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Il nuovo volto del Quirinale
restituito varie strutture abitative,
la cui datazione oscilla tra la fine
di Louis Godart
del I secolo a.C. e la piena età
imperiale (III secolo d.C.).
L’attenzione di Carlo Azeglio
Nell’estate del 2004 un secondo
Ciampi al mondo della cultura
scavo è stato condotto nel settore
è stata una delle costanti del suo
dei giardini che si trova tra il
settennato. Del resto, da fedele
palazzo stesso e la cosiddetta
interprete della Costituzione
“Porta giardini”.
repubblicana, ama citare l’art. 9
Lo scavo ha restituito un vasto
“La Repubblica promuove lo
complesso di abitazioni risalenti
sviluppo della cultura e della
a un periodo compreso tra il I
ricerca scientifica e tecnica.
secolo a.C. e l’VIII secolo d.C.
Tutela il paesaggio e il patrimonio
A questo complesso è associato
storico e artistico della Nazione”,
uno stabilimento termale di
per aggiungere che “un tale
notevoli proporzioni, che non
articolo non è presente in altre
si è potuto indagare.
Costituzioni”.
Negli strati inferiori sono state
Questa attenzione si è rivolta in
scoperte tre tombe a incinerazione,
modo particolare al patrimonio
databili tra la metà del III e l’inizio
della dotazione presidenziale;
grazie al costante incoraggiamento del II secolo a.C.
del Presidente, chi ha avuto l’onore Il ritrovamento di una statua
femminile seduta, coperta da
di dirigere l’Ufficio per la
un mantello e la testa cinta
Conservazione del Patrimonio
da un diadema, è stato certamente
Artistico della Presidenza della
Repubblica ha potuto intraprendere l’evento che ha marcato questa
e portare a termine tutte le indagini ricerca nei giardini.
Uno studio preliminare di questo
che potevano arricchire la
pregevole reperto ha permesso di
conoscenza del Palazzo del
ipotizzare che si tratti di una statua
Quirinale e della tenuta di Castel
di Giunone che, forse, faceva parte
Porziano.
di un gruppo scultoreo raffigurante
la triade capitolina, la quale vedeva
Il vasto complesso architettonico
associati Giove, alla sua destra
del Palazzo del Quirinale ha quasi
Minerva e alla sua sinistra
mezzo millennio di vita: è quindi
Giunone.
inevitabile che, in seguito a lavori
di manutenzione, emergano spesso
strutture antiche o tornino alla luce L’acqua e la luce
capolavori del passato di cui
I papi scelsero il Colle come luogo
si erano perse le tracce.
di residenza per l’amenità dei
È ovviamente nel palazzo stesso
che sono state effettuate le indagini giardini e delle vigne che ne
e realizzati i restauri più complessi coprivano buona parte della
superficie. Grandi lavori di
e importanti.
ingegneria idraulica portarono
l’acqua nei giardini a partire
Gli scavi nei giardini
dal 1592 sotto il pontificato di
Nel 1998-1999, gli scavi intrapresi Clemente VIII Aldobrandini.
Grandiose fontane furono costruite
per procedere alla posa d’impianti
di cui l’unica superstite è la
tecnologici nei giardini hanno
Introduzione
Sopra
Statua femminile panneggiata rinvenuta
nel corso degli scavi del 2004 nei giardini
del Quirinale, marmo bianco, II secolo d.C.
Fontana dell’Organo.
Nell’Ottocento, l’aspetto del
giardino subì radicali mutamenti:
le siepi di bosso e di alloro, che fino
ad allora avevano rigidamente
scandito le sue geometrie, furono in
parte eliminate e sostituite da vaste
porzioni di prato con piante sparse.
L’intento era quello di conferire
all’insieme un’impressione di
maggiore spontaneità e libertà,
secondo un indirizzo botanico
che ebbe nell’appassionato
e competente Gregorio XVI
Cappellari (1831-1846) un grande
sostenitore e un efficace interprete.
Dopo aver portato a termine, nel
2002, la complessa operazione
d’illuminazione della facciata
restaurata del palazzo, è stato
affrontato, nel 2003, il problema
dell’illuminazione dei giardini.
Così la domenica 1 giugno 2003,
in occasione del ricevimento per
la Festa della Repubblica, gli ospiti
del Capo dello Stato hanno potuto,
per la prima volta, ammirare la
nuova illuminazione, a conclusione
di un ciclo di lavori che consentono
ai cittadini d’Italia e del mondo di
ammirare nella loro pienezza gli
splendori del complesso del
Quirinale.
Oramai, ogni volta che le esigenze
protocollari della vita del palazzo
lo richiedono, al calare della notte,
la luce che si riflette nei rami degli
alberi sottolinea la geometria delle
siepi e proietta gli alti fusti verso
il cielo, dando una vita nuova
all’antico giardino che tanto aveva
affascinato i pontefici di una Roma
illuminata dagli ultimi fuochi del
Rinascimento.
La Fontana dell’Organo
Il restauro della Fontana
dell’Organo, unico monumento
della fine del Cinquecento rimasto
Il nuovo volto del Quirinale
nei giardini, consente ora
l’organizzazione di concerti.
laterali. Il risultato è sotto i nostri
occhi: il colore travertino ha
restituito alla facciata la sua
Il restauro della facciata del
antica e sobria bellezza.
Palazzo e della Manica Lunga
Al termine dei restauri della
facciata disegnata da Domenico
Il complesso del Quirinale è
Fontana alla fine del Cinquecento
il risultato di una plurisecolare
e dell’ala del palazzo edificata da
vicenda di costruzioni, aggiunte,
Maderno nel 1613 sulla via del
modificazioni che hanno
Quirinale, occorreva affrontare
attraversato epoche, gusti ed
il restauro e il ripristino del colore
esigenze di funzionalità variate.
degli edifici della Manica Lunga,
Nel 1995, in occasione dell’inizio
realizzati da Urbano VIII e
dei lavori di restauro del fronte
destinati all’alloggio delle guardie
verso il giardino dell’ala di Paolo V, svizzere intorno al 1638, e
l’allora responsabile del Servizio
completati da Ferdinando Fuga
per la Conservazione del
nella prima metà del Settecento.
Patrimonio Artistico, Angiola Maria Lo stesso Fuga progettò l’ultimo
Romanini, volle impostare le scelte degli edifici della Manica Lunga,
di restauro del colore degli intonaci la Palazzina destinata al Segretario
secondo un criterio storicodelle Cifre, che in seguito verrà
filologico. Grazie a una proficua
utilizzata come alloggio prima dai
collaborazione con l’Istituto
regnanti e poi dai Presidenti della
Centrale per il Restauro – nella
Repubblica.
persona dell’allora direttore
Per gli edifici della Manica Lunga
Michele Cordaro – furono effettuati e della palazzina del Fuga abbiamo
sondaggi che rivelarono in tratti
scelto il colore travertino, in base
più o meno estesi il paramento
alle indicazioni e agli insegnamenti
originale di gran parte delle diverse emersi in occasione dei lavori della
ali che tra il Cinquecento e il
facciata del palazzo.
Seicento diedero vita al palazzo
Che questa scelta fosse proprio
odierno. Le indagini stratigrafiche
quella che rispecchiava l’intento
condotte dall’I.C.R. nel Cortile
di Mascarino e dei tre grandi
d’Onore confermarono
architetti che dopo di lui hanno
definitivamente come il progetto
edificato il palazzo, appare oggi
architettonico originario mirasse
evidente grazie allo spettacolare
alla simulazione di un palazzo
ritrovamento, nel novembre 2005,
scolpito nella pietra, progetto
nella Sala dei Parati Piemontesi,
anche ripreso, con tecniche di
di un affresco rappresentante il
cantieri differenti, per le altre
Quirinale e recante la data 1610.
tre ali del cortile. L’eccezionalità
Sul dipinto appaiono, ambedue
del ritrovamento degli intonaci
di colore bianco travertino, sia
originari indusse la Romanini a
la palazzina gregoriana disegnata
impostare non un mero lavoro
da Mascarino, sia l’ala orientale
di tinteggiatura, ma il recupero
del palazzo voluta da Paolo V
della configurazione precedente
Borghese e realizzata da Flaminio
dell’architettura, riportando in
Ponzio.
vista le superfici antiche della
I lavori di restauro dell’insieme
facciata del Mascarino e del
dei fabbricati sono terminati
cornicione dipinto delle tre ali
nel 2004.
Lo scalone d’onore
Durante alcuni lavori di restauro
dello Scalone d’Onore, realizzato
da Flaminio Ponzio, sono emerse,
in un ambiente situato al termine
della rampa settentrionale, parti
della decorazione della volta.
Su una lunetta è rappresentato,
su un fondo giallo oro, un puttino
tra due volatili, un airone e un
cigno, immersi in un paesaggio
esotico, evocato dalle ampie foglie
di una pianta tropicale, forse una
palma o un banano.
La ricerca condotta presso
l’Archivio storico del Quirinale
ha permesso di datare il dipinto al
1879 e di attribuirne la paternità
al Brugnoli, un artista che ha
trattato lo stesso tema iconografico
in un bozzetto conservato nella
sede della Galleria Comunale
d’Arte Moderna di Roma.
La Galleria di Alessandro VII
I tre saloni (Sala Gialla, Sala di
Augusto, Sala degli Ambasciatori)
dell’ala del palazzo prospiciente la
piazza del Quirinale costituivano
una grandiosa galleria, edificata
intorno al 1588, nel corso dei
lavori promossi da papa Sisto V
Peretti.
Nel 1655 papa Alessandro VII
Chigi decise di far decorare le
pareti della galleria con un lungo
fregio ad affresco e affidò la
direzione dell’impresa al
sessantenne e oramai celebre
Pietro da Cortona (1596-1669).
Il maestro si occupò della
progettazione della decorazione
e del reclutamento dei pittori, ma
sembra che non sia intervenuto
direttamente nell’esecuzione
degli affreschi.
Nel 1811-1812, in occasione
di lavori richiesti da Napoleone
Sopra
Particolare della volta della Fontana
dell’Organo.
Il nuovo volto del Quirinale
Sopra
Annibale Brugnoli e Davide Natali, Scena
con putti danzanti e musicanti, peduccio,
Scalone d’Onore, parete nord.
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Galleria di Alessandro VII (tratto costituente
la Sala di Augusto) dopo il restauro.
e affidati all’architetto Raffaele
Stern, la galleria, di cui furono
murate le finestre che davano sul
Cortile d’Onore e coperte le pareti
con, come scrive Alessandra
Ghidoli, uno “scialbo incoerente”
e una carta fodera, fu suddivisa
nei tre grandi saloni appena citati.
L’imperatore intendeva destinare
questi ambienti alla famiglia
imperiale.
Tutti i critici concordavano nel
ritenere che in occasione di questi
lavori la maggior parte della
decorazione realizzata dai
collaboratori di Pietro da Cortona
fosse stata irrimediabilmente
distrutta.
Della decorazione secentesca delle
pareti restavano solo gli ovali, i
riquadri e i due grandi affreschi
che ornavano le pareti brevi,
firmati rispettivamente da Maratta
e Mola, mentre le pitture di
raccordo erano state sostituite
a metà Ottocento da modesti
monocromi. Negli ovali e nei
riquadri rettangolari sono
raffigurate scene bibliche realizzate
da una squadra di pittori diretti
da Pietro da Cortona e composta
da artisti di cultura e di formazione
diverse. Tra essi era preponderante
la presenza di discepoli del maestro
quali Ciro Ferri, Lazzaro Baldi,
Carlo Cesi, oppure stranieri come
Dughet e Schor o ancora
Borgognone.
La descrizione più completa della
decorazione a monocromo, che
decorava le pareti sotto le storie
bibliche, ci viene dal Titi, che in
un lavoro del 1686 ne parla
diffusamente: “Le figure e altri
ornamenti di chiaro scuro che
tramezzano l’Istorie suddette
furono condotte dai pennelli del
Chiari, da Canini, da Cesi, d’Egidio
a altri; e li paesi e prospettive con
colonne e verdure sono lavori di
Giovan Francesco Grimaldi
Bolognese e Giovan Paolo
Tedesco”. G.B. Mola, in un
documento del 1663, cita, oltre
Grimaldi, Lazzaro Baldi e altri
pittori, aggiungendo che tutti
lavoravano sotto la direzione
di Pietro da Cortona.
Norbert Wibiral pubblicò nel
1960 i documenti contabili del
pontificato di Alessandro VII
relativi alla decorazione della
galleria e redatti all’indomani
della sua realizzazione. Gli
elementi di queste due descrizioni
corrispondono esattamente a
quanto affermato dal Titi nel suo
lavoro del 1686. È del resto quanto
appare da due disegni che furono
ritrovati da Sabine Jacob e dallo
stesso Wibiral. Il primo è
conservato nella Christ Church
Library di Oxford (inv. 0973)
ed è attribuito a Pietro da Cortona.
Il disegno raffigura un segmento
della galleria che lascia intravedere
due finestre sormontate da un
pannello rettangolare retto da due
“ignudi” accovacciati e da un
pannello circolare retto da “putti”
e decorato con ghirlande. Questi
pannelli si alternano con colonne
doriche in mezzo alle quali si
possono scorgere, come descrive
bene Titi, paesaggi e prospettive
con verzure.
Il secondo disegno, conservato al
Kunstmuseum di Düsseldorf (F. P.
8070), rappresenta uno stadio più
avanzato del progetto di
decorazione. Vi si può individuare
la stessa distribuzione degli
elementi decorativi ma i pannelli
circolari sono sostituiti con pannelli
ovali che sono quelli che si possono
ammirare ancora oggi.
Nel maggio del 2001, in occasione
del previsto rifacimento per messa
a norma degli impianti elettrici
nella Sala degli Ambasciatori, gli
storici dell’arte dell’Ufficio per
la Conservazione del Patrimonio
Artistico chiesero di poter far
eseguire alcuni saggi per
individuare, sotto il vecchio parato,
l’eventuale presenza della
decorazione secentesca.
Grande fu l’emozione nel
constatare che le pitture erano
mirabilmente conservate sotto
gli strati dell’Ottocento e che era
possibile riportare alla luce le opere
realizzate dai maestri della fine
del Seicento.
Nel maggio del 2002 abbiamo
completato il restauro degli
affreschi della parete della Sala
degli Ambasciatori prospiciente
la piazza del Quirinale.
Una volta recuperate le pitture
della parete occidentale della
Sala degli Ambasciatori, decisi
di affrontare il recupero della
Sala di Augusto per verificare la
presenza di affreschi sopravvissuti
alle ingiurie del tempo e degli
uomini.
I primi sondaggi evidenziarono
l’ottimo stato di conservazione
di affreschi secenteschi sia sulla
parete occidentale che su quella
orientale della sala.
Di fronte alla qualità delle pitture
riscoperte, decisi di riaprire le
finestre chiuse da Stern per
restituire quel segmento della
galleria al suo antico splendore.
Il risultato finale è sotto gli occhi
di tutti: le pitture sono tornate
alla luce, eccezionalmente ben
conservate; inoltre, riaprendo
le finestre che danno sul Cortile
d’Onore, è stato possibile
rinvenire il pavimento del 1656
insieme a due iscrizioni A IVI –
POM (Alexander VII – Pontifex
Optimus Maximus), nonché due
splendide persiane con lo stemma
di Clemente XIII Rezzonico
(1758-1769).
Il nuovo volto del Quirinale
Oggi la luce che penetra dalle
grandi finestre che danno sia sul
Cortile d’Onore, sia sulla piazza,
illumina le pitture del salone e
permette di capire quanto l’aspetto
della luminosità, cancellato dagli
interventi eseguiti nel periodo
napoleonico, fosse in realtà
essenziale alla fine del Seicento.
Lo studio degli affreschi recuperati
non è ancora iniziato. Occorrerà
verificare le affermazioni di Titi
e Mola e tentare di attribuire ad
ognuno dei vari artisti citati da
questi due autori, vale a dire a
Fabrizio Chiari, Giovanni Angelo
Canini, Carlo Cesi, Egidio Schor
per i monocromi, Giovan Francesco
Grimaldi Bolognese, Giovan Paolo
Schor e Lazzaro Baldi per le
colonne e i paesaggi di verzure,
i capolavori tornati alla luce.
La Sala Regia o Salone dei
Corazzieri
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Pittore ignoto, Cartouche con la Fontana
dell’Acqua Paola, affresco, 1616.
Salone dei Corazzieri, particolare della
parete sud.
Nei primi anni del Seicento,
papa Paolo V Borghese diede
all’architetto Carlo Maderno
l’incarico di ristrutturare l’ala
sud del palazzo. Nell’ambito di
questi lavori che prevedevano la
costruzione della Cappella Paolina
e degli appartamenti papali, fu
realizzata la Sala Regia, oggi
conosciuta come Salone dei
Corazzieri.
La Sala Regia era destinata
principalmente agli incontri
ufficiali del pontefice con le
delegazioni diplomatiche
straniere in visita alla Santa Sede.
Dopo l’austera parentesi della
Controriforma, il papato capiva
di essere riuscito ad arginare il
Protestantesimo. La vittoria in
Francia del partito cattolico, in
Europa centrale la recessione
della Chiesa riformista, il Giubileo
trionfale del 1600, l’apertura di
relazioni con il Giappone
dimostravano che la crisi provocata
dalla Riforma era oramai superata.
La decorazione della Sala Regia
celebra quindi l’universalità della
Chiesa guidata da Paolo V.
Il soffitto in legno intagliato e
dorato su campo azzurro è decorato
con rosoni, aquile e draghi, animali
araldici dei Borghese; alle estremità
si possono ammirare due stemmi
di Paolo V. Oggi, al centro della
grande sala (468 metri quadrati),
lo stemma sabaudo sostituisce un
pezzo della decorazione originaria
che raffigurava lo Spirito Santo.
Il pavimento in marmi antichi
riproduce il disegno geometrico
del soffitto. Oltre all’inserimento
del grande stemma sabaudo, alla
fine dell’Ottocento fu dipinto, al
di sotto degli affreschi secenteschi,
un fregio con gli stemmi delle
città dello Stato Unitario.
Nel 1615 Lanfranco e Tassi,
contattati dal papa per affrescare
le pareti, avevano pensato di
dipingere integralmente i muri.
Il progetto, troppo costoso, fu
abbandonato per una soluzione
più semplice. Gli affreschi
avrebbero coperto la sola parte
superiore dei muri, mentre la parte
inferiore sarebbe stata decorata con
una tappezzeria in pelle, di colore
turchese, decorata con motivi
in oro e argento.
Il grande fregio dipinto nella parte
superiore della sala è stato eseguito
tra il 1616 e il 1617 sotto la
direzione dei maestri Agostino Tassi
(1580-1640), Giovanni Lanfranco
(1582-1647) e Carlo Saraceni
(1579-1620) con l’aiuto di alcuni
collaboratori. Il lavoro è sublime:
raffigurando i ritratti degli
ambasciatori stranieri venuti dal
Giappone, dalla Persia, dall’Africa
per rendere omaggio a Paolo V,
i pittori sono riusciti a celebrare
l’universalità della religione
romana, sottolineando che l’azione
missionaria della Chiesa si
estendeva oramai ai confini
del mondo.
Il fregio dorico che sembra
sostenere questo mirabile apparato
iconografico e in alcuni punti
oblitera parte dei dipinti, è assai
freddo e monotono paragonato
alle pitture di Tassi, Lanfranco
e Saraceni e non corrisponde certo
a quelle che furono le intenzioni
dei maestri del Seicento che
avevano, lo sappiamo, progettato
un fregio più piccolo ma molto
più vivace. Perché è scomparso
il fregio del Seicento?
Sappiamo che al momento
dell’occupazione napoleonica
del Quirinale, l’architetto
Raffaele Stern si preoccupò della
decorazione della Sala Regia che fu
ribattezzata Salone dei Marescialli.
Eliminò la tappezzeria oramai
logora, le iscrizioni pontificie che
ornavano gli architravi dei portali,
fece restaurare gli affreschi di
Lanfranco, Saraceni e Tassi e
modificò il fregio disegnato nel
Seicento, sostituendolo con un
cornicione a tempera più alto
e inserendo nella decorazione
nuova simboli militari ed
emblemi imperiali.
Nel 1814, dopo la disfatta
di Napoleone, Pio VII riprese
possesso del Quirinale e si adoperò
immediatamente per cancellare
gli emblemi imperiali voluti dai
Francesi. Il fregio commissionato
solo due anni prima fu modificato
in modo da coprire con una
superficie a finto marmo i simboli
degli odiati invasori raffigurati
nelle metope.
Nel 1980, un restauratore che
lavorava nel Salone dei Corazzieri,
Arnolfo Crucianelli, ebbe la felice
intuizione di fare un piccolo
Il nuovo volto del Quirinale
sondaggio sotto il fregio dorico,
nell’angolo destro della parete sud
del salone, vicino al monocromo
raffigurante la Cappella Paolina di
Santa Maria Maggiore. Riportò alla
luce una delle metope secentesche
a sfondo dorato nella quale erano
disegnati due scudi incrociati.
Altri sondaggi effettuati nel 1997
hanno permesso di stabilire che in
altri tre punti, sotto l’ingombrante
cornicione ottocentesco, l’originale
fregio del Seicento era sopravvissuto
alle offese degli uomini.
Per questo motivo, durante l’estate
del 2004, il Presidente Ciampi
e il Segretario Generale Gifuni
m’incoraggiarono ad avviare una
campagna sistematica di sondaggi
lungo l’intero perimetro del Salone
dei Corazzieri. I risultati furono
eloquenti: ovunque il fregio del
Seicento era mirabilmente
conservato e in alcuni punti
apparivano anche, sotto il fregio
dorico dell’Ottocento, tracce
della decorazione napoleonica.
Nell’autunno del 2005, a cura
della Soprintendenza, sono iniziati
i lavori di ripristino del fregio
secentesco di Tassi, Saraceni
e Lanfranco. Alla fine di marzo
2006 il maestoso fregio dei grandi
maestri che hanno dipinto le
ambascerie straniere venute
a rendere omaggio al papa è
tornato alla luce e la Sala Regia
voluta da Paolo V all’inizio del
suo pontificato ha ritrovato il
suo aspetto di quattrocento anni
orsono, quando la Città Eterna
riscopriva l’amore per la vita che
aveva ispirato e fatto sognare
l’Italia del Rinascimento.
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Campetto con la veduta del Palazzo del
Quirinale, affresco, 1610. Sala dei Parati
Piemontesi, particolare della parete ovest.
della volta realizzata da Rodolfo
Morgari nel 1888, è all’origine
della magnifica scoperta di un
fregio secentesco nella zona
superiore delle pareti.
Dal rapporto redatto da Raffaele
Stern nel settembre del 1811 per la
sistemazione del palazzo su ordine
di Napoleone, si rivela che nella
sala, inclusa nell’appartamento
di rappresentanza e adibita
ad ambiente di passaggio, è
menzionato un preesistente “fregio
dipinto a fresco” e un “cornicione
in stucco”, mentre volta e pareti
sono definite “prive di ornamenti”.
Peraltro, come già ricordato da
Giuliano Briganti nel 1962, un
documento del 1609 ricorda due
fregi ad affresco, il primo con
le “fabbriche”, putti e figure
allegoriche, il secondo con
le “Istorie di Abramo”.
Dovendo procedere al restauro
del soffitto ottocentesco, abbiamo
allestito un ponteggio e deciso di
staccare i parati per effettuare
una serie di saggi nella speranza
di trovare tracce dei dipinti del
Seicento. I risultati delle nostre
ricerche hanno oltrepassato
ogni nostra aspettativa.
Sono tornati alla luce sulle quattro
pareti della sala gli affreschi che
illustrano alcune delle grandi
realizzazioni architettoniche, le
cosiddette “fabbriche”, promosse
da Paolo V Borghese durante il suo
pontificato, di cui tratta appunto
il documento del 1609 citato
da Briganti.
Tra le “fabbriche” compaiono due
progetti particolarmente cari al
papa: l’ampliamento della basilica
di San Pietro e la costruzione della
La Sala dei Parati Piemontesi
sua cappella funeraria nella
basilica di Santa Maria Maggiore.
Nel mese di maggio 2005, un evento L’affresco della parete nord con il
del tutto casuale, l’improvviso
primo “quadro” mostra una veduta
distacco di un brano d’intonaco
a ‘volo d’uccello’ della Fortezza di
Ferrara che documenta la
trasformazione del sistema difensivo
realizzata dal pontefice per garantire
la sicurezza della popolazione.
Nella parete est appare la basilica
di San Pietro che il papa, appena
eletto al pontificato, decise
di completare.
Le straordinarie immagini che
mostrano sulla parete sud tre
differenti visuali della basilica
di Santa Maria Maggiore, offrono
a restauro compiuto, insieme alla
rappresentazione di San Pietro,
numerosi spunti di riflessione.
Completa il ciclo, sulla parete
ovest, l’ultimo rinvenimento: una
veduta del tutto inedita del palazzo
del Quirinale “color travertino”
mentre al centro sono rappresentati
i Granai pontifici costruiti da
Gregorio XIII e ampliati da Paolo
V inglobando l’“Aula Ottagona”
delle Terme di Diocleziano.
La veduta include il “Palazzo
alle Terme” di Sisto V e la “Porta
Quirinalis”. Si tratta di uno scorcio
della Roma Cinque e Secentesca
in gran parte scomparsa quando fu
costruita la ferrovia nell’Ottocento.
Altri ambienti del palazzo,
quali gli Appartamenti Imperiali
e il Torrino, sono stati restaurati
e il riordino dei loro arredi è
stato portato a termine; la
musealizzazione delle collezioni
di porcellane e argenti è stata
completata nelle tre grandiose sale
prospicienti il Cortile d’Onore che
costituiscono oggi la Vasella; il
pubblico può finalmente ammirare
nel Fabbricato Cipolla e nella exFalegnameria di Castel Porziano le
più prestigiose delle 104 carrozze
che facevano parte delle collezioni
sabaude; nello stesso Fabbricato
Cipolla sono stati restaurati gli
ambienti destinati ad accogliere i
finimenti e le livree; tra il 1999 e il
Il nuovo volto del Quirinale
Sopra
La seconda sala della Vasella vecchia del
Quirinale, dopo il restauro. In evidenza la
vetrina delle porcellane di Sèvres con il
Servizio verde del 1760-1766 ca.
2006, 79 arazzi, decine di
tappezzerie ad arazzo e 24 tappeti
di pregio sono stati restaurati dal
Centro Manutenzione e Restauro
Arazzi; a Castel Porziano il grande
mosaico rinvenuto nell’antico vicus
Augustanus è stato collocato
nell’ambito dei giardini e gli stessi
fabbricati del Castello, dalla
facciata monumentale del palazzo
a quella della chiesa parrocchiale,
alla torre con l’orologio sono stati
restaurati.
Infine un grande plastico che
riproduce l’intero complesso del
Quirinale è stato collocato in un
ambiente del Cortile d’Onore,
presso l’ingresso principale
che originariamente costituiva
l’androne di accesso al palazzo
da via del Quirinale.
Questi lavori hanno modificato
profondamente il volto del
Quirinale, evidenziandone la storia
secolare e rendendone l’approccio
più accessibile ai cittadini d’Italia
e del mondo.
Il Presidente Ciampi si è impegnato
per avvicinare la sede della
Presidenza della Repubblica
agli Italiani, augurando che tutti
considerino il Quirinale “come
loro casa”; ha incoraggiato la
realizzazione di pubblicazioni in
grado di consentire una sempre
più capillare diffusione dell’attività
culturale legata al “Colle”; ha
voluto che ognuno fosse orgoglioso
della maestosa e lineare bellezza di
un monumento testimone di tanti
avvenimenti della storia della
Cristianità e dell’Occidente.
Questi vari e ambiziosi obiettivi sono
stati raggiunti; oggi più che mai il
popolo italiano vede nel palazzo che
domina il più alto dei sette colli di
Roma lo scrigno che racchiude i
tesori di una storia millenaria e il
simbolo eretto a difesa dei nostri
principi repubblicani e democratici.