Magnifico Rettore , Eccellenza Reverendissima , Signore e Signori
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Magnifico Rettore , Eccellenza Reverendissima , Signore e Signori
Magnifico Rettore , Eccellenza Reverendissima , Signore e Signori . Vorrei iniziare questo mio piccolo contributo sulla storia del tesoro della Chiesa, che sono le indulgenze , con una citazione del grande e dimenticato Giovanni Papini . Egli scrisse infatti un commento sull’anno santo 1950. Alla vigilia di quell’anno santo e subito dopo la sua apertura , s’era interrogato, pessimisticamente ma con riflessioni incontestabili, sull’assenza del senso del peccato, indispensabile per un’autentica celebrazione giubilare: “Quanti saranno, tra gli innumerevoli pellegrini a tariffa ridotta, incamminati verso le tombe degli apostoli, che sentiranno davvero, nel fondo più profondo dell’anima, il morso e il pungolo del peccato? Voglio sperare che sian molti anzi che siano i più. Ma non è pur da temere che molti dei sedicenti pellegrini, cresciuti in un mondo che sempre più dimentica o ignora il senso del peccato - siano soltanto dei bravi turisti che col pretesto dell’Anno Santo voglion vedere o rivedere, con modica spesa, la famosa Roma e la bella Italia?”. E in un altro scritto sul giubileo, constatando che “moltissimi, troppi, ne discorrono come se dovesse essere una fruttuosa stagione turistica, un pretesto di viaggi comodi e a buon mercato, una specie di fiera cosmopolita rallegrata dagli svaghi dei peregrinanti e dai guadagni degli ospitanti”, lo scrittore cattolico concludeva che “nell’animo di qualche solitario e forse intempestivo cristiano rimane l’impressione - malinconica impressione - che sia deformato o perduto, nei più, l’altissimo significato, catartico e mistico, dell’Anno Santo. Essi temono, forse a torto, che il rito giubilare, stabilito per placare il dolore dei peccati, si tramuti, nella sarabanda degli interessi e degli agi moderni, in una vasta speculazione turistica, in una specie di kermesse euforica e mammonica. A codesti dubitosi cristiani si può rispondere che Dio soltanto vede, scruta e scandaglia il fondo delle anime. Anche questa volta, nei brulicanti stuoli dei gai pellegrini, Egli saprà riconoscere i Suoi”( cit in J. Ratzinger, Un pellegrinaggio sulle orme di Cristo, http://www.vatican.va/jubilee_2000/magazine/documents/ju_mag_01062000_p-22_it.htm) Parole pensate , pesate e pesanti . tuttavia anche attuali e credo applicabili all' attuale giubileo della misericordia .Questo spirito critico infatti è di casa quando si parla di giubilei e soprattutto di indulgenze. Non dimentichiamo che fu proprio partendo da esse , almeno come causa occasionale, che la riforma protestante inizio quella contestazione critica , che portò alla fine dell’unità spirituale dell’Europa. Forse è anche per questo motivo che la bolla di indizione del giubileo in corso , Misericordiae Vultus , è così sobria nel parlare di “ indulgenze” e quando lo fa l’indulgenza è intesa principalmente come sinonimo di misericordia; è chiaro che la bolla rinvia al magistero della Chiesa e soprattutto alla costituzione apostolica Indulgentiarum doctrina, con la quale il beato Paolo VI riordinò tale materia in seguito al Concilio Vaticano II. La sensazione che l’indulgenza sia una grazia a buon mercato- e di far mercato delle indulgenze spesso la Chiesa è stata accusata – è lì pronta ad alzare la testa ogni qual volta la Chiesa indice un anno santo, straordinario ordinario che sia. Si presentano in questo contesto allora delle subdole tentazioni dalle quali il popolo di Dio può essere ghermito in ogni suo componente, nessuno escluso : a) Entrare in un regime di saldi che col pretesto di una misericordia a prescindere banalizza il male, relativizza il peccato e vincola la libertà di Dio ( ma in ultimo anche quella dell’uomo), che sarebbe costretto a perdonarmi anche se io non lo voglio. b) Considerare irrimediabile il peccato al tal punto che alla fine il sacrificio di Cristo sarebbe insufficiente a ripararlo . c) Una concezione razzistica della misericordia che esclude aprioristicamente alcune persone o categorie ( politici, preti, uomini di governo e responsabilità) o tipologie di peccato ( rubare piuttosto che commettere adulterio) ; oltre che razzistica questa concezione sarebbe populistica e demagogica perché alla mercè del borsino dell’opinione pubblica, dei vari sondaggi di opinione, la cui approvazione o riprovazione in verità non potrà mai costituire il criterio autentico dell’agire morale. Questo ovviamente accade la dove non sia più ben chiaro cosa sia e l’anno santo e le indulgenze . L’anno santo infatti non può essere ridotto solamente ad un tempo in cui si ottiene il perdono dei peccati. Saremo veramente da compiangere più di tutti se dovessimo aspettare il giubileo per ottenere misericordia . Il perdono è sempre a portata di mano, solo che uno lo voglia. Nell’Anno Santo invece , oltre al perdono, si ottiene l’indulgenza , ossia la remissione della pena temporale, che esige un cammino di purificazione , qui su questa terra o in purgatorio. Il purgatorio! Qui le cose sembrano ingarbugliarsi, tanto più che siamo dinnanzi a verità dimenticate…dimenticate perché troppo poco predicate! Lasciamoci soccorrere da un autore contemporaneo: “So che nasce un certo disagio da questa definizione, perché non si capisce bene di che perdono stiamo parlando. Cosa vuol dire: ti perdono, ma devi pagare? In realtà, la cosa è più semplice da capire di quanto pensiamo. Cerco di spiegarlo con un piccolo esempio. Se subisco una frattura alle ossa, o un qualsiasi danno fisico dovuto a incidente o malattia, vado dal medico, che mi cura e, una volta che il medico interviene, con l’ingessatura o con l’operazione, mi rimanda a casa. Il medico ha fatto il suo lavoro. Ma non basta l’intervento del medico perché io possa dirmi realmente guarito: rimane tutto il periodo della convalescenza, della guarigione delle ferite, della fisioterapia per riabituarmi alla normalità. Ecco: la pena dell’espiazione dovuta a causa del peccato è in un certo senso la stessa cosa. Noi non ce ne accorgiamo, ma il peccato crea abitudini, vizi, danni, ferite spirituali che non si cancellano con un colpo di spugna, come se niente fosse stato: il peccato ci danneggia realmente! In più, se il peccato è perpetrato contro il prossimo (pensiamo a quante ingiustizie, furti, omicidi, violenze di ogni genere), tutto questo crea seri danni anche nelle vite degli altri. Non possiamo realmente pensare che queste cose si guariscano con una pacca sulla spalla...Anche l’anima, come il corpo, ha bisogno del tempo adeguato per la sua guarigione. Ha bisogno della sua “fisioterapia” per guarire perfettamente dalle ferite del peccato. Per questo, più pecchiamo, più siamo “abituati” al peccato, più avremo necessità di espiazione: è una legge della vita, non è una cattiveria di Dio. Quello che avviene al corpo, possiamo leggerlo anche in chiave spirituale e capiremo qual è la differenza tra la colpa e la pena: è la stessa differenza che passa tra l’intervento del medico e la necessaria riabilitazione per ristabilire la salute”. ( R. Camillò, Cose dell’altro mondo, p 36) Il purgatorio oggi fa sorridere i più, persino all’interno del sacro recinto! Eppure io penso di associarmi al filosofo contemporaneo Sergio Givone che ha affermato : Sento ripetere sempre più spesso che il Purgatorio per il cristiano non è un articolo di fede, come invece lo sono sia il Paradiso sia l’Inferno. Ma se posso dire la mia su una questione che ovviamente non è materia di discussione filosofica: no, non toglietemi il Purgatorio, vi prego. Così a misura d’uomo, così necessario fra salvezza e dannazione, così indispensabile per spiegare come quell’avanzo di Inferno che ciascuno di noi è possa sperare di ritrovarsi un giorno in Paradiso”. (Cit. in Roberto Righetto, Aldilà e dintorni, dieci dialoghi sulle “cose ultime”, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo, 2002, p. 35). Sono parole di un filosofo italiano contemporaneo, parole più che altro di un uomo che ha colto una necessità imprescindibile dell’esistenza: la necessità, per poter vivere davvero una beatitudine, di arrivare ad avere un giorno una vita finalmente purificata, limpida, come Dio l’ha pensata per noi; la necessità dell’eliminazione completa di ogni traccia di quel male che oggi inquina la nostra vita, di quella zavorra che ci impedisce di vivere la beatitudine a cui siamo chiamati e a cui il nostro cuore, inesorabilmente, anela. Afferma a tale proposito un autore contemporaneo: “Infatti, la condizione dell’uomo mi pare generalmente questa: se è vero che l’idea dell’Inferno ci fa repulsione e, in modo direi più che naturale, desideriamo la beatitudine del Paradiso, è anche vero che da questa vita molto raramente ne usciamo immacolati e pronti per poter accedere al Paradiso. E se il Purgatorio non ci fosse, penso che saremmo davvero nei guai” ( R. Camillò, Cose dell’altro mondo p.34) Per soccorrere questa via di purificazione, per ottenere un’indulgenza non solo piena, ma “pienissima” ( Bonifacio VIII, Bolla Antiquorum habet ), ecco che interviene la Chiesa , che per abbreviare la pena fa ricorso al cosiddetto “tesoro della Chiesa” , ossia ai meriti dei santi. Che fine fanno infatti le buone azioni, le buone opere fate da chi è in stato di grazia? Esse producono dei meriti che costituiscono un vero e proprio tesoro spirituale, non un tesoro inerte ( “non riposto in un fazzoletto , non nascosto in un campo”, così Clemente VI nella bolla Unigenitus Dei Filius) , ma spendibile per soccorrere spiritualmente chi spiritualmente indigente è . La teologia classica ha chiamato tutto ciò la “reversibilità dei meriti” , che si innesta nella più grande verità cattolica della “ communio sanctorum” ( comunione dei santi) . Ma come funziona questo “meccanismo soprannaturale della grazia”? Prima di rispondere premetto che chiedo scusa per l’uso da parte mia di un linguaggio e di analogie estremamente materiali per descrivere queste realtà eminentemente spirituali e soprannaturali ; credo di poterlo fare partendo da una convinzione mutuata dal Benson, il quale afferma : “ In una frase , iniziai a capire che il verbo si fece carne e venne ad abitare tra noi (Gv1,14) ; che se ha scelto la sostanza creata di una Vergine per costituirsi un corpo naturale, allora può anche utilizzare la sostanza creata degli uomini I loro pensieri, le loro espressioni i loro metodi ) per formare per se quel corpo mistico attraverso cui Egli si rende presente a noi sempre ; in poche parole capii che l’unica cosa veramente mondana è il peccato. Ma allora il cattolicesimo è materialistico? Certo, e lo è come la creazione e l’incarnazione, né più ne meno” (R.H. Benson , Confessioni di un convertito, Gribaudi , p.135) . La Chiesa se ha condannato il materialismo lo ha condannato in quanto ateo! Torniamo alla domanda : come funziona questo meccanismo della comunione dei santi? Rispondo con un esempio tratto dall’economia . Inizierò dall’economia di questo mondo per arrivare alla vera economia ,quella della salvezza. Voi avete sentito dire che l’economia mondiale è governata dalle potentissime multinazionali, che di fatto fanno il bello e cattivo tempo ( secondo alcuni) . Se si guarda una qualsiasi enciclopedia la definizione sintetica di multinazionale è la seguente:" In ambito economico una multinazionale è un'impresa, di norma una società, che organizza la sua produzione in almeno due paesi diversi ". Ora questa definizione si può, con l’analogia, anche applicare ai santi che sono in cielo : anch’essi sono una società ( la moltitudine di cui ci parla l’Apocalisse) e anche questa società organizza la sua attività in almeno due paesi; i santi che sono in cielo infatti agiscono e sulla terra dove siamo noi viventi e nel Purgatorio dove sono le anime dei nostri fratelli defunti in attesa di purificazione. Come agiscono? Investendo in essi e per essi il loro capitale, ossia i loro meriti, i meriti delle loro opere , che danno volentieri per due motivi: il primo perché in cielo vige perfettamente la legge evangelica della gratuità, il secondo perché quei meriti non sono solo frutto della loro buona volontà ,ma della grazia di Dio che previene e sostiene e allora : gratuitamente avete ricevuto gratuitamente date! E i Santi danno gratuitamente proprio perché sanno che l’essere nella gloria di Dio , in cielo, e stata soprattutto e prima di tutto una incomparabile grazia. La cosa particolare è che danno senza chiedere e ricevere , perché in cielo non gli manca nulla essendo beati; l’unico desiderio che hanno forse e che anche noi li raggiungiamo nella Gerusalemme Celeste. Questa è dunque la differenza fra le multinazionale dei santi e quelle di questo mondo: la prima dà ciò che ha ricevuto gratuitamente senza nulla chiedere, la seconda non dà niente per niente. D’altra parte una si occupa della salvezza dell’economia e l’altra dell’economia della salvezza. Se questa è la posta in gioco, va da se che la Chiesa e i Sommi Pontefici, facessero a gara per aprire generosamente questo tesoro della Chiesa : dapprima istituendo lo stesso giubileo cristiano , in seguito mutandone le frequenze ( 100 anni, 50 anni, 30 anni , 25 anni), fino ad indire i giubilei straordinari. La lettura delle cinquantadue bolle esistenti relative agli anni santi ci offre esempi abbondanti di questa premura: da Bonifacio VIII che nella bolla di chiusura dell’ anno giubilare 1300 Ad honorem Dei , del 25 dicembre dello stesso anno proroga il termine della soddisfazione dell’ indulgenza alla pasqua dell’ anno successivo , a Pio IX che nel 1875 concede a tutti i confessori la facoltà di assolvere i peccati riservati ai vescovi, alla santa sede o al papa, la possibilità di lucrare l indulgenza non solo a Roma nelle basiliche romane , ma nelle cattedrali o nelle chiese designate dagli ordinari del luogo e in qualsiasi chiesa per le persone che si trovavano in viaggio; ancora la possibilità di lucrare l’ indulgenza per i bambini che non avevano fatto la prima comunione, per i carcerati, le claustrali, gli ammalati ( vedi Bolla Gravibus Ecclesiae) .Pio IX mi è parso il più generoso di tutti! E alla sollecitudine dei papi corrispondeva l’adesione corale del popolo; ecco come Dante parla della partecipazione entusiastica al primo giubileo del 1300 in un passo della Divina Commedia, per l’esattezza del canto XVIII dell’Inferno. In esso Dante paragona il procedere in senso opposto delle due schiere di peccatori della prima bolgia ai pellegrini che sul ponte Sant’Angelo, durante il Giubileo, si incrociavano, gli uni diretti a San Pietro, gli altri, di ritorno, diretti a Monte Giordano: «come i Roman per l’essercito molto, / l’anno del giubileo, su per lo ponte / hanno a passar la gente modo colto, / che da l’un lato tutti hanno la fronte / verso ’l castello e vanno a Santo Pietro; / da l’altra vanno verso il monte...». La notizia del “doppio senso di marcia” sul ponte, disposto per organizzare la grande ressa («l’essercito molto») di quelli che andavano e venivano dalla Basilica, la si ritrova solo in Dante e ha chiaramente il sapore di un ricordo personale di una “cosa vista”, anche se, a rigore, egli potrebbe averla appresa da altri pellegrini o dai romani nella sua visita dell’anno seguente. Certo dinnanzi a tutto ciò può sorgere nuovamente l’interrogativo col quale abbiamo iniziato: la Chiesa non la fa troppo facile. In fin dei conti con la confessione , la comunione, qualche prece si ottiene molto. Anche questa legittima obiezione è frutto pero di una cattiva informazione. Una delle condizioni per lucrare l’indulgenza plenaria , ossia la remissione completa della pena temporale, è la mancanza di affezione al peccato anche veniale. Detto in altri termini il fedele non è invitato ad un insano quietismo, ad una sinecura spavalda, ma al contrario spronato ad una ascesi , che potremo e dovremo chiamare conversione. Certo, chi non ha ancora questi requisiti, non è che perde tutto, ottiene l’indulgenza parziale, che non è poca cosa per chi osserva con l’occhio della fede. E’ la fede è l’asse portante di tutto! Il giubileo, le indulgenze in fin dei conti si reggono sulla convinzione che qualcuno qui su la terra ha il potere di rimettere i peccati. Questo può sembrare scandaloso, ma nondimeno tutto si riduce a questo. E con questa convinzione voglio concludere facendo mie le parole di don Lorenzo Milani. Egli infatti a chi da alcuni giornali gli tirava la sottana perché lasciasse la Chiesa rispondeva: “Per me che l'ho accettata, questa Chiesa è quella che possiede i Sacramenti. L'assoluzione dei peccati non me la dà mica l'"Espresso". L'assoluzione me la dà il prete. Se uno vuole l'assoluzione dei peccati si rivolge al più stupido, arretrato dei preti pur di averla... Il più piccolo litigio che io avessi con la Chiesa, io perdo questo potere: di togliere i peccati agli altri e di farli togliere a me. E chi me lo rende questo potere? Arrigo Benedetti?... - Falconi? Me lo rende Falconi il potere di togliere i peccati agli altri e di farmeli togliere? O la Comunione e la Messa me la danno loro? Sicché devono rendersi conto che non sono... che loro non sono nelle condizioni di poter giudicare e di criticare queste cose. Non sono qualificati per dare il giudizio su una cosa in cui il fondamentale è credere o no nel potere di questa Chiesa di togliere i peccati, di salvare l'anima e insegnare la Verità” ( F.Braccini – R. Taddei, La scuola laica del prete: don Milani, Armando editore 1999, p.22)