Il piccolo di ETAP che agevola il vostro budget Ad

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Il piccolo di ETAP che agevola il vostro budget Ad
Il piccolo di ETAP che agevola il vostro budget
Ad appena poco più di £ 12,000 inclusa l’IVA, il nuovo Etap 21i rappresenta un notevole affare –
come dimostra David Harding.
Si deve fare tanto di cappello davanti a questi belgi di Malle. Le loro barche possono forse essere un
po’ un miraggio per alcuni, ma di sicuro dimostrano sempre di essere ben progettate e finite
impeccabilmente. La nuova 21i non è un’eccezione – e, ancor più, costa addirittura meno di alcune
barche di 20 piedi per uscite giornaliere (“day-boat”). Poiché ha anche notevoli doti sotto vela, gli
unici a cui potrebbe non piacere sono i cantieri inglesi, che si domandano come possano (i belgi)
farcela a quel prezzo. La risposta, naturalmente, è anche in relazione al tasso di cambio, ma il fatto è
che Etap ha anche metodi e tecnologie di produzione avanzati, che permettono di produrre barche in
un tempo doppiamente veloce, allo stesso tempo evitando le solite insulse barche prodotte in serie
senza personalità né carattere. Sebbene alla 21i manchino alcune cose che mi piacerebbe ci fossero,
è anche vero che si possono sempre aggiungere (come optionals), E’ meglio ridurre i costi in
questo modo, piuttosto che risparmiare sulle cose fondamentali. Anche così, ci si puo’ domandare
come siano riusciti a renderla meno cara di ben 8000 sterline rispetto alla Etap 22i che sostituisce.
L’abbandono della deriva mobile in favore di una chiglia fissa ha forse permesso di risparmiare
qualcosa, ma, per il resto, non possiamo che fare supposizioni. Nonostante la sigla identificativa,
non è, neppure di poco, più piccola della 22i – anzi, la lunghezza al galleggiamento è persino
maggiore, e pesa un centinaio di libbre in più Si aggiunga un pozzetto più sgombro (non c’è il
pozzo per il fuoribordo), ed un abit acolo più spazioso (non c’è la cassa della deriva) , e non c’è da
meravigliarsi molto che appaia una barca più grande.
Fra le (due) pelli
Come le sue sorelle più grandi, la nuova arrivata contiene sufficiente poliuretano espanso fra lo
scafo interno e que llo esterno da renderla inaffondabile in caso di apertura di falle o di vie d’acqua.
Infatti le barche ETAP sono le uniche ad essere omologate tutte inaffondabili dalla Marine
Marchande Française. Oltre a procurare l’inaffondabilità,
il poliuretano aumenta molto
l’isolamento termico ed acustico, e el superfici interne prodotte da controstampo permettono di
avere i fondi di gelcoat ben rifiniti all’interno degli armadietti, assolutamente lisci e pulitissimi.
Però le eventuali riparazioni non sono facilissime, lo spazio di stivaggio è un po’ inferiore, ed il
dislocamento va tenuto entro limiti ragionevoli per non dover esagerare con il riempimento di
schiuma. In pratica, poiché una Etap 21i verrà usata principalmente durante i fine settimana, è
improbabile che questo sia un problema. Riparazioni? Sono meno semplici che per una barca a
singolo scafo, ma, poiché circa 7000 barche Etap sono già state varate negli ultimi 25 anni, penso
che se ci fossero stati casi di grossi problemi ne avremmo sentito parlare. Per quanto riguarda il
basso dislocamento, questo è un ingrediente vitale per una barca progettata per essere carrellabile,
economica e agile, tutte caratteristiche chiave dell’ETAP 21i. Ma quanto è sportiva ? Un’occhiata
ai numeri con un calcolatore rivela un potente rapporto 21,5 superficie velica su dislocamento. Al
livello di 150, il suo rapporto dislocamento su lunghezza dice la stessa cosa, come pure la sua
filante sagoma sott’acqua e l’armo a 7/8 come una deriva; insomma, tutto sta ad indicare una barca
che davvero vola. Eppure i progettisti, il duo franco- greco Mortain-Mavrikios – l’hanno progettata
in modo che sia sorprendentemente facile da condurre. Nei venti leggeri della nostra prova, si è
mostrata docile, con un comportamento piuttosto neutro che la rende perfetta per fare vela in
famiglia. Non che vada a zonzo: è al contrario scivolata via precisa, ed abbiamo letto risultati in cui
ha battuto in match-race delle “Sonatas” e dei “Ruffian 23” (barche da regata, n.d.t.). Quello di cui
avrebbe avuto bisogno per renderla viva sarebbe stata una rotaia di scotta (trasto) per la scotta della
randa (il trasto è ora un “optional”- n.d.t.). In condizioni di vento leggero, non potevamo condurre
il boma in linea longitudinale senza tendere eccessivamente la caduta poppiera della vela e portare
in stallo la cima della randa. E, con venti forti, si vorrebbe lasciar correre il trasto sottovento
mantene ndo però la scotta ben tesata - senza paterazzo o senza vang adatto sarebbe il solo modo
di incurvare l’albero ed appiattire la vela. Ad ETAP, hanno ora deciso di introdurre il paterazzo – ed
anche la barra di scotta è ora disponibile come optional, ma non hanno fatto nulla per quanto
riguarda la ferramenta fissa in alluminio che supporta il boma invece di un vang regolabile (ora c’è
di serie il vang rigido con paranco carica-basso – n.d.t.). Una fessura alla base lo lascia salire un
poco mentre issiamo la randa, ma la sua vera funzione è di impedire al boma di sollevarsi oltre un
certo limite. Peggio ancora, cigolava orribilmente. Nell’interesse dell’equilibrio mentale sarebbe la
prima cosa da cambiare.
COSTRUZIONE
Nonostante le loro metodologie ad alta tecnologia nella costruzione di barche, ad Etap dicono che
usano tessuto di vetro convenzionale nello scafo ed in coperta , senza alcun tessuto cucito o
intrecciato, ma inseriscono del “coremat” nella laminazione dello scafo per fornire una rigidità
addizionale nei punti soggetti ad alti sforzi, inclusa la prua e le aree su cui la barca si appoggia sul
carrello. La coperta è costruita in un unico pezzo, con iniezione a vuoto, utilizzando resina isoftalica
per lo scafo.
OPEN SPACE
Didascalia in alto a destra p.46: Semplice e poco pretenzioso, l’interno è ben progettato e facile da
tenere pulito.
Testo Open space:
Sotto coperta, Etap ha fatto un uso ottimale dello spazio con una sistemazione completamente
aperta. Non c’è nemmeno il sostegno dell’albero: al suo posto una struttura è annegata e nascosta
nella vetroresina.
Sono anche riusciti a evitare quell’aspetto da ospedale che spesso si ottiene quando ci sono molte
superfici in vetroresina: grazie alle belle finiture a trama fine ed all’utilizzo di parti in legno
lavorato di faggio qua e là, l’effetto generale è leggero e piacevole.
Sopra coperta, tutto è molto ben rifinito. Si vede che la barca è stata progettata per facilità e velocità
di produzione, ma non si vede un solo angolo squadrato.
Sul fronte della praticità abbondano le soluzioni ben pensate. Per esempio, I coperchi dei gavoni
interni, in compensato marino, sono incernierati invece che rimovibili, così che non possono cadere
dentro I gavoni stessi. E ci sono cavità ricavate da stampi nel controsoffitto - nelle zone in cui
emergono i bulloni che fissano la ferramenta in coperta - , coperti con coperchietti in plastica per
ragioni di sicurezza ed estetiche. E’ una soluzione nitida che rende minima la possibilità di farsi
male alla testa, mantenendo però un accesso facile.
L’altezza sotto tuga – come ci si potrebbe aspettare – è relativamente limitata (1.33 m) – ma,
purchè non siate troppo alti di busto, potete sedervi sotto i lati della coperta. Anche il volume di
stivaggio non abbonda – specialmente tenendo conto che gran parte dello spazio sotto il letto di
prua è riempito con poliuretano per il galleggiamento. Un po’ più verso poppa, tuttavia, si trova un
utile ripostiglio proprio sotto il pavimento del pozzetto – spazio che normalmente non viene
utilizzato. Anche se non abbiamo tentato di … affondarla, c’è da dire che i vantaggi associati alla
presenza dello strato di poliuetano espanso non rimangono inutilizzati. In navigazione la barca sotto
coperta si dimostrò notevolmente silenziosa. E, in un caldo giorno d’estate, le bevande che abbiamo
stivato erano ancora fredde molte ore dopo. Ora si può dire che questo sì che è un modo civilizzato
di fare vela!
Fare vela. Semplicemente Simple sailing
Sono sicuro che, opportunamente “truccata” e resa sportiva, la 21i darebbe grandi soddisfazioni
sotto vela. Ma coloro che amano un approccio minimalista probabilmente son ben contenti della
disposizione nitida, pulita, semplice della coperta ( a parte il timone e la scotta della randa, i soli
controlli sono le scotte del fiocco, due borose per presa di terzaroli automatica, e le due drizze, il
tutto ricondotto in pozzetto attraverso gli stopper. La scotta della randa è persino dotata di un
moschettone ad apertura rapida , così è facile spostare l’attacco inferiore del paranco su uno dei due
golfari posizionati su ciascun lato della barca, per liberare il pozzetto in porto.
Un altro fattore che non aiutò le nostre prestazioni fu il motore fuoribordo: coi suoi 8 CV è il
doppio dello stretto necessario e non si riuscì ad inclinarlo abbastanza da farlo uscire
completamente dall’acqua. Però bastava tenerci spostati verso l’estremità prodiera del pozzetto, nè
lo specchio di poppa nè il motore erano malamente immerse, a parte il fatto che il motore si puo’
sempre riporre via. Come ci si sarebbe potuti aspettare da una barca così leggera e fulgida, anc he la
posizione laterale del peso dell’equipaggio si dimostrò importante. Nelle zone più calme dovemmo
spostarci un po’ sottovento, per ottenere una inclinazione sufficiente a contrastare la leggera
tendenza a poggiare. I velisti delle derive lo farebbero istintivamente, ma se con poco vento voi
rimanete (col peso) sul lato sopravvento la barca rallenta notevolmente e perde la capacità di fare
buona bolina Era tale la sua sensibilità alla posizione dei pesi che avrei potuto farle fare dei cerchi
in direzioni opposte semplicemente spostandomi da una parte all’altra. Lasciata a sé stessa a partire
da una rotta di bolina, e mantenuta diritta (quindi col peso sopravento), la barca ha tendenza a
poggiare, fino a strambare, fare un bordo di ritorno attraverso il vento e quindi strambare di nuovo,
prima di mettersi in panna. Partendo dallo stesso punto, ma sbandata di circa 12° sottovento, la
barca orzò, virò di bordo, poggiando successivamente fino a strambare, poi virò di bordo
nuovamente e strambò una seconda volta prima di mettersi in panna – compiendo così due cerchi
completi verso il vento. Sembrerebbe a prima vista un esercizio senza capo né coda , ma dimostra
alcuni punti importanti riguardanti sbandamento ed equilibrio.
Singles anci
Se vi capitasse di perdere il timone, il sapere come accostare in mancanza di esso potrebbe essere
estremamente utile – ma su queta ETAP, naturalmente, di pale del timone ne avete due. Poiché
avete l’opzione della chiglia corta Tandem profonda solo 70 cm per sostituire quella standard che
pesca 130, a pinna con bulbo, le pale di timone gemelle sono standard. Anche così, io non ne sono
un fanatico; sebbene siano molto pratiche, non ho però ancora trovato un sistema che fornisce al
timoniere una sensibilità altrettanto precisa quanto quella di una sola lama: ogni barca con doppio
timone su cui ho veleggiato dà una sensazione “morta” ossia neutra. Idealmente, mi piacerebbe
vedere offrire l’opzione di un timone singolo, con pala più grande, insieme alla chiglia classica.
L’altro mio commento riguarda la connessione articolata fra le due pale, che appare un po’ leggera,
sebbene sia sicuramente sufficiente per gli sforzi che deve normalmente sopportare, non vorrei che
mi capitasse di cadere sopra la barra. Altre critiche? Solo una: una certa tendenza a battere
sull’onda. Molte barche con la prua poco profonda e un po’ piatta hanno lo stesso problema – ma,
poichè in genere va meglio quando sono inclinate e presentano linee d’entrata un po’ più rotonde,
vorrei provare questa barca con più vento e onde più grosse prima di trarre qualunque conclusione.
Sebbene mi senta un po’ frustrato per la mia incapacità a regolare bene le manovre dormienti, ho
trovato la 21i molto divertente da condurre : è una piccola barca potenzialmente molto veloce, assai
sensibile e magnificamente godibile, che non è stata troppo vestita per mantenerla economica e non
eccessivamente esigente per i novizi. Quello che veramente mi piacerebbe è poterla “drogare” un
po’, portarla fuori con un vento di 25 nodi con tutto che vola, ed esplorare I suoi limiti. Qualcosa
mi dice che non rimarrei deluso …