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Con Noseda ritorna l'opera
Il grande direttore d’orchestra italiano Gianandrea Noseda sarà al Lac martedì 25
ottobre con l’orchestra e il coro del Teatro Regio di Torino per dirigere La Bohème
/ 24.10.2016
di Enrico Parola
È uno dei «fab four» italiani del podio: assieme a Muti, Chailly e Gatti, Gianandrea Noseda gira il
mondo per dirigere le orchestre più prestigiose, è di casa al Metropolitan di New York, dove è stato
tra i papabili per la successione al mito di casa James Levine «consolandosi» poi con la nomina a
direttore musicale dell’Opera di Washington.
È stato il primo straniero a diventare direttore principale ospite del Marinskij Teatr, voluto
personalmente a San Pietroburgo dallo zar della classica russa Valery Gergiev; stesso ruolo ha anche
con la London Symphony, orchestra ammiraglia delle flotta musicale britannica, e alla Israel
Philharmonic; senza contare le stagioni passate alla BBC (con relative esibizioni ai mitici Proms
londinesi) o alla Scala, il teatro della città in cui è nato 52 anni fa. Dal 2007 guida anche il Regio di
Torino, ed è proprio con le maestranze del teatro piemontese che Noseda fa al pubblico luganese il
regalo più atteso dell’intera stagione musicale: il ritorno della lirica sulle sponde del Ceresio.
Già da mesi, da quando era stato annunciato il cartellone di LuganoMusica, i melomani ticinesi
avevano segnato col classico circolino rosso la data del 25 ottobre: domani infatti il palco del Lac
accoglierà in forma di concerto la Bohème di Puccini, portata dall’orchestra e dal coro del Teatro
Regio di Torino dove è andata in scena in queste settimane. Ma prima di salire sul podio Noseda
incontrerà i vertici della Ermenegildo Zegna, la maison di moda con sede a Stabio che dieci anni fa
l’ha scelto come testimonial nel mondo, a conferma di una fama e di un appeal che vanno ben oltre i
confini spesso angusti della musica classica.
«Mi hanno detto della grande attesa verso il ritorno dell’opera e sono contento di realizzarlo con
Bohème, un’opera che ha accompagnato tutta la mia vita» racconta Noseda «All’inizio ascoltata in
disco: avevo 13-14 anni, era l’incisione di Karajan con i Wiener Philharmoniker; poi vista alla Scala,
il teatro della mia città. Ed è stata la prima opera diretta al Mariinskij, nel 2001. Arriviamo a Lugano
preparati: l’abbiamo provata a lungo e replicata per nove serate al Regio; qui non ci saranno scene,
costumi e movimenti, ma credo che emergerà in modo ancor più nitido la forza teatrale della musica
di Puccini: basta questa a creare scene e suggerire azioni».
Per il maestro non è un dettaglio: «È un’opera talmente famosa che si crede di conoscerla, si prova
poco e non si riesce a calibrare quel perfetto, sottilissimo equilibrio che Puccini crea tra voci e
orchestra. I protagonisti sono giovani, ma perché la musica abbia un respiro giovanile senza
risultare superficiale è necessario che il suono orchestrale sia trasparente, così da permettere alle
voci le mille sfumature che i personaggi richiedono. Puccini è generosissimo con le indicazioni
strumentali: lui non fu solo uno straordinario melodista, da giovane studiò a fondo Mahler e si sente,
in Bohème guarda ai francesi come Debussy e addirittura anticipa Stravinskij: la fanfara che apre la
grande scena corale del mercato di Perpignan, nel secondo atto, richiama da vicino la danza russa
del Petrushka».
Ma Bohème è innanzitutto canto e teatro: Rodolfo il poeta e la fragile Mimì, Marcello il pittore e la
civettuola Musetta, di ognuno di loro Puccini scolpisce un ritratto memorabile, ma Noseda non ha
dubbi: «La mia preferita è Mimì, un personaggio delicato ed educato – in tutta l’opera dice almeno
sei, sette volte grazie - entra in punta di piedi ma sa quello che vuole e pur non vincendo il suo
carattere mite e timido riesce a sostenere le sue posizioni ed esprimere i suoi sentimenti più sinceri
di fronte agli altri». Quanto ai momenti preferiti, anche qui il maestro non ha esitazioni: «Nei duetti
Puccini raggiunge l’apice dell’introspezione psicologica e dall’abilità nel tradurli in musica.
Quelli tra Rodolfo e Mimì ovviamente, all’inizio con lei pudica e quasi imbarazzata e lui teneramente
folgorato da quella «importuna vicina», come Mimì si definisce; e poi alla fine, con la reciproca
confessione sui gesti e i sentimenti non detti durante quel primo incontro».
Ma il momento di pura magia è l’inizio del terzo atto, la scena della locanda dove Marcello dipinge «i
guerrieri sulla facciata» e Musetta «insegna il canto ai passeggeri»: «Prima di vedere Rodolfo, Mimì
ha un duetto con Marcello: lui la invita a entrare, lei rifiuta quando sa che c’è anche Rodolfo perché
“m’ama e mi sfugge” e le ripete “che non fai per me”.
La fanciulla confessa all’amico che non riesce più a dormire perché si sente abbandonata dall’amato;
l’amico, imbarazzato, le rivela che invece Rodolfo sta dormendo, ma quasi a scusarlo puntualizza “è
arrivato avanti l’alba”. E il dialogo si dipana mentre Marcello vi intreccia accenni alla sua relazione
non certo facile: “son lieve a Musetta, ella è lieve a me”. In tutta questa scena c’è la capacità di
accennare senza dire esplicitamente, a parole e con le note: qui Puccini compie una vera magia».