LA MIA RICETTA PER STARE BENE

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LA MIA RICETTA PER STARE BENE
[LETTERATURA]
DI ROBERTO CARNERO
LA MIA RICETTA PER STARE BENE
Bere tanta acqua, ridere molto ed essere in armonia:
W
“
”
In Africa sono nato
e ho vissuto a lungo.
Qui uno scrittore ha
infinite possibilità:
ci sono molte storie
che attendono solo
di essere scritte
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ilbur Smith è uno dei più popolari scrittori del mondo. Nato in
Rhodesia (l’odierna Zambia) nel
1933 e cresciuto in Sudafrica, oggi vive tra
questo Paese e l’Inghilterra. Laureato in Economia e commercio, fino ai trent’anni si è occupato di contabilità. Il gusto per l’avventura e la scrittura ne hanno fatto un fortunato
autore di bestseller. Dal 1964 ha scritto una
trentina di romanzi che l’hanno consacrato
come un maestro dell’avventura.
Tra le sue serie, il ciclo dei Courteney (sui
coloni sudafricani dal 1600), quello dei Ballantyne (un’epopea rhodesiana) e il ciclo egiziano, il cui ultimo romanzo è stato pubblicato quest’anno in Italia da Longanesi (editore
italiano di tutti i suoi libri) col titolo Alle fonti del Nilo. In Italia Wilbur Smith ha venduto 15 milioni di copie, mentre più di cento
milioni sono quelle vendute nel mondo.
Smith, lei è nato in Africa. Che cosa le
ha dato quel continente?
«In Africa sono nato e ho anche vissuto a lungo. Dunque, il continente africano per me è un luogo dell’anima. Come
scrittore, vi trovo tre elementi affascinanti: territorio, natura e gente. C’è
una tale ricchezza e diversità in
questi tre ambiti che un narratore ha infinite possibilità. Potrei continuare a parlare
dell’Africa per il resto della mia vita. L’Africa, inoltre, possiede una cultura che vive di magia. Ci
sono tante storie, magari
tramandate oralmente,
che attendono solo di essere raccontate. Per un narratore l’Africa è un serbatoio di vicende meravigliose a cui attingere».
Qual è il suo sigillo di fabbrica? Qual
è il segreto del successo dei suoi libri?
«I segreti non si svelano, ovviamen-
Wilbur Smith è
nato in Rhodesia,
l’attuale Zambia
queste per lo scrittore Wilbur Smith le regole da seguire
te. E io stesso mi reputo fortunato ad aver
avuto un seguito di lettori così vasto, che non
avrei mai immaginato quando intrapresi questo mestiere. Nel corso degli anni ho cercato
di evitare di ripetermi, escogitando storie
sempre nuove, anche se da un libro all’altro
tornano i grandi temi che mi stanno a cuore:
amicizia, amore, odio, guerra, natura, leggende e credenze religiose. Posso però immaginare che molto del successo dipenda dal modo in cui i miei libri sono costruiti».
Cioè?
«Il problema principale è quello di misurare i tempi. Bisogna evitare di indulgere
troppo nelle descrizioni, anche se sono importanti per dare l’atmosfera del tempo e del
luogo. Nei miei libri l’azione e i dialoghi prevalgono sugli indugi descrittivi».
Da chi ha imparato?
«Sono molti gli scrittori che mi
hanno formato. Anche se poi la ricetta finale è la mia. Da ogni libro
che leggo cerco di trarre qualcosa.
Se una cosa funziona bene cerco di
capire perché; se non funziona cerco di individuare l’errore per evitare
di commetterlo a mia volta. Per ogni
romanzo mi documento sul periodo
storico. Potrei dire di vivere una “formazione permanente”: leggo in continuazione, narrativa ma anche saggistica, e faccio tesoro di queste letture».
Come è diventato scrittore?
«Da giovane volevo fare il giornalista.
Mio padre mi disse: “Non essere sciocco,
cercati un lavoro vero”. Così mi trovai a lavorare come contabile. Un mestiere noiosissimo. Fu proprio per vincere la noia della
routine lavorativa che mi misi prima a leggere i libri degli altri e poi a inventare storie io
stesso. Dunque posso dire grazie a mio padre se sono diventato uno scrittore».
Come vedrebbe un suo romanzo trasposto in un film?
«Quando ciò è capitato, ne sono rimasto
inorridito. La letteratura è un’attività più
creativa rispetto al cinema, intendo dire dalla parte del lettore che, invece, al cinema, in
quanto spettatore di qualcosa di
dato in una certa forma, non ha
spazio per l’immaginazione.
Quando i miei libri sono diventati film, ho avuto la sensazione di
un totale tradimento. Ma amo il
mondo del cinema per una ragione molto pratica».
Quale?
«Spesso le case di produzione
cinematografica acquistano per
molti soldi i diritti dei miei libri
per farne dei film che però poi, a causa della
mancanza di capitali, non vengono realizzati. Capita perciò che io ci guadagni senza il fastidio di vedere le mie opere banalizzate sul
grande schermo. Poi, dopo alcuni mesi, i diritti tornano a me. È capitato che un mio libro fosse acquistato otto volte per il cinema,
senza che poi il film fosse mai realizzato. Ecco, per cose come questa sono grato all’industria cinematografica».
A 74 anni lei è una persona ancora molto attiva e creativa, dotata di senso dell’umorismo. Come si conserva
un’intelligenza vivace anche nella terza età?
«Si comincia a perdere qualcosa quando si inizia a non usarla.
Per questo dico che è fondamentale l’esercizio. Esercizio fisico
per tenere sveglio il corpo ed esercizio intellettuale per tenere sveglia la mente: conversare, leggere,
e, perché no?, anche scrivere. Ecco la mia ricetta per la terza età,
in tre consigli: bere molta acqua (il che non
significa che vada evitato il vino, soprattutto
quello italiano che è così buono!), star bene
con se stessi e ridere molto».
왎
“
”
Quando un mio
romanzo è stato
adattato per il cinema
ne sono rimasto
inorridito.
La letteratura è più
creativa del cinema
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