Dental 1.qxd
Transcript
Dental 1.qxd
ENDOSCOPIA PARODONTALE Introduzione Gli ultimi anni sono stati indubbiamente caratterizzati da un fervido progresso tecnologico in ambito odontoiatrico. Molteplici branche ne hanno potuto trarre vantaggio e tra queste senza dubbio anche la parodontologia. Nell’ambito parodontale, riferendosi allo specifico settore della rimozione del fattore causale, si è assistito a una spiccata evoluzione dello strumentario già esistente con l’introduzione di nuove forme e materiali (1-3). In generale, si potrebbe riassumere che in tale ambito il progresso tecnologico ha permesso di introdurre strumenti complessivamente più miniaturizzati e morfologicamente più versatili mirando nell’insieme a plurimi vantaggi clinici quali: una più efficiente rimozione del fattore causale, una più agevole operatività e una riduzione del traumatismo verso i tessuti. A modificare ulteriormente e in modo indubbiamente innovativo le abitudini terapeutiche in tale settore, è giunta di recente anche l’introduzione dell’endoscopia. L’applicazione infatti della tecnologia endoscopica, già da anni applicata con successo ad altre discipline mediche, porta alla rivoluzionaria possibilità di un accesso visivo praticamente atraumatico ed estremamente amplificato dell’area sottogenviale (4, 5). L’introduzione sul mercato delle citate innovazioni non è d’altro canto ancora stata adeguatamente supportata da opportune analisi di validazione scientifica sul loro concreto apporto, lasciando quindi ancora oggi l’incertezza di un effettivo beneficio clinico (6, 7). Nonostante l’attuale carenza di evidenze scientifiche, queste innovazioni sembrano aprire comunque avvincenti ipotesi terapeutiche permettendo nell’insieme di poter speculare su di una possibile ridefinizione dei confini applicativi della terapia parodontale non chirurgica. La presentazione di due casi clinici guiderà alcune riflessioni sul tema. novità in terapia parodontale non chirurgica Marco Montevecchi*, Vittorio Checchi**, Luigi Checchi* * Reparto di Parodontologia e Implantologia, Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche Alma Mater Studiorum - Università di Bologna. ** Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche Ortodontiche e Chirurgiche Seconda Università di Napoli. n Stato dell’arte: negli ultimi anni in parodontologia molta attenzione è stata dedicata a nuove tecnologie e a nuovi strumenti miniaturizzati che, in virtù delle loro piccole dimensioni, permettono un minor traumatismo dei tessuti parodontali trattati e una maggior efficacia nel raggiungimento di aree anatomiche complesse. n Il ruolo dell’endoScopIa: all’interno di questo processo evolutivo l’introduzione della tecnologia endoscopica ha costituito forse la maggior innovazione tecnica. Mediante l’utilizzo di una fibra ottica di dimensioni sottilissime si è infatti reso possibile un accesso visivo estremamente ingrandito alle aree sottogengivali con una minima invasività verso i tessuti parodontali. n I caSI clInIcI: l’utilizzo dell’endoscopio parodontale in associazione a strumentario miniaturizzato verrà descritto attraverso la presentazione di due casi clinici emblematici. Dai risultati clinici così ottenuti si trarrà spunto per alcune considerazioni sulle potenzialità della terapia parodontale non chirurgica alla luce delle più recenti innovazioni tecnologiche. casi clinici n CASO 1 Una paziente di 54 anni di razza caucasica si rivolge al Reparto di Parodontologia e Implantologia lamentando un generale sanguinamento gengivale associato a saltuari gonfiori gengivali in sede palatale all’incisivo centrale superiore di sinistra. Da un punto di vista medico anamnestico la paziente risulta Anno I - n°4 - dicembre 2009 11 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE PUNTO CHIAVE La paziente è trattata con 5 sedute di levigatura radicolare, di cui una endoscopica. 12 Anno I - n°4 - dicembre 2009 classificabile come ASA status 1. Dopo un’attenta analisi clinica e radiografica, posta la diagnosi di parodontite cronica generalizzata di grado medio-lieve, viene formulato il seguente piano di trattamento preliminare: a) test microbiologico, b) istruzioni d’igiene orale, c) 5 sedute di levigatura radicolare con anestesia locale, di cui una conclusiva con visione endoscopica mirata ai siti con i sondaggi più profondi, d) rivalutazione. A distanza di circa un mese dall’ultima seduta, la paziente viene quindi rivalutata clinicamente registrando un generale miglioramento di tutti i parametri (fig. 1). Alla luce dei risultati clinici ottenuti, la paziente viene conseguentemente inserita in un programma di mantenimento igienico con cadenza trimestrale. Visto il miglioramento dei valori di sondaggio e al fine di valutare la risposta ossea al trattamento endoscopico, a distanza di 6 mesi dalla seduta, vengono eseguite due radiografie endorali periapicali con tecnica parallela mirate alle aree n. 1.2 e 2.1. L’analisi di tali immagini e il confronto con le precedenti permette di apprezzare un significativo riempimento dei difetti ossei inizialmente presenti (fig. 2 e 3). Dal confronto clinico tra il quadro iniziale e quello corrispondente alla seconda analisi radiografica si apprezza una generale stabilità del margine gengivale, portando quindi a escludere una riduzione della profondità di sondaggio da contrazione in senso apicale de tessuti molli (fig.4). Figura 2 Aspetto radiografico dell’area 1.2 distale. Si può apprezzare una remineralizzazione del difetto angolare inizialmente presente. Figura 3 Aspetto radiografico dell’area 2.1. Si può apprezzare il sostanziale miglioramento osseo a carico dell’elemento 2.1 Figura 1 Cartella clinica parodontale con valori di profondità di sondaggio corrispondenti alla prima visita e alla rivalutazione eseguita a 1 mese dalla terapia non chirurgica. ENDOSCOPIA PARODONTALE n CASO 2 Una paziente di razza caucasica, 60 anni, è inviata da collega esterno al nostro reparto per problematiche di tipo parodontale. La principale lamentela della paziente è la percezione di forte movimento degli elementi dentali antero-superiori associata a una generale dolenzia delle gengive. Dopo un attento esame radiografico e la specifica raccolta dei parametri biometrici, si effettua la diagnosi di parodontite cronica generalizzata di grado avanzato. Da un punto di vista anamnestico la paziente dichiara di assumere da 2 anni dei bifosfonati per via endovenosa (Acido Zoledronico 5 mg, 1 volta l’anno) per il trattamento dell’osteoporosi postmenopausale; non vengono segnalate altre problematiche di tipo medico. La paziente viene classificata come classe ASA 2 con una limitazione temporanea alla terapia chirurgica. La paziente, dopo l’esecuzione del test microbiologico e il conferimento di adeguate istruzioni igieniche viene sottoposta a una fase di terapia parodontale non chirurgica in 4 sedute. In fase di rivalutazione (fig.5), eseguita a 1 mese dall’ultima seduta di levigatura radicolare, viene scelto di effettuare un’ulteriore trattamento non chirurgico in visione endoscopica e strumentario miniaturizzato del II sestante (fig.6 e 7). La paziente viene quindi nuovamente rivalutata a un mese di distanza evidenziando un ulteriore miglioramento parodontale dell’area trattata e una significativa riduzione della mobilità inizialmente lamentata (fig.5 e 8). Vista la positiva risposta alla terapia effettuata e la soddisfazione della paziente per il risultato ottenuto si decide di entrare in una fase di mantenimento igienico con scadenze trimestrali. Dopo 6 mesi dalla seduta endoscopica viene effettuata una nuova analisi radiografica periapicale di tutto il settore antero-superiore evidenziando un generale rimodellamento osseo con armonizzazione del margine corticale e pressoché totale riempimento dei difetti intraossei presenti in prima visita (fig.9). PUNTO CHIAVE La paziente lamenta movimento degli elementi dentali e dolenzia delle gengive. Figura 4 II sestante alla prima visita (4a) e a circa 8 mesi di distanza (4b). Si sottolinea come l’andamento del margine gengivale si sia mantenuto stabile tra i due momenti d’osservazione e quindi come la riduzione dei valori di sondaggio riscontrata all’ultima valutazione non sia da ricondurre, in tale distretto anatomico, a una contrazione tissutale. PUNTO CHIAVE Dopo 6 mesi di trattamenti si evidenzia un generale rimodellamento osseo. Figura 5 Cartella clinica parodontale riportante i valori dei sondaggi raccolti rispettivamente durante la prima visita, la rivalutazione dopo 4 sedute di levigatura radicolare e la seconda rivalutazione a 1 mese dalla seduta endoscopica. Anno I - n°4 - dicembre 2009 13 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE Figura 6 Aspetto palatale del II sestante prima della seduta endoscopica. È possibile osservare la presenza di tasche parodontali e di sanguinamento al sondaggio. discussione PUNTO CHIAVE La terapia convenzionale ha dimostrato di ridurre la progressione della patologia. Figura 8 Rivalutazione a un mese dalla seduta endoscopica. I valori di sondaggio patologici inizialmente presenti sono ora completante risolti. 14 Figura 7 Aspetto palatale del II sestante durante la seduta endoscopica. Si noti la presenza dell’endoscopio in fase di scivolamento all’interno della tasca palatale del n. 1.1. L’approccio terapeutico convenzionale alla malattia parodontale è costituito dalla sequenza di ben definite fasi terapeutiche: la terapia causale con il controllo dei fattori di rischio, la terapia chirurgica, detta anche correttiva e la terapia di supporto o di mantenimento. Tali misure terapeutiche hanno dimostrato la capacità di ridurre se non arrestare la progressione della patologia e consentire la riparazione o anche la rigenerazione dell’apparato di sostegno leso. Figura 9 Aspetto radiografico del settore antero-superiore alla prima visita (9a) e a circa 10 mesi di distanza (9b) con terapia parodontale non chirurgica effettuata. Dal confronto delle immagini è possibile apprezzare un generale miglioramento morfologico del supporto osseo. Anno I - n°4 - dicembre 2009 ENDOSCOPIA PARODONTALE Per quanto concerne la terapia causale, dalle osservazioni di più autori è stato oramai chiaramente dimostrato come la rimozione del tartaro associata alla levigatura radicolare sottogengivale, se eseguite con cura, rappresentano un mezzo efficace per eliminare la gengivite e ridurre la profondità del sondaggio (8). Se quindi da una parte è praticamente unanime il riconoscimento del cruciale ruolo terapeutico della strumentazione radicolare senza accesso chirurgico, dall’altra non le viene comunemente conferita alcuna concreta capacità nell’ambito della rigenerazione parodontale. Questa comune posizione scientifica sembra comunque contrastare con i casi clinici qui presentati (fig. 2 a-b, 3 ab e 4 a-b), ove un rilevante miglioramento dei valori clinici assieme alle modifiche radiografiche, sembrano far ipotizzare un possibile processo rigenerativo. Alla base di questa posizione risiedono autorevoli osservazioni istologiche che con chiarezza hanno dimostrato come la guarigione derivante da tale trattamento parodontale risulti essere la formazione di un epitelio giunzionale lungo, con un esito finale quindi di tipo riparativo (9). La stessa tipologia di guarigione è stata per altro recentissimamente descritta anche per siti trattati mediante l’ausilio dell’endoscopia parodontale (10). Se quindi è inequivocabile il processo di tipo riparativo che consegue alla levigatura radicolare sottogengivale, è altrettanto vero che poco è stato riportato in letteratura riguardo alla risposta dei tessuti più prossimi alla corticale o compresi in una tasca infraossea. Bisogna quindi riconoscere come le attuali acquisizioni siano frutto d’analisi istologiche molto focalizzate alla porzione tissutale sovracrestale e, quindi, al rapporto epitelio-giunzionale e attacco-connettivale. Mentre una certa carenza descrittiva ricade verso la guarigione della porzione posta più apicalmente. Alla luce di tutto ciò, benché pochi siano gli studi che hanno focalizzato l’attenzione sulla risposta del tessuto osseo alla sola terapia non chi- rurgica, un effettivo miglioramento radiografico è stato in più casi riportato (11-14). Molto interessante in tal senso risulta un recente studio di Hwang et al. nel quale gli Autori, mediante un’analisi radiografica con tecniche sottrattive, hanno evidenziato come a 6 mesi di distanza dalla levigatura sottogengivale si verifichi in modo significativo una remineralizzazione del tessuto osseo e come questo avvenga in particolare a carico dei difetti infraossei (>3 mm), specialmente nella loro porzione più apicale (15). Sempre sulla risposta del tessuto osseo alla terapia parodontale indubbiamente interessanti sono anche le osservazioni riportate da Schmidt et al. in uno studio del 1988 basato sempre su valutazioni di tipo radiograficosottrattivo (16). In tale lavoro si è infatti osservato come una perdita ossea post trattamento sia significativamente più frequente ove la levigatura radicolare si associ anche all’accesso chirurgico. Più chiaramente, un lembo d’accesso associato a levigatura radicolare sembra indurre una risposta più sfavorevole da parte del tessuto osseo rispetto alla sola levigatura sottogengivale. Tra i molteplici fattori che possono avere un’influenza su tale risultato, quello che a nostro avviso assume un ruolo rilevante per i difetti infraossei è rappresentato dalla potenziale presenza di una componente ossea non più apprezzabile radiograficamente in quanto demineralizzata dal processo flogistico tipico della patologia, ma non ancora irrimediabilmente danneggiata. Tale porzione conserverebbe ancora la cruciale capacità di remineralizzarsi potendo quindi ricostituire parte del complesso parodontale apparentemente andato perso. Di fronte a tali tessuti l’accesso chirurgico può quindi essere più sfavorevole che utile andando a resecare direttamente le fibre adese alla superficie radicolare o comunque rendendo più probabile la rimozione di tale tessuto durante la procedura di levigatura radicolare. Come esito finale tale procedura porterebbe quindi a una guarigio- PUNTO CHIAVE La levigatura radicolare e la rimozione del tartaro riducono la profondità del sondaggio. PUNTO CHIAVE La risposta positiva del tessuto osseo alla sola terapia non chirurgica è stato riportata in più casi. Anno I - n°4 - dicembre 2009 15 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE PUNTO CHIAVE L’approccio non chirurgico preserva inoltre le fibre connettivali sovracrestali. PUNTO CHIAVE Una levigatura radicolare completa sotto visione endoscopica migliora lo stato parodontale. 16 Anno I - n°4 - dicembre 2009 ne praticamente priva di possibili remineralizzazioni ossee, se non addirittura a processi di riassorbimento, benché minimi, per la formazione di una nuova ampiezza biologica (17, 18). In ultimo, un altro possibile vantaggio dell’approccio non chirurgico rispetto a qualsiasi tecnicismo che preveda il sollevamento di un lembo potrebbe risiedere concettualmente anche nella preservazione di quelle fibre connettivali sovracrestali che, per la loro riconosciuta importanza nella stabilità dell’elemento dentale, potrebbero giocare nei primissimi giorni un ruolo favorevole nel processo di guarigione delle porzioni più prossime alla superficie dentale (19). Se da una parte è vero che solo un esame istologico può chiarire quale rapporto esista tra il tessuto osseo ricreatosi e la superficie radicolare a esso adiacente, sulla base delle attuali conoscenze nell’ambito della guarigione tissutale si potrebbe ipotizzare sia un’interposizione epiteliale sia connettivale rispetto a un contatto diretto osso-radice (20, 21). Se quindi da una parte alla sola levigatura radicolare senza apertura di lembo non sono a oggi riconosciute significative capacità rigenerative del complesso parodontale, si può dichiarare che tale approccio terapeutico è comunque potenzialmente in grado di sviluppare un importante effetto benefico anche a carico del tessuto osseo. Dai casi descritti e da quanto riportato sembra quindi possibile pensare che un’attenta e completa levigatura radicolare eseguita sotto visione endoscopica e con strumenti miniaturizzati possa migliorare in maniera significativa lo stato parodontale del paziente inducendo anche processi rigenerativi, almeno a livello osseo, in presenza di difetti angolari. Spostando l’interesse delle presenti riflessioni sull’applicabilità della terapia parodontale chirurgica, sono molteplici le situazioni in cui si ritiene opportuno valutare attentamente gli effettivi costi/benefici della medesima. Non contemplando le limitazioni di tipo puramente economico ma focalizzando l’at- tenzione sulle condizioni mediche del paziente può essere estremamente utile, traendo spunto dal secondo caso clinico qui descritto, fare alcune considerazioni sull’attualissima problematica odontoiatrica derivante dall’assunzione di bifosfonati. Da decenni, tali farmaci rappresentano un importante ausilio nel trattamento di patologie metaboliche e oncologiche coinvolgenti l’apparato scheletrico; in virtù prevalentemente delle loro capacità inibitorie verso il riassorbimento osseo mediato dagli osteoclasti essi sono ampiamente utilizzati nel trattamento dell’osteoporosi, del morbo di Paget, dell’ipercalcemia secondaria a patologie neoplastiche e per altre condizioni associate ad aumentata attività osteoclastica (22, 23). Se fino a oggi si riteneva che i bifosfonati fossero ben tollerati e raramente in grado di causare effetti collaterali rilevanti (24), dati recenti hanno invece evidenziato casi di osteonecrosi delle ossa mascellari e della mandibola, non solo dopo somministrazione per via endovenosa ma anche dopo assunzione per via orale (25, 26). Anche se le conoscenze in tale ambito si stanno ampliando, purtroppo ancora molti sono i punti che necessitano di chiarimenti. Di fronte a tali incertezze e all’importanza della problematica sono state recentissimamente delineate dall’American Dental Association delle linee guida rivolte alla pratica clinica odontoiatrica (27). Tra le molteplici raccomandazioni suggerite c’è quella di ridurre al minimo tutte le manovre che possano portare a un’esposizione del tessuto osseo. Riferendosi al settore puramente parodontale, la terapia chirurgica diviene conseguentemente sconsigliata per i possibili rischi che ne potrebbero derivare. Con tutte le limitazioni insite nella presentazione di un caso clinico, la buona risposta tissutale ottenuta in completa assenza di complicanze induce a riflettere sulle potenzialità di tale approccio minimamente invasivo. L’idea di poter attualmente usufruire, almeno da un punto di vista teorico, di una ENDOSCOPIA PARODONTALE terapia non chirurgica più efficace rispetto a prima, costituisce infatti un’interessante opportunità di trattamento per quei pazienti la cui gestione terapeutica si presenta tuttora non priva d’incertezze. 7 Geisinger ML, Mealey BL, Schoolfield J, Mellonig JT. The effectiveness of subgingival scaling and root planing: an evaluation of therapy with and without the use of the periodontal endoscope. J Periodontol 2007; 78 (1): 22-8. conclusioni 9 Caton J, Nyman S, Zander H. Histometric evaluation of periodontal surgery. II. Connective tissue attachment levels after four regenerative procedures. J Clin Periodontol 1980; 7: 224-231. Si può quindi concludere come da questo insieme d’osservazioni non sembri irrazionale pensare a una ridefinizione delle capacità terapeutiche e indicazioni cliniche della levigatura radicolare sottogengivale, in particolare quando attuata con l’ausilio delle più recenti innovazioni strumentali e quando associata a una forte collaborazione igienica del paziente. L’attuale carenza di conferme scientifiche obbliga comunque a una dovuta cautela di posizione non dimenticando, peraltro, l’estrema difficoltà pratica a ottenere effettivamente una radice biologicamente sana. Bibliografia 1. Yukna RA, Vastardis S, Mayer ET. Calculus removal with diamond-coated ultrasonic inserts in vitro. J Periodontol 2007; 78 (1): 122-6. 2. Walmsley AD, Lea SC, Landini G, Moses AJ. Advances in power driven pocket/root instrumentation. J Clin Periodontol 2008; 35 (8 Suppl): 22-8. 3 Canakci V, Orbak R, Tezel A, Canakci CF. Influence of different periodontal curette grips on the outcome of mechanical non-surgical therapy. Int Dent J 2003; 53 (3): 153-8. 4 Stambaugh RV, Myers G, Ebling W, Beckman B, Stambaugh K. Endoscopic visualization of the submarginal gingiva dental sulcus and tooth root surfaces. J Periodontol 2002; 73 (4): 374-82. 5 Checchi L, Montevecchi M. L’endoscopia dentale nella terapia parodontale non chirurgica. Dental Cadmos 2004; 72, 10: 13-17. 6 Walmsley AD, Lea SC, Landini G, Moses AJ. Advances in power driven pocket/root instrumentation. J Clin Periodontol 2008; 35 (8 Suppl): 22-8. 8 Cobb CM 1996. Non-surgical pocket therapy; mechanical. Annals of Periodontology 1, 443-490. 10 Wilson TG Jr, Carnio J, Schenk R, Myers G. Absence of histologic signs of chronic inflammation following closed subgingival scaling and root planing using the dental endoscope: human biopsies - a pilot study. J Periodontol 2008; 79 (11): 2036-41. 11 Rosling B, Nyman S, Lindhe J. The effect of sistemi plaque control on bone re generation in infrabony pockets. J Clin Periodontol 1976; 3: 38-53. 12 Polson AM, Heijl LC. Osseous repear in infrabony periodontal defects. J Clin Periodontol 1978; 5: 1323. 13 Renvert S, Nilvèus R, Egelberg J. Healing after treatment of periodontal intraosseous defects. Effect of root planning versus flap surgery. J Clin Periodontol 1985; 12: 619-629. PUNTO CHIAVE La levigatura radicolare sottogengivale potrebbe avere nuove indicazioni cliniche e terapeutiche 14 Isidor F, Attstrom R, Karring T. Regeneration of alveolar bone following surgical and non-surgical periodontal treatment. J Clin Periodontol 1985; 12: 687-696. 15 Hwang YJ, Fien MJ, Lee SS, Kim TI, Seol YJ, Lee YM, Ku Y, Rhyu IC, Chung CP, Han SB. Effect of Scaling and Root Planing on Alveolar Bone as Measured by Subctractiong Radiography. J Periodontol 2008; 79: 1663-1669. 16 Schmidt EF, Webber RL, Ruttimann UE, et al. Effect of periodontal therapy on alveolar bone as measured by subtraction radiography. J Periodontol 1988; 59: 633-638. 17 Levine HL, Stahl S. Repair following periodontal flap surgery with the retention of gingival fibers. J Periodontol 1972; 43: 99-103. 18 Carnevale G, Cairo F, Tonetti M. Long-term effects of supportive therapy in periodontal patients treated with fibre retention osseous resective surgery. I: Recurrance of pockets, bleeding on probing and tooth loss. J Clin Periodontol 2007; 34: 334-341. 19 Wikesjo UM, Nilveus RE, Selvig KA. Significance of early healing events on periodontal repair: a review. J Periodontol 1992; 63 (3): 158-65. Anno I - n°4 - dicembre 2009 17 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE 20 Nyman S, Karring T, Lindhe J, Planten S. Healing following implantation of periodontitis affected roots into gingival connective tissue. J Clin Periodontol 1980; 7: 394-401. 21 Karring T, Nyman S, Lindhe J. Healing following implantation of periodontitis affected roots into bone tissue. J Clin Periodontol 1980; 7: 96-105. 22 Shaw NJ, Bishop NJ. Bisphosphonate treatment of bone disease. Arch Dis Child 2005; 90 (5): 494-9. 23 Berenson JR, Hillner BE, Kyle RA, Anderson K, Lipton A, Yee GC, Biermann JS. American Society of Clinical Oncology Bisphosphonates Expert Panel. American Society of Clinical Oncology clinical practice guidelines: the role of bisphosphonates in multiple myeloma. J Clin Oncol 2002; 20 (17): 3719-36. 24 Conte P, Guarneri V. Safety of intravenous and oral bisphosphonates and compliance with dosing regimens. Oncologist 2004; 4: 28-37. 25 Ruggiero SL, Mehrotra B, Rosenberg TJ, Engroff SL. Osteonecrosis of the jaws associated with the use of bisphosphonates: a review of 63 cases. J Oral Maxillofac Surg 2004; 62 (5): 52734. 26 Cheng A, Mavrokokki A, Carter G, Stein B, Fazzalari NL, Wilson DF, Goss AN. The dental implications of bisphosphonates and bone disease. Aust Dent J 2005; 50 (4 Suppl 2): S413. 27 Edwards BJ, Hellstein JW, Jacobsen PL, Kaltman S, Mariotti A, Migliorati CA; American Dental Association Council on Scientific Affairs Expert Panel on Bisphosphonate-Associated Osteo-necrosis of the Jaw. Updated recommen-dations for managing the care of patients receiving oral bisphosphonate therapy: an advisory statement from the American Dental Association Council on Scientific Affairs. J Am Dent Assoc 2008; 139 (12): 1674-7. Noi tutti desideriamo fonti di aggiornamento che non si limitino a fornirci nuove informazioni e conoscenze, ma che anche ci consentano rapidamente di fare un salto di qualità riguardo la nostra pratica professionale. A tale riguardo La gestione pratica del paziente odontoiatrico. Protocolli, linee guida, norme è il libro che abbiamo sempre cercato e che con semplicità ci guida nel mondo, non da tutti già visitato, della promozione della qualità e della soddisfazione globale del “paziente-cliente” nello studio odontoiatrico. Quali doti ricercano i pazienti in noi odontoiatri? In base a quali parametri valutano le nostre capacità e l’efficienza dello studio in cui operiamo? Come dobbiamo gestire lo studio non solo per tutelare la salute del nostro paziente, ma anche per ottenerne la piena soddisfazione? Questo libro risponde a questi e molti altri interrogativi, guidandoci nei percorsi volti a sviluppare le modalità di comunicazione, i servizi e le procedure che pongono la prevenzione e il benessere del paziente al centro delle attività del team odontoiatrico. Le varie tematiche vengono affrontate e trattate in modo approfondito, semplice e pratico e ci permettono di implementare rapidamente i suggerimenti indicatici dagli Autori, noti esperti nel settore della gestione dello studio odontoiatrico. Particolare attenzione è pure volta al richiamo delle normative cui lo studio odontoiatrico deve ottemperare, fornendoci uno straordinario punto di riferimento per tutte le incombenze amministrative che ormai gravano sullo studio odontoiatrico. Un testo utile per tutti gli odontoiatri: per i più giovani che apprenderanno come partire con il piede giusto e per i più esperti che potranno migliorare la loro pratica e il loro successo professionale. Antonio Carrassi Giulio C. Leghissa, Silvia Moretti, Claudio Palerma, Gianpaolo Buzzi La gestione pratica del paziente odontoiatrico. Protocolli, linee guida, norme Elsevier - Masson 2007 450 pagine, 270 illustrazioni 140,00 euro