RELAZIONE BONETTI - Diocesi di Agrigento
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RELAZIONE BONETTI - Diocesi di Agrigento
Famiglia: realtà educante non solo per i figli ma per l’intera comunità Don Renzo Bonetti Presidente della Fondazione Famiglia Dono Grande PREMESSA Trasmettere la fede in e con la famiglia è molto spesso visto in un’ottica restrittiva, cioè si pensa solamente alla iniziazione cristiana. L’educazione alla fede va quasi a coincidere con gli anni del catechismo, che poi sono quelli legati particolarmente ai sacramenti della prima Comunione, della prima Confessione e della Cresima. Dobbiamo anche dire che c’è in qualche Diocesi uno sforzo importante per avere una catechesi post battesimale di accompagnamento dei genitori, ma molto spesso tutto l’impianto sembra concentrarsi sulla iniziazione cristiana e sui primi anni di catechismo. Per quanto riguarda la famiglia va detto che essa è coinvolta solo relativamente a questo periodo e solo per ciò che riguarda i propri figli. Tuttora il catechismo è progettato, in modo encomiabile, per la totalità dei bambini e quindi per la totalità dei genitori, con sforzi enormi. Pensiamo a certe parrocchie dove gli abitanti sono molto numerosi ed è necessaria molta fatica per impostare una catechesi che tenga conto della presenza dei genitori. Ma tutto questo impianto catechetico riteniamo porti ad una gestione dell’educazione alla fede pensata, concentrata sul presente e meno attenta a quello che è il futuro della fede. Infatti il minimo indispensabile di fede che oggi noi presumiamo e vorremmo riuscire a dare ai nostri figli, non è più sufficiente per la sopravvivenza della fede nelle future generazioni. Di questo ne abbiamo già la prova. Quanti ragazzi sono passati dal nostro catechismo e quanti di questi conducono una discreta vita di fede? Questi figli lasciano già il catechismo a fine elementare o agli inizi delle medie. Ecco perché il titolo previsto per questa conferenza è realmente innovativo e molto significativo: La famiglia è realtà educante prima e oltre le strutture del catechismo. Ciò prende ancor più consistenza se collochiamo questa espressione nella sua fonte originaria, che è il numero 38 del documento dei vescovi Educare alla vita buona del Vangelo: “La famiglia va dunque amata, sostenuta e resa 1 protagonista attiva dell’educazione, non solo per i figli ma dell’intera comunità. Deve crescere la consapevolezza di una ministerialità che scaturisce dal sacramento del matrimonio e chiama l’uomo e donna a essere segno dell’amore di Dio che si prende cura di ogni suo figlio”.1 Basta questa espressione per aprire un orizzonte straordinario che vorremmo tentare di mettere in risalto attraverso alcuni punti. 1) MINISTERIALITÀ CHE SCATURISCE DAL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO Già questa espressione dei Vescovi è molto precisa. Purtroppo è poco conosciuto e ancor meno insegnato che per il sacramento delle nozze gli sposi hanno nella Chiesa una “ministerialità” che possiamo chiamare anche missione specifica, servizio specifico, originale, compito proprio. Per approfondire questo argomento ci appoggiamo ad un altro testo magisteriale che è il Catechismo della Chiesa Cattolica (nn.1533-1535). Nel numero 1534 si legge: “Due altri sacramenti, ordine e matrimonio, sono istituiti per il servizio altrui. Se contribuiscono anche alla salvezza personale questo avviene attraverso il servizio degli altri”.2 È chiaro quindi che il matrimonio è un sacramento per la missione nella Chiesa, non è un sacramento della missione solo con i propri figli. Certamente la missione inizia a partire dai propri figli, coinvolgendo la realtà della propria famiglia, ma il sacramento che fonda la realtà dell’essere degli sposi li pone a servizio della missione stessa della Chiesa. C’è un altro passaggio molto significativo nei documenti del Magistero ed è il numero 50 della Familiaris consortio: “La famiglia cristiana è chiamata a prendere parte viva e responsabile alla missione della Chiesa in modo proprio ed originale”.3 Quindi la famiglia cristiana generata dal sacramento del matrimonio partecipa e condivide la missione stessa della Chiesa. Osserviamo come noi spesso restringiamo tutto all’educazione dei figli, mentre gli sposi condividono la missione della Chiesa in modo proprio e originale, cioè non solamente dentro alcune iniziative, ma con qualcosa di proprio, specifico. 1 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo, 38. CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA, 1534. 3 GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio, 50. 2 2 Prosegue san Giovanni Paolo II: “Ponendo cioè al servizio della Chiesa e della società se stessa nel suo essere ed agire in quanto intima comunità di vita e di amore”.4 Questo è il volto specifico, una dimensione educativa della missione che gli sposi hanno in quanto “comunità di vita e di amore”. Riteniamo molto significativa in questo senso la riflessione teologica in ordine alla grazia del sacramento delle nozze di don Germano Pattaro5, sacerdote della Diocesi di Venezia, che ha partecipato come esperto durante il Concilio Vaticano II e fu uno dei principali collaboratori nella stesura del documento della Conferenza Episcopale Italiana Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio. Da notare come talora alcune sue espressioni si ritrovino quasi alla lettera nel documento dei Vescovi italiani del 1975. Così scrive: “Si può notare a questo proposito, che solo la comunità coniugale è vera comunità salvifica sulla stessa linea di qualità della comunità Chiesa; le altre comunità, cioè, non lo sono, se non indirettamente e per analogia. La logica che sta al fondo della precisazione spiega che le molte comunità che si manifestano nella Chiesa (dagli ordini religiosi, ai movimenti apostolici, ai gruppi cristiani della preghiera e del servizio), esprimono un altro ordine e una diversa fisionomia […]. Mentre le comunità di impegno pur venendo da Dio quanto all’origine e alla chiamata, vengono dall’uomo quanto alla struttura dell’organizzazione. La comunità coniugale, sia nella chiamata che nella forma di comunità sponsale, sta interamente sotto l’economia della grazia […]. Per questo sia la Chiesa che il matrimonio sono comunità sacramentali dove sacramento significa che la comunità è profezia viva, annuncio efficace, parabola concreta di Cristo che salva il mondo”.6 Espressioni simili sono usate dalla Familiaris consortio al n. 49 e in altri documenti magisteriali, dove si afferma che la famiglia è “comunità salvata e salvante”. Tutto questo per sottolineare che per il sacramento la famiglia è un soggetto particolare e originale e quando la si chiama “protagonista” non è soltanto un chiamare la famiglia a collaborare, ma mettere il sacramento del matrimonio nelle condizioni di esercitare la propria identità, la propria missione in tutte le sue espressioni. Oggi la famiglia collabora per chiamata, per convocazione a seconda delle esigenze. Abbiamo ancora da scoprire quel dono specifico che gli sposi con le loro famiglie possono dare alla Chiesa. Quindi dobbiamo dire che dal sacramento scaturisce per la 4 IBIDEM. A Venezia è stato istituito il «Centro Studi Teologici Germano Pattaro», proprio per l’attualità delle sue riflessioni. Sono già stati riediti alcuni suoi scritti: La Parola di Dio sul matrimonio, ed. In dialogo, Milano, 2007; Dove stanno gli uomini, ed. Marcianum Press, Venezia, 2011. 6 G. PATTARO, Fidanzamento e matrimonio come esperienza di fede, ed. Morcelliana, Brescia 1978, pp 44-47. 5 3 famiglia una missione per tutta la Chiesa e per la società. È una missione legata al sacramento del matrimonio, non dipende dalla famiglia in quanto tale, poiché la famiglia è come «l’espressione» del dono delle nozze. Il fondamento del suo essere ed agire si trova nella grazia del sacramento del matrimonio.7 Qui ci basti citare i Vescovi italiani nel documento Evangelizzazione e Sacramento del matrimonio. Al n. 119 affermano: “Veramente il futuro della Chiesa e della sua presenza salvifica nel mondo, passano in maniera singolare attraverso la famiglia, nata e sostenuta dal Matrimonio cristiano”.8 È una missione legata al sacramento, non dipende dal “se ci sono i figli” o “finché ci sono i figli”, né solo per i figli. Noi finiamo per ridurre la collaborazione delle famiglie al percorso educativo della Chiesa unicamente al fatto di affiancare i figli, di collaborare con la parrocchia per quanto riguarda i figli, cancellando quella che è la ricchezza che la famiglia come tale può dare a tutta la Chiesa in ordine all’educazione della fede9. 2) LA MISSIONE EDUCATIVA SPECIFICA DEGLI SPOSI PER LA COMUNITA’ Il documento prima citato La vita buona del Vangelo afferma che l’uomo e la donna sono chiamati “ad essere segno dell’amore di Dio che si prende cura di ogni suo figlio”.10 Crediamo che questa espressione sintetizzi molte altre espressioni teologiche relative alla definizione di sacramento del matrimonio. Nella forza dello Spirito Santo, gli sposi hanno il dono e compito di attualizzare questo amore di Dio per ogni Suo figlio. Per usare le parole del Concilio e del successivo Magistero di san Giovanni Paolo II, possiamo dire che gli sposi “partecipano”11 di questo amore che unisce Dio all’umanità e quindi Cristo alla Chiesa, ne sono segno efficace, permanente, che non si consuma. Cerchiamo allora di vedere come la famiglia sia tessuto educante e permanente per quanto riguarda la fede e l’umanità animata dalla fede. Sono cinque prospettive che appartengono all’unico dono del sacramento ricevuto e che dicono la distinzione del 7 Cfr. C. ROCCHETTA, Teologia della Famiglia, ed. EDB, Bologna 2011. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e Sacramento del matrimonio, 119. Cfr. anche i nn. 39, 42, 53, 60, 104. 9 Cfr. R. BONETTI, Catechisti e catechesi per la famiglia: nuovi percorsi e nuove competenze per una rinnovata prassi familiare, in Itinerarium, Rivista Multidisciplinare dell’Istituto Teologico San Tommaso di Messina, di prossima pubblicazione. 10 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla …, 38. 11 Cfr. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Lumen gentium, 11; Gaudium et spes, 48. Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio, 13 e 17. 8 4 matrimonio cristiano da altre forme di convivenza. Dicono quella missione che solo nella fede è possibile comprendere. Ne emerge un impianto educativo molto esteso nel tempo (che è tutta la vita degli sposi), nello spazio ambientale (perché coincide con la rete relazionale degli sposi) e nei contenuti perché vengono espressi nella vita concreta gli elementi essenziali della fede.12 Possiamo sintetizzarlo nei seguenti punti: a) Gli sposi hanno il dono dello Spirito Santo per dire con il loro vissuto, la bellezza dell’unità e distinzione nell’amore, la bellezza della distinzione del maschile e femminile che si compongono in unità. Lo Spirito Santo è dono di luce nel vivere, annunciare, testimoniare, il fascino del progetto originario che Dio ha voluto e redento. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica leggiamo: “L’uomo e la donna sono creati, cioè sono voluti da Dio, in una perfetta uguaglianza per un verso, in quanto persone umane, e, per l’altro verso, nel loro rispettivo essere di maschio e di femmina. Essere «uomo», essere «donna», è una realtà buona e voluta da Dio: l’uomo e la donna hanno una insopprimibile dignità che viene loro direttamente da Dio, loro Creatore. L’uomo e la donna sono, con una identica dignità, a «immagine di Dio». Nel loro «essere-uomo» ed «esseredonna», riflettono la sapienza e la bontà del Creatore”.13 Sempre nel Catechismo, ai nn. 371-372, leggiamo: “Creati insieme, l’uomo e la donna sono voluti da Dio l’uno per l’altro […]. L’uomo e la donna sono fatti «l’uno per l’altro»: non già che Dio li abbia creati «a metà» e «incompleti»; li ha creati per una comunione di persone, nella quale ognuno può essere «aiuto» per l’altro perché sono ad un tempo uguali in quanto persone («osso delle mia ossa…») e complementari in quanto maschio e femmina”.14 Nel contesto della cultura “gender” è oggi profezia che gli sposi, con la vita, con gesti e parole, possano esprimere, sia nei rapporti tra di loro, che tra loro e i figli, nonché tra loro e le varie realtà aggregative cristiane e non nelle quali vivono, la bellezza e l’originalità del maschile e del femminile e la preziosità della loro complementarietà, non solo nella vita di coppia ma anche la complementarietà di pensiero e di azione nel costruire la Chiesa e la società. Nel contesto della frammentazione ecclesiale e sociale, gli sposi sono artefici del dinamismo che tanto afferma il valore della 12 Cfr. R. BONETTI - F. PILLONI, La grazia del sacramento delle nozze. Nella fede la novità della missione degli sposi, ed. Cantagalli, Siena 2014. 13 CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA, 369. 14 IBIDEM, nn. 371-372. 5 distinzione, quanto conduce continuamente all’unità. Pensiamo al valore educativo che questo può avere nell’attività sociale e pastorale. Essi possono essere, in parrocchia, esperti costruttori di unità attorno al segno di Gesù Pastore che è il sacerdote. b) Gli sposi, per l’effusione dello Spirito Santo, hanno il dono-compito di poter comunicare l’amore di Gesù per ogni persona. “La famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore, per la Chiesa Sua sposa”.15 Pensiamo alle conseguenze di educazione permanente all’amore, nell’ambito familiare ed extra familiare, di sposi protesi a comunicare amore attraverso le relazioni normali, a dire nei gesti che l’amore si è fatto «carne», si è fatto vicinanza. Ascoltiamo ancora dalla Familiaris consortio al n. 13: “Gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla croce”.16 Perciò possiamo dire che i figli e chiunque viene in contatto con gli sposi che vivono questo dono, sono collocati nel cuore pulsante della Chiesa: come Cristo ama. c) Nella luce e forza dello Spirito gli sposi cristiani vivono in modo diverso la paternità e maternità. Gli sposi nella fecondità naturale accolgono i figli come dono di Dio (cfr Gen 4,1: “Ho acquistato un uomo dal Signore”). Sanno che a loro sono affidati figli e figlie per far crescere in essi l’immagine e somiglianza di Dio, non meno del farli crescere fisicamente. Ma accogliendoli come figli di Dio imparano a riconoscere ed accogliere ogni figlio come figlio di Dio, pensato da Dio da sempre: “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo” (Ger 1,5); “In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo” (Ef 1,4). Padri e madri che sanno essere segno della paternità e maternità di Dio, non solo in casa con i propri figli ma anche nella comunità. Questo è il fondamento teologicosacramentale della responsabilità non solo educativa e catechistica, ma anche dell’impegno politico e sociale del prendersi cura di ogni persona. 15 16 GIOVANNI PAOLO II, Familiaris …, 17. IBIDEM, 13. 6 Così si esprime la Familiaris consortio al n 41: “ Il fecondo amore coniugale si esprime in un servizio alla vita dalle forme molteplici, delle quali la generazione e l'educazione sono quelle più immediate, proprie ed insostituibili. In realtà, ogni atto di vero amore verso l'uomo testimonia e perfeziona la fecondità spirituale della famiglia perché è obbedienza al dinamismo interiore profondo dell'amore come donazione di sé agli altri […]. In tal modo si dilata enormemente l'orizzonte della paternità e della maternità delle famiglie cristiane: il loro amore spiritualmente fecondo è sfidato *…+ da tante altre urgenze del nostro tempo. Con le famiglie e per mezzo loro, il Signore Gesù continua ad avere «compassione» delle folle”.17 d) Il dono della fraternità e sororità. Ogni figlio con il Battesimo nasce e cresce come fratello e sorella in Cristo. Insieme genitori e figli formano una piccola comunità di fratelli e sorelle. La famiglia è quindi una convocazione stabile di fratelli e sorelle in Cristo. Ascoltiamo nuovamente la Familiaris consortio, al n. 21: “Lo Spirito Santo, effuso nella celebrazione dei sacramenti, è la radice viva e l'alimento inesauribile della soprannaturale comunione che raccoglie e vincola i credenti con Cristo e tra loro nell'unità della Chiesa di Dio. Una rivelazione e attuazione specifica della comunione ecclesiale è costituita dalla famiglia cristiana, che anche per questo può e deve dirsi «Chiesa domestica». Tutti i membri della famiglia, ognuno secondo il proprio dono, hanno la grazia e la responsabilità di costruire, giorno per giorno, la comunione delle persone, facendo della famiglia una «scuola di umanità più completa e più ricca»”.18 e) La famiglia cristiana vive nell’Eucaristia domenicale il significato della sua identità, il «già presente» e il «non ancora» del cammino cristiano. La famiglia cristiana conosce e riconosce come sua struttura interiore non soltanto la sua origine divina nell’immagine e somiglianza, ma anche il suo destino in Dio. 17 18 IBIDEM, 41. IBIDEM, 21. 7 Familiaris consortio al n. 52 riprende tale e quale un’espressione molto bella e significativa del Concilio Vaticano II: “La famiglia cristiana proclama ad alta voce le virtù presenti del regno di Dio e la speranza della vita beata”.19 Questa è la chiave di volta nella pastorale del rapporto famiglia e parrocchia, famiglia grande. La famiglia sa chi è e cosa deve fare solo attraverso l’Eucaristia domenicale. Perciò l’andare alla Messa è far entrare nella coscienza e nel vissuto degli sposi la risposta fondamentale: A che cosa serve la mia famiglia? In che direzione deve andare? Ma nello stesso tempo gli sposi nell’Eucaristia riscoprono la propria identità profonda, riscoprono a quale amore appartengono: quello di Cristo per la Chiesa.20 L’Eucaristia domenicale offre così significato pieno alla tavola di casa, che è sempre annuncio della Tavola grande, della mensa eucaristica; è impensabile far passare questi valori nel cuore dei genitori e dei figli nel solo tempo di preparazione alla Messa di prima Comunione. E’ altrettanto logico pensare che questa impostazione di vita familiare attorno all’Eucaristia non possa esaurirsi solamente dentro il confine di casa, con i figli, ma sia donata anche per quanti frequentano la casa o sono ad essi collegati. Quale possibilità per gli sposi di testimoniare il valore della Tavola eucaristica (anche senza parlare) tutte le volte che hanno amici a tavola. A tal proposito segnaliamo l’esperienza pastorale del «The Marriage Course. RitrovarSI + spoSi».21 3) LA MISSIONE EDUCATIVA DELLA FAMIGLIA PER QUANTO RIGUARDA LA PAROLA ED I SACRAMENTI Questa missione educativa si vive primariamente in casa ma ha inevitabilmente un riflesso attorno a casa, nella rete relazionale della famiglia. 19 CONCILIO VATICANO II, Lumen gentium, 35. Cfr R. BONETTI, Il corpo dato per amore, ed. Città Nuova, Roma 2011. 21 Cfr. www.misterogrande.org. 20 8 Va ancora premesso che un impegno di questo tipo, non può essere legato ad un momento soltanto o ad un suggerimento estemporaneo, ma deve corrispondere ad una scelta educativa molto precisa e determinata: vivere come coppia la fede e comunicarla ai figli. Oggi purtroppo si fa coincidere questo orientamento educativo solo con la proposta di ciò che offre la parrocchia, seguendone le indicazioni e le attività, più che ad una scelta di fede della famiglia, dimenticando che è nella famiglia che le stesse attività e proposte parrocchiali trovano origine e compimento, in una dimensione spirituale molto più ampia e costante.22 a) Educazione alla Parola Gli sposi sono “parola carne”, “parola parabola” di Dio Amore. Sono per i figli, la Parola non verbale nella quale essi possono crescere nel microclima trinitario. Ma per far questo gli sposi devono fare della Parola il loro pane quotidiano. Quale spazio viene dato dagli sposi nell’ascoltare ciò che il Signore vuole dire alla coppia, a partire dal Vangelo domenicale, alla Parola di tutti i giorni? Come si può essere sacramento di Gesù se non gli si dà la parola lungo la giornata? Significa accogliere la Parola come via di luce, indicazione sicura di percorso, come criterio di valori, come verifica di cammino. Se il figlio o i figli crescono in questo contesto sapranno che la Parola è importantissima e determinante. In futuro saranno anche liberi di rifiutarla ma potranno testimoniare il valore positivo che questa Parola aveva nella loro famiglia. Dare la Parola a Gesù significa. per una famiglia, dare anche la disponibilità a condividerla in casa, con qualche persona amica. Anche in questo caso segnaliamo l’esperienza delle Comunità Familiari di Evangelizzazione.23 Si avrà allora il coraggio, in certe circostanze, di dire anche fuori casa come la Parola sia stata preziosa nella propria vita. Chi entra nel dono della Parola scopre e vive ancor più l’aspetto del rispondere alla Parola, del gustare la Parola, del chiedere con la Parola; in altre parole impara a pregare, a «parlare con Dio». 22 23 Cfr: R. BONETTI, La liturgia della famiglia, ed. S. Paolo, Milano 2012. Cfr. www.misterogrande.org. 9 b) Educazione alla vita battezzata Significa preparare il Battesimo lungo tutto il tempo della gestazione, perché nascerà un “figlio di Dio”. Dopo il Battesimo significa porre gesti e parole che creino, ricordino, ravvivino la coscienza della novità cristiana nei genitori e poi gradualmente nei figli. Tutto ciò può diventare ancor più significativo se è condiviso con altri genitori. c) Educazione all’unione sponsale più alta in assoluto che esista al mondo, che è l’Eucaristia. Con essa Gesù unisce a Sé in una unità divina, il nostro corpo al Suo corpo glorioso. Di questa unità divina gli sposi sono solamente segno, annuncio, spiegazione, ma sono al contempo strumento molto efficace per introdurre i figli all’Eucaristia. Si capisce quindi come la vita di famiglia è continuazione dell’Eucaristia e l’Eucaristia diventa il luogo della fraternità, dell’essere un sol corpo, della Famiglia grande. Con la loro vita gli sposi comunicano ai figli che non è possibile mangiare l’Eucaristia senza amare ogni altro fratello che è unito allo stesso corpo di Gesù. Anche in questo caso, il valore testimoniale della famiglia è diffusivo oltre i confini di casa.24 d) Educazione al dono dello Spirito Santo nella Cresima La preparazione al dono dello Spirito Santo nella Cresima e l’accompagnamento post-crismale, dovrebbe accompagnarsi col far prendere consapevolezza del valore e significato del corpo abitato dallo Spirito, chiamato ad essere dono totale di sé. Questo si può capire dentro un cammino vocazionale che è da vivere in casa e nel quale si educa il figlio ad offrire le proprie capacità come dono agli altri, percorso che si concluderà nella scelta del matrimonio o della verginità. Tutto questo, al di là dei vari sussidi, può essere stabilmente accompagnato dai genitori che, nella forza dello Spirito Santo, sono costituiti dono permanente reciproco, per essere insieme dono per la Chiesa e per il mondo. e) Educazione alla riconciliazione. Dopo aver celebrato e vissuto una unità straordinaria con Gesù nell’Eucaristia, purtroppo lo si può tradire; si può non essere fedeli a questo patto di corpo e di 24 Cfr: R. BONETTI, Il corpo dato per amore, ed. Città Nuova, Roma 2011. Cfr: R. BONETTI, Eucaristia e Matrimonio. Unico mistero nuziale, ed. Città Nuova, Roma 2000. 10 sangue. Da qui la necessità del sacramento della riconciliazione. Ma questo non può essere ridotto a segno isolato e frettoloso per riconquistare l’etichetta di bontà, perché la riconciliazione è uno stile di vita. E’ un modo di vivere in famiglia che deve precedere ed accompagnare, per tutti i suoi membri, la celebrazione del sacramento. Anche questa dimensione ha inevitabilmente un risvolto su tutto l’ambiente relazionale della famiglia. f) Educazione alla prossimità ad ogni vita sofferente. L’unzione dei malati è il chinarsi di Gesù là dove c’è una sofferenza particolare. Anche in questo caso si tratta di togliere il sacramento dall’isolamento liturgico per farlo entrare dentro una continua liturgia che ponga al centro dell’attenzione la persona sofferente, in qualsiasi fase della vita. Questo aspetto di vita è particolarmente legato alla famiglia perché essa è il luogo dove la vita, dal suo nascere alla sua fine naturale, ha il massimo di risonanza, nella gioia e nel dolore. g) Educazione ai due sacramenti per la missione: Ordine e Matrimonio Vanno collocati uno accanto all’altro perché sono ambedue “una specificazione della comune e fondamentale vocazione battesimale e, l’uno e l’altro, hanno una diretta finalità di costruzione e dilatazione del popolo di Dio”. 25 Sono sacramenti tanto distinti quanto finalizzati ad un unico scopo, sono in «comissione». Essi sono fatti per costruire la comunità cristiana come Regno di Dio. Si tratta di educare sposi e figli alla coscienza sacramentale, perché da una parte il prete viene visto solo come un leader religioso e dall’altra il matrimonio sembra non abbia nulla di diverso dal matrimonio civile, se non una più o meno grande pratica religiosa. Nel caso del sacramento del matrimonio si deve aggiungere che non è conosciuta e tanto meno insegnata la sua specifica missione di fede e di evangelizzazione. 25 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e Sacramento …, 32. 11 4) QUALI VIE INTRAPRENDERE PER RIDARE ALLA FAMIGLIA IL SUO RUOLO EDUCATIVO PER L’INTERA COMUNITA’ E’ facile davanti alle prospettive sopra descritte, definire il tutto come «sogno» o utopia, perché siamo stati educati a ragionare, programmare, proporre servizi pastorali per tutti, per la maggioranza. Oggi la famiglia sta soffrendo gravi difficoltà e subisce attacchi di ogni genere, stiamo andando verso una minoranza di coppie ancora unite. Questo sembrerebbe condurre verso una pastorale prevalentemente protesa alle coppie in difficoltà, senza fare proposte troppo impegnative, per non perdere gli ultimi che rimangono. E’ certo un aspetto che non va trascurato, ma al quale va data energia e prospettiva spirituale e pastorale. Va ribadito che questo è frutto di una formazione che ci ha educati a rivolgersi sempre ad una maggioranza e molto meno a coltivare il seme. Siamo stati inviati e facilitati, con suggerimenti e metodi, a moltiplicare il pane (pensiamo a quante iniziative, proposte, sussidi …), piuttosto che ad annunciare la proposta chiara, esigente, per cui “il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51), consapevoli che qualcuno può non accettarlo e andarsene. In quale direzione andare? Cambiare tutto? No. Il Signore non butta mai nulla, se non il peccato. Certamente possiamo continuare il percorso pastorale fin qui costruito, proponendolo nel modo migliore che possiamo fare; ma nello stesso tempo dobbiamo incominciare a coltivare il seme di una novità, che vada a corrispondere in futuro ad un cambiamento importante che sta già avvenendo nelle nostre comunità. La parola chiave nella pastorale sarà “diversificazione” perché l’obiettivo non sarà offrire alle future generazioni l’identità di “sopravvissuti” nella fede, ma di evangelizzatori. Questo non potrà accadere se un battezzato o una coppia sposata in Chiesa non saprà spiegare, godere e comunicare la novità che vive. Il problema della educazione alla fede nella comunità cristiana, troverà una adeguata risposta quando scopriremo da dove esso realmente inizia. Incomincia dal fidanzamento, quando germoglia una nuova unità coniugale. 12 Perciò la madre di molte problematiche educative alla fede è come si preparano i fidanzati alla missione sacramentale di sposi e dal come vengono accompagnati per viverla.26 L’invito a sostenere e rendere protagonista la famiglia non va accolto come emergenza per la diminuzione di sacerdoti, né soltanto come complemento utile all’attività del sacerdote, ma perché la coppia, per il sacramento delle nozze, ha un dono proprio ed indispensabile per costruire Chiesa evangelizzatrice nel mondo. Per dire questo non sono più sufficienti i documenti, ma va mostrato in concreto, nelle nostre parrocchie, qualche coppia che possa costituire un “ideale di vita”. Qui si rivela la preziosità del titolo «Chiesa domestica»27 dato alla famiglia. Quando è comunicato dentro un percorso formativo, diventa capace di far rivivere la consapevolezza di identità e missione degli sposi. Ogni altra definizione, nel nostro vocabolario italiano, risulta essere insufficiente. CONCLUSIONE Occorre «volare alto» con la potenza e la fantasia sempre nuova dello Spirito, per immaginare cosa può essere e compiere nella Chiesa e nella società una coppia cristiana così formata. Occorre tentare di seguire l’orientamento di Paolo VI, quando diceva che la Chiesa non ha bisogno di parole o di annunciatori, bensì di testimoni. Dobbiamo cominciare ad avere nelle nostre comunità cristiane dei testimoni della bellezza della famiglia, dei testimoni di qual è il ruolo sacramentale della famiglia nella Chiesa. Questo costituirà il nuovo. Questo ci darà garanzia del futuro. Occorre invocare dal Signore e farsi Suoi strumenti perché presto nelle nostre comunità vivano coppie e famiglie che conoscano e sappiano rendere ragione della speranza che è in loro. Coppie e famiglie preparate non alla celebrazione del sacramento del matrimonio, ma formate alla coscienza della propria missione, così come è la preparazione dei seminaristi nel cammino per diventare sacerdoti. 26 Segnaliamo in proposito il secondo Incontro di rilettura critica dei corsi di preparazione al matrimonio, dal titolo “IL DISCERNIMENTO COME PREMESSA IN ORDINE ALL’EFFICACIA DEL SACRAMENTO DELLE NOZZE”. Maggiori informazioni sul sito www.misterogrande.org. 27 E. CASTELLUCCI - R. FABRIS, Chiesa domestica. La Chiesa-famiglia nella dinamica della missione cristiana, ed. San Paolo, Milano 2009. 13 Molti potranno pensare che si tratti di un sogno o peggio di qualcosa di mai realizzabile. Ma nella fede dobbiamo credere a quanto Isaia già annunciava ad un popolo stanco e sfiduciato: “Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is 43,19). È il tempo di seminare, di donare con fede: “Nell'andare, se ne va piangendo, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con gioia, portando i suoi covoni” (Sal 126,6). Di spendersi in tutto per qualcuno, per quelle coppie che risponderanno “Eccoci, Signore! Manda noi” (cfr. Is 6,8), perché siano in futuro un segno capace di annunciare ad altri. Queste riteniamo siano le prospettive nelle quali possiamo muoverci per realizzare quanto ci siamo ripetuti all’inizio: “La famiglia va dunque amata, sostenuta e resa protagonista attiva nell’educazione non solo per i figli ma per l’intera comunità”.28 28 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo, 38. 14