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Il nuovo volto del Quirinale restituito varie strutture abitative, la cui datazione oscilla tra la fine di Louis Godart del I secolo a.C. e la piena età imperiale (III secolo d.C.). L’attenzione di Carlo Azeglio Nell’estate del 2004 un secondo Ciampi al mondo della cultura scavo è stato condotto nel settore è stata una delle costanti del suo dei giardini che si trova tra il settennato. Del resto, da fedele palazzo stesso e la cosiddetta interprete della Costituzione “Porta giardini”. repubblicana, ama citare l’art. 9 Lo scavo ha restituito un vasto “La Repubblica promuove lo complesso di abitazioni risalenti sviluppo della cultura e della a un periodo compreso tra il I ricerca scientifica e tecnica. secolo a.C. e l’VIII secolo d.C. Tutela il paesaggio e il patrimonio A questo complesso è associato storico e artistico della Nazione”, uno stabilimento termale di per aggiungere che “un tale notevoli proporzioni, che non articolo non è presente in altre si è potuto indagare. Costituzioni”. Negli strati inferiori sono state Questa attenzione si è rivolta in scoperte tre tombe a incinerazione, modo particolare al patrimonio databili tra la metà del III e l’inizio della dotazione presidenziale; grazie al costante incoraggiamento del II secolo a.C. del Presidente, chi ha avuto l’onore Il ritrovamento di una statua femminile seduta, coperta da di dirigere l’Ufficio per la un mantello e la testa cinta Conservazione del Patrimonio da un diadema, è stato certamente Artistico della Presidenza della Repubblica ha potuto intraprendere l’evento che ha marcato questa e portare a termine tutte le indagini ricerca nei giardini. Uno studio preliminare di questo che potevano arricchire la pregevole reperto ha permesso di conoscenza del Palazzo del ipotizzare che si tratti di una statua Quirinale e della tenuta di Castel di Giunone che, forse, faceva parte Porziano. di un gruppo scultoreo raffigurante la triade capitolina, la quale vedeva Il vasto complesso architettonico associati Giove, alla sua destra del Palazzo del Quirinale ha quasi Minerva e alla sua sinistra mezzo millennio di vita: è quindi Giunone. inevitabile che, in seguito a lavori di manutenzione, emergano spesso strutture antiche o tornino alla luce L’acqua e la luce capolavori del passato di cui I papi scelsero il Colle come luogo si erano perse le tracce. di residenza per l’amenità dei È ovviamente nel palazzo stesso che sono state effettuate le indagini giardini e delle vigne che ne e realizzati i restauri più complessi coprivano buona parte della superficie. Grandi lavori di e importanti. ingegneria idraulica portarono l’acqua nei giardini a partire Gli scavi nei giardini dal 1592 sotto il pontificato di Nel 1998-1999, gli scavi intrapresi Clemente VIII Aldobrandini. Grandiose fontane furono costruite per procedere alla posa d’impianti di cui l’unica superstite è la tecnologici nei giardini hanno Introduzione Sopra Statua femminile panneggiata rinvenuta nel corso degli scavi del 2004 nei giardini del Quirinale, marmo bianco, II secolo d.C. Fontana dell’Organo. Nell’Ottocento, l’aspetto del giardino subì radicali mutamenti: le siepi di bosso e di alloro, che fino ad allora avevano rigidamente scandito le sue geometrie, furono in parte eliminate e sostituite da vaste porzioni di prato con piante sparse. L’intento era quello di conferire all’insieme un’impressione di maggiore spontaneità e libertà, secondo un indirizzo botanico che ebbe nell’appassionato e competente Gregorio XVI Cappellari (1831-1846) un grande sostenitore e un efficace interprete. Dopo aver portato a termine, nel 2002, la complessa operazione d’illuminazione della facciata restaurata del palazzo, è stato affrontato, nel 2003, il problema dell’illuminazione dei giardini. Così la domenica 1 giugno 2003, in occasione del ricevimento per la Festa della Repubblica, gli ospiti del Capo dello Stato hanno potuto, per la prima volta, ammirare la nuova illuminazione, a conclusione di un ciclo di lavori che consentono ai cittadini d’Italia e del mondo di ammirare nella loro pienezza gli splendori del complesso del Quirinale. Oramai, ogni volta che le esigenze protocollari della vita del palazzo lo richiedono, al calare della notte, la luce che si riflette nei rami degli alberi sottolinea la geometria delle siepi e proietta gli alti fusti verso il cielo, dando una vita nuova all’antico giardino che tanto aveva affascinato i pontefici di una Roma illuminata dagli ultimi fuochi del Rinascimento. La Fontana dell’Organo Il restauro della Fontana dell’Organo, unico monumento della fine del Cinquecento rimasto Il nuovo volto del Quirinale nei giardini, consente ora l’organizzazione di concerti. laterali. Il risultato è sotto i nostri occhi: il colore travertino ha restituito alla facciata la sua Il restauro della facciata del antica e sobria bellezza. Palazzo e della Manica Lunga Al termine dei restauri della facciata disegnata da Domenico Il complesso del Quirinale è Fontana alla fine del Cinquecento il risultato di una plurisecolare e dell’ala del palazzo edificata da vicenda di costruzioni, aggiunte, Maderno nel 1613 sulla via del modificazioni che hanno Quirinale, occorreva affrontare attraversato epoche, gusti ed il restauro e il ripristino del colore esigenze di funzionalità variate. degli edifici della Manica Lunga, Nel 1995, in occasione dell’inizio realizzati da Urbano VIII e dei lavori di restauro del fronte destinati all’alloggio delle guardie verso il giardino dell’ala di Paolo V, svizzere intorno al 1638, e l’allora responsabile del Servizio completati da Ferdinando Fuga per la Conservazione del nella prima metà del Settecento. Patrimonio Artistico, Angiola Maria Lo stesso Fuga progettò l’ultimo Romanini, volle impostare le scelte degli edifici della Manica Lunga, di restauro del colore degli intonaci la Palazzina destinata al Segretario secondo un criterio storicodelle Cifre, che in seguito verrà filologico. Grazie a una proficua utilizzata come alloggio prima dai collaborazione con l’Istituto regnanti e poi dai Presidenti della Centrale per il Restauro – nella Repubblica. persona dell’allora direttore Per gli edifici della Manica Lunga Michele Cordaro – furono effettuati e della palazzina del Fuga abbiamo sondaggi che rivelarono in tratti scelto il colore travertino, in base più o meno estesi il paramento alle indicazioni e agli insegnamenti originale di gran parte delle diverse emersi in occasione dei lavori della ali che tra il Cinquecento e il facciata del palazzo. Seicento diedero vita al palazzo Che questa scelta fosse proprio odierno. Le indagini stratigrafiche quella che rispecchiava l’intento condotte dall’I.C.R. nel Cortile di Mascarino e dei tre grandi d’Onore confermarono architetti che dopo di lui hanno definitivamente come il progetto edificato il palazzo, appare oggi architettonico originario mirasse evidente grazie allo spettacolare alla simulazione di un palazzo ritrovamento, nel novembre 2005, scolpito nella pietra, progetto nella Sala dei Parati Piemontesi, anche ripreso, con tecniche di di un affresco rappresentante il cantieri differenti, per le altre Quirinale e recante la data 1610. tre ali del cortile. L’eccezionalità Sul dipinto appaiono, ambedue del ritrovamento degli intonaci di colore bianco travertino, sia originari indusse la Romanini a la palazzina gregoriana disegnata impostare non un mero lavoro da Mascarino, sia l’ala orientale di tinteggiatura, ma il recupero del palazzo voluta da Paolo V della configurazione precedente Borghese e realizzata da Flaminio dell’architettura, riportando in Ponzio. vista le superfici antiche della I lavori di restauro dell’insieme facciata del Mascarino e del dei fabbricati sono terminati cornicione dipinto delle tre ali nel 2004. Lo scalone d’onore Durante alcuni lavori di restauro dello Scalone d’Onore, realizzato da Flaminio Ponzio, sono emerse, in un ambiente situato al termine della rampa settentrionale, parti della decorazione della volta. Su una lunetta è rappresentato, su un fondo giallo oro, un puttino tra due volatili, un airone e un cigno, immersi in un paesaggio esotico, evocato dalle ampie foglie di una pianta tropicale, forse una palma o un banano. La ricerca condotta presso l’Archivio storico del Quirinale ha permesso di datare il dipinto al 1879 e di attribuirne la paternità al Brugnoli, un artista che ha trattato lo stesso tema iconografico in un bozzetto conservato nella sede della Galleria Comunale d’Arte Moderna di Roma. La Galleria di Alessandro VII I tre saloni (Sala Gialla, Sala di Augusto, Sala degli Ambasciatori) dell’ala del palazzo prospiciente la piazza del Quirinale costituivano una grandiosa galleria, edificata intorno al 1588, nel corso dei lavori promossi da papa Sisto V Peretti. Nel 1655 papa Alessandro VII Chigi decise di far decorare le pareti della galleria con un lungo fregio ad affresco e affidò la direzione dell’impresa al sessantenne e oramai celebre Pietro da Cortona (1596-1669). Il maestro si occupò della progettazione della decorazione e del reclutamento dei pittori, ma sembra che non sia intervenuto direttamente nell’esecuzione degli affreschi. Nel 1811-1812, in occasione di lavori richiesti da Napoleone Sopra Particolare della volta della Fontana dell’Organo. Il nuovo volto del Quirinale Sopra Annibale Brugnoli e Davide Natali, Scena con putti danzanti e musicanti, peduccio, Scalone d’Onore, parete nord. Pagina 15 Galleria di Alessandro VII (tratto costituente la Sala di Augusto) dopo il restauro. e affidati all’architetto Raffaele Stern, la galleria, di cui furono murate le finestre che davano sul Cortile d’Onore e coperte le pareti con, come scrive Alessandra Ghidoli, uno “scialbo incoerente” e una carta fodera, fu suddivisa nei tre grandi saloni appena citati. L’imperatore intendeva destinare questi ambienti alla famiglia imperiale. Tutti i critici concordavano nel ritenere che in occasione di questi lavori la maggior parte della decorazione realizzata dai collaboratori di Pietro da Cortona fosse stata irrimediabilmente distrutta. Della decorazione secentesca delle pareti restavano solo gli ovali, i riquadri e i due grandi affreschi che ornavano le pareti brevi, firmati rispettivamente da Maratta e Mola, mentre le pitture di raccordo erano state sostituite a metà Ottocento da modesti monocromi. Negli ovali e nei riquadri rettangolari sono raffigurate scene bibliche realizzate da una squadra di pittori diretti da Pietro da Cortona e composta da artisti di cultura e di formazione diverse. Tra essi era preponderante la presenza di discepoli del maestro quali Ciro Ferri, Lazzaro Baldi, Carlo Cesi, oppure stranieri come Dughet e Schor o ancora Borgognone. La descrizione più completa della decorazione a monocromo, che decorava le pareti sotto le storie bibliche, ci viene dal Titi, che in un lavoro del 1686 ne parla diffusamente: “Le figure e altri ornamenti di chiaro scuro che tramezzano l’Istorie suddette furono condotte dai pennelli del Chiari, da Canini, da Cesi, d’Egidio a altri; e li paesi e prospettive con colonne e verdure sono lavori di Giovan Francesco Grimaldi Bolognese e Giovan Paolo Tedesco”. G.B. Mola, in un documento del 1663, cita, oltre Grimaldi, Lazzaro Baldi e altri pittori, aggiungendo che tutti lavoravano sotto la direzione di Pietro da Cortona. Norbert Wibiral pubblicò nel 1960 i documenti contabili del pontificato di Alessandro VII relativi alla decorazione della galleria e redatti all’indomani della sua realizzazione. Gli elementi di queste due descrizioni corrispondono esattamente a quanto affermato dal Titi nel suo lavoro del 1686. È del resto quanto appare da due disegni che furono ritrovati da Sabine Jacob e dallo stesso Wibiral. Il primo è conservato nella Christ Church Library di Oxford (inv. 0973) ed è attribuito a Pietro da Cortona. Il disegno raffigura un segmento della galleria che lascia intravedere due finestre sormontate da un pannello rettangolare retto da due “ignudi” accovacciati e da un pannello circolare retto da “putti” e decorato con ghirlande. Questi pannelli si alternano con colonne doriche in mezzo alle quali si possono scorgere, come descrive bene Titi, paesaggi e prospettive con verzure. Il secondo disegno, conservato al Kunstmuseum di Düsseldorf (F. P. 8070), rappresenta uno stadio più avanzato del progetto di decorazione. Vi si può individuare la stessa distribuzione degli elementi decorativi ma i pannelli circolari sono sostituiti con pannelli ovali che sono quelli che si possono ammirare ancora oggi. Nel maggio del 2001, in occasione del previsto rifacimento per messa a norma degli impianti elettrici nella Sala degli Ambasciatori, gli storici dell’arte dell’Ufficio per la Conservazione del Patrimonio Artistico chiesero di poter far eseguire alcuni saggi per individuare, sotto il vecchio parato, l’eventuale presenza della decorazione secentesca. Grande fu l’emozione nel constatare che le pitture erano mirabilmente conservate sotto gli strati dell’Ottocento e che era possibile riportare alla luce le opere realizzate dai maestri della fine del Seicento. Nel maggio del 2002 abbiamo completato il restauro degli affreschi della parete della Sala degli Ambasciatori prospiciente la piazza del Quirinale. Una volta recuperate le pitture della parete occidentale della Sala degli Ambasciatori, decisi di affrontare il recupero della Sala di Augusto per verificare la presenza di affreschi sopravvissuti alle ingiurie del tempo e degli uomini. I primi sondaggi evidenziarono l’ottimo stato di conservazione di affreschi secenteschi sia sulla parete occidentale che su quella orientale della sala. Di fronte alla qualità delle pitture riscoperte, decisi di riaprire le finestre chiuse da Stern per restituire quel segmento della galleria al suo antico splendore. Il risultato finale è sotto gli occhi di tutti: le pitture sono tornate alla luce, eccezionalmente ben conservate; inoltre, riaprendo le finestre che danno sul Cortile d’Onore, è stato possibile rinvenire il pavimento del 1656 insieme a due iscrizioni A IVI – POM (Alexander VII – Pontifex Optimus Maximus), nonché due splendide persiane con lo stemma di Clemente XIII Rezzonico (1758-1769). Il nuovo volto del Quirinale Oggi la luce che penetra dalle grandi finestre che danno sia sul Cortile d’Onore, sia sulla piazza, illumina le pitture del salone e permette di capire quanto l’aspetto della luminosità, cancellato dagli interventi eseguiti nel periodo napoleonico, fosse in realtà essenziale alla fine del Seicento. Lo studio degli affreschi recuperati non è ancora iniziato. Occorrerà verificare le affermazioni di Titi e Mola e tentare di attribuire ad ognuno dei vari artisti citati da questi due autori, vale a dire a Fabrizio Chiari, Giovanni Angelo Canini, Carlo Cesi, Egidio Schor per i monocromi, Giovan Francesco Grimaldi Bolognese, Giovan Paolo Schor e Lazzaro Baldi per le colonne e i paesaggi di verzure, i capolavori tornati alla luce. La Sala Regia o Salone dei Corazzieri Pagina 17 Pittore ignoto, Cartouche con la Fontana dell’Acqua Paola, affresco, 1616. Salone dei Corazzieri, particolare della parete sud. Nei primi anni del Seicento, papa Paolo V Borghese diede all’architetto Carlo Maderno l’incarico di ristrutturare l’ala sud del palazzo. Nell’ambito di questi lavori che prevedevano la costruzione della Cappella Paolina e degli appartamenti papali, fu realizzata la Sala Regia, oggi conosciuta come Salone dei Corazzieri. La Sala Regia era destinata principalmente agli incontri ufficiali del pontefice con le delegazioni diplomatiche straniere in visita alla Santa Sede. Dopo l’austera parentesi della Controriforma, il papato capiva di essere riuscito ad arginare il Protestantesimo. La vittoria in Francia del partito cattolico, in Europa centrale la recessione della Chiesa riformista, il Giubileo trionfale del 1600, l’apertura di relazioni con il Giappone dimostravano che la crisi provocata dalla Riforma era oramai superata. La decorazione della Sala Regia celebra quindi l’universalità della Chiesa guidata da Paolo V. Il soffitto in legno intagliato e dorato su campo azzurro è decorato con rosoni, aquile e draghi, animali araldici dei Borghese; alle estremità si possono ammirare due stemmi di Paolo V. Oggi, al centro della grande sala (468 metri quadrati), lo stemma sabaudo sostituisce un pezzo della decorazione originaria che raffigurava lo Spirito Santo. Il pavimento in marmi antichi riproduce il disegno geometrico del soffitto. Oltre all’inserimento del grande stemma sabaudo, alla fine dell’Ottocento fu dipinto, al di sotto degli affreschi secenteschi, un fregio con gli stemmi delle città dello Stato Unitario. Nel 1615 Lanfranco e Tassi, contattati dal papa per affrescare le pareti, avevano pensato di dipingere integralmente i muri. Il progetto, troppo costoso, fu abbandonato per una soluzione più semplice. Gli affreschi avrebbero coperto la sola parte superiore dei muri, mentre la parte inferiore sarebbe stata decorata con una tappezzeria in pelle, di colore turchese, decorata con motivi in oro e argento. Il grande fregio dipinto nella parte superiore della sala è stato eseguito tra il 1616 e il 1617 sotto la direzione dei maestri Agostino Tassi (1580-1640), Giovanni Lanfranco (1582-1647) e Carlo Saraceni (1579-1620) con l’aiuto di alcuni collaboratori. Il lavoro è sublime: raffigurando i ritratti degli ambasciatori stranieri venuti dal Giappone, dalla Persia, dall’Africa per rendere omaggio a Paolo V, i pittori sono riusciti a celebrare l’universalità della religione romana, sottolineando che l’azione missionaria della Chiesa si estendeva oramai ai confini del mondo. Il fregio dorico che sembra sostenere questo mirabile apparato iconografico e in alcuni punti oblitera parte dei dipinti, è assai freddo e monotono paragonato alle pitture di Tassi, Lanfranco e Saraceni e non corrisponde certo a quelle che furono le intenzioni dei maestri del Seicento che avevano, lo sappiamo, progettato un fregio più piccolo ma molto più vivace. Perché è scomparso il fregio del Seicento? Sappiamo che al momento dell’occupazione napoleonica del Quirinale, l’architetto Raffaele Stern si preoccupò della decorazione della Sala Regia che fu ribattezzata Salone dei Marescialli. Eliminò la tappezzeria oramai logora, le iscrizioni pontificie che ornavano gli architravi dei portali, fece restaurare gli affreschi di Lanfranco, Saraceni e Tassi e modificò il fregio disegnato nel Seicento, sostituendolo con un cornicione a tempera più alto e inserendo nella decorazione nuova simboli militari ed emblemi imperiali. Nel 1814, dopo la disfatta di Napoleone, Pio VII riprese possesso del Quirinale e si adoperò immediatamente per cancellare gli emblemi imperiali voluti dai Francesi. Il fregio commissionato solo due anni prima fu modificato in modo da coprire con una superficie a finto marmo i simboli degli odiati invasori raffigurati nelle metope. Nel 1980, un restauratore che lavorava nel Salone dei Corazzieri, Arnolfo Crucianelli, ebbe la felice intuizione di fare un piccolo Il nuovo volto del Quirinale sondaggio sotto il fregio dorico, nell’angolo destro della parete sud del salone, vicino al monocromo raffigurante la Cappella Paolina di Santa Maria Maggiore. Riportò alla luce una delle metope secentesche a sfondo dorato nella quale erano disegnati due scudi incrociati. Altri sondaggi effettuati nel 1997 hanno permesso di stabilire che in altri tre punti, sotto l’ingombrante cornicione ottocentesco, l’originale fregio del Seicento era sopravvissuto alle offese degli uomini. Per questo motivo, durante l’estate del 2004, il Presidente Ciampi e il Segretario Generale Gifuni m’incoraggiarono ad avviare una campagna sistematica di sondaggi lungo l’intero perimetro del Salone dei Corazzieri. I risultati furono eloquenti: ovunque il fregio del Seicento era mirabilmente conservato e in alcuni punti apparivano anche, sotto il fregio dorico dell’Ottocento, tracce della decorazione napoleonica. Nell’autunno del 2005, a cura della Soprintendenza, sono iniziati i lavori di ripristino del fregio secentesco di Tassi, Saraceni e Lanfranco. Alla fine di marzo 2006 il maestoso fregio dei grandi maestri che hanno dipinto le ambascerie straniere venute a rendere omaggio al papa è tornato alla luce e la Sala Regia voluta da Paolo V all’inizio del suo pontificato ha ritrovato il suo aspetto di quattrocento anni orsono, quando la Città Eterna riscopriva l’amore per la vita che aveva ispirato e fatto sognare l’Italia del Rinascimento. Pagina 19 Campetto con la veduta del Palazzo del Quirinale, affresco, 1610. Sala dei Parati Piemontesi, particolare della parete ovest. della volta realizzata da Rodolfo Morgari nel 1888, è all’origine della magnifica scoperta di un fregio secentesco nella zona superiore delle pareti. Dal rapporto redatto da Raffaele Stern nel settembre del 1811 per la sistemazione del palazzo su ordine di Napoleone, si rivela che nella sala, inclusa nell’appartamento di rappresentanza e adibita ad ambiente di passaggio, è menzionato un preesistente “fregio dipinto a fresco” e un “cornicione in stucco”, mentre volta e pareti sono definite “prive di ornamenti”. Peraltro, come già ricordato da Giuliano Briganti nel 1962, un documento del 1609 ricorda due fregi ad affresco, il primo con le “fabbriche”, putti e figure allegoriche, il secondo con le “Istorie di Abramo”. Dovendo procedere al restauro del soffitto ottocentesco, abbiamo allestito un ponteggio e deciso di staccare i parati per effettuare una serie di saggi nella speranza di trovare tracce dei dipinti del Seicento. I risultati delle nostre ricerche hanno oltrepassato ogni nostra aspettativa. Sono tornati alla luce sulle quattro pareti della sala gli affreschi che illustrano alcune delle grandi realizzazioni architettoniche, le cosiddette “fabbriche”, promosse da Paolo V Borghese durante il suo pontificato, di cui tratta appunto il documento del 1609 citato da Briganti. Tra le “fabbriche” compaiono due progetti particolarmente cari al papa: l’ampliamento della basilica di San Pietro e la costruzione della La Sala dei Parati Piemontesi sua cappella funeraria nella basilica di Santa Maria Maggiore. Nel mese di maggio 2005, un evento L’affresco della parete nord con il del tutto casuale, l’improvviso primo “quadro” mostra una veduta distacco di un brano d’intonaco a ‘volo d’uccello’ della Fortezza di Ferrara che documenta la trasformazione del sistema difensivo realizzata dal pontefice per garantire la sicurezza della popolazione. Nella parete est appare la basilica di San Pietro che il papa, appena eletto al pontificato, decise di completare. Le straordinarie immagini che mostrano sulla parete sud tre differenti visuali della basilica di Santa Maria Maggiore, offrono a restauro compiuto, insieme alla rappresentazione di San Pietro, numerosi spunti di riflessione. Completa il ciclo, sulla parete ovest, l’ultimo rinvenimento: una veduta del tutto inedita del palazzo del Quirinale “color travertino” mentre al centro sono rappresentati i Granai pontifici costruiti da Gregorio XIII e ampliati da Paolo V inglobando l’“Aula Ottagona” delle Terme di Diocleziano. La veduta include il “Palazzo alle Terme” di Sisto V e la “Porta Quirinalis”. Si tratta di uno scorcio della Roma Cinque e Secentesca in gran parte scomparsa quando fu costruita la ferrovia nell’Ottocento. Altri ambienti del palazzo, quali gli Appartamenti Imperiali e il Torrino, sono stati restaurati e il riordino dei loro arredi è stato portato a termine; la musealizzazione delle collezioni di porcellane e argenti è stata completata nelle tre grandiose sale prospicienti il Cortile d’Onore che costituiscono oggi la Vasella; il pubblico può finalmente ammirare nel Fabbricato Cipolla e nella exFalegnameria di Castel Porziano le più prestigiose delle 104 carrozze che facevano parte delle collezioni sabaude; nello stesso Fabbricato Cipolla sono stati restaurati gli ambienti destinati ad accogliere i finimenti e le livree; tra il 1999 e il Il nuovo volto del Quirinale Sopra La seconda sala della Vasella vecchia del Quirinale, dopo il restauro. In evidenza la vetrina delle porcellane di Sèvres con il Servizio verde del 1760-1766 ca. 2006, 79 arazzi, decine di tappezzerie ad arazzo e 24 tappeti di pregio sono stati restaurati dal Centro Manutenzione e Restauro Arazzi; a Castel Porziano il grande mosaico rinvenuto nell’antico vicus Augustanus è stato collocato nell’ambito dei giardini e gli stessi fabbricati del Castello, dalla facciata monumentale del palazzo a quella della chiesa parrocchiale, alla torre con l’orologio sono stati restaurati. Infine un grande plastico che riproduce l’intero complesso del Quirinale è stato collocato in un ambiente del Cortile d’Onore, presso l’ingresso principale che originariamente costituiva l’androne di accesso al palazzo da via del Quirinale. Questi lavori hanno modificato profondamente il volto del Quirinale, evidenziandone la storia secolare e rendendone l’approccio più accessibile ai cittadini d’Italia e del mondo. Il Presidente Ciampi si è impegnato per avvicinare la sede della Presidenza della Repubblica agli Italiani, augurando che tutti considerino il Quirinale “come loro casa”; ha incoraggiato la realizzazione di pubblicazioni in grado di consentire una sempre più capillare diffusione dell’attività culturale legata al “Colle”; ha voluto che ognuno fosse orgoglioso della maestosa e lineare bellezza di un monumento testimone di tanti avvenimenti della storia della Cristianità e dell’Occidente. Questi vari e ambiziosi obiettivi sono stati raggiunti; oggi più che mai il popolo italiano vede nel palazzo che domina il più alto dei sette colli di Roma lo scrigno che racchiude i tesori di una storia millenaria e il simbolo eretto a difesa dei nostri principi repubblicani e democratici.