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Titolo originale dell’opera
Miss Julia Hits the Road
Traduzione dall’inglese
di Valentina Ricci
Copyright © Ann B. Ross, 2003
© 2015 astoria srl
corso C. Colombo 11 – 20144 Milano
Prima edizione: giugno 2015
ISBN 978-88-98713-12-7
In copertina: Hace of hearts
© Image Source/Corbis/Contrasto
Progetto grafico: zevilhéritier
Stampato nel mese di maggio 2015
da Press Grafica srl, Gravellona Toce (VB)
www.astoriaedizioni.it
Cominciai a parlare prima ancora di arrivare in cucina, spingendo la porta a vento dalla sala da pranzo. “Lillian, devo chiederti una cosa, e voglio una risposta seria. Cos’ha Sam Murdoch
che non va, santo cielo?”
Girò le spalle al lavello e mi guardò strizzando le palpebre. “Il
signor Sam non cià proprio un bel niente che non va. E secondo
me, Miss Julia, è lei che la deve smettere di dargli addosso.”
“Be’, se chiedi a me si sta comportando in modo strano.”
Si volse verso il lavello, borbottando che non aveva sentito nessuno chiedere niente a nessuno. Lillian aveva la mania di borbottare tra sé e sé quando non era d’accordo con qualcuno, cioè con me.
Però non mi dava fastidio, visto che di quando in quando borbotto
anch’io. Si prendeva cura della mia casa, dei miei pasti e di me da
così tanto tempo ormai che sapevamo più o meno ciò che l’altra
stava pensando, che lo dicessimo o no. E sapevo che non le piaceva
mai sentire anche solo una parola contro Sam, motivo per cui non
avevo menzionato prima le mie preoccupazioni al riguardo.
“Lillian, ti prego,” dissi. “Vorresti per cortesia sederti accanto
a me e aiutarmi con questo problema?”
“Se vuole mangiarli per cena, ’sti fagiolini, sarà meglio che mi
lascia finire di toglierci il filo.”
“Per l’amor del cielo, lo puoi fare meglio a sedere. Portali qui
e lascia che ti aiuti.
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“Forse la prima cosa che dovrei fare,” proseguii mentre lei
portava sul tavolo la sportina di plastica piena di fagiolini e la
ciotola con quelli già puliti, “sarebbe chiedere cosa hai tu che
non va. Parola mia, Lillian, da un po’ di tempo tu e Sam non
siete più gli stessi.”
“Io del signor Sam non so niente,” rispose dandosi da fare a
stendere sul tavolo il giornale del mattino. “A me mi sembra che
si comporta come al solito.”
“No, non è vero. Tu non sai metà della storia.” Presi una
manciata di fagiolini e cominciai a pulirli sulla carta di giornale.
“Mi ha mandato dei fiori, tanto per cominciare. Be’, li hai visti.
Sono sparsi per tutta la casa.”
“È perché sa che lei si sente triste e sola con la signorina Hazel
Marie e il piccolo Lloyd che sono andati a vivere dal signor Pickens. Sa che sente la loro mancanza e sta cercando di tirarla su.”
“Probabile.” Annuii. “Ma un mazzo e una pianta sarebbero
stati più che sufficienti per qualsiasi tentativo di tirarmi su che
volesse fare.” Lasciai cadere i fagiolini puliti nella ciotola e ne presi
un’altra manciata. “Appena un mazzo comincia a sfiorire ne arrivano altri due. E i biglietti, Lillian, tu non hai visto quei biglietti.”
“Nossignora, perché lei non me lo permette.”
“No, e non ho intenzione di farlo. Non li mostrerò a nessun
altro, se è per questo. Imbarazzanti, ecco cosa sono.”
Lillian mi guardò con la coda dell’occhio e scoppiò a ridere
come faceva una volta, facendo sfavillare il dente d’oro. Mi colpì
il fatto che rideva molto di rado da quando Hazel Marie e il
piccolo Lloyd avevano impacchettato gran parte delle loro cose
e si erano trasferiti dal signor J.D. Pickens. Solo per vedere se
avrebbe funzionato, aveva detto Hazel Marie. Il signor Pickens
era l’investigatore privato che avevo assunto in passato e che si
era prefisso di conquistare il cuore di Hazel Marie senza che si
pronunciasse parola sulla legalizzazione del loro rapporto. Io di
parole ne avevo pronunciate, e avevo avuto molto da dire sull’argomento. Credetemi, non assumerò mai più un bell’uomo dallo
sguardo penetrante e avverso al matrimonio.
“Cosa dicono ’sti biglietti?” chiese Lillian. Si alzò per abbassare il fuoco sotto la pentola in cui aveva messo a bollire della
carne di maiale.
“Lascia perdere quel che dicono. Ma saresti preoccupata
per lui anche tu se lo sapessi.” Mi lasciai sfuggire un sospiro
tremulo ripensando ad alcuni dei passaggi poetici che avevano
accompagnato i fiori, tutti nella grafia di Sam. “E poi, Lillian,
mi telefona tutti i giorni; solo per fare due chiacchiere, dice lui.
Sai benissimo quanto odio parlare al telefono quando non c’è
niente da dire. E succede anche a tutte le ore, come se certa
gente non fosse già a letto o occupata in faccende importanti.”
Feci una pausa, poi vuotai il sacco. “E c’è un’altra cosa. Passa
a trovarmi senza preavviso o chiedere il permesso, compare dal
nulla. Per vedere come sto, dice lui. L’hai notato, Lillian, non
negarlo.”
“Sissignora che l’ho notato. Ma lei e il signor Sam eravate così
pappa e ciccia al matrimonio della signorina Binkie e di Coleman
che ho pensato che le cose stavano prendendo una certa piega.”
“Di quali cose stai parlando?” chiesi imperiosamente, preparandomi a confutare qualsiasi supposizione potesse essersi messa
in testa.
“Be’, sa com’è. Forse quel matrimonio ce ne ha messo in testa
un altro.” Tornò al tavolo e ricominciò a pulire fagiolini con l’aria
più innocente di questo mondo.
“Misericordia, Lillian, un altro matrimonio è l’ultima cosa a
cui penso,” dissi scaraventando l’ennesima manciata di fagiolini
nella ciotola. “A meno che non si tratti di quello di Hazel Marie.
Chi ha mai sentito dire di un trasferimento a casa di un uomo
per un periodo di prova, comunque?”
“Un fracco di gente, ce lo dico io. E sono solo fatti suoi,” mi
ricordò Lillian, come spesso faceva quando pensava che cominciassi a intromettermi. “Comunque a me mi sembra che il signor
Sam è solo gentile e amichevole.”
Lasciai cadere i fagiolini che avevo in mano e mi coprii il viso
con le mani. “Oh, Lillian, non è solo quel che dice, ma il modo in
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cui lo fa. Non so cos’abbia in mente, e nemmeno se ha in mente
qualcosa.”
“Se ci pensa bene, secondo me ci arriva.”
Ignorai la frase perché non avevo alcuna intenzione di scavare
troppo in profondità nelle seccanti attenzioni di Sam. Il gatto
scottato ha paura dell’acqua fredda, sapete, e dopo la mia precedente esperienza matrimoniale tutt’altro che positiva avevo
intenzione di stare alla larga da una seconda.
Posai il gomito sulla tavola, il mento sul palmo della mano e
riportai sul binario giusto la conversazione a proposito di Sam.
“Temo che non stia bene, Lillian, questa è la verità. Si comporta
in un modo che non è da lui. Sai com’è. Normalmente, intendo.
Così educato, così gentiluomo, addirittura cerimonioso, e adesso…” Sollevai la testa quando mi folgorò un pensiero improvviso.
“Sai chi mi ricorda? Il signor Pickens, te lo giuro. Flirta, Lillian, e
dice le cose più sconvolgenti che si possano immaginare.”
“Non mi sembra così terribile.”
“Ma non è da Sam! Ti dico la verità, sta vivendo una seconda
infanzia. È vecchio, sai.”
“Mica molto più di lei,” mi ricordò Lillian.
Le lanciai un’occhiataccia. “L’età influenza le persone in modi
diversi. Non mi vedrai mai indossare stivali da cowboy e jeans e
sussurrare cose strane all’orecchio di qualcuno.”
“Non le farebbe male provarci, anzi, magari le farebbe addirittura bene. A me mi sembra che si è accorta che il tempo passa.
Conosco molte signore che sarebbero stracontente di avere un
bell’uomo come il signor Sam che ci sussurra all’orecchio. Se lei
continua a comportarsi come fa, vedrà che si metterà a cercare
da un’altra parte.”
Soffiai fuori il fiato, esasperata. “Non farmi parlare di tutte
le vedove della città che farebbero di tutto pur di risposarsi. So
come si comportano. Appena muore la moglie di qualcuno si
catapultano a casa sua con sformati, torte e inviti a cena. Non
sanno la fortuna che hanno, te lo dico io.”
“Un momento che metto sul fuoco ’sti fagiolini,” mi disse,
alzandosi e portando la ciotola accanto ai fornelli. “La carne ha
bollito abbastanza.”
“Non mi sei di nessun aiuto, Lillian; sono davvero preoccupata per lui. Lì per lì ho pensato che stesse attraversando una
crisi dovuta alla mezza età, ma è troppo vecchio. Forse si sta
rimbambendo.”
“Be’, ma di cosa si tratta? Della seconda infanzia o di vecchiaia?”
“Non lo so,” risposi afflosciandomi sulla sedia. “E a essere
sinceri, non so quale sarebbe la cosa peggiore.”
Di colpo dalla strada si levò un lamento simile a un grugnito,
e mentre irrigidivo la schiena quel baccano parve inondare la
stanza. “Cosa sarà mai?”
Mi alzai dalla sedia mentre il frastuono diventava sempre più
forte, e più vicino. Corsi alla finestra coprendomi le orecchie con
le mani.
Lillian rovesciò i fagiolini dentro la pentola e piazzò la ciotola
sul piano della cucina. Mentre mi raggiungeva di corsa davanti
alla finestra, il mio primo pensiero fu che uno sciame di vespe
avesse fatto il nido in giardino, rovinandomi la siepe di bosso.
Non riuscendo a vedere niente dalla finestra della cucina, Lillian e io ci prendemmo praticamente a spintoni nella fretta di arrivare alla porta d’ingresso. Il chiasso infernale, simile al ruggito di
un tuono, diventò quasi insopportabile quando ci avvicinammo.
“Cos’è? Cos’è?” ansimai quando arrivammo insieme al pomello della porta armeggiando per cercare di afferrarlo.
“Gesummio!” strillò Lillian con voce strozzata, ansimando.
“È l’Estasi! Eccomi, dolce Gesù, arrivo!”
“Lillian, per l’amor del cielo. Ricomponiti e apri questa porta.”
Lillian fece un profondo respiro e tornò con i piedi per terra.
“Forse ci sta atterrando un ufo davanti a casa.”
Prima che potessi esprimere le mie idee su quella supposizione, lei mi scansò la mano, girò il pomello e aprì la porta. Quando
ci precipitammo sulla veranda avrei preferito qualsiasi oggetto
volante a quello che si presentò davanti ai nostri occhi. Un ro-
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boante, ruggente macchinario a due ruote uscì dal mio giardino
immettendosi su Polk Street, poi si girò sbandando sulla strada
e si infilò di nuovo nel vialetto di casa mia colpendo di striscio
il bidone della spazzatura di plastica sistemato sul marciapiede.
Poi, avanzando sul vialetto, travolse un mucchio di foglie che
cominciarono a sparpagliarsi nell’aria. Rimanemmo a guardare
a bocca aperta mentre il rumoroso aggeggio ringhiante portava il
suo pilota tra due siepi di bosso, sfiorando i rami di un lillà delle
Indie, e mi rovinava l’erba esibendosi in una curva a semicerchio
prima di fermarsi nel bel mezzo del mio giardino.
“Misericordia,” ansimai afferrando saldamente il braccio di
Lillian. “Chi c’è alla guida di quell’affare?”
“A me mi sembra che si guida da solo,” rispose Lillian.
Mentre il macchinario cessava il suo lamento, emise alcuni
scoppiettii e ritorni di fiamma abbastanza potenti da scuotere
i nervi. Una figura vestita di pelle nera estrasse una gamba dal
groviglio di metallo, cromo e tubi di scappamento, abbassò il
cavalletto con un calcio e si girò verso di noi.
Perlomeno pensai che ci stesse di fronte, perché aveva la testa
racchiusa in quella che sembrava una lucida palla da bowling
nera munita di visiera scura. Togliendosi i guanti neri, la figura
si avviò scricchiolando verso la veranda, mentre gli anfibi risuonavano minacciosamente sul mio vialetto in cemento.
“È il signor Pickens, Lillian?” chiesi cercando di intravedere
qualcosa dietro la visiera nera. “È lui?”
“Nossignora, non credo. Questo qui non cià l’energia del signor Pickens.”
Chiunque fosse, si fermò davanti ai gradini e si tolse il casco,
lasciando dritto sulla testa qualche ciuffo di capelli grigi, uguali
in tutto e per tutto al ciuffo ribelle del piccolo Lloyd. Sam si mise
il casco sotto il braccio e rimase lì in piedi a sorriderci. Se c’era
una prova che la mia preoccupazione sulle condizioni mentali di
Sam fosse fondata, ce l’avevamo proprio sotto il naso.
“Visto, Lillian?” sussurrai girandomi verso di lei, ma non me
ne sarebbe importato se Sam mi avesse sentita. “È questo che sto
dicendo! Se non fa una cosa assurda ne fa un’altra. E adesso se
ne va in giro come un pazzo su un trabiccolo a due ruote. Sam,”
alzai la voce e mi volsi verso di lui con le mani sui fianchi, “solo
l’idea di venire qui a disturbare la quiete pubblica e farmi venire
un infarto con tutto questo rombare e questi scoppiettii. Dimmi
un po’, cosa penseranno i vicini?”
Prima che potesse rispondere, intervenne Lillian: “Meglio che
non gli dà addosso, Miss Julia. Si sta divertendo come un matto”. Sorrideva a trentadue denti, come Sam. Aveva certamente
cambiato parere da quando, pochi istanti prima, si era aspettata
la fine del mondo.
“Parola mia, come un matto davvero. Lo rinchiuderanno in
manicomio se lo vedranno sopra quel coso. Alla sua età dovrebbe
sapere che non è il caso di andarsene in giro con un trabiccolo
del genere.” Incrociai le braccia sul petto e fulminai Sam con lo
sguardo mentre veniva verso di noi. Sorrideva con un misto di
orgoglio e di quello che avrebbe dovuto essere imbarazzo dopo
un’entrata in scena così poco dignitosa. “Vecchio rimbambito,”
borbottai.
“Salve, Julia, Lillian,” salutò Sam sorridendo ancora mentre
saliva i gradini per poi fermarsi accanto a me. “Ti piace il mio
nuovo giocattolo?”
Parola mia, non avevo mai saputo quanto l’odore, lo scricchiolio e l’aspetto della pelle possano stranire una persona poco
abituata ad abbigliamenti simili come lo sono io. Sam sembrava
due volte più grande – e non era un uomo minuto tanto per
cominciare – lì in piedi al mio fianco, che respirava forte per lo
sforzo di guidare una macchina che viveva di vita propria. Aspirai tutto quell’odore di pelle e fissai il tripudio di cerniere sul suo
giubbotto mentre si chinava su di me e mi chiedeva: “Be’, Julia,
che ne pensi?”.
Feci un passo indietro. “Penso che tu sia impazzito, Sam Murdoch.”
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“Adesso vieni in casa,” aggiunsi, “prima che mezza città ti
veda così conciato.” Aprii la porta e lo spinsi leggermente verso
l’entrata. Era la prima volta che mi ritrovavo sulla veranda senza
avere un mancamento alla vista del Centro Famiglie del pastore
Ledbetter che incombeva su di noi dall’altra parte della strada.
Ero troppo allibita dallo sbalorditivo spettacolo offerto da Sam
per prestare la minima attenzione all’edificio. Non che la meritasse, perché era il tormento della mia esistenza.
“Non posso trattenermi, Julia,” fece lui entrando comunque.
“Sono solo passato per mostrarti la mia nuova Road King della
Harley-Davidson.”
“L’ho vista, ed è più di quanto volessi.” Gli feci cenno di accomodarsi sul mio divano della Duncan Phyfe, ora ricoperto di
allegro cinz giallo al posto del velluto marrone rossiccio che il mio
defunto marito, Wesley Lloyd Springer, aveva ritenuto adatto al
nostro salotto. Mi sedetti sulla poltrona in stile vittoriano di fronte
a Sam e lo scrutai attentamente. “Ma cosa ti è preso, Sam? Salire
su quell’aggeggio potenzialmente mortale parcheggiato là fuori?”
“Oh, è solo una di quelle cose che desideravo fare da sempre,”
rispose appoggiandosi allo schienale e mettendosi comodo. “E
ho deciso che se non ne faccio qualcuna presto, non le farò mai.
Non stiamo certo ringiovanendo, Julia. Devo farle finché posso.”
“Be’,” dissi fulminando con un’occhiata Lillian, in piedi sotto
l’arco che immetteva nella sala da pranzo e ancora intenta ad
ammirare il completo in pelle di Sam, “oggi è la seconda volta
che qualcuno mi ricorda la mia età, e ti sarei grata se tu non la
menzionassi più.”
Sam scoppiò a ridere. “È questo il punto, Julia. Siamo entrambi attivi e in buona salute, ci interessiamo di quel che succede nel
mondo. Ma se ci fermiamo e ci adagiamo sul passato invecchieremo in fretta. Quindi ho deciso di provare qualcosa di diverso
e divertente, per una volta.” Diede qualche colpetto al casco che
teneva in grembo e sorrise con aria sognante. “Mi sono sempre
chiesto come sarebbe stato prendere una Harley, partire e correre
con il vento, libero come l’aria.”
“Perbacco, libero come l’aria.” Scossi la testa di fronte a un’idea così irresponsabile. “Sei un uomo adulto, rispettato e ammirato da tutti coloro che ti conoscono e da molti che non ti conoscono. E così, tutt’a un tratto, decidere di divertirsi… perbacco, Sam,
non è la cosa più importante nella vita, come ben sai. Perché mai
ti è venuta l’idea di tornare indietro nel tempo e trasformarti in
un fanatico di Harley-Davidson o il cielo sa cosa?”
“Molta gente va in motocicletta, Julia, e non sono tutti fanatici
o niente di lontanamente simile. Mi iscriverò a un club di motociclisti di cui fanno parte molti professionisti, che semplicemente
si divertono ad andare in moto e a godersi i grandi spazi aperti.”
Probabilmente la mia espressione scettica lo stimolò, perché
proseguì. “E fanno anche un sacco di bene. Organizzano corse di
beneficenza, per esempio, raccogliendo denaro per molte buone
cause, come l’ospedale pediatrico St Jude e l’acquisto di giocattoli
per i bambini poveri a Natale. Saresti sorpresa se sapessi quante
cose fanno.”
“Forse lo sarei, visto che sul giornale ho letto degli articoli su
quei cosiddetti raduni di motociclisti. Sai di cosa sto parlando,
vero, Lillian?”
Mi girai verso di lei per avere una conferma, ma Lillian si
limitò ad alzare le spalle e a dire: “Devo andare a controllare i
fagiolini”, per poi avviarsi verso la cucina.
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“Senti, Sam,” continuai, sapendo che aveva bisogno di sentirsele cantare chiare per tornare in carreggiata. “Non è il genere
di cosa di cui dovresti far parte, a prescindere da quante buone
cause quella gente aiuti. Facevano quei raduni tipo Woodstock
vicino ad Asheville, fino a quando le autorità li hanno vietati.
Migliaia di motociclisti da tutti gli Stati Uniti si radunavano in
un campeggio e distruggevano tutto. L’ho visto al telegiornale,
quindi so di cosa sto parlando. Hanno creato un terribile caos in
città, con tutta quella musica a volume altissimo e drappelli di
motociclette che ruggivano ovunque per strada bloccando il traffico e, riesci a crederci?, facendo baldoria con pagliacciate come
fare il wrestling nell’insalata di cavolo o gare di magliette bagnate
e altre cose disdicevoli che non ho intenzione di menzionare,
come le gare a chi aveva la pancia più grossa. È volgare, Sam, e
non dovresti frequentare elementi simili. Come dico al piccolo
Lloyd, si è giudicati in base alle compagnie che si frequentano.
Credo che dovresti restituire quell’aggeggio e farti ridare i soldi.”
Sam scoppiò a ridere di nuovo, o forse non aveva mai smesso
di farlo. “Non ho intenzione di andare a uno di quei raduni, Julia.
Mettiti il cuore in pace. Il club di cui farò parte io esce in moto
quasi solo nel fine settimana in gruppi di circa dieci persone. Andremo sulla Parkway, o magari rimarremo sull’interstatale, evitando le zone abitate. Inoltre, questo è il periodo migliore dell’anno
per andare in moto: le foglie stanno cambiando colore, il tempo è
stupendo e fresco al punto giusto. Credi a me, sarà meraviglioso
vedere le pendici delle montagne con tutti quei colori, poi fermarsi
per un bel barbecue o un picnic. Ti piacerà, te lo prometto.”
“E io ti prometto che non mi piacerà affatto, perché non ho
alcuna intenzione di salire su quel coso.” Se si aspettava che
io partecipassi a un’attività così indecorosa, questo dimostrava
quanto lontano fosse dalla normalità il suo stato mentale.
“Ma come? Sono venuto per questo, Julia. Voglio portarti a fare
una corsa. Un momento, aspetta,” aggiunse mentre io mi irrigidivo
sulla sedia. “Faremo solo un giro dell’isolato, così ti abitui.”
“Sì, e mi farai cadere quando proverai a fermarti. No, Sam,
non farò nessun giro su due ruote, a prescindere da chi cerca di
pilotarle. Inoltre non c’è spazio per far sedere nessun altro, e se
pensi che io mi sieda in grembo a te faresti meglio a togliertelo
dalla testa.”
“Come idea non è male, ma c’è un sedile per il passeggero sul
retro, completo di braccioli e tutto. Sarà come startene a sedere
sulla tua poltrona, e ti ho anche comprato un casco.”
Mi limitai a guardarlo, mentre mi immaginavo a cavalcioni
di quel mostro con la gonna del mio abito stretto in vita tutta sollevata e svolazzante a causa del vento, aggrappata a Sam
come se ne andasse della mia vita. “Non dovevi sprecare i soldi
in attrezzature per me, visto che non riuscirai a farmi salire su
quell’aggeggio neanche morta.
“Solo l’idea!” continuai, perché la sua certezza che avrei fatto
i salti di gioia al pensiero di aggrapparmi a tutta quella pelle
per correre come il vento verso il cielo sa dove su un rumoroso
macchinario aperto con il motore truccato mi sembrava il colmo
della follia. “Come tu abbia potuto pensare che fossi interessata a
un’attività così poco dignitosa va al di là della mia comprensione,
Sam Murdoch. È indegna di me e, se vuoi sapere la verità, è indegna anche di te. No,” ripetei scuotendo la testa, “puoi scordartelo.
Non ho intenzione di issare il mio… di issarmi su quell’aggeggio.”
“Be’, io non mi do per vinto, Julia,” rispose Sam alzandosi
in piedi con tutti quegli strati di pelle che scricchiolavano a ogni
movimento. “Ammetto di dover fare ancora un po’ di pratica,
ma mi serve una compagna in sella. Tutti gli altri motociclisti del
club portano con loro mogli e fidanzate. Non vorrai che sia l’unico senza un bella donna appollaiata dietro di me con le braccia
intorno alla mia vita, vero?”
Alzai gli occhi al cielo, perché non mi sembrava il caso di
rispondere alla domanda. Non me ne importava niente se non
avrebbe mai avuto una donna aggrappata a lui, a prescindere
dall’aspetto che potesse avere. Be’, avrei dovuto riflettere meglio
sulla faccenda quando avessi avuto il tempo di prestarvi la dovuta
attenzione.
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“Senti,” riprese Sam volgendo lo sguardo verso la cucina.
“Devo parlare un attimo con Lillian. C’è una questione legale
che la preoccupa.”
“Diamine, ma cosa?” chiesi, subito inquieta perché non sapevo che Lillian avesse problemi legali. “È nei guai? Si tratta della
sua famiglia? Cosa sta succedendo, Sam, e perché a me non ne
ha parlato?”
“Non lo so, Julia,” rispose avviandosi per uscire dalla stanza. “Ma adesso lei vuole parlarmi in privato. Inoltre,” aggiunse
girandosi per rivolgermi un sorrisetto scaltro, “forse verrà lei in
motocicletta con me se tu ti rifiuti.”
Feci per seguirlo quando spinse la porta a vento della cucina
ma mi fermai, bloccata dal desiderio di privacy espresso da Lillian. Ero quello a preoccuparmi. Pensavo non ci fossero segreti
tra noi. Perlomeno, lei conosceva tutti i miei.
Ma cosa ne sapevo io dei suoi? Pochissimo, a dire la verità.
Oh, sapevo che suo nipote era stato arrestato qualche volta ed
era in prigione per furto. E sapevo che entrambe le figlie avevano
avuto figli fuori del matrimonio, poi le avevano lasciato le nipotine da crescere mentre loro salivano a nord in cerca di lavoro. E
sapevo che Lillian aveva avuto almeno due mariti, nessuno dei
quali era rimasto a lungo nella sua vita. Da quel che avevo capito, uno se n’era andato molti anni prima senza dirle una parola,
mentre l’altro l’aveva cacciato fuori di casa lei. E, pensate un po’,
quello che aveva sbattuto fuori era il marito di cui parlava spesso
e che ancora le mancava.
Sapevo anche che Lillian aveva una grande fede ed era una
donna forte. Aveva vissuto quasi sempre da sola e cresciuto due
figlie e due nipotine praticamente senza un briciolo di aiuto da
nessuno, e senza mai lamentarsi. Inoltre sapevo che dovevo ringraziarla per avermi mantenuta sulla retta via tutte le volte che
davo in escandescenze. E sapevo che la rispettavo e l’ammiravo
per il suo senso di giustizia e la sua onestà, anche se di tanto in
tanto avrei voluto che tenesse le proprie opinioni per sé e mi
lasciasse fare ciò che volevo.
Ma di problemi legali non sapevo assolutamente nulla. Ancora più preoccupante era il fatto che ne volesse parlare con Sam.
Perché? Sam era in pensione da qualche anno, quindi non poteva fornirle alcun aiuto ufficiale. E se la sua recente passione per
motociclette, fiori e poesie costituiva un indizio di come funzionava – o non funzionava – il suo cervello, avrebbe perfino potuto
darle un consiglio sbagliato. E Lillian l’avrebbe seguito perché
stravedeva per lui.
Il fatto che non si fosse confidata con me avrebbe potuto ferire
i miei sentimenti se ci avessi rimuginato troppo. La cosa da fare,
decisi, era scoprire cosa stesse succedendo che la preoccupava al
punto da rivolgersi a un avvocato il quale, come le avevo detto
senza tanti giri di parole, era diventato più che un po’ tocco. E
senza dire una parola a me.
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