuova
rischiosità (tasso di decadimento) conferma la
tendenza a una contrazione dei livelli dei tassi di
decadimento in tutte le macroaree, che è risultata
particolarmente rilevante nel Nord del Paese (3,6%
il tasso di decadimento a 180 giorni).
In particolare, il Sud del Paese continua registrare
le performance peggiori (4,31% il tasso di
decadimento a 180 giorni).
Alla fine del primo trimestre 2011, l’analisi della
rischiosità creditizia a livello territoriale conferma
la tendenza ad una ulteriore contrazione della
rischiosità per tutte le aree del Paese con la sola
eccezione del Sud, che rimane fermo ai valori
dei tassi di decadimento a 90 e 180 giorni del
periodo precedente.
L'analisi settoriale
8
7
L'analisi territoriale
4,07
3,84
3,87
3,27
2,86
2
1
Per la fine del 2011 si prevede un aumento della
percentuale di POE che effettueranno investimenti
in quasi tutti i settori tranne in quello manifatturiero,
dove la quota di investitori dovrebbe scendere
drasticamente, a conferma della complessa e
difficile fase che le micro imprese del settore
stanno attraversando.
Per quanto riguarda la rischiosità creditizia, il tasso
di sofferenza nei diversi settori indagati hanno
mostrato un trend crescente per tutto l’arco del
2010 soprattutto nei comparti dell’Edilizia e Opere
Pubbliche e dei Servizi e Trasporti, attestando
a dicembre dello scorso anno rispettivamente
all’11,56% e all’11,36%.
Più contenuti, invece, i tassi di sofferenza
del comparto Manifatturiero (9,9%) e del
Commercio (10,6%).
Infine, il macro settore dell’Agricoltura conferma
il livello di bassa rischiosità storicamente osservato
registrando, a fine 2010, un tasso di sofferenza
del 3,8%.
0
2008-12
2009-03
2009-06
2009-09
2009-12
2010-03
Decadimento a 90 giorni
, vol.17
6
2010-06
2010-09
2010-12
Decadimento a 180 giorni
Fonte: Osservatorio CRIF Decision Solutions – Nomisma sulla Finanza per i Piccoli Operatori Economici
Per ulteriori informazioni: [email protected]
speciale “Credito alle imprese”
autunno 2011
IMPRESE ITALIANE DI FRONTE A UN BIVIO:
SOPRAVVIVERE O CRESCERE ATTRAVERSO IL CAMBIAMENTO SU SCALA INTERNAZIONALE
Di Giuliano Noci, Prorettore del Politecnico di Milano
Tutti hanno la percezione che in questi anni sia in atto un vero e proprio
sconvolgimento degli assetti geo-economici su scala globale. In pochi sono
consapevoli dei numeri in gioco, che sono per certi versi impressionanti.
Basti pensare che nel 1950 Stati Uniti ed Europa contribuivano al 57% del PIL
mondiale (29% e 28% rispettivamente) mentre l’Asia aveva un ruolo del tutto
marginale - solo il 10% del PIL era generato dai paesi del Far East.
Le previsioni al 2030 del Fondo Monetario internazionale attribuiscono all’Asia
il 48% del PIL generato; Stati Uniti e Europa saranno relegati per allora al
ruolo di comprimari: rispettivamente il 15% e l’11% del valore aggiunto
complessivamente generato.
Si tratta di un vero e proprio tsunami economico, che pone paesi come Cina,
India, Vietnam e Thailandia al centro dello sviluppo economico mondiale. Non
solo come Paesi in grado di rappresentare la fabbrica distribuita del mondo,
ma anche come mercati in cui la domanda di beni di consumo e strumentali
sarà nei prossimi anni/decenni in fortissima crescita: da molto tempo, ormai, i
consumi in questi paesi crescono a due cifre, a fronte di dinamiche pressoché
stagnanti nel mondo occidentale.
Se questo è il quadro di riferimento, è quasi banale osservare come la
competitività futura del sistema industriale italiano sia legata a doppio
filo alla capacità che le nostre imprese avranno di vendere i loro prodotti
nelle economie a maggior tasso di crescita. Si potrebbe superficialmente
pensare che tale obiettivo è a portata di mano: autorevoli indagini dell’OCSE
evidenziano come l’Italia sia il secondo paese - dietro la Germania - per
competitività su scala internazionale. Si tratta invece di una fotografia parziale,
che riflette più la storia passata che il nostro potenziale futuro. Infatti, le imprese
italiane - a differenza di quelle tedesche e francesi - esportano molto nel
cosiddetto mondo occidentale, mentre vantano, in media, una presenza ancora
poco significativa nei paesi emergenti (BRICS, in primis).
È dunque necessario, in chiave prospettica, un cambio di passo, per lo meno
con riferimento a quella larga parte di piccole imprese che, dovendo affrontare
un cambio così rilevante - affrontare il mercato cinese è evidentemente molto
diverso rispetto dall’esportare in Francia - si trovano in difficoltà sia da un punto
di vista finanziario che gestionale. Le nostre piccole e medie imprese sono,
infatti, in molti casi sotto-capitalizzate e spesso si trovano esposte agli istituti
di credito con forme di finanziamento di breve periodo. Sul fronte gestionale,
due sono invece gli elementi a cui occorre prestare maggiore attenzione: sono
in possesso prevalentemente di un cultura tecnica - tipica espressione di una
cultura del sapere fare/produrre - ma hanno investito poco nello sviluppo di
competenze di marketing, indispensabili invece per affrontare mercati complessi
dal punto di vista dei comportamenti di acquisto come quelli emergenti; hanno
ancora una presenza estera quasi esclusivamente basata sull’export affidandosi
a distributori locali, quando invece i nostri competitor (tipicamente francesi e
tedeschi) hanno sviluppato programmi di vera e propria internazionalizzazione
della catena del valore (ovvero attraverso delocalizzazione di parti delle attività
o, perlomeno, presidio diretto del mercato).
L’affrontare in modo strutturato i mercati a forte tasso di crescita richiede
pertanto un nuovo approccio all’internazionalizzazione, ove tutti gli stakeholder
del sistema Italia devono orientarsi verso un vero cambiamento e tenere
conto dei punti di forza e di debolezza propri e degli altri attori economici
e/o istituzionali. Le imprese, in primo luogo, devono essere consapevoli della
necessità di orientarsi verso un portafoglio più equilibrato di mercati esteri
verso i quali destinare i propri sforzi. In particolare è opportuno che:
• continuino a presidiare i mercati consolidati in una logica di estrazione di
valore, cercando di contenere e, se possibile, ridurre il cosiddetto Italian
sounding (relativo a prodotti che sembrano italiani ma che tali non sono)
valorizzando al massimo i canali distributivi esistenti;
• investano per la loro crescita futura nei mercati ad alto potenziale. Si tratta
di un’azione che non è a costo zero: investire significa, in primis, studiare il
mercato con le sue regole e prassi, individuare le modalità più opportune
per una presenza su scala locale (agenti, unità commerciale, parte della
produzione e di altre attività della catena del valore) e riadeguare, se
necessario, l’offerta ai requisiti e ai fattori critici di successo della clientela
locale. È, d’altro canto, fondamentale studiare una presenza distributiva che
sia veramente attrattiva per dei consumatori e/o clienti industriali che sono
ormai sottoposti a moltissimi stimoli.
Non può sfuggire che la portata del cambiamento richiesto travalica le
possibilità di una singola impresa, a maggior ragione se di piccole dimensioni.
Ed è per questo motivo che diventa cruciale una presa di coscienza circa il
7
ruolo fondamentale del meccanismo delle reti di impresa, che devono essere
molto diverse dalle associazioni temporanee costituite molto spesso, fino a
oggi, per adire a finanziamenti pubblici. Le reti di impresa del futuro devono
essere il frutto della condivisione di un progetto strategico volto alla creazione
di sinergie che portino economie di scala e di scopo, e al raggiungimento di
una massa critica minima in grado di garantire condizioni di competitività nei
cosiddetti BRICS (ma non solo). In questa prospettiva, lo sviluppo di progetti
di internazionalizzazione attraverso reti di imprese acquisisce quindi un rilievo
chiave al fine di: studiare mercati lontani, sviluppare progetti di innovazione,
combinare prodotti complementari in grado di rappresentare un basket di
acquisto interessante per il target di mercato e sviluppare canali distributivi
diretti volti a consolidare la forza di marca (brand equity) delle nostre imprese.
Vista l’importanza del tema per la sopravvivenza e competitività di medio
periodo del nostro sistema industriale, viene da chiedersi se saranno in grado
gli imprenditori e/o manager di attivare da soli dinamiche tanto complesse,
spesso incoerenti con il DNA individualista tipico del “fare impresa” in Italia.
Molto probabilmente, no. Un ruolo importante, in questo senso, può essere
giocato dagli istituti di credito, in quanto soggetti che vantano piena visibilità
sulle difficoltà della propria base clienti e, nel contempo, godono di quella
credibilità e status che permette loro di indurre le imprese loro clienti a valutare
seriamente l’avvio di iniziative così diverse dal business as usual del nostro
sistema industriale. Del resto qualche esempio si comincia a intravedere:
alcune banche del territorio emiliano hanno avviato importanti progetti in tal
senso; Unicredit Group ha avviato un progetto su scala nazionale esattamente
con l’obiettivo di individuare opportunità di messa in rete di imprese anche
appartenenti a distretti territoriali differenti ma accomunate da competenze
sinergiche e/o stesso mercato target.
Si può, in conclusione, essere ottimisti per il futuro all’estero delle nostre
imprese? Direi di sì. Sta emergendo progressivamente nel tessuto
imprenditoriale l’esigenza di introdurre una discontinuità, soprattutto in quei
casi in cui i giovani hanno la responsabilità della gestione di impresa. Le stesse
banche - per la prima volta alle prese con un rischio sistemico (interi settori
industriali sono in grave difficoltà) - hanno tutta la convenienza a intervenire
pro-attivamente presso la propria base clienti anche in relazione a Basilea 3.
Ma, al di là delle declinazioni puntuali delle strategie di internazionalizzazione,
un elemento deve rappresentare un punto fermo da cui non si può prescindere:
la volontà di valorizzare l’unico asset realmente riconosciuto nel mondo,
ovvero il Made in Italy e l’italianità. Solo in questo modo riusciremo realmente
a massimizzare i ritorni dei considerevoli sforzi che dovranno essere messi in
campo nei prossimi mesi.
A distanza di vent’anni, la situazione è molto cambiata
Asia
USA Europa Altro
26%
29%
24%
18%
20%
25%
33%
25%
1990
2010
Gli IDE a confronto
$ 180.000.000.000,00
$ 160.000.000.000,00
$ 140.000.000.000,00
$ 120.000.000.000,00
$ 100.000.000.000,00
$ 80.000.000.000,00
$ 60.000.000.000,00
$ 40.000.000.000,00
$ 20.000.000.000,00
$ 0,00
Germania
Francia
Italia
2005
2006
2007
2008
2009
Fonte: OCSE, 2011
speciale “Credito alle imprese”
autunno 2011
LA VISTA 3D SULL’IMPRESA:
RISCHIOSITÀ CREDITIZIA, RISCHIO COMMERCIALE E MARKETING
CRIF è un punto di osservazione privilegiato sulle
imprese, grazie al patrimonio informativo unico di
cui dispone e alle proprie competenze analitiche.
Le aziende di credito grazie alle innovative Liste
Imprese 3D di CRIF possono ottenere una vista
“tridimensionale” che coniuga sinergicamente
rischiosità creditizia, rischio commerciale e
propensione all’acquisto dei prodotti finanziari
da parte degli esponenti dell’impresa.
Sul fronte marketing per individuare le aree di
sviluppo e le imprese potenziali Data4Value - la
società del Gruppo CRIF specializzata nelle
soluzioni di marketing e geo-business - mette a
disposizione Data4Zone, il più ampio archivio
statistico su “micro-zona” presente in Italia che
consente di sviluppare azioni mirate e realmente
capillari sul territorio. La “micro-zona” rappresenta
la più piccola unità territoriale ufficiale italiana,
un’area basata sulla sezione di censimento ISTAT
(circa 380.000 a copertura dell’intero territorio
nazionale, che corrisponde in media a poco più
di 0,6 km2 di estensione; circa 80 abitazioni, 62
famiglie, 162 individui).
Il patrimonio informativo Data4Zone comprende
informazioni aggregate su affidabilità finanziaria,
domanda prodotti (numero e tipologia di richieste
di credito) e portafoglio prodotti posseduti (numero,
forma tecnica, importo e durata dei prodotti), oltre
a informazioni statistiche, socio-demografiche,
istituzionali e di fonte pubblica (ISTAT, ISVAP, ecc.).
Data4Value mette a disposizione oltre 200 indicatori
statistici sulla clientela consumer e oltre 100 sulle
imprese, per conoscerle in maniera completa dal
punto di vista dell’affidabilità/rischiosità finanziaria,
della rischiosità commerciale e della propensione
e marketing, individuando i clienti - titolare di ditta
e/o esponenti dell’impresa - a maggiore potenziale,
ovvero con un livello di rischio contenuto e un
elevato grado di propensione all’acquisto di un
prestito personale, mutuo o carta di credito.
A fronte di questi margini di sviluppo commerciale
si affianca poi il supporto di indicatori di rischio:
RiskZone, gli originali indicatori di rischio
territoriale che consentono di stimare la probabilità
di default dell’impresa in funzione della micro-zona
di residenza, integrando tutte le basi dati disponibili
a livello di singola cella di censimento (sintesi
del comportamento creditizio, protesti e ISTAT);
Industry Risk l’indicatore di rischio settoriale
di CRIF che consente di misurare il rischio di
un determinato settore merceologico in una
determinata zona (può arrivare fino alla micro-zona)
rispetto al Sistema paese.
Dal lato del rischio commerciale, CRIBIS D&B
- la società del Gruppo CRIF specializzata nelle
business information - mette a disposizione robusti
indicatori statistici D&B Paydex che valutano la
performance storica e attuale dei pagamenti di
un’impresa verso i propri fornitori e sono altamente
predittivi della probabilità che un’impresa cessi e
che lasci obbligazioni non pagate sul mercato
in un arco temporale di 12 mesi.
Inoltre, CRIBIS D&B Fido suggerito fornisce
l’indicazione di un fido commerciale calcolato
considerando la rischiosità dell’impresa,
la dimensione, il settore merceologico e
la capacità operativa.
Valorizzando al meglio tutte queste componenti
uniche, la soluzione Liste Imprese 3D di CRIF
permette all’azienda di credito di:
• sviluppare il business in prossimità del territorio di
interesse;
• individuare le imprese da contattare e pianificare
azioni commerciali sull’azienda e sui
titolari/esponenti della stessa;
• misurare il rischio di un determinato settore
merceologico in una determinata zona (può
arrivare fino alla micro zona).
Per ulteriori informazioni: [email protected]
Corso CRIF Training “La valutazione delle imprese
‘fronte-retro’” - Bologna, 16 novembre
Si svolgerà il 16 novembre, presso la sede centrale
CRIF di Bologna, il corso “La valutazione delle
imprese fronte-retro”, che consentirà ai partecipanti
di approfondire le metodologie per una valutazione
efficace e completa delle imprese attraverso la lettura
e l’analisi congiunta delle informazioni qualitative e
quantitative da fonte pubblica e creditizia, coniugando
la vista sul rischio commerciale e sul rischio di credito.
Il corso, della durata di una giornata, è organizzato
da CRIF Training, il team CRIF certificato UNI EN ISO
9001-2008 - Settore A37 per i processi formativi, in
collaborazione con il Dipartimento di Rating di CRIF.
Per maggiori informazioni: [email protected]
PAGAMENTI DELLE IMPRESE:
AUMENTA LA PUNTUALITÀ IN ITALIA NEL PRIMO SEMESTRE 2011
Segnali di ripresa sul fronte dei pagamenti delle
imprese italiane: migliora la puntualità a livello
nazionale e si riducono i ritardi gravi.
A fine giugno 2011, infatti, il 42,98% delle aziende
ha saldato i fornitori entro i termini prestabiliti,
facendo registrare un netto miglioramento rispetto
a fine 2010, quando solo il 37,5% del totale (il livello
più basso dal 2007) risultava virtuoso.
Un miglioramento, seppur minimo, si è registrato
anche rispetto a marzo 2011, quando le imprese
puntuali erano state il 41,87%. Ciononostante siamo
ancora lontani dalla situazione del 2007, quando a
pagare alla scadenza era il 50% delle aziende.
Questa, in sintesi, la principale evidenza che emerge
dall’aggiornamento al 30 giugno dello Studio sui
comportamenti di pagamento delle imprese
italiane realizzato da CRIBIS D&B, società
del Gruppo CRIF specializzata nelle business
information.
La puntualità nel rispettare gli impegni di
pagamento nei confronti dei propri fornitori è,
dunque, migliorata dopo un 2010 da dimenticare.
In particolare, secondo l’aggiornamento di CRIBIS
D&B: il 42,98% delle imprese ha pagato alla
scadenza, il 52,26% ha saldato entro il ritardo di
30 giorni e il 3,15% tra i 30 e i 60 giorni di ritardo.
Le aziende che hanno saldato le fatture dai 60
giorni in poi sono state l’1,61%. Tra queste lo
0,38% ha esibito un grave ritardo (90-120 giorni
medi) e lo 0,15% un gravissimo ritardo (oltre i 120
giorni medi).
Rispetto alla fine del 2010, cresce di 5,48 punti
percentuali la quota di pagatori puntuali, cui
corrisponde una riduzione simile (4,74%) dei
ritardi moderati e limitati ai 30 giorni medi.
8
Resta stabile, invece, la distribuzione in
corrispondenza delle altre classi di ritardo
considerate, con flessioni non superiori allo
0,65%.
Le imprese del Nord mostrano una maggiore
tendenza a rispettare i termini pattuiti e a
contenere il ritardo entro i 30 giorni medi con una
percentuale di pagamento puntuale superiore al
45%; nell’Italia meridionale, invece, i pagamenti
sono meno regolari e i pagatori affidabili sono solo
il 34,55% del totale.
Nella categoria dei ritardi gravi (oltre i 4 mesi) le
distanze tendono ad annullarsi: si passa, infatti, dallo
0,10% del Nord Ovest allo 0,32% del Sud e Isole.
A livello settoriale, sono l’agricoltura, foreste e
caccia, i servizi finanziari e l’industria estrattiva a
distinguersi per un minore ritardo rispetto ai
termini pattuiti.
Pagamenti al rallentatore, invece, per commercio
all’ingrosso (39,38%) e dell’industria e produzione
(39,52%).
Il primo semestre del 2011, inoltre, conferma le
differenze, già delineatesi negli scorsi anni, nello
scenario dei pagamenti commerciali in riferimento
alla dimensione aziendale.
Sono, infatti, le micro realtà (che rappresentano
una componente estremamente rilevante del
tessuto economico nazionale) a mostrare una
maggiore percentuale di pagamenti regolari con il
47,51% del totale, al contrario delle aziende di più
grande dimensione per cui il pagamento puntuale
è fortemente ridotto.
In particolare, si registra solo il 23,28% di pagatori
regolari nel caso delle medie imprese e solo
l’11,45% nel caso delle grandi.
“Nel corso di questa prima parte del 2011
abbiamo osservato un graduale miglioramento
nei tempi di pagamento delle aziende italiane.
Un trend che lascia ben sperare per il prosieguo
dell’anno. Questo andamento” - commenta
Marco Preti, Amministratore Delegato di CRIBIS
D&B - “conferma l’impressione che quello che
esce dalla crisi sia un nuovo contesto economico,
caratterizzato da una maggiore ‘fluidità’, intesa come
maggiore dinamicità e velocità nei cambiamenti, sia
a livello di controparti (clienti e fornitori), sia a livello
di andamento di mercato”.
I dati presentati derivano da CRIBIS iTRADE, il
programma di condivisione di dati e analisi sulle
abitudini di pagamento delle aziende, in Italia e
nel mondo.
• Il programma è attivo a livello mondiale dal 1972:
i movimenti raccolti in Italia superano i 140 milioni,
e sono oltre 26 milioni le esperienze di pagamento
generate dalla lavorazione dei movimenti contabili
e un milione le aziende su cui sono disponibili
le esperienze di pagamento nei confronti dei
propri fornitori.
• In particolare, le valutazioni sui pagamenti
presentate nello Studio CRIBIS D&B si basano
sull’analisi delle posizioni per cui è disponibile il
D&B Paydex, l’indicatore statistico che valuta la
performance storica dei pagamenti verso i fornitori
e permette di delineare il profilo dell’azienda in
modo solido e affidabile.
• Si tratta di uno strumento analitico solido basato
sulle esperienze di pagamento (da non confondere
con i movimenti contabili) che garantisce la
robustezza e la consistenza del dato, sintetizza la
storia dei pagamenti di un’azienda e fornisce un
autunno 2011
NUOVE METRICHE PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE
DEL PORTAFOGLIO CREDITI
L’andamento del mercato dei crediti erogati alle
famiglie consumatrici negli ultimi tre anni è stato
fortemente condizionato dalla fragilità economica
del sistema, scosso dai venti della crisi
internazionale, che ha acuito la debolezza del
mercato del lavoro e delle condizioni reddituali
delle famiglie, con inevitabili riflessi sul livello
della rischiosità.
La dura lezione impartita dalla crisi ha modificato
profondamente le prospettive del sistema bancario
e finanziario che dovrà adeguarsi a criteri più
restrittivi in termini di accantonamenti di capitale e,
al contempo, identificare nuovi strumenti, prodotti
e servizi in grado di assicurare i parametri di
redditività e la fidelizzazione della propria clientela.
Specialmente in ambito internazionale, la
crisi economica ha innegabilmente sancito
l’inadeguatezza dei sistemi di rating tradizionali,
che non hanno saputo cogliere ed interpretare i
cambiamenti nei comportamenti delle famiglie
producendo una valutazione del merito creditizio
che fosse realmente sensibile alle mutate condizioni
di scenario.
In Italia, grazie alla tradizionale cautela e alla minore
propensione al ricorso al credito da parte delle
famiglie, coniugata ad una maggiore prudenza degli
intermediari nella definizione delle condizioni di
offerta, la crescita del rischio non ha raggiunto livelli
drammatici ed è stata successivamente calmierata
dagli aiuti goverantivi, dall’adozione di politiche
di erogazione maggiormente prudenti, dal calo
fisiologico della domanda.
L’emanazione della direttiva europea sul credito
al consumo è stata un motore propulsivo per
accelerare l’adozione di strumenti a supporto di
un’erogazione sostenibile e, in questo ambito,
CRIF Decision Solutions ha realizzato forti
investimenti in attività di ricerca e sviluppo
finalizzate alla previsione dei fenomeni di stress
finanziario e di sovraindebitamento. Si sono dunque
aperti nuovi tavoli di lavoro per mettere a punto
soluzioni quantitative da affiancare agli strumenti
di rating tradizionali, per irrobustire i processi di
gestione dei portafogli retail in compliance con
quanto previsto dalla normativa.
Le evidenze empiriche confermano l’inadeguatezza
degli strumenti di credit scoring nel cogliere
appieno la dimensione del sovraindebitamento.
Infatti, esiste una sostanziale diversità fenomenica
tra il rischio di credito e la sostenibilità del debito
che, anche se certamente correlati, devono essere
indagati con strumenti differenziati e specifici. La
quantificazione del rischio è propriamente oggetto
di inferenza dei sistemi di scoring e di rating e
rimane un parametro indispensabile per garantire
un presidio efficace della qualità del portafoglio.
Tuttavia, il solo parametro del rischio di credito
non è esaustivo per ottimizzare la relazione con la
clientela retail sul fronte degli impieghi poiché, a
parità di rischio di default, i soggetti evidenziano
differenti propensioni e attitudini nel ricorso al
credito e nella gestione dei prodotti di debito che,
qualora molto accentuate, possano degenerare
in stati di stress finanziario e, in seguito, in
manifestazioni di default.
A questo riguardo, l’Indice di Tensione Finanziaria,
messo a punto da CRIF Decision Solutions, è uno
strumento analitico di misurazione degli stati di
stress che si manifestano nella gestione dei prodotti
di debito: l’indice intercetta i soggetti che adottano
9
un atteggiamento “spregiudicato” nel ricorso al credito, si mostrano “aggressivi” nell’utilizzo di tutte le
formule di finanziamento, anche quelle più innovative o più costose; che sono naturalmente propensi
alla mobilità creditizia e al credit shopping e, più in generale, favorevoli a finanziare con il debito i propri
consumi correnti.
L’Indice di Tensione Finanziaria arricchisce i tradizionali sistemi di credit scoring nell’ambito della
gestione del portafoglio clienti privati sia per obiettivi di sviluppo del portafoglio - in quanto consente
di filtrare dalle azioni di targeting la clientela che sta iniziando a manifestare comportamenti
potenzialmente critici e aggressivi nella gestione delle finanze personali - sia per gli obiettivi di
pre-delinquency - in quanto permette di identificare i clienti sui quali vale la pena pianificare azioni
di contenimento del rischio, quali ad esempio la revisione del piano di ammortamento, prima che si
manifesti la morosità.
La componente innovativa dell’indice si esprime nell’utilizzo di variabili dinamiche, che tracciano nel
breve periodo il comportamento del soggetto per verificare se si stia progressivamente avvicinando ad
uno stato di tensione finanziaria. Le variabili dinamiche indagano se il cliente nel breve periodo abbia
messo in atto comportamenti correlati a una condizione di stress finanziaria: ricorrere a nuovo credito
per ripianare situazioni di sconfino o scaduto o per sostenere pluriaffidamenti con impegni già onerosi,
rinegoziare le condizioni, utilizzare in modo molto intenso le linee di fido e revolving per finanziarie i
consumi correnti.
Infine, sempre in ottica di affidamento responsabile, circoscrivendo la valutazione ai clienti che si
caratterizzano per un buon merito creditizio e per l’assenza di segnali di tensione finanziaria, è rilevante
poter valutare l’impatto che una nuova accensione di credito potrà generare sul rischio del prenditore
per contrastare il rischio di sovraindebitamento.
Infatti, per incrementare le azioni di repeat business e cross-up selling sui clienti è molto utile poter
quantificare l’impatto sul rischio generato dell’aumento dei livelli di affidamento correnti.
Il Limite di Credito, definito come la rata mensile aggiuntiva agli oneri già contratti dal cliente, è il
nuovo modello messo a punto da CRIF Decision Solutions per inferire la crescita del rischio del cliente
in funzione del progressivo aumentare della sua esposizione.
Le analisi condotte da CRIF Decision Solutions dimostrano infatti che al crescere degli oneri finanziari
il rischio di default aumenta con un grado di intensità che dipende sia dal debito già contratto dal
prenditore, che dal suo merito creditizio iniziale misurato dal CRIF Credit Bureau Score.
La rata mensile aggiuntiva agli oneri correnti stimata dal modello, applicando opportune condizioni di
tasso e durata, permette di calcolare un nuovo importo erogabile - un limite di credito - da proporre al
cliente nel contesto di una campagna commerciale in batch o in fase di erogazione on line.
L’Indice di Tensione Finanziaria, il CRIF Credit Bureau Score e il Limite di Credito sono integrati in una
strategia descritta nel flusso seguente che segmenta il portafoglio privati in cluster su cui indirizzare,
a seconda delle caratteristiche, azioni di sviluppo del business, piuttosto che attività di contenimento
del rischio. L’approccio identifica i clienti ad alto potenziale, sui quali investire con azioni di repeat
business e cross e up selling, dai clienti a medio potenziale e da quelli a rischio di sovraindebitamento.
Limite di Credito & Indicatore di Tensione Finanziaria & Oneri Prospettici: crescita dei volumi
Variabili di
segmentazione
PERFORM - CRIF Credit Bureau Score
Delinquency
Indicatore Tensione Finanziaria
Bonis (84%)
PERFORM - CRIF Credit Bureau Score
Indicatore Tensione Finanziaria
Credit limit
Rischiosi (16%)
Variabili di
segmentazione
PERFORM - CRIF Credit Bureau Score
Delinquency
Indicatore Tensione Finanziaria
Alto Potenziale
(25%)
Medio-basso Potenziale
(59%)
Delinquent
(7.6%)
PreDelinquent
(5.2%)
Rischiosi
(3.2%)
Azioni di
repeat business
Monitoraggio
Bassa priorità
Collection
Consolidamento
debito
Monitoraggio
Alta priorità
Pubblicazione di CRIF
GEOMARKETING E SVILUPPO DELLE CARTE DI PAGAMENTO:
IL CASO ICCREA
Cliente: ICCREA
Esigenze: efficace sviluppo commerciale del
prodotto carte di credito e debito.
Soluzioni: gli strumenti di geomarketing di
Data4Value.
Risultati: condivisione in rete delle informazioni
territoriali, andando ad arricchire il network BCC.
Maggiore efficienza degli orientamenti e delle
scelte commerciali.
ICCREA Banca è dal 1963 l’Istituto Centrale del
Credito Cooperativo, nata con lo scopo di rendere
più completa, intensa ed efficace l’attività delle
Banche di Credito Cooperativo, rappresentandole
in tutti gli ambiti tecnici istituzionali. ICCREA Banca
sostiene e potenzia l’attività complessiva delle
BCC clienti, attraverso il supporto nei servizi di
pagamento: scambia e regola i flussi nazionali e
internazionali per conto delle Banche associate, è
acquirer diretto ed emittente delle carte di credito
e di debito nazionali e internazionali a marchio
CARTA BCC.
Abbiamo chiesto ad Antonio Galiano,
Responsabile Servizio di E-Bank di ICCREA
Banca e a Marco Vecchiotti, Direttore di
Data4Value, di illustrare i progetti di collaborazione
tra le due aziende e l’esperienza di successo di
ICCREA nell’utilizzo delle soluzioni di geomarketing
messe a disposizione dalla società specializzata del
Gruppo CRIF.
Quale il ruolo del geomarketing in una realtà
come ICCREA?
Galiano: “In un momento di discontinuità come
quello attuale, le soluzioni di geomarketing
consentono di analizzare sul territorio diversi
fenomeni di interesse, fornendone una lettura
integrata, facile e interattiva. Non potevamo perciò
fare a meno di un strumento di così rilevante
supporto alle decisioni, in grado di mettere in
relazione quelle informazioni che debbono essere
pienamente integrate fra Centro e Territorio per
ottenere il massimo ritorno da qualsiasi iniziativa di
sviluppo e commerciale in senso lato”.
Quali sono le strategie e gli ambiti di
applicazione più interessanti di questi strumenti
per le Banche di Credito Cooperativo?
Le BCC hanno bisogno di moderni
sistemi di geomarketing
Abbiamo chiesto a Stefano De Renzi, Referente
società prodotto, monetica e crediti speciali,
BCC dell’Agro Pontino, partecipante al percorso
“Pianificazione delle Attività di Sviluppo: come
organizzare e valorizzare le filiali”, organizzato dalla
Federazione BCC Lazio Umbria Sardegna, un breve
commento sulle salienze emerse.
“La serie di appuntamenti formativi organizzati
dalla Federazione BCC Lazio Umbria Sardegna ha
evidenziato come le banche di Credito Cooperativo
in risposta alle politiche di crescita messe in
atto dalle banche nazionali abbiano il bisogno
di affiancare ai propri tradizionali punti di forza
importanti - la relazione con il cliente, la conoscenza
ed il radicamento su un determinato territorio, l’etica
e la correttezza del fare banca - nuovi elementi quali
10
Galiano: “Le Banche di Credito Cooperativo
hanno fatto del radicamento territoriale un valore
economico ed etico.
La conoscenza profondissima del territorio supera
esclusivamente per le BCC il problema di agenzia
che invece storicamente ha messo in difficoltà le
banche commerciali.
Le BCC infatti nascono come realtà endogena,
un motore territoriale interno e pieno di energia.
Se isolate, però, non riuscirebbero a conseguire
la stessa potenza di fuoco delle grandi banche ed
è per questo che si sono organizzate in forma di
network, creando strutture centrali di servizio, come
ICCREA Banca e tutte le società che fanno capo alla
Capogruppo ICCREA Holding.
Il geomarketing consente di mettere in rete le
informazioni territoriali, andando ad arricchire il
network BCC e rendendone sempre più efficaci gli
orientamenti e le scelte commerciali. Le applicazioni
legate all’aspetto rischio/propensione, fra le altre,
rappresentano per noi un grande valore poiché
ci consentono di raggiungere quelle economie di
scala che sono l’effetto naturale dell’approccio di
geomarketing.
In sintesi, se una volta la dimensione e la massa
critica rappresentavano una sorta di limite per le
Banche di Credito Cooperativo, oggi, proprio grazie
alle analisi di geomarketing, la piccola dimensione
delle BCC e la precisione della mira consentita da
tali strumenti e applicazioni consentono un’efficacia
e un’economicità un tempo impensabili”.
Vecchiotti: “Sulla base dell’esperienza di
Data4Value, una delle più significative tra le
molteplici applicazioni di queste metodologie e
strumenti operativi è l’individuazione dei mercati
locali da sviluppare.
L’ampio spettro di informazioni disponibili, unita
alla semplicità di utilizzo e all’interattività degli
strumenti, permette di visualizzare su mappe
tematiche molto intuitive le aree territoriali e
ottenere una visione completa e aggiornata del
proprio mercato di interesse e dell’effettiva forza
competitiva in atto sul territorio.
Si individuano i bacini di successo, isolando le loro
caratteristiche peculiari e soprattutto valutando
la potenziale ‘replicabilità’ del successo ottenuto
esportandolo in altri contesti territoriali.
Da queste analisi emergono inoltre importanti
spunti per un riallineamento delle strategie
commerciali sul territorio in termini di obiettivi,
target, approccio, prodotto e concorrenza locale”.
Queste soluzioni possono contribuire
a sviluppare un nuova cultura, dove la
competizione territoriale locale ritorni a avere un
ruolo strategico?
Galiano: “Per le nostre Banche di Credito
Cooperativo la competizione territoriale è sempre
stata una sfida vitale nel vero senso della parola,
che però oggi ci vede vincenti in un contesto dove
essere riusciti a mantenere la fiducia dei clienti
appare come il maggiore risultato possibile. E ne
siamo orgogliosi tanto quanto ne sentiamo il carico
di responsabilità”.
Vecchiotti: “Il geomarketing e la dimensione
territoriale è determinante in un duplice approccio.
Da un lato, cogliere nuove opportunità di business
presuppone una fotografia attenta dei mercati in
essere con dettaglio analitico del ‘micro-mercato’ in
relazione a molteplici dimensioni: contesto sociodemografico ed economico dell’area, penetrazione
dei principali prodotti finanziari, domanda, livelli di
indebitamento e affidabilità finanziaria, concorrenza
e pressione competitiva. Dall’altro, la ricerca di
nuovi mercati locali richiede forti personalizzazioni:
dalla ricerca del miglior territorio in ‘assoluto’, alla
gerarchizzazione di una lista di potenziali aree di
interesse, alla ricerca della miglior zona in un’area
limitata, come spesso accade per le Banche di
Credito Cooperativo, legate nell’apertura di nuove
filiali a territori limitrofi rispetto a quelli attualmente
serviti”.
Quali tra i seguenti driver hanno maggiormente
influenzato e portato ICCREA alla scelta di
Data4Value?
Galiano: “La sensibilità al mercato e alla dimensione
localistica hanno connotato subito per noi
Data4Value. Fra esperti ci si intende e noi ci siamo
affidati a chi era in grado di parlare il nostro stesso
linguaggio, privilegiando la flessibilità delle soluzioni,
la snellezza delle decisioni e la qualità dei risultati”.
Vecchiotti: “Siamo molto soddisfatti della proficua
collaborazione con ICCREA. I risultati ottenuti
testimoniano come il geomarketing si confermi oggi
come non mai uno strumento prezioso e strategico
nella gestione aziendale. Ancor più utile in contesti
di mercato caratterizzati da discontinuità in cui
trovare velocemente la rotta giusta è l’unica via
di successo”.
la figura del referente commerciale e l’utilizzo di un
sistema strutturato e scientificamente organizzato
di analisi del mercato esterno, di analisi della
clientela in portafoglio e di gestione organizzata e
sistemica delle politiche di sviluppo commerciale
e di comunicazione aziendale. Colmando queste
lacune le BCC potrebbero dar luogo a uno sviluppo
proattivo del proprio mercato, recuperando
l’eventuale ritardo nei confronti degli istituti più
grandi, oggi di ritorno sui territori, i quali invece
sono dotati di moderni sistemi di pianificazione
commerciale basati sui CRM, sui sistemi di
geomarketing, sull’analisi della clientela
in portafoglio”.
Tali sistemi forniscono:
Il sistema di geomarketing Data4Zone di
Data4Value, la società specializzata in soluzioni
e servizi di marketing del Gruppo CRIF, è in
grado di unire ai dati degli ultimi censimenti
della popolazione dell’industria e dei servizi, dati
aggregati di consumo dei prodotti finanziari e di
rischio finanziario.
Nello specifico Data4Zone mette a disposizione
oltre 200 indicatori statistici sulla clientela
consumer e oltre 100 sulle imprese, per
conoscerle in maniera completa dal punto di
vista dell’affidabilità/rischiosità finanziaria, della
rischiosità commerciale - per le imprese - e della
propensione e marketing.
• informazioni di dettaglio sulle singole celle di
censimento (es. quartiere o zona abitativa) quali
il numero di abitanti presenti in una data zona, la
suddivisione di questi per età sesso, professione,
propensione all’utilizzo di strumenti finanziari,
grado di rischio finanziario (stimato sul numero
dei protestati presenti);
• informazioni relativamente alle aziende in
termini di numero di unità locali presenti, settore
di attività, numero di dipendenti, propensione
all’utilizzo di strumenti finanziari, grado di rischio.
autunno 2011
UFFICI LEGALI:
QUALI STRUMENTI PER LA TUTELA DEL BUSINESS E IL RECUPERO DEL SUO VALORE
Si è tenuto lo scorso 15 giugno a Milano l’evento Uffici legali: quali strumenti
per la tutela del business e il recupero del suo valore, organizzato da CRIF.
Il convegno ha approfondito argomenti di forte attualità per gli Istituti di Credito,
sempre più attenti all'efficienza organizzativa e al controllo puntuale dei costi
delle attività legali di recupero crediti. Hanno partecipato oltre 30 tra i principali
Istituti di credito interessati all’ottimizzazione dei propri processi di recupero
crediti giudiziale nonché alla corretta identificazione e valorizzazione del
patrimonio - principalmente immobiliare - aggredibile.
L’incontro ha rappresentato l’occasione di confrontarsi su questi temi insieme
agli esperti in ambito legale di importanti banche: BNL, Banca Popolare di Bari
e Cariparma. Di seguito una sintesi dei loro interventi.
Eugenio Minucci, Responsabile Recupero Crediti di BNL, ha tenuto un
intervento sulla Riorganizzazione dei processi e partnership strategica: il mix
per una maggiore efficienza del recupero crediti. Tema centrale del discorso
è stata l’evoluzione del modello del recupero crediti di BNL in risposta ai
cambiamenti economici del Paese negli ultimi anni e i significativi passi in
avanti effettuati in termini di miglioramento dell’efficienza, innovazione e ricerca
di sinergie. Tra i principali rapporti di collaborazione si distingue per qualità del
servizio la partnership CRIF-BNL, ove un unico interlocutore da anni fornisce
a BNL gli strumenti necessari per il corretto approccio delle azioni legali su
tutto il territorio nazionale, con benefici economici e organizzativi. “CRIF ha
contribuito al successo del nostro nuovo approccio” - ha detto Minucci - “in
quanto ha consentito la diffusone veloce e capillare delle nuove linee guida tra
tutti gli attori coinvolti nel processo, grazie al governo centralizzato delle attività
e un approccio problem solving orientato al mantenimento di elevati livelli di
performance”.
Anche l’Avvocato Davide Moretto, che collabora da diversi anni con BNL,
ha ribadito l’importanza di “affidarsi a un partner di fiducia che condivida gli
stessi obiettivi e che garantisca un servizio di elevata professionalità, in grado di
rendere più sicura ed efficiente la gestione dei flussi richiesti ed evasi. Questo
accentramento consente sicuramente una riduzione dei tempi delle evasioni di
ogni tipologia di pratica richiesta, dalle visure legali OPTIMA alla Certificazione
Notarile. L’uniformità dei costi e l’utilizzo di un unico layout rende senz’altro più
agevole l’operatività dello Studio stesso”.
Successivamente è stata la volta del testimonial di Banca Popolare di Bari,
che ha presentato l’esperienza di outsourcing giudiziale dell'Istituto: “La
gestione delle azioni legali veniva effettuata attraverso procedure manuali con un
notevole dispendio di tempo e risorse, l’obiettivo del processo di outsourcing
era l’automazione dei processi decisionali utili a perseguire obiettivi di riduzione
delle attività manuali e una velocizzazione del ciclo di gestione giudiziale in
11
base alla qualità del credito. La soluzione CRIF ha rivoluzionato il nostro
approccio, introducendo processi standardizzati e maggiore fruibilità dei dati,
grazie a una gestione paperless”. Raffaele Zabban, Legal Recovery Project
Coordinator di CRIBIS Teleservice, società del Gruppo CRIF specializzata nel
recupero crediti, ha poi illustrato l’applicativo utilizzato evidenziandone i punti
di forza nella gestione dello stato di lavorazione delle pratiche e della relativa
documentazione prodotta dagli uffici legali.
“La standardizzazione dei processi, nata da un’attenta analisi dell’istituto
bancario e CRIBIS Teleservice, ha consentito il mantenimento del governo
del processo in capo alla Banca attraverso una vista ‘in real time’ delle azioni
effettuate su ogni singola fase del processo delegando totalmente gli iter
operativi in funzione del work-flow disegnato insieme”.
L’ultimo intervento è stato quello di Rossella Monachesi, Responsabile Ufficio
Legale di Cariparma, che ha parlato dei Conti Correnti pignorati: ottimizzare i
costi nella gestione di un’attività che non ha una ricaduta diretta sui ricavi.
Da tre anni circa infatti Crédit Agricole, di cui Cariparma fa parte, si affida a
CRIBIS Teleservice per la gestione di tutte le attività connesse alla ricezione di
atti di pignoramento c/terzi sui propri correntisti.
Questo tipo di evento, che porta a onerosi controlli e adempimenti per l’istituto
bancario, a partire dall’esamina dell’atto ricevuto sino al proseguo con la resa
della dichiarazione e il pagamento degli importi pignorati, aveva congestionato
le risorse dell’ufficio legale dell’Istituto, che si trovavano impiegate in controlli di
conti correnti e in altre attività non propriamente giuridiche.
“Con l’acquisizione di nuove filiali e il ruolo di capogruppo dal 2007” - ha
affermato Monachesi - “sono aumentate le attività per il servizio legale e il
numero dei pignoramenti presso terzi provenienti sia da creditori privati che da
agenti di riscossione sul territorio (Equitalia). Il ricorso all’outsourcing completo
con CRIF ha consentito una notevole riduzione dei tempi, ma soprattutto ha
migliorato la motivazione delle risorse legali interne, ora dedicate ad attività a
maggiore valore legale”.
Valeria Gubellini, CRIBIS Teleservice Director e moderatrice dell’evento, ha
concluso la giornata riassumendo i temi emersi e commentando alcune parole
chiave che possono essere considerate la sintesi del valore dei Servizi Legali
offerti da CRIF. Tutti i relatori hanno infatti evidenziato come l’outsourcing
abbia consentito di mantenere un elevato governo dei processi consentendo
la riallocazione del tempo delle risorse coinvolte in attività a maggior valore
aggiunto per l’Istituto.
La qualità del servizio, la flessibilità di CRIF nell’implementare soluzioni
customizzate sull’esigenza del cliente, l’unicità di obiettivi e l’etica hanno
garantito il pieno successo di tutte le attività di outsourcing presentate.
autunno 2011
Pubblicazione di CRIF
NELLA MANOVRA MISURE ESPANSIVE PER FACILITARE L’ACCESSO AL CREDITO
Due emendamenti inseriti nella Manovra recentemente varata dal Governo
apportano alcune importanti novità al settore del credito, a beneficio di
famiglie e imprese. Naturalmente, a costo zero per lo Stato.
Il primo (em. 3.122) riformula l’articolo 8-bis approvato nel luglio scorso
nell’ambito del DL Sviluppo, assicurando la tempestiva gestione delle
segnalazioni relative ai ritardi nel rimborso dei finanziamenti successivamente
regolarizzati nelle banche dati, come ad esempio i Sistemi di Informazioni
Creditizie.
Il secondo (em. 6.0.5), invece, estende ai fornitori di servizi di comunicazione
elettronica l’accesso alle sopra citate banche dati, in continuità con le
previsioni recentemente introdotte dal decreto legislativo n. 141/10 le
quali estendevano già a tali soggetti l’obbligo di partecipare al sistema di
prevenzione sul piano amministrativo delle frodi nel credito al consumo istituito
dal Ministero dell’Economia.
“L’emendamento 3.122 è un risultato fondamentale, che permette al sistema del
credito, alle famiglie e alle imprese di tirare un sospiro di sollievo: la non chiara
formulazione dell’articolo 8-bis del DL Sviluppo, infatti, invece di espandere
la disponibilità di nuovo credito creava i presupposti per una contrazione
delle nuove erogazioni” - commenta Luisa Monti, Operation Manager Credit
Bureau Services di CRIF. “Grazie a questa nuova norma il sistema bancario e
finanziario potrà fornire un più efficace sostegno alla ripresa economica, nella
stessa direzione intrapresa dopo l’adozione del decreto legislativo 141/10,
che già recepiva in Italia i nuovi orientamenti comunitari in materia di credito
al consumo promuovendo, da parte degli enti finanziatori, una concessione
responsabile del credito (concessione che deve tenere conto della capacità di
rimborso del prenditore) e un costo del credito basato sull’effettivo rischio del
richiedente (ovvero, chi ha comportamenti di credito non rischiosi può ottenere
finanziamenti a tassi inferiori). In linea non solo con le direttive europee in
materia di responsible lending, ma anche con le nuove guidelines della Banca
Mondiale (General principles on Credit Reporting, http://go.worldbank.org/
Y5YQM6X7F0)”.
L’emendamento 6.0.5, invece, introduce un’altra importante novità, anche
questa in linea con gli orientamenti della Banca Mondiale in materia di credito
responsabile: estendere la condivisione dei dati contenuti all’interno delle
banche dati, quali i Sistemi di Informazioni Creditizie, anche alle società di
telefonia, in linea con l’esperienza di altri Paesi europei, come la Germania,
ove sono da anni consolidati i vantaggi in termini di facilitazione all’accesso
al credito, inclusione sociale e incentivazione di politiche di pricing dei servizi
modulate sull’effettivo rischio della controparte.
“Questa apertura consentirà, da un lato, alle società di telefonia di proporre ai
clienti, sia privati sia imprese che pagano regolarmente i propri debiti (circa il
95% degli italiani) i propri servizi a prezzi più mirati rispetto a quelli attuali, non
dovendo più distribuire su tutti i clienti il rischio assunto concedendo i propri
servizi a clienti che invece non pagheranno mai i propri debiti” - aggiunge Monti.
“Dall’altro lato, consentirà agli intermediari finanziari di poter accelerare
l’inclusione finanziaria di coloro i quali (ad esempio nuovi italiani, giovani o
coloro che non hanno mai richiesto finanziamenti) abbiano una limitata o nulla
storia di credito, ma possano dimostrare una robusta esperienza di pagamento
di servizi telefonici. Con l’ulteriore effetto di contenimento della richiesta di
garanzie personali o reali e dell’applicazione di costi del servizio del credito più
I TEMI DEL CRIF FINANCE MEETING 2011
BOLOGNA, 6 OTTOBRE
Creare la principale community dell’industria del
credito in Italia riunendo tutti gli attori di mercato,
per condividere e confrontarsi sulle esigenze e trend
attraverso un linguaggio e una visione comune.
Questo l’obiettivo del CRIF Finance Meeting 2011.
Il mercato del credito si evolve, muta, e di pari
passo anche il fare business. L’evento CRIF offre
l’occasione di conoscere le esperienze di relatori
di alto profilo, provenienti da primarie aziende
di credito, e in che modo stanno innovando
i loro processi.
Tra i temi e le testimonianze della sessione plenaria
Feed your Mind: il governo dei processi del
credito (con Banca Popolare di Bari), rating e
benchmarking (con l’esperienza nell’ambito del
portafoglio dealer di BMW Financial Services Italia),
l’outsourcing dei processi per l’origination mutui
(con BPER Services) e la collection “multietnica”
come leva strategica per un più efficace recupero
del credito (con Unicredit).
Quattro invece le sessioni di approfondimento
Feed your Business, dedicate al Credito alle
Imprese, alla Fraud Prevention, alla Gestione
del Portafoglio e all’Origination.
Tra gli interventi, oltre agli esperti di CRIF e CRIF
Decision Solutions, le testimonianze di Profamily,
12
sintesi
Pubblicazione di CRIF
autunno 2011
Registrazione del Tribunale
di Bologna N. 7538 del
21/04/2005
CRIF
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cruciverba del credito, andando “oltre le solite
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