27 novembre - Il Parnaso delle Muse
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27 novembre - Il Parnaso delle Muse
27 novembre Omaggio a due …..titani Stasera vi invitiamo a cogliere le singolari analogie esistenti tra due titani: l’uno dell’arte musicale, Beethoven vissuto tra il 1770 ed il 1827 e l’altro dell’arte letteraria, Alessandro Caroli, nostro contemporaneo e concittadino grazie a cui Martina non è più conosciuta solo come città degli asini ma come perla della cultura della terra jonica. Ebbene l’uno si è espresso in un modo personalissimo in musica , non cercò mai toni raffinati ed eleganti ma dette vita a sinfonie dal timbro distinguibile e dai toni accesi e l’altro continua ad esprimersi in un modo altrettanto personale , in poesia e con romanzi premiati in vari concorsi internazionali poiché costituiscono un autentico inno all’esistenza. Ciò dunque accomuna tali titani che essendo molto incisivi nel loro modo di esprimersi in futuro non avranno mai posteri ma sempre “contemporanei”. Infatti noi, a distanza d’un secolo, viviamo il dramma della sinfonia di Beethoven come se assistessimo ad una tempesta. Ma la stessa cosa avviene quando restiamo avvinti dalla lettura dei romanzi di Caroli , dai suoi toccanti ricordi d’infanzia e dalle sue poesie che costituiscono un puro modello d’espressività musicale e sono titaniche per forte contenuto filosofico , psicologico e teologico . Esse sono universali poiché comunicano con accenti sonori tutte le gamme delle nostre sensazioni, dall’angoscia alla tenerezza, dall’ebbrezza orgiastica alla serena contemplazione ed all’incanto di fronte alla perfezione della natura e riesce a trattare con naturalezza anche formidabili problemi che fanno parte della natura umana ma sono ancora ritenuti tabù . Per questo entrambi sanno delineare ed esprimere il dramma stesso insito nella vita. Beethoven componeva musica come se scrivesse poesie e Caroli quando si esprime in poesia sembra che componga musica. Le loro anime hanno con forte dignità etica conquistato la propria dignità, hanno conosciuto il dramma dell’ingratitudine umana ma hanno saputo drizzarsi in tutta la loro grandezza riuscendo a contrastare i disegni del destino. Hanno saputo sublimare ogni sofferenza , ogni più cocente nostalgia ed i più bei sogni infranti, pur d’adempiere alla propria missione creativa. Hanno conosciuto il ribelle slancio verso l’alto, l’inflessibile fierezza, l’incredibile volontà di perfezione e sono divenuti così esperti del segreto del mondo da riuscire a tradurlo l’uno in musica pura, stupenda ed immortale e l’altro con una parola forte, saggia, ma anche suadente che trae linfa vitale da una vasta cultura ben sedimentata ma entrambi sanno parlare al nostro cuore di gioia, dolore e soprattutto di ammirazione per la natura. Infine entrambi sono dei “nobili”, meritano il titolo di principi nel campo di quella nobiltà che proviene dalla cultura : la loro nobiltà ha una forza titanica che li renderà immortali perché contemporanei d’ogni nuova generazione .Saranno molti i giovani che conoscendo le loro opere continueranno ad innamorarsi di una musica e di una letteratura nate da due grandi cuori innamorati entrambi della propria città , della natura e della vita. Ebbene Alessandro Caroli ha scritto recentemente la lirica “La Primavera” dopo aver ascoltato la sonata in fa maggiore di Ludvig van Beethoven. Stasera potrete ascoltarla nella magistrale esecuzione del violinista Angelo Ciura e del pianista Angelo Fella nel secondo tempo del nostro programma. Ed ora vi leggo il testo scritto da Alessandro caroli La PRIMAVERA O incantevole e dolce primavera\ la natura tu svegli dal torpore invernale \ con trilli di uccelli e garrule rondini ,.\ Tu l’adorni con fiori e germogli e ne cingi a mò’ di corona\ il tuo capo leggiadro, avvolgendo di ghirlande festose le tue membra di fattura divina.\ E spargi di rose e giacinti che gli umani invitano al rito d’amore.\ A volte, scrosci di pioggia e brontolii di tuoni\ tu mandi qual segno che noi tutti, rinnovarci dobbiamo, lasciando le scorie sotto il manto di neve di una morta stagione. Tu ci mostri una vita novella colma di speme, di sogni e aneliti che attendono il tempo del loro avverarsi. \ I ruscelli, dal gelo fermati, tu scorrere fai in canti d’amore. Alle acque lacustri tu moto ridai. \ Delle selve le fronde tu fai vibrare di una linfa vitale che infonde gioia, delizia e vigore. Il respiro dell’aria, salute ci dona. \ I teneri virgulti, che frutti daranno, splendono di rosei e bianchi boccioli a guisa di gemme preziose.\ E’ un tripudio di colori cangianti che invitano gli esseri umani al ricambio dei tristi pensieri. Tu sei la più bella donzella che soltanto nei sogni è dato d’amare.\ In te gli occhi io miro\ e goderti vorrei per tutta la vita.\ Più che un putto che intorno ti danza a guisa di un paggio sorregger vorrei i diafani veli che celano invano le tue sembianze, simili a quelle della dea più bella che Paride scelse nella divina contesa del greco mito. \ E tu che sei, al par di Venere, la dea feconda dell’alma natura, in me vedrai il bel figlio di Priamo cui furon concesse d’Afrodite le grazie. \ Così il cor mio implora di starti sempre vicino. Ma , lesta, la mia mano tu prendi e a me tu mostri il lungo cammino che compiere ancora tu mi comandi. Poi con voce suadente mi dici: io solo rose e germogli donarti potrò qual segno dell’amore che nutro per te, ma tu hai una meta a cui arrivare. Al par delle messi che l’estate indora, della tua vita la seconda stagione il tuo pensiero maturo farà. E come l’autunno, all’ombra dei pampini, i tralci dell’uva fecondi li rende per essere colti da mani desiose di vita e vigore novello, così il penultimo ciclo della tua vita, ombra darà alla tua saggezza, per dare sollievo a tutti coloro che stanchi sono del proprio errare. E anche per te l’inverno verrà! Ma con l’ultima stagione è solo una tregua per la stanca natura che riprender deve una forza novella che io, provvida, son pronta a donare, così un riposo darai alle consunte tue forze per poi svegliarti in un’altra primavera, ancor più bella di quella che chiami la tua donzella, vestita com’è di luci, di fiori e di bacche che nel tuo breve cammino terreno giammai ammirar ti fu dato. E se per alcuni quel mondo di là arduo è pensarlo\ ascolta un trepido consiglio: tu sai che degli umani la vita sempre è stata una perenne finzione. E io ti chiedo, perché non vivere la più bella finzione che l’umano pensiero giammai ha creato ? le ansie e i dubbi, che continuo tormento gli han dato, \ alfine placarsi vedrà: in pace egli sempre sarà prima con sé stesso e poi con tutta l’umanità. Ed ora ascolterete la sonata nella splendida esecuzione che vi verrà offerta dal violinista Angelo Ciura e del pianista Angelo Fella . Essa evocherà nel primo tempo l’arrivo radioso della primavera attraverso un tema melodico che si alternerà tra violino e pianoforte con variazioni che rifletteranno la stessa variabilità dei fenomeni atmosferici cui è legata la prima stagione dell’anno. Terminerà con un accordo forte dopo una scala cromatica ascendente per congedarsi e lasciar entrare l’estate. Ma la Primavera non rappresenta solo il risveglio della natura ma fa sbocciare anche il più bel sentimento che l’uomo nutre:l’amore. Avrà inizio così il secondo tempo con una melodia struggente che coinvolgerà il cuore con tutte le variegate espressioni dei sentimenti. Seguirà un breve brano ritmico necessario per introdurre l’ultimo Tempo che ha il compito di dimostrare che l’amore deve essere operante attraverso i sensi per la continuità della specie umana, in ottemperanza alle leggi volute dal Creatore . ,