il canale – waalweg – di sluderno
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Tel. 0473 210430 Agenzia di Educazione Permanente - Weiterbildungsorganisation Tangram SENTIERI D’ACQUA – PERCORSI TRA NATURA E STORIA IL CANALE – WAALWEG – DI SLUDERNO Scheda storica di approfondimento La battaglia della Calva Alla fine del 1400 la popolazione dell’alta Val Venosta era sottoposta alla giurisdizione di diversi padroni. Una parte del territorio, infatti, apparteneva al principe del Tirolo, l'allora imperatore Massimiliano I, un'altra era sotto il controllo del vescovo di Coira, una cittadina svizzera poco distante dall'attuale confine di Tubre, e una terza parte apparteneva al convento di Monte Maria, vicino a Burgusio. Anche le locali famiglie di nobili possedevano terreni e disponevano nel bene e nel male della vita dei sudditi residenti all'interno del proprio territorio. In questo modo la popolazione venostana era completamente lacerata e quando nel 1499 i confederati svizzeri marciarono verso la Val Venosta, molti abitanti non sapevano da che parte stare. L'imperatore Massimilano I ed i nobili alleati obbligarono i sudditi a combattere per l'esercito imperiale, mentre quelli residenti a pochi chilometri di distanza, soggetti al potere vescovile, dovettero combattere contro la loro stessa gente. Già in precedenza la tensione era notevolmente salita a causa delle ruberie e dei saccheggi compiuti dalle due parti in conflitto; i soldati dell'esercito imperiale a spese degli abitanti dell'Engadina e i confederati a spese degli abitanti di Nauders. La battaglia più cruenta, avvenne in un gelido mercoledì dopo Pentecoste, il 22 maggio 1499. In una zona che si estendeva tra gli attuali paesi di Nauders e Tubre, erano schierati 8.000 uomini per parte. Gli svizzeri avevano occupato la posizione strategica migliore, leggermente più in alto rispetto alle truppe imperiali, che erano invece dislocate più a valle, in località Calva, in attesa dell'attacco nemico. Dall'alto delle postazioni la fanteria svizzera aveva osservato il dislocamento delle truppe imperiali e conosceva la strategia difensiva. Aveva quindi studiato un piano di attacco, che prevedeva l'invio di 2.000 uomini lungo un percorso d'alta quota in modo da aggirare e attaccare alle spalle gli imperiali. Il piano scattò di notte; i confederati, guidati dai comandanti Wilhelm Rink e Niklaus Lombris, salirono a sinistra di Tubre fino ad una zona chiamata Bärenloch, raggiunsero il giogo e si divisero in due gruppi: un gruppo andò lungo il dorso della montagna, l'altro scese attraverso una valle laterale fino a Clusio, dove i due gruppi si ricongiunsero. I loro movimenti in alta quota non potevano venir osservati dalle guarnigioni imperiali, neppure da quelle messe a difesa dei castelli, più decentrati rispetto al campo di battaglia. © Tangram - Merano Solo la cavalleria imperiale guidata dal nobile Ulrich von Halsberg e dislocata nel paese di Malles nella parte opposta della valle, aveva notato da lontano il movimento notturno dei confederali, scambiandoli però per truppe alleate impegnate in uno spostamento di rinforzo. Giunte nei pressi di un fienile, in aperta campagna, i confederati appiccarono il fuoco per dare il segnale di attacco al resto della fanteria che era in attesa. Fu il via per il doppio attacco; le postazioni difensive delle truppe imperiali furono attaccate contemporaneamente di fronte e di spalle. I 2.000 confederali riuscirono a conquistare e ad occupare un importante punto strategico, un ponte nei pressi di Landes, mentre il resto della fanteria attaccava frontalmente e a più riprese le postazioni difensive degli imperiali. Fra i soldati che formavano la fanteria imperiale vi erano anche dei mercenari, chiamati napoletani, perché avevano combattuto in Italia; furono costoro a difendere con successo il lato sinistro del Bönschawald. Al centro, nelle trincee, tra gli imperiali, combattevano molti tirolesi e venostani. L'esito della battaglia rimase a lungo incerto. L'errore strategico venne commesso dalla cavalleria: mentre i soldati cadevano a centinaia, la cavalleria nobiliare si mantenne a debita distanza dal campo di battaglia e non intervenne neppure nel momento più critico. L'inetto comandante Ulrich von Habsberg, temendo l'ira dei venostani, dopo la battaglia fuggì in direzione di Merano e si tenne nascosto nel Castel Trautsberg presso Naturno. In mancanza dell'intervento della cavalleria e di altre truppe imperiali che dovevano arrivare, a molti venostani vennero dubbi sulle motivazioni dello scontro e furono molto probabilmente proprio loro a ritirarsi per primi, avvantaggiando così i confederati, che in poche ore conclusero la battaglia, mettendo in fuga gli imperiali e non facendo prigionieri. Le truppe di rinforzo giunsero appena tre giorni dopo la sconfitta della Val Venosta e l'imperatore Massimiliano sembra aver pianto di fronte al crudo destino dei venostani. Il risultato di questa carneficina fu 4.000 morti per parte. Dopo la battaglia gli svizzeri, animati da uno spirito vendicativo, diedero alle fiamme l'allora ancora poco fortificata città di Glorenza e i paesi di Tubre, Landes, Malles, Montechiaro, Prato, Sluderno, Spondigna, Cengles e Oris. In una seconda sortita i vincitori della Calva incendiarono completamente Silandro e Lasa e avanzarono fino a Morter e Laces. Oltre i paesi venne appiccato il fuoco anche a numerose chiese con eccezione del monastero di Monte Maria; alcuni castelli fortificati, fra cui Castel Coira, riuscirono a resistere all'ira devastatrice dei confederati. Quando la notizia della strage giunse a Merano, i 30 ostaggi svizzeri qui tenuti vennero impiccati davanti alla Porta Venosta. Le parti opposte continuarono per anni a compiere saccheggi tra l'inerme popolazione venostana. A cura delle studentesse dell’ITC di Malles, sotto la guida dell’insegnante Herbert Raffeiner e del Preside Max Bliem. © Tangram - Merano