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CRONACHE
Corriere della Sera Giovedì 11 Febbraio 2016
27
#
L’OCSE ANALFABETA 1 SU 4
 Il commento
I ragazzi che non sanno usare
la «matematica quotidiana»
U
di Paolo Giordano
L’
allora era il 32% degli studenti a essere bocciato anche nei test di
primo livello in matematica. Percentuale scesa al 24,7. L’allarme
dell’Ocse riguarda oltre 13 milioni di 15enni che — nei 64 Paesi
presi in esame — non hanno abilità che dovrebbero essere scontate nel XXI secolo: «Questo ha conseguenze a livello personale e
della società, non solo perché questi ragazzi rischiano di lasciare
la scuola prima di finirla. Una popolazione senza competenze di
base rischia di compromettere il sistema economico e la crescita
del Paese». Il problema. per altro, non è solo legato ai numeri: 1
studente su 5 è pressoché analfabeta «in senso tecnico», non sa
leggere, e 1 su 6 è gravemente insufficiente in scienze.
ILLUSTRAZIONE DI EMANUELE LAMEDICA
no studente italiano su quattro ha gravi carenze in matematica. Lo certifica l’ultimo rapporto dell’Ocse-Pisa dal titolo «Low performing students, perché restano indietro e
come aiutarli». Ma qui non si parla di problemi complicati, piuttosto di quel tanto di conoscenze utili ad affrontare gli «aspetti
matematici» della vita quotidiana. Per esempio, il 25% dei ragazzini italiani non sa rispondere a una domanda di questo tipo: se
per fare la torta al cioccolato per 4 persone servono 120 grammi
di farina e 80 di cacao, quanto cacao serve per fare una torta per
8? Peggio di noi, dice l’Ocse, si piazzano Grecia e Portogallo. Eppure il nostro Paese ha compiuto balzi in avanti dal 2003, perché
Ecco perché
chi non calcola
oggi è perduto
L’intervento
Saldi o effetto
di un pallone
Divertirsi
con i numeri
di Chiara Burberi
C
osa fare per convincere gli italiani che la
matematica è popolare, pop? Cosa fare
per convincerli che non è una materia
da studiare solo perché è obbligatoria a
scuola e poi dimenticare velocemente? Cosa fare per convincerli, tutti quanti, giovani e adulti,
che è una competenza, uno strumento da conoscere a fondo e utilizzare costantemente?
La matematica è una materia quotidiana, come leggere e scrivere, ed è anche uno strumento alla portata di tutti, non è destinata solo ai talenti naturali o alle persone di successo. La matematica quotidiana sono le quattro operazioni
di base, conosciute e utilizzate bene, ma è soprattutto conoscenza (il significato originario
di matematica), è logica, è uno strumento per
prendere decisioni, analizzando pro e contro. Il
talento non serve!
Purtroppo i dati dicono che la realtà vissuta
dagli italiani è un’altra: la matematica non è per
niente popolare, è scarsamente quotidiana, è
sicuramente lontana dalla realtà, e soprattutto
è considerata difficile e inutile!
Il mio sogno?
Sogno un’Italia in cui tutti i ragazzi che giocano a calcio ammirino le geometrie di un campo
e la meraviglia delle forme di un pallone e ragionino sugli angoli delle traiettorie di corsa e
sulle parabole disegnate dai calci.
Sogno un’Italia in cui le ragazze si sentano
valorizzate e supportate nel loro percorso scolastico e professionale legato alla matematica e
alle materie scientifiche in genere a partire dalla famiglia, ricche di esempi concreti di donne
per cui «niente è impossibile».
Sogno un’Italia in cui la matematica viene
imparata ragionando a partire dai problemi
concreti: il monomio è un biglietto di treno andata e ritorno, un’equazione è una decisione da
prendere (quindi prima impostiamo l’equazione, poi preoccupiamoci di risolverla!) e una parabola è un calcio ben assestato!
Sogno un’Italia in cui sia un onore sentito e
In edicola «OrizzonteSud»
«Il Meridione che ce la fa»
Il Corriere del Mezzogiorno torna a Barletta,
dopo un anno, con un nuovo numero del suo
supplemento «OrizzonteSud. Le eccellenze del
territorio» che è in edicola da oggi. L’inserto
racconta il Meridione che ce la fa, mostrando
gli esempi positivi dei diversi settori
produttivi, sociali e istituzionali. Sempre oggi,
alle 18.30 al Teatro Curci di Barletta, ci sarà un
incontro pubblico introdotto dal direttore del
Corriere del Mezzogiorno Enzo d’Errico e
moderato da Antonio Polito, vicedirettore del
Corriere della Sera.
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riconosciuto insegnare ai nostri figli, tutti i
giorni, la bellezza della conoscenza, la nostra
grande cultura, naturalmente piena di creatività, un patrimonio unico, che all’estero tanto
ammirano.
Cosa fare?
Offriamo ai ragazzi modalità di apprendimento della matematica pensate e realizzate
con il loro linguaggio (video, immagini, appunti, esercizi interattivi, giochi, punteggi e classifiche…) e con la tecnologia che utilizzano quotidianamente (lo smartphone!), senza dimenticare l’importanza di carta e matita, perché la
matematica si legge, si scrive e si disegna.
Introduciamo con coraggio a scuola nuovi
metodi didattici (flipped classroom, peer to peer, collaborative learning) che supportino i
professori nel coinvolgere e far appassionare
gli studenti in classe e a casa nell’apprendimento della matematica.
Offriamo ai ragazzi l’opportunità di confrontarsi con problemi concreti, anche con test che
li spingano ad allenarsi ad affrontare e risolvere
problemi pratici, usando concetti matematici.
Valorizziamo i test Invalsi, facciamoli entrare
nel percorso normale di apprendimento. Rendiamo parte della didattica della matematica
anche il gioco degli scacchi, i cruciverba, il
sudoku, il coding… Diffondiamo storie semplici che parlano di saldi e percentuali, frazioni e
feste, viaggi e polinomi, equazioni e sabato sera; per aiutare in particolare le mamme a giocare alla matematica con i figli, sì perché la matematica può anche diventare un bel gioco!
Infine, basta con il dire, con una punta di orgoglio malcelato «Sono negata/o! Non la capisco! Tanto non mi servirà mai a nulla!». Iniziamo a dire che la matematica è come lo sport, è
alla portata di tutti: più ti alleni, più sudi, più ti
diverti.
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Chi è
 Chiara
Burberi dopo la
laurea in
Economia alla
Bocconi è
diventata
docente alla
stessa
università e poi
consulente e
manager in
McKinsey e
Unicredit
 Ha fondato
la start up
Redooc.com
per promuovere l’educazione alle
materie
scientifiche
abilità matematica
non è la misura
dell’intelligenza di
una persona, non di quella
globale almeno. È tutt’al più
la misura di un certo tipo di
adattabilità al mondo esterno, un’adattabilità che oggi,
ci piaccia o meno, è diventata cruciale. Una padronanza scarsa degli strumenti rudimentali del calcolo costituisce uno svantaggio più grave che in epoche passate, espone al rischio di essere raggirati in
modi impensabili dalla
grande complessità nella
quale siamo immersi. L’Ocse si complimenta tiepidamente con l’Italia. Siamo fra
i Paesi che hanno diminuito la percentuale di «studenti a basso profitto» nell’intervallo tra 2003 e 2012,
ma restiamo sopra la media
generale, e nei guai se si
considerano soltanto i
Paesi europei con i quali
siamo abituati a confrontarci. I quesiti dei test Pisa
sondano un livello minimo
che ogni quindicenne «scolarizzato» dovrebbe possedere, ma non parlano davvero dei ragazzi, della loro
predisposizione alla matematica e alle altre discipline, quanto piuttosto del sistema nel quale questi ragazzi vengono educati. Può
sembrare una precisazione
ovvia, eppure non è raro
sentir attribuire agli studenti, a una qualche loro
misteriosa natura deviata,
gli squilibri della nostra organizzazione. Quasi ogni
grafico nel rapporto Ocse
stimola una domanda interessante e, talvolta, indica la
strada per un possibile miglioramento. Alcuni esempi: 1) avere subito una bocciatura influisce in maniera
nefasta sulla probabilità di
diventare uno studente a
basso profitto (il paradigma
bocciare-per-correggere
andrebbe rivisto?); 2) la
pressione delle famiglie sui
ragazzi è più determinante
in Italia che nella maggioranza degli altri Paesi (la
scuola non è più in grado di
costruire da sé gli elementi
di motivazione necessari?);
3) gli studenti a basso profitto sono quasi unanimi
nel denunciare che i loro
sforzi in matematica, spesso paragonabili a quelli dei
«più bravi», non si traducono in un rendimento proporzionale (la matematica è
insegnata male? C’è chi lo
sostiene da anni e ha proposto tecniche nuove, ma
poco, quasi nulla è cambiato. In Italia l’immutabilità
dei programmi ministeriali
è un dogma fra i più severi).
Ciò che è certo è che in Italia il divorzio di troppi allievi con la matematica, così come con la lettura, avviene in età molto precoce,
ben prima dei 15 anni. La
matematica diviene sinonimo di frustrazione e inadeguatezza, per sempre. Ora
che la «buona scuola» è fatta (è fatta?) sarebbe il momento di stampare i grafici
dell’Ocse, di domandare a
qualche statistico di decrittarli per noi e di meditare
su come eliminare qualche
altro punto percentuale in
tempo per la prossima rilevazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA