Infezioni da batteri

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Infezioni da batteri
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Manifestazioni Orali
dell’infezione da HIV
Dott. Giuseppe D’Antuono
Indice
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Premessa – le malattie contagiose
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HIV
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Lesioni ad alto grado di associazione di infezione da HIV
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la Candidosi Orale: C. Eritematosa, C. Pseudomembranosa
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Hairy Leucoplachia
Parodontopatie: Eritema Gengivale Lineare, Gengivite Necrotizzante (ulcerativa),
Parodontite Necrotizzante (ulcerativa)
•
Sarcoma Di Kaposi
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Linfomi Non - Hodgkin
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Le malattie comuni della pelle che colpiscono la mucosa orale: Lichen planus,
Eritema multiforme, Lupus eritematoso discoide, Lupus eritematoso sistemico,
Pemfigo volgare, Pemfigoide.
Lesioni precancerose: Leucoplachia ed Eritroplachia
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Tumori Odontogenici Benigni
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Tumori Maligni
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Cisti malformative
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Cisti infiammatorie
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Lesioni a medio grado di associazione di infezione da HIV
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Infezioni batteriche: Micobatterio avium intracellulare, Micobatterio tuberculosis
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Porpora trombocitopenica
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Stomatiti necrotizzanti ulcerative
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Malattie ghiandole salivari: Xerostomia, Tumefazione parotidee
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Lesioni a basso grado di associazione di infezione da HIV
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Infezioni batteriche: Actinomicosi o Attinomicosi
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Angiomatosi Epiteloidea Bacillare
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Malattie da graffi di gatto
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Terapie Farmacologiche
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Conclusioni
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Premessa
Malattie contagiose
Le malattie contagiose appartengono a due categorie: quelle trasmissibili attraverso il sangue e quelle
trasmissibili attraverso l'aria. La trasmissione attraverso il sangue avviene tramite il contatto con pazienti
infetti, soprattutto attraverso soluzioni di continuità della cute dei soggetti non infetti. La trasmissione
attraverso l'aria avviene attraverso le piccolissime goccioline che il soggetto portatore emette con gli atti
del respiro, con la tosse o con lo starnuto. Queste goccioline vengono inalate da soggetti non infetti,
oppure assorbite attraverso gli occhi, il naso o la bocca. Le malattie contagiose più temute sono: le
epatiti, l'infezione da HIV, la tubercolosi polmonare e la meningite.
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Esistono almeno quattro forme di epatite: A, B, C e Delta. L'epatite A viene trasmessa principalmente
per via oro fecale, oltre che per contatto parenterale (sangue e secrezioni organiche). Le epatiti B, C,
e Delta si trasmettono per via parenterale. I virus dell'epatiti sono particolarmente resistenti; quello
dell'epatite B (HBV) per esempio è risultato attivo anche dopo un lungo periodo. Ciò comporta il
rischio di contagio anche a notevole distanza di tempo. Le epatiti possono essere malattie letali, non
esiste oggi una terapia efficace in grado di debellare il virus responsabile dell' infezione. A parità di
incidente accidentale (tagli, punture) con sangue infetto, il rischio di infezione da HIV è dello 0,5%
contro il 30% di infezione da HBV con incidenti dello stesso tipo. Esiste un vaccino efficace anti HBV consigliato a tutti ed obbligatorio per i neonati, tre iniezioni i. m., a distanza programmata l'una
dall'altra, la seconda dopo un mese e la terza dopo sei mesi dalla prima iniezione.
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Il Sistema Immunitario diventa così incapace a combattere adeguatamente infezioni talvolta anche
banali. Nonostante passi da gigante nella terapia anti-AIDS non esiste nessuna cura che possa
permettere la guarigione. Il rischio d’infezione da HIV è di gran lunga inferiore ai rischi di contrarre
infezioni da virus dell'epatite B e C o da micobatterio tubercolare (TBC) poiché, è dimostrato che il
virus HIV non sopravvive a lungo in ambiente esterno. L'infezione può avvenire per contatto diretto
con sangue infetto (lesioni aperte della cute, scambio di siringhe), attraverso rapporti sessuali non
protetti o da madre a figlio (passaggio verticale inferiore al 3% in casi ottimali) mentre il rischio di
entrare in contatto con il virus HIV per trasfusione è praticamente annullato dal 1985 con l'adozione
dello screening del sangue donato.
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La TBC è una malattia infettiva che può produrre lesioni a livello polmonare e, considerata debellata
in tempi recenti, dagli inizi degli anni Novanta si è assistito a una sua recrudescenza. La contagiosità
è elevata e a differenza di quanto avviene per molte altre malattie, il contagio tubercolare avviene
soprattutto per via aerea. Vista l'impossibilità di stabilire la causa della tosse di un paziente, è
opportuno considerare tale tosse come dovuta ad un problema potenzialmente infettivo e prendere le
dovute precauzioni per proteggere le vie respiratorie ( mascherina ad alto potere filtrante). Particolare
cautela in ambienti collettivi quali, grandi camerate o rifugi per senza tetto, contesti in cui il rischio di
contrarre l'infezione tubercolare è più elevato.
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Con il termine meningite si intende, in genere, un’infiammazione delle membrane del cervello e del
midollo spinale, provocata da diversi agenti patogeni, quali batteri, ma anche virus, funghi e parassiti.
L’80% dei casi di meningite di origine batterica è provocato da tre agenti patogeni: l'Haemophilus
influenza e di tipo b; lo Streptococcus pneumoniae; la Neisseria meningitidis detta anche
meningococco.
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L’HIV
È un retrovirus del genere lentivirus. In base alle conoscenze attuali, HIV è suddiviso in due ceppi: HIV-1
ed HIV-2. Il primo dei due è prevalentemente localizzato in Europa, America ed Africa centrale. HIV-2,
invece, si trova per lo più in Africa occidentale ed Asia e determina una sindrome clinicamente più
moderata rispetto al ceppo precedente.
Le patologie del cavo orale associate al virus dell’immunodeficienza umana sono estremamente
frequenti.
Durante il corso della malattia è dimostrato che più del 90% delle persone affette dal virus dell’HIV
presenta almeno una lesione a carico del cavo orale.
Le lesioni orali possono essere di origine miotica, batterica, virale o eziologica incerta.
La frequenza e il tipo di lesioni orali sono strettamente correlate allo stadio della malattia, al grado di
immunosoppressione e al rischio delle complicazioni orali strettamente correlato all’attività del sistema
immunitario.
Nei primi stadi dell’infezione da HIV le lesioni orali sono spesso l’unica manifestazione dell’infezione
stessa e possono essere utilizzate per identificare e classificare gli stadi evolutivi della malattia.
Rappresentando dei possibili indicatori prognostici di riferimento, soprattutto durante le fasi iniziali dello
sviluppo dei disturbi sintomatici minori.
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I criteri diagnostici delle lesioni orali si suddividono in tre gruppi:
1. Lesioni ad alto grado d’associazione dell’infezione da HIV
2. Lesioni a medio grado d’associazione dell’infezione da HIV
3. Lesioni a basso grado d’associazione dell’infezione da HIV
Lesioni ad alto grado d’associazione d’infezione da HIV
• La Candidosi Orale
Eritematosa
Pseudomembranosa
•
Hairy Leucoplachia
Parodontopatie
Eritema Gengivale Lineare
Gengivite Necrotizzante (ulcerativa)
Parodontite Necrotizzante (ulcerativa)
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Sarcoma Di Kaposi
Linfomi Non Hodgkin
La candidosi orale è provocata dall’infezione della mucosa orale da parte del fungo candida
albicans o da altri membri come la C. Crusei, la C. Tropicalis o la C. Parapsilosis.
I membri del genere Candida che riescano a trovarvi condizioni idonee alle proprie necessità
metaboliche, una volta ancorati alla superficie della mucosa, devono essere in grado di penetrare.
L’invasione è favorita dalla loro capacità esclusiva di transitare dalla fase lievitiforme a quella filamentosa
(morfogenesi). In generale, tale processo prevede la trasformazione delle blastospore in pseudoife, ma
eccezionalmente per C. albicans e C. dubliniensis, il passaggio porta alla formazione di ife vere. Le due
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forme sono anti geneticamente e chimicamente diverse e la forma filamentosa, dotata di capacità
invasiva, è quella ritenuta responsabile dell’azione patogena. Altri eventi che favoriscono la penetrazione
sono rappresentati dall’invaginazione nella sottomucosa e dalla fagocitosi delle blastospore. Entrambi
sono promossi da adesine ed enzimi degradativi secreti.
Gli enzimi della grande famiglia delle aspartil - proteasi (SAPs, secreted aspertyl proteinases) e delle
fosfolipasi (PLs, phospholipases) rappresentano i fattori di patogenicità più studiati in C. albicans..
Esistono delle differenze spaziali e temporali nell’espressione dei loro geni, ognuno dei quali sembra
giocare un ruolo specifico nello stabilire un danno o nell’invadere un tessuto.
Gli eventi finora descritti, che sottintendono al processo di patogenesi sono sommariamente riassunti:
Sulla superficie della mucosa sono rappresentati i processi di patogenesi della candidosi. Le blastospore di Candida spp. possono
andare incontro a gemmazione (al centro), oppure moltiplicarsi e penetrare nella sottomucosa promovendo la fagocitosi e
l’invaginazione (a destra). In alternativa, possono invadere i tessuti sottostanti passando alla forma filamentosa durante la
morfogenesi (a sinistra). Questi eventi sono tutti promossi da adesine ed enzimi degradativi (SAPs e LPs).
La candidosi Albicans è un componente della flora normale che
colonizza la cavità orale e il tubo gastroenterico.
Per formulare una diagnosi di candidosi orale è necessario che il paziente
presenti sintomi e segni clinici.
La C. Albicans si presenta nella forma di spore e di ife. La seconda forma è
considerata come quella capace di individuare i tessuti colonizzati
determinando quindi l’insorgenza di lesioni.
La candidosi eritematosa appare soprattutto sul
dorso linguale e sul palato con l'aspetto di aree rosse e può
avere un'insorgenza acuta, per esempio dopo terapia
antibiotica; in questi casi è associata a un intenso bruciore e
perdita sulla lingua delle papille filiformi (atrofia).
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Tra le forme croniche di candidosi eritematosa sono da annoverare quelle associate alla protesi mobile.
In questi casi si osservano aree eritematose multiple più frequenti sulle aree del palato a contatto con la
protesi e sul dorso linguale. Un'altra condizione predisponente comune è il diabete.
Oggi giorno anche la glossite romboidea mediana è considerata una forma localizzata di candidosi
atrofica. Le ife della candida possono essere identificate negli strati superficiali dell'epitelio e la lesione
regredisce con la terapia antimicotica.
La candidosi orale presenta aspetti clinici variabili. Le manifestazioni cliniche principali sono la forma
pseudo membranosa, la forma eritematosa (o atrofica), la forma cronica iperplastica e la cheilite
angolare.
La
candidosi
pseudomembranosa
consiste in placche bianche che compaiono
specie sulla mucosa orofaringea e sulla mucosa
vestibolare, sul palato e sul dorso linguale. Le placche hanno un aspetto tondo e sono simili alla ricotta.
Con il grattamento si distaccano dalla superficie mucosa lasciando un'area sottostante eritematosa. Le
placche sono composte da detriti, ammassi di ife e spore e cellule desquamate. I sintomi associati sono
bruciore e sapore metallico. La candidosi pseudo membranosa si osserva specie nei bambini (mughetto)
e nei pazienti sottoposti a terapia con antibiotici a largo spettro. Nei pazienti sottoposti a terapia
antiblastica o affetti da infezione da HIV la candidosi rappresenta una delle infezioni orali più frequenti.
Candidosi cronica iperplastica
Questa forma di candidosi è la più rara e si riscontra quasi
esclusivamente nei forti fumatori a livello delle zone di mucosa retro
commissurale. Le placche sono fortemente adese alla superficie
mucosa e non si distaccano con lo scraping.
Queste lesioni sono state definite anche come forme di leucoplachia
con superinfezione da C. albicans. La diagnosi definitiva di questa
forma di candidosi di solito necessita della biopsia e di colorazioni
speciali come il PAS.
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Candidosi muco cutanea
La candidosi muco cutanea è una forma piuttosto rara associata ad alterazioni immunitarie di origine
ereditaria. Le lesioni orali, associate a lesioni cutanee, ungueali e di altre mucose, compaiono
precocemente nei primi anni di vita con l'aspetto di placche multiple e aderenti alle superfici mucose.
Candidosi Orale e Hairy Leucoplachia
Diversi studi hanno dimostrato che la candidosi orale e l’Hairy Leucoplachia non sono solo dei segni
specifici di infezione da HIV anche asintomatica ma che rappresentano anche dei markers prognostici di
severità dell’infezione e dei fattori negativi per la progressione verso l’AIDS
LEUCOPLACHIA: aspetti diagnostici
È un termine clinico che significa, letteralmente, nient’altro che “placca bianca”, ma è stato
frequentemente, ed erroneamente, considerato virtualmente come sinonimo di lesione premaligna.
La leucoplachia del cavo orale è una macchia bianca, non ascrivibile a nessuna entità clinica o
patologica nota, e non è possibile collegarla, clinicamente o istologicamente, a nessun altro fattore
eziologico se non al tabacco (diagnosi per esclusione). La leucoplachia è una lesione bianca, cronica,
ineliminabile con lo sfregamento, dovuta ad un abnorme cheratinizzazione della mucosa, il cui epitelio è
anche ispessito. Può presentare atipie cellulari. Alcune leucoplachia orali si trasformano in cancro (con
una frequenza di trasformazione maligna del 2-5% secondo Mecklenburg).
È considerata una lesione potenzialmente maligna, intesa come un’alterazione epiteliale nella quale c’è
un rischio maggiore di neoplasia maligna rispetto alla controparte indenne.
Il criterio è statistico, poiché non è possibile prevedere l’evoluzione, e l’entità della percentuale, di
situazioni che degenerano in cancro, può variare entro limiti molto ampi. La previsione della
trasformazione in tumore maligno è spesso imprecisa.
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Si stanno cercando markers cellulari per perfezionare la precisione nel distinguere quelle lesioni che più
probabilmente si trasformeranno in cancro. Al momento, i medici si limitano al riconoscimento dei fattori di
rischio e alla morfologia microscopica, per formulare valutazioni cliniche e managment.
Non c’è dubbio sulla potenzialità maligna della leucoplachia ed il livello di rischio non può essere
accuratamente accertato dall’istopatologia. Sono stati effettuati pochi studi (e nessuno su larga scala),
che hanno seguito il progresso di lesioni orali. Cawson riporta una ricerca, di Minner et al. (1972),
realizzata su 45 pazienti, per un periodo di tempo superiore a 8 anni. In questa ricerca, le lesioni,
istologicamente displastiche, sono state seguite con controlli seriati: nel periodo di tempo dello studio,
solo l’11% delle lesioni ha subito una trasformazione maligna e più del 30% erano regredite o sparite,
addirittura, spontaneamente. Inoltre, in una revisione di studi pubblicati, è stato rilevato che le lesioni
displastiche appaiono regredire più frequentemente invece che subire una trasformazione maligna
(Eveson, 1983). Conseguentemente, non è possibile fare prognosi solo sulla base di cambiamenti
istologici.
Clinica
Le localizzazioni più frequenti sono:
· Mucosa delle commessure labiali (leucoplachia correlate all’uso del tabacco).
· Gengiva aderente.
· Mucosa vestibolare.
· Lingua.
· Pavimento orale.
Le lesioni sulla lingua, nel pavimento orale e nel bordo vermiglio del labbro (inferiore), mostrano un
rischio di evoluzione maligna decisamente maggiore: in più del 90% dei casi vi è presenza di displasia.
La presentazione macroscopica delle leucoplachia è molto variabile da caso a caso. Può andare da una
leggera opacità, quasi impercettibile, interessante mucose infiammate.
Clinicamente, la leucoplachia può presentarsi:
• Omogenea:
Piana.
Corrugata.
Grigia (simile alla pietra pomice).
Chiazzata (lesione bianca con chiazze rosse).
Leucoplachia a chiazze è un termine che si applica a lesioni consistenti in chiazze bianche o piccoli
noduli su base atrofico - eritematosa.
Possono essere considerate come una combinazione o transizione tra leucoplachia ed eritoplasia (o
eritroplachia). Presenta segni di displasia più frequentemente delle lesioni con superficie bianca continua.
Le caratteristiche istologiche sono, quindi, intermedie tra leucoplachia ed eritroplasia.
Non omogenee a:
Verrucosa
Proliferativa - verrucosa
Nodulare (“speckled”)
Eritroleucoplasia.
Secondo Axéll, per leucoplachia omogenea si intende una placca piana, che può presentare rugosità, o
aspetto simile alla pomice, oppure con limitate aree rosse; presenta un rischio minimo di degenerazione
(intorno al 0,2/4%). Per leucoplachia non omogenea, si intende una lesione, prevalentemente bianca o
bianca e rossa, a superficie irregolare, con proiezioni esofitiche o formazioni nodulari. Ha una probabilità
di andare incontro a trasformazione di 4-5 volte superiore rispetto alla leucoplachia omogenea (fino al
20%). La leucoplachia omogenea è solitamente asintomatica, mentre la leucoplachia non omogenea può
associarsi a lieve fastidio o ad un dolore localizzato.
Diagnosi
Le linee guida necessarie per fare una diagnosi di leucoplachia.
In base alle caratteristiche cliniche della lesione, è possibile formulare una diagnosi provvisoria, che poi
diverrà definitiva dopo esame istologico. È stata proposta una nuova classificazione allo scopo di
quantificare il rischio di degenerazione maligna in base all’istologia eseguita su prelievo bioptico.
I parametri sono: L (dimensioni), C (aspetto clinico), P (presenza di displasia).
La diagnosi provvisoria viene posta all’esame clinico, quando la lesione non può essere correlata a
nessuna altra patologia che può manifestarsi con aspetto simile (parametri L e C).
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La diagnosi definitiva consiste nel distinguere le forme sostenute da potenziali fattori eziologici, così da
predisporre l’eliminazione. In caso di lesione persistente viene effettuato un esame istologico (parametro
P).
L = Dimensione
1. <2 cm. - 2. Tra 2 e 4 - 3. >4 cm.
C = Aspetto clinico
1= Omogenea; 2 = Non omogenea; X = Non specificato.
P = presenza di displasia
1. Assente - 2. Lieve - 3. Moderata. - 4. Grave. - X = non specificato
STAGING:
1: Qualsiasi L, C1, P1 e P2 (rischio di degenerazione lieve).
2: Qualsiasi L, C2, P1 e P2 (rischio di degenerazione moderato).
3: Qualsiasi L, qualsiasi C, P3 e P4 (rischio di degenerazione elevato).
Alcuni Autori ritengono che una classificazione deve tenere conto anche del sito della lesione (Parametro
S). Si è così giunti alla nuova classificazione, proposta da Van Der Waal (1997), in cui si aggiunge, alla
precedente, il parametro S:
_ S1: in tutto il cavo orale, eccetto il pavimento e la lingua
_ S2: pavimento e lingua.
_ Sx: non specificato.
STAGING:
Stadio 1: Qualsiasi L, S1, C1, P1 e P2.
Stadio 2: Qualsiasi L, S1, C2, P1 e P2, oppure qualsiasi L, S2, C1, P1 e P2.
Stadio 3: Qualsiasi L, S2, C2, P1 e P2.
Stadio 4: Qualsiasi L, qualsiasi S, qualsiasi C, P3 e P4.
Quindi, solo l’indagine istopatologica ci consente di orientarci definitivamente verso un piano di
trattamento adeguato.
Diagnosi differenziale
Il primo passo nella diagnosi differenziale di una macchia bianca della mucosa orale è stabilire se la
lesione può venire rimossa mediante una garza o un abbassalingua.
Se asportabile allo sfregamento (pseudomembrana, colonia micotica o residui alimentari):
· Materia Alba (residui di cibo).
· Candidosi pseudomembranosa.
· Residui fibrinosi (da ulcere).
Se la lesione è bilaterale, non asportabile: vanno inclusi nella diagnosi differenziale:
· Condizioni ereditarie.
· Lesioni da auto - morsicamento.
· Lichen planus.
· Lupus eritematoso.
La contemporanea presenza di lesioni cutanee diffuse rafforza le due ultime ipotesi diagnostiche.
Se, poi, il paziente riferisce trauma cronico o uso di tabacco, vanno presi in considerazione l’ipercheratosi
frizionale e le lesioni da tabacco.
Quindi, la diagnosi differenziale della leucoplachia comprende:
· Ipercheratosi frizionale.
· Candidosi (pseudomembranosa o iperplastica).
· Lichen planus (nella sua forma dendritica o a placca); in questo caso, la diagnosi differenziale non può
più essere solamente clinica: è necessario anche l’esame istopatologico (infiltrato linfocitario a banda nel
lichen).
· Altre condizioni:
o Locali:
• Ipercheratosi del palato (riverse smoking)
• Hairy leukoplakia. o Sistemiche:
• LES
• Deficit vitaminici
• Disfunzione ormonali
· Può entrare in diagnosi differenziale con la leucoplachia della lingua:
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•
•
Hairy leukoplakia
Glossite migrante benigna
Poiché, nella pratica, non è sempre facile porre diagnosi differenziale tra la leucoplachia e le altre
comuni lesioni bianche, è opportuno attendere 2 settimane circa per la guarigione; dopo la
rimozione dei possibili fattori causali, in caso di mancata guarigione, è necessario ricorrere alla
biopsia.
Biopsia
Se la lesione non può essere asportata, non è clinicamente diagnosticabile, può essere indicata,
genericamente, come leucoplachia idiopatica ed è necessario sottoporre la lesione a biopsia. I caratteri
clinici non sono affidabili e qualsiasi lesione deve essere sottoposta a biopsia ed a esame istologico per
escludere la presenza di aree di degenerazione maligna. L’indagine istologica deve essere compiuta su
campione bioptico, prelevato, possibilmente, includendo le aree clinicamente più sospette (dove potrebbe
esserci la maggiore possibilità di trasformazione maligna) ed ai margini della lesione (comprendente parte
di tessuto sano).
Per localizzare le zone del prelievo, il metodo più diffuso è quello che utilizza i coloranti vitali, quali il blu
di toluidina o la soluzione iodata di Lugol.
La colorazione vitale con blu di toluidina può essere utilizzata per identificare le zone con intensa attività
replicativi. Il probabile meccanismo è l’affinità o il legame del blu di toluidina con gli acidi nucleici
cellulari e con i mucopolisaccaridi solfatati, entrambi selettivamente alti nell’epitelio orale displastico e
maligno rispetto al normale epitelio e alle lesioni benigne. Inoltre, il colorante, si lega alle membrane
mitocondriali cariche negativamente, che sono più forti nelle cellule epiteliali displastiche e maligne
rispetto al tessuto normale.
Questa tecnica prevede l’utilizzo di una soluzione acquosa all’1% di blu di toluidina (tecnica di
Mashberg):
· Preparare il cavo orale del paziente con uno sciacquo di acido acetico all’1% per 1 minuto.
· Si asciuga, con una garza, l’area interessata.
· Si eseguono piccole toccature sulla lesione con un batuffolo di cotone imbevuta di blu di tolouidina.
· Secondo sciacquo con acido acetico all’1% per un minuto.
· Si rileva l’entità della col orazione.
Le zone più scure dovrebbero indicare una maggiore proliferazione cellulare e, quindi, indicare le aree in
cui è opportuno effettuare la biopsia.
In presenza di lesione di estensione limitata (lesione < 6 mm), va preferita la biopsia escissionale con
asportazione completa della lesione. In presenza di quadri estesi, non asportabili in toto, si esegue una
biopsia incisionale (lesione > 6 mm), che può essere:
1. Semplice: quando si limita ad un frammento.
2. Multipla (mappatura): quando vengono prelevati più frammenti in punti diversi della lesione,
comprendendo nel prelievo, le zone a rischio di degenerazione.
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I sintomi parodontali dell'infezione da HIV iniziano spesso con una gengivite eritematosa di
notevole entità, seguita da una gengivite necrotizzante che sfocia in una parodontite necrotizzate con
sequestri di osso alveolare. Caratteristiche ricorrenti sono le infezioni da Herpes e da Candida oltre a
notevoli ulcerazioni orali ricorrenti.
Arrossamenti, gonfiori persistenti, sanguinamento delle gengive, denti sensibili e alito cattivo sono segnali
di pericolo della malattia parodontale, la quale interessa tutti i tessuti che circondano e sostengono i denti.
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Sanguinamento delle gengive a contatto con lo spazzolino da denti o con cibi duri.
Avvertimento di dolori diffusi nella bocca.
Spazi vuoti che si creano tra i denti.
Gonfiore delle gengive.
Abbassamento delle gengive che fanno apparire i denti più lunghi.
Pus (in genere giallognolo) tra denti e gengive.
Comparsa di alito cattivo persistente.
Aumentata sensibilità degli elementi dentari quando si assumono cibi caldi o freddi.
Instabilità dei denti sotto i colpi masticatori.
Presenza di ferite che di tanto in tanto interessano le mucose della bocca.
Nella maggior parte dei casi questa malattia colpisce persone adulte al di sopra dei 30 anni.
Al di sopra di questa età la malattia parodontale è la causa più comune della perdita dei denti.
In alcuni casi persone più giovani ed anche i bambini possono esserne colpiti: la malattia è allora più
veloce nel suo progredire e richiede cure più attente.
Nel caso in cui il paziente riscontri la presenza dei sintomi sopra elencati, deve subito rivolgersi a uno
studio odontoiatrico o contattare un paradontologo per evitare che la patologia possa evolvere in
situazioni più gravi.
La parodontotite rappresenta un fattore di
rischio per le coronaropatie: la presenza di
patogeni parodontali negli ateromi delle carotidi
indica il rischio che gli agenti eziologici della
parodontopatia possano raggiungere il cuore e le
coronarie favorendo l'aterosclerosi e la trombosi.
Nelle lesioni paradontali in corso di infezione da
HIV sono state apportati numerosi e significativi
cambiamenti. Ad esempio la gengivite associata
all’infezione da HIV è stata denominata Eritema
Gengivale Lineare. La gengivite necrotica è stata
rinominata Parodontite Necronico – ulcerativa.
La gengivite: Con il termine gengivite si indica il processo infiammatorio delle gengive che inizia
intorno al colletto del dente e causa emorragie. Le gengiviti se non sono curate per tempo, possono
portare a parodontiti.
Sintomatologia
I sintomi più frequenti della gengivite acuta sono:
sensibilità spiccata delle gengive, sanguinamento
quando sono a contatto con lo spazzolino da denti e
dolore all'atto della masticazione, mentre il segno più
diffuso sia delle forme acute che croniche di
infiammazione delle gengive è un arrossamento del
margine gengivale. La presenza di questi sintomi,
evidenzia la formazione di "tasche gengivali", ovvero,
aree di raccolta di residui di cibo con conseguente
colonizzazione da parte di batteri responsabili della
malattia, i quali trovano un habitat ideale in quelle zone,
in cui la scarsa presenza di ossigeno permette loro di sopravvivere e di riprodursi in grande quantità.
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Patogenesi
La mancanza di igiene accurata dei denti è sicuramente una delle cause della gengivite: i residui di cibo
che non vengono rimossi bene, si accumulano tra dente e dente o tra dente e gengiva, permettendo ai
batteri presenti nella bocca di iniziare la loro azione infettiva sulle gengive stesse e sul dente (carie). Le
gengive appaiono arrossate, a volte gonfie, e sanguinano facilmente al contatto dello spazzolino da denti
e del filo interdentale. Le altre cause potenziali della gengivite sono il tartaro che si deposita sui denti, la
presenza di carie e protesi mal fissate che irritano le gengive promuovendo l'ingresso di batteri. Vari
farmaci, appartenenti ai gruppi degli anticonvulsivanti, immunosoppressori, antipertensivi possono
causare modificazioni gengivali caratterizzate da un ispessimento abnorme (iperplasia).
Terapia
Una costante e corretta igiene orale e una dieta ben equilibrata, scarsa di cibi zuccherini e ricca di
vitamine è un buon coadiuvante nella cura dei disturbi gengivali.
È importante sottolineare, infine, che, mentre per la gengivite la soluzione terapeutica è relativamente
semplice e poco impegnativa, quando la situazione patologica evolve verso la parodontite cronica, il
piano di trattamento diventa più complesso, richiedendo più disponibilità e attenzione da parte del
paziente e professionalità da parte dell'odontoiatra. La prescrizione di antibiotici (penicillina o
metronidazolo) è indicata solo nei casi più gravi (gengivite ulcerativa necrotizzante o gengivite di vecchia
data).
L’eritema gengivale lineare interessa distintamente la gengiva marginale e l’intensità dell’eritema
è sproporzionata alla quantità di placca presente. Per queste lesioni non sono disponibili criteri diagnostici
definitivi.
La gengivite necrotizzante (ulcerativa)
Presenta la diminuzione di una o più papille
interdentali. Nella fase acuta del processo
all’ulcerazione e alla necrosi si
possono
accompagnare il sanguinamento e l’alitosi.
Anche in questo caso non sono disponibili criteri
diagnostici definitivi.
La gengivite ulcerativa necrotizzante acuta si
manifesta nei giovani maschi per scarsa igiene orale.
C’è un’ulcerazione delle papille interdentali che si
diffonde ai margini gengivali. Attorno la mucosa è
iperemica e spesso sanguina. Le gengive sono dolenti
e l’alito ha cattivo odore. L’estendersi della necrosi e
dell’infiammazione provoca la distruzione del
peridonzio. Le zone necrotiche sono colonizzate da
microorganismi (Borrelia), che probabilmente sono gli agenti causali.
Ulcere aftose: Sono il tipo più frequente di
infiammazione delle labbra, della lingua e della
mucosa buccale. Sono ulcere sottili, superficiali,
dolenti, su un fondo di mucosa arrossata Il cratere
dell’ulcera è coperto da essudato con presenza di
fibrina e cellule infiammatorie (neutrofili). Le ulcere
sono
ricorrenti,
ma
di
breve
durata.
Occasionalmente possono formarsi ulcere grandi
(circa 3cm di diametro) che possono persistere per
parecchie settimane e guariscono per fibrosi.
Glossiti: Sono infiammazioni
della lingua. Alcune volte sono
caratterizzate da ulcere in
13
conseguenza di irritazioni croniche per denti cariati taglienti, dentiere mal poste, inalazione di sostanze
irritanti o ingestione di sostanze chimiche corrosive. Con questo nome si chiama anche la lingua rossa
carnosa che si ha in stati carenziali e che è dovuta all’atrofia delle papille linguali e all’assottigliamento
della mucosa con esposizione della sottostante vascolarizzazione. In alcuni casi l’atrofia può portare ad
infiammazione e ad ulcerazioni.
Gli stati carenziali sono: la mancanza di vitamina B 12, di riboflavina, di niacina o piridossina.
La paradentite necrotizzante (ulcerativa) è caratterizzata da ulcerazione, necrosi e la perdita
dei tessuti molli.
La distruzione dei tessuti può estendersi oltre la giunzione muco – gengivale. La presenza di una lesione
cronica può avere fasi alterne di presenza e assenza di ulcerazioni. Nella maggior parte dei casi si
osserva una rapida perdita di attacco, ma la profondità delle tasche può essere minima a causa di una
contemporanea perdita dei tessuti molli e di tessuti duri.
Possono essere presenti mobilità dentale, necrosi ossea e sequestri. Il dolore può essere una
caratteristica preminente.
Il sarcoma di Kaposi
spesso localizzato sulla gengiva,
compare in circa la metà dei
pazienti.
I sintomi paradentali spesso
precedono gli altri sintomi clinici
dell'AIDS.
Le
lesioni
si
osservano
prevalentemente sul palato o sulla
gengiva, evidenziando nel cavo
orale la presenza di macule
noduli di colore rosso porpora o
violaceo, con o senza ulcerazioni.
La terapia locale dipende dalla
sintomatologia, le infezioni da
herpes virus sono trattate con
Aciclovir, le neo formazioni
causate
da
una
infezione
opportunistica,
del Papilloma
Virus,
vengono
asportate
chirurgicamente..
Sarcoma di Kaposi orale diagnosi differenziale
•Echimosi
•Emangioma
•Granuloma piogenico
•Eritroplachia
•Melanoma
Il linfoma non – Hodgkin
presenta noduli rossastri di consistenza elastica o ulcerazioni singole o multiple. Le manifestazioni di
linfomi si evidenziano sulla gengiva mucosa patinata e l’oro - faringe. L’esame istopatologico e integrato
con appropriate indagini immune istochimiche.
14
Le infezioni batteriche sono frequenti e importanti nella parte posteriore della bocca e
nell’orofaringe, mentre quelle della parte anteriore sono poco frequenti, sebbene la carie e le peridonzio
epatite siano la conseguenza della presenza di batteri sui denti e intorno ad essi.
Cheilite angolare (Perlèche)
Si osserva nei pazienti anziani portatori di protesi ed è caratterizzata
da eritema, fessurazione e desquamazione delle commessure labiali.
Nell'eziopatogenesi di questa lesione oltre alla C. Albicans gioca un
ruolo importante anche lo stafilococco aureo. Infatti, questo germe
s’isola da solo o in associazione con la C. Albicans nell'80% dei casi
Malattie comuni della pelle che colpiscono la mucosa orale.
Le malattie della pelle che colpiscono frequentemente la mucosa orale sono:
Lichen planus
Eritema multiforme
Lupus eritematoso discoide
Lupus eritematoso sistemico
Pèmfigo volgare
Pèmfigoide
15
Lichen planus orale: E’ la più frequente. Non si conosce la causa. Si presenta con linee bianche su
uno sfondo di mucosa orale arrossata e con erosioni. Si ha danno dello strato basale della mucosa
(degenerazione, necrosi e maturazione precoce) e acantolisi (perdita delle connessioni
intercellulari dello strato spinoso, con diminuzione della coesione cellulare) con infiltrazione
linfocitaria a livello della giunzione della sottomucosa con la mucosa. Questo quadro infiammatorio
viene detto lichenoide. Con la distruzione dello strato basale la mucosa si stacca determinando
un’erosione e lasciando un’area nuda di sottomucosa infiammata. La malattia può colpire anche la
lingua e le gengive. Può diventare cronica con formazione di chiazze bianche ispessite.
Al livello orale il paziente portatore di HCV ha spesso accentuate emorragie del tessuto gengivale, per cui
si astiene dallo spazzolare efficacemente le superfici dentali accumulando conseguentemente placca
batterica, il quadro clinico così diventa sempre più grave evolvendo in parodontiti che con il tempo si
cronicizzano. Talvolta per la presenza di placca e tartaro sono stati riscontrati epulidi. A queste
manifestazioni si associano gli effetti collaterali dell'interferone che in molti casi determinano muco siti,
invece in altri individui sono stati riscontrati casi di Lichen Ruber Planus orale.
Il lichen si è riscontrato essere molto spesso associata all'HCV dal momento che la terapia con
interferone abbattendo le difese immunitarie crea stomatopatie di tipo autoimmuni. Dal punto di vista
operativo l'igienista dentale dovrà attuare un piano di trattamento particolare.
Effettuerà inizialmente una efficace motivazione dove farà comprendere al paziente l'importanza della
sua collaborazione, dovrà tener presente, inoltre, che la possibilità in fase di terapia farmacologia, di poter
controllare il paziente, sarà remota, dal momento che egli sarà molto debilitato ed impossibilitato a
muoversi, per cui se il paziente avrà una programmazione della terapia farmacologia, sarà bene aver
effettuato prima di essa tutte le cure possibili a livello per scongiurare la presenza di flogosi gengivali o
tasche attive. In seguito i casi affetti da Epatite C verranno sottoposti a sedute di igiene orale che avranno
lo scopo controllare la carica batterica patogena e di eliminare completamente il rischio di riacutizzazioni
della malattia gengivale. In seguito il paziente andrà istruito e motivato al controllo delle emorragie
attuando un attento follow-up, con richiami frequenti.
16
Eritema multiforme
Spesso è causato da farmaci. Alcune volte segue infezioni virali. Le lesioni variano da piccole aree di
mucosa arrossata con al centro vescicole a lesioni estese erosive vescicolose.
Le lesioni iniziano con un infiltrato infiammatorio di linfociti tra lo strato basale e la sottomucosa, edema
ed aggressione dei linfociti, T- citotossici (CD8), della giunzione tra la sottomucosa e la mucosa, con
degenerazione e necrosi delle cellule della mucosa. Successivamente si formano piccole aree di necrosi
dell’epitelio e compaiono le vescicole. La caduta dell’epitelio necrotico porta alla formazione delle erosioni
superficiali.
L'herpes
simplex
primario
(tipicamente contratto da bambini) determina
la gengivostomatite erpetica acuta. Essa di
solito è dovuta al virus herpes simplex tipo 1
ma, attraverso il contatto oro - genitale, può
essere dovuta al virus herpes simplex tipo 2
ed esordisce con piccole vescicole che si
rompono rapidamente formando ulcere.
Quando nelle fasi iniziali è localizzata, può
somigliare alla stomatite aftosa, ma l'herpes
primario colpisce sempre la gengiva aderente
e può interessare altri tessuti, mentre la
stomatite aftosa non colpisce mai la gengiva
aderente. La febbre e il dolore accompagnano
spesso l'herpes. La difficoltà nell'alimentarsi e
nel bere può condurre alla disidratazione.
L'infezione tipicamente dura da 10 a 14 giorni.
Il virus poi si muove verso il ganglio
semilunare e può essere riattivato dallo
stress, da alterazioni del sistema immune o dal trauma.
Il trattamento è sintomatico: Esso comprende analgesici sistemici (p. es., paracetamolo) e
anestetici topici applicati direttamente con una garza (p. es., una soluzione di diclonina allo 0,5% o una
pomata di benzocaina al 2-20%). Quando sono colpite aree molto vaste, la lidocaina viscosa al 5% può
essere utilizzata per gli sciacqui orali 5 min prima del pasto. (Nota: la lidocaina non deve essere deglutita
poiché anestetizza l'orofaringe, l'ipofaringe e a volte l'epiglottide. I bambini devono essere tenuti in
osservazione per escludere segni di inalazione.)
Le eruzioni dell'herpes simplex secondario si verificano come ulcere fredde sul bordo
vermiglio del labbro o, molto meno comunemente, come ulcerazioni della mucosa del palato duro. Di
solito, un paziente presenta delle sensazioni prodromiche, tipicamente un prurito o un bruciore del labbro.
Durante la fase prodromica, il trattamento PO con aciclovir alla dose di 200 mg cinque volte al giorno può
diminuire la durata e la gravità delle eruzioni, mentre la somministrazione dell'aciclovir per via topica non
è efficace. La durata delle lesioni può essere ridotta a circa un giorno applicando una pomata di
penciclovir all'1% q 2 h al risveglio. Questo trattamento deve essere iniziato durante la fase prodromica o
subito dopo la comparsa della prima lesione.
17
L'herpes zoster secondario
(fuoco di Sant'Antonio) può colpire l'interno del
cavo orale. È una condizione rara, ma deve essere
sospettata quando è presente una netta
distribuzione unilaterale delle lesioni erpetiformi e
non si verifica alcuna lesione prodromica orale
primaria.
Lupus eritematoso discoide e lupus eritematoso sistemico Producono lesioni erosive ed
ulcerate della mucosa orale.
Pemfigo volgare e pemfigoide Producono vescicole ed erosioni della mucosa.
Il pemfigo è una malattia bollosa
autoimmune, dovuta alla perdita delle
normali connessioni intercellulari a livello
dell’epidermide e degli epiteli mucosi. I due
sessi sono ugualmente colpiti e la maggior
parte degli individui sono nella quarta-sesta
decade di vita.
Il Pemfigo volgare è il più comune. Colpisce sia la
cute che le mucose. Le lesioni iniziali sono vescicole e
bolle superficiali che si rompono facilmente lasciando
un’erosione ricoperta da una crosta di siero. Le cellule
dell’epitelio subito sopra lo strato basale vanno incontro
ad acanto lisi. Le cellule squamose non più adese tra di
loro perdono la forma poligonale e diventano
rotondeggianti. La bolla si trova in posizione soprabasale.
E’ presente un infiltrato di linfociti, eosinofili ed istiociti. Il siero dei pazienti con pemfigo contiene anticorpi
contro un componente dei desmosomi.
Il pemfigoide è una malattia che colpisce gli anziani. Ci sono forme localizzate e forme generalizzate
con interessamento di cute e mucose. Le lesioni sono bolle di 4-8 cm, che difficilmente si rompono; per
cui guariscono senza lasciare cicatrici, a meno che non si infettino. La bolla si trova in posizione sub
epiteliale e non c’è acanto lisi. Si ha infiltrato di linfociti, eosinofili e alcune volte di neutrofili, associato con
edema e vacuolizzazione dello strato basale. Depositi di immunoglobuline e complemento si trovano a
livello della membrana basale. Gli anticorpi sono rivolti verso i componenti della membrana basale.
Proliferazioni reattive
Alcune lesioni dei tessuti molli del cavo orale si manifestano con un aumento di volume e sono nella
maggior parte dei casi lesioni reattive: fenomeni flogistici o iperplasia, causati da processi irritativi o da
meccanismi sconosciuti. In ogni caso è bene procedere alla biopsia e al controllo istologico per escludere
un tumore.
18
Fibroma da irritazione: Interessa la mucosa buccale per lo più a livello del margine gengivo dentale. Si tratta di una massa nodulare di tessuto fibroso con rare cellule infiammatorie, rivestita
da tessuto epiteliale squamoso.
Granuloma piogenico: E’ una lesione simil - vascolare
comune, rilevata, rossa. E’ costituita da tessuto di
granulazione intensamente vascolarizzato con uno
stroma ricco di cellule infiammatorie. Spesso si ulcera. La
lesione cresce rapidamente fino a raggiungere 1-2cm di
diametro in poche settimane e diventano noduli rossi
peduncolati. Frequenti sulla testa, sul collo e sulle
gengive di bambini, giovani adulti e donne in gravidanza.
Non si conosce la causa, alcune volte pare dovuta a un
trauma. Guarisce spontaneamente oppure si trasforma in
un nodulo fibroso.
Granuloma a cellule giganti (epulide)
E’ una rara lesione infiammatoria cronica che protrude dalla gengiva. E’ ricoperta da mucosa, che può
andare incontro ad ulcerazione. E’ costituita da cellule giganti tipo corpo estraneo separate da uno stroma
fibroma angiomatoso. Si deve differenziare dai tumori a cellule giganti, che interessano la mascella o la
mandibola.
Lesioni precancerose: Leucoplachia ed Eritroplachia
La leucoplachia è caratterizzata da placche bianche dovute alla proliferazione della mucosa e alla
sua evoluzione in epitelio cheratinizzato.
Le cause sono:
- uso di tabacco (sigarette sigari, pipa, tabacco da masticare)
- traumatismi cronici della guancia
- apparecchiature dentali mal poste
- sostanze irritanti
- alcool
Le placche bianche possono essere sopraelevate, lisce o rugose, indurite o verrucose. Possono evolvere
in lesioni displastiche e in carcinoma in situ. L’evoluzione in carcinoma in situ è del 5-6%.
L’eritroplachia è caratterizzata da aree rosse piane o depresse rispetto alla mucosa, costituite da
epitelio ispessito. Tali lesioni vanno incontro facilmente ad erosione. Il colore rosso è dato da un’intensa
reazione infiammatoria sottoepiteliale con ectasia vascolare. La trasformazione maligna è valutata intorno
al 50%.
Le cause sono le stesse della leucoplachia.
Tumori
Tumori benigni: sono molto rari (papillomi, verruche, emangiomi).
Tumori maligni: Il più frequente è il carcinoma squamo cellulare (95% dei cancri della cavità orale). Il
restante 5% è dovuto a adenocarcinomi delle ghiandole mucose, melanomi maligni, linfomi, sarcoma di
Kaposi ed altri.
Il carcinoma squamo cellulare si presenta come lesioni nodulari rilevate con ulcerazione centrale
e margini rilevati.
Insorge ovunque nella cavità orale con alcune sedi preferenziali in ordine decrescente: pavimento della
bocca (A), lingua (B), palato duro (C), base della lingua (D).
I tumori del labbro e della lingua sono diagnosticati in fasi molto precoci e trattabili chirurgicamente. Il
carcinoma del pavimento può rimanere asintomatico.
Carcinoma a cellule Squamose della bocca
Preponderanza maschile.
Colpisce gli anziani (65+).
19
Il labbro (particolarmente l’inferiore) è la parte più colpita.
Il danno attinico è un possibile fattore etiologico.
La lingua è la seconda sede, per frequenza. Di solito la neoplasia interessa i due terzi anteriori o il
margine laterale. Si può presentare in forma di chiazza bianca spessa , che infine si ulcera.
Il palato è la sede meno frequente.
Il pavimento della bocca e la guancia sono sedi meno frequenti in UK e negli USA ma sono frequenti nel
subcontinente indiano.
Per la maggior parte, i tumori sono ben differenziati e cheratinizzati.
Possono insorgere in aree preesistenti di displasia.
Infiltrano localmente e metastatizzano alle linfo-ghiandole regionali del collo.
La diffusione è molto avanzata, quando ci sono ormai metastasi. Anche il carcinoma della guancia si
presenta tardivamente perché i pazienti attribuiscono la lesione a traumi da dentiera. Tutti i carcinomi
della cavità orale impiegano anni per progredire dal carcinoma in situ al carcinoma invasivo.
I soggetti più colpiti sono persone di età compresa fra i 50 e i 70 anni di età.
Cause:
- uso di tabacco (sigarette sigari, pipa, tabacco da masticare)
- marijuana
- masticazione della noce e della foglia di Betel in India e altri paesi dell’Asia
- Irritazioni protratte da apparecchiature dentali mal poste o da superfici dentali irregolari
(danno prima leucoplachia)
- Infezioni croniche (danno prima leucoplachia)
- Virus HPV16
- Radiazioni attiniche (luce solare) per i tumori del labbro.
Tutti questi fattori ambientali agiscono probabilmente su una predisposizione genica.
Alterazioni genotipiche trovate in alcuni tumori sono: delezioni delle regioni cromosomiche18q, 10p, 8p,
3p, mutazione della p53,amplificazione degli oncogeni int-2 e bcl-1.
I carcinomi infiltrano localmente e poi danno metastasi a:
- Linfonodi regionali del collo
- Linfonodi mediastinici
- Polmone, fegato, osso.
classificazione TNM.
Tumori derivati dai tessuti precursori dei denti sono rari. Stadi TNM per i tumori della cavità orale.
STADIO DESCRIZIONE TUMORE PRIMARIO (T)
T x Tumori primari non possono essere individuati
T0 Non si evidenziano tumori
Ti s Carcinoma in situ
T1 Tumore di dimensione ≤2 cm
T2 Tumore di dimensione compresa tra 2 cm e 4 cm
T3 Tumore di dimensione > 4 cm
T4 Tumore invade le strutture adiacenti (mandibola, muscolatura della lingua, cavità mascellari, pelle)
LINFONODI (N)
N x Non possono essere individuate regioni linfonodali interessate
N0 No metastasi nelle regioni linfonodali
N1 Metastasi in singoli linfonodi isolaterali, ≤3 cm di dimensione
N2a Metastasi in singoli linfonodi isolaterali, di dimensione > 3 cm ma < 6 cm
N2b Metastasi in linfonodi multipli isolaterali, nessuno di dimensione > 6 cm
N2c Metastasi in linfonodi bilaterali o contro laterali, nessuno di dimensione >6 cm
N3 Metastasi in linfonodi, dimensione > 6 cm
METASTASI LONTANE (M)
M0 Nessuna metastasi lontana
M1 Metastasi lontane
STADI
Stadio I T1 - N1 - M0
20
Stadio II T2 - N0 - M0
Stadio III T3 - N0 - M0 - T1 o T2
Stadio IV T3 - N1 - M0 - T4 - N0 o N1 - M0
Alcuni T, N2 o N3, M0
Alcuni T, alcuni N, M1
Tumori Odontogenici Benigni
Ameloblastoma:Il più frequente
Colpisce la mandibola di adulti di mezza età. Presenta una crescita lenta che invade l’osso; separa i denti
e li allenta. E’ costituito da epitelio odontogenico con stroma fibroso ed aspetto cistico; l’epitelio forma
delle isole di cellule epiteliali ameloblastiche che assomigliano al reticolo stellato del dente in sviluppo.
Non dà metastasi.
Cementoma: Raro
Quattro tipi principali: cementoblastona benigno, fibroma cementificante, cementoma gigantiforme, e
displasia cementale periapicale.
Dentinoma: Rarissimo
Giovani adulti; mandibola, associato con molari non erotti; costituito da ammassi di dentina displatica, con
cordoni di epitelio odontogenico.
Fibroma ameloblastico: Raro
Bambini e << teenagers>>; mandibola, regione molare/premolare; recidiva ma non da metastasi.
Mixoma: Raro
Persone giovani; lesioni a crescita lenta della mandibola o del mascellare; spesso associato con denti
mancanti o non erotti.
Tumore odontogenico adenomatoide: Raro
Osso mascellare in << teenagers>>; regione dei canini e degli incisivi laterali; può essere cistico e con
focolai di calcificazione
Tumore odontogenico squamoso: Raro
Probabilmente derivato da cellule dei residui di Malassez; somiglia al carcinoma squamoso invasivo, con
qui può essere confuso anche sul piano istopatologico; localmente invasivo ma non da metastasi.
Tumori Maligni:
Ameloblastoma maligno: Estremamente raro
I tumori possono apparire istologicamente maligni, ma le metastasi sono rare.
Carcinoma squamo cellulare intraosseo: Estremamente raro
Può essere derivato da residui dell’epitelio odontogenico nell’ osso della mascella.
Trasformazione maligna di cisti odontogeniche: Estremamente raro
Il più frequente è l’ameloblatoma. E’ benigno e quindi non metastatizza. Si sviluppa nella mandibola di
adulti di mezza età. Cresce lentamente e può invadere l’osso, separa i denti e li allenta. E’ costituito da
epitelio odontogenico con stroma fibroso ed in genere ha aspetto cistico. L’epitelio forma delle isole di
cellule epiteliali ameloblastiche che assomigliano al reticolo stellato del dente in sviluppo.
Ci sono due tipi di cisti dentarie: cisti malformative e cisti infiammatorie.
Cisti malformative:
-
Cheratocisti odontogene. Colpiscono i giovani maschi e interessano la regione molare della
mandibola. Sono rivestite da epitelio squamoso con cheratina. Una volta tolte possono recidivare.
21
-
Cisti dentigere. Interessano il terzo molare o il canino. La ciste avvolge la corona di un dente
ritenuto ed è attaccata al suo collo. E’ coperta da epitelio squamoso con parete fibrosa. Contiene
fluido giallo limpido o pastoso se viene prodotta cheratina e mucina. Deriva dal follicolo dentario del
dente non erotto.
-
Cisti periodontali laterali. Giacciono lungo il dente. Sono di origine incerta, asintomatiche e scoperte
casualmente con radiografie. Sono rivestite da epitelio squamoso non cheratinizzato con parete
fibrosa.
Cisti infiammatorie:
Cisti radicolare: E’ più frequente delle cisti malformative. E’ di solito associata a carie dei denti.
Interessa frequentemente gli incisivi laterali superiori e segue lo sviluppo di un granuloma apicale
conseguente a carie. Nella massa infiammatoria cronica crescono dei cordoni di cellule epiteliali
squamose, la cui dissoluzione porta alla formazione della cisti. Le pareti sono infiammate. I denti associati
muoiono, mentre la cisti può persistere. La cisti può ingrandirsi ed erodere l’osso circostante.
Anormalità delle ghiandole salivari
Esistono tre ghiandole salivari maggiori: parotide, sottomandibolare e sottolinguale, e molte ghiandole
salivari minori distribuite nella sottomucosa della cavità orale.
Infiammazioni (sialoadeniti)
L’origine può essere virale (virus della parotite), batterica o autoimmune (sindrome di Sjogren, nella quale
si ha bocca secca o xerostomia; è associata con infiammazione delle ghiandole mucosercenti del naso e
delle congiuntive).
Sialolitiasi
Presenza di calcoli di origine oscura, che ostruiscono i dotti, determinando edema e diminuita secrezione
salivare. Si può avere un infezione batterica secondaria con formazione di pus.
Tumori
Possono essere benigni o maligni (Tabella 4). Il 90% dei tumori delle ghiandole salivari sono di origine
epiteliale e sono rari (2% di tutti i tumori). Il 65-80% insorge nella parotide, il 10% nella ghiandola
sottomandibolare e i restanti nelle ghiandole salivari minori e nella ghiandola sottolinguale. Il 15-30% dei
tumori della parotide sono maligni, il 40% di quelli della sottomandibolare, il 50% delle ghiandole salivari
minori e il 70-90% della sottolinguale. Si sviluppano negli adulti con prevalenza del sesso femminile; un
5% si sviluppa anche in giovani al di sotto dei 16 anni.
-
Adenoma polimorfo o tumore misto della parotide.
E’ benigno, è il più frequente ed è presente soprattutto nella parotide. Si presenta come una massa
rotondeggiante incapsulata, costituita da cellule epiteliali che formano acini , dotti, tubuli, tralci. Questi
elementi sono dispersi in una matrice mucoide, mixoide o condroide. Alcune volte la capsula non è
completa e quindi si possono formare durante la crescita espansiva delle protrusioni, che se non tolte
possono riformare il tumore. Non si conosce la causa di origine, ma si conosce che le radiazioni possono
favorire il rischio.
-
Tumore di Warthin (adenolinfoma).
E’ benigno, è il secondo tumore della parotide ed è una massa rotondeggiante capsulata. E’ costituito da
cisti rivestite da cellule epiteliali immerse in uno stroma linfoide. Il secreto è sieroso o mucinoso.
-
Carcinoma muco epidermoide.
Il carcinoma muco epidermoide costituisce il 10-15% dei tumori delle ghiandole salivari.
E’ il più frequente tumore maligno. Si sviluppa nella parotide e nelle ghiandole salivari minori. E’
correlato con le radiazioni. Sono costituiti da cisti a contenuto mucoide delimitate da cellule squamose,
mucinose o intermedie. L’aspetto cellulare può essere più o meno anaplastico. In base alle caratteristiche
22
citologiche, il carcinoma muco epidermoide si distingue in forme a basso, intermedio e alto grado di
malignità. Le lesioni a basso grado sono per lo più composte da cellule mucosecernenti, quelle ad alto
grado da cellule squamose. Le forme ad alto grado di malignità metastatizzano ad organi a distanza.
-
Carcinoma adenoide - cistico.
E’ il tumore più frequente delle ghiandole salivari minori. E’ costituito da cellule piccole con nucleo scuro e
poco citoplasma disposte in i tubuli solidi.
Negli spazi tra le cellule c’è del materiale ialino, che si ritiene sia membrana basale. Crescono
lentamente, sono invasivi e invadono frequentemente gli spazi perineurali, dando dolore. Recidivano
facilmente e possono dare metastasi dopo molto tempo ad ossa, fegato ed encefalo.
-
Tumore a cellule acinose.
E’ costituito da cellule che ricordano quelle normali sierose.
Tali tumori sono rari e si sviluppano per lo più nella parotide. Sono piccoli e possono essere capsulati.
Possono essere benigni o maligni. I maligni metastatizzano nei linfonodi regionali.
Lesioni a medio grado d’associazione dell’infezione da HIV
• infezioni batteriche
micobatterio avium intracellulare
micobatterio tuberculosis
• iperpigmentazioni melaniche
• porpora trombocitopenica
• stomatiti necrotizzanti ulcerative
• malattie ghiandole salivari
xerostomia
tumefazione parotidee
Le infezioni batteriche sono frequenti e
importanti nella parte posteriore della bocca e
nell’orofaringe, mentre quelle della parte anteriore
sono poco frequenti, sebbene la carie e le
peridonziopatie siano la conseguenza della
presenza di batteri sui denti e intorno ad essi.
Infezioni batteriche: di solito, l'agente eziologico è lo
streptococco. Il Mycobacterium tuberculosis può
determinare
ulcere
orali
inoculate
tramite
l'espettorato proveniente dai polmoni. La sifilide può
determinare una lesione primaria e, se non trattata,
può determinare lesioni mucose secondarie e una
gomma terziaria. La Neisseria gonorrheae produce bruciore e ulcerazioni della gengiva e della lingua,
ma anche faringite.
Pigmentazioni: La maggior parte delle macchie pigmentate della mucosa della bocca sono provocate
da un’ aumento di produzione di melanina nelle razze a pelle scura. Le neoplasie melanotiche
sono rare nella bocca. Tatuaggi di amalgama si possono verificare in seguito alla deposizione di
ossidi di metallo nella mucosa in seguito alla penetrazione di amalgama nella sottomucosa.
Materiale nero si deposita sulle fibre collagene e nelle membrane vasali intorno ai vasi e ai nervi.
Pigmentazioni intorno alla bocca si hanno nella sindrome di Peutz - Jeghers.
23
L'infiammazione del cavo orale può essere causata da un'infezione, da una malattia sistemica o da un
agente fisico. Quando è diffusa, si definisce stomatite.
La stomatite può derivare dall'ipovitaminosi (in particolare dalla carenza di vitamine B o di vitamina C),
dall'anemia sideropenica con disfagia (come nella sindrome di Plummer - Vinson) o dall'agranulocitosi. Il
mordersi le guance, la respirazione orale, i denti con il bordo frastagliato, gli apparecchi ortodontici, le
protesi poco stabili o l'allattamento artificiale con biberon e tettarelle dure o troppo lunghe possono
determinare danni locali alla mucosa.
Le ghiandole salivari di interesse chirurgico sono:
la parotide, la sottomandibolare, la sottolinguale .
La parotide è contenuta nella regione masseterina: essa invia prolungamenti in profondità verso il
faringe, in avanti sopravvenendo il margine superiore del muscolo massetere, in basso nell’angolo
compresso tra la regione sopraioidea e quella sternocleidomastoidea. Il suo dotto escretore è il dotto di
Stenone che sbuca nel cavo orale a livello del 2°molare superiore; l’orifizio di tale dotto è situato talora
all’apice di una papilla.
La ghiandola sottomandibolare è situata sotto e dentro la branca orizzontale della mandibola a
livello dell’incisura facciale. Essa ha le dimensioni di una mandorla, invia una propaggine posteriormente
che spesso valica il margine posteriore del muscolo miloioideo e decorrente sopra tale muscolo fino a
sbucare nel pavimento della bocca in sede sottolinguale in corrispondenza della caruncola linguale.
La ghiandola sottolinguale è piccola e spesso variamente conformata: il dotto escretore, quando
unico, prende il nome di dotto di Rivino.
In condizioni normali la palpazione delle due ghiandole maggiori è irrilevante: tuttavia abbastanza spesso
tali ghiandole possono essere ipertrofiche, sempre comunque nell’ambito della normalità, e diventare
palpabili.
L’assenza di disturbi, la frequente simmetria, la consistenza, la forma, l’assenza di dolorosità elettiva e,
nei casi più dubbi, l’ecografia ed eventualmente la biopsia, sono elementi in grado di chiarire la diagnosi.
Le affezioni salivari di interesse chirurgico sono su base flogistica, litiasica, displastica, neoplastica.
24
La parotite acuta è sostenuta solitamente dallo stafilococco piogeno
aureo. Essa compare di solito in soggetti defedati, nel decorso postoperatorio
di interventi gravi, e rappresenta complicanza grave con significati infausti. La
regione masseterina (paraidea) si presenta tumefatta di solito
monolateralmente: il paziente avverte il dolore, talora in senso, ed è febbrile
(febbre intermittente). All’inizio la tumefazione è di consistenza dura, la cute è
calda, è presente intensa dolorabilità. Successivamente la tumefazione può
diventare di consistenza elastica e compare fluttuazione, quando si verifichi la suppurazione. Lo sbocco
salivare si presenta arrossato e si può osservare sgocciolamento di liquido torbido o francamente
purulento. La diagnosi differenziale con la parotide epidermica è intuitiva: il dato epidemiologico, la
bilateralità, l’assenza del dolore violento, le condizioni generali del paziente.
Meno frequenti i fatti infiammatori acuti a carico delle altre ghiandole salivari.
La scialo adenite cronica può essere la sequenza di un fatto acuto.
La presenza di una tumefazione di consistenza piuttosto sostenuta, la scarsità di sintomatologia dolorosa
può indurre problemi di diagnosi differenziale con il cancro.
Elementi discriminanti sono la lentezza dell’evoluzione, l’eventuale elemento anamnestico, la
visualizzazione ecografica e radiologica di calcificazioni nella compagine delle ghiandole, la scialografia.
Questa si esegue introducendo un mezzo di contrasto idrosolubile nel dotto escretore interessato per
mezzo di un sottile sondino di polietilene. La presenza di tratti substenotici del dotto e l’irregolarità
dell’immagine scialo grafica assieme agli altri elementi citati può indirizzare la diagnosi differenziale.
Le affezioni croniche prediligono la ghiandola sottomandibolare: spesso tuttavia questa può essere
interessata secondariamente, per vicinanza, da affezioni flogistiche dei linfonodi sottomandibolari, che
sono in intimo contatto con essa, spesso addirittura compenetrandola.
La calcolosi delle ghiandole salivari è quasi esclusiva della parodontite e della sottomandibolare.
Il calcolo, costituito di solito da carbonato di calcio, si localizza in un dotto escretore, determinandone
ostruzione.
Il paziente di solito riferisce che, accingendosi al pasto, o anche talora quando subisce stimoli olfattivi o
visivi inerenti al cibo, compare rapidamente una tumefazione anche notevole in sede masseterina o in
sede sottomandibolare, la quale piò persistere per un certo tempo e quindi regredire, salvo a ripresentarsi
ad un successivo stimolo.
Questo fenomeno può essere accompagnato da vivo dolore, riferito di solito nella sede ghiandolare o in
corrispondenza dello sbocco del dotto escretore, “la colica salivare”. Questa per altro può presentarsi
anche senza tumefazione. Il calcolo infatti, e questa è regola generale della litiasi degli apparati tubulari,
non occlude mai completamente il lume, se non temporaneamente per l’edema e lo spasmo che induce.
Quando il calcolo si localizza nei segmenti distali del dotto di Stenone o di Wharton, può essere palpato
con manovra bimanuale dall’interno e dall’esterno del cavo orale.
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L’esame ecografo e radiografico a vuoto, eseguiti con opportune protezioni, di solito evidenzia la
masserella radiopaca corrispondente al calcolo.
La scialografia è in grado di precisare meglio i caratteri dell’ostacolo e soprattutto la sede, elemento utile
ai fini terapeutici.
Le dislessie delle ghiandole salivari consistono di solito in formazioni cistiche.
Di queste tipica è più frequente è la cista della ghiandola sottolinguale, la ranula. Si presenta come una
tumefazione occupante lo spazio sotto – linguale, più o meno affondata nel pavimento della bocca. Ha
aspetto liscio e lucente, trans illuminabile e alla palpazione bi manuale (extraorale) di consistenza tesa –
elastica, spesso fluitante.
La diagnosi differenziale va posta con altre tumefazioni di questa regione, quali le adenopatie
sottomentoniere, formazioni dermoidi o cisti del dotto – glosso, che hanno peraltro un’estrinsecazione
verso la regione sopraioidea a differenza della ranula, che si sviluppa prevalentemente sul versante orale.
Le neoplasie delle ghiandole salivari interessano prevalentemente la parotide, meno la
sottomandibolare, ancor meno le altre.
La forma più frequente è considerato tumore misto, definizione impropria basata sull’aspetto isto
morfologico contrassegnato da un coacervo di strutture apparentemente varie(connettivali, endoteliali,
mucose, epiteliali, linfoidi, ecc.), ma riconducibili tutte ad una particolare metaplasia di elementi epiteliali
(adenoma pleomorfo).
È un tumore ad evoluzione molto lenta che accresce fino a raggiungere dimensioni cospicue (spesso
mostruose): non maligno, ma facilmente recidiva in loco, se non si rispettano opportuni accorgimenti
chirurgici. Sembra rara la trasformazione maligna. Nelle fasi iniziali si presenta come una tumefazione
sferica delle dimensioni di una nocciola, di consistenza dura, non dolente ne dolorabile, non aderente ai
piani superficiali, ma fissa sul piano profondo, rappresentato dalla ghiandola, in cui è immerso. Di solito
esso è localizzato negli strati superficiali di parotide e quindi diventa presto evidente all’ispezione; la sede
elettiva è fra il trago e l’angolo della mandibola.
In questa fase si può porre il problema differenziale con la tumefazione del linfonodo pretragico. Questa
però oltre ad essere di solito più alta, cioè proprio al davanti del trago, è più mobile rispetto ai piani
profondi, la consistenza è meno dura a meno che non si tratti di lesione neoplastica primitiva o metastica.
Se il linfonodo pretragico è tumefatto con caratteristiche infiammatorie, si dovrà ricercarne il motivo nei
distretti, di cui si raccoglie il drenaggio: regione oculopalpebrale, regione tempore – parientale, meato
acustico esterno. In tal caso inoltre il linfonodo è anche dolente e dolorabile, elemento assente nel tumore
misto. L’evoluzione molto lenta e senza dubbi, se non quello estetico, fa si che il tumore possa
raggiungere dimensioni anche enormi. Raramente questa espansione provoca disturbi per compressione
degli elementi vicini, proprio per l’estrema lentezza dell’accrescimento (molti anni). Quando questi tumori
raggiungono siffatte dimensioni, la diagnosi si fa a prima vista. Queste considerazioni valgono
prevalentemente per la parotide, dove questi tumori sono più frequenti.
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Cancro delle ghiandole salivari ha caratteristiche opposte a quelle del tumore misto: è una
tumefazione di forma irregolare, di consistenza molto dura, che aumenta rapidamente di volume e
precocemente da dolori di compressione rapida ed infiltrazione degli elementi circostanti. Per quanto
riguarda la parotide, abbastanza precoce è la paralisi del nervo facciale. Com’è noto questo dopo un
brevissimo percorso dall’emergenza a livello dell’apofisi stilodea s’immerge nel tessuto ghiandolare e nel
contesto di questo si ramifica. La paralisi del facciale, quando è totale, comporta flaccidità dei muscoli
facciali omolaterali e stiramento della rima labiale verso il lato opposto, mancata chiusura della rima
palpebrale (lagoftalmo) omolaterale, impossibilità di elevare il sopracciglio e scomparsa del corrugamento
della fonte, sempre al lato colpito. Quando la lesione colpisce il nervo dopo la sua suddivisione, potrà
verificarsi la paralisi nel territorio inferiore della faccia, importante soprattutto dal lato estetico oppure nel
territorio superiore, importante per le lesioni corneali, che la mancanza dell’ammiccamento e della
protezione palpebrale comportano.
La xerostomia predispone la bocca alle infezioni. La stomatite può seguire al consumo eccessivo di
alcol, di tabacco, di cibi caldi o spezie, ma anche alla sensibilizzazione verso i componenti delle paste
dentifricie, dei collutori, dei coloranti dei dolci, dei cosmetici per le labbra o, raramente, delle protesi di
resina. L'esposizione professionale ai coloranti, ai metalli pesanti, ai fumi acidi, oppure alle polveri di
metalli o di minerali e l'uso di farmaci, quali ioduri e barbiturici (che possono causare la sindrome di
Stevens - Johnson), possono determinare lesioni orali. Raramente, la stomatite da contatto può derivare
dalla sensibilizzazione a materiali utilizzati in odontoiatria. L'acrodinia può essere causata da una
reazione tossica al mercurio o dall'ipersensibilità a varie sostanze; l'esposizione al mercurio è oggi rara.
L'acrodinia si verifica nei bambini ed è caratterizzata da ulcere orali, salivazione profusa, bruxismo
(serramento o digrignamento dei denti) e perdita dei denti.
Lesioni a basso grado d’associazione dell’infezione da HIV
• Infezioni Batteriche
Actinomicosi
Klebsiella Pneumoniae
Eschericha Coli
• Angiomatosi Epiteloidea Bacillare
• Malattia Da Graffi e da Gatto
• Reazioni a Farmaci (Ulcerazioni Eritema Multiforme, Lichenoidi, Epidermolisi Tossica)
• Lesioni Neurologiche
L’actinomicosi, o attinomicosi, è una malattia infettiva causata da Actinomyces israeli e da
Actinomyces bovis, responsabili rispettivamente della forma umana e bovina.
Actinomyces israeli è un ospite abituale del cavo orale che, in particolari condizioni, per esempio, una
cattiva igiene orale, può determinare la malattia. Il parassita penetra nell’organismo tramite una piccola
ferita della mucosa, raramente della cute. Si manifesta nella regione cervico - facciale, determinando la
comparsa di noduli indolenti, che tendono a confluire formando un piastrone di consistenza dura. Nei
noduli si produce una fistola che permette la fuoriuscita di pus, nel quale si può osservare la presenza di
caratteristici granuli giallastri. Tali lesioni tendono ad approfondirsi, interessando anche le ossa.
L’actinomicosi può colpire anche alcuni organi interni come il polmone e l’apparato gastrointestinale. La
patologia non si risolve spontaneamente ma richiede una terapia antibiotica; particolarmente attiva è la
penicillina. La terapia chirurgica è riservata alle forme localizzate o quando sono interessati organi interni.
L'angiomatosi epitelioide o angiomatosi bacillare è un' affezione vascolare proliferativa,
che nella maggior parte dei casi si manifesta come lesioni cutanee singole o multiple, che possono
essere superficiali, dermiche o sottocutanee. La lesione primaria inizia con una papula, che poi aumenta
di dimensioni fino a formare noduli arrotondati di colore dal rosso al viola-porpora; tali lesioni evolvono poi
in ulcere e quindi formano una crosta. Le lesioni possono coinvolgere anche le mucose orali, anali,
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congiuntivali, respiratorie e gastrointestinali. L'angiomatosi epitelioide è molto simile ad altre affezioni:
granulo ma piogenico, emangioma, tumori sottocutanei, sarcoma di Kaposi: la diagnosi differenziale si
effettua con la dimostrazione dei batteri causali nei preparati istologici cutanei. Talvolta la malattia può
avere una manifestazione extracutanea, coinvolgendo il cuore, il diaframma, il midollo osseo, il fegato e le
vie biliari, la milza, i linfonodi e il sistema nervoso centrale; in qualche raro caso, questi sono gli unici
organi colpiti, senza la manifestazione cutanea.
Malattia da graffio di gatto
è una malattia infettiva di origine batterica
acquisita per contatto con animali domestici,
che abitualmente si manifesta con una lesione
cutanea fugace e con un’adenite tendenza
colliquativa.
La causa è un piccolo bacillo gram - negativo,
verosimilmente del genere Chlamydia.
La terapia è principalmente sintomatica,
poiché la malattia di solito regredisce
spontaneamente entro 2-4 mesi.
Talvolta, in caso di malattia grave o protratta,
sono necessarie terapie aggiuntive:
1) se vi è suppurazione, il linfonodo deve
essere aspirato;
2) la terapia antibiotica non sembra efficace.
In caso di marcati disturbi generali sono
utili cortisonici sistematici.
Terapie Farmacologiche
(Antibiotici,
antinfiammatori
immunosoppressori)
non
steroidei,
steroidi,
vasodilatatori,
antiepilettici,
Numerose terapie farmacologiche, utilizzate, soprattutto se di lunga durata, possono indurre alterazioni
della flora batterica orale con conseguente sviluppo di micosi opportunistiche come la candidosi (spesso
associata a disfagia) e ulcerazioni di varia severità. Inoltre, alcuni farmaci come antiepilettici e
immunosoppressori, possono agire direttamente sui tessuti gengivali, favorendo aumenti del volume
gengivale e parodontopatie. Alcune categorie di farmaci in soggetti predisposti possono indurre reazioni
allergiche o immuno mediate (eritema multiforme- S. di Stevens - Johnson) con severo coinvolgimento
delle mucose orali e periorali (lesioni atrofiche, erosivo - ulcerative, pseudo membranose e crostose).
Terapie anti neoplasiche
Le stomatiti sono una comune complicanza delle terapie antiblastiche, conseguente ad una loro azione
diretta sulle mucose orali e gastro-intestinali (mucositi tossiche) oppure indiretta, secondaria
all’immunodepressione (mucositi infettive).
La Multinational Association of Supportive Care in Cancer and International Society for Oral Oncology e
l’American Academy of Pediatric nel 2005 hanno proposto Linee Guida finalizzate alla prevenzione e
terapia delle mucositi orali e gastrointestinali: esse enfatizzano l’approccio multidisciplinare, allo scopo di
ridurre la sintomatologia e controllare le sovrainfezioni.
Il dolore correlato alle mucositi può esser controllato con analgesici topici e agenti non steroidei
(benzidamina) Le mucositi infettive sono riconducibili a infezioni micotiche, batteriche e virali e si
sviluppano frequentemente soprattutto in caso di prolungati stati di severa neutropenia.
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Conclusioni
Dopo più di venti anni di epidemia, ancora oggi, ogni due ore un italiano resta contagiato dall’HIV, il virus
dell’immunodeficienza umana. Nella nostra penisola, che certamente non si trova nelle drammatiche
condizioni dei Paesi in via di sviluppo, l’epidemia, così terrorizzante ai suoi esordi, ora non fa più paura.
La comunicazione su questa malattia si è infatti spostata sull’immane emergenza sanitaria che si registra
in particolare nei Paesi in via di sviluppo. L'infezione da HIV rappresenta indubbiamente per il sistema
sanitario nazionale una enorme sfida e, se affrontata in tutti i suoi molteplici aspetti ha un impegno
sicuramente oneroso.
L’infezione acuta da HIV è a tutt’oggi molto difficile da diagnosticare e spesso avviene in modo del tutto
accidentale. L’infezione acuta da HIV si manifesta dopo un periodo di incubazione che va da alcuni giorni
a qualche settimana finanche a qualche mese.
Questa può avere diverse forme di presentazione, può essere totalmente asintomatica, paucisintomatica
o presentarsi con quadri clinici che richiedono il ricovero ospedaliero.
Nei pazienti con infezione da virus dell’immunodeficienza umana (HIV) sono state descritte più di 40
differenti malattie del cavo orale. La diagnosi delle manifestazioni orali della malattia da HIV è di grande
importanza perché possono rappresentare il primo sintomo dell’infezione e sono marcatori predittivi di un
grave deterioramento del sistema immunitario e di progressione della malattia. La loro comparsa è
correlata al livello dei linfociti CD4+ e alcune si verificano con un immunodeficienza moderata, altre
invece solo nelle fasi avanzate dell’infezione. Il 20-50% dei pz. HIV+ ne sviluppa almeno una. Tra le
infezioni sostenute da miceti la più frequente è la candidasi. Tra le infezioni virali la più comune è la
leucoplachia orale villosa (prevalenza del 2-25%) sostenuta dal virus di Epstein - Barr. Frequenti inoltre le
gengive stomatiti erpetiche (che si verificano con qualsiasi valore dei CD4+ e che recidivano anche se la
terapia anti retro virale è in corso), e i condilomi acuminati dovuti al virus del papilloma umano. Tra i
tumori che colpiscono la mucosa orale il più tipico e frequente è il Sarcoma di Kaposi (22% come primo
sintomo) mentre meno frequenti sono le manifestazioni orali in corso di linfoma non - Hogdkin. Frequenti
inoltre paraodontopatie di origine batterica che si presentano con caratteri atipici, le lesioni sifilitiche
secondarie, le stomatiti afose ricorrenti e infine le pigmentazioni melaniche da farmaci anti retro virali.
Non è una passeggiata scegliere di intraprendere il percorso terapeutico per la cura dell'HCV.
Specialmente nelle persone HIV/HCV positive, in cui spesso si devono assumere anche farmaci contro
l'HIV, l'impresa può sembrare difficoltosa. Tuttavia gli enormi benefici che se ne possono trarre a lungo
termine devono motivare la scelta. Anche il paziente affetto da epatite C cronica, può essere riabilitato
oralmente, se sottoposto ad un follow - up mirato e con scadenze programmate. Inoltre è possibile
dimostrare che in questi soggetti è possibile applicare dopo la riabilitazione all'igiene orale degli impianti
infraossei, e l'osservazione del caso a 7 anni dimostra una completa stabilizzazione della salute orale,
con notevole diminuzione delle emorragie e flogosi gengivali.
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