gli ebrei in italia

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gli ebrei in italia
Prima edizione del dopoguerra, in forma elettronica,
della edizione del 1938 .
Edizione elettronica a cura di Edoardo Longo ( 2006)
http://www.antizog.splinder.com
Gentile Lettore,
il libro che stai per leggere è la prima ristampa ( in forma elettronica) integrale del volume di “ Gli
Ebrei in Italia” 1 di Paolo Orano.
Orano è uno dei nomi più importanti del giornalismo italiano.
Orano, giornalista nazionalista, ha tratteggiato con vigore espressivo politically incorrect i tratti
salienti della posizione fascista mussoliniana nei confronti della “questione ebraica” .
Il Fascismo accusava nel 1938 gli Ebrei di ingratitudine verso lo stato fascista e di assenza totale
di amor patrio verso l’ Italia.
Lungi dall’esser venata di biologismo razziale, la posizione fascista accusava gli Ebrei di non esser
stati grati all’ Italia e al Fascismo che , in nome di una idea unitaria di Patria, aveva emancipato
tutti gli Italiani affratellandoli fra loro a prescindere da diversità di religione, culturali, di censo, di
razza o geografiche.
Nonostante questa occasione storica, gli Ebrei non vollero mai sentirsi Italiani e rimasero chiusi nel
loro cupo esclusivismo razzista, congiurando contro l’ Italia in nome della ideologia pan-giudaica e
supremazionista , propria del Sionismo.
Orano rimarca come gli Ebrei, lungi dallo stringere la mano che l’ Italia offriva loro , la rifiutarono e
preferirono rimanere stranieri in terra italiana , scegliendo di essere nemici d’ Italia, anziché loro
stesso Italiani.
Il libro centra il tratto fondamentale della indole ebraica : l’ostilità ebraica verso tutto ciò che non è
Ebreo e pone legittimi interrogativi su quale sia la reale ragione della ostilità di tutti i popoli verso
questo superbo popolo levantino, per il quale sembra essere stato coniato il motto : “ chi è causa
del suo mal, pianga se stesso..”
Questo libro non è più stato ristampato in Italia dal 1945 : un altro segno della intolleranza
culturale liberticida derivante della vittoria delle forze ebraico-statunitensi nell’ultimo conflitto
mondiale. Questo è molto altri libri sono stati posti all’ Indice dal Congresso Mondiale Ebraico che
esercita un ricatto tirannico sugli stati occidentali e ne mina aale basi la libertà di espressione e di
ricerca culturale.
Per una elementare esigenza di libertà individuale, ho recuperato una copia di questo libro (grazie
ad alcuni amici statunitensi che qui ringrazio ) e la ho immessa in forma elettronica nel vasto e
libero oceano del web.
Amico Lettore : leggilo e fallo girare : combatterai quella atrofizzazione delle Idee che è l’obiettivo
della dittatura mondiale del Pensiero Unico.
Questa ristampa fa seguito alla ristampa di un altro libro “Maledetto” : il “ CONTRA JUDAEOS “ di
Telesio Interlandi, che puoi scaricare liberamente , senza censure di sorta, dal seguente link :
o
da
http://www.radioislam.org/islam/italiano/CONTRA.JUDAEOS.pdf
http://www.shortText.com/wytak
1
Questa edizione è la ristampa della edizione del 1938 della casa editrice Pinciana, di cui abbiamo riprodotto la
copertina.
Completa questa autentica rarità editoriale una Appendice che ripercorre alcune delle tappe della
lunga repressione che sto subendo quale “intellettuale antisemita” , nonché la recensione ( in
lingua italiana e in lingua inglese) del mio libro ‘maledetto’ : “ IL COLTELLO DI SHYLOCK.
Vicende di ordinaria repressione giudaica”, che, mi si consenta di dirlo, è un vero libro cult
sull’argomento.
La riproposizione di questi libri introvabili attraverso il web costituisce esercizio del diritto naturale
insopprimibile alla libertà di pensiero e di espressione, diritto ora minacciato in Occidente dalla
idea di un Pensiero Unico mondiale, consolidato attraverso le catene di una legislazione liberticida
antirevisionista, imposta alle “democrazie” (?) dall’ onnipresente Congresso Ebraico Mondiale, di
cui , ci scommetterei, è la prima volta che ne senti parlare, eppure è così potente che determina
cosa tu puoi o non puoi leggere, cosa tu puoi o non puoi pensare. E’ la dittatura di Sion.
Il prossimo libro che risorgerà dalla damnatio memoriae come questi, sarà un ‘opera
assolutamente introvabile e importantissima. Per ora non anticipo altro e mi metto al lavoro. Ti
invito, nel frattempo, a seguire le informazioni e le novità culturali controcorrente del mio blog :
Antizog, il blog politicamente scorretto dell’avvocato Edoardo Longo
:
http://www.antizog.splinder.com
Buona lettura e buona riflessione, amici sconosciuti del web.
Pordenone, Italia, 26 novembre, 2006. Festa di Cristo Re.
Edoardo Longo
Ps – per contatti e proposte di nuove pubblicazioni, contattatemi attraverso il sito internet
http://www.antizog.splinder.com o tramite email a : [email protected]
PAOLO ORANO
SECONDA EDIZIONE
PAOLO ORANO
GLI EBREI IN ITALIA
II EDIZIONE
CASA EDITRICE PINCIANA ROMA - ANNO XVI
GLI EBREI IN ITALIA
IERI ED OGGI
In Italia si scrive pochissimo degli ebrei, dei loro problemi, delle teoriche e delle
polemiche che nel mondo attuale li riguardano. Gli stessi avvenimenti derivati dalla politica del
Reich nazista nei confronti dell'ebraismo e dalla sollevazione degli arabi di Palestina contro
l'immigrazione israelitica intesa a ricostituire lo Stato sionistico, sono appena commentati e i
commenti non rilevano non dico qualche preoccupazione, ma neppure una speciale attenzione sulla
entità del fatto e quelle che potrebbero esserne le conseguenze politiche nei riguardi dell'Italia.
L'Italia concordataria a fondo e costituzione risolutamente nazionale, come mira a sopprimere
qualsiasi residuo di velleità regionalista, è contraria a che il sentimento patrio e civile sia distratto
da considerazioni e da indugi critici su quei fenomeni sia etnici che religiosi, il rilievo nei quali
potrebbe alimentare ed amplificare correnti diversificatrici, antagonismi morali, in una parola i
problemi che affaticano la cultura, l'opinione pubblica e la politica in altri paesi. Per la immensa
maggioranza degli Italiani la religione è realizzata nel culto e la curiosità delle origini della Chiesa,
dei suoi sviluppi, delle ragioni e delle prove della sua verità non inquieta lo spirito. L'affanno di una
tale ricerca è limitato a gruppi o scuole o individui, restando puro sforzo di pochi che non raccoglie
se non scarsissima eco oltre la loro cerchia. I movimenti delle idee critiche debbono generalizzarsi
per entrare sul terreno della vita che si vive, per diventare politici. Non si può negare che dal
Medioevo in poi, il travaglio umano della storia italiana, anche perché costringe Chiesa e religione
ad entrare nella lotta politica, è caratterizzato dalla gara dei poteri in continua sostituzione. Né
comune, né signoria, né principato, né Stati a dominio straniero si sono potuti sottrarre alla necessità
di considerare e trattare la religione come forza e strumento politico, né, dal suo canto alla Chiesa è
stato possibile estraniarsi dalle competizioni, dai contrasti, dal partecipare insomma a quella
tempestosa vicenda che s'inizia col concordato costantiniano ed ha i suoi momenti culminanti nella
lotta per le Investiture, nel Guelfismo, nella Riforma protestante, nella Controriforma, nella
Questione Romana.
In un certo senso si può dire che in Germania, in Inghilterra, in Francia i dissidii religiosi si
traducono in movimenti politici che decidono di veri e propri rivolgimenti che sboccano ad
implicite proclamazioni religiose nella formazione dello Stato, a pretese ed a trionfi di partiti presi
polemici e negatori. Se si guarda lo svolgersi del processo risorgimentistico dai Patti del Laterano,
si deve riconoscere che il tentativo di permeare la nuova Italia indipendente ed unitaria di un
principio popolare di credenza diverso dal cattolico, è andato fallito. Fallito dunque il giacobinismo
ventoso del Bonaparte invasore e in genere del vago deismo anticlericale della Rivoluzione
francese; fallita l'impresa del materialismo, del positivismo, dell'ateismo germanico attraverso le
mode filosofiche; fallito il programma carbonaro, massonico, repubblicano, mazziniano della
scattolicizzazione della gente italiana e di una nazione che sostituisce un Dio razionalistico ed
un'etica esclusivamente civile al dogma, al culto, al sacerdozio, alla Chiesa. I Patti del Laterano
chiudendo e risolvendo il dissidio tra Stato e Vaticano in Italia, pongo come obbligo assoluto al
cittadino, alla scuola, alla cultura di non riaccenderlo. Lo Stato, e più che lo Stato, il Regime
Nazionale Fascista intende con ciò esclusa ogni possibilità alla ripresa della polemica religiosa. Non
si fa un processo al cittadino per individuarne la stirpe o il popolo d'origine - e parecchie hanno
contribuito a formare l'Italiano -, non si esige da esso che confessi il grado di certezza interiore in
materia di fede religiosa e di pratica del culto.
Ma ogni cittadino italiano, ogni suddito del Regno d'Italia ed Impero d'Etiopia deve accettare, a mal
grado di quelle che possono essere le riserve personali, e politicamente consentire perché fascista e
cioè totalitario e concordatario, alla costituzione dello Stato così come l'hanno compiuta i Patti del
Laterano che mentre istituiscono un nuovo Stato, la Città del Vaticano, immettono il sacerdozio
cattolico nella vita morale e civile dello Stato Nazionale.
Se io risalgo agli anni in cui a Roma gl'Italiani piovuti già dal Piemonte venivano chiamati
"buzzurri" e i Romani tra di loro indicando noi sardo-piemontesi o genericamente del settentrione e
del centro dicevano "so' arivati questi", e ricerco e do rilievo alle persone che frequentavano la mia
famiglia nella vecchia rumorosa piazza della Chiesa Nuova, veggo amici e conoscenti israeliti nella
più affettuosa convivenza con i miei cattolicissimi liberalissimi parenti, da David Levi a Luigi
Luzzatti. Non mi riesce di ricordare che una sola volta tra di noi genitori e figliuoli fanciulli e
adolescenti si desse rilievo al fatto della diversità di religione e di stirpe. Una signora israelita,
ardentissima mazziniana, era la più cara amica di mia Madre. Oggi, a distanza, mi rendo ragione di
tale intima naturale familiarità di vita tra i battezzati di Santa Lucia in Gonfalone che andavano
regolarmente a messa nella chiesa di San Filippo Neri e gli amici israeliti. Persisteva la vibrazione
patriottica della "nostra" entrata in Roma nel settembre 1870, che aveva segnato non soltanto il
compimento storico del destino nazionale della Casa di Savoia, ma la proclamazione delle libertà
civili e la caduta del potere temporale dei Papi. La fervida partecipazione degli Ebrei all'impresa
dell'indipendenza italiana e della unità nazionale, senza che se ne diminuisca minimamente la
purezza dell'entusiasmo civile, è anche spiegata dal termine ideale al quale una gente
tradizionalmente raumiliata se non oppressa sapeva di poter arrivare aiutando il programma e
l'azione che ci conducevano a Roma. L'Austria confessionale e la temporalità del Papato erano i due
ostacoli da far cadere. Ecco Daniele Manin a capo dei moti rivoluzionarii di Venezia a fianco del
cattolico Nicolò Tommaseo; ecco l'attore Gustavo Modena farsi sulla scena e nelle adunate
patriottiche paladino dell'emancipazione nazionale; ecco Isacco Pesaro Maurogonato, atleta dei
dibattimenti parlamentari, ministro del governo provvisorio veneto, deputato per otto legislature e
senatore.
Insomma, così la guerra contro l'Austria imperiale e cattolica, come Roma capitale d'Italia e,
s'intende, d'una Roma liberale democratica, anzi di tendenza repubblicana, erano due imprese che lo
spirito israelitico poteva fare sue, considerandole come passi essenziali e necessari sulla via che
avrebbe dovuto condurre alla laicizzazione, in ogni modo alla vittoria del più largo regime di libertà
di coscienza, di parole, di stampa, di associazione.
Si spiega come conseguenza del generico ideale laico di Israele nell'ambito del fermento
politico per l'indipendenza e l'unità, la predilezione per Mazzini che ancor oggi caratterizza
gl'israeliti italiani. Giuseppe Mazzini era intimamente legato all'ambiente ebraico; casa NathanRosselli era la sua famiglia e senza dubbio la formazione e la trasformazione del suo pensiero
debbono qualche cosa alla perenne suggestione così in Isvizzera come a Londra della mentalità
umanitaria democratica repubblicana di quell'ambiente. D’origine ebraica sono oggi in Italia gli
studiosi di Mazzini e li trovate impegnati con passione a dar rilievo alle idee universalistiche e per
rispetto alla Chiesa ed alla Monarchia emancipatrici, dell’agitatore genovese. Si deve forse
prevalentemente all’azione degli israeliti se la massoneria italiana ha fatto di Mazzini il suo testo e
se con gli anni non soltanto la famiglia massonica, ma anche la città di Roma sono stati governati
dall’erede ufficiale della casa ospitale di Mazzini, Ernesto Nathan, sindaco della capitale del Regno,
gran maestro dell’Ordine massonico. Ricordo, a proposito del Nathan, come la voce popolare la
riconoscesse rassomigliantissimo al celebre amico della sua famiglia.
Le cose sono dunque cambiate da un quaranta o cinquant’anni or sono. Unità d’Italia,
indipendenza dallo straniero, libertà, democrazia, anticlericalismo, caduta temporale del Papa, il
sentimento formato da tutti codesti elementi, facevano sì che la fusione tra cristiani ed ebrei nella
casa cattolica fosse completa. Non esisteva pregiudiziale religiosa e di origine, chè anzi, diciamo
tutta la verità, nella Roma dell’immediato dopo Porta Pia, avevano più rilievo e si prestavano più
alla inevitabile ironia canzonatrice dei “romani de Roma” un sardo, un siciliano, un piemontese, un
fiorentino, un lombardo, che un ebreo. L’ebreo parlava italiano o romanesco come i cristiani,
laddove dialetto e mimica del regionale eccitavano lo spirito parodistico del popolo di Belli. Il
ghetto si aprì ma per parecchi anni i suoi abitatori vi restavano intanati e ammonticchiati, da Piazza
delle Tartarughe al Tevere, e i Romani passavano per i vicoli oscuri e fetidi dei “giudii” come
avrebbero visitato un accampamento di zingari, scevri di qualsiasi sentimento di avversione e di
disprezzo, ma solo volti alla pietà per quella povera inquieta umanità di raccoglitori di stracci dei
quali da un capo all’altro della Capitale si udiva specie al mattino il lungo monotono grido nasale
del “robivecchi” spingente il carrettino dove si accumulavano per poche lire tutti i rifiuti acquistati
per pochi soldi contrastati.
La bonaria indifferenza, la spregiudicata confidenza con la quale il popolo romanesco,
quello della città papale trattava gli ebrei è consacrata nei sonetti belliani. Si direbbe che la plebe di
Roma – davvero plebe allora – che il Poeta fa parlare così come parlava e pensava, considerasse la
gente d’Israele come partecipe necessaria indiscutibile della società cattolica. Ebrei e cristiani
discutono fra di loro di religione, di Bibbia, di principi e di dogmi. Per l’artista gli argomenti in
discussione sono tema ghiotto e prezioso. La logica del “giudizio” è scolpita con precisione di
arguzia così da porre il cristiano nell’imbarazzo. Ecco il dialogo tra il fedele della Sinagoga e quello
della Chiesa che documenta la serenità e la transigenza dei Romani di un secolo fa attraverso la
genialità rappresentativa di Belli.
Li dù testamenti
Ecco, io disse ar giudio: - Si piano piano
Venghi a ddi che li tu’ commannamenti
So uguali in tutt’e ddua li testamenti,
Per che motivo nun te fai cristiano? –
Badanài, nun zo boni funnamenti, M’arispose Mosè – noi, sor Bastiano,
Adoramo Iddio-Padre, e ‘r padre ha immano
Li raggioni de tutti li parenti.
Sino ar giorno c’un padre nun è mmorto,
Bbè cc’abbi fatto testamento, er fijjo
Dipenne sempre, e, ssi cce ruga, ha torto.
Er vostro Ijesucristo ha er padre eterno:
Io dunque, mordivoi, me mravijjo
Che cce possi mannà tutti a l’inferno.
E’ naturale che il cristiano abbia da parte sua argomenti da spendere, ed è proprio nella
Roma papale che il classico buon senso pratico ironico canzonatore ma non insultante, nel punto in
cui la plebe romana è prossima a tramontare dissolvendosi nella mescolanza, splende e scintilla
come il finale di una grandiosa festa di bengala.
Ecco che ddice sto giudio scontento:
Sopra li leggi vecchi, mordivoi,
Pe’ vita mia! sta tutto er fondamento.
Ma llui nun zà che Ggesucristo poi
Per morì fece un antro testamento
E ‘r paradiso l’ha lasciato a nnoi.
RISALENDO NEI TEMPI
Ma noi fascisti risaliamo nel senso e nella interpretazione della vita civile a Roma antica.
Dobbiamo quindi rivedere come attraverso le sue epoche di sviluppo imperiale la Romanità trattò
gli ebrei. Sin da due secoli avanti Cristo, se non proprio sotto il Consolato di Pompilio Leno e di
Caio Calpurnio, secondo quanto ci dice Valerio Massimo, e cioè verso il 139, gli ebrei sarebbero
venuti a Roma. Nei primi anni dell’era cristiana vi avrebbero fondata già una colonia. I rapporti
diplomatici con la Repubblica risalirebbero al 160, all’ambasciata di Giuda Maccabeo allo scopo di
concludere un trattato d’alleanza contro i Siri, e nel 143 e nel 139 si sarebbero seguite altre
ambascerie. E’ esatto che sotto Pompeo crebbe il numero degli ebrei immigrati nell’Urbe e subito si
fecero notare per la loro turbolenta immistione alla vita politica. Cesare li favorì per farseli amici
esentandoli dal servizio militare ed Augusto riconobbe tale tattica così utile da far riunire in loro
favore le distribuzioni gratuite del grano quando cadevano in giorno di sabato, concedendo il diritto
di raccogliere la didracma da mandarsi in Palestina e stabilendo la spesa di sacrificio perpetuo d’un
toro e di due agnelli nel tempio di Gerusalemme. Sotto Tiberio gli ebrei raggiungevano già in Roma
il numero di venti mila organizzati in collegia e sodalitates.
E’ in quel torno di tempo che nasce il ghetto in Trastevere. Se le grandi famiglie ebraiche
degli Erode e degli Agrippa – la “bassa famiglia”, di cui si vergognava, perché romanizzato e così
innalzato accanto ad Augusto, s’intendeva fosse ebraica – erano mescolate alla vita politica, la
maggioranza viveva negli angoli più remoti e sporchi della Città, commerciando, trafficando con i
più umili e disprezzati mestieri e servizi presso la via Portuense, l’Emporium e il Circo Massimo, il
Campo di Marte e la Suburra, presso la Porta Capena, sulla riva del ruscello d’Egezia e accanto al
Bosco Sacro, portando notizie, leggendo la fortuna, facendo le spie.
“Le stesse cause che avevano agito ad Alessandria – scrive, si badi bene, l’israelita Bernard
Lazare – agirono a Roma. Anche là gli eccessivi privilegi degli ebrei, le ricchezze di qualcuno tra di
essi e l’ostentato loro lusso inaudito, provocarono l’odio del popolo. Tuttavia, altre ragioni
aggravarono questi dissidi, più profonde e più importanti perché religiose e si può affermare
quantunque sembri strano che il motivo dell’antigiudaismo romano fu religioso.
“La religione romana – continua Bernard Lazare, e sono perfettamente d’accordo con lui –
non rassomigliava affatto al politeismo ammirevole e profondamente simbolico dei Greci. Era meno
mistico che rituale; consisteva in costumi intimamente legati, non soltanto alla vita di tutti i giorni,
ma ai diversi atti della vita pubblica. Roma faceva corpo coi suoi dei; la sua grandezza sembrava
legata all’osservanza rigorosa delle pratiche della religione nazionale e la sua era connessa alla
devozione dei cittadini così da sembrare che il Romano abbia avuto come l’Ebreo la nozione di un
patto intervenuto fra le divinità e lui, patto che doveva essere scrupolosamente eseguito da una parte
e dall’altro. Comunque fosse, il Romano stava sempre in faccia ai suoi iddii e non lasciava la casa,
ove essi abitavano, che per ritrovarli al Foro, sulle pubbliche vie, al Senato e persino nei campi ove
essi vegliavano sulla potenza di Roma. Sempre ed in ogni occasione si compiva il sacrifico,
guerrieri e diplomatici si facevano guidare dagli àuguri e indistintamente le Magistrature civili o
militari, avevano del sacerdotale perché il magistrato non poteva compiere il suo dovere se non
conosceva i riti e il cerimoniale del culto.
"A questo culto si deve se per secoli si sostennero Repubblica ed Impero e le prescrizioni
ne furono gelosamente rispettate; fu quando si alterarono, quando le tradizioni subirono
un'adulterazione, quando le regole furono violate che Roma vide impallidire la sua gloria e
cominciò la sua agonia.
"Così la religione romana si conservò inalterata per lungo tempo. Certo Roma conobbe i
culti stranieri, gli adoratori d'Iside e d'Osiride, quelli della grande Madre e quelli di Sabazios, ma se
li ammise nel Pantheon, non diede loro posto nella religione nazionale. Qui culti orientali erano
tollerati, permettendosi ai cittadini di praticarne le supestizioni a condizione che non risultassero
dannosi, ma Roma quando s'avvide che una nuova fede poteva pervertire l'anima romana, fu senza
pietà e lo provò nella cospirazione dei Baccanali e quando espulse i preti egiziani. Roma si
difendeva dallo spirito straniero, temeva le affiliazioni alle società religiose, non si fidava neppure
dei filosofi greci e il Senato nel 161 su rapporto del pretore Marco Pomponio, proibì loro l'accesso
in città.
"Si capisce facilmente quale divenissero da allora in poi i sentimenti dei Romani a riguardo
degli Ebrei. I Greci, gli Asiatici, i Romani, i Germani, i Galli, se portavano con loro e riti e
credenze, non vedevano una difficoltà nell'inchinarsi davanti al Marte del Palatino e anche davanti
al Giove Laziale. Si conformavano alle esigenze della Città, ai suoi costumi religiosi, sino ad un
certo punto; in ogni modo non vi si opponevano. Ben diversamente gli Ebrei. Essi portavano una
religione altrettanto rigida e ritualista ed intollerante che quella dei Romani. La loro adorazione di
Jahvè escludeva ogni altra adorazione e rifiutavano il giuramento alle aquile, all'aquila che era il
nume della legione, e con ciò irritavano gli altri cittadini. Siccome la loro fede religiosa si
confondeva con l'osservanza di certe leggi sociali, questa fede, per la sua adozione, non poteva non
determinare un cambiamento nell'ordine sociale, inquietando i Romani per il fatto di stabilirsi tra di
loro perché gli Ebrei si consacravano fervidamente a fare proseliti. Il proselitismo degli Ebrei è
attestato da tutti gli storici e Filone ha scritto giustamente: "I nostri costumi guadagnano sempre e
riescono a convertire barbari ed Elleni, continente ed isole, Oriente ed Occidente, Europa ed Asia,
tutta la terra da un capo all'altro".
"I popoli antichi, poi, sul loro declinare, erano profondamente sedotti dal Giudaismo, dal
suo dogma dell'unità divina, dalla sua morale, senza contare che buon numero di poveri erano
attratti dai privilegi accordati appunto dagli Ebrei. Questi proseliti erano divisi in due grandi
categorie: i proseliti della giustizia che accettavano anche la circoncisione entrando così nella
società ebrea o divenendo stranieri alla propria famiglia; i proseliti della porta, i quali, senza
sottomettersi alle pratiche necessarie per entrare nelle comunità, si aggruppavano tuttavia intorno ad
essa. Tale arruolamento che veniva fatto per persuasione e sovente per violenza, perché gli Ebrei
ricchi convertivano i loro schiavi, doveva provocare una reazione. Questa fu la causa principale che,
unita alle altre, le ricchezze degli Ebrei, la loro importanza politica, la loro situazione privilegiata,
condusse alle manifestazioni antigiudaiche a Roma. I più degli scrittori latini e greci, da Cicerone in
poi, testimoniano di un tale stato di spirito.
"Cicerone che era stato l'allievo di Apollonio Molone - lasciamo al Lazare l'autenticità di
questa notizia - aveva ereditato dei suoi pregiudizi; trovò gli Ebrei sulla sua strada; essi erano del
partito popolare contro il partito del Senato al quale egli apparteneva. Li temeva e, da alcuni passi
dell'orazione Pro Flacco, vediamo che osava appena parlarne, tanto erano numerosi intorno a lui e
sulla pubblica piazza. Ma un bel giorno grida "Bisogna combattere le loro barbate superstizioni"; li
accusa di essere una nazione "sospettosa e calunniatrice" e aggiunge che essi "ostentano disprezzo
per gli splendori della potenza romana". Erano, secondo Cicerone, da temersi quegli uomini che si
distaccavano da Roma, volgendo gli occhi verso la città lontana, quella Gerusalemme che
sostenevano col denaro tratto dalla Repubblica. Rimproverava inoltre agli Ebrei di guadagnare i
cittadini ai riti sabatici. E' l'accusa che ritorna più spesso negli scritti dei polemisti, dei poeti e degli
storici: cotesta religione ebrea, che seduceva coloro che ne avessero penetrato l'essenza, respingeva
gli altri, quanti la conoscevano incompletamente considerandola come mucchio di riti assurdi e
tristi. Nazione superstiziosa, li chiama Persio - Lat. V -; giorno lugubre il loro sabato, aggiunge
Ovidio - Ars Amandi I, 75,76.
"Tacito, così bene informato, ripete sul Giudaismo le favole di Manetone e di Posidonio. E
dice irritato: "Gli Ebrei considerano come profano tutto ciò che da noi è considerato come sacro" Hist. V, 4, 5, - Svetonio e Giovenale ripetono la stessa cosa; è il rimprovero capitale: "Essi hanno
un culto particolare, leggi particolari, disprezzano le leggi romane" - Im. Lat. XIV, 96, 104 -. E
Plinio: "Disprezzano gli dei" - Hist. pat. XIII, 4".
IL DANARO E ISRAELE
Come i Musulmani, gli Ebrei, nell'ora del trionfale assestarsi dell'imperialismo spagnuolo,
non seppero neppure misurare la forza compaginatrice e il destino della volontà cattolica. In
ottocento anni gli arabi, i mori della tradizione, non avevano trovato il segreto della fusione. La
lampada di Aladino aveva fallito alla sua magica missione. Entro il vasto corpo iberico la gente
araba s'era sentita incoraggiata alla penetrazione, al conquisto, alla sublimazione della razza che
così, sedendo su troni sfolgoranti, in mezzo ad un paradiso di campi e d'industrie, guardava ormai
da signoreggiatrice alla più interna Europa. Come gli arabi, gli ebrei di Spagna s'erano illusi nei
riguardi del mondo cristiano. Credevano ad un'ospitalità che desse, senza transazione di culto, senza
diretta mescolanza, ogni possibilità d'essere e d'avere. Caduto il regno arabo di Granata, il 2 gennaio
1492, mentre la bandiera di San Giacomo, la croce d'argento della Crociata e il gonfalone reale di
Castiglia sventolavano sulla più alta torre dell’Alhambra – e li vide l’italiano Bernardo del Roi e lo
scrisse nel suo giornale “a dì 7 di genero”, cinque giorni dopo – re e popolo si levano in tutto
l’orgoglio d’una emancipazione per secoli agognata e guardano ora alle enormi ricchezze
accumulate dagli ebrei come al valsente di una restituzione, perché gl’infedeli non potevano
possedere in terra cristiana. Gli ebrei s’illusero fosse anche quello un affare da assestare mediante
un’offerta ed eccoli dinanzi Ferdinando ed Isabella con i loro famosi trentamila ducati a
indennizzare, semplicemente delle spese di guerra. Di fianco alle auguste persone era l’Inquisitore
Torquemada che disse: “Cristo fu venduto per trenta denari. Non lo rivenderete per trentamila”.
Novecentomila arabi erano già esulati; esulavano adesso altre centinaia di migliaia di infedeli sì, ma
di cittadini. E nelle loro mani erano tutte le fila e i segreti della ricchezza spagnola.
La furia susseguita all’ordine d’immediato sgombero cagiona un’illusione ancora nelle
febbrili masse degli ebrei di Spagna: Che sia sincera, che voglia dire davvero la salvezza l’offerta di
Giovanni II di Portogallo? Questo paese diventa subito per gl’immigrati terra di tortura. Il popolo
portoghese li odia e il re di Spagna non dà tregua perché anche il Portogallo li cacci e l’Iberia tutta
adesso li caccia come invasa dal più irresistibile bisogno di vendetta contro gli asiatici che avevano
speculato sul suo oblioso abbandono. L’immiserimento economico che conseguì nel regno di
Ferdinando alla cacciata dei mori, prima, degli ebrei poi, non fu che danno passeggero, perché, se
gli ebrei erano stati i mercatori d’ogni merce, gli artieri d’ogni arte, banchieri d’ogni conio, se essi
durante secoli avevano con i mori fatto tutto quello che lo spagnolo non voleva fare, guardando
dall’alto del suo sussiego a cotesti suoi servi, una volta però salito in arcione per stare in campo
nella audace gesta della liberazione, non ne discese a gesta compiuta, ma delle armi vittoriose e
dello sdegnoso ardore signoriale fece strumenti e forza al più vasto conquisto di terre e di ricchezze
dopo quello di Roma. La mistica superba ignavia secolare non turbata dallo spettacolo del fervore
produttivo degli arabi e degli ebrei fiammeggiava adesso in impeto di epiche imprese. Le armi
avrebbero dato agli Spagnoli più di quello che avevano perduto cacciando Islam e Israele dal loro
territorio.
Spagna voleva dire allora anche Sardegna e c’è una storia degli Ebrei nell’Isola che non
può non interessare gl’Italiani. Tra per celio e per vezzo di mostrarsi eruditi in tema di origini e di
razza i sardi sogliono affemare che nel sangue loro c’è una goccia di quello ebraico, non dell’ebreo
Adamo, veh, ma d’una certa poveraglia giudaica gittata nell’Isola nientemeno che sotto Tiberio
imperatore. Ce ne dà notizia Tacito nel capitolo 85 del secondo libro degli Annali, laddove appunto
è scritto che fu deciso di esportare dal continente sull’Isola quattromila liberti egizii ed ebrei, “ e a
supertitione infesta” perché vi tenessero a bada i delinquenti, “coercendis illic latrociniis”. Se la
malaria poi li venisse uccidendo, “oh gravitatem coeli”, poco male, “Vile damnum”. Gli altri,
rimasti sul Continente, se non avessero rinnegato la loro superstizione, avrebbero dovuto
sgombrare. Non si riuscirebbe mai a trovare una etnica connessione tra questi dannati alla malaria e
gli ebrei di cui fanno parola documenti veri, meno certi, sospettabili, oggetto di famose discussioni
accademiche parecchi decenni fa. Certo è che anche in Sardegna, ad un dato momento, banca
credito traffici appalti sono in mani israelitiche e che, come sempre è capitato agli ebrei, anche tra la
gente sarda a volte a volta essi fruivano d’un favore incoraggiante o d’una malevolenza sovente
funesta. La differenziazione di razza e il motivo religioso si riaffermavano ogni qualvolta i profitti
ebraici contrastassero troppo palesemente e con scandalo con le sofferenze dei debitori.
Durante un paio di secoli circa gli ebrei si tennero lontani dall’Isola. Pisani e Genovesi la
sapevano lunga quanto loro in fatto di traffici credito monetamercati. Gli ebrei non potevano
presumere di concorrere con codesti mercatanti doppiati di navigatori e di guerrieri. Ma, quando
Pisa e Genova cominciano a perdere terreno ed acqua, ecco che gli ebrei ricompaiono dietro le armi
vittoriose d’Aragona. Un decreto dell’infante don Alfonso il 15 luglio 1332 prescrive al bailo di
Cagliari Raimondo de Castro di percepire dai giudei un annuo tributo per il diritto di far dimora e la
licenza di prestare ad usura. Affluivano soprattutto da Maiorca e s’incontrarono in un periodo che
non poteva desiderarsi migliore, di generosa considerazione, di riconoscimento di diritti. Nel 1335
Alfonso IV concede alla comunità ebraica di Cagliari di eleggersi tre “nemanim” o segretari e la
Città ebbe la sua sinagoga e tutt’intorno era il ghetto, la juheria, e la comunità ebbe il suo cimitero.
E dopo Cagliari eccoli in Alghero sempre al seguito del dominio aragonese e anche là ebbero la
sinagoga, il cimitero, una non minore considerazione. Durante il Trecento e il Quattrocento è un
continuo quasi fastoso e glorioso ascendere d’importanza, di fortuna, di dignità. E’ la corona
medesima che direttamente li protegge e li privilegia contro funzionari troppo zelanti o rapaci. Si
arriva il 17 giugno 1432 ad un decreto di Alfonso V che mette gli ebrei a pari diritti dei cristiani,
perché fruiscano “omnibus et singulis franquesiis et libertatibus quibus ceteri habitatores cristiani
…”.
Commovente favore regale tutt’altro che disinteressato. Molto danaro ebraico passava
nelle casse di Aragona ad ogni avvenimento di trono, in occasione di guerre o carestie, ad ogni
richiesta. Re Pietro IV, nel 1370, assicurava i segretari della sinagoga cagliaritana che teneva in
considerazione fidanze ed obbligazioni contratte da ebrei in nome della regia corte per far fronte
alle spese delle guerre contro re Pietro di Castiglia e il ribelle giudice d’Arborea e li immunizzava
da ogni molestia pubblica e privata per due anni. Diventavano indispensabili, preziosi, non si
doveva più impedire che salissero a cariche di Stato ad una delle quali, e precisamente a quella di
procuratore generale di uno dei maggiori feudatari dell’Isola, salì, nel 1454, un Vinelles Marna; e
nel 1457 l’ebreo algherese Mosè Soffer è nominato collettore del diritto di peso reale.
Questa rapida generale fortuna degli ebrei nella società sarda della seconda metà del secolo
XV si realizza proprio nell’ora tragica in cui si redige la sentenza di condanna. Nel 1481, riordinato
il tribunale dell’Inquisizione, riappare l’ordine del segno di riconoscimento sul vestito per gli ebrei,
in omaggio alla celebre prescrizione emessa fin dal 1215 dal Concilio del Laterano della ruota gialla
di lana sull’abito di ogni seguace di Mosè. Per gli ebrei sardi solo intorno al 1415 s’era pubblicata la
prescrizione, “dits juheus da qui avant porten manifestament en les robes soberanes que vestum
senyal de roda …”.
La persecuzione infuriò. C’era dunque gente ancora in terra cristiana che non aveva
confessato il Vangelo, il Redentore, Maria! Costoro non potevano aver diritti, neppur quello alla
vita. Dalle profondità dell’essere risaliva l’antagonismo millenario. Si decretò che d’ora innanzi un
cattolico sarebbe stato punito con duecento legnate se avesse fatto omaggio ad un ebreo e questi
avrebbe pagato duecento scudi di multa e così nel caso in cui un cristiano si fosse messo a servizio
d’un ebreo. Con l’anno 1485 la situazione precipita: gli ebrei vengono sottratti alla giurisdizione del
regio vicario in Sardegna. Essi debbono render conto adesso di dove e come vivono, di quel che
fanno, dei beni che posseggono, né si concede loro di partire dal territorio dello Stato se non con
una certa somma.
In data 31 marzo 1492 il destino è compiuto. In quel giorno Ferdinando il Cattolico
notificava al Luogotenente generale Don Giovanni Dusay in Cagliari il decreto di espulsione degli
ebrei da tutti i domini spagnoli. La Sardegna doveva dunque esserne liberata. Bisognava “limpiar”,
ripulire, “regni e signorie dalla eresia e apostasia giudaica nella quale erano caduti molti cristiani
per suggestione di ebrei e di ebree …”. In perpetuo doveva restare fuori dei regii domini e tutto ciò
che era ebraico, persone e cose, apparteneva “a nos y a nuestra regia corte”, ai monasteri, alle
chiese, a molti cristiani. E non debbono partire con le ricchezze che hanno accumulato. E perciò si
ordina che le armi reali siano alzate sulle porte dei ghetti e “en todas las puertas de las casas de los
Jodios …”, che sia fatto inventario di quanto vi si contiene, ma naturalmente si consegnino a
persone cristiane argenterie oro monete pietre preziose sete broccate pannilini, pesando contando …
E s’aggiungeva l’inventario dei censi tributi imposizioni debiti ebraici verso la Corte, i monasteri, le
opere pie, i privati … Sentenzino i regi ufficiali secondo giustizia; ciò che resterà libero sia
restituito agli ebrei perché possano portarselo, eccetto, va da sé, le cose delle quali la legge vieta
l’uscita,
“ … el qual residuo permetimos que liberamente puedan sacar …”.
Alcuni pochi in Sardegna si convertirono al cristianesimo per non partire. La famiglia dei
Carcassona è la più nominata dei pochi ed un Francesco Carcassona nel 1515 – vivo ancora re
Ferdinando – è capo delle dogane di Alghero. Un Bernardo Carcassona è il progenitore dei
marchesi di San Saverio. L’anno 1527 Carlo V lo armava cavaliere. Avrebbe potuto in quell’anno
marciare con i cavalli del cattolicissimo Imperatore contro il Papa all’assedio di Roma.
FEDE CATTOLICA
Ho riportato traducendo fedelmente il quadro che Bernard Lazare israelita fa dei rapporti
che passavano tra ebrei e romani in Roma e prima della caduta di Gerusalemme per opera di Tito
Imperatore. Lo studioso ebreo ed ebraizzante che col suo libro “L’Antisemitisme”, pubblicato nel
1894, intese polemizzare evidentemente con “La France Juive” di Edouard Drumont, uscito nel
1885, riconosce che gli ebrei costituivano già un focolare di perturbamento e di preoccupazione per
l’Occidente quando ancora leggi e consuetudini li privilegiavano. Quella Roma là, repubblicana e
imperiale, era costituita totalitariamente come la nostra Roma Fascista. Una differenza essenziale di
carattere spirituale e civile si nota tra l’Italia d’oggi e la romanità classica: che noi cristiani cattolici
o in ogni modo latini italiani totalitari e concordatarii, non nutriamo nessun sentimento
pregiudizialistico a riguardo degli ebrei, tanto è in noi profondo e prevalente il principio nazionale
spregiudicatissimo a riguardo delle origini, l’ho già accennato, delle stirpi assorbite e fuse nella
italianità. Gli Italiani non sono prevenuti in materia religiosa, pur fedeli e fervidi nell’omaggio alla
religione dello Stato e certi che la Chiesa costituisca lo sviluppo prodigioso in profondità della
grandezza statale di Roma antica. L’Italia è il solo paese d’Europa ove, se non si fosse destata
l’attenzione, il che era inevitabile, sull’ebraismo da una serie di gravi avvenimenti europei,
dall’affaire Dreyfus, ai pogroms russi sotto lo czarismo, al sionismo in seguito al decreto Balfour,
alla risoluta politica antisemita della Germania nazista, e non fosse risalita a serietà di problema la
coesistenza degli israeliti nella cittadinanza nazionale, è il solo paese, dico, dove non sarebbe mai
nata la curiosità individuatrice dei discendenti d’Israele.
Gl’Italiani sono politici e costruttivi e costruttiva è la cattolicità, vasta organica formazione
gerarchica disciplinare e autoritaria, ponte possente gittato dal mondo terreno a quello divino, dalla
materia allo spirito per l’eternità. L’Italiano non discute di religione e non fa l’inquisitore della fede
come il protestante e l’israelita. Nella Chiesa c’è il Dio disceso in terra, il messia venuto, la
risoluzione dell’attesa millenaria, la rivelazione. Questo profondissimo senso della rivelazione
cattolica noi lo portiamo nell’entusiasmo politico che da più di un secolo ha acquistato una
creatività intensa e feconda. Religione per gl’Italiani è sistema compiuto che esime da
preoccupazioni critiche e filosofiche. Negazioni, riserve, eresie restano episodi nella storia umana e
religiosa degli Italiani ed essi si nutrono del magnifico orgoglio di aver dato ospitalità prima e poi
tempio e cittadinanza trionfale al Dio venuto in terra di cui il Pontefice cattolico apostolico romano
è il diretto rappresentante.
Certo si deve all’eredità biblica e diciamo ebraica raccolta dalla Chiesa, il rilievo e
l’importanza che e tradizione e storia e mentalità d’Israele hanno nel cattolicismo, nella latinità, nel
mondo insomma governato ecclesisticamente da Roma papale. Non si può negare che dal mito delle
origini sino alla venuta dell’Uomo Dio la mole mistica, metafisica, epica, eroica, profetica che
torma l’Antico Testamento, il Cristianesimo tutto il Cattolicesimo in particolare abbiano tratto il
racconto, il tessuto documentario della fede e del dogma. Ma i profeti sono i profeti di Gesù e di
Maria Vergine e sullo strame di Nazareth il Divino Fanciullo non è figliolanza di un uomo mortale,
dunque non di un ebreo, ma dell’atto divino, e con Maria immacolata nella concezione finisce
l’eredità ebraica, si chiude il destino ebraico, si apre quello universale per tutti gli uomini perché è
Dio medesimo che si fa per loro persona. Se questo non avessero inteso i Profeti, il loro
preannunziamento altro non sarebbe che vana febbre di anime turbate e minaccianti, che idee di
genti desolate, di avveniristi lamentosi, di censori inutili della loro nazione. I profeti dunque per noi
cattolici non sono più ebrei ebraizzanti che parlino alla stirpe. Sono contraddittori che parlano al
mondo.
E difatti parlano a Roma e gli ebrei non li odono e non se ne convincono. Il grande
annuncio viene portato sull’ardimentoso vascello di Paolo di Tarso all’Urbe e l’estasi, la gioia, la
rivelazione, la fede sin dal primo momento sono romane. Gesù non è ebreo, perché figlio di Dio, del
Signore di tutti gli uomini. I riluttanti, il popolo ebraico, sordi all’annuncio, increduli alla prova che
Dio portava al popolo dei profeti perché finalmente la profezia fosse realizzata, si irrigidivano nella
negazione sdegnando il frutto del grande albero profetico. Roma avrebbe reso mondiale ed
imperiale il verbo incarnato al quale solo la terra si sarebbe inchinata facendone la legge della
civiltà. Un orgoglioso rifiuto separava per sempre Israele dal destino progressivo delle genti umane
che si sentivano redente dalla parola nuova di giustizia, Israele che avrebbe dovuto esaltare e
umanizzarsi ed emanciparsi dalla ristretta mentalità di razza e di esasperato nazionalismo ed entrare
elemento fervido e fecondo nella collaborazione religiosa di tutte le genti nella Chiesa di Roma.
Così pensa e crede il mono cattolico, né, nella sua immensa maggioranza, si preoccupa di
cercare altre interpretazioni. Per il cristiano romano l’Antico Testamento vale in quanto contiene la
profezia del Nuovo. La sua privilegiata importanza cade e svanisce tanto nel caso in cui non lo si
riallacci agli Evangeli, quanto in quello in cui lo si consideri come una serie di testi storici, morali,
letterarii, religiosi ma di esclusiva appartenenza ad un popolo. E’curioso il fatto che, mentre la
superlativa valorizzazione dei libri biblici la si deve al riconoscimento che di essi fa la Chiesa
cattolica come espressione del popolo eletto dal quale sarebbe discesa la Madre del Redentore di
tutti gli uomini, gli ebrei rifiutando questa missione della Bibbia, vi vedono però, pure negandone la
continuità col Nuovo Testamento, il documento della razza privilegiata, del popolo sublime
destinato a dar legge morale e civile e principii di vita e di verità al mondo. I Profeti non
preannunzierebbero Gesù, ma tuttavia preannunzierebbero un messia che verrà, non si sa quando e
che non riusciamo a trovare negli svolgimenti successivi dell’esistenza della gente ebraica sperduta
per il mondo.
LA MIA POLEMICA
CON RAFFAELE OTTOLENGHI
Sin dagli anni della mia adolescenza il mio spirito s’è tenuto fisso ed attento su questo
avvenimento strano e capitale nella storia del mondo e dell’anima umana. A venti anni l’ansia di
spiegarmi il trapasso dal paganesimo al cristianesimo si formulava in quel mio libro del quale io
credo che la vitalità si debba appunto alla sincerità dell’idea che lo ha fatto nascere, il mio “Cristo e
Quirino” al quale nel suo discorso sul Concordato e la Conciliazione in occasione della firma dei
Patti del Laterano, Benito Mussolini volle riconoscere il diritto ad occupare il suo posto nella
cultura moderna. Quel volume è, in breve, la riduzione del problema del cristianesimo e si tiene alle
soluzioni definitive del Verbo nella storia. Non è in Palestina che Cristo trionfa e la Chiesa si fa; ma
in Roma. Subito al limite tra la Repubblica e l’Impero si plasma nell’ambito dell’Urbe
l’associazione cristiana. Paolo parla da romano, così nei riguardi dei pagani come nei riguardi degli
ebrei. A Paolo l’ebraismo non interessa più e negli Atti degli Apostoli la sinagoga è superata ed è
atrofizzata la sua missione ridotta nei limiti di una razza. Paolo parla da Roma al mondo, mentre
Israele continua a ravvolgersi inquieto arso sterile nella sua antica mormorazione, irritato perché gli
si porta via come figlio di Dio, come Dio in terra, come il Messia venuto, un figlio della stirpe di
cui s’è illuso di poter distruggere la predicazione e il miracolo, condannandolo alla croce. Lo
dichiarava reo di turbare la tradizione e di spezzare la legge mosaica, pretendendosi “re degli Ebrei”
e in Roma esso assurgeva a re di tutte le genti con l’omaggio del mondo già pagano. Dunque Cristo
trionfava romanamente a Roma ed ivi il Messia venuto lo Stato Imperiale avrebbe circondato delle
sue formidabili difese, delle sue vittorie, delle sue glorie.
Roma, dunque, io affermo in quel libro, doveva essere il “terreno” naturale del
cristianesimo, se esso a Roma trionfava. Mi tenevo sulla base positiva storica concreta umana delle
origini e degli svolgimenti e mi pareva logico – non mi pare forse ancora? – non vedere nel
cristianesimo che si fa chiesa e cattolicismo niente di ebraico, ma un accadimento
intussuscenzionale latino, la emersione di un continente dello spirito di sotto allo strato pagano.
Lungo il periplo di Paolo dalla Palestina a Roma cadono e si perdono gli elementi asiatici e cioè
ebraici della predicazione. Perché romano, il cristianesimo è avvenimento universale come tutte le
creazioni della Romanità, il Diritto e lo Stato, il Popolo e il Potere e l’Impero. Ovunque fosse
venuto in terra il Figlio di Dio, sarebbe nell’attimo passato a Roma. In altre parole io non cercavo
affatto col mio “Cristo e Quirino” una spiegazione ebraica del Crisitianesimo, ma ne trovavo una
romana interpretando il cristianizzarsi dell’Occidente e il fatto della Chiesa come la prova massima
della creatività latina, anzi della risolta capacità dell’Occidente romano a rivelarsi con una vera e
propria rivoluzione. In ultima analisi il Dio venuto in terra è tutt’insieme il messianismo compiuto.
Ma è poi vero che solamente gli ebrei siano stati messianici e profetici? Ne sappiamo forse
abbastanza delle umanità precedenti e collaterali ad Israele per poterlo affermare? L’Enea straniero
che viene a fondare Roma, dominando gli Italici, italicizzandosi e romanizzandosi, non è una
manifestazione della mentalità latina non ancora tocca dal palestinianismo e le stirpi del nord non
hanno dunque concretato col mito eroizzatore le speranze, le attese, le aspirazioni verso una
sublimazione insieme mistica e guerriera, spirituale e politica?
Questa mia interpretazione enunciata nel libro “Cristo e Quirino” impressionò vivamente
l’israelita Raffaele Ottolenghi di Acqui, il quale volle subito entrare in rapporto con me, giovinetto
ancora, e da quel tempo s’iniziò la nostra amicizia fervida che non doveva finire che con la sua
morte volontaria. Da anni l’Ottolenghi lavorava intorno ad un’opera di mole nella quale il
rivendicatore dei valori ebraici mettava a contribuzione la sua vasta erudizione talmudistica. Mi
sono sempre meravigliato come le “Voci d’Oriente” – Studi di Storia religiosa -, in due volumi, di
pagine 479 e 1218, editi, il primo dal Seeber di Firenze nel 1905, il secondo nel 1908 dalla Libreria
Moderna di Genova – non abbiano trovato il posto che loro spetterebbe nella cultura e non siano
diventate uno dei libri più noti e studiati dagli ebrei ebreizzanti d’Italia. A riguardo dei quali voglio
dire subito che io conto tra essi amici cari che sono cittadini e patrioti a tutta prova, ma che non
risponde a verità il crederli informati, anche superficialmente di Bibbia, di Talmud, di problemi
storici e teologici. Ignorano la lingua ebraica e anche se hanno un loro naturalissimo sentimento di
comunanza ebraica e pendono per il sionismo, senza parteciparvi, preoccupati della portata politica
e fascista del movimento, la loro vita è pienamente assorbita nell’ambito di quella civica e
nazionale. Ma degli israeliti di casa nostra e delle eccezioni mentali che alcuni di essi rappresentano
ci occuperemo in altra parte di questo libro.
Le “Voci d’Oriente” di Raffaele Ottolenghi sono dedicate a me. In uno degli ultimi mesi
del 1904 io, curiosissimo di ambienti strani e sempre vigile dei fenomeni sociali, era andato a tenere
un discorso alla Società dei venditori ambulanti nel ghetto di Roma. Quel che mi stupiva e, debbo
dire, irritava, era la sopravvivenza del ghetto ebraico nella capitale d’Italia emancipatrice d’ogni
trista eredità del passato. Era mai possibile che dei cittadini romani e italiani, a malgrado che i
cancelli fossero stati abbattuti e che i loro correligionarii di altre classi fossero partecipi della
sonante vita borghese, politica, di governo, continuassero a dare l’obbrobrioso spettacolo della
separazione dalla cittadinanza, entro i torbidi vicoli, nelle oscure fetide botteghe, nelle cantine,
ammucchiati, diffidenti, rannicchiati ed inquieti, uscendone solo col carrettino in cui il giudeo dal
grido nenioso del “robbivecchi” raccoglieva stracci, fiaschi vuoti, ferri arrugginiti, mobili rotti e
tarlati, scarpe sfondate, come nei secoli andati? In una specie di profondo e basso sottoscala ove
pendevano delle travi due o tre lampade grasse e fumose, ad una squallida nervosa umanità
dall’orrido sentore di fritto stantio e di cose marcite, io parlai così come è mia abitudine, cercando
di penetrarne il segreto dell’anima. Dissi: “Perché, vivendo così come vivete, volete ancora dare in
Roma lo spettacolo di essere e di sentirvi reietti? Voi siete cittadini di paro diritto con me non
ebreo. Il ghetto è stato abolito, ma voi lo continuate e dai vostri correligionari di altre classi, e dalla
cittadinanza e dalle autorità della Capitale e dallo Stato dovete, potete esigere che vi si aiuti a far
scomparire questa apparenza di inferiorità che se suona vergogna per la città, non ne arreca minore
a voi”. Io avevo dianzi agli occhi la prova evidente dell’istintivo invincibile bisogno della plebe
israelitica – contrariamente a quello degli ebrei di classi superiori – di alienarsi dalla comunanza
con la società cristiana, di non saper confondervisi, di provare con il sistema di vita la diffidenza del
cristiano, ancora più la certezza che il popolo cristiano anche a Roma, anche in Italia non ami la
vicinanza e tanto meno la convivenza con gli ebrei. Nel mio discorso avevo insistito sul principio
che per un cittadino italiano nella vita pubblica, nella lotta politica – io ero allora in tutto il fervore
del movimento sindacalista rivoluzionario -, nei rapporti quotidiani tra persona e persona dinanzi
alla legge, non esiste ragione individualistica di origini ebraiche o arabe o slave o tedesche o
spagnuole o francesi, e che i motivi di un differenziamento di razza come di religione perdono
qualsiasi capacità di rilievo, qualsiasi entità.
La notizia del mio intervento propagandistico tra i “giudii” del ghetto, letta da Raffaele
Ottolenghi sul giornale “La Patria”, lo aveva commosso e questo sentimento di stupore e di
gratitudine egli lo consacrava nella dedica appunto del primo volume di “Voci d’Oriente” ove con
l’ampollosità e la paradossalità dell’espressione caratteristicamente talmudica e biblica, il povero
amico cerca in qualche modo una ragione diremo così originaria alla mia simpatia verso la miseria
sociale di quei reietti bisognosi di continuare ad esserlo ai quali io non avevo portato che la parola
del politico e del sindacalista. “Per quali procedimenti atavici e per quali antichissimi innesti di
sangue fenicio che fu trasfuso nella gente sarda, avvenne che Ella, contro ogni uso, si sentisse tratto
a rivolgere con simpatia i suoi studi verso la idea Ebraica, la quale, nelle sue inestinte aspirazioni di
umane giustizie, si presenta anch’oggi come la voce eterna dei tempi? … Ma “or Le dirò perché son
tal vicino” a Lei: e cioè perché il suo nome abbia occupato il mio pensiero, quando ero intento a
scrivere questo libro … Pochi mesi or sono, la Patria narrava che in una fredda sera invernale Ella
s’era tolto alla mite dolcezza del focolare, per andare nella Società dei venditori ambulanti del
Ghetto di Roma, a parlare ad essi una parola amica e incitatrice. Ella volle portare un raggio di
idealità in quelle povere anime … Ella non seguì i superbi della terra, e non dispregiò quelle anime
tremanti. Ella non disdegnò di scendere ad esse, per portar loro, a infiammarle, una bella vampata
della generosa fiamma interiore che arde entro le anime alte … sicchè un breve raggio scese ad
illuminare, per opera sua, quelle anime penanti, che vivono nella triste condizione dei cenci e dello
scherno. Pel ricordo di questa gioia fugace ch’Ella portò nella oscurità di quelle umili anime, io, che
Le fui sino a ieri ignoto, La prego di consentire che il suo nome accompagni per le vie del mondo
questo libro …”.
Non si potrebbe dire che l’opera vasta doviziosissima di materiale filologico, di
emarginazioni critiche dei testi ebraici, greci, latini, costituisca una trattazione organica tale da
convergere le indagini e le rettifiche, in una parola il lavoro revisionistico, ad una conclusione
precisa. Raffaele Ottolenghi era un romantico dell’ebraismo, un nostalgico delle fortune e delle
glorie antiche della sua stirpe, che per lui ha generato e serba i principii della sublimazione unica di
una gente. Ma la storia, la storia che s’è fatta cristianesimo e cattolicismo e Chiesa e Impero e
civiltà occidentale latina, lo arresta a considerazioni gravi e soventi obbiettive. Ottolenghi vorrebbe
poter dimostrare e la priorità e la sovranità di Israele nella serie delle vicende umane; non può
accettare che la sua razza per il trionfo politico e sociale della Romanità sia ridotta ad elemento, ad
una delle venature del vasto totalitario organismo storico e civile. L’incontro con il mio “Cristo e
Quirino” lo turbò profondamente e mentre nella prima edizione che si può chiamare monumentale
di “Voci d’Oriente” l’esegeta, il critico, il revisore talmudista si manifesta con apologeta convinto,
nel riassunto dell’opera pubblicato in tre piccoli volumi nel 1913 – Lugano, Casa Editrice
“Coenobium” di pag. 314, 289, 288 – la mia tesi romana lo consiglia a riconoscimenti che
modificano in parte e qua e là l’assolutismo della tesi. Tutta la prefazione al secondo volume gira
intorno a quella mia interpretazione – ho avuto tempo di ripensarvi su dal 1895 in cui scrissi “Cristo
e Quirino” ad oggi! – che dà alla Romanità ed alla sua possente intima capacità di trasformazioni e
di emancipazioni spirituali, il merito della più evidente integrazione religiosa e politica. Riconosce
irresistibile la suggestione della mia formula “Roma fa il cristianesimo”, pur cercando con cresciuto
affanno una sua verità tutta ebraica che non attenui e tanto meno scarti quella che per lui è la
funzione-missione insopprimibile d’Israele.
Cito dal testo per dar rilievo alle contradizioni così sincere e significative dell’Ottolenghi:
“La piccola nave adramittina che trasportava le ire teologiche di Paolo e i più avvolgenti sillogismi
adduce ora con lui in Roma il germe della nuova predicazione travolgitrice delle idealità antiche …
Come pensare che l’Occidente abbai potuto nutricare entro di sé e far germogliare i germi
d’Oriente? … E qui la sede del grande equivoco! Quando si rappresenta il quadro consueto del
Cristianesimo come predicazione Palestinia trasportato in Roma e germogliato a religione
universale nell’Occidente. La verità è un po’ diversa. La predicazione del Rabbi Ebreo non ebbe
nella realtà influenze così profondamente modificatrici delle psiche nell’Occidente, come si suole
credere sulla falsariga delle asseverazioni chiesastiche. Essa prestò il suo nome … Il Cristianesimo
… deve cessare dall’essere rappresentato soltanto cone una grande rivoluzione spirituale prodotta
da una predicazione orientale. Se un mutamento delle visioni umane è avvenuto, ciò avvenne e si
maturò nel seno stesso delle società occidentali, e prevalentemente in forza di lunghe elaborazioni
interiori …
“ … E’ certo che tutto quel complesso di idealità e forme che passa col nome di
Cristianesimo, si è plasmato in Roma, dice Paolo Orano – nel suo libro “Cristo e Quirino” -. Io devo
confessare che Paolo Orano ebbe molte perspicuità di visioni. Ma egli è talmente trascinato, oltre il
confine del vero, da quel feticismo Romuleo che trae gli Italiani a esagerare assai la benemerenze di
Roma, e le sue grandezze, sì da non vedere più nulla all’infuori di essa … Orano scrisse: “E’ la
Romanità che si tramuta al Cristianesimo. La crisi fu interna alla Romanità … L’Occidente fa,
plasma a se stesso quel Cristianesimo riuscito che è poi la Chiesa, il Cattolicismo, il Papa,
l’Episcopato, il Sacerdozio, la Teologia, i Sacramenti!”. Queste sono verità inoppugnabili! Orano
presenta Orazio come documento di mutazioni che si andarono operando nell’anima Romana
all’infuori dell’influenza di Gesù … E ancora mi soccorre un altro ordine di considerazioni …
Paolo Orano vede questo orientalismo – quasto nebuloso cristianesimo sovratutto in Orazio, che si
fa pessimista pure davanti a Roma, e dubita che la guerra gloriosa, che era la vita stessa di Roma sia
un’ingiustizia, e si sente dominato da un senso ignoto all’anima pagana, dal rimorso: quando egli –
precursore dei poeti Apocalittici cantori delle ultime sventure – getta il grido della fuga dal mondo
ruinante: “Eamus omnis execrata civitas: Fuggiamo, Roma ruina”. Orazio si avvedeva della
tremenda situazione che informava l’argomento della vita latina, per il quale ogni virù pubblica e
privata null’altro era se non virtù di guerra … O non vede Orano tutta la suprema convenzionalità
alla quale egli pure finisce per condiscendere, di questo raffigurarsi che fa il mondo di una
concezione cristiana che non esiste, che non è mai esistita, e che altro non è che un sentimento
umano, che è in tutte le anime, in varia gradazione riposto? … Io non voglio neppure per naturale
reazione che pur sarebbe scusabile, sostenere che ci sia uno spirito ebreo diverso dallo spirito
umano. Il popolo ebreo ebbe, però per condizioni peculiari di esistenza, modo di dar vita a speciali
attitudini spirituali …Tuttavia a parte qualche esempio isolato, non mi pare che si possa credere che
nell’insieme del costume romano l’influenza del sentimento ebreo-orientale … sia stata molto
sensibile mai … E’ certo che l’animo occidentale ha tendenze invincibilmente divergenti dall’animo
orientale … Paolo Orano è uno degli studiosi che meglio intuì il fatto cristiano … Scrive: “…
L’Occidente fa, plasma quel Cristianesimo riuscito che è poi la Chiesa … Una società non può
avere una religione appiccicata. Una religione sta ad un paese come tutte le altre produzioni ideali
di quel paese”. Tutto ciò: è vero e conferma la tesi del mio libro: che il Cristianesimo non discende
dall’Ebraismo, ma è una religione che si plasmò nell’Occidente, ed è figlio dell’anima occidentale
…”.
I brani testuali che sono venuti citando provano a un tempo e la sincerità e l’acuto bisogno
di certezza di Raffaele Ottolenghi e l’impossibilità della soluzione a cui lo condannava il punto di
vista ebraico di fronte al cristianesimo, al cattolicesimo, alla Chiesa, alla Romanità, in una parola
alla storia. Nelle pagine di quella prefazione s’iniziava tra l’Ottolenghi e me una polemica inspirata
da ambo le parti a così puro intendimento di chiarificazione da non turbare mai la nostra amicizia.
Perché della più alta estimazione morale, del più fervido affetto era degno quel singolarissimo
uomo. In lunghi colloqui nella sua casa in Acqui, attraverso un epistolario continuato per alcuni
anni e finalmente sulla rivista di Lugano il “Coenobium”, si andò via via approfondendo a un tempo
e chiarificando l’irriducibilità delle due nostre posizioni. Per lui il cristianesimo rimaneva una
filiazione bastarda dell’ebraismo, l’alterazione della mentalità della stirpe d’Israele dovuta alla
“follia del Crocifisso” della quale Paolo di Tarso era il massimo responsabile. Per me ogni dì più
cristianesimo, cattolicesimo, Chiesa si rivelavano con contenuto e sagome sempre più concrete e
precise come l’avvenimento sfolgorante della Romanità, la creazione sublimatrice della Latinità
imperiale. Tutto il territorio dell’Impero era Roma e Roma prendeva dalla Palestina il Messia
dell’anima, il Redentore della coscienza e lo portava sull’altare dell’Urbe entro il palladio
unificatore dello spirito di tutte le genti. Gesù per Raffaele Ottolenghi era un episodio perturbatore
della verità ebraica. Per me la sua diretta discesa dal Padre spezzava ed annullava cotesta verità
senza certezza e senza gioia ed apriva a Roma le vie del cielo. Là l’eterna rancunosa ruminatrice
tristezza di una gente dispersa e che non si sarebbe più subordinata e conciliata col vasto totalitario
popolo della civiltà; qua la parola di vita suscitatrice di una magnifica e formidabile comunanza di
stirpi, di origini, di tradizioni, di linguaggi. Ottolenghi non poteva accettare che l’antichissimo
Israele profetico e moralizzante fosse fallito nella storia del mondo e che, al contrario, in un Cristo
romano si realizzasse per la universalità delle genti la promessa dei profeti. Il Redentore doveva sì
rimanere ebreo ma per gli Ebrei e non diventare il Dio della terra mandato dal cielo. Come dunque
Roma ha creduto nel sovvertitore d’Israele e non in Israele millenaria? Dunque soltanto perché
contenevano il preannuncio della sua venuta, Roma e il mondo avrebbero considerato sacri i vecchi
libri ebraici? Roma cristiana, l’Impero cattolico raumiliavano quindi e condannavano l’orgoglio di
un popolo che nei secoli s’era creduto privilegiato ed eletto. Ora nella ostentata rumorosissima
religiosità d’Israele il mondo non scorgeva che l’orgoglio di razza.
Come tutti, venuto il Messia, gli ebrei non avevano che un atto da compiere: credere in lui,
fondersi nello spirito e nel rito al mondo che nel Dio preannunziato dai profeti sentivano la miseria
e l’infecondità delle religioni di razza. Raffaele Ottolenghi era soprattutto angosciato dall’avvertire
che il mondo cristiano nella religione degli ebrei non vede una mistica pura ma uno stato d’animo
razista. Se dall’ebraismo volesse uscire oggi o domani un dio, esso rimarrebbe ebraico senza nessun
contraccolpo di interessamento nel mondo. Ma l’ebraismo è troppo filosofico e scientifico per
permettersi una simile avventura e Israele gelosamente legato ai suoi riti nella sinagoga si sente
escluso dallo spirito religioso del mondo perché il mondo non può credere in un dio non
manifestato, non redentore, senza prodigio compiuto. Roma era matura e pronta al trionfale
riconoscimento che storicizzava la nascita del Redentore. Israele era rimasto indietro e tutta chiusa
nel pettegolezzo del suo imponente messiamismo. Ciò che aveva di vitale e fecondo balzava dalla
tribù inaridita e rauca e andava verso Roma all’altare del miracolo onde s’irradierebbe su tutte le vie
imperiale la fede esultante animatrice della storia e della civiltà.
Dal suo punto di vista Raffaele Ottolenghi condannava e la storia e la civiltà. Quando
Roma si educa e si raffina è dall’ellenismo che prende spiriti e forme. Graecia capta ferum victorem
coepit et artes intulit agresti Latio; è Orazio che lo confessa. Omero è il faro della poesia e della
bellezza. Dalla Troade naviga ai lidi italici l’eroe che fonderà Roma. Ellenici sono i maestri dei figli
di Roma. Statue, architetture, mode, libri, dottrine elleniche vuole l’Urbe, Virgilio modella sui
Greci il poema delle origini ove traspare trepido e soave il presentimento d’una luce interiore, Roma
si spiritualizza di per sé stessa ed è dalla sua intima sensività che germina e si propaga l’idealità del
divino che via via modifica il paganesimo. Persino il canovaccio su cui i padri e i dottori della
Chiesa ricameranno i fiori e il verbo assoluto del dogma è greco, è l’aristotelismo, testo dell’ordine
e della misura, inquadramento totalitario delle norme civili e sociali, presentimento solenne delle
supreme necessità di porre limiti allo spirito per l’equilibrio degli interessi e degli ideali della
convivenza umana.
Dante, l’imperiale ed imperialista Dante, innesta su tronco romano cattolico l’elemento
tedesco. Nella latinità fusa al germanesimo vede il destino della vita sociale, Federico, Alberto,
Arrigo, le spade dell’ordine sacrosanto di Roma universale. Quando San Pietro lo esamina in
Paradiso sulla sua fede nel miracolo, il Vate d’ogni futuro umano, risponde:
Se il mondo si rivolse al cristianesimo –
Diss’io – senza miracoli, quest’uno
E’ tal, che gli altri non sono il centesmo.
E il poema culmina nel sublime canto di San Bernardo che vibra impetuoso e solenne sul
coro immenso delle sfere celesti, la santa orazione a Maria Vergine che sazia finalmente l’ardor del
desiderio nel credente, conclusione e sigillo della prodigiosità cattolicità di Dante:
“Vergine Madre, figlia del tuo figlio …”
La Madonna di miliardi di creature umane attraverso i secoli! A che valgono le sottili
stentate emarginazioni su presunte eresie e derivazioni anche ebraiche per contatti che Dante
avrebbe avuto con eruditi ed autori israeliti contemporanei, se tutto il pensiero dantesco, se l’intera
costruzione del Poema è cristiana cattolica latina imperiale romana? Perfino la preferenza politica
del Poeta andava a quella Germania che è oggi il preciso esclusivo oggetto dell’odio ebraico! Croce
ed Aquila sono i due principi sovrani che informano la Divina Commedia e tutto ciò che di biblico
concorre alla formazione del Poema vale, come per ogni cattolico, come sostanza che prepara
l’avvento di Cristo, dal peccato di Adamo che si redime nel Crocefisso, al profetismo che si compie
nella incarnazione del figliuolo di Dio che non ha padre in terra.
Ellenico è l’Umanesimo e paganeggiante e si risolve nel Rinascimento e cioè soprattutto
nella manifestazione artistica. Si abbandona il biblismo per i testi greci, per Platone e le venature di
ebraismo nell’epoca neoplatonica si perdono ed esauriscono nel mareggiamento della cultura e della
creazione poetica e nel fenomeno politico della signoria e del principato. Europeo è l’Ariosto,
romano Machiavelli, cristiano mistico e romantico Tasso. L’italianità integrandosi diviene sempre
più politica e nazionale e patriottica, muovendo verso l’indipendenza e l’unità e quindi verso lo
Stato totalitario e concordatario con la Chiesa di Tommaso e di Dante.
Scoppiata la guerra, l’amico Raffaele Ottolenghi, dopo avere pubblicato un grosso volume
polemico dal titolo “I farisei antichi e moderni” a cura dell’Associazione italiana dei Liberi
Credenti, - Firenze, tip. Bonducciana di A. Meozzi 1916 – parve sentisse il crollo di tutte le sue
idealità. Le sue ultime lettere mi rivelavano l’incupirsi del suo spirito, che era stato sempre ardente
pur nell’ampia e nella periodica angoscia dell’anima, come il volume su “I farisei …” mi rivelava e
mi rivela l’inquietitudine insanabile arrivata ad uno stadio più acuto ancora, della mente israelitica
sbattuta implacabilmente tra l’orgogliosa presunzione della superiorità dell’ebraismo e del suo
diritto a prevalere nella coscienza e negli istinti sociali, e la realtà dello Stato, della Chiesa, della
Latinità, dell’Impero, dei nazionalismi protesi, mentre egli finiva di pubblicare questo suo ultimo
volume, in terribile lotta cruenta.
Non saprei indicare documento comprovante il turbamento d’animo di un italiano di
sangue ebraico dianzi ai problemi della tradizione, del trionfo storico del cristianesimo, della società
moderna, delle patrie, del diritto e della guerra, più ad un tempo sincero e contradditorio di questo.
Tutti i germi spirituali e morali debbono essere riconosciuti ad Israele; Ottolenghi li trova attraverso
i secoli ovunque la vita dà fiori e frutti. Ma la storia non è israelita e in Roma, nella Roma cristiana,
che pure dall’ebreo Gesù prende il motivo di tutti i suoi sviluppi, non si può dire che l’elemento
ebraico nonché prevalere, lo si ritrovi. Dunque la storia non tiene conto d’Israele che tutti in
conseguenza tradiscono da Gesù a Paolo, ai primi Concilii giù giù fino ai teologi. E allora donde
Roma ha tratto le sue virtù –poiché Ottolenghi ne riconosce a Roma? – Sono dunque virtù romane,
latine, occidentali, dalla possente capacità creativa, se da esse sono uscite una civiltà mondiale, un
impero mondiale, una chiesa mondiale? Ora scrive: “Israele si ravvide e respinse i proselisti. A
costo di subire taccia, nei secoli, di misoneismo, e di insociabilità, esso si racchiude dentro sé
stesso, dentro il suo ghetto ideale, dentro il suo guscio come in un sacrario inviolabile, a difesa della
genuinità dell’idea ebraica. E solo a questo prezzo riuscì a portarla intatta a noi …”
Altrove dice: “Gli uomini sono distinti per razze. Questa distinzione travalica di gran lunga
per importanza quella che è costituita dal territorio. Le distinzioni delle razze, colle differenti
conformazioni dei cranii, sono invincibili. E le attitudini cerebrali risultano divergenti”. E altrove:
“Il problema della convivenza e coabitazione di Israele con Ario risorge insoluta e forse
inconciliabile nei secoli. E’ troppo chiaro che la civiltà Occidentale tutta preoccupata delle
grandezze esteriori e dei grandi trionfi della bellezza, ha poco senso per queste idealità. E Israele
nella convivenza con Ario deve essere assorbito. Perché ogni civiltà ha le sue esigenze tiranniche, e
che non tollera dissonanze”. Altrove, ancora: “Gli orientali a Parigi diventano ridicoli
scimmiottatori delle nostre civiltà. Gli stessi Ebrei, dopo tanti secoli, se si assimulano troppo,
assumono tutti i vizi dell’Occidente, perdendo le forti qualità della stirpe; l’attaccamento famigliare,
ecc. Chi ha vissuto nell’Oriente, ha sperimentato che i migliori elementi là sono sempre costituiti
dagli Arabi e dai Turchi fedeli alla tradizione, integri e diritti. Mentre il tipo più antipatico e infido è
quello del levantino occidentalizzato”. E altrove: “L’idea di Stato non è rispondente all’indole di
Sem. La caratteristica di Sem è il nomadismo libero. Questa qualità è ancora passata nell’Ebreo
moderno”.
Ardore così che arriva sino all’esaltazione; dubbio che lo abbatte. Tragedia d’anima
manifesta in tutta la sua febbrile sincerità. Ogni piccolo interesse, ogni meschino secondo fine di
quelli che la gente è solita di attribuire anche ai pensatori israeliti, esulava da quello spirito
profondo torturato dalla realtà bimillenaria di Roma, del cristianesimo e della Chiesa. La guerra
riconfermava cruda e implacabile la ragioni della storia che disperse Israele sotto l’imperiosità dei
destini nazionali ed espansionisti. Raffaele Ottolenghi non poteva pensare che quell’evento si
avverasse. Si sentì solo sperduto, spogliato di tutta la sua immensa ricchezza di talmudista, di
erudito, di esploratore e la sua sapienza di angosciato credente, di geloso tradizionalista gli fu vana
d’intorno. I suoi fratelli di razza, i suoi correligionarii, adesso, per obbedienza, ma anche per fervore
di italianità correvano al fronte e si battevano e cadevano per la Nazione. La pace era rotta nel
mondo; si rompeva anche nell’anima sua insorta violenta e omicida contro la carne. Perché Raffaele
Ottolenghi si uccise. Io fui il solo non ebreo a commemorarlo in un articolo sul Giornale d’Italia.
Dicevo in quelle colonne che raramente due uomini di studio e di pensiero tanto lontani e diversi di
principi e di orientamenti erano stati accomunati dall’ansia spirituale dei massimi problemi
dell’umanità. E certo, nessuno come Raffaele Ottolenghi lesse nel mio spirito, nessuno come me
lesse nel suo, l’arcana inconciliabilità delle nature e delle menti che spiega l’eternità dei dissidii che
sono ragione della storia.
TRA DUE RAZZISMI
Ho accennato incominciando che in Italia, nell’orbita delle famiglie colte e di spiriti larghi,
non v’era modo a preoccuparsi della diversità di origini, di razza e di religione degli amici.
L’individuazione dell’israelita è venuta più tardi imposta dalla evidenza della ostentata penetrazione
ebraica nella vita politica, ai casi dolorosi e drammatici dei progroms di Kiscinef, dell’affaire
Dreyfus, della letteratura difensiva o avversa all’ebraismo in Germania, in Francia e in modo più
spicciolo anche in Italia. Singolare ed interessante notare che gli attacchi al movimento di
concentrazione ebraica non partivano da centri o da penne del mondo cattolico. Non si potrebbe fare
al cattolicismo e tanto meno alla Chiesa l’appunto di avere ispirato e guidato una campagna
antisemita. I ghetti li volle il popolino infatuato, così come le famiglie in cui i genitori non
vogliono perdere troppo tempo attorno ai figliuoli hanno voluto i collegi. I poteri hanno dovuto
subire l’esigenza crudele delle cittadinanze alle quali ripugnava il contatto con i discendenti di
coloro che avevano crocefisso Gesù. Era un non dare alcuna importanza ad un elemento che si
perdeva nella comunanza della cultura, delle discussioni politiche e sociali. Gli italiani sono
cattolici anche quando protestano di non esserlo. Il cattolicismo è nell’aere ambientale, nel senso
domestico della vita, nella stessa preoccupazione religiosa alla quale si deve se questo nostro
popolo è rimasto estraneo al perturbamento della Protesta. L’Umanesimo l’aveva scavalcata,
andando oltre, i pensatori italiani, alle intenzioni riformistiche del culto, cercando il nuovo, il libero,
nella speculazione filosofica, così da poter dichiarare: in filosofia penso quel che mi pare, in
religione resto cattolico. Dell’ebraismo si è sempre giudicato che fosse una religione rimasta
sospesa e senza conclusione, perché arrestatasi dianzi al compimento della redenzione e quindi
mancante di logica. L’atteggiamento negativo degl’israeliti a riguardo del Messia venuto ha finito
per disebreizzare Gesù nel sentimento dei cattolici. Gesù è passato in Israele per trionfare nel
mondo, gli ebrei non se ne sono avveduti, sono stati condannati a non riconoscerlo ed è questa
condanna, ed è questa loro cecità eterna che ha annullato nel mondo ogni funzione e missione
ebraica. Non valgono i sofismi e le glosse spinose. Gesù ha trionfato, Israele no. La critica agli
errori terreni dei cristiani non intacca per i cattolici d’Italia la verità celeste del Pontificato, perché il
sacerdote in funzioni divine non è più il miserabile uomo che pecca anche sino a dannarsi, ma è
pura verità, trasfigurazione dell’essere, anima, fede, autorità e la sua invocazione fa scendere Gesù
ogni dì ogni ora ad alimentare lo spirito, a perpetuare la redenzione tutta interiore.
Così pensa il cattolico italiano. Ma questo giudizio nella pratica dei contatti con gli ebrei si
traduce in una bonaria transigenza. Invece sollecitata dagli avvenimenti politici e sociali e dallo
spettacolo della caratteristica attività dei singoli ebrei, l’attenzione degli italiani si è volta a
considerare i loro mezzi ed i loro scopi convincendosi che se gli ebrei non vogliono la redenzione
celeste, vogliono però quella terrena, quella che consiste nel prevalere con l’oro, con i gradi, con le
dottrine sovversive, coll’ascensione al potere politico, affermando in tutti i modi, perché razza
“intellettualmente superiore”, la loro pretesa di emergere. Se v’era un paese ove tale pretesa non
aveva ragione di farsi valere era l’Italia. Da prima gl’Italiani, perché larghi e spregiudicati di
pensiero, non si sono fatti una difficoltà a consentire nel giudizio sulla intelligenza e le molteplici
attitudini e capacità dell’ebreo, come hanno riconosciuto i valori della razza o meglio del popolo
tedesco. Ma ebrei e tedeschi da qualche decina di anni in qua, nei loro libri, nelle loro riviste, nei
loro giornali, nei loro discorsi hanno incominciato a tirare così esuberantemente l’acqua al loro
mulino che una reazione, un altolà, un basta erano inevitabili da parte degli Italiani. Tra origini,
ispirazioni, correnti, influenze tedesche o ebraiche, non si sa che cosa rimanesse all’Italia di
italiano. Quelli ci dimostravano che in fondo alla civiltà, cioè a Roma e prima alla Grecia, c’è lo
strato ariano, perché solamente ariano è il genio e che senza le invasioni barbariche – domando
scusa: l’espansione germanica – sull’Europa e il bacino del Mediterraneo, non si sarebbero avuti né
Dante, né Leonardo, né Michelangelo. Questi, gl’israeliti, ci volevano persuadere che quanto è
ellenico, romano, filosofia, critica, poesia, religione, morale, tutto è di derivazione ebraica.
L’erudizione si è prodigata a questo riguardo. I due razzismi acuti e paradossali gareggiavano nella
ricerca delle prove e nell’accumulo degli argomenti. La duplice azione antilatina e anticattolica ha
in certo modo per un secolo raggiunto lo scopo nella cultura e nella critica, quasi intieramente
informate e sistemate
dal sapere tedesco e dall’orientamento laicista anticlericale, di
quell’anticlericalismo che nascondeva sì e no l’intendimento di escludere il pensiero più
propriamente cattolico dalla sintesi storica. Una storia, dunque, senza la Chiesa, uno svolgimento
delle società europee in cui gli avvenimenti sostanziali e capitali erano l’Umanesimo perché
individualista, la Riforma protestante in Inghilterra, Francia, Germania, il libero pensiero, il
Risorgimento perché orientato verso l’abolizione del potere temporale dei Papi, la filosofia tedesca
e, naturalmente con tronfio tono apologetico, la Rivoluzione Francese.
Qui è toccata la suscettibilità italiana e s’inizia inevitabilmente la legittima difesa del
patrimonio nazionale nostro in ogni campo e manifestazione, al centro del quale sta l’immensa
opera della Chiesa che è tutta romana, tutta italiana. Nasce spontaneo il bisogno di investigare che
cosa il contenuto prettamente italiano debba sia al germanesimo, sia all’ebraismo. In quanto al
primo è patente il fatto che invasioni, domini, influenze tedesche non sono mai riusciti ad alterare
lo spirito nostro che si manifesta sempre ed in ogni sua espressione innestato all’istinto
insopprimibile insieme religioso e civile. Dante è tutto latino, come tutta latina è la gloriosa
creazione teologica che culmina nel Fascismo. Istoria tutta paesana è quella dei Comuni medievali
delle signorie, dei principati che mirano a dilatarsi al conquisto dell’Italia intiera. Federico Svevo
diventa italiano e contro l’eresia dissociante si alzano le possenti figure dei Santi che sono forse la
più caratteristica integrazione della natura attiva italiana. Spettacolo prodigioso nei secoli del
dominio straniero, gl’Italiani preparano un pensiero che via via da difesa della superiorità del sapere
italiano diventa nazionale e quindi nazionalista. Giganteggia con Vico e si propaga in cento giuristi
sociologi storici politici soprattutto nell’Italia Meridionale. Con Vico siamo già all’affermazione del
primato che per Romagnoli è cardine del rinnovamento organico del sapere e dell’agire e con
Gioberti testo di risoluto programma.
In quanto all’ebraismo non si trova durante tutta la vicenda storica italiana, una figura
israelitica che stia solo che a pari di quelle non ebraiche di ordine inferiore. Non un poeta, non un
artista, non un apostolo da poter collocare a pari non diciamo di Machiavelli o di Cavour, ma di
Alfieri, di Manzoni, di Foscolo, di Leopardi, di Garibaldi, di Rossini, di Verdi, di Mameli, di Giusti.
Bisogna scendere nelle penombre e tra le vicende parziali per trovare un israelita e sì che l’impresa
del Risorgimento per il suo orientamento liberale e democratico e perché andava verso l’abolizione
del potere temporale dei Papi, era tale causa da dover ispirare, entusiasmare, far cantare e rendere
ardimentosi in prima linea gli ebrei. In Francia, da Porto-Riche a Bernstein, gl’israeliti hanno
intensamente contribuito a quella letteratura di romanzo e di teatro più dilettevole e intelligente
certo che grande, la quale sta a documentare la forza di assorbimento del pariginismo più che la
capacità di conservarsi dei temperamenti di razza degli israeliti. Se ne contano molti in questa
letteratura sotto gli pseudomini quando non sono sotto il loro nome e c’è chi arriva a definire
l’odierna letteratura francese una letteratura ebraica in Francia, mentre, come dicevo, è la prova del
prevalere del gusto per la trovata drammatica e il sottile romanzesco della gente francese sugli
stranieri o autori di altre razze. Ciò è rilevabile dagli scritti di Duvernois, di Maurois, di Francis De
Croisset, di Tristan Bernard; e se ne potrebbero citare altre decine. Ma non troveremmo in Italia in
questo campo un israelita, da Ippolito Nievo, a Verga, a Fogazzaro, a D’Annunzio, a De Amicis, a
Grazia Deledda, a Pascoli, a Carducci, alla Serao. La produzione di alcuni ebrei italiani nel
dopoguerra ha avuto un successo più scandalistico che altro e l’avvento del governo totalitario l’ha
fatta tacere. Troviamo israeliti di talento tra i matematici –la facoltà di matematica romana è
pressoché tutta ebraica -, tra i medici, tra gli avvocati, tra gli uomini d’affari, negli uffici, nelle
Università. Non v’è israelita italiano colto e consapevole che parlando con me non abbia
riconosciuto questo ritegno politico e letterario dei suoi correligionarii sul terreno della sonante vita
nazionale.
NEL VIVO DEL PROBLEMA
Agli Italiani di origine ebraica in questo momento nel quale l’israelismo entra per qualche
cosa nel profondo turbamento europeo e mediterraneo bisogna parlare con franchezza con estrema
decisione. Non credo vi sia un altro italiano romano cattolico fascista che possa come me vantare il
titolo di competenza diretta in una questione come questa. Ho accompagnato studiando, scrivendo,
polemizzando, in stretto rapporto con ebrei ebraizzanti gli sviluppi dell’ebraismo in Italia da un
quarantennio. Ciò che il presente libro rivela n’è documento. Oggi ferve nel nostro paese un
movimento sionistico dichiarato. Ad esso è consacrata totalmente l’attività del periodico “Israel” di
Firenze che tenacemente compie opera di individuazione della vita collettiva ed individuale degli
ebrei italiani mirando a tener vivo il senso della razza, della religione, della tradizione, segnalando i
loro meriti scientifici, accademici, letterarii, pubblici in una parola nella società nazionale. Il
programma sionistico è diventato il capo saldo della propaganda del periodico, che numero su
numero tiene informate le comunità ebraiche dell’attività europea e mondiale a vantaggio
dell’impresa palestiniana. Dunque è all’iniziativa di concentramento degli ebrei che si deve far
risalire il formarsi di una attenzione e via via di una preoccupazione degli Italiani, sempre in più
grande numero, a riguardo all’ebraismo. C’è oggi in Italia un nucleo di semitismo che non c’era
affatto una trentina d’anni or sono. Idee e linguaggio sono andati molto in là così da apparire
assolutamente indifferenti ed estranei alle ragioni di una Patria totalitaria concordataria
mediterranea espansionistica ed imperiale qual è l’Italia.
Di tempo in tempo le Comunità fanno un rituale omaggio al Duce, al Regime, al Fascismo,
allo Stato Italiano. Ma credono che risponda ai doveri ed alle esigenze della cittadinanza fascista
lavorare alla creazione di un nuovo Stato, che parli ebraico e non italiano, dando a questa causa il
meglio dei mezzi, del fervore proselitico, insomma tutta l’anima? Il fascista che lavora a creare
un’altra patria, una altra nazione-stato, che sorta di fascista è? Se gli Albanesi, i Greci, gli
Spagnuoli, i Francesi, gli Arabi, i Tedeschi, gli Slavi del cui sangue sono tanti italiani facessero
altrettanto in nome della razza, che diavolo di Patria, di Nazione, di Società e di Stato sarebbe
l’Italia? Il lato ridicolo e fatuo d’una tale cooperazione sta nel fatto che nessuno degli Italiani
professori, ingegneri, banchieri, letterari, giornalisti, proprietari eccetera, d’origine ebraica
lascerebbe l’Italia per andare a farsi cittadino di Erez Israel.
Il movimento sionistico italiano va poi studiato dal punto di vista degli interessi politici e
quindi storici del Regno-Impero. Si sono chiesti i nostri sionisti se l’Italia possa vedere di buon
occhio il formarsi di un altro Stato nel bacino orientale del Mediterraneo, già così irto di
complicazioni e pericoli? Nato ed affermato sotto gli auspici della Granbritannia, questo Stato
d’Israele viene appunto a rafforzare ancora la posizione mediterranea dell’Inghilterra contro la
mediterraneità della quale si sviluppa, si deve sviluppare ed affermare l’Italia fascista imperiale.
Contro il ragionamento politico non v’ha sofismi che valgano. Oggi appare in tutta la sua logica la
concessione del decreto Balfour agli ebrei. La Granbritannia leva un’altra castagna dal fuoco con la
zampa di una pretesa ragione umanitaria.
Inoltre hanno considerato i sionisti italiani se convenga all’Italia colonialmente imperiale
in Africa prendere posizione contro gli Arabi e i Musulmani in genere? In questo caso l’Italia, solo
che consentendo all’impresa sionistica aiuterebbe nientemeno che il successo del nuovo programma
granbritannico in Asia Minore, precludendosi indefinite possibilità d’espansione domani e si
renderebbe nemico il formidabile mondo arabo e maomettano col quale deve vivere sempre più
d’accordo. Ora la tenace pretesa sionistica turba e provoca, protetta dalle omicide armi britanniche,
tutto l’Islam e chi è bene informato come noi siamo sa quali propositi si stiano concretando tra le
genti arabe e maomettane in genere. I settantotto circa milioni di maomettani dell’India che
costituiscono l’aristocrazia di quella popolazione sono alla vigilia di porre un aut-aut al governo
inglese. Musulmani sono i nostri Galla, esclusivamente musulmani i Somali e i Dancali, l’immensa
maggioranza degli Egiziani, dei Libici, degli Eritrei. Questa Italia ha tutto l’interesse di serbare e di
sviluppare il più cordiale sistema di rapporti con gli Arabi e i Maomettani in genere. Domani,
incrudendosi la situazione già così grave in Palestina, vedremo l’Islam rialzare il suo vessillo a
danno di ogni Stato colonizzatore, a cominciare dal nostro.
I sionisti s’illudono di veder lungi. Come sempre la mente ebraica s’infatua e si lascia
abbacinare dai successi clamorosi del presente. Una rivolta e organizzata dell’Islam sarà la rovina
soprattutto dell’impero coloniale granbritannico. Bisogna sapere che cosa si scrive dell’Inghilterra
sui giornali arabi e che cosa si predica alle genti maomettane contro le bravure delle armi inglesi in
Palestina. Il sionismo ha già fatto questo regalo ai suoi protettori che hanno politicamente scelto una
causa disastrosa col tempo ai loro interessi. Come dunque potrebbe l’Italia sposare la causa del
sionismo? Quale riguardo mai hanno dimostrato i sionisti d’Italia al motivo che fa sacra la Palestina
per gli Italiani? Essa è la Terra Sacra perché vi nacque il Redentore che illuminò dall’interno la
coscienza latina. Sacra perché è la sorgente del cristianesimo, perché serba il sepolcro di Gesù. Non
v’è altra ragione per Roma, per l’Italia, per la Latinità. Roma cattolica non è ancora intervenuta
nelle faccende palestinesi, ove essa ha il più alto sublime diritto d’intervento. S’illudono i sionisti
che ciò non debba accadere. Croce e Fascio sono legati dal più intimo spirito e si trovano oggi di
fronte un’Inghilterra ebraizzante ed un ebraismo britannizzante, una fusione di elementi che per
l’Italia fascista e cattolica impongono un deciso giudizio politico. Il Regime ha lasciato che gli ebrei
d’Italia s’infervorassero per l’impresa sionistica, mettendo in valore negli ultimi tempi il
risentimento dei correligionarii di Germania, anche in questo caso con la più beata indifferenza a
quelli che possono essere e sono gli svolgimenti politici dei rapporti tra Germania nazista ed Italia
fascista.
E bisogna intenderci anche su questo punto. Gli ebrei rimproverano ai tedeschi lo spirito di
razza. Essi non si conducono ormai senza più equivoci ed ingiungimenti secondo lo spirito di razza?
Non si deve all’evidenza ad alla ostentazione del razzismo ebraico l’accamparsi dell’antisemitismo
tedesco? Proprio non si riconoscono nessuna colpa gli ebrei tedeschi nella casa tedesca? Bernard
Lazare la riconosce e con lui più d’un altro israelita scevro d’infatuazione. Sarebbe oggi buona
politica per l’Italia ostentare un protezionismo eccessivo per gli ebrei fuorusciti, quasi a condannare
il nazismo? Perché “nazione” l’Italia fascista, gli ebrei che vi vivono con sì pieno diritto di
cittadinanza, hanno più preciso dovere di trattenere e misurare e caratteri e predilezioni e pretese di
razza. Dico che in Italia l’ebreo per uscire di settarismo semitico, deve tenersi esclusivamente alla
politicità dei sentimenti e delle manifestazioni, il che equivale a dire senza tante sinuosità di parole,
fare il fascista e nient’altro.
Se la sente e la vive da sionista, non è fascista, a meno che alla dichiarazione faccia
immediatamente seguire l’imbarco per Erez Israel ed il suo trapiantamento con tutta la famiglia
nella terra per l’ebraizzazione della quale tanto si dà da fare nel bel paese d’Italia. Certo sin da anni
sarebbe stato dovere soprattutto dei più autorevoli fascisti parlar chiaro e diritto, far capir loro la
triste impressione suscitata dai discorsi sionistici di intellettuali italiani ebrei che per nessun motivo
al mondo abbandonerebbero e la posizione ufficiale ed economica e la residenza e il loro vivere in
Italia ove la loro famiglia vive da secoli. Triste impressione, come di un partecipare ipocritamente
ad una causa che non è la propria! Si tratterebbe insomma di lavorare alla creazione di uno Stato
ebraico dal quale rimarrebbero fuori tutti quelli ebrei che godono di ottime privilegiate posizioni in
Italia. Anche Israele pretende la sua Città del Vaticano punto fermo e centrale di un mondo ebraico
sparso ed operante nel mondo, domani forse in dissidio e magari in conflitto con lo Stato Italiano,
soprattutto se legato anzi dipendente dal paese protettore. Gli ebrei italiani, dal giorno in cui il loro
Stato fosse costituito, appunto perché ne propagandarono l’idea e ne sostennero l’impresa,
diventerebbero stranieri in Italia, assumendo la cittadinanza dello Stato d’Israele palestiniano. Ove
confermassero la cittadinanza italiana, entrerebbero in una dolorosa condizione d’ambiguità,
d’insincerità, di suspicione. Perderebbero la fiducia e il rispetto dei concittadini non ebrei, perchè
tutti li considererebbero come agenti degli interesse dello Stato costituito esclusivamente, si badi, da
ebrei.
Ed è questo volere uno Stato tutto ebraico che mette in mala luce, diciamolo schietto, i
sionisti italiani di fronte alla coscienza fascista. La “Nazione” non li ha dunque placati e soddisfatti,
questa Italia di tante origini tutte risolute nella coscienza nazionale. Dopo secoli e secoli di
convivenza, dopo l’umanità delle concessioni e dei riconoscimenti, dopo di aver loro permesso di
salire al potere, di dettare pensiero dalle cattedre, di liberamente manifestarsi ed affermarsi, di farsi
ricchi ed influenti, proprio il giorno in cui il più organico e nazionale dei regimi li privilegia delle
riconfermate e riordinate Comunità, proprio quando il nuovo sovrano dovere è quello di fondersi
spiritualmente e politicamente a tutti gli altri elementi del plesso nazionale, essi, i privilegiati, in
cambio di consacrarsi all’incremento, ai successi, alle glorie di questa patria che trascura la razza,
cercano, vogliono un’altra loro patria che sia esclusivamente materiata di razza e la esigono laddove
un’altra antichissima gente civilissima ha la sua sede, laddove Roma Imperiale prese la luce del
segreto religioso, laddove la legge di Roma a troncare un terribile germe di sovvertimento decise
della dispersione di un popolo disobbediente. Duemila anni di prescrizione non debbono bastare a
distruggere una pretesa. Israele deve provare di saper rimontare di là da due mila anni annullando le
sopravvenute accavallate vicende storiche, indifferente ai perturbamenti sociali e politici i quali
dalla pretesa di una tale realizzazione son per derivare e già derivano.
Oggi si comincia a domandarsi se l’impresa sionistica in Palestina non sia una vera e
propria iniziativa britannica. Gl’interessi inglesi si fondono a quelli ebraici. Sono i banchieri ebrei, i
finanzieri in genere ebrei che hanno fatto la ricchezza britannica. Israele ha veramente governato
l’Inghilterra e non soltanto sotto il ministero di Disraeli. L’internazionale della banca e dell’oro ha
permesso all’Inghilterra di prolungare la sua influenza predominante in tutta Europa ed in gran parte
del mondo, e presentemente l’alta finanza che è d’istituzione ebraica favorisce la nuovissima
politica di ripresa del britannismo, che non può garbare affatto all’Italia né favorire i destini
dell’espansione commerciale italiana. Il biblismo inglese è tutto ebraizzante ed ha per liet-motiv il
senso della paternità del mosaismo, dell’assoluto etico dell’Antico Testamento. Israele muove al
riconquisto della “terra dei padri” non tanto per una risoluzione specifica di un problema di genti
che anelano ad una loro patria territoriale, quanto perché Israele si crede il popolo eletto che ha dato
al mondo, diciamo al mondo, la parola di vita e di diversità. Con tanto di distintivo del P.N.F.,
tengono nelle loro Comunità, come sempre c’informa il periodico “Israel”, discorsi improntati a
questo motivo, di superiorità, di priorità, di sovranità spirituale. Essi si assordano delle loro
esaltazioni moralistiche, religiose, razziste.
Gesù, Paolo di Tarso, la Chiesa, Roma non c’entrano, ed è tutto quello che entra nel
Fascismo. Il contrasto è evidente. Per noi la parola di vita e di verità sta negli Evangeli e negli Atti
degli Apostoli. Se Gesù non fosse venuto e Paolo non avesse scritto, se l’apostolato non avesse
tramutato dal profondo le coscienze con la Redenzione, Mosè, l’Antico Testamento, la storia degli
ebrei non avrebbe che una scarsa importanza per il mondo e scarsissima per noi latini. Noi la stella
annunciatrice della salvezza la vediamo sulla stalla di Betleem. Per noi Nazareth, Gerusalemme, il
Giordano, Genesareth, il Calvario, sono i valori della terra palestiniana. Li ha fatti assoluti e capitali
la Chiesa di Roma. Sono questi che richiamano il passato delle genti tra le quali il Prodigio si è
compiuto. Mosè è arcano e chiuso per noi. La luce aperta si fa con la umanizzazione del Creatore.
Né troviamo nell’Antico Testamento tutte le belle e sante cose che i biblisti infatuati vi trovano, né
del resto è un libro popolare in Italia, ove la Chiesa parla in nome di Gesù che in Roma non è più
ebreo, ma del mondo, perché romano. Cone si può in Italia da cittadini italiani, nell’orbita di Roma
e del cristianesimo cattolico trovare fuori che in Paolo e prima negli Evangeli la scaturigine della
coscienza umana? La stessa critica laica e positivistica degli studiosi israeliti ha ricollocato i libri
dell’Antico Testamento nell’ambito di una storia particolare di popolo. Mosè è ebreo e parla per gli
ebrei. Gran parte dei libri biblici non sono che istoriografici, o manifestazioni letterarie od epicoliriche esclusivamente ebraiche. La Chiesa sa di non poter imporre come dogma la origine del
mondo così come la racconta il Genesi. Per me è una invenzione genialissima, una delle tante, dai
Caldei, dagli Assiri, dagli Egizii, dagli Elleni in poi; niente di più e non stimo affatto educativo il
concetto ebraico dell’amore come un male, l’omicidio di Caino, l’incesto originario dell’umanità, il
lavoro come condanna. A parte gli elementi storici, sociologici, drammatici, epici, lirici,
psicologici, dinanzi all’anima latina, l’Antico Testamento vale per quel grido che di tempo in tempo
si alza verso l’avvenire a preannunziare il Prodigio. Ma negando la divinità di Gesù, gli ebrei
negano dinanzi a Roma cristiana e cattolica il sostanziale valore del profetismo. Bisognerebbe
ebraizzare il mondo per suggerirgli la sterile concezione di un messianismo sempre a venire.
L’umanità ha segnato i suoi punti fermi del divino, della civiltà, della vita sociale, le ore delle
illuminazioni, delle redenzioni, delle soluzioni. Di esse l’Italia Fascista fa la sua verità fedele a
Roma imperiale, cattolica, latina.
Si ripetono queste capitali verità per ricordare agli ebrei ebraizzanti e sionisti che è difficile
credere sincero il messianismo religioso degli israeliti. Aspirazione arida ed inquieta che non ha mai
giovato né all’armonia dello spirito né all’acquetamento civile e sociale. Essa annulla il passato, lo
riempie d’ombra. In mezzo ad un mondo che crede e che pregando si rivolge al Figlio di Dio che ha
umanamente vissuto e sofferto, l’ebraismo ha fin qui sfogato l’ansia delle irresoluzioni nelle
teoriche, nelle dottrine, nelle formule. La mente ebraica si è manifestata filosoficamente col
panteismo spinoziano che attenua e quasi annulla in una sostanza unica la personalità umana e la
libertà del volere. I Latini restano dualisti, credono al mondo creazione di Dio, prima come materia,
poi come redenzione di anima. Spinosa non ci ha convinto. Sul terreno sociale l’israelismo s’è
impegnato a negare patrie e storia, culminando la tesi e l’impresa nel marxismo. Ma il marxismo è
il nemico, perché mira a sovvertire latinità, Stato romano, Chiesa, patria, ordine sociale. E siamo in
aperta lotta per la definitiva vittoria contro tutte le sue sopravvivenze e le sue infuocate manie.
Lombroso teorizza l’intenzione di sottrarre il delinquente alla pena, perché è sempre un caso
morboso, di anomalia, di deficenza, di mostruosità. Vuol portare la scienza a giustificare il delitto,
perché nel delitto c’è il delinquente e cioè un organismo che subisce motivi ineluttabili. Dunque non
ha colpa, è un ammalato. Il codice, se ha una ragion d’essere, questa è tutta nella difesa sociale dalle
azioni che turbano la società. Lo Stato Fascista ha rialzato e rinvigorito il criterio della imputabilità
e della penalità ed ha tracciato un solco netto tra l’uomo animale e l’uomo. Il delitto esiste e si
condanna il delitto perché l’uomo lo compie con volontà di delinquere. I pazzi sono lasciati al
manicomio ed allo psichiatra. Siamo, noi latini, più con Francesco Carrara che con Cesare
Lombroso, che resta dianzi alla esigenza punitrice dello Stato spiritualista d’autorità come il più
ingenuo ed innocuo degli antropologi fantastici privo del senso giuridico. Il suo quadro delle
stigmate della delinquenza è passato al dimenticatoio.
Come sempre, un movimento ebraico di difesa assume i caratteri aggressivi. L’impresa
sionistica in Palestina n’è la prova potentissima. Nessuna preoccupazione per le conseguenze che
dalla ostinata pretesa di far trionfare con le armi britanniche il programma della ricostituzione dello
Stato Ebraico possano derivare e già derivano a tanto mondo. Le genti arabe nella protezione
abusiva ed inumana degli Inglesi per i sionisti veggono accamparsi ed avanzarsi più spavaldo che
mai il britannismo. Che chiamerebbe più protettorato il modo di condursi del regime militare
inglese? Donde viene questo diritto di dar la caccia agli Arabi, di ucciderli, di sottometterli? E che
cosa ha di morale, di civile, di umano, di legittimo questa pretesa sionista di vincere a qualsiasi
costo la partita? E’ chiaro che se non vi fosse un interesse britannico nella violenta azione dei
“protettori” ed un capitale interesse, Londra non si permetterebbe così sfacciatamente di farla da
padrona. E’ chiaro che il sionismo le serve e che lord Balfour vedeva lontano col suo famoso
decreto. Oggi gli ebrei hanno a disposizione la totalità delle forze di terra, di mare, del cielo
dell’Impero britannico, perché favoriscono con disperata generosità bancariamente aureamente
l’estremo tentativo di riarmo e di ripresa dell’influenza britannica nel Levante e in Asia Minore.
L’ebraismo, che col famigerato Neumann fa il comunista e l’anarchico contro la Spagna cattolica e
patriottica, è strettamente alleato del conservatorismo albionico. Il trionfo dello Stato Ebraico in
Palestina vorrebbe dire la vittoria dell’impresa britannica, di stendere la sua strada di fortezze e di
basi aviatorie ed automobilistiche attraverso la classica terra araba e musulmana, ed accerchiare gli
Stati arabi maggiori, con lo sbocco nel Persico: una formidabile Suez territoriale. Questa è dunque
la pace tanto desiderata per il mondo nei discorsi dei rabbini! In tutte le sinagoghe di Francia e di
Algeria, in occasione della festa del “Gran Perdono” che si svolge mentre io scrivo – 29 settembre
anno XIV – è stata recitata in tutte le sinagoghe una speciale preghiera. E si prega così,
testualmente:
“Fratelli miei, pensiamo pure a tutti gli sventurati che soffrono, e che muoiono per la loro
fede e per le loro sante convinzioni; od a coloro che si vedono travolti, senza averlo voluto, nelle
atrocità dei conflitti, davanti alla fine tragica dei preti e dei religiosi cattolici, che senza avere
deviato un attimo dal loro ministero di pietà e di carità, vittime innocenti delle civili discordie, sono
caduti, ieri nel Messico, oggi nell’infelicissima Spagna, dove la più orribile e la più desolante fra le
guerre, spinge i fratelli contro i fratelli; davanti a tutte le vittime della intolleranza e del fanatismo,
ebrei, cristiani, fartelli in umanità in qualsiasi campo siano essi caduti, noi decliniamo il nostro
omaggio triste e profondamente commosso, perché Israele deve essere presente dovunque siano dei
perseguitati, contro i persecutori …”
Degli Arabi non una parola.
Non è la pretesa sionistica che arma i “protettori” contro le popolazioni arabe? E non è
Carlo Marx che arma quelle degli sgozzatori, degli stupratori, degli incendiarii, dei distruttori di
chiese, di chiese, di chiese in Spagna? La reticenza, la tacitazione, l’impotenza della dichiarazione
rende ipocrita la preghiera dei rabbini. Non si può chiedere loro l’ampiezza e la profondità della
carità cristiana, certo. Ma se il senso del perdono, se la volontà di pace fosse sincera nel sacerdozio
ebraico, non avrebbe dovuto rifulgere in questa preghiera cauta e riservata il doloroso
riconoscimento che all’impresa sionistica si deve la tragedia palestiniana e il prepararsi di vasti
funesti avvenimenti e per le genti arabe e per quelle mediterranee? E che ad una propaganda
ebraica, quella marxista si debbono gli errori spagnoli, e che il governo ebraico di Francia, con a
capo Leone Blum, è più che responsabile, complice della prolungata sopravvivenza del regime
antinazionale, antispagnuolo, distruttore e selvaggio di Madrid?
La vanteria più o meno simulata di amici israeliti che incontro qua e là, per il successo
ebraico in Francia con la presidenza di Blum, è a un tempo ingenua e insensata. Nel mondo
israelitico si ignora o non si tien conto dello stato dell'opinione pubblica francese a riguardo di un
tale ministero. E' una sensazione di scandalo che si acutizza ogni dì più di fronte all'esperimento
sostanzialmente comunistico disordinatore e raumiliatore del paese. Lo si giudica recisamente come
il risultato di un'impresa totalitaria dell'ebraismo che ha messo in giuoco le forze massoniche
giornalistiche bancarie internazionali. Sul giornale di Guido Cremonese, F. Franceschini scrive il 15
settembre XIV:
"Chi potrebbe continuare a serbare oggi inalterata la propria fiducia ad una Francia ridotta
a repubblica di piccoli borghesi cittadini diretta da una classe nuova ebraico-bolscevica nel cui
gabinetto S. Sommi-Picenardi ha contati ben 35 israeliti, che ha posto agli Interni, per la disciplina e
l'educazione del Paese, un disertore della grande guerra, condannato alla fucilazione, e che non
disdegna di trattare alla pari con un altro disertore, con quel Marly che tentò - fra i suoi fasti
maggiori - perfino la cessione alla Russia di quella parte della flotta francese che era riuscito a
sovietizzare?".
In Palestina i sionisti s'illudono di tenere l'impero britannico al servizio della loro causa
come una partita conchiusa e risolutiva; in Francia gli ebrei s'illudono di tenere i destini di quella
patria, manipolando la classe proletaria, eccitando il tono socialista e comunista. Ma i più gravi ed
informati scrittori politici e uomini di governo e di Stato, André Tardieu in testa, dichiarano e
documentano che la Francia "non c'è" in tutto questo scandalo parlamentaristico e blumistico, che
l'avvento del ministro Blum è il successo d'un complotto, reso facile dall'astensionismo dei francesi
autentici, di cui nessuno dubita che un bel giorno interveranno, che la condotta di Blum la quale
svigorisce e raumilia, per adesso, il popolo francese, è tutta a vantaggio di una Germania forte,
perché una Francia bolscevizzata non sarà un troppo grande pericolo per la patria nazista, il giorno
nel quale si decida ad una mossa verso oriente. Il limite di saturazione del democratismo socialista e
del verbalismo comunistico è raggiunto e l'ora, anche dove ciò non paia e vi sia chi s'illude del
contrario, è alle concentrazioni nazionali, ai nazionalismi, ai fascismi, ai governi d'autorità, innestati
sul rigoglio del sentimento storico e religioso.
Si domanda quale guadagno avranno fatto gli ebrei il giorno in cui la Spagna si sarà
totalitariamente ripresa, ed i francesi si siano decisi a prendere in mano il destino della loro nazione.
A verifica compiuta e tirate le somme apparirà in piena luce la parte presa dall'ebraismo nella
tragedia in Ispagna, ed in Francia tutta la colpa e la responsabilità saranno scaricate addosso
agl'impresarii dello spettacolo Blum. La Spagna è quella di Franco, la Francia è di quel popolo che
ancora esita - tenero del buon ordine e della incruenta dei dissidi -. L'opinione pubblica europea è
convinta e sente che il perturbamento dei due grandi paesi latini ha una origine, una spinta, un
programma, come è certa che l'impresa sionistica in Palestina manifesta l'irresponsabile orgoglio
ebraico ed è alla vigilia di mettere il mondo arabo contro gli Stati coloniali europei. Dunque
l'ebraismo sionista risulta come la principale forza perturbatrice delle società europee.
GLI EBREI GIUDICATI DA UN EBREO
Bernard Lazare, nel citato “L’antisémitisme” – edit. définitive, Crès, 1934 – documenta
questa verità per tutta la storia contemporanea e gli ebrei italiani dovrebbero far tesoro delle
affermazioni franche, delle vere e proprie confessioni di questo celebrato loro correligionario.
Traduco letteralmente:
“Gli ebrei occidentali non osservano più le seicentotredici leggi, hanno perduto l’orrore
della sporcizia, orrore che hanno conservato gli Ebrei orientali; i più non sanno l’ebreo; hanno
dimenticato il senso delle antiche cerimonie; hanno trasformato il giudaismo rabbinico in un
razionalismo religioso; hanno lasciato cadere le consuetudini familiari e l’esercizio della religione si
riduce per essi a passare qualche ora all’anno in una sinagoga, ad ascoltarvi inni che non intendono
più. Non possono più restar fedeli ad un dogma, ad un simbolo: non ne hanno e abbandonando le
pratiche talmudiche hanno abbandonato ciò che faceva la loro unità, che contribuiva a formare il
loro spirito. Il Talmud aveva formato la nazione ebraica dopo la dispersione e, mercè sua, individui
d’ origine diversa avevano costituito un popolo. Era stato lo stampo dell’anima ebraica, il creatore
della razza. Esso e le leggi restrittive delle società avevano modellato l’Ebreo. Abolite le
legislazioni, rifiutato il Talmud, sembra che la nazione ebraica abbia dovuto inevitabilmente morire,
e tuttavia gli Ebrei occidentali sono ancora degli Ebrei. Sono degli Ebrei, perché hanno serbato
vivace e vivente la loro coscienza nazionale e credono sempre d’essere una nazione e, ciò credendo,
si conservano. Quando l’Ebreo cessa d’avere la coscienza della sua nazionalità, scompare; sino a
quando la conserva, permane. Non ha più fede religiosa, non la pratica più, è irreligioso, sovente
ateo, ma permane perché ha la credenza della sua razza. Ha conservato il suo orgoglio nazionale,
s’immagina sempre di essere una individualità superiore, un essere differente da coloro che lo
circondano, e questo convincimento gli impedisce di assimilarsi, perché, essendo sempre esclusivo,
rifiuta in generale di mescolarsi col matrimonio ai popoli che lo circondano. Il moderno giudaismo
pretende di non essere più che una confessione religiosa; ma è in realtà un ethnos, perché crede di
esserlo, perché ha conservato i suoi pregiudizi, il suo egoismo e la sua vanità di popolo, credenza,
pregiudizi, egoismo e vanità che lo fanno apparire come straniero ai popoli nel seno dei quali esiste,
e qui noi tocchiamo una delle cause più profonde dell’antisemitismo. L’antisemitismo è uno dei
modi con cui si manifesta il principio di nazionalità” (Vol. II, pag. 136 e segg.).
“ … Sono sempre stati degli scontenti … Lo stato delle cose non li ha mai soddisfatti. Sono
stati perpetuamente inquieti, nell’attesa di un meglio che non trovavano mai realizzato. Non
essendo il loro ideale di quelli che si contentano di speranze – e non l’avevano posta abbastanza alta
per questo – non potevano addormentare le loro ambizioni con sogni e fantasmi. Si credevano in
diritto di domandare soddisfazioni immediate e non promesse lontane. Di là la costante agitazione
degli Ebrei, che si manifestò non solo nel profetismo, nel messianismo e nel cristianesimo, che ne
fu il supremo esito – a questa idea del Lazare l’autore del presente libro si oppone recisamente -, ma
ancora dopo la dispersione e allora in maniera individuale. Le cause che fecero nascere una tale
agitazione, che la mantennero e perpetuarono nell’anima di qualche ebreo moderno, non sono cause
esteriori, quali la tirannia effettiva d’un principe, d’un popolo o d’un codice feroce: sono cause
interne, che tengono cioè all’essenza medesima dello spirito ebraico. All’idea che gl’Israeliti si
facevano di Dio, alla loro concezione della vita e della morte, bisogna domandare le ragioni dei
sentimenti di rivolta di cui furono animati. Per Israele la vita è un beneficio, l'esistenza che Dio ha
dato all'uomo è buona; vivere è in se stesso una felicità. Quando l'Ecclesiaste in un breve istante,
dichiarò che il giorno della morte è preferibile a quello della nascita, era turbato dal pensiero
ellenico, e il suo aforisma non aveva che un valore individuale. La vita, secondo l'Ebreo, deve dare
all'essere tutte le gioie e non è che da essa che deve attenderle … Non credevano alla vita futura e
non fu che tardivamente, sotto l'influenza del Parsismo forse, che ammisero l'immoratlità
dell'anima. Per essi con la vita finiva l'essere, si addormentava sino al giorno della resurrezione, non
aveva nulla da sperare che dall'esistenza, e le pene che minacciavano il vizio, come le soddisfazioni
che accompagnavano la virtù, erano tutte di questo mondo … Perché realista cercò di svilupparsi
secondo i propri desideri. Non avendo che un numero ristretto di anni da vivere, volle gioirne e non
furono affatto i piaceri morali che domandò, ma piaceri materiali, propri ad abbellire, a rendere
dolce la sua esistenza. Siccome il paradiso non esisteva, non poteva aspettare da Dio, in cambio
della sua fedeltà, che favori tangibili; non promesse vaghe, buone per i cercatori dell'al di là, ma
realizzazioni formali, risolventisi in un accrescimento della fortuna, in un aumento del benessere.
L'Ebreo, se vedeva frustrati i vantaggi che pensava essere dovuti alla sua disciplina, l'anima sua
n'era profondamente turbata. Con Job, preferiva credere d'aver peccato senza saperlo e che, dopo di
avergli fatto espiare le colpe con la povertà, Jahvé lo tratterebbe come lo stesso Job al quale fu
accordato "il doppio di tutto cuò che aveva posseduto".
"Non avendo alcuna speranza di futuro compenso, l'Ebreo non poteva rassegnarsi alle
sventure della vita; non è che molto tardi ch'egli potè consolarsi dei mali pensando alle beatitudini
celesti. Ai mali che lo colpivano non rispondeva né col fatalismo del musulmano, né con la
rassegnazione del cristiano: rispondeva con la rivolta. Perché in possesso di un ideale concreto,
voleva realizzarlo, e tutto ciò che ne ritardava la realizzazione provocava la collera …
"Dunque la concezione che gli Ebrei si fecero della vita e della morte, fornì il primo
elemento al loro spirito rivoluzionario. Partendo dall'idea che il bene, e cioè il giusto, doveva
realizzarsi non oltre-tomba - perchè oltre-tomba c'è il sonno, sino al giorno della resurrezione del
corpo - ma durante la vita, cercarono la giustizia e, non trovandola mai, perpetuamente insoddisfatti,
si agitarono per averla. Dalle loro concezione della divinità ricevettero il secondo elemento. Essa li
condusse a concepire l'eguaglianza degli uomini, li portò fino all'anarchia; anarchia teorica e
sentimentale, perché non possedettero sempre un governo, ma un anarchia reale, perché il governo,
qualunque forma avesse, non l'accettarono mai di buon cuore. Sia che gli Ebrei abbiano onorato
Jahvè come loro dio nazionale, sia che siansi alzati con i profeti sino alla credenza nel Dio uno e
universale, non hanno mai speculato sull’essenza divina. Il giudaismo non si pose alcuna questione
metafisica essenziale, sia sull’al di là, sia sulla natura di Dio. Le sublimi speculazioni non hanno
alcun rapporto con la Scrittura, dice Spinoza; e per quanto mi concerne, non ho potuto apprendere,
dalla Sacra Scrittura, alcuno degli attributi eterni di Dio”. E Mendelssohn aggiunge: “Il giudaismo
non ci ha rivelato alcuna delle verità eterne”.
“E l’idea del contratto che dominò tutta la teologia d’Israel. Quando l’Israelita
soddisfaceva i suoi impegni verso Jahvè, esigeva la reciprocità. Se si stimava danneggiato, se
giudicava che i suoi diritti non erano rispettati, non aveva alcuna buona ragione di temporeggiare,
perché il minuto di felicità che perdeva era un minuto che gli si rubava e che non poteva più essergli
reso. Esigeva quindi l’esecuzione integrale delle obbligazioni reciproche; voleva che tra lui e Dio
fossero piazzate bilancie giuste; teneva all’esatta contabilità dei suoi doveri e dei suoi diritti,
contabilità che era una parte della religione, sicchè Spinoza ha potuto giustamente dire: “I dogmi
della religione presso gli Ebrei non erano insegnamenti, ma diritti e prescrizioni …”.
“ … La concesione della libertà individuale esistè sempre tra gli Israeliti, perché fu il
corollario inevitabile del loro dogma sulla divinità e derivò dalla loro teoria sulla creazione
dell’uomo … Tale convinzione rendeva l’Ebreo incapace di discipline e di subordinazione, lo
portava ad abbattere tutti i ceppi di cui re o patrizi avrebbero voluto legarlo, e i principi giudei non
regnarono mai che su di un popolo di sovversivi, inatto a subire qualsiasi giogo e qualsiasi
costrizione. Si potrebbe credere che, pensando così, gli Ebrei abdicassero alla loro libertà nelle mani
del padrone che riconoscevano; niente affatto, e non furono mai fatalisti come i Musulmani.
Rivendicavano faccia a faccia a Jahvè il loro libero arbitrio e, non curandosi della contradizione,
mentre si curvavano sotto la volontà del loro Signore, si drizzavano davanti a lui per affermare la
realtà, l’inviolabilità del loro io … La subbiettività fu sempre il segno fondamentale del carattere
semitico; condusse sovente gli Ebrei all’egoismo, e questo egoismo esagerandosi in qualche
talmudista, essi finirono per non riconoscere più quasi, in fatto di doveri, che i doveri verso i loro
medesimi. Questa subbiettività insieme al monoteismo spiegano l’inattività che mostrarono gli
Ebrei in tutte le arti plastiche, dovuta anche alla proibizione assoluta per loro del culto delle
immagini. Per quel che riguarda la loro letteratura, fu puramente subbiettiva; i profeti Ebrei, come i
Salmisti, come il poeta di Job e del Cantico dei Cantici, come i moralisti dell’Ecclesiaste e della
Sapienza, non conobbero che se stessi e generalizzarono i loro sentimenti o le loro sensazioni
personali. Tale subbiettività permette anche di comprendere perché in ogni epoca, e nel nostro
tempo, gli Ebrei abbiano mostrato tanta attitudine per la musica, la più subbiettiva delle arti. Perciò,
innegabilmente, furono individualisti, e questi uomini, così ardenti nel perseguire vantaggi terrestri,
in conseguenza della loro intransigente concezione dell’essere, ci appaiono come idealisti
intrattabili. Ora l’individualista, imbevuto d’idealismo, è e sarà dappertutto e sempre un ribelle. Non
vorrà mai permettere a chicchessia di violare il suo Io sacro e nessuna volontà potrà prevalere
contro la sua … Ciò fa comprendere perché gli Ebrei sono stati mescolati a tutti i movimenti
rivoluzionari, perché presero una parte attiva in tutte le rivoluzioni”. (Bernard Lazare,
L’Antisémitisme, II vol., pag. 136 e segg.).
Anche a non esser d’accordo – come io non sono – in più d’un punto di questa
interpretazione – perché io insisto e da oltre quarant’anni, dal mio “Cristo e Quirino” nel non
riconoscere nulla di ebraico nel cristianesimo, che è creazione e non evoluzione, rivoluzione e non
sviluppo, miracolo e non evento deterministico – queste affermazioni dell’israelita Bernard Lazare
restano di una grandissima importanza, perché costituiscono la confessione più coraggiosa che
l’ebraismo abbia fatto di sé. Tutto sommato, Bernard Lazare esagera i motivi mentali idealistici
della sua gente che, presumendo di vivere e lottare per l’umanità, non ha vissuto e lottato che per se
stessa. Quel che c’è di vero e di sostanziale nel giudizio, - soprattutto quando si tien conto che
“L’Antisémistisme” fu scritto per replicare alla violenta non controbattuta campagna di Edouard
Drumont con la “La France Juive” del 1885, - è il riconoscimento, è la dimostrazione che Bernard
Lazare fa dell’eterno incurabile sovversivismo ebraico, del tenace e crescente spirito di rivolta degli
ebrei contro lo Stato e le leggi e la religione e la morale e la cultura di paesi nei quali sono penetrati
a vivere, e, nei più, a fuire dei benefici della eguaglianza civile.
Questa dimostrazione egli la porta sino ai giorni nostri. “ … In tutto il terribile
anticristianesimo del decimottavo secolo, importerebbe di esaminare quale fosse l’apporto, non dico
dell’Ebreo, ma dello spirito ebraico. Non bisogna dimenticare che nel diciassettesimo secolo i
sapienti, gli eruditi come Wagensil, come Bartolocci, come Buxtorf, come Wolf, fecero sortire
dall’oblio i vecchi libri di polemica ebraica, quelli che attaccavano la trinità, l’incarnazione – le
minuscole sono del Lazare come sono sue le maiuscole quando scrive Ebreo o Talmud (nota di p.
o.) – tutti i dogmi e tutti i simboli, con l’acredine giudaica e la sottilità che possedettero quegli
incomparabili logici formati dal Talmud. Non soltanto pubblicarono i trattati dogmatici e critici, i
Dizzachon e i Chizuk Emuna, ma tradussero anche i libelli blasfematorii, le vite di Gesù, come il
Toledot Jeshu, e il secolo decimottavo ripetè su Gesù e sulla Vergine le favole e le leggende
irrispettose dei farisei del secondo secolo, che si ritrovano e in Voltaire e in Parny, e di cui l’ironia
razionalista, acre e positiva, rivive in Heine, in Boerne e in d’Israeli, come la potenza di ragionare
dei dottori rinasce in Karl Marx e la foga libertaria dei ribelli ebraici nell’entusiasta Ferdinando
Lassalle … E’ certo che vi furono Ebrei all’origine medesima della franco-massoneria, Ebrei
cabbalisti, come lo provano certi riti conservati; assai probabilmente, durante gli anni che
precedettero la Rivoluzione francese, essi entrarono ancora in più gran numero nei consigli di tale
società e fondarono essi stessi società segrete. Vi furono Ebrei intorno a Weishaupt, e Martinez de
Pasqualis, un Ebreo – idem, per la maiuscola (p. o.) – d’origine portoghese, organizzò numerosi
gruppi illuministi in Francia e reclutò molti adepti che iniziava al dogma della reintegrazione … Le
società segrete rappresentarono i due lati dello spirito ebraico: il razionalismo pratico e il panteismo
… arrivando allo stesso risultato, e cioè l’indebolimento del cristianesimo – minuscola dell’autore. … Durante il periodo rivoluzionario, gli Ebrei non rimasero inattivi. Quantunque in piccol numero a
Parigi, li si vedono occupare un posto considerevole, come elettori di sezione, ufficiali di legione o
assessori, etc. Non sono meno di diciotto a Parigi … Raggruppati intorno al Sansimonismo, essi
compirono la rivoluzione economica di cui il 1789 era stato una tappa … Durante il secondo
periodo rivoluzionario, quello che parte dal 1830, mostrarono più ardore ancora che durante il
primo. Vi erano poi direttamente interessati, perché, nella maggioranza degli Stati d’Europa, non
godevano ancora della pienezza dei loro diritti. Quelli stessi tra di loro che non erano rivoluzionari
per ragionamento e temperamento lo furono per interesse; lavorando per il trionfo del liberalismo,
lavoravano per sé. E’ fuori dubbio che con l’oro, con l’energia, col talento sostennero e
secondarono la rivoluzione europea … Li si trovano mescolati al movimento della Giovane
Germania; furono numerosi nelle società segrete che formarono l’armata combattente
rivoluzionaria, nelle logge massoniche, nei gruppi della Carboneria, nella Alta vendita romana,
dappertutto, in Francia, in Germania, nella Svizzera, in Austria, in Italia.
“Quanto alla loro azione ed alla loro influenza nel socialismo contemporaneo, essa fu ed è,
lo si sa, assai grande; si può dire che gli ebrei stanno ai due poli delle società contemporanea. Sono
stati tra i fondatori del capitalismo industriale e finanziario ed hanno protestato con la veemenza più
estrema contro quel capitale. A Rothschild corrispondono Marx e Vassalle; alla battaglia per il
danaro, la battaglia contro il danaro e il cosmopolitismo dell’aggiotatore diventa l’internazionalismo
proletario e rivoluzionario. E' Marx che dette l'impulso all'Internazionale col manifesto del 1847,
redatto da lui e da Engles, non che si possa dire ch'egli abbia fondato l'Internazionale, come l'hanno
affermato coloro i quali considerano sempre l'Internazionale come una società segreta di cui gli
Ebrei furono i capi, perché parecchie cause determinarono la costituzione dell'Internazionale,
tuttavia Marx fu l'ispiratore del meeting operaio tenuto a Londra nel 1864 donde uscì l'associazione.
Gli Ebrei vi furono numerosi e solo nel consiglio generale si trova Karl Marx, segretario per la
Germania e per la Russia, e James Cohen, segretario per la Danimarca. Molti Ebrei affiliati
all'Internazionale ebbero la loro parte durante la Commune, ove trovarono altri correligionari - in
nota: Neumayer, Fribourg, Loeb, Haltmayer, Lazare, Armando Levi, Frankel, altro Cohen, Ph.
Coenen -.
"Quanto all'organizzazione del partito socialista, gli Ebrei vi contribuirono potentemente:
Marx e Lassalle in Germania, Aaron Libermann e Adler in Austria , Dobrojanu Ghérea in Romania,
Gompers, Kahn e de Lion negli Stati Uniti d'America, ne furono o ne sono ancora i direttori o gli
iniziatori. Gli Ebrei russi debbono occupare un posto a parte in questo breve riassunto. I giovani
studenti, appena evasi dal ghetto, parteciparono all'agitazione nichilista; qualcuno, tra i quali donne,
sacrificarono la loro vita alla causa emancipatrice e accanto a questi medici e avvocati ebrei bisogna
porre la massa considerevole dei rifugiati artigiani che hanno fondato a Londra ed a New York
importanti agglomerazioni operaie, centri di propaganda socialista e anche comunista, anarchica …
In generale gli Ebrei, anche rivoluzionari, hanno conservato lo spirito ebraico, e se hanno
abbandonato ogni religione ed ogni fede, non hanno però subito, atavicamente ed educativamente,
l'influenza morale ebraica … Marx, questo discendente da una serie di rabbini e di dottori, ereditò
tutta la forza logica dei suoi avi; fu un talmudista lucido e chiaro, che non imbarazzarono le minuzie
sciocche della pratica, un talmudista che fece della sociologia e applicò le sue native qualità di
esegeta alla critica dell'economia politica. Fu animato da quel vecchio materialismo ebraico che
sognò perpetuamente d'un paradiso realizzato sulla terra e respinse sempre la lontana e problematica
speranza d'un eden dopo la morte; ma non fu solo un logico, fu un ribelle, un agitatore, un aspro
polemista e prese il suo dono di sarcasmo e d'invettiva là ove l'aveva preso Heine: alle sorgenti
ebraiche … L'Ebreo è la vivente testimonianza della comparizione di quello Stato che aveva alla
sua base dei principii teologici, stato di cui gli antisemiti cristiani sognano la restaurazione. Il
giorno in cui l'Ebreo ha occupato una funzione civile, lo Stato cristiano ha pericolato; ciò è esatto, e
gli antisemiti i quali dicono che gli Ebrei hanno distrutto la nozione dello Stato, potrebbero più
giustamente dire che l'entrata degli Ebrei nella società ha simbolizzato la distruzione dello Stato,
dello Stato cristiano ben inteso". (Vedi op.cit., II vol. pag. 193 e segg.).
IL FASCISTA EBREO ETTORE OVAZZA
Ho lasciato parlare l'israelita Bernard Lazare. A penetrare l'intimo senso di questa
confessione, anche sotto il dettato pacato si intravede l'orgoglio della importanza storica degli ebrei
nel mondo e soprattutto in Europa. "La vanità dell'Ebreo, - egli scrive, pag. 263, id. - quella vanità
selvaggia e caratteristica, ha accettato l'importanza eccessiva attribuita dai nemici, si chiamino
Bossuet o Drumont". Vanità, orgoglio, senso di superiorità, di prorità storica, presunzione di
anticipatori, di gente eletta, di aristocrazia di genti di diverso grado, con sfumature di toni, c'è anche
nel pensiero di Ettore Ovazza che io considero l'israelita italiano di più franca parola, il più
sinceramente convinto della gravità del problema ebraico anche per l'Italia. Il suo libro "Sionismo
bifronte", edito l'anno scorso, riproduce gli articoli che l'Ovazza venne pubblicando su "La nostra
bandiera", il periodico che volle e seppe entrare con più squillante voce di cosciente fascismo nella
polemica della razza, della religione, della tradizione di fronte a Roma totalitaria concordataria
imperiale. Invito gl'Italiani a considerare, a capire questo segno dell'ansia, debbo dire dell'angoscia,
di un'anima di fascista ebreo che intende di precisare e risolvere il problema posto ed acuito
dall'attività sionistica di gran parte degli ebrei cittadini italiani. I titoli militari suoi e della famiglia,
l'anzianità della fede fascista - egli è un tesserato del giugno 1920 -, la sua fervida generosissima
partecipazione alle istituzioni del Partito, della sua Torino, della Patria, ne fanno uno dei cittadini
benemeriti dell'Era Fascista. Ma perché si deve dar rilievo a questi elementi e titoli di civismo per
porli a difesa della religione ebraica? A chi può importare che Ettore Ovazza sia di religione
ebraica, se davvero quel che lo differenzia dagli altri Italiani è il culto o semplicemente il nostalgico
sentimento del Dio senza compimento messianico, senza Incarnazione e Redenzione? Perché si
deve fare un rilievo speciale, distaccato, “ebraico” degli Italiani che si sono battuti nella grande
guerra, che hanno ricevuto il segno dell’ardimento, del sacrificio, della gloria, che sono morti per la
loro patria? Si domanda se questi Italiani per il fatto parzialissimo, tutto intimo e sentimentale,
d’essere i fedeli religiosi del Dio israelitico, suppongono, o più esigono, di acquistarsi un titolo
eccezionale per aver compiuto il dovere, che era obbligazione, di battersi per quella che dicono
essere la patria, che è se si segue e si consente, e non si potrebbe altrimenti, a quello che dichiara
fierissimamente un Italiano come Ettore Ovazza. Tra i valorosi, tra gli eroi della grande guerra,
c’erano materialisti, anticlericali, positivisti, seguaci del pensiero straniero, massoni, i quali tutti del
loro modo di pensare e credere facevano una vera e propria religione, e c’erano anche uomini di
stirpe tedesca – persino decorati di medaglia d’oro – e di stirpe francese e spagnuola e albanese e
slava e greca. Riaffermo ancora una volta che da noi non è mai esistita la preoccupazione
dell’ebraismo e che se incomincia a germinare lo si deve all’attività concentratrice delle Comunità,
dei periodici, dei discorsi, della propaganda ebraica da qualche decennio in qua e oggi dalla
partecipazione di buon numero degli israeliti cittadini d’Italia e muniti del distintivo fascista
all’impresa sionistica. Il rilievo, il distacco, se lo danno da loro stessi in modo tale che parecchi
valentuomini di famiglia ebrea erano contrari alla concessione medesima delle Comunità, perché
vedevano in essa un allontanarsi degli ebrei dalla vita nazionale comune, il pericolo di acuire il
senso e religioso e della razza, l’inevitabilità di partecipare al più vasto europeo e mondiale
movimento d’interessi, d’idealità, di pretese ebraiche. Quante volte non ho udito dalla bocca di
codesti veramente emancipati e liberi, scevri d’ogni scrupolo, la protesta ad una istituzione che li
poneva nella noiosa e anche dolorosa necessità di sottostare ad obblighi che li compromettevano,
che li casellavano in una ulteriore classificazione oltre quella della cittadinanza italiana! Uomini
nati vissuti in famiglie ed ambienti di schietto patriottismo, da generazioni e generazioni, da secoli
mescolati fusi alla gente italiana, dovevano adesso essere chiamati al tribunale di una Comunità che
impone una condotta che provi il lealismo di razza, che esige partecipazioni alla causa del risveglio
della lingua, del rito, della convivenza, della contribuzione morale e finanziaria anche per idealità
sociali e politiche extranazionali, anzi internazionali.
Ettore Ovazza è convinto di ciò, perché come pochissimi suoi correligionarii, sente la
tremenda verità della situazione alla luce sinistra della lotta palestiniana. Ma non può emanciparsi
del tutto dalle illusioni dirò così storiche dell’ebraismo. Egli vive ed ama talmente l’Italia da
trascurare e quasi non vedere il malanno derivato dalla pervicace accanita pervasione dell’ebraismo
nella storia d’Europa, che è ed è sempre più e sempre più sarà storia di nazionalità, di patrie, di Stati
forti, d’autorità, di disciplina, di gerarchia. Non vede quello che gravemente ha veduto e
riconosciuto Bernard Lazare dalle pagine del quale – che sembrano dar ragione al libro ed alla tesi
nemica di Edouard Drumont – si desume che insomma col capitalismo e con l’oro da un lato, con il
sovversivismo antipatriottico dall’altro, Rothschild e Karl Marx e il patriarca degli anarchici Max
Stirner – l’ebreo Kaspar Schmidt – gli Ebrei in Europa si sono venuti impossessando della società
tutta quanta. Rothschild la tiene da un capo, Marx dall’altro, in Palestina con le armi imperiali
inglesi, in Francia col governo di Blum e tutta, diciamo tutta l’Europa, sta soffrendo le angoscie
della più terrificante minaccia di sovvertimento delle patrie, della religione, dello Stato, così da non
poter trovare scampo che in regimi supernazionalismo, di assolutismo, di ferrea intransigenza,
richiamandosi alla pure fonte romana e cattolica. Con questo ebraismo, che è il più generale e vasto
ed attivo ebraismo, Ettore Ovazza non vuol avere nulla di comune, e dunque gli ebrei cittadini
italiani e più fascisti, se il loro giuramento patrio alla Nazione totalitaria concordataria imperiale è
sincero, debbono anche dottrinalmente distaccarsi in faccia al mondo e da Marx e da Stirner e da
Blum e da Neumann, ma prima d’ogni altra cosa da quel movimento sionista che serve all’impero
britannico di espediente ad allargare il dominio inglese, ad approfittare del mandato palestiniano per
aggiungere un altro imponente sistema di difese e di offese sulla sponda orientale del Mediterraneo,
a breve distanza dal nostro invidiato Dodecaneso, a troncare l’avviata sacrosanta espansione italiana
in Oriente, a porre insomma da Gibilterra, a Suez, a Malta, a Giaffa l’intero Mediterraneo a
disposizione di ogni più spavalda e vorace politica di Londra.
I titoli di gloria di quel più vasto ebraismo mondiale quali sono? Ettore Ovazza dà
all’ebraismo il titolo di gloria d’essere la scaturigine del Cristianesimo. Se questa è la maggiore
gloria dell’Ebraismo, perché gli ebrei in tutto il mondo combattono la Chiesa di Roma e riducono
Gesù ad un pallido fantasma e considerato menzogne le verità della fede cristiana? “La religione
ebraica – scrive Ovazza – è divenuta a traverso Roma religione universale”. Dunque la religione
universale, quella del pontefice romano, del Crocifisso, della Vergine Maria, dei dogmi, degli
ordini, del sacerdozio, della santa messa, è universale per tutti, ma non per gli ebrei che ne sono
fuori. A meno che Ovazza alluda alla dispersione degli ebrei nel mondo – ad opera romana – dopo
la conquista di Tito. Che diavolo di logica è quella di vantare una paternità perché la figliuolanza è
universale e potente e poi smentirne la legittimità? Perché rimane ebreo colui il quale riconosce
come supremo titolo di gloria dell’ebraismo l’essere stato il generatore del cristianesimo? “Dal
punto di vista religioso, l’Ebraismo costituisce il ceppo primitivo del Cattolicesimo … Se il
Cristianesimo costituisce un imponente e maestoso movimento, la base di questo è formata
dall’Ebraismo al quale è indissolubilmente legato”. Così scrive ancora Ettore Ovazza. Ciò equivale
a dire che il Cristianesimo – Chiesa-papato-dogma – è un progresso, uno sviluppo, un superiore
manifestarsi dell’ebraismo. Gli ebrei, dunque, restando tali, avrebbero negato il maggiore
avvenimento figliato dalla loro religione. Sarebbero dunque dei pazzi, dei negatori ciechi ed iniqui.
Proprio il giorno nel quale quella religione crea, in cui il Dio profetato, invocato, viene – e la sua
venuta dà splendore e gloria all’ebraismo – l’ebraismo non lo riconosce, lo rinnega, ne fa un
colpevole e ne smentisce nel mondo e per i secoli il miracolo. Prova della sostanziale incapacità
mistica degli ebrei. Per la voce dei profeti che sono – si badi bene – tanti giudici condannatori della
vita e della società ebraica, non parla dunque Dio agli ebrei, parla al mondo, parla a Roma, ed è
Roma che riconosce in Gesù – figlio di Dio, non di un ebreo il Dio che si incarna nell’Uomo, che il
pontefice di Roma rappresenterà senza fine nella storia umana che ormai serba il miracolo della sua
intima unione con la divinità. Capire il cristianesimo – tutta la mia vita s’è consacrata dal 1895 in
poi a cercare di spiegarmi il prodigio, che bisogna sentire con la fede – è appunto capire tutto ciò
che di non ebraico è in esso. Esso esce da una forza onnipossente a costituire la quale né questo né
quell’elemento, né mille elementi di tradizione messi insieme basterebbero. L’ebraismo, con la
caduta di Gerusalemme, non ha più la sua storia, storia parziale in margine al dominio di Roma;
tutta la storia di Gesù in poi è storia cristiana e cattolica, imperialmente religiosa e dogmatica. E
l’eresia non vale come contraddizione. Il giorno in cui gl’italiani finalmente realizzano la loro
imperialità nazionale la materiano di cattolicità, come Costantino cristianizzava l’impero allargato
all’Oriente.
Non si può essere d’accordo con Ettore Ovazza in questa sua interpretazione delle origini
del cristianesimo. Potrebbe darsi che essa riescisse simpatica ai biblisti del protestantesimo inglese
cristallizzati alle verità dell’Antico Testamento di cui ammirano tutto il testo, compresi certi esempi
che non potrebbero venir giudicati morali dalla coscienza cattolica italiana. Non c’è un
cristianesimo latino fuor di quello della chiesa cattolica apostolica romana. Si provano a fingersene
uno nel primo tempo della loro preparazione culturale e qua e là per l’Europa i così detti riformatori
critici esegeti, democratici e socialisti cristiani. Ma arriva il giorno in cui li riprende la nostalgia di
tutto ciò che è in religione è chiesa, culto, rito, disciplina. Cristo, figlio di Dio, è nella Chiesa e dalla
Chiesa parla al mondo, e il prodigio per concludere è questo farsi chiesa della parola di Gesù. La
Chiesa è negazione di tante cose tra le quali l’ebraismo, paralisi fulminante di un popolo nel
momento del prodigio stesso. E l’ebraismo non sarà mai chiesa universale.
Ponga mente Ettore Ovazza al fatto che tutta la nostra educazione, tutta la nostra
preparazione mentale è greco-latina, che le verità del pensiero, la perfezione della forma, le idee
principio e limite sono venute al nostro spirito da Omero e da Sofocle, da Virgilio, da Platone, dal
diritto romano, dai miti ellenici, da Pitagora, dal Lazio, da Numa. Tra noi latini se l’Antico
Testamento ha avuto un’importanza, la si deve alla sostanza poetica di alcuni suoi libri, ai meno
religiosi, il Cantico dei Cantici, in cima a tutti, poema di calda voluttà sfruttato da poeti. Quel po’ di
conoscenza delle cose ebraiche che è entrato nella cultura latina generica – lasciando da parte i
cultori speciali rarissimi in Italia né celebrati come i tedeschi ed i francesi – derivava dalle nozioni
di dottrina cristiana che, facendo, com’è logico, Gesù centto, risaliva alle profezie ed alle leggende
di Mosè, di Abramo ed Eva, di Giacobbe, Esau, Ester e Mardocheo, Giobbe e così via. Ma tutto
questo racconto rimaneva lontano, in penombra dianzi agli sfolgoramenti della storia greca, ai
superbi episodi della vicenda romana. La storia ebraica è rimasta tutta solamente ebraica nella
cultura latina, mentre Grecia e Roma si impadronivano del cuore, dell’immaginazione, del gusto
delle generazioni del modo … universale ed assoluto.
A Raffaele Ottolenghi io avevo aperto le colonne della mia “Lupa” ove egli pubblicava una
serie di articoli sui “Falasha”, gli ebrei di Etiopia. Credo sia la prima notizia e la prima illustrazione
di quel frammento di razza sperduto in mezzo alle altre ed alle diverse religioni etiopiche. Nel 1903
a Roma io avevo accettato di pieno cuore di essere il segretario del Comitato di protesta ai
progroms antiebraici di Kiscineff. Luigi Luzzatti ne era il presidente e buon numero di altri non
ebrei partecipavano a quella iniziativa. Sempre la persecuzione della masse cenciose e indifese dei
sopravvissuti d’Israele mi trovò accanto a chi protestasse in nome dell’umanità. Mi sembrava
assurdo che il cuore cristiano potesse rimanere estraneo ad una causa di difesa dei deboli. Si
aggiunga che allora non si aveva segno in Italia di una qualsiasi concentrazione di intendimenti e di
orientamenti razzisti dell’ebraismo. Il solo rabbino Dante A. Lattes può dirsi che si proponesse da
noi a radunare le fronde sparse d’Israele, in alcune sue conferenze tenute a Trieste, ove esisteva una
Medrash Lé Kah tov, una Comunità Israelitica, ed anche si pubblicava un periodico ebraico, “Il
Corriere Israelitico”. In quei discorsi albeggia l’idea del risveglio, dell’unione delle energie, di un
ideale già nazionale. “L’unico mezzo di salvezza – affermava il rabbino Lattes parlando il 24
settembre 1899 a Trieste – è quello di stringerci insieme in nome della nostra storia, della nostra
fede, del nostro ideale, dei nostri dolori, delle nostre speranze, in nome di tutto quello per cui non
siamo morti; senza capitolare, senza rinunziare a nessuno dei nostri caratteri, cercando di conservar
intatta l’anima del popolo ebraico, spirito di questa solidarietà dovrebb’essere l’idea ebraica, in tutti
i suoi aspetti, perché fu l’idea che c’impedì di morire. E noi dobbiamo vivere: le lotte, che sono
state lunghe e terribili, non ci hanno stancato sinora perché le abbiamo combattute a viso aperto,
senza platonismi o romanticismi putridi. I greci, partendo per la guerra e infilando lo scudo,
dicevano: O con questo o su questo; noi abbiamo detto lo stesso in tutti i secoli per la nostra idea:
in questo secolo (il XIX) l’anima nostra un po’ timida e traviata ha dimenticato quel grido:
riprendiamolo oggi e ripetiamolo dianzi al mondo come un inno alla vita libera ed un saluto al
futuro. Non è da forti corrompere le nostre speranze; non è bene che le abbandoniamo per paura o
che le diciamo in ebraico e poi le neghiamo in italiano o in tedesco”.
Altrove, e precisamente in una conferenza tenuta il 31 marzo 1900 a Trieste, Dante A.
Lattes, svolgendo l’argomento “Il concetto della vita nell’ebraismo” è ancora più esplicito e più
integrativo. “C’è sempre una speranza viva e potente nell’anima della nostra storia, la speranza
degli spiriti sereni e fiduciosi. La resistenza che abbiamo opposto alle cause di disfacimento che ci
venivano dal di fuori e che ora ci vengono anche dal di dentro, dipende unicamente da questa
speranza e da questa fiducia nella vita e in Dio ottimo. Se fossimo stati spiriti più deboli a quest’ora
saremmo un’espressione storica e lo scienziato ci ricercherebbe come un fossile; ed oggi noi siamo
tutt’altro che fossili .… Molti – il suicidio – l’han fatto con l’abiura e con l’assimilazione, perché
non avevan più fiducia nella vita; son gli spiriti meno ebraici che ci siano, paurosi della lotta,
malinconici, che nell’esistenza quotidiana seguiranno un ideale di timore, di viltà, di tradimento:
spiriti che trovano a disagio fra le nostre minoranze attaccate e battagliere, sempre pronte ad affilar
la spada o ad appuntare il cannone, sempre assidue sui bastioni per combattere un popolo di
bambini biliosi e noiosissimi che tiran sassi o sparan certe carabine vecchie che paion rubate a
qualche museo d’antichità … Gerusalemme da lontano ci saluta e ci chiama; rispondiamole ancora
colle nostre speranze e col nostro amore: dimostriamo al mondo che il nostro potente ottimismo e la
primavera dei nostri sogni posson durare 20 secoli senza tramontar mai”.
Nella conferenza tenuta ad illustrazione di un dramma di Max Nordau, il 6 dicembre 1900,
il rabbino Dante A. Lattes si spiega in modo definitivo, ponendo quelli che sono i principii basilari
di un programma d’anima ebraica. “L’ebraismo dunque ha cominciato ad affermarsi ed a lottare
come popolo e come ente politico, perché tale difatti è. Certe transazioni e certe debolezze che
prima eran combattute soltanto in nome della fede, oggi son combattute anche in nome della
nazionalità nelle sfere scientifiche e razionaliste. Il matrimonio misto è diventato un assurdo
politico ed un delitto nazionale. Come sarebbe mostruoso che la nazione francese approvasse o
lasciasse passar senza infamia la consuetudine dei matrimoni misti coi tedeschi o cogl’italiani o
cogl’inglesi ed aiutasse in tal modo il corrompersi del suo carattere, così diventa mostruoso per gli
ebrei. Le eccezioni ed i fatti isolati e rari posson esser appena tollerati o sopportati, ma deve esser
combattuto energicamente – in nome della conservazione nazionale – il fenomeno quando prende
forma d’uso. Tanto più quando i popoli trovino in istato di guerra o d’antagonismo profondo e
costante, come noi di fronte agli Stati d’Europa. Allora certe allenze diventan diserzioni di viltà,
tradimenti e chi ha letto il Berchet conosce l’indignazione ch’esse han destato nella coscienza
nazionale d’altre genti e come van trattate. – La difesa nazionale – condotta da tutti i popoli in
modo coraggiosissimo e vigorosissimo in tutti i campi ed in tutte le forme, contro tutte le insidie e
tutte le debolezze – è uno dei più grandi e dei più urgenti doveri del popolo ebraico. Se questi non
lo sente, vuol dire che non è all’altezza dell’evoluzione storica, e che è vera l’accusa di straordinario
regresso lanciata contro gli ebrei da Cesare Lombroso, quando diceva ch’essi han perduto il
coraggio personale e l’energia patriottica che un giorno li rese meravigliosi. La lotta contro i
matrimoni misti è uno degli aspetti più importanti della nostra difesa nazionale …”.
L’ardore di questo brano anche troppo eloquente è così intenso da costringerci a rilevare
che il rabbino Lattes si dimenticava parlando e scrivendo a Trieste d’essere, di vivere in casa d’altri.
“Casa d’altri” perché la definizione è implicita al reciso accanito rifiuto di fondersi ad essa.
L’ebraismo militante acceca i suoi apostoli. Essi pare non si avvedano più che la separazione ostile
vien da loro, né si sa come a fil di logica intendano di convivere in una società che considerano
straniera, da cui pretendono tutti i diritti ma volendo rigorosamente rimanere nazionalità e non
mescolarsi domesticamente e cioè moralmente e civilmente ad essa. Però in seno ad una società
straniera che nelle parole del Lattes suona nemica, attraverso ai pari diritti civili e politici descritti
sui giornali, nei comizi, nei partiti, al governo, se capita – ed è capitato davvero! – conducono,
animano, accendono le campagne del libero pensiero contro la Chiesa delle genti ospitali, contro lo
Stato romano e cattolico, contro la costituzione economica e gerarchica della società medesima:
massoneria, repubblica, socialismo, comunismo, positivismo, ateismo. Niente matrimoni misti, ma
impresa di predominio sociale e politico e campagne divorzistiche a trasformare e decomporre
quella stessa famiglia nella quale non vogliono entrare.
In un corsivo del 29 maggio 1932, che sta a dimostrare come quel programma del rabbino
Lattes abbia serbato vitalità persino in una Italia fascista totalitaria e concordataria e quanto
irresistibile sia l’istinto separatista degli ebrei pur nel paese ove essi godono la plenitudine dei
diritti, in quel corsivo dovuto alla penna del Duce, sotto il titolo “Matrimoni misti e malinconie
inattuali”, si legge:
“Il giornale “Israel” è un giornale che esce con una testata in italiano e in ebraico a Milano,
Via degli Amedei, 3. E’ l’organo degli israeliti italiani – almeno di quelli che ancora si ritengono
tali – e porta, sotto la testata una frase dell’ “Esodo”, nella quale è detto che “se voi mi ascolterete,
voi mi sarete un reame di sacerdoti e una gente consacrata”. E’ Iddio che parla!
“Ora, nel numero del 12 maggio anno corrente 5692 del calendario giudaico, 1932 del
cristiano, X della Rivoluzione fascista, in 2. pagina, 4. colonna è comparso un articolo che ha
sollecitato la nostra attenzione. L’articolo s’intitola “Cifre ammonitrici sui matrimoni misti contratti
in Italia nel 1931”.
“Da queste cifre pubblicate a cura dell’Istituto Centrale di Statistica e come sempre
scrupolosamente attendibili risulta che su 100 sposi israeliti, il 28, 52 per cento sposarono donne
cattoliche; l’1,52 per cento sposarono donne di altre religioni.
“Risulta altresì che su 100 donne israelite, il 27,52 per cento hanno sposato uomini
cattolici, lo 0,77 per cento uomini di altre religioni cristiane e lo 0, 39 per cento uomini di nessuna
religione.
“Il giornale aggiunge che senza dubbio una parte non trascurabile degli sposi e delle spose
di nessuna religione sono ebrei o di origine ebraica”.
“Questi dati statistici sono di un effettivo interesse e sono la dimostrazione e al tempo
stesso la giustificazione della inesistenza pratica di un movimento antisemita in Italia. La frequenza
del “matrimonio misto” in Italia dev’essere salutata da quanti si sentano buoni, sinceri, sicuri
italiani, con soddisfazione, poiché costituisce la prova della perfetta uguaglianza civile, politica e
soprattutto “morale” fra tutti gli italiani, quali si sia la loro lontana discendenza.
“Di questo parere dovrebbero essere anche i dirigenti dell’ “Israel” e non dovrebbero
minimamente opporsi a questo moto evidentemente spontaneo di fusione degli spiriti e delle razze.
Avviene invece il contrario.
“Nella loro crudezza – conclude l’ “Israel” – queste cifre si commentano da sé, e
dimostrano quanto gravi siano le prospettive demografiche del gruppo ebraico d’Italia se non sarà
arginato, con una salda coscienza ebraica nelle nuove generazioni, il costume del matrimonio
misto”.
“Da queste righe si deduce che gli ebrei dell’ “Israel” si considerano un “gruppo” a parte,
residente in Italia, e con un suo sviluppo demografico autonomo e che la “salda” coscienza ebraica
consiste nell’evitare e impedire tutto ciò che può accostare gli ebrei ai cristiani. E’ dunque vero che
la “gente consacrata” non vuole mescolarsi coi popoli fra i quali vive, anche quando questi popoli la
considerano a parità di diritti e di doveri, uguale alle altre. E’ dunque vero, che il dissidio, la
differenziazione, la separazione, è voluta e imposta dai dirigenti ebrei. E’dunque vero che taluni
ebrei hanno sempre bisogno di vivere nel “ghetto”.
“Spalancatogli quello materiale, essi se ne costruiranno uno “morale”. L’alta percentuale
dei matrimoni misti in Italia dimostra però che cresce il numero degli ebrei, i quali dopo essere
usciti dal “ghetto” fisico, non vogliono rinchiudersi in quello “morale”, ma vogliono invece più
intimamente fondersi col popolo al quale da secoli appartengono e del quale sono destinati a vivere
tutta la storia!”.
Il discorso commemorativo che la sera del 12 luglio 1904 nel “Circolo Sionistico” di
Trieste lo stesso rabbino Lattes tenne di Teodoro Herzl, ci può dare un’idea dello stato di
esaltazione degli ebrei ebraizzanti e sionisti per i loro apostoli, le loro tradizioni, la loro razza, il
loro sogno, oggi impresa decisiva, di restaurare lo Stato palestiniano. E’ un vero e proprio
fenomeno di megalomania vertiginosa, di rapimento morboso, di ossessionata mentalità di stirpe.
Non c’è Roma che tenga, non c’è Chiesa Cattolica bimillenaria e presente e dominante, non c’è
intorno a loro lo spettacolo della Latinità fiorente e feconda armata vittoriosa, non c’è il fervore
religioso dei cristiani per Gesù, la Vergine e i Santi, non c’è tutta questa realtà romana che ci
privilegia da secoli e secoli. Come sempre, secondo il motto di Tacito, non vedono quel che c’è,
quel che accade. Le avversità non li convincono: “Ne adversis quidem ad vera mutabantur”. Si
domanda se questo non è il caso tipico madornale di un arresto di sviluppo del senso storico ed
umano. Si proclamano progressisti ma sono rimasti a duemila anni indietro, al punto in cui la loro
storia finisce e incomincia quella che nega i parzialismi, le tribù, quella romana insomma e quella
cattolica e quella delle nazioni patrie in casa loro sul loro territorio tra le quali come tanti altri
frammenti d’umanità non avrebbero che da lasciarsi assorbire. L’ebraismo di razza e sionistico ha la
sua specifica esclusiva visione in un orgoglio di genti, come tante altre genti, vinte disperse che non
hanno più ragion di vita e di sviluppo che in quella delle patrie territoriali e nazionali.
Vi è qualcosa di più assurdo e ridicolo della pretesa ebraica del “popolo eletto”, di
precursori, di supercivilizzatori, di razza superiore, in una Italia che si considera sede e nazione
eletta essa stessa, che con l’Impero, il diritto, il pensiero romano, la Chiesa si proclama origine e
ragione della civiltà? Roma erede dell’ebraismo, la storia, la grandezza, la gloria, la mondialità di
Scipione, di Cesare, di Traiano, di Tito, di Adriano, di Costantino, di San Pietro, di San Paolo, di
Agostino, di Virgilio, del pontificato romano, dei Santi, di Tomaso d’Aquino, di Caterina da Siena,
di Dante, di Machiavelli, eredità ebraica? Ma se il vanto degli ebrei è quello di esser sempre rimasti
distinti ed ostili nella storia degli altri, come possono essi arrogarsi quello di essere stati i creatori di
tutto ciò che essi combattono e vogliono distrutto, dal cattolicesimo, alla romanità, alla civiltà
guerriera, sacerdotale, nazionale, latina? Il periodo del libero pensiero massonico della seconda
metà del secolo XVIII in poi, l’illusione, il gravissimo errore, d’avere scosso con l’eresia e
l’ateismo e ogni sorta di movimenti sovversivi da loro stessi aiutati, se non proprio provocati, le
basi della fede, della coscienza, della morale romana e latina, la moda oramai superata e dimenticata
del giudizio leggero e avventato a riguardo della religiosità italiana, il materialismo socialistico, il
temizzare a getto continuo marxista, nordauiano, lombrosiano, freudiano, einsteiniano, l’aere
insomma pubblicistico e pseudo scientifico, hanno portato gli ebrei ad uno stato d’animo
intellettualistico di sicurezza spavalda a riguardo della fede e della tradizione del paese in cui
vivono, così, per esempio, da giudicare “infelice” – come il mio amico Ettore Ovazza fa – il primo
articolo dello Statuto e ciò proprio in pieno regime concordatario religiosissimo cattolicissimo
dell’Italia. “Ne adversis quidem ad vera mutabantur”. Non s’avvedono e non si piegano a quello che
è, a quello che accade, alla storia, alla realtà, come sempre, da Tacito in poi. Il primo articolo dello
Statuto dunque, a seriamente parlare, non ci dovrebbe essere, perché gli ebrei non sono cattolici! Il
cattolicismo sarebbe press’a poco una apparenza, un cerimoniale, una finzione, una grossa bugia
teatrale. Non ha neppure importanza di fatto, che il primo articolo del Trattato e Concordato con la
Santa Sede, “in nome della Santissima Trinità” lo riaffermi in questi termini: “L’Italia riconosce e
riafferma il principio consacrato nell’art. 1 dello Statuto del Regno 4 marzo 1848, pel quale la
religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato”. Le entità capitali dell’Italia
fascista: cristianesimo-cattolico, imperialità di Roma, cesarismo, vengono dagli scrittori ebrei che
pur si affermano e italiani e fascisti, trattate come un’apparenza teatrale priva di contenuto, perché
sarebbero superate e sostanzialmente annullate dai diritti dell’uomo, dalla Scienza con S maiuscola,
dalle “conquiste” della Rivoluzione francese, dal laicismo e via discorrendo. Basta scorrere le
colonne del giornale “Israel” per constatare che i grandi uomini, i grandi eventi, le idee supreme,
gl’ideali sovrani di questa riacutizzata mentalità ebraica non sono quelli della mentalità latina
italiana nazionale fascista. In quella commemorazione del rabbino Dante A. Lattes tenuta come
accennavo a Trieste nel luglio 1904, il sionista Teodoro Herzl è raffigurato così: “Se io dovessi
rappresentare in qualche forma allegorica l’opera di Teodoro Herzl, vorrei che si scolpisse un
gigante nell’atto di sollevare una montagna smisurata; nell’atto di rovesciare un mondo e di rifarlo”.
Questo mammutismo dell’espressione ebraica lo si ritrova nei discorsi dei socialisti comunisti a
riguardo di Karl Marx, e degli anarchici a riguardo di Max Stirner, l’israelita inventore dell’ “Unico
e la proprietà sua” che insanguina le vie del mondo da parecchi decenni. Come potremmo mai noi
italiani, che ci crediamo il popolo più grande della terra, che siamo convinti d’aver dato i generatori
di tutto ciò che è supremo universale immortale, diritto, impero, chiesa, arte, nazione totalitaria,
come potremmo mai convincerci che il sollevatore di montagne sia stato il sionista Teodoro Herzl
per gli uni, il materialista socialista Karl Marx per gli altri, per altri ancora l’anarchista Max
Stirner? E si tratta precisamente di tre teoriche e propagande che noi combattiamo senza quartiere,
perché neghiamo agli italiani il diritto di avere una patria qui e magari un distintivo fascista e di
consacrarsi a creare un’altra nazione-patria-stato in Palestina, perché siamo impegnati ad abbattere
gli ultimi residui micidiali del marxismo e dello stirnerismo, perché finalmente è un assoluto in
Italia che ciascun cittadino senza differenze eccezioni e privilegi in viva lavori produca pensi lotti
entro lo Stato per lo Stato che è la forma compiuta e vittoriosa della Patria.
La libertà dei culti è una tra le manifestazioni più caratteristiche della politica interna
italiana, dal 1848 in poi. Niente di più logico che gli ebrei partecipassero alle lotte per
l’indipendenza che appunto miravano a farci uscire da tutto il sistema di servitù e di restrizioni
imposto dai regimi stranieri. L’Impero d’Austria confessionale ed il potere temporale dei Papi erano
due bersagli contro i quali il liberalismo dal monarchico al repubblicano muoveva in guerra. Lo
Statuto di Carlo Alberto affrancava a un modo gli ebrei come i cattolici e i protestanti. L’ebreo
anche il più moderato per ragioni di famiglia, di vita, di lavoro, come il commerciante, il banchiere,
l’industriale non poteva essere che liberale, come, in seguito di tempo e precisamente dalla capitale
in Firenze in poi, non poteva essere che massone e mazziniano. Diventava giuridico lo stato di fatto
antico in Italia sin dagli albori della Rinascenza, quando gli ebrei singolarmente, come medici,
eruditi, filosofi, umanisti potevano pienamente affermarsi. La storia dei principati italiani è lì a
dimostrarlo. Le religioni tollerate sono un fenomeno specialmente italiano che ha ragione nel
profondo e pratico senso politico di nostra gente. Venezia era famosa come asilo di fedeli nelle più
diverse religioni orientali. I suoi interessi commerciali e finanziari le rendevano necessaria la più
generosa neutralità, l’asilo, a riguardo di mussulmani, ortodossi ed ebrei. Si può francamente dire
che gli ebrei abbiano lavorato per la fortuna della repubblica veneta come per quella fiorentina. Ma
in Italia gli israeliti pur trafficando e costruendosi ottime spesso sontuose situazioni finanziarie,
hanno avuto una molto minore evidenza che altrove. A me pare che ciò si debba alla preminenza del
cattolicismo, alla presenza sovrana del Papato che non poteva non intimidire gli ebrei i quali
sentono istintivamente di avere un fatto personale con la Santa Chiesa cattolica apostolica romana.
Stupisce il fatto della mediocre partecipazione loro alle lotte per l’indipendenza italiana alla quale
non hanno dato che figure di terzo e quart’ordine.
Manin non basta a fare un mone che stia accanto ai famosi e capitali del Risorgimento; e
poi lo tiene in ombra l’altro capeggiatore della sollevazione veneziana, il dalmata Nicolò
Tommaseo, possente natura di cattolico libertario, erudito senza confronti, geniale nelle vedute,
nello stile, inconfondibile e fecondo, autore oceanico al quale la cultura e la coscienza nazionale
non hanno ancor reso tutto il riconoscimento dovuto. Io stesso che, il 4 maggio 1924, anno III, a
Sebenico corsi il rischio della mia pelle per commemorarlo, credo di non aver fatto troppo per
onorarlo come si merita.
Simpatiche brillanti utili personalità d’israeliti troviamo durante quel glorioso periodo, ma
sempre in mezza luce, se non in ombra, a cominciare dall’Artom del gabinetto di Cavour, a Gustavo
Modena attore, a Sonnino, a Luzzatti. La famiglia ebraica è rimasta silenziosa sino al giorno in cui
la Massoneria non alzò nell’Italia politica il suo vessillo e il Grande Oriente italiano non apparve
vero e proprio centro attivo di selezione israelitica e di propaganda anticlericale e libera pensatrice a
denso orientamento mazziniano, con l’ascensione al governo del Comune di Roma di Ernesto
Nathan, di Dal Medico e di una serrata legione ebraica. Momento interessantissimo questo a
penetrare nelle forme e negli spiriti del nostro Paese dal 1880 in poi. Nessuno dei massoni non ebrei
che numerossimi entravano allora nelle logge italiane specialmente romane, a cavallo soprattutto
del principio del secolo – se ne costituì persino una a carattere socialista in Roma -, si preoccupava
e quasi si avvedeva che il crescendo dell’organizzazione massonica era sostanzialmente una
impresa ebraica. La rivelazione fu data d’un tratto dalla lista così detta liberale-democratica
presentata per le elezioni comunali di Roma. Era in breve la Sinagoga che aspirava al Campidoglio,
come con Léon Blum è andata al governo, con delega di Mosca, di Francia. Incominciò in parecchi
l’atto di contrizione. Nathan era una nobile persona, signore di squisita educazione intellettuale e
morale. L’accento inglese del suo italiano si commoveva a pronunziare il nome di Giuseppe
Mazzini, al quale rassomigliava fisicamente in guisa impressionante. Ma Nathan agiva già come
concentratore israelitico, e per liberali e democratici che fossero i fratelli e magari repubblicani
mazzinianissimi, l’azione era troppo evidente. E si deve alla evidenza di quella politica se parecchi
affiliati si raffreddarono ed “entrarono in sonno” e se, fra essi, qualcuno la ruppe violentemente
sdegnando di partecipare ad una lotta elettorale in cui il comando massonico non riusciva a
nascondere la decisa mira di razza.
Di razza, dico, poiché in massoneria si raccoglievano ed organizzavano ebrei, ma non si
potevano fare ebrei e non si faceva propaganda di religione ebraica. La quale propaganda se
puramente religiosa non si saprebbe in che cosa, ammesso il Dio unico e creatore e la verità del
profetismo, potrebbe contraddire al cristianesimo se non assumendo il carattere di polemica critica
mirante a dimostrare che Gesù Cristo non è figlio di Dio, ma una invenzione dei Concilii o come si
dice volgarmente dei preti. L’ebraismo anticristiano è un’onda che si rompe ai piedi della scogliera
“redenzione”. Si è assunto un’impresa vana perché di fronte al Figlio di Dio fattosi uomo per
l’umanità l’ebraismo appare un prereligiosismo, un divenire arrestato, una smania di fede, non la
fede. Perché Roma ha ospitato e fatto re delle anime Gesù, la latinità è diventata ed è la terra degli
eletti. Il mondo dello spirito nasce a Roma e le sue leggi sono dettate dalla Chiesa, in modo che
Israele non ne ha da dettare avendo perduto la comunione col regno del divino. La funzione
celestiale degli ebrei finisce con il Sermone sulla Montagna. Tutto quello che il mistero religioso
poteva dire per i secoli dei secoli è scritto là dentro, in quelle poche benedizioni. Sino ad esse
Israele aveva pensato aspirato sognato per sé, come popolo limitato, come razza; con gli Evangeli
avrebbe pensato e più creduto per tutte le genti della terra. Non ha creduto ed è rimasto tribù.
Disperato, esasperato allo spettacolo di una mite parola che diventa dogma, altare, assoluto, verità
imperiale sul mondo, una parola che non vuole riconoscere propria, che considera nemica e
condannatrice, Israele s’è buttato alle imprese ribelli e perturbatrici, provando attraverso i tempi che
davvero Gesù non era sua figliuolanza, ma il formidabile Intruso venuto non si sa dove – non dal
Cielo, si capisce! – a rendere sublime il dolore, eroica la povertà, glorioso il sacrificio, eterna ed
universale la parola di amore.
Ho accennato alla silenziosa esistenza della famiglia ebraica in Italia fino al
pronunciamento politico d’Israele sotto le solite ideologie libere-pensatrici, democratiche,
repubblicane, socialistiche, positivistiche, critiche, anticlericali, atee. Fu durante quel primo periodo
che non contrastati, non identificati gli ebrei poterono da noi farsi avanti e con merito e nobilmente
nelle carriere, negli uffici, nelle banche, nei commerci, nelle università. La stessa stampa cattolica
militante non dava segno di preoccuparsi del fenomeno. Ripeto che non v’è documento in Italia di
una campagna antisemita sui giornali cattolici e di una opinione pubblica cattolica ostile alla
presenza di ebrei negli uffici, nelle scuole, nel giornalismo, al governo. Fu con la più serena
spreoccupazione che i miei genitori, per ragione di comodità, essendo la scuola vicina alla nostra
abitazione, mi misero per un anno a frequentare la scuola elementare di Sant’Angelo in Pescheria
presso Santa Caterina dei Funari, intieramente popolata di ebrei, con la stessa serena
spreoccupazione con la quale mi affidarono alle cure dell’Istituto cattolico “Angelo Mai” per
proseguire i miei studi ginnasiali e liceali. Dunque il ralliement, la concentrazione ebraica vien
dopo e viene col socialismo e con la massoneria attiva e battagliera.
Era inevitabile che la generosa legge delle Comunità così come il Governo Fascista l’ha
permessa, ravvivasse il senso e la coscienza della razza. Già dopo la grande guerra alla quale tutti i
cittadini italiani, di qualsiasi origine e credo, parteciparono con disciplina, con ardore, con
entusiasmo, quale più quale meno, si notò l’esigenza spirituale degli ebrei a distinguersi nel periodo
del fermento di ogni ripresa, di ogni gara, di ogni sforzo. Bisogna riconoscere che gli italiani ebrei –
dico italiani ebrei – si sono valorosamente portati in guerra. Non è affatto un di più di merito
l’essersi condotti da bravi cittadini e da ottimi soldati perché ebrei, la grande maggioranza dei quali
poi, nel periodo precedente di pace non avevano parteggiato tra i negatori della Patria, tra i renitenti
all’idea della guerra. La Patria non può riconoscere alcun merito speciale ai suoi cittadini
combattenti perchè non cattolici e non cristiani, perché di religione israelitica o protestante o magari
ortodossa o musulmana. Un privato sentimento religioso che da noi è libero e rispettato perché
senza alcuna pubblica civile sociale politica importanza, non autorizza la pretesa di un plusvalore.
Al modo istesso sono pleonastiche e retoriche le manifestazioni che di tempo in tempo le Comunità
ostentano di devozione e fedeltà alla Patria, al Regime, alla Maestà del Re, al Duce, alla vittoria
delle armi italiane. Perché debbono essere manifestazioni separate, di una religione, fatte in seno
alle comunità, concesse dal Governo Fascista come luoghi di raccoglimento religioso e niente più?
Che cosa vuol dire questo manifestare, questo consentire, questo riconoscere e fare omaggio a parte
e non insieme alla grande massa dei cittadini? Non continua lo stato morale penoso pauroso della
Sinagoga, l’arrière-pensée della preoccupazione di essere sospettati e malvisti, di non compiere
tutto il dovere, ma imposto dalla cittadinanza, di mostrarsi bravi italiani?
Dico che è sbagliata la condotta delle comunità nei riguardi della vita pubblica politica
perché in Italia non c’è e non ci sarà mai una bandiera ebraica e perché la sostanza dell’attività
israelitica nelle comunità è di propaganda della concentrazione ebraica sempre più concreta
nell’orientamento sionistico. Io qui mi faccio voce non soltanto della unanimità dell’opinione
fascista, ma di molti ebrei che prevedevano le pericolose conseguenze di una tale attività per i loro
correligionarii. Ettore Ovazza è tra questi e, dobbiamo dire, alla testa di questi per la più risoluta
posizione politica di cui fa fede il già citato volume in cui si raccolgono i suoi articoli di
chiarificazione e di polemica, “Sionismo bifronte – Editrice Pinciana, 1935-XIV”.
“Anche nella politica sionista, scrive Ettore Ovazza, l’abilità dell’Inghilterra è stata
semplicemente diabolica, e molti poveri ebrei perseguitati che si muovono verso Tel Aviv,
dovrebbero, scacciati dalle loro Patrie, pensare che col loro sacrificio essi servono la politica
inglese.
“La Palestina ebraica, nobilissimo sogno per i perseguitati che balenò nella mente di
apostoli insigni e fu effettuato dal Weizmann, che lo ottenne per riconoscenza dei servizi resi dal
grande chimico all’Inghilterra in tempo di guerra, è divenuta in mano al Governo inglese null’altro
che un magnifico affare e una pedina della sua politica imperialista.
“Che importa all’Inghilterra se la sua politica semina veleno per gli ebrei in tutte le
Nazioni, se insinua l’inquietudine a scapito del sentimento patrio in tanti cuori fedeli alla bandiera
dei rispettivi paesi? Che importa se il sionismo può giustificare per certuni una politica
antisemitica? Che importa se secoli di storia della Diaspora che hanno fuso i portatori della fede
unica e millenaria coi loro fratelli mediterranei, possono essere misconosciuti, e tutto l’odio spento
può rinascere? Perché la Palestina inglese prosperi e giungano sterline da tutto il mondo”.
Lo stesso Ovazza, a proposito dell’accusa di apoliticità mossa genericamente agli ebrei in
Italia, scrive:
“L’unica direttiva politica, oggi, deve essere la politica fascista. Pretendere di svuotare i
nostri Istituti di questa dottrina politica, significa voler ignorare che lo spirito mussoliniano presiede
ed inspira in Italia ogni ramo della vita nazionale.
“L’attuale ordinamento totalitario dello Stato non significa apoliticità, ma bensì adesione
totale all’idea fascista.
“Questa voluta apoliticità, quando non maschera altro, denota la presenza di uno spirito
che non è più consono ai tempi nostri e che dovrebbe ormai – dopo dodici anni di regime – essere
tramontato dinanzi all’eloquenza dei fatti ed anche dinanzi alla ragione. L’essere apolitici può
essere comodo per i camaleonti, non certo per le camicie nere che hanno giurato fedeltà all’Italia
fascista ed al Duce.
“In piena lotta fra le Nazioni – non solo per il primato – ma per le stesse ragioni di vita, di
benessere e di potenza dei popoli, essere agnostici vuol dire essere indifferenti a questo
meraviglioso fenomeno di un popolo compatto e tenace, quale è il popolo italiano che oggi –
agguerrito nelle sue idealità patrie e nei suoi apprestamenti fornitigli dalla forza del Regime –
muove decisamente versa una mèta di grandezza.
“Dunque non apolitici, ma fascisti”.
L’argomento centrale e scottante è quello del sionismo. Ettore Ovazza non se ne nasconde
la capitalità in questa ora storica e si dichiara al riguardo con rude franchezza prendendo una
posizione risoluta. E’ questa una pagina del suo “Sionismo bifronte”” che io considero come degna
di essere segnalata agl’Italiani, ebrei e non ebrei, a documento non soltanto del dissidio sostanziale
che nel campo israelitico esiste, ma della obbiettività delle ragioni contrarie all’impresa sionistica
genericamente intesa.
“ … Agli israeliti preseguitati in paesi inospiti e retrogradi, potrebbe la terra in Palestina
offrire un rifugio e una nuova patria amorosa? La speranza di vivere in terra libera ove fremono i
grandi ricordi della nostra storia deve far fremere impetuosamente i cuori dei nostri correligionari
oppressi in barbare contrade. Ma se in Palestina essi potrebbero trovar pace, tranquillo svolgimento
della loro vita sociale – libera estrinsecazione del loro spirito – non troverebbero già la patria nuova,
cioè la nazione ebraica. Il voler creare un’artificiale nazione ebraica, comperando una terra, sia pure
la più adatta la più naturale, e popolandola di ebrei perseguitati, mi sembra un sogno di menti
sempliciste. Ora il sionismo ha questo difetto insito: che più che a liberare le masse ebraiche
oppresse tende con esse a ricostituire la nazione ebraica. Cioè non criterio umanitario o paterna
solidarietà soltanto, spingono i sionisti a sostenere le loro teorie, ma invece – e più che altro –
l’utopia di creare la patria ebraica, raccogliendo sparsi elementi di Israele in Palestina. Ma una
nazione non si può creare artificialmente, ma non si può percorrere a ritroso la storia a voler
imporre uno stadio di civiltà, ormai da secoli sorpassato. Rileggiamo la storia ebraica: Israele è
costretto a fuggire dal paese che egli stesso ha fatto prospero e grande, e deve guadagnarsi la Terra
Promessa mediante lotte infinite con gli elementi ostili, con i popoli più agguerriti. Finchè deve
lottare per la sua esistenza, per rivendicare i suoi diritti misconosciuti e violati, Israele è forte, è
grande; ma quando trionfa e si adagia sui suoi allori, ben presto nel suo seno sorgono lotte
tremende, dovute a sfrenate passioni e ambizioni, a smodate cupidigie, guerre civili divampano fra
gli ebrei per avidità di supremazia e di dominio; le leggi sono falsamente interpretate; si trascura
l’essenza, lo spirito della Legge, per dare un’esagerata importanza a tutto quanto è puro e
ingombrante formalismo.
“Invece quando l’ebreo è oppresso e deve aprirsi la strada con le sole sue forze, allora tutte
le più belle virtù rifulgono in lui, poiché egli ritorna a Israele.
“Sentono proprio gli ebrei questa necessità di avere una patria ebraica, una indipendenza,
una nuova storia ebraica? Io affermo con assoluta certezza che dalla stragrande maggioranza degli
ebrei questa necessità non è sentita. Dove l’ebreo è libero cittadino, parificato nei diritti civili e
politici agli altri cittadini, è legato con vincoli d’amore e di riconoscenza alla terra che lo accoglie;
dove è oppresso, egli anela alla libertà, soffre, ma spera e lotta per il suo diritto alla vita, ma non
desidera di abbandonare il suolo che fu la patria, sia pure ingrata, dei suoi padri, dove egli stesso è
nato e cresciuto. L’ebreo è molto affezionato alla terra dove nasce e facilmente assimila le migliori
qualità del popolo che lo ha accolto, pur conservando le sue caratteristiche più notevoli”.
Naturalmente anche per la penna di Ettore Ovazza ritorna la nota del “popolo eletto”,
missionario, e irresistibile senso dell’origine privilegiata – che peccato, non essere nato ebreo! -, la
nota insomma del rabbino Dante A. Lattes nei discorsi che ho più su citati. “Quando noi ebrei
avremo finalmente il coraggio di essere noi stessi, quello che siamo, quello che dovremmo essere,
allora rifiorirà la nostra grandezza e ci saranno spalancate le porte del cielo”. Come, quando, dove
non si sa! Se l’Italia imperiale dicesse altrettanto, dicesse, press’a poco così: - Quando noi Italiani
avremo finalmente il coraggio di essere noi stessi, quello che siamo, guerrieri, espansionisti,
sostanza centrale del Mediterraneo, stirpe e storia sublimi, quello che dovremmo essere, i padroni
del Mediterraneo, i dominatori del Levante, i signoreggiatori di tutto il colonialismo nuovo
corporativo e totalitario, allora rifiorirà la nostra grandezza, quella dell’Impero Romano – secondo e
terzo secolo dopo Gesù Cristo -, allora rifiorirà la nostra grandezza! Male suona il periodo di Ettore
Ovazza nel mezzo di una pagina aurea per equilibrio e franchezza, pur se vogliamo supporre che
l’Ovazza possa anche alludere a grandezza puramente morale e spirituale.
Ma neppure ad Ettore Ovazza si può chiedere di più. Gli ebrei superiori per ingegno e
cultura, anche se fedelissimi ed ammirevoli tra gli Italiani per la loro condotta di cittadini, non
rinunciano a credersi derivati della stirpe eletta. Altrettanto pensano gli ariani biondi occhi cerulei,
altrettanto i fascisti non ebrei, dico i latini d’Italia, i mussoliniani, i totalitari senza riserva mentale.
INGLESI ED EBREI
Ma in ogni modo la dichiarazione di Ettore Ovazza così esplicita a riguardo del sionismo,
tocca da vicino l’attività delle comunità israelitiche in Italia. Il nostro amico intuisce che il tentativo
dello Stato palestiniano sotto gli auspici della Inghilterra – alla quale egli non risparmia sferzate –
ha aperto un problema mediterraneo nuovo e d’una capitale importanza.
La Nuova Sion è un trucco nelle mani dell’espansione britannica che anela a riaffermarsi e
ad andare oltre. Ettore Ovazza non lo dice soltanto, ma lo proclama. Più volte e con abilità famosa
che oggi però non riesce a nascondere più, l’Inghilterra ha inventato delle patrie, delle nazioni, degli
Stati, eccitando, acuendo sentimenti di razza e ideologie, mezzi obbiettivi pratici che essa tratta
indifferentemente. Con la stessa estraneità al contenuto delle opinioni, dei movimenti, delle lotte, si
è ad ora ad ora attraverso il periodo che va dalla Rivoluzione francese in poi, servita qua di un
nazionalismo esasperandolo, là di un liberalismo, di un democratismo, della organizzazione
massonica, del socialismo, del comunismo. Potrebbe darsi che in qualche caso estremo anche
l’anarchismo non le sia stato inutile. Io ho dimostrato in uno dei miei corsi di storia del giornalismo,
raccontando ed illustrando quella del giornale il “Times”, che una vera e propria infiltrazione della
propaganda inglese parlamentare, antimonarchica permeò la mentalità francese sin dagli ultimi
decenni del secolo XVIII. Voltaire ritornato, dopo le busse e l’esilio, in Francia fu il colporteur del
lockismo, dell’anglofilia, anzi addirittura di un anglomania che ebbe largo profondo successo. La
Francia intellettuale si venne anglesizzando e il “Times”, sorto per l’appunto nel 1788, nel momento
in cui si preannunciavano gli Stati Generali, riflettè e si fece eco delle simpatie e delle speranze
inglesi a riguardo delle mutazioni politiche di Francia. Da quel momento il famoso quotidiano
inglese è una finestra aperta sugli avvenimenti francesi che abilmente incoraggia. Il calvinismo di
marca albionica divenne uno dei fattori più attivi ed efficienti della rivoluzione. Più o meno tutti i
capeggiatori, i grandi demagoghi della tribuna dal 1789 in poi sono anglofili ed anticattolici. Sino al
giorno in cui la rivoluzione bolle nei confini e via via travolge istituzioni consuetudini morale
tradizionale della Francia, il “Times” e in genere tutti i giornali inglesi sono favorevoli e
collaborano alle soluzioni nuove. Ma appena la rivoluzione, com’è nel fatto delle rivoluzioni, monta
a cavallo e trae la spada minacciando i confini, il che accadde nel 1792, il tono del “Times” muta. I
sanculotti adesso sono soldati e i tribuni generali e s’inizia la gara per il generalissimo. Il
misogallismo data da quell’ora determinando a sua volta la corrente anglofoba che s’impersonerà
un giorno non lontano in Bonaparte, generalissimo, “imperator” militare, diventato Napoleone
coronato. Adesso la stampa inglese lavora a tutt’uomo a creare in Europa la più ostile opinione
pubblica ai successi napoleonici. Durante sedici anni – 1799-1815 -, quella medesima Inghilterra,
che per un decennio aveva fatto da leva alla rivoluzione francese considerandola come figliuola
della sua e sperando anzi calcolando trarre dal suo esito un nuovo profitto e porre la sua definitiva
preminenza in Europa, orientava tutta la sua politica ad abbattere con le aquile napoleoniche le sue
fortune ed i suoi destini. Con la Restaurazione il criticismo inglese invade le cattedre e le accademie
di Francia. Sorge il pubblicismo nervoso inquieto brillante ma scettico e sovente cinico. In
Inghilterra si formano parecchie delle personalità più influenti della cattedra, della tribuna, del
giornalismo, della letteratura di Francia. Beniamino Constant sarà il prototipo di questa natura
ostentatamente dottrinaria che sostituisce alla passione l’analisi, alla poesia la psicologia, alla
eloquenza l’astuta sottilità.
Il protestantesimo inglese è tutto biblico. Il biblismo ha permesso in Inghilterra il tacito
accostamento degli israeliti al protestantesimo. Il libero esame e cioè la Bibbia interpretata
individualmente, senza il sacerdote e San Tomaso interposti, accomuna gl’intellettuali della sala
cristiana e della sinagoga, al modo stesso con il calvinismo in Francia accomunò e i seguaci del
Riformatore e i liberi pensatori areligiosi. Ciascuno vede Dio a modo proprio e Gesù
pragmatisticamente, un Gesù senza legge decisa, di una carità che è filantropia, di una bontà molle,
un Gesù pallido ombratile, ma soprattutto avverso alla Chiesa di Roma che protestanti inglesi ed
ebrei combattono con pari ostinazione.
Chesterton ha dato rilievo eloquente a questo ebraismo del protestantesimo inglese, a
questo biblismo degli ebrei di Inghilterra che ha seminato la letteratura britannica di immagini del
Vecchio Testamento e le ha rese popolari sulla stampa, nei discorsi parlamentari, nel romanzo. In
realtà la mentalità inglese è permeata d’ebraismo e se gli ebrei fossero più coerenti e, mi si lasci
dire, più informati, dovrebbero menar vanto di un tale risultato, che spiega anche come più di uno
scrittore francese israelita, cito il caso di André Maurois – Herzog di nascita – manifesti coi suoi
scritti simpatia affinità attaccamento all’Inghilterra. Herzog-Maurois ha cominciato la sua carriera
di scrittore con due libri di liaison di guerra, “Les silences du colonnel Bramble” e “Le discours du
Dr. O’Grady” che corteggiano lo humour e mirano ad esaltare le famose qualità della gente inglese.
Quel che è interessante notare nella prosa dell’israelita francese si è l’affinità che da essa si rivela
tra la natura dello scrittore e quella dei personaggi e delle idee inglesi. La più gran parte delle
ulteriori opere del Maurois trattano argomenti inglesi, cosicché si può dire che egli è ormai il più
riuscito interprete francese del gusto dei lettori d’Inghilterra.
Al biblismo, all’israelismo di quel paese contrasta nettamente la mentalità geniale dei poeti
e dei pensatori, i quali da Byron e da Shelley – a riguardo dei quali specialmente dell’ultimo il
Maurois ha mostrato d’ignorare tutto il materiale italiano e la parte singolare che Bisshe Percy
Shelley ha avuto nella nostra letteratura di qualche decennio dal Carducci, al D’Annunzio, al De
Bosis, - poeti e pensatori si levano a contraddittori di quella mentalità accomodante sorniona che
accusano d’ipocrisia. Si noti che le personalità più caratteristiche del Regno Unito da un secolo e
mezzo in qua sono o di espulsi e di condannati, o di fuorusciti, e specialmente in Italia, o di
cattolici. Ecco Byron, Shelley, Roberto ed Elisabetta Browning, Wilde, Chesterton. Alla ripugnanza
per il “cant” inglese si debbono le arditezze scandalose dei libri di Lawrence e di Joice
rivoluzionatori del gusto, delle abitudini, violatori del medesimo riserbo insincero del linguaggio
letterario inglese. La morale biblistica giudeo-protestante arrivava al suo punto di saturazione. Il più
coraggioso cattolico del tempo nostro, G. K. Chesterton la poneva davanti al tribunale della più
ignuda sincerità, il tribunale cattolico.
“VITTORIE” EBRAICHE
Si può dunque dire che gli ebrei menino vanto per valori e successi che non hanno
acquisito e raggiunto e non si riconoscano titoli che loro spettano. Si vantino giustamente
dell’ebraizzazione dell’Inghilterra, del vasto potere mondiale della massoneria, della energia
perturbatrice del marxismo senza del quale il vecchio socialismo utopistico da Platone a Morus, a
Campanella, a Munzer non avrebbe tratto un ragno dal buco, della suggestività terribile tragica dell’
“Unico” di Max Stirner, della loro preminenza nella rivoluzione e nel regime sovietico, della parte
così evidente e responsabile che hanno appunto in Francia ove il loro Blum mette agli arresti
Maurras e fa scarcerare gli attentatori delle autorità consolari italiane, degradando –
burocraticamente – funzionari rei di aver fatto omaggio a quel noiosissimo “leader” del
nazionalismo. Se tali imprese fossero coronate dal successo e quella pazzerellona della storia, con la
sua Roma, la sua Chiesa, il suo Impero, la sua disciplina e tutte le altre superstizioncelle, non
sopravvenisse ad arrestare tanta fatica e tanto ardore di propositi e di esecuzioni, se la vittoria
definitiva fosse e del marxismo e dello stirnerismo e della massoneria e simili, chi dubita che non ne
menerebbero vanto? Allora sarebbe provato il progresso dell’ “umanità”, l’avvento della nuova
“civiltà”, sarebbe patentissima la loro vittoria. Perché aspettare che le soluzioni siano compiute?
Non hanno già molto ottenuto a prova della loro forza d’ingerenza e di condotta delle cose di questo
mondo e in Palestina e in Russia e in Germania e in Francia e in Spagna? La Granbritannia li
sostiene e si batte per loro, glorie ebraiche sono i “creatori” delle Repubbliche dei Sovieti, la
Germania è costretta a fare la sua grande politica contro di loro, in Francia sono al governo ed
hanno proletariato e maggioranza parlamentare a servizio della loro causa, l’ebreo espulso
Neumann è tra i primi missionari e guerrieri dell’antinazionalismo spagnuolo. Se io fossi ebreo, a
chi tentasse svalutare la mia razza, mostrerei la carta d’Europa e del Mediterraneo orientale senza
aggiungere parola!
In conseguenza in Italia gli ebrei lo sono meno che negli altri paesi d’Europa; sentono di
meno l’ansia e l’orgoglio della Restaurazione del Tempio, che è, tutto sommato, l’ideale sovrano
dell’universale movimento d’Israele. Ma, sotto il passato regime, alla testa della estrema sinistra per
la politica interna c’era un Modigliani, per quella estera un Claudio Treves. Sotto questo regime,
ammesso che fosse continuato il parlamento parlamentarista della preistoria, il sottile Treves non
avrebbe avuto il coraggio di pronunciare la frase che ci costò Caporetto “Le député socialiste
Treves – scrivono in un recente volume Jean et Ian Le Sauvage – put lancer en plein Parlament,
sans être sur le champ fusillé, la fameuse apostrophe: “Plus un seul hiver dans la tranchée!” Le
moral de l’armée en fut atteint”. La schiena di quel disgraziato fu salva, ma egli non misurava,
vomitando una siffatta infamia, a quelle che sarebbero state le conseguenze morali, un giorno, per i
suoi correligionari. Anche in quella Camera ed in quella seduta ci fu chi esclamò: Ecco l’ebreo!
Il 10 dicembre 1919 il medesimo Treves, appoggiato dal numero e dall’atteggiamento di
tutta l’estrema e dalla vile passività della gran parte della sinistra, recitò un altro dei suoi sermoni
tetri preannunciando l’espiazione italiana. A me si era consigliato e dal presidente della Camera
Vittorio Emanuele Orlando e da colleghi di non parlare, perché l’Estrema intendeva di impedirmelo
a qualsiasi costo. Ma chi ha coraggio civile non si lasci sfuggire una così opportuna occasione ed io,
tra le ingiurie e gl’insulti dei varii antipatrioti, resistendo alla valanga, parlai per preannunziare
all’insidiosissimo individuo che l’espiazione ci sarebbe stata ed era vicina, ma per lui e per i suoi
compagni di “vana minaccia rivoluzionaria”. Si tentò di aggredirmi in piena Camera, mi si
lanciarono manate di soldi ed un coltello aperto che ferì la mano di un deputato. Ma la mia gioia era
grande e furibonda quando scorsi stupefatti i volti di quei moscoviti alla mia profezia: - Sento già il
galoppo dell’uomo a cavallo! La rivoluzione non verrà da noi ma contro di voi!”
Benito Mussolini, commentando nell’articolo di fondo il mio discorso affermava che io
avrei dovuto sparare. Ora, ripensando all’impunito crimine di Treves, ci si domanda contro chi ha
vinto Vittorio Veneto e se altri che un ebreo avrebbero saputo in Parlamento, durante l’atroce guerra
e nel pericolo totale della Patria, ferire con pari perfidia l’anima stessa della Nazione.
Debbo ricordarlo agli ebrei italiani, anche ai bravi, ai fedeli, agli entusiasti, a quelli che
come Ettore Ovazza hanno il petto coperto dai segni del valore e risposero all’appello fascista ben
prima della Marcia di Roma. Niente di più nobile che confessare le proprie colpe e che condannare i
correligionari che hanno diffamato l’Israele italiano.
Pensiamo adesso come avrebbe fermentato il mosto trevesiano, consule Nitti o simili,
quanto incoraggiamento anche in Italia le forze ebraiche internazionali avrebbero ricevuto dalla
vittoria dei sovversivi guidate dallo spirito acre ed antinazionale dei Modigliani e dei Treves. Se
dunque le porte dell’inferno non hanno prevalso e lo si deve al manganello ed al pugnale dei
giovinetti eroi dello squadrismo, non v’è bisogno di spendere troppe parole per far capire agli ebrei
ebraizzanti sionisti beati del governo Blum e accessorii, che cosa significhi in Italia il regime
concordatario e totalitario fascista. Ogni proselitismo che non abbia per finalità l’accrescimento del
sentimento patrio è reato. Ogni partecipazione ad imprese extra nazionali, come il sionismo, è un
affronto fatto al sacrosanto esclusivo dovere di vivere e pensare e lottare e sacrificarsi per gli
sviluppi dell’Italia imperiale fascista.
IL DILEMMA
Le comunità, dal momento che sono state ammesse, non possono avere altra attività da
quella del culto della religione. Il Fascismo insegna e proclama quali sono i grandi, i saggi, i padri,
gli eroi, i benemeriti per ogni italiano. La Patria è l’unica e non ammette adulterii. E’ delitto esaltare
la mente di giovani italiani, solo perché di religione ebraica, di visioni che mirino a svalutare, a
rimpicciolire la perenne sublimazione della Patria. Il Fascismo purifica, redime l’idea d’italianità, la
rende gelosa di sé, nemica di ogni contaminazione, la restituisce sull’asse romano ed italico. Il
verbo della fede fascista è dogmatico perché nulla potrebbe essere toccato dell’edificio robusto ed
armonioso del Regime e dello Stato senza che l’edificio medesimo ne soffra. L’impresa palestiniana
non può venir giudicata che dal governo fascista il quale si renderà interprete dell’opinione degli
Italiani al riguardo.
Può l’Italia nuova guardare al tentativo di creare un nuovo Stato mediterraneo
consentendo? Il problema è qui. Noi abbiamo sudditi ebrei nelle Isole Egee, un terzo quasi delle
popolazioni del Dodecaneso. Ne abbiamo in Libia, ne abbiamo in Africa Orientale. Questa
coalizione di sinagoghe domani, a servizio dell'Inghilterra, quale situazione verrebbe a determinare
alla politica difensiva e di espansione italiana? Ettore Ovazza ha già implicitamente risposto con le
sue sferzate all'Inghilterra che, per la penna di un israelita, hanno un valore ed una portata
eccezionali. L'ebraismo che è riuscito in breve tempo a perturbare l'Europa, di quali eccessi non sarà
capace domani quando abbia e uno Stato garantito dalla Granbritannia e tutte le sue succursali in
Europa? Siccome dipende in gran parte dalle armi inglesi che cotesto Stato si formi, il fatto della
sua creazione non muterà anche l'opinione degli antisionisti italiani e ad immenso danno per l'Italia?
Bandiera d'Israele, legazioni, consolati, addetti commerciali, cittadini d'Erez Israel stranieri ma
ospiti in Italia, ebrei cittadini italiani d'inevitabile intesa con i fratelli di razza. Perché in tal caso non
si tratterebbe più soltanto di religione, ma di razza vera e propria e proclamata.
Questo è certo il sogno dei sionisti ed io sono convinto che se Maometto non stesse
all'agguato come sta, Londra lo avrebbe già realizzato. L'Italia dunque deve stare in guardia come
sta in guardia la Germania che domani si vedrebbe rientrare in casa, in feluca e spada, i malgraditi
messi alla porta ieri, a presentar le credenziali al Fuhrer Cancelliere Hitler. Ma, ripeto, sta il fatto,
riconosciuto da parecchi israeliti italiani, che l'impresa dello Stato ebraico in Palestina è nata come
una delle tante imprese britanniche proprio nell'ora storica nella quale l'Italia ingrandita e forte e
decisa deve procurarsi libertà di traffici, d'influenze, d'espansione in Levante e sulle grandi vie
dell'Oriente. In conclusione, se si sommano gli argomenti non discutibili che io ho raccolto, gli
ebrei d'Italia si trovano nella necessità di separare la loro responsabilità da quella dei correligionarii
di tutti gli altri paesi. Niente di quello che fanno gli ebrei politicamente in Europa può essere
consentito dagli ebrei italiani. L'ebraismo europeo è antifascista e sovversivo. Nazismo e Fascismo
sono i suoi bersagli. Esso lavora febbrilmente, e con quali conseguenze, a falciare il terreno attorno
alla Germania ed all'Italia. Massoneria, socialismo e bolscevismo sono i suoi mezzi, Marx e Stirner
i suoi strumenti. E' chiaro come la luce del sole che Blum si è assunta la missione di mettere la
Francia alla mercè della Terza Internazionale e tra una smorfietta e l'altra, tra una preziosità di
espressione e l'altra, tra l'una e l'altra delle sue pallide e dolciastre orazioni umanitarie, si conduce a
meraviglia ed è arrivato alla vigilia del compimento. Mosca, la Grande Loggia e la Sinagoga
possono essere soddisfatte di lui. Per lui diventa governo e regime il programma delle ostilità ai
regimi dittatoriali. Per lui la nuova funzione europea e storica della Francia è quella di abbattere e
Nazismo e Fascismo. A tal fine farà precipitare addosso all'Europa dittatoriale il colosso slavo
riplasmato dal vangelo di Carlo Marx.
Israele è entrato in pieno nel conflitto europeo al quale nessuna corrente, nessun organismo
di idee, di tendenze, di dottrine può sottrarsi. E non v’è nulla di esagerato nel riconoscere che l’idea
della vecchia Europa è l’idea antifascista perché pulsa e splende come una fede religiosa, perché
l’Italia fascista e la Chiesa cattolica si sono intimamente fuse e la loro intesa agisce progressiva non
solo sull’Austria e sulla Ungheria cattolicissime, ma sulla medesima Germania.
Gl’Italiani di religione ebraica debbono dunque fare intendere di schierarsi contro tutti i
correligionari d’Europa. Il buon fascista desidera la caduta del gabinetto socialista Blum che lavora
a spingere Francia e Russia contro le alleate Italia e Germania; il buon fascista auspica la piena
gloriosa vittoria delle armi cattoliche nazionaliste di Franco in Spagna; il buon fascista augura
all’Europa che la forza tedesca unita a quella italiana non soltanto tengano indietro ma abbattano e
distruggano la coalizione massonico-ebraica-bolscevica; il buon fascista giudica una minaccia per
l’Italia la formazione di uno Stato ebraico britannico in Palestina e crede necessaria la migliore
amicizia tra Italiani e Arabi. Finalmente il buon fascista giura di servire esclusivamente la causa
imperiale della nazione eletta che è l’italiana, del popolo privilegiato che è quello di Scipione, di
Cesare, di Augusto, di Traiano, di Costantino, di Innocenzo III, di Giulio II, di Machiavelli, di
Cavour, di Gioberti, di Mussolini.
Gli ebrei d’Italia debbono aver le idee chiare a questo riguardo. Non bastano le
manifestazioni cerimoniali di ossequio, di omaggio che le sinagoghe e le comunità vengono facendo
e che, come ho detto, dovrebbero fondersi a quelle che l’immenso popolo italiano fa sulle piazze,
sui porti, nel Regno e in Colonia, perché in Italia non c’è che Italiani. Ci vogliono dichiarazioni
europee, ci vuole un atto di condanna, una sentenza emanata dagli italiani di religione ebraica agli
ebrei che fanno imprese di razza, di sionismo, di sovversivismo, di politica in tutti i paesi europei.
La sinagoga italiana insomma gitti l’abbominio sull’attività ebraica degli altri Stati, attività che
prepara ai due che si sono redenti un domani forse vicino grave pericoloso tragico. La propaganda
sionistica in seno alla comunità deve cessare, essere considerata come la complicità col nemico.
Essa fa persistere anche in Italia un problema ebraico che noi non vogliamo affatto in alcun modo
ammettere. Il sionismo ci viene costruendo un’altra Gibilterra ed un’altra Malt davanti al nostro
Dodecaneso e gli italiani siano pure ebrei quanto vogliono e credono, non possono collaborare a
vantaggio di una causa che è appunto quella degli ebrei perturbatori e sovversivi di tutta Europa.
IL CONTRIBUTO EBRAICO
E’ innegabile che gli ebrei non abbiano dato finora all’Italia un genio. Se li considerate –
come io faccio e come si deve fare – una delle parecchie stirpi formatrici del popolo italiano e li
confrontate nel rendimento attraverso i secoli agli italiani delle altre regioni, essi hanno dato
certamente di meno. Però va considerato che non costituiscono più della seicentesima parte della
popolazione del Regno e che solo da un secolo circa partecipano alla vita pubblica e possono
manifestarsi liberamente. Alle altezze di Dante, di Leonardo, di Michelangelo, di Galileo non sono
pervenuti neppure gli altri popoli d’Europa e persino da talenti assai inferiori italiani il mondo ha
preso e scoperte e metodi ed ispirazioni in ogni campo scientifico, civile e sociale. In Italia
gl’israeliti non si sono impegnati così da dover rendere gran conto di loro ed io affermo che le loro
qualità come i loro difetti vengono comunemente esagerati nel mondo nostro. Il loro arrivismo è più
visibile e pare più accanito; ma l’arrivismo, come l’usura, come l’affarismo sono difetti altrettanto
cristiani che ebraici. Gli usurai più famosi, quelli che hanno divorato sino all’osso i patrimoni delle
vecchie aristocrazie nere, erano cristianissimi. Il maggior numero di coloro che dalla cattedra, sul
giornale, dalla tribuna parlamentare, seminarono il verbo dell’ateismo, del sovversivismo
intellettuale non sono stati ebrei. La parte insomma presa dagli italiani d’origine ebraica in Italia
senza uscire dai limiti dell’ultimo secolo e mezzo, è minima: contributo modesto. Dunque “ni cet
excés d’honneur, ni cette indignité”. Resta a considerare i caratteri che distinguono la natura ebraica
in Italia.
Sta il fatto che da noi l’ebreo che si avvia ad una carriera dimostra una intelligenza pari
allo scopo che vuol raggiungere. E’ zelante nella preparazione, ordinato e scrupoloso. Preferisce le
carriere tecniche e burocratiche, ma una orma sicura e spesso profonda sa lasciare negli studi
filologici e critico-letterarii in genere. Due autentiche personalità sono Graziadio Ascoli ed
Alessandro d’Ancona, vibrante quest’ultimo di senso patrio scevro da qualsiasi preoccupazione
ebraica. Tipico è il fenomeno dello straordinario trasporto degli italiani d’origine israelitica per le
matematiche; dal Cremona al Volterra, al Castelnuovo, al Levi Civita, ebrei sono i nostri
matematici, parecchi studiosi di statistica, di scienze sociali. Medici e chirurghi in questi ultimi
decenni si sono formate posizioni eminenti e così i commercialisti e i finanzieri. Ma non sarebbe
giusto affermare che i primissimi tra i clinici sai medici che chirurghi italiani dell’ultimo
cinquantennio siano ebrei. Ciò, forse, invece si può dire dei tedeschi.
La così detta filosofia pura è una sorta di rifugio per i tormentati dalla difficoltà
dell’adattamento spirituale teoretico-politico, in questi ultimi decenni. Anche in tale sfera di attività
bisogna notare che, eccezione fatta per lo Spinoza, i massimi gnoseologi moderni non sono ebrei, né
Bruno, né Descartes, né Kant, né Fichte, né Schelling, né Hegel.
All’Italia gl’israeliti non danno un filosofo di fama, altra prova della loro incapacità
creativa, del difetto di spinta, della modestia nella costruzione sintetica. Il che è vero anche per la
musica durante tutto l’Ottocento in Italia, laddove fuori d’Italia notevole è stato l’apporto all’arte
dei maestri di origine ebraica. La musica nostra è risolutamente latina, dalla melodiosità di Bellini,
alla freschezza ed alla solarità rossiniana, alla intensità passionale di Verdi. Mi pare molto
interessante il fatto che gli ebrei in Germania abbiano saputo dare una ottima musica tedesca, ma
non ne abbiano saputo dare una italiana all’Italia. Non vuol ciò dire che esiste un più intimo
rapporto tra la natura ebraica e quella germanica che non con quella italiana? Non rivela la musica
l’intimo mistero delle anime? O forse che gli ebrei di Germania costituiscono una varietà superiore,
a prova di quella profonda diversità tra ebrei ed ebrei illustrata da Bernard Lazare?
Insomma su qualsiasi piano o settore della vita si gitti lo sguardo in Italia, non si trova il
genio ebraico, sibbene attività, ingegno, metodo, pazienza, capacità analitica, serietà negli studi,
tenacia nelle carriere, competenze notevoli in materia finanziaria, commerciale, amministrativa.
Gl’israeliti riescono quando si siano imposti di arrivare, ma, da noi, senza rumore ben diversamente
che in Germania, prima del nazismo, e in Francia. Bisogna riconoscere che il sistemismo, la
disciplina scientifica e tecnica dei tedeschi e il gusto raffinato, la suggestione della moda, la
mondanità dell’arte soprattutto teatrale dei francesi, abbiano attirato in quei due paesi una élite
dell’israelismo. Gabinetto, clinica e schede, in Germania; letteratura, filosofia, filologia, mondanità
in Francia, debbono molto al contributo ebraico. Ma gli ebrei in Germania li trovate tedeschi e in
Francia francesi. Il fenomeno si presta a più interpretazioni.
Ho accennato alla singolarità della famiglia ebraica borghese in Italia. Si deve al suo
rigoroso sistema di educazione la riuscita dei figliuoli nei quali il senso e l’aspirazione della
indipendenza economica individuale non attenua quello della solidarietà domestica. Gli ebrei si
appoggiano e si aiutano tra di loro, quantunque non risponda al vero l’opinione che costituiscano
una specie di organizzazione clandestina e giurata. Vi sono tra ebrei ed ebrei, come tra siciliani e
siciliani, lombardi e lombardi, dissidii, ostilità, ire, lotte che durano tenaci. Certo tra di loro se la
intendono meglio che non con gli altri non ebrei, soprattutto perché, eccezione fatta per le classi
inferiori, si trovano tutti a muoversi in ambienti, il commerciale, il bancario, lo scientifico
universitario, ove occupano posizioni di preminenza e in cointeressenza e sono anche
proporzionalmente superiori. E’ naturale che oltre ad avere il commercio e le finanze nelle mani,
gl’israeliti italiani abbiano cercato di prendere il buon posto nelle scienze commerciali e finanziarie.
Qui si rivelano le caratteristiche della mentalità ebraica, ch’è in ispecial modo una mentalità di
applicazione, di indagine sperimentale, d’analisi, di prudenza, di oculatezza, tutto l’opposto della
natura eccessiva e febbrile degli ebrei dottrinarii d’oltr’alpe, ferventi e sfrenati nelle idee e nelle
manifestazioni politiche.
A proposito della donna ebrea in Italia, io mi sono domandato spesso se essa non sia, come
altrove, superiore per qualità intellettuali e morali. Ho dinanzi agli occhi della memoria e nel
panorama attuale della vita parecchie figure di donne, madre o moglie o sorella, che mi confermano
nel giudizio. Anzitutto la trovo più coraggiosa dell’uomo nel confessare la propria razza, ma anche
più acuta, più pronta, in una parola più intelligente, or sì or no più interessata. Mi si dirà che questa
maggiore penetrazione psicologica, questo più pronto e dispiegato coraggio della donna lo si
riscontri pure nella società borghese alta del nostro paese. Ma la personalizzazione della donna
ebraica mi sembra più risoluta, più evidente.
LUIGI LUZZATTI
Si può dire senza tema di errare che Luigi Luzzatti sia nella storia politica ed in genere
intellettuale dell’Italia contemporanea l’israelita più eminente, di maggiore fama, di risonanza più
vasta. Anche Sonnino era di origini ebraiche, ma insomma e la conversione e le parentele lo
avevano allontanato dalla razza. Ond’è che in realtà Luigi Luzzatti è il solo ebreo salito alla
presidenza del Consiglio da noi. Presidenza non politicamente, diremo storicamente, memorabile,
che fu bersaglio, benevolo del resto, della mia “Lupa” che si pubblicava appunto durante la
presidenza al governo di Luigi Luzzatti.
In lui si accoglievano e prendevano sviluppi e fisionomia direi drammatica – qualche
volta epica – le qualità e i difetti degli ebrei italiani. Quanto fosse innocuo il suo israelismo lo
dice la dedica che per le sue nozze gli fece l’abate Zanella della famosa poesia “La conchiglia
fossile”, la svisceratissima amicizia in tono francescano ch’egli nutrì ricambiato per cattolici
persino prelati. La smodata velleità di essere ammirato ed amato da tutti – riscontrabile in tanti
italiani e di diverse epoche -, di rappresentare lo statista, il pensatore, l’apostolo, l’avvocato
sovrano delle genti tanto a sinistra che a destra, tanto in terra che in cielo, lo condusse a fare un
pastone di Gesù, Mosè, Platone, Hammurabi, Gioberti, Mazzini, Bruno, Francesco d’Assisi, una
verità di tutto e per tutti in cui doveva entrare anche lui, Luigi Luzzatti, come elemento
necessario a completare il sistema. Questo specifico pro bono pacis universale stonava con la
profondità della cultura luzzattiana, la maturità, la sapienza della sua preparazione storicoletteraria non solo classica ma moderna. Era egli un degnissimo patriota che padreternizzava, un
abilissimo economista politico, un fascinoso oratore che incappava per la velleità universalistica
nella retorica di se stesso, un ironista felicissimo anche nei momenti di orgoglio ferito, uno spirito
bisognoso di lode e che la lode rendeva beato. Uomo di destra, alla Camera e sulla cattedra aveva
l’anima di un popolare e le intenzioni e le previsioni dolcemente dissimulate di un
iperdemocratico. Il suo liberalismo era la sua arma di difesa e più che combattere idee e tesi che
pure avrebbe dovuto sentire ed affermare avverse, quel che gli interessava era ottenere plauso e
consenso più di simpatia che di convincimento. Scienza politica cattedra luzzattiane valevano
perché di Luzzatti. Egli le estetizzava tutte e ne faceva una cosa sola. Con viso e voce paterna
dall’alto in cui bramava essere posto ed esser riconosciuto degno di stare, guardava al basso come
chi generosamente si prodighi “per il bene dell’umanità”, questi e quelli e quegli altri con atto di
perdonanza con gli ebrei, intendiamoci, come con i cristiani. Anzi si sarebbe detto che in fondo
alla sua certezza gli ebrei valessero, perché egli, Luzzatti, era ebreo. Quando parlava di un genio,
si metteva subito accanto a lui. Gli bastava d’essere Luigi Luzzatti per sentirsi universale e con
lui universale la stirpe ebraica. Ma l’ebraismo lo rivedeva e correggeva riconoscendogli
necessarie origini nella lontana Asia e proclamando due solenni progressi religiosi in Gesù e in
Francesco d’Assisi.
Egli appartiene all’età demagogica come Enrico Ferri. Ambedue hanno recitato,
esibendosi personalisticamente, la loro parte. Periodo di attori della tribuna parlamentare,
disseminati nei vari settori, appartenenti a gruppi, a partiti diversi, ma in realtà contentissimi di
nuotare in quello che allora i sociologi chiamavano il “liquido d’ambiente” liberale. Giovanni
Bovio, Enrico Ferri, Luigi Luzzatti, Felice Cavallotti, adorati dagli uni, esaltati dagli altri, dagli
altri ancora presi ad argomento di caricatura, celebrità della cronaca, uomini di cartellone, oratori
dei momenti drammatici. Toglietene l’articolo della forma monarchica: in che cosa dunque
Luzzatti non si sarebbe accordato con l’igienismo sociale di Ferri, col naturismo sublimistico di
Bovio, con l’ardore mazziniano di Cavallotti? La sua era la generazione dei simpaticoni che
hanno consolato la lunga miseria politico-sociale del Paese con i loro discorsi. Luzzatti usciva
dalla illuminatissima famiglia universitaria, economistica, letteraria, liberale di Padova-Venezia,
alla quale in diverso modo hanno appartenuto e Messedaglia e Lampertico e Ferrara e Prati e
Zanella e Martello e Roberto Ardigò e Bonatelli. Nessuna prevenzione da parte dei cattolicissimi
a riguardo dell’amico e collega israelita; ma israelita dal canto suo non si sdoppiava, come poi è
accaduto e in questi ultimi anni, in cattedratico ed autore e cittadino e uomo politico da un lato e
in iscritto, dall’altro, ad un movimento religioso e di razza per la restaurazione del tempio di
Gerusalemme.
SINTOMI GRAVI
Il movimento semita così come ha ripreso in seno alle comunità concentra la
generazione nuova nel più intenso aere tradizionalista. Ho accennato allo stato di crescente
esaltazione degli ebrei sionisti in seno alle loro adunanze. La rubrica “Dalle città d’Italia” del
settimanale israelita la documenta ad esuberanza. In cotesti ambienti ai fanciulli, ai giovani, al
pubblico ebraico si danno una istruzione ed una educazione strettissimamente razziste. Un
cerimonialistico saluto al Re, al Duce, all’Italia vittoriosa, franca nelle occasioni questi nostri
connazionali da ogni altro dovere. Il fatto si è che che le comunità sono organi di ardente ripresa
dell’ebraismo e non soltanto sionistico. Le citazioni potrebbero ormai ripetersi a centinaia. Nel
numero 23 aprile dell’anno passato si riporta un discorso di Mario Ottolenghi il quale “si è
nuovamente rivolto ai giovani delle nostre riunioni, cercando di far loro sentire che la liberazione
degli ebrei dalla schiavitù d’Egitto ha un valore permanente nella storia d’Israele. Ancor oggi,
come nei lontani millenni del suo passato, il popolo ebraico è chiamato ad affermare la propria
civiltà, emancipandosi dalla soggezione di altre culture (sic). In questo senso non può bastare a
dar libertà al popolo ebraico una semplice opera di colonizzazione in Erez Israel, la cui rinascita è
legata fondamentalmente all’idea del ritorno allo spirito della Zorà. Ora, come al tempo d’Egitto,
non si tratta solamente di risolvere uno stato di sofferenza economica e sociale – ma soprattutto
di giungere ad una emancipazione spirituale, all’affermazione della coscienza totalitaria di
Israele. In questo periodo storico – o non è quello fascista di Mussolini e dell’Italia imperiale
totalitaria per il signor Mario Ottolenghi? – in cui si assiste a un ritorno di tendenze spirituali
paganeggianti, la rinascita d’Israele è un fatto che trascende l’ambito nazionale per assurgere ad
evento di valore umano”.
“Stato di sofferenza economica e sociale”, per chi, per gli ebrei, in Italia? “Coscienza
totalitaria d’Israele”? e che cosa ne facciamo della coscienza totalitaria dell’Italia fascista, o
Mario Ottolenghi? Il quale s’è dimenticato d’essere italiano cittadino dello Stato fascista
totalitario nell’aere rarefatto della comunità, ove si lavora febbrilmente a trovare collocamento
agli ebrei profughi della Germania presso possidenti padovani naturalmente ebrei “ai quali, - dice
la corrispondenza sull’Israel – si è data – dal Comitato degli Amici dell’Haksharà sotto gli
auspici del Gruppo Sionistico – quanto corporazione! – in collegamento, si badi bene, col
comitato per i Profughi Ebrei della Germania, di Milano, le possibilità di riunirsi settimanalmente
la domenica per compiere la loro preparazione spirituale. Il Comitato ha fornito a ciascuno una
bicicletta; la Comunità ha messo a disposizione un locale della scuola, dove questi giovani, che
per tutta la settimana hanno atteso ai più duri lavori materiali, studiano Bibbia, Talmud e ebraico
parlato e si occupano di problemi sionistici – il Fascismo non c’entra. – Un’ora è destinata allo
studio dell’italiano … Fu questa la loro presentazione ufficiale alla Comunità di Padova, che
come ente e come singoli componenti continua, con crescente fervore, nel suo provvido
affettuoso interessamento, orgogliosa di ospitare temporaneamente alcuni dei futuri costruttori
della terra dei Padri”.
Anche in altre parti d’Italia, specie in Liguria, ebrei tedeschi profughi hanno occupato
mercè le tenere cure dei comitati e delle comunità ebraiche il posto che dovrebbe essere occupato
da italiani ebrei o cattolici o d’altro culto non importa, ma italiani.
Dal che risulta a chiare note che gli ebrei anche in Italia fanno soprattutto gli ebrei e che
attraverso il sionismo e la premurosa protezione dei profughi dalla Germania, per i quali le
comunità costituiscono un efficacissimo e privato ufficio di collocamento, si conducono con la
più sublime indifferenza a riguardo dello spirito e dell’orientamento del Regime.
Insomma: antigermania da un lato e stretta intesa con la politica britannica dall’altro. Se
a questo debbono servire le comunità così generosamente confermate dal Duce, è evidente che
l’Italia Fascista finirebbe per allevarsi un pericolosissimo nemico nel seno. Profughi ebrei
tedeschi e sionismo sono il legame diretto tra tutti gli ebrei ebraizzanti d’Europa e del mondo.
Sono in breve, e su un terreno di battaglia e di azione risoluta e concreta né più né meno di una
massoneria, l’attività della quale si svolge ai danni soprattutto dell’Italia totalitaria, della Latinità,
del Fascismo. Ogni dichiarazione, ogni affermazione di rabbini, di conferenzieri e di pubblicisti
israeliti, di obbedienza, di fedeltà, di consenso alla Patria, fuori della potente recisa tangibile
separazione degli ebrei italiani dall’ebraismo mondiale e quindi dal sionismo e quindi
dall’antinazismo, altro non è che una ipocrita e paurosa ostentazione. L’ebraismo si è in Europa
impegnato a fondo contro i regimi d’autorità e totalitari d’Italia e di Germania. L’avvento di
Blum al governo in Francia è il risultato dello sforzo concentrato di tutte le forze politiche
pubblicistiche finanziarie dell’Europa. Pur di vincere, pur di sovversire l’Europa, pur di
vendicarsi delle instaurate politiche nazionali, Israele non ha soltanto mobilizzato tutti i vecchi
elementi del così detto libero pensiero, del democratismo piazzaiuolo, del repubblicanesimo,
dell’antiroma che è tutt’insieme ebraico e protestante, ma s’è intesa e mescolata con l’impresa
bolscevica, estrema formidabile risorsa della esasperata volontà di dominio delle sinagoghe.
L’ospite tradizionale delle patrie europee si solleva contro le patrie e intensifica la sua
propaganda generica antireligiosa, mentre sinagoghe e comunità intensificano l’attività
ricostitutrice del religiosismo ebraico, del messianismo d’Israele, della superiorità del pensiero
ebraico, della priorità israelitica nella storia della civiltà umana.
ILLUSIONI E DELUSIONI
Ho notato seguendo lo svolgersi dell’opinione pubblica, dirò così, degli ebrei italiani,
che l’avvenimento dal quale deriva una mutazione d’umore a riguardo del Fascismo è stato il
nuovo patto tra Stato e Chiesa che concorda e coincilia due storici dissidenti in Italia. Se in buon
numero gl’israeliti consentirono e con calore all’impresa delle Camicie Nere si fu perché vi
credettero scorgere una spinta plebea, di democratismo, di sovversivismo in confronto alla
tradizione, il soffio che crea un aere nuovo favorevole a ben diverse tramutazioni di carattere
ideologico. Il criterio di rivoluzione della mentalità ebraica è quello dell’eredità Rivoluzione
Francese. Avrebbe dovuto essere quindi un passo in là sugli stessi motivi. Ora il Fascismo
doveva avere ben altri sviluppi perché scaturito dal profondo viscere della Nazione, perché
volontà di primato della gente italiana, di cui elemento essenziale è il cattolicesimo. Non si sa
quale soluzione nuova del dissidio famoso Israele italiana si sarebbe aspettato. Un’abolizione
delle guarentigie e l’inaugurazione di una politica liberalista nel senso massonico che insevisse
sulla chiesa, sulla scuola cattolica, sul pensiero, sulla cultura, sulla libertà della religione
bimillenaria e nazionale? Lo scioglimento della società massonica era stato interpretato ben
diversamente; eppure gli ebrei che alla massoneria davano la consistenza e lo spirito, avrebbero
dovuto subito comprendere che il provvedimento li toccava da vicino e che quello era già un
preciso segno di orientamento del Regime in formazione.
Anche se tra gli ebrei si trovano talvolta accesi nazionalisti delle singole Patrie pure
l’ebraismo ha sovente cercato la via dell’internazionale, ponendosi al centro di inquietanti
agitazioni e impegnando e compromettendo questo o quello Stato. Oggi Russia bolscevica, Gran
Bretagna sionista, Francia governata da Blum e dalla non più dissimulata sinagoga, Spagna
trasformata in agone dell’impresa comunarda, illudono gli ebrei di avere comunque sia le redini
dei destini europei. L’internazionale bancaria, la massoneria e il comunismo han portato Blum e i
suoi correligionarii, forti del diritto democratico, alla presidenza del consiglio ed alla gestione
degli interessi francesi, mentre l’internazionale rossa, che, in quanto organizzazione è di pura
marca ebraica, da oltre mezzo secolo ricatta le patrie con la perenne minaccia dello sciopero
politico, dell’occupazione delle fabbriche e degli stabilimenti, dell’azione violenta. Ma le
internazionali alle quali si appoggiano e che con la loro sotterranea attività degli ebrei
sovreccitano, sono le internazionali ree e funeste, le nemiche della storia e delle patrie, dei
nazionalismi e della religiosità nazionale, della Chiesa di Roma, dello Stato di Roma. Sono le
internazionali contro l’universalità latina. Sino alla seconda metà del secolo decimottavo Israele
che non ancora s’era fabbricato le armi della massoneria, della eguaglianza dei diritti politici,
dell’elettoralismo, rimaneva silenzioso ed estraneo. Erano quelli gli ebrei che Giordano Bruno nel
primo dialogo della “Cabala del cavallo pegaseo” definiva mordacemente “ … di natura, ingegno
e fortuna saturnini e lunari, gente sempre vile, servile, mercenaria, solitaria, incomunicabile ed
inconversabile con l’altre generazioni, le quali bestialmente spregiano, e dalle quali per ogni
ragione son degnamente dispregiate …”. Il trionfo del liberalismo li trasse fuori durante il secolo
XIX da quella condizione. Ove vi fossero nella immensa maggioranza, invece che in minoranze
rare, immedesimati allo spirito, ai sentimenti morali, alla causa dei popoli tra i quali erano
penetrati umilmente e acquistandovi col tempo parità di diritti, non sarebbe sorto il problema
ebraico che oggi affatica ed esaspera l’Europa. L’emancipazione, contrariamente ad ogni
aspettativa e giusta speranza, li ha orientati, ora che s’erano fatti forti, verso un altro isolamento,
verso l’ambizione di un differenziamento con pretesa di superiorità e persino di sovranità,
adoperando le armi della eguaglianza giuridica contro chi le aveva loro concesse.
L’ostilità evidente ed aggressiva negli altri paesi sembra non debba aver ragion d’essere
in Italia. Moltissimi israeliti qui lo capiscono e vivono sinceramente la vita nazionale, molti
quella fascista. In altri si continua quel tono di spregiudicatezza dirò libertaria assunto nell’epoca
massonica il cui riflesso mentale e culturale fu positivista, internazionalistico, critico e scettico a
riguardo della mentalità generale della Nazione. In aere liberalesco e di democratismo libero
pensatore si veniva formando anche da noi, penetrando i massoni nella burocrazia, nella scuola,
nel giornalismo, nel governo, l’impresa di ravvolgimento della coscienza pubblica e quindi della
vita che aveva forti appoggi nella industria e nel commercio. Durante quel periodo non esisteva
una preoccupazione sia dell’ebreo singolo che di un movimento collettivo orientato verso una
vera e propria milizia politica dell’ebraismo, e non affiorava la pretesa dell’intellettualismo
ebraico anche in Italia, della priorità, della superciviltà, della superiorità della razza. Il Re d’Italia
poteva senza suscitare scandalo presenziare alla inaugurazione della sinagoga tra piazza
Montanara e ponte Quattro capi. Le massonerie di Francia e di Londra potevano allora lavorare
intensamente a moltiplicare templi massonici ed organizzazioni anticlericali – intendi,
anticattoliche – e il numero degli affiliati, senza che questo inquietasse il buon senso delle
cittadinanze. Quasi tutte le case editoriali erano in mani ebraiche, come anche oggi sono le più,
ma ciò era riconosciuto come naturale. In verità l’editore ebreo ha qualità specifiche di
organizzazione, di fiuto, di pubblicitario. Si nota nella produzione editoriale delle ditte ebraiche il
tenace intendimento di pubblicare traduzioni di tutto ciò che più può eccitare la curiosità
specialmente scientifica e critica dei lettori, opere di libero pensiero, i libri dei più famosi
positivisti, sociologi, socialisti, comunisti, anarchici. Tutta la cultura positivista e libertaria è stata
introdotta da editori israeliti. Oggi, pur dovendo pagare il loro tributo di omaggio ai principii del
Regime e comunque servirlo, gli editori ebrei in Italia si specializzano nelle traduzioni di romanzi
stranieri in non piccola parte di autori israeliti.
I DOMINATI E GLI EMANCIPATI
Romanzieri e novellieri ebrei in Italia ce n’è, ma non tali da gareggiare con i correligionari
di Germania, di Francia, di Inghilterra. Si dice lo stesso per gli attori e per gli artisti
cinematografici. I più acclamati direttori d’orchestra in Germania sono ebrei. L’italiano Toscanini
non lo è. E’ proprio vero che nel campo della letteratura creativa gli ebrei in Italia non attingono le
vette o non costituiscono come in Germania, in Francia, in Inghilterra un notevole movimento di
idee, di generi, di gusti. Ha ragione ghi li giustifica dicendo che non si può chiedere a quarantamila
- quanti sono gli ebrei “italiani” – individui di poter essere molto visibili in una popolazione di più
che quarantatrè milioni. Ma ha anche ragione chi dice che danno molto meno di quanto la loro
pretesa di essere di più degli altri potrebbe far presumere. Se dunque è vero che tutti gli ebrei sono
forniti di grandissimo ingegno, bisogna dire che da noi si ritraggono dalle ardite imprese letterarie
ed artistiche, quelle di D’Annunzio, di Pascoli, di Verga, di Fogazzaro, di Pirandello. Sul terreno
politico non hanno mai creduto alle brevi improvvise vittorie elettoralistiche ottenute dalla
massoneria e dal socialismo, da questi due espedienti dottrinari ed universalistici dell’ebraismo
combattivo. A malgrado del nessun antisemitismo della gente italiana nella sfera della vita pubblica,
la presenza di Nathan in Campidoglio prima e l’oratoria di Claudio Treves alla Camera poi,
avevano finito per svegliare l’attenzione sul motivo semitico e di quella elezione e di questo
accanimento antipatriottico del deputato Treves. La vittoria delle Camicie Nere, dello Stato di
autorità, totalitario, concordatario, ha arrestato evidentemente quel divenire fortunato, quel successo
dello spirito critico, dissolvitore e negatore degli israeliti che con sì funeste conseguenze s’è potuto
diffondere altrove. Si aggiunga che da noi frequenti sono stati i casi di ebrei immedesimati in modo
completo e perfetto alla coscienza, al sentimento, alla vita, alle abitudini, agli ideali della nostra
società borghese politica e colta. La monarchia laica, le guarentigie non accettate dal Vaticano, il
comodo vivere dei partiti avevano reso un eden per gli ebrei italiani l’Italia anteguerra. Ci sono
ebrei che impazzano nell’incendio dei sovvertimenti, che si sobbarcano a bolscevizzare la Russia, a
sinagogare la Francia, a rialzare il tempio di Gerusalemme, a distruggere la Spagna di Cristo, del
Cid, di Cervantes; ma ce n’è tanti, la maggioranza degli ebrei italiani – qualche migliaio, non più,
tra uomini e donne, tagliando fuori tutti coloro che appartengono alle retrovie del commercio, della
banca, dell’industria e la gente piccolo-borghese in genere – che amano il comodo e bello vivere, la
rendita sicura, la musica, le villeggiature, e intendono la vita proprio così come la interpreta Bernard
Lazare. Liberali quanto basta, democratici ma non troppo, seccati, anzi sgomenti
dell’indaffaramento delle comunità, non troppo convinti delle fortune del sionismo, e niente affatto
sicuri di quella che sarà un giorno la sentenza della politica fascista a riguardo.
Ripeto, che in Italia bisogna fare eccezione per quei cittadini di stirpe ebraica che al pari
dei connazionali di stirpe albanese o spagnuola o tedesca o francese o slava non serbano più alcun
relitto sentimentale delle origini, quantunque nati da padre e da madre ebrei. In Italia esiste
l’israelita scevro di qualsiasi preoccupazione religiosa o di razza, cosiffattamente italianizzato da
essere non soltanto ostile al propagandiamo ed al sionismo, ma anche alle comunità giudicandole
più uno svantaggio, un compromesso, che un vantaggio per gli ebrei che vogliono vivere, pensare,
credere, agire in tranquillità di coscienza.
Si noti infatti quanto disinvolte siano le maniere dello israelita emancipatosi dalla mentalità
razzista e quanto acquisti la sua personalità nel contatto e nei confronti col mondo.
Dossier – Verità
XIII. Aggiornamento : venerdì 7 ottobre 2005 .
Oltre 130 commenti di Lettori :
inviate le vostre riflessioni: saranno pubblicate in questa rassegna e nei miei prossimi libri.
“ IL CASO LONGO “
Cronaca di un caso di
Pulizia etnica del dissenso
Per mano giudiziaria.
“ L’avvocato Longo scrive libri come
‘ Toghe & forchette ‘ e ‘ Il coltello di Shylock’.
Per prima cosa, dobbiamo riuscire a
farlo radiare dall’Albo
e trovare avvocati disposti a denunciarlo”.
( Franco Levi, ebreo ed omosessuale,
referente dell’A.D.L. in Italia,
in una circolare del giugno 2003
inviata ad organi di Polizia,
dello Stato, giudiziari e ad
associazioni sioniste e dedite alla lotta
al revisionismo storico ).
*******
“ Longo è ormai isolato.
Ma se continua a romperci i coglioni,
lo finiamo”.
(da un discorso autentico di
un dignitario dell’ordine forense,
presso il tribunale di Pordenone,
2001)
*******
“Dategli due o tre anni di sospensione,
così la smetterà di darci fastidio”.
(Direttiva rivolta dal pretore dirigente di
Pordenone, dott. Attilio Passannante,
all’avv. Luciano Callegaro, presidente
dell’ordine degli avvocati.
Nel tribunale di Pordenone, novembre, 1995)
******
“ Se pubblico il tuo testo ‘ Il conflitto razziale’
ti seppelliranno di querele….”
(Un editore al sottoscritto nel 1991.
Il volume, ora esaurito,
è stato poi pubblicato nel 1994.
L’editore preoccupato non si riferiva a
Querele inerenti l’argomento del libro –
Che non è stato mai querelato –
Ma a evidenti ritorsioni trasversali alla mia persona.
Di questa vicenda si parla in
‘ toghe e forchette’, tolto dalla circolazione
dalle pressioni dell’ordine forense).
**********
(“Toghe & Forchette”, il libro esplosivo che la mafia forense
ha tolto dalla circolazione.
E’ in corso di stampa la nuova edizione integrale)
Un appello importante :
http://www.blob.rai.it/notesapp/blob/forumblob.nsf/a3c0c7fe673c8c51c125647d0051577b/a03726fc
e6025785c12570730071f6cd?OpenDocument
IL CASO LONGO : mette non poco a disagio parlare in prima persona di fatti che riguardano se stessi. E’
per questa ragione che sarò conciso in questa presentazione della news-letter che propone all’attenzione
dell’opinione pubblica l’articolata vicenda di “giustizia ad orologeria” che riguarda il sottoscritto . un caso
emblematico di una operazione a regia, volta a distruggere il sottoscritto per mano giudiziaria, con accuse
insensate costruite a tavolino da un losco procuratore della repubblica, in combutta con lobbies mafiose
dell’ordine forense e ben nascosti gruppi di pressione che si celano dietro ad essi. Come quello ebraico di
cui ho citato in apertura il contenuto di una direttiva segreta del 2003, fortunosamente scoperta. Scopo di
questa manovra, che si protrae fin dal lontano 1989 ? Stroncare il sottoscritto, riducendolo alla morte civile,
attraverso una congegnata costruzione di accuse penali inconsistenti (ad opera del Pubblico Ministero di
Pordenone , Federico Facchin, già assessore democristiano ed ora vicino alla destra filo-sionista, intimo
amico del satrapo dell’ordine forense che ha ordito questa operazione) e confidando che la magistratura
giudicante, in ossequio ad un suo collega “giudice” – il pubblico ministero in oggetto – provveda ad emanare
ingiusti verdetti di condanna (quando anche i giudici non sono essi stessi affiliati alle logge o conventicole
che tirano i fili di questa operazione di macelleria messicana). Il tutto per giungere all’obiettivo declamato con
tanta arroganza dal giudeo Franco Levi affiliato all’ A.D.L, ebraica di derivazione ebraico-statunitense e ad
altre organizzazioni sioniste alle dirette dipendenze dello stato di Israele. Questa operazione, che è stata
preceduta da identica operazione gestita in prima persona dal consiglio dell’ordine forense diretto dal
senatore democristiano Luciano Callegaro, si è articolata dal 2001, anno in cui il consiglio forense si rese
conto di non aver più spazio per linciarmi con procedimenti disciplinari indecenti nella loro inconsistenza, ma
sempre conclusisi con micidiali verdetti di condanna. Resosi conto il consiglio della inanità dei suoi sforzi
per radiarmi dall’albo, ritenne che più facile sarebbe stato l’obiettivo sulla base di verdetti di condanna
penale : il compito di questa “pulizia etnica del dissenso” è quindi passato nelle mani del dott. Federico
Facchin, in arte criminale “pubblico ministero”. Il cecchinaggio nei miei confronti a quel punto non ha più
conosciuto né limiti, né decenza.Il piccolo ex assessore e scrivano muffito di cancelleria ce ne ha messo di
zelo nel servire i suoi padroni, attaccandomi.. Sono giunto all’apertura del 40° procedimento penale, dopo
circa 30 procedimenti disciplinari. Tutti giuridicamente insensati, tant’è vero che a tutt’oggi sono ancora
incensurato… le occulte ragioni di repressione politica di questa operazione di macelleria giudiziaria, sono
state manifestate spudoratamente in una ordinanza che il pubblico ministero Facchin, vecchio sodale politico
del senatore Callegaro, credeva io non avrei mai potuto leggere. Invece sono riuscito a scovarla nei
polverosi archivi della procura di Pordenone, dove la “giustizia” dorme sonni eterni. Si tratta della ordinanza
del 2 gennaio 2003, relativa ad un procedimento archiviato (nr. 1312-02) . Essa è relativa ad un inquietante
carteggio intercorso fra il Facchin e l’ordine degli avvocati di Pordenone. In essa, nella convinzione che mai
sarebbe finita nelle mie mani, il Facchin dettava la seguente direttiva : “ Dobbiamo screditare Longo ed
attribuire ai concetti politici espressi dal Longo il carattere di frasi iperboliche e farneticanti, vorremmo dire di
“pseudoconcetti” (massoneria, cosche, controlli sociali, ecc..)” . Questa è PULIZIA ETNICA DEL
DISSENSO. Non ci sono altre definizioni. Il fatto è vero e gravissimo e non è una trama da romanzo
orwelliano. Questa direttiva, volta a screditare il mio impegno di commentatore politico non allineato e a
distruggermi , è stata poi raccolta da ampie aree della magistratura e da tutti i terminali politici e sociali
connessi alle lobbies politico-affaristiche massoniche interessate ad eseguire questa direttiva in cui è difficile
non scorgere la natura di “foglio d’ordini” di derivazione massonica ed ebraica. Penso innanzi tutto all’ ADL
e a numerosi suoi addentellati massonici. L’operazione gestita dal Facchin ha sia l’ evidente compito di
distruggere la mia immagine, sia di coadiuvare l’ordine forense nella operazione a regia architettata a tal fine
da anni per eliminarmi professionalmente e politicamente e denunciata ampiamente in “Toghe & Forchette”.
Infatti, ottenute con l’aiuto delle Toghe d’Ermellino condanne nei miei confronti, la mano passerebbe di
nuovo al consiglio forense che, senza imbarazzanti istruttorie per futilità, potrebbe passare immediatamente
alla radiazione sulla base di condanne penali servitegli dalla magistratura su un vassoio d’argento.
Elementare, no ? Per questo Il giudeo Franco Levi cerca avvocati disposti a denunciarmi : per giungere
all’agognata meta della mia radiazione (con contorno di galera..)…il consiglio dell’ordine da solo non ce la fa
più nei miei confronti. Ricorre quindi alla procura , che non disdegna la sua entusiasta collaborazione.
Collaborazione che ha trovato anche terminali operativi in taluni ambigui elementi gravitanti nell’area neofascista italiana : gente che, pur di essere vicina ai giudei si è fatta circoncidere anche il cervello. Potrei dire
di costoro : “Circoncisi col Fez”, ma di loro già si è espresso padre Dante con il famoso endecasillabo : “ più
che l’onor, potè il digiuno”… Tal squallidi rinnegati sono giunti fino alle minacce e aggressioni pur di
impedirmi questa battaglia contro i gangli di Sion.
La vicenda della Crociata ebraica (indiscutibilmente connessa alla direttiva di chiaro stile massonico di cui
sopra) contro il sottoscritto e il testo della ributtante direttiva di linciaggio giudiziario-disciplinare si può
leggere in Internet sul sito dell’Adelaide Institute : www.adelaideinstitute.org/Dissenters/longo.htm
Troverete in rete anche il testo di questo Dossier, immesso a cura di un sito che fu segnalato l’anno scorso
alla Polizia del Pensiero dagli occhiuti sgherri di ZOG :
http://www.komunismo.clara.co.uk/dossierlongo.htm
Ho parlato di “pulizia etnica del dissenso” non a caso. Infatti, io sono reo solo di una cosa : propugnare idee
definite di “estrema destra” o “neo-naziste” (con l’aggravante agli occhi ebraici e massonici che tirano le fila
di questa operazione di essere anche di fede cattolica), “revisioniste”, scrivere libri e articoli per diffondere le
mie idee, e difendere vittime delle repressione giudiziaria per reati d’opinione voluti e indirizzati alla
magistratura dal Congresso Mondiale Ebraico , che impone la dittatura del Pensiero Unico con l’alibi ipocrita
e farisaico della “lotta all’antisemitismo”. Inutile sottolineare chi sono i primi a farne le spese…
Nell’anno 1993, in data 6 agosto, la Digos sequestrava un mio scritto inedito presso un editore e mi
segnalava all’attenzione del pubblico ministero dott. Papalia di Verona, indicandomi nella schedatura come
“pericoloso scrittore nazista”. Ricordo a suo tempo l’interpellanza in proposito del senatore Antonio Serena e
il clamore che la stampa dedicò all’episodio. Le successive prese di posizioni sioniste della destra italiana
impedirono che l’opinione pubblica percepisse il grave attentato per la libertà di pensiero in Italia realizzato
dalla sinistra giudiziaria e dalle lobbies massonico-sioniste.
Dato che questa operazione di macelleria giudiziaria alla messicana nei miei riguardi risale fin dal 1989
(quando io apparivo un “disturbo” alla operazione massonica che voleva condurre alla sparizione del
vecchio MSI e collaboravo anche con le Edizioni di Ar di Franco Freda) , non posso in queste note
riassumerne la storia. Rinvio pertanto alla lettura dei libri “Toghe e Forchette. La giustizia secondo l’ordine
forense”(se riuscite a trovarlo : l’ordine lo ha fatto sparire dalla circolazione), “Toghe criminali. Una storia di
ordinaria repressione democratica” e l’odiatissimo “Il Coltello di Shylock” che raccoglie i miei scritti invisi
all’Internazionale Ebraica e alle procure liberticide.(presto disponibile la II edizione).
Nonché a tutto il materiale che documenta questa operazione di “omicidio per mano giudiziaria” che, tramite
questa “newsletter”, intendo denunciare all’opinione pubblica che non ha dato il cervello all’ammasso. Infatti,
lo strano silenzio che circonda questa vicenda mi desta più di una perplessità. Infatti, fra le mura del
Palazzo di Giustizia di Pordenone si perpetrano vere aberrazioni giudiziarie per giungere al fine che, da
ultimo, Franco Levi ha pubblicamente dichiarato. Denunciare queste aberrazioni che vorrebbero realizzare il
mio massacro per mano giudiziaria (è impossibile condannare un innocente, senza far ricorso sistematico
alla ingiustizia processuale) è il modo migliore per frenare la mano che tiene stretto il coltello giudiziario (è il
coltello di Shylock..) . Sono debitore di questa intuizione a Giuliano Ferrara che anni fa scrisse che, contro
la giustizia ingiusta, è necessario “processare il processo”….Ed i suoi strateghi.
Per cui, con le note che immetto periodicamente in rete e di cui questo scritto vuole essere presentazione e
riepilogo, io intendo processare i miei persecutori, affinché la bestialità dei loro metodi “democratici” sia resa
palese a tutti.
Massacrano “in nome della democrazia” e per eliminare il dissenso critico contro tale feticcio ideologico
giudaico. E’ giusto quindi che si sappia cosa sia la “Democrazia” : un sistema aberrante che in nome di se
stessa pratica la distruzione metodica dei dissidenti. Nel colpevole silenzio di tutti. Memore di un antico
principio enunciato nel corrusco Crepuscolo dell’Europa della primavera del 1945 da uno dei più grandi
uomini politico conosciuti dalla storia occidentale, Adolf Hitler, credo anch’io che in questi anni di torpore
mentale di una nazione ormai consunta dalle sifilidi delle ideologie ireniste e buoniste, ci sia bisogno di
esempi di tenuta ideale più che non di manovre levantine e “alla Borgia”,di cui tutti siamo stufi in Italia.
Io sono massacrato in nome della “democrazia”, ma non intendo abbandonare la lotta. Tutto qui.Spero un
domani, in qualunque modo scenderà il sipario di questa mia tormentata lotta contro lo Stato-Leviathano che
mi ha decretato guerra totale, la mia vicenda, attraverso il ricordo e i libri che andrò scrivendo, serva di
sprone a chi vorrà opporsi al dilagante Moloch della ideologia mercantile democratica e alle aberrazioni,
tormenti, iniquità che essa porta con sè nel suo perverso DNA. Per ricordare quale mostro sia la
Democrazia. La Democrazia : un mostro da abbattere per il bene e la libertà di tutti. Questa newsletter è un
modo ulteriore di suscitare la lotta contro la tirannia de I Signori degli Ermellini. (leggere :
www.adelaideinstitute.org/Dissenters/longo.htm ; www.adelaideinstitute.org/newsletters/n252.htm ).
DICONO DELLA “GIUSTIZIA DEMOCRATICA “ : in questa rubrica raccolgo i commenti e le opinioni dei
lettori della news-letter. Molti commenti sono andati dispersi e posso riportare solo i più recenti. Essi sono
rigorosamente autentici e riflettono lo sgomento che il cittadino comune, tenuto all’oscuro dai mass-media
della realtà dei processi giudiziari al dissenso politico in Italia, prova nell’apprendere queste notizie. Invito
tutti a trasmettermi le loro opinioni. Facciamo salire la voce del popolo italiano fino alle ovattate sale dei
Signori degli Ermellini dove si perpetrano queste mattanze ignobili ! Processiamo i giudici e la magistratura
italiana e i suoi manutengoli in toga forense, cappucci “iniziatici” e nasi adunchi di Giuda. Che sentano la
voce del “popolo sovrano”, che tanto disprezzano, e in nome del quale ipocritamente pronunciano i parti
delle loro aberrazioni giudiziarie e delle loro sordide vendette. Scrivetemi i vostri pareri e i vostri commenti,
periodicamente li pubblicherò, in forma anonima
su questo periodico aggiornamento (magari un giorno
qualche editore coraggioso si farà anche vivo..) :
1) E fai bene a diffidare della magistratura europea. La Commissione europea è composta dagli stessi
partiti corrotti che compongono lo Stato Italiano ed i magistrati che fanno parte della Corte Europa
sono gli stessi che fanno carriera”. ( Antonio R., perseguitato politico, 30 maggio, 2004),
2) Buongiorno avvocato, leggo con interesse tutto il materiale che mi manda e devo dire che rimango
ogni volta abbastanza scandalizzato, Può succedere tutto questo ? ma dove viviamo ? Forse la
popolazione che non vive direttamente tutti i giorni questo genere di situazioni (come me), non ci
pensa e crede che almeno il campo della giustizia in Italia funzioni. E le domande che vengono in
mente sono tante. E una di queste è : solo a Pordenone succedono queste cose oppure solo a
Pordenone esiste una persona che tiene ad informarci ? Spero che le sue battaglie trovino la vittoria
che meritano” ( Guido C, mio cliente, 5-4-2004),
3) Non mollare nella tua battaglia contro quei luridi DEMONI dei magistrati ! ( Carlo G., lettore dei miei
libri, settembre, 2004),
4) Esimio Avvocato, le siamo vicini in quanto le persecuzioni e le vessazioni che Lei vive le abbiamo
vissute e le viviamo giornalmente anche Noi ( Movimento Italia Sociale, 15-09-2004),
5) Buongiorno avvocato, sono R, come va ? Da ciò che leggo ultimamente non mi sembra che la sua
vita sia troppo “monotona”, io nel mio piccolo cerco di far girare il più possibile la documentazione
che mi manda. E ogni volta rimango abbastanza perplesso nell’apprendere cosa succede in un
mondo che forse non mi appartiene ma che dovrebbe, invece, secondo me, esser preso più a cuore
da più gente possibile. In fondo, in teoria il campo della giustizia dovrebbe essere quello che tutela il
cittadino, ma da ciò che leggo sembra che sia l’ultima cosa che abbiano a cuore. Spero vivamente
che le persone come Lei aumentino di numero. Non molli. Io continuerò a fare ciò che posso
diffondendo le cose che mi manda. ( Marco G, mio assistito, 15-09-2004),
6) Caro camerata Longo : con riferimento al vostro comunicato n.18 inviato il 18-09-04 dovuto alle
preoccupanti aberrazioni giudiziarie contro di Voi, abbiamo creduto opportuno distribuire 100 copie
del vostro comunicato n.18 davanti all’Università e al tribunale di Foggia. Camerateschi saluti. (
comitato di Democrazia Diretta, 24-09-04),
7) Edoardo, pur non condividendo “in toto” i tuoi ideali etici e politici, stimo la determinazione ed il
coraggio con cui ti stai battendo per difendere le tue ragioni. Lotta, lotta sempre !!! ( F.R., una rara
Collega del sottoscritto, settembre, 2004),
8) LA STORIA CI DARA’ RAGIONE. Caro Avv. Longo, Le scrivo dagli Stati Uniti seguo, e cerco di
divulgare nel mio piccolo, con l’aiuto di altri camerati, le sue peripezie giudiziarie. Purtroppo siamo
obbligati a convivere in una nazione che si presuppone sia “libera”. La vorrei esortare a non mollare
mai ! MOLTI NEMICI MOLTO ONORE. CAMERATA GIUSEPPE. (un mio lettore degli Usa, 23-0904),
9) caro Edoardo, ti condivido perché so cosa significa ( AR, amica, perseguitata dalla giustizia-ingiusta
del tribunale di Pordenone, 26-09-04),
10) Rispettabile Edoardo Longo, ho letto il suo diario dal fronte, purtroppo sono tutte malefatte che
portano il nome Italia uguale a massoneria dei Savoiardi che ce l’hanno imposta solo per
sottometterci e sfruttarci ed ammazzarci come hanno sempre fatto e stanno per farci : una brutta
falsa storia. ( MN, mio corrispondente leghista veneto, 26-06-03).
11) Sono un Poliziotto di XY (nome omesso per tutela del corrispondente), volevo esprimere la mia
solidarietà all’avvocato colpito da questo ingiusto provvedimento. Come ho sempre sospettato, in
Italia si considera di più la parola di un immigrato che quella di un cittadino italiano che vive pagando
le tasse e mantenendo questi signori che lo accusano. Io Le dico solo una cosa : L’Italia agli Italiani !
Questa è una terra cristiana, non mussulmana,e le leggi vanno applicate in modo cristiano e non
secondo il corano. ( un Poliziotto, 26-4-04).
12) Chiarissimo Avvocato, La ringrazio per aver accettato la mia solidarietà espressaLe dal più
profondo del cuore. Il mio appoggio morale per la S.V. sarà sempre incondizionato. Tenga sempre
alto il morale, in quanto, questa nostra patria martoriata da gente senza fede e senza onor patrio,
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ha bisogno di gente come Lei che crede in sani principi morali e nazionali (un Poliziotto mio lettore,
26-03-2004 : ometto nome e località di lavoro per evitare che abbia problemi con i suoi superiori ).
La vita professionale dell’avvocato Longo si scontra con l’apparato ipersensibile del potere, quello
giudiziario e corporativo professionale prima e quello politico – culturale poi. E’ indubbio che Longo
ha il suo bel da fare a controbattere gli attacchi e soprattutto quelli del potere giudiziario e forense in
particolar modo. Io so che certe posizioni non fanno che attirare come le calamite, le calamità di
molti avversari, però quelle rivolte alla persona sono le più micidiali, da questo punto di vista, non
posso che inviare un messaggio di piena solidarietà all’avvocato Edoardo Longo per la sua
battaglia, indipendentemente dalle rispettive posizioni più o meno condivise per gli altri aspetti politici
e di appartenenza a questo o a quale movimento e/o associazione politica. ( Alberto Mazzer,
dirigente del Movimento Fascismo e Libertà, 30-12-2003).
Caro avvocato, ho letto con interesse le nefandezze che vengono commesse in quel di Pordenone
ai tuoi danni. Ti giunga la mia piena solidarietà ( Alberto Mazzer, dirigente nazionale del Movimento
Fascismo e Libertà, 2004)
Edoardo ! la mia piena solidarietà contro gli attacchi infami. ( dalla Redazione del Lazio della
Comunità Politica di Avanguardia, 2-5-04).
Sì, è come dici, ma non è proprio del tutto così. I mafiosi si sono presi le testate attraverso la
nomina dei direttori e la norma che non permette a chi vuole scrivere qualcosa che altri vogliono
leggere di pubblicare i giornali, vista l’esistenza dell’ordine dei giornalisti, simili all’ordine degli
avvocati di cui parli tu…è mafia, né più , né meno. Tutta l’Italia è sotto questo controllo criminale
attraverso l’infiltrazione dei partiti, tutti i partiti sono controllati e attraverso questi, controllano tutto,
anche le nomine della magistratura. (Antonio R., perseguitato politico, 5-10-2004).
Gentile Sig. Avv.Longo, Lei ha la mia totale solidarietà. Mi è un gran piacere ed un onore esserLe
d’aiuto. La aiuto dove posso a combattere ZOG e i suoi lacchè, perché ho sofferto anch’io nell’Italia
grazie a quei dannati bastardi. Hanno cambiato la mia vita. ( RS, mio lettore, dalla Germania, 25-102004).
Chiaradia (NDR = il giudice dell’articolo “ingiustizia è fatta !”) non può fare “Arlecchino-servitore-didue-padroni”..una volta uno una volta l’altro ( RL, collega, mia collaboratrice, 19-10-2004).
“Continuo a ricevere le sue lettere e desidero esprimerLe tutta la mia cameratesca ammirazione per
tutto quello che sta subendo. Gli Uomini Liberi come Lei siano d’esempio, il Leviathano e i suoi servi
saranno schiacciati sotto il tallone del Popolo ! Onore a Edoardo Longo Uomo Libero ! W la Libertà !
W il Duce ! W l’Italia !” ( RC, mio lettore e corrispondente, 6-11-04).
“Prendo atto che riesci a destreggiarti abilmente (ma presumo con gran fatica) in questa guerra
delle Procure e delle Avvocature, e che sei un “giuda-chi-molla” d.o.c. “ (Un mio lettore, dall’Irlanda,
1-6-04).
“(…) io ho vissuto una esperienza simile alla tua,a causa di un sistema giudiziario che dal punto di
vista del diritto mi ha dimostrato di essere deforme.(…). Dovresti perciò, a mio avviso, sollevare
l’ipotesi della legittima suspicione e le norme sul giusto processo attraverso il quale chiedere che ad
occuparsi delle tue cose sia la magistratura competente a indagare anche il comportamento della
giurisdizione di Pordenone, in quanto, da quanto racconti, essa non può essere imparziale, essendo
parte per tutto ciò di cui l’accusi. Avvocati che mi tradirono in uno dei tanti processi di primo grado,
mi hanno confessato che il PM (nome e cognome ben dichiarato) aveva aperto un’inchiesta per
evasione fiscale contro di loro, tenendola aperta sulla scrivania….poi messa in un cassetto e finendo
archiviata per decorrenza dei termini per le indagini. Tu sai bene che nessun avvocato dichiara il
vero sui ricavi del suo studio : sono quindi tutti facilmente ricattabili…questo è l’humus del sistema di
marciume e corruttele in cui dobbiamo destreggiarci tutti.” ( un perseguitato politico anticomunista,
perseguitato per oltre vent’anni. Nome riservato. 29-07-2004 ).
“ Caro Amico, comprendo esattamente le difficoltà di questa raffica di procedimenti giudiziari che è
un evidente accanimento contro la Vostra lotta all’Establishment (ZOG) in Italia. A volte mi sembra di
vivere in Romania all’epoca del martire Corneliu Codreanu – altrimenti come si potrebbe spiegare la
legge Mancino ! Comunque se posso esservi d’aiuto non esitate”. (NM, combattente politico
antisionista, già perseguitato dal PM Facchin, 14-11-04).
Quanto sono venuto a conoscere su altri settori mi conferma che la mafia (da non sottovalutare mai
!), la camorra, le varie Massonerie, hanno in mano il potere giudiziario. (dr. Giorgio Vitali, presidente
del Sindacato Inforquadri, 15-11-2004).
Egregio avvocato Longo, innanzitutto mi felicito per la recente sentenza della Corte d’ Appello che
l’ha assolta dall’evidente strumentale accusa di estorsione (ho letto sul web quel che è successo). Mi
considero un vero amante della libertà di espressione e sono SOLIDALE con lei per quanto
accadutoLe”. ( A:P, mio lettore, Ravenna, 21,12,2004),
Ho già vissuto esperienze simili. Non solo tengo duro, ma ribatto con denunce per abusi e
violazioni ai diritti di difesa. Insomma..questa era la patria del diritto…ora è ben altro” ( AR,
perseguitato politico anticomunista, Roma, 11-02-05),
26) Caro Edoardo, ho letto questo tuo sfogo amaro e critico e comprendo cosa provi perché come hai
compreso vivo esperienze simili. Compresi quello che hai compreso anche tu su questo sistema
giudiziario…è tutta una manfrina !” (come sopra, 10-2-05),
27) “Caro Longo, non avevamo convenuto che, come rompicoglioni, sei insuperabile?” (Antonino
Amato, direttore di Ciaoeuropa, 12-03-05),
28) “ Egregio Avvocato Longo, Le esterno la mia più profonda stima e solidarietà. Io, nazionalsocialista
autentico, vivo ormai con le budella ritorte ed il sangue in ebollizione per tutto il putrido marciume
che mi circonda e che giorno dopo giorno mi sta soffocando. In considerazione dei tristi periodi che
starà purtroppo attraversando, bersaglio sacrificale del gangsterismo giudeo-bolscevico, non voglio
assolutamente farle perdere tempo con frasi retoriche. Era ed è solamente mio forte desiderio
renderLa consapevole del mio monolitico Ideale e, se lo riterrà opportuno, della mia disponibilità ad
un nostro cameratesco incontro. Possa esso rappresentare un positivo e proficuo scambio di vedute
tra due irriducibili ed inflessibili Ariani ! In attesa di un Suo cortese cenno di riscontro, La saluto a
braccio destro teso e mano sinistra all’altezza della cintura ! HEIL HITLER ! “ ( R.B,, mio lettore,
Milano, 27-4-2002),
29) “ Te l’ho comunicato (NDR : a proposito delle cosche mafiose all’interno della magistratura), perché
questo comportamento non è riservato da certi poteri solo ai neofascisti o di estrema destra..io non
lo sono, ma perché è il loro naturale modo d’agire…un po’ mafioso, un po’ cialtrone ! Ma sempre a
disposizione dei soliti e vecchi poteri ancora in azione dietro le quinte” ( AS, perseguitato politico, 102-05),
30) “ Tutto ciò giustifica i tuoi rapporti ostili verso il consiglio dell’ordine degli avvocati. Hai le palle
quadrate, camerata e collega ! E io che pensavo che avevi perso serenità … a questo punto , puoi
augurare loro malattie e altre disgrazie….( Un collega , Napoli, 24-06-2004),
31) “ Preg.mo avvocato Longo, la ringrazio di cuore per la cameratesca fiducia accordatami. Esser
riuscito a dialogare, sai pure solo epistolarmente, con un tal esempio di Nobiltà d’Animo. È stato per
me un vero privilegio. Rimanendo in ferrea attesa di poterle a breve stringere la mano, vieppiù la mia
essenza ariana si permea e si corrobora nel monolitico insegnamento nietscheano : “ LE PROVE A
CUI SOPRAVVIVIAMO CI RENDONO PIU’ FORTI”. Nel rinnovarLe i sensi della mia più alta stima,
con teutonico orgoglio la saluto. Cameratescamente Suo (lettera originale firmata). “ WIR PFEIFEN
NACH UNTEN UND OBEN UND UNS KANN DIE GANZE WELT VERFLUCHEN ODER LOBEN
GRADE WIE ES JEDEN GEFAELLT”. (mio lettore, lettera firmata, Torino, 9-5-2000);
32) “caro Amico, rientrando qui a Foggia ho trovato una busta grande con un fascicolo col titolo “ la
guerra taciuta” ( NDR :disponibile in formato elettronico pdf per chi me lo richiedesse ) : ho solo letto
la Vostra lettera. Ignoravo certi fatti di certi professionisti serpenti nascosti nei corridoi del tribunale
di Pordenone. “ (mio amico, Foggia, 9-1-05),
33) “Ciò che dici è perfettamente, purtroppo, vero, e condivido al 100 %. Non sei quindi da solo a
pensarla e lottare in questo senso, anche se forse al momento sei il più esposto. Ti posso per ora
esprimere tutta la mia solidarietà e disponibilità cameratesca. Caro Edoardo, giuda chi molla! “ (
Filippo Pilato, Irlanda, 5-1-05),
34) “caro avvocato, oggi è sempre più difficile dire la Verità in ogni contesto sociale, ovunque deve
regnare il “politically correct” ! Mah chissà poi perché ? Per me è sinonimo di menzogna !” (Succi
Leonelli Marco, Il Vandeano, titolare di una mailing-list cattolica tradizionalista ),
35) “Carissimo Avvocato Edoardo Longo , mi permetta di esprimerLe , a titolo personale, ed a nome di
tutta la nostra mailing-List Pensiero di Cristo, la nostra più viva solidarietà, stima ed amicizia. La
saluto con affetto e stima !” (Succi Leonelli Marco, 27-11-04),
36) “ caro Edoardo, sembra proprio che tu li abbia irritati…Ben fatto ! Questi sionisti sono viscidi e
subdoli bastardi ! Non è incredibile quanta influenza abbiano ovunque vadano ? Sentiamo che ci
sono molti problemi in Europa, come la proibizione del “Vlaams Blok” in Belgio. Vedo la mano
sionista dietro i mali sociali ! E’ sempre bello avere tue notizie. In alto i cuori !” (Gavin, mio
corrispondente dagli Usa, 23-11-04),
37) “Saluti cordiali e, sempre, auguri di Buona Battaglia !” (prof. Agostino Sanfratello, docente
universitario,Roma, 20-11-04),
38) “Carissimo, il sostenere le proprie idee con la convinzione di agire per una giusta causa è meritorio.
Occorre coraggio, e Lei ne ha certamente. Io non sono da meno, e continuo la mia battaglia. Altri ci
seguiranno, senza tessere di partito, ma coscienti di voler agire per il bene di tutti.” (Onorevole
Vittorio Sgarbi, Ferrara, 21-12-1994);
39) “ preg.mo Avvocato, penso che Lei dovrebbe denunciare alla magistratura ogni azione che presenti
caratteristiche di illegalità. Quando è il caso, non mancare di querelare chiunque ed ogni fatto che
siano lesivi dei Suoi diritti. Le faccio ogni migliore augurio perché riesca a dare alle Sue cose un
corso normale. Cordiali saluti. “ (Antonio Guerin, direttore di Sentinella d’Italia, 6-4-1995);
40) “Caro Edoardo, ricevo oggi la tua lettera e ti ringrazio per le schede interessantissime. Quanto tu mi
chiedi circa l’abrogazione dei Consigli dell’ordine degli avvocati, mi vede, specie in questo
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momento, d’accordo con te. Io insisterei nel presentare continue interrogazioni relative a determinate
disfunzioni. Il risultato sarebbe senz’altro più positivo anche per il ritorno che ne deriverebbe
(pubblicizzazione del problema , impegno da parte del ministro, ecc..). Un carissimo saluto ed un
abbraccio”. (Onorevole Antonio Serena, all’epoca senatore della Lega-Nord, ora deputato di
Alternativa Sociale, 25-1-1996);
“Spettabile Avvocato, la ringrazio per avermi mandato tutto il materiale e per avermi messo a
conoscenza delle Sue vicissitudini, le quali ritengo un vero e proprio abuso. Comunque, con i tempi
che corrono, è già qualcosa che riusciamo ancora a scriverci. Sentiti saluti.” ( A.F, mio lettore di
Genova, 12-8-04),
“ E ricordi : MOLTI NEMICI – MOLTO ONORE !” (R. G, ,mio lettore da Torino, 16-3-05),
“ Stimato Avvocato Longo, ho ricevuto tramite amici carissimi una Sua newsletter riguardante il
“caso Longo”. Mi rammarica profondamente il sapere ciò che Le sta accadendo e Le manifesto tutta
la mia solidarietà nonché il mio sdegno e il mio disgusto per la congiura di cui lei è fatto oggetto ;
glielo esprimo come uomo, come ex-studente in giurisprudenza e come “discendente” di una
famiglia di avvocati. La prego di volermi inserire nella Sua newsletter e Le porgo i miei più sinceri
auguri e cordiali saluti, nella speranza di poterLe, magari, essere anche d’aiuto in futuro”.
(corrispondente, Roma, 17-3-05);
“ Caro Avvocato, sarò sempre al Suo fianco in questa battaglia. Boia chi molla. La saluto
cameratescamente” ( Presidente Circolo culturale Excalibur, 17-03-05);
“tienimi sempre aggiornato. Un saluto romano ad un uomo coraggioso e leale” ( T.R., mio lettore,
Lecce, 20-03-05);
“ A NOI ! NON MOLLARE MAI!” (mio lettore dagli Usa, 2-3-05);
“ Salve, volevo farLe gli auguri di Buona Pasqua a Lei e famiglia , incoraggiandoLa nella Sua lotta.
Romanissimi saluti. “ ( T.F., mio lettore, Genova, 26-03-05),
“ Egregio avvocato Longo, da attento lettore dei suoi articoli, Le esterno la mia più profonda stima e
solidarietà” (mio lettore, Bologna, 14-10-2002);
“ Caro Amico : permettetemi di dichiarare la mia solidarietà per Voi e per la giusta battaglia che state
svolgendo contro il materialismo ignorante e rapace e brutale di alcuni così chiamato “professionisti”
del tribunale di Pordenone e della mafia forense, volti ad impedire l’allertamento per la difesa della
libertà di pensiero e della parola politica : questo vostro allertamento è positivo per il bene comune
del cittadino che può così conoscere quegli insidiosi ed oppressivi dogmi tribali che si vogliono
imporre a nostre spese e a spese della comunità, imposizione che implica la violazione dei diritti
fondamentali di libertà e quelli della nostra Costituzione. Il tribalismo forense sionista di Pordenone,
con l’aggiunta fornita dal B.nai-B.rith, conosciuto anche come la Jewish Antidefamation League,
hanno ordito un altro attentato per liberarsi di Voi, Avvocato scomodo, con il gioco delle tre carte
truccate, orchestrando una presunta accusa di “tentata estorsione” di 200.000 Lire !!! Voglio
ricordare che negli Stati Uniti questo tipo di perfidia è un trucco assai praticato dalla Jewish
Antidefamation League contro tutti qui politici che si oppongono alla poderosa ed irruente intrusione
di Uncle Shylock. (..). camerateschi saluti.” (ADR, mio amico ed assistito, Foggia, 26-12-2004);
“ Le prove e le difficoltà, spirituali e fisiche, siano per noi occasione per temprarci, rafforzarsi e
crescere. La fede che arde nei nostri cuori guidi i nostri passi e tenga salda la nostra
determinazione a non tradire il nostro Condottiero Cristo Re, senza il quale nulla potremmo. L’ideale
che ci spinge alla lotta politica contro gli sgherri del principe delle tenebre, ci dia la fierezza di sentirci
Italiani in questi tempi di demoralizzazione . Il nostro onore di uomini giusti non venga mia meno e ci
trovi sempre pronti alla chiamata. Un briciolo di umiltà ci dia la temperanza necessaria a non
inorgoglirci troppo. Mai tradire, Né Dio, né i camerati”. (un mio lettore, dall’Irlanda, 27-12-2004);
“ Lettera del dott. Alberto Mazzer, dirigente del Movimento Fascismo e Libertà indirizzata al
quotidiano Il Gazzettino : “ Vorrei a nome mio personale e del Movimento che rappresento, inviare
le più sentite e vibranti contestazioni all’oscurantismo giornalistico, esercitato innanzi tutto sui vostri
lettori. Mi riferisco alle limitate, contenute, oscurate verità sulla vicenda che ha interessato l’avvocato
Edoardo Longo di Pordenone, recentemente assolto dal tribunale di Trieste. Infatti, nelle
pubblicazioni, sono state oscurate le più che legittime considerazioni e commenti dello stesso
avvocato Longo alla sentenza, per il semplice fatto che esse erano l’eclatante denuncia di una vera
e propria campagna diffamatoria e della conseguente macelleria giudiziaria, volta unicamente a far
tacere un libero professionista, preparato e battagliero, ma soprattutto non asservito o condizionato
dalle variegate consorterie che non amano essere criticate o contestate. Pertanto, nella
consapevolezza che questa lettera non verrà pubblicata, vi giungano le mie urla di protesta, contro
l’oscurantismo esercitato nei confronti della vicenda dell’avvocato Edoardo Longo.”(Alberto Mazzer,
Movimento Fascismo e Libertà);
“ Caro avv.Longo, hanno tentato di imbavagliare la libertà di espressione e di pensiero di un cittadino
italiano, ma non ci sono riusciti, perché la vostra tenacia e la costanza hanno premiato il duro e
faticoso lavoro svolto dalla Vostra persona.” ( R.F., Lecce, 23-12-2004);
53) “ Carissimo camerata Longo, anche io voglio inviarti i più sinceri auguri per lo scampato pericolo ,
anche se so che non sarà purtroppo l’ultimo, in quanto i viscidi e pericolosi nemici, annidatisi fra le
fila degli enti ed istituzioni, sono sempre lì, pronti a colpire alla prima occasione che gli si presenta.
L’augurio è che certe “sublimi” sentenze (quelle di primo grado) , vengano poi annullate ed essere
valutate per quello che poi sono, ovvero delle vere e proprie persecuzioni politico/giudiziarie contro
dei liberi cittadini, unicamente colpevoli di pensare ed agire secondo le loro scelte e convinzioni, nel
rispetto delle regole e dell’altrui pensiero. Queste sette massoniche “illuministe” non riusciranno MAI
a sopraffare le legittime ed autentiche verità a cui l’umanità, ovunque presente, tende, ma
soprattutto, non riusciranno a vincere sulla VERITA’ , utilizzando la MENZOGNA. Il tuo defatigante
cammino professionale, costellato da questi veri e propri attentati alla tua persona che definire
terroristici è poca cosa, sono lì a dimostrarlo, malgrado i pesanti costi esistenziali da te sopportati,
sono convinto che queste bestie settarie non avranno la meglio su di te,e su quello che noi
comunemente crediamo essere vero e giusto. Ti giungano anche i migliori auguri di buone feste.
Romanamente.” (Alberto Mazzer – M.F.L. – Roma);
54) “Capisco bene cosa intendi l’Italia è in mano a quel genere di poteri. Lottare contro di quelli significa
sacrificare la maggior parte della vita. Sono lobbies create e consolidate: anche se vinci, come hai
descritto anche tu, diecine di processi, la tua vita trascorre, come è trascorsa la mia e gli anni perduti
non tornano più. Anche tu dovresti trovare il modo di considerati danneggiato gravemente da tutti
questi procedimenti e chiedere un risarcimento di danni anche morali”. (T.G., perseguitato politico
anticomunista, 14-12-2004);
55) “ Dopo una serie di killeraggi una GRANDE vittoria…non credo che la “bestia” si fermerà. Secondo
te come mai non hanno “forzato” la cosa per eliminarti ? 88”. (un mio lettore ed amico, Catania, 1012-2004);
56) “Che la forza e la determinazione che ti contraddistinguono e fanno di te un raro esempio di virile
coerenza siano sempre con te …..!!!” (Una collega, 9-12-2004);
57) “ IO, DIRIGENTE DEL SINDACATO U.G.L., SOLIDARIZZO CON L’AVVOCATO LONGO.
L’avvocato Longo, per l’impegno politico e per l’attività di scrittore, è divenuto oggetto di costante
diffamazione da parte di ambienti dichiaratamente ostili alla pluralità delle idee e concezioni
politiche. Ne è prova un metodico stillicidio al quale l’avvocato Longo è stato sottoposto, e a un “tiro
incrociato” perpetrato dall’Ordine degli avvocati prima,e da ambienti affini a quelli giudiziari, poi.
L’avvocato Longo è noto per l’estrema preparazione professionale e la correttezza nei rapporti con i
clienti, così pureè noto l’impegno profuso, con evidente sensibilità sociale, per le categorie più fragili
della società. Tutto questo è noto alla collettività pordenonese ed è evidente, che questi ultimi
“schizzi di fango” non possono certo nuocere all’immagine di un professionista pulito e preparato”.
(Fabrizio Schowick, dirigente UGL, da un articolo de il Messaggero Veneto del 22-11-1997);
58) “ Già, sono d’accordo con quanto scrivi : i magistrati non rendono giustizia a chi è vittima di soprusi
di altri magistrati, perché fra loro prevale il senso di corporazione e non di giustizia e non vogliono
creare contrasti interni alla loro casta per non indebolirsi di fronte al loro braccio di ferro con il potere
politico che vuole riformare questa magistratura. Questo perché non ci sono giudici veri, sono tutti
politici e fanno politica. Sono le radici del male della nostra giustizia, credo insanabili. Però bisogna
sperare di trovare ancora qualche giudice onesto..altrimenti ero all’ “ergastolo-a-rate” che mi
avevano costruito..” (BZ, perseguitato politico anticomunista, 10-4-2005);
59) (NDR : lettera in replica a un mio messaggio in cui scrivevo : “ L’altro ieri dovevo essere assolto dal
tribunale di Pordenone, giudice dott.ssa Piera Binotto, perché processato IN ASSENZA DI
QUERELA ! Il processo era già stato rinviato per questo. E’ stato rinviato ancora a maggio…..per
permettere al pubblico ministero di CERCARE ancora da qualche parte se trova la querela !!! Temo
possano prefabbricarne una….Ti pare giustizia , questa ? Sono SEI ANNI che è in piedi questo
assurdo processo da terzo mondo o da Unione Sovietica e chiedono ancora tempo per cercare
querele che non sono mai state proposte ! Se non è accanimento persecutorio questo…..). “
Conosco bene questo modo di agire : è proprio quello contro cui sto combattendo. Però devi trovare
magistrati affidabili e solo esponendo ad altre procure competenti ad indagare su quella che ha
abusato o omesso puoi farcela”. ( TD, perseguitato politico italiano, 3-4-2005);
60) “ Carissimo Avvocato, leggo sempre con attenzione i tuoi articoli e le tue riflessioni. Innanzi tutto
volevo comunicarti che in data 23 febbraio 2004, dopo aver ricevuto il giornale Il Popolo d’Italia, ho
inviato una lettera al Congressman James Sensenbrenner Chairman,a Washington D.C. 2051 USA,
in cui chiedevo il rispetto dei diritti civili a favore di Ernst Zundel, colpito ingiustamente per le sue
idee e i suoi scritti. Ti ricordo inoltre che il sottoscritto ha sempre e nel limite delle proprie possibilità,
potuto attivarsi in aiuto o in supporto a casi che il sottoscritto riteneva importante per le proprie
convinzioni, indipendentemente dall’appartenenza politica o partitica. Nel merito delle tue costanti
battaglie per la libertà di pensiero e di professione, ti chiedo di inviarmi l’ultima pubblicazione di
TOGHE E FORCHETTE. Colgo l’occasione per inviarti i miei più sentiti auguri di buon lavoro.
Romanamente. Alberto Mazzer , M.F.L. – Roma ( 8-4-05);
61) “ Caro Edoardo, ho letto con interesse i tuoi ultimi interventi sul caso Holy War e, più in generale, su
quanto fa la “Polizia del Pensiero”. In tempi omologati come questi è, ahimè davvero vietato
pensare. Mi ha fatto molto piacere leggere della riedizione di Toghe & Forchette. Ho ancora la prima
edizione (della Littoria), ma gradire tenere nella mia libreria anche quest’ultima” ( GF, mio lettore,
Ravenna, 4-4-05);
62) “ E’ vero : noi non siamo assolutamente liberi di esprimere quello che riteniamo giusto, né
tantomeno, di lavorare affinchè esso si realizzi. Sono certo, tuttavia, che non siano pochi gli uomini
che si sentono spiritualmente vicini a Longo, a Zundel e a tutti i coraggiosi che preferiscono rischiare
la propria vita piuttosto che tacere di fronte all’ignominia dilagante. Consoliamoci sapendo che a
tempo debito emergerà un Frodo talmente piccolo – almeno dal punto di vista della logica asurica –
da giungere invisibile sino al centro del potere adharmico che ci attanaglia e distruggerlo. Oltre ad
esprimersi pubblicamente , credo però sia di fondamentale importanza sottrarre la propria natura
intrinseca alla tirannide della menzogna che alligna in noi. Quantunque di malavoglia, Lao Tzu, il
quale venne costretto a redarre “la Regola celeste” dal guardiano di un passo , scrisse : “ Con lo
studio ogni giorno s’acquista/con il tao ogni giorno si perde ed ancora si perde/finchè si arriva al nonfare/cosa c’è di che il non-fare non faccia/l’acquisto dell’impero fu sempre senza azione/e l’azione
non basta a trarre a sé l’impero”. (Tao Te Ching, II, 48, a c. di A. Castellani, Fi ’54). Un cordiale
saluto” (mio lettore, Roma, 31-03-2005);
63) “ Alla fine il Diritto è logica..ho notato però che non ce ne è poi troppa tra la magistratura ! ( QR,
perseguitato politica tormentato dalla magistratura italiana, 26-3-05);
64) “ “ QUESTO REGIME SI DICE DEMOCRATICO MA INTANTO FA SEQUESTRARE I LIBRI. Con
queste righe intendo porre l’attenzione su un grave episodio di inibizione della libertà di pensiero in
violazione dell’articolo 21 della Costituzione. Si tratta , nella fattispecie, di una velina della polizia
(Digos di Verona), del 18 agosto 1993, riguardante materiale ideologico sottoposto a sequestro e, tra
questo, un saggio dell’avvocato Edoardo Longo . E’ evidente che ogni forma di coercizione della
libertà di pensiero, ancorché incongruente con uno Stato dichiarato ‘ di diritto’ , non corrisponde a
quell’ astratto ideale di libertà caldeggiato dai padri costituenti. L’indagine della polizia, fondata su
presupposti dichiaratamente ideologici, ancorché in violazione di norme costituzionali, sembra
appartenere, a regimi liberticidi e in contrapposizione con le istanze volte a non ghettizzare tutte le
minoranze : di pensiero, di cultura, eccetera. Un regime “democratico” non può, certamente,
comprimere la libera circolazione della stampa e di saggi dissidenti dallo “status quo “ senza cadere
negli errori di poco illustri “normalizzatori” e inquisitori di memoria ante-rinascimentale. L’avvocato
Longo, al di là del saggio in questione, condivisibile o meno, ha espresso un convincimento,
un’opinione che merita, come tale, il più ampio rispetto e men che mai la persecuzione politica e
inquisitoria di uno Stato che viene definito “democratico” e di ampia tutela delle minoranze, come,
appunto, lo sono i dissidenti e le voci fuori dal gruppo. Fabrizio Schowick, dirigente Cisnal. “(articolo
de Il Messaggero Veneto del 3-4-1997);
65) “In questo sistema a dettare legge sono bande di delinquenti travestite da pubblici ufficiali!” (un
perseguitato politico anticomunista, Roma, 2-5-05);
66) “ caro Edoardo, non mollare mai !” ( Francesco, un mio amico e camerata, Udine, 3-5-05);
67) “ma non dimentico anche l’avvocato Edoardo Longo, a cui va la mia vicinanza spirituale e la mia
preghiera, per le tribolazioni che sta attraversando” ( un mio amico, gestore di un Forum cattolico,
24-4-2005);
68) “caro Edoardo ! Sono veramente allibito per quello che succede ! Evidentemente i revisionisti danno
sempre più fastidio, ma mi sembra che gli ebrei stiano veramente esagerando. Occorre un buon
articolo su IL POPOLO D’ITALIA , che è adesso l’unico giornale decisamente revisionista.
Camerateschi saluti !” ( dott. RT, mio corrispondente, revisionista, Firenze, 21-5-2003);
69) ( DA UNA PROTESTA DEL MOVIMENTO FASCISMO E LIBERTA’ ALL’ORDINE DEGLI
AVVOCATI DI PORDENONE).” Sento il dovere e l’obbligo, in ogni senso, di esprimerle la mia più
vibrata e gridata protesta ed indignazione, per l’illegale utilizzo dei ‘poteri istituzionali’ che fanno
capo all’Ordine Forense che lei presiede , che di fatto ne denigra e squalifica il ruolo, per tramite
infamanti, demagogiche e strumentali operazioni degne del più retrivo oscurantismo , oltre che
persecutorie nei confronti di un cittadino che nell’ambito del suo lavoro professionale si avvale del
Diritto Costituzionalmente garantito, di esprimere liberamente le proprie convinzioni ancorché non
condivisibili sul piano politico e ideale dai componenti dell’Ordine degli avvocati di Pordenone e non
solo.” (Alberto Mazzer, Coordinatore centro Italia, Movimento Fascismo e Libertà, 12-04-2005);
70) “ Egregio Avvocato Edoardo Longo, purtroppo costretto all’immobilità a causa dei ricoveri in
ospedale a causa della gamba maciullata dall’incidente stradale dell’ottobre 2000, non ho potuto
scriverti per esprimerti tutto il mio sostegno per la continua tua persecuzione per le Idee, pur non
condividendole nelle linee estreme nell’epoca della globalizzazione e del virtuale. Persecuzione da
parte di quelle lobbies e dei loro capi che oltre a perseguitare te hanno insabbiato il mio caso
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stratosferico e ridotto me e mia moglie privi di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali”. (
Giovanni M, perseguitato dalla giustizia ingiusta del tribunale di Pordenone, 16-04-2005);
“Carissimo camerata Edoardo, la tua vicenda rientra nella logica della persecuzione ai tuoi danni ( e
non solo tuoi), orchestrata da infami individui annidatisi nei consessi istituzionali al solo scopo di
perpetuare una ignobile campagna denigratoria nei confronti degli avversari, ancor più infame se
indirizzata contro i “non allineati” come te e tutti noi”. (Alberto Mazzer, dirigete del MFL, 20-aprile,
2005);
“ Carissimo Avvocato, non la conosco, ma vedo che ha su per giù la mia età e sta attraversando le
stesse tristi vicissitudini : ebbene, la “proscrizione” di cui lei mi accennava, è una cosa veramente
barbara e incivile, ma è nulla in confronto alle parole, ai gesti, alle espressioni, alle considerazioni
che i Colleghi ritengono esprimere ovviamente alle spalle e nei loro circoli massoni ! Come potrà
comprendere, faccio l’avvocato perché sono e mi ritengo una persona libera ed in tale ottica ho
condiviso con estrema difficoltà, per non dire per nulla, certi compromessi e certi ruffianamenti, che
sembrano invece obbligatori nella nostra categoria, sia nei rapporti con i Magistrati, fin anche con il
personale di Cancelleria ! L’abnorme sanzione disciplinare che mi è stata inflitta, altro non è cha la
misura dell’abnormità dei Consigli dell’Ordine, intesi come istituzione, della loro inutilità nel senso
delle rilevazioni delle eventuali violazioni disciplinari, e viceversa della loro estrema utilità per
l’affermazione dei centri di potere e di supremazia, frutto dei ruffianamenti di cui sopra. Questi centri
di malavita andrebbero, a ragione, integralmente soppressi, perché all’alba del III Millennio, mal si
conciliano con lo spirito, la natura, le finalità della professione di avvocato e la sua posizione nella
società. Di fronte ad una tale organizzazione malavitosa, al cui servizio ci sono avvocati, magistrati,
periti, clienti pilotati e personale di cancelleria, una struttura così ben radicata ed omertosa , le
parole sono inutili, ci vogliono fatti !” ( avvocato Federico Ariis, perseguitato dalle cosche
massoniche del mondo dell’avvocatura, Udine, 2-4-1999);
“ Ad avere plagiato un mio importante libro, alla fine, è stata una banda di mafiosi ebrei, ma questo
non mi spinge ad odiare tutti gli ebrei. Dovresti riflettere un po’ su certe tue posizioni politiche,
perché non si può escludere che non ci possa essere una matrice politica ben definibile dietro la
persecuzione che subisci”. (mio corrispondente, 8-5-05);
“Caro Edoardo, tienimi , compatibilmente con i tuoi tanti impegni, aggiornato sulle Tue battaglie per
la LIBERTA’ DI PENSIERO. “Uomini siate, e non pecore matte, acchè il Giudeo fra voi di voi non
rida” (Dante Alighieri)”. (un mio lettore, Piacenza, 20-5-2005);
“ Io non mi meraviglio di quello che ti succede, perché io ne ho vite di peggio : io non fumo, non bevo
e considero drogati tutti quelli che lo fanno. Tutti qui sanno che ho convinto, con la forza del
ragionamento, tanti amici a smettere con la droga…non sono stato perseguitato ufficialmente per le
cose che hanno incrinato un certo “establishment” mafioso..ma per spaccio di spinelli in una pineta e
appropriazioni indebite di pochi spiccioli ! Figurati! ..reati che dovevano servire a
screditarmi….Contro in Parlamento ho questo governo di destra..io che sono di destra per nascita e
non per partito preso, benché di una destra liberaldemocratica….Come vedi, niente di nuovo sotto il
sole : il metodo è sempre lo stesso ( mio corrispondente, perseguitato dai poteri occulti, 11-05-05);
“ Tu dici che il tribunale di Pordenone è un manicomio ? Peggio ! E’ una latrina ! Indagare una
persona per sei anni e poi accorgersi che mancava la querela per procedere ! Ci devi scrivere
senz’altro qualcosa in proposito ! “ (mio lettore, Trieste, 18-05-2005);
“ Gentile Amico, anche in Austria il potere mondialista sta reprimendo le idee dissenzienti, anche
attraverso violazioni della legalità. Noi appoggiamo la sua battaglia per la libertà di pensiero.”
(Herminio Redondo, intellettuale nazionalista austriaco, 5-7-1997);
“ Grazie per le copie del Suo libro ! le stiamo sistemando nel nostro archivio. Siamo lieti di poter
contare su di Lei in Italia !” (da parte dello staff dello “zundel-site”, 16-06-2005);
“ Mi sembra di ripercorrere i passi già subiti anche da me, quindi non è solo Pordenone ad agire
così, ma un po’ tutta la magistratura italiana, credo che ci siano alcuni procuratori corretti ed altri
giudici corretti, un po’ qua e un po’ là..ma in generale , lo specchio è quello. Altrimenti lo stato della
giustizia in Italia sarebbe ben diverso. Si tratta, in sostanza, di infiltrazioni mafiose” Un perseguitato
politico anticomunista, 7-6-05);
“ Caro Edoardo, ti auguro di liberarti al più presto dei ‘tuoi’ fastidi. Sursum corda !” (un amico
editore, 26-05-05);
“ Arrivato tuo plico ! Ti sono vicina moralmente !” (una Amica, 13-06-05)”;
“L’avvocato Longo è una delle tante vittime della repressione giudaico-massonica, ma è uno dei
pochi che ha il coraggio di rendere pubblica la sua vicenda e di intraprendere una “lotta al sistema”
per difendere i propri diritti.La sua battaglia non sarà vana. Altri lo seguiranno, almeno me lo
auguro. Spero che il vespaio sollevato da Longo crei un precedente che dia il via a una crociata
contro quell’enclave giudiziaria faziosa governata dalle toghe con la stella di Davide. Il mio contributo
alla giusta causa è quello di diffondere con i modesti mezzi in mio possesso, questo dossier,
affinché l’opinione pubblica [ ovviamente NON quella schiava del sistema “Jewish Power”] si faccia
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una vaga idea di come operano i figli di Sion e in che maniera manipolano la verità. Vi invito a
contattare direttamente l’Avvocato Longo per ricevere ulteriori notizie e aggiornamenti in merito alla
questione. Grazie a tutti coloro che daranno una mano alla diffusione di questo caso” (il Titolare di
un sito schedato dall’ ADL ( = “crimini, terrore e repressione dei regimi totalitari comunisti”), 12-062005);
“ caro avvocato Longo, voglio sperare che per Voi tutto questo miasma repressivo che vi hanno
creato nel tribunale di Pordenone venga al più presto risolto : capisco esattamente il Vostro stato
d’animo , vorrei darvi una mano anch’io” (un amico, che fu combattuto e aggredito dai giudei in NewYork, 6-6-05);
“ La verità, caro Edoardo, è che i giudici sono ingannati da bande di farabutti che manipolano
tutto.Molti di loro accettano questo sistema perverso, ma ce ne sono anche che attendono solo di
avere un po’ di lumi, il che in un paese ridotto come l’Italia non è facile” (un amico perseguitato
politico, 21-07-05),
“ Onore a te, Edoardo : ‘ chi pratica la giustizia risplenderà in cielo come le stelle e sarà meritevole
del sorriso e dello sguardo di Dio’. Un caro saluto dal tuo amico e camerata Leo”. (un amico e mio
lettore, Torino, 7-7-05),
“ Ciao ! Ho letto qua e là il tuo dossier giudiziario, si vede proprio che hai colpito il drago alla
testa.Le reazioni erano anche ovvie ma se continuerai nell’opera, alla fine saranno controproducenti
per gli stessi individui che cercano di colpirti. Sei un esempio di tenacia e lucidità davanti a una
macchina che agisce in maniera scomposta” ( un collega e autore di vari saggi politici, Roma, 5-705)”,
“ Cher Maistre, bon courage dans ce terribile combat” (prof. Robert Faurisson, 12-07-05),
« Congratulazioni ! Conosciamo per nome e cognome le sedicenti « povere vittime » [ NB : il
riferimento è al consiglio dell’ordine degli avvocati di Pordenone ]. Gli stessi che hanno usato la
magistratura sine fumus boni juris per eliminare concorrenti scomodi. Vada avanti e chieda il
commissariamento del “foro” (Ma quale “foro”? usa dire scherzosamente un suo collega), invii tutto
al consiglio nazionale degli avvocati : non produrrà effetti concreti, ma resterà scritto da qualche
parte, metta al corrente quanta più gente può. Cordialmente” ( esponente politico di Destra aggredito
dalla magistratura democratica , 4-7-05),
“ Caro Edoardo, noi “cattofascisti” siamo più coriacei di quanto alcuni neopagani, sedicenti camerati
ma in realtà portavoce di logge di destra, possano lontanamente immaginare. Giuda chi molla !” (mio
amico e lettore, dall’Irlanda, 7-7-05);
“In alto i cuori !” (mio amico, Gorizia, 26-6-05);
“ Caro camerata Longo, la vostra Autodifesa è presente negli scaffali della Biblioteca Municipale di
Arthur Avenue nel Bronx, centro storico della comunità italo-americana di New York. E’ un
aggiornamento essenziale : è una vergogna che non si legga niente di questi sguaiati accanimenti
dei nostri tribunali , che è quanto di più odioso possa esistere in un paese democratico ! processare
la gente solo per quello che ha pensato : ecco perché il nostro Paese si trova in questo miasma
tribale sionista-massonico!” (un mio amico, New York, 18-6-05),
“ Carissimo Avvocato Longo, mi permetto di ringraziarLa, commosso per le sue gentili parole, che
non merito. E’ stato un piacere averLa conosciuta ed ospitata nella lista che sono stato costretto a
chiudere. Mi mancherà !” (un amico cattolico tradizionalista cui equivoci personaggi hanno fatto
chiudere una mailing-list cattolica tradizionalista, 8-8-05);
“Difenditi e difenditi bene. Gli asini , vestiti da saccenti, lasciali ragliare. Cordiali saluti. ( Antonino
Amato, direttore di Ciaoeuropa e www.ciaoeuropa.it , 27-giugno, 05);
“ Caro
Edoardo , siamo ancora vivi ?? Sperò di sì, nonostante l’asfissia della ‘libertà
democratica’….( un amico, Cormons, 24-8-05);
“Caro Edoardo , leggo sempre con interesse gli e-mail che mi invii e mi sembra quasi impossibile
che nella patria del diritto possano succedere simili nefandezze e si possa essere perseguitati solo
per le proprie idee politiche. Cordiali saluti”. ( “Ludwig”, disegnatore controcorrente, Torino 25-0805);
“La nostra preghiera e benedizione l’accompagnino sempre. I Frati Custodi di questo Santuario.” (
Santuario di Madonna di Rosa, S.Vito al Tagliamento, PN, 16-08-05),
“Buongiorno Edoardo ! Sono stato trasferito in questo carcere grande come un paese intiero per
motivi di sicurezza. (…) Sarei contento se tu mi spedissi il libro di cui accennavo nell’ultima lettera a
Pordenone, quello dove hai ottenuto il dissequestro. Se puoi venire a trovarmi te ne sarei molto
grato e ti pregherei di portarmi una tua pubblicazione ( magari quella che è stata dissequestrata). Ne
ho parlato qui ai compagni di detenzione. Ho letto anche l’articolo sul Messaggero di Pordenone che
parlava della tua assoluzione e della chiusura preventiva del sito “Fascismo & Libertà”: Non ce la
faranno mai a distruggerti : sei sempre andato assolto in Autodifesa ! Sono con te ..e altri !” (
Giorgio R., mio cliente, mai stato militante politico. Ora si firma con una Croce Celtica accanto al
suo nome, Località omessa per motivi di cautela, 28-07-05);
98) “Caro Edoardo, ho letto la tua Autodifesa, di lettura per me in qualche punto difficile, ma che dà
un’idea chiara di che tipo di gente siano certi magistrati ( molti, a quanto sembra) e come ti possano
aggredite in ogni modo se ti considerano un nemico. Tu sei e sei stato bravo a tener duro come hai
fatto”.( un mio amico , esponente della Lega Nord, 26-07-05);
99) “Caro avv. Longo, scrivo dagli u.s.a.; purtroppo vivo qui già da un bel po’ di tempo. Ricevo
periodicamente la vostra e-mail. Sono contento per Lei per come è uscito da questa situazione” (
Michele R., mio corrispondente italiano dagli U.s.a., 31-8-05);
100)
“Egregio Avvocato, ieri all’ufficio matricola del carcere l’ho nominata mio difensore.
Ho letto in carcere il suo libro dattiloscritto sulla sua Autodifesa. E’ incredibile come ce l’ha
fatta a non farsi fregare da quella gente schifosa ! La ringrazio se me ne vorrà inviare una
copia, coopererò anch’io così alle spese di edizione per i libri di questa coraggiosa
battaglia, anche se chiuso in questo cesso posso fare ben poco. Cordialmente.” ( mio
cliente, recluso presso il carcere di Pordenone, 31-08-05);
101)
“Quei figli di puttana della procura di Pordenone cercano di incastrarti con
delle false testimonianze ? Ci credo. L’unica cosa che non capisco è in cosa sia diversa la
magistratura dalla mafia” . ( C.D:, mio amico e cliente, Aviano, 23-08-05);
102)
“ Caro Edoardo, purtroppo come sai le mie precarie condizioni di salute non mi
consentono di seguire vertenze di una certa complessità come le tue. Ti rinnovo però la
mia solidarietà augurandoTi ogni successo nelle vicende che Ti vedono impegnato su
diversi fronti. Con viva cordialità” (R.C., un Avvocato : l’unico che a Pordenone mi ha
espresso solidarietà pubblicamente e senza riserve, addirittura durante una udienza
penale, 1-8-05);
103)
“ Ho letto le sue bozze del dossier “Per trenta denari”. E’ a dir poco raggelante che
la magistratura – i pubblici ministeri sono comunque dei magistrati a tutti gli effetti – faccia
l’occhiolino a dei delinquenti e ne titilli e avvalli delle false testimonianze ! Se penso che i
magistrati dovrebbero sorvegliare l’onestà altrui e sono invece dei delinquenti come i
procuratori di Pordenone ! Scriva presto questo libro, caro Avvocato ! E alleghi tutte le
documentazioni scritte, a volte di altri magistrati più onesti, che documentano la falsità di
questi testimoni fasulli e corrotti dalla procura e della Banda Bassotti che c’è dietro ! La
gente deve sapere che chi giudica è spesso un criminale senza scrupoli, che avvalla
testimonianza false per far fuori oppositori scomodi. Faccia pervenire al Ministro Castelli ,
che è una gran brava persona, questo dossier, il più presto possibile. Lo faccia circolare, lo
faccia leggere ai pochi magistrati onesti ancora in circolazione in questo merdajo che è la
magistratura (di destra o di sinistra, poco importa). Se fatica a trovare un Editore per questi
testi, visto che gli editori fascisti sono dei pusillanimi, ci penso io a trovarglielo : qui
l’etichetta politica centra poco, quello che importa è che la gente per bene apra gli occhi su
quale abisso di corruzione vive la magistratura italiana ! Noi lo sappiamo da gran tempo,
ormai.” (un amico, esponente del centro-destra e intellettuale, Milano, 12-09-05);
104)
“Io sono molto interessato a sapere come fanno i procuratori corrotti a proteggere
dei testimoni falsi. Ma non è possibile fare qualcosa per smascherare questo schifo ? Ho
letto il suo dossier e questo è un scandalo che nessuno conosce”. (mio cliente, Tarvisio,
12-9-05);
105)
“ So che Lei, avvocato, è una persona intelligente, non un trinariciuto come molti
suoi “camerati” neofascisti non diversi in questo dai comunisti : tutti costoro, quando
sentono parlare di Berlusconi e delle sue critiche alla magistratura (non dimentichi che il
Capo del Governo ha dichiarato che i magistrati italiani andrebbero sottoposti ad esami
psichiatrici !) , non ci vogliono proprio sentire. Il problema sollevato da Berlusconi è vero.
Lei non si illuda di avere giustizia dalla magistratura : essa è una casta e nel contempo un
partito politico : rendendo giustizia a Lei finirebbero con il favorire proposizioni
ideologiche di Destra che avversano come la morte, per cui, in nome della loro
convenienza politica, compiranno abusi indicibili per non permetterle di uscire vittorioso,
ci può scommettere. A quella gente non interessa la giustizia ( eguale per tutti !) ma solo il
consolidamento del potere mafioso che gli garantisce i privilegi. Da un giudice non si
attenda onestà e giustizia: hanno l’anima degli scrivani corrotti. Non renderanno mai
giustizia a un “nazista”. Falsificheranno la verità , pur di annichilirla e coprire i loro
compagni di merende. Combatta piuttosto con l’arma della verità e della opinione pubblica,
che è più forte delle loro trame. A me è piaciuto molto il Suo testo sui “processi paralleli”.
Pubblichi libri e articoli, se riuscirà a farlo : le lobbies che controllano la magistratura hanno
in mano anche il “quarto potere”, sia attraverso i mass media più accreditati, sia anche
controllando una miriade di piccoli editori anche politicamente schierati in modo difforme tra
loro. E non mi dica che non lo aveva già capito..” (un mio lettore, elettore di Forza Italia,
Roma, 12-09-05)”;
106)
“Caro Amico, Lei deve attaccare di più su questa Rassegna quei filibustieri neofascisti che, in accordo con le centrali giudiziario-forensi del Pensiero Unico, la hanno
attaccata brutalmente. Sono dei miserabili e dei delinquenti ! I suoi lettori sono con Lei e
vogliono essere informati di più su questa sordida manovra. La informo che in seguito alle
aggressioni nei suoi confronti io non voto più il MSFT e alle prossime elezioni non andrò a
votare proprio”. (mio lettore, Rovigo, 4-9-05);
107)
“ Se mio figlio mi dirà che da grande vuole fare il magistrato, gli darò una sberla
!Che faccia il ladro, piuttosto : sono entrambi mestieri disonesti, ma almeno il ladro fa
fatica a rubare e corre qualche rischio, il magistrato, invece, è lo stesso un delinquente,
ma si ingrassa come un porco senza correre rischi e senza rischiare niente. Con i nostri
soldi ! Figli di puttana.” ( Mio lettore, Bologna, 3-9-05);
108)
“ Lei ha una penna tagliente come un rasoio : come pensa che quei gufi impagliati
del tribunale di Pordenone gliela lascino passare ?” (mio lettore, Siena, 3-9-05);
109)
“Sei meno solo di quanto immagini, solo che i tuoi nemici sono quasi tutti al “loro”
posto e pronti a lanciare sassi, ma tu li fermerai. Spero tu abbia capto cosa intendo ‘al loro
posto’ …. Procuratori amichetti e giudici corrotti..” (mia lettrice, Trieste, 3-9-05);
110)
“Gentile Camerata Avv.Longo, La ringrazio di tutto cuore per avermi inviato il libro ‘Il
Coltello di Shylock’e un resoconto della storia della Sua oppressione subita per opera dei
giudei e dei loro servi. Nell’augurarle ogni bene, Le esprimo la mia solidarietà”. ( mio
lettore, Trieste, 14-09-05);
111)
“E’ tutta una tresca infame ! C’è una tresca legata quasi col sangue in quella merda
di delinquenti [ NDC : giudici, avvocati e neofascisti di complemento] a Pordenone. Tu hai
detto la verità anche riguardo alle loro manovre. Ma vincerai. E lo fari con lo stesso metodo
che hai adottato fino adesso : BLOCCARE TUTTO fino a quando non percepirai che
potrebbero andarti bene le cose. Forza e coraggio ! Abbi fede, che Dio è più grande di loro
e ti aiuterà” ( mia lettrice, Savona, 4-9-05)”;
112)
“Di questi tempi prendere quasi in solitudine il Leviathano per il collo guardandolo
fisso negli occhi, è impresa per Spiriti Liberi e Arditi. Solo così si può ambire al riscatto
contro i signori del denaro e dell’Usura ! Boja chi molla !” (mio lettore, Andrea da Milano,
15-09-05);
113)
“Egregio Camerata Longo, Angelo Cauter mi ha dato da leggere un po’ di giornali
del “Popolo d’Italia”. Ho letto con vivo interesse i Suoi articoli contro i maledetti e nauseanti
ebrei. Lei ha molto coraggio a scrivere libri e articoli contro il regime giudaico-sionistamondialista. “ ( Mio lettore, Trieste, 9-9-05);
114)
“Caro Edoardo, nell’esprimerti la mia più piena ed incondizionata solidarietà nella
battaglia contro la “conventio ad excludendum” perpetrata nei tuoi confronti da certi fecalomini , ho il piacere di segnalarti questa pagina dell’Università degli studi di Tel Aviv -The
Stephen Roth Institute ( http://www.tau.ac.il/Anti-Semitism/asw2003-4/italy.htm – che parla
di te come di un illustre esponente dell’antisionismo. “ ( F., mio commilitone ai tempi del
Fronte della Gioventù missino, Pordenone, 16-09-05);
115)
“ Ciao, Edoardo ! Ho letto sulla lista “ Libeccio” quanto hanno scritto su quel fascista
beota del Piemonte ! Finalmente la gente con la testa, che non ragionava prima per via di
interessi di cortile, fino a quando non ha avuto la lezione sul grugno, si renderà conto di chi
sei tu. Primo fra tutti quel “simpaticone” di …. – Come noi, anche loro sono in contatto
QUOTIDIANO, quindi per due anni hanno diffuso ogni cagata ( qui ci vuole la parola intera
!) su di te. Al di là del tuo interesse politico, il tuo merito sta nella tua persona, nel non
arrenderti davanti a gente di merda che non vale un c…o. Finalmente la merda è uscita dal
secchio ..e puzza !” (mia lettrice, Pisa, 03-10-05 - Parole sante ! - );
116)
“Caro camerata Longo, vorrei metterla in guardia dalla possibilità che salti fuori un
altro confindente di Shylock fra i suoi vari collaboratori e amici. Come dice il proverbio,
fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Proabilmente mis baglierò, ma può esserci sempre
qualcuno disposto a tradire nel nome del dio denaro. Certo che quello La ha tradita in
maniera vergognosa e spudorata, in maniera davvero schifosa. (..) Bisogna avere proprio
una faccia di bronzo, anzi, una faccia da culo. Cordiali e camerateschi saluti e un
incoraggiamento nel proseguire la Sua ammirevole e lodevole battaglia per una giustizia
giusta” ( un lettore e amico, Trieste, 2-10-05) ;
117)
“caro Edoardo, siamo tutti nel mirino delle stesse grinfie delle stesse lobbies. Il tuo
libro renderebbe un servizio utile a tutti quanti hanno a cuore la libertà di pensiero e di
critica “ ( Studioso revisionista, Roma, 27-09-05);
118)
“ ho letto con molto interesse i suoi testi sulle manovre persecutorie degli ordini
forensi asserviti ai sinedri, alle sinagoghe, alle logge massoniche e ai servizi segreti. Sono
bastardi, con le loro manovre davvero diaboliche ed asfissianti !” ( un mio lettore, Trieste,
30-09-05);
119)
“ Giustizia sporca o immaturità civica ? Che ne dice di scrivere assieme il “dolo del
magistrato” evidenziando casi concreti ?” (mio lettore, perseguitato da una combine fra
una procura e il consiglio dell’ordine degli avvocati, Trento, 19-09-05);
120)
“Camarada & Amico : muchas gracias per el mensaje. Estamos contigo !Saloo
romano. “( Centro Culturale Thule, Spagna);
121)
“So che hai molto da fare e ti ringrazio per il libro (che scotta..) “IL COLTELLO DI
SHYLOCK”. Hai la mia stima particolare perché abbiamo gli stessi principi a riguardo della
battaglia che da tanti anni stai portando avanti duramente e con successo. Vorrei
combattere come fai tu sia per la politica e la GIUSTIZIA MOLTO INQUINATA E
“PUZZOLENTE”e così via. Chiudo qui con un cordiale saulto e anche da parte di C., mio
fedele compagno di “CASTELLO” ( NCD : Il “castello” è il soprannome del carcere di
Pordenone). Boja chi molla ! “ ( mio cliente, G., Pordenone, 20-09-05) ;
122)
“ Ciao Edoardo, ho letto con piacere il “coltello di Shylock”. Ho letto con interesse la
vicenda della vedova di Schindler, di cui il famoso film di Spielberg. Ho letto che ha
denunciato Spielberg e gli ha fatto causa civile. Mi interessa perché come sai ho dovuto
denunciare penalmente anche Spielberg per il plagio del mio sito” (NDR : a proposito di
‘moralità giudaica’..) (mio corrispondente, Milano, 19-09-05);
L’ANONIMA ESTORSIONI IN AZIONE : A proposito di un recente tentativo di
123)
estorsione da parte della “rinomata” avvocatura pordenonese ( 06-10-05) : Il
consiglio dell’ordine degli avvocati, per il tramite di un suo caudatario, mi ricatta
chiedendo la rinuncia da parte mia ad una azione risarcitoria civile per loro
violazione della privacy nei miei confronti, in “cambio” della remissione da parte del
caudatario di una querela demenziale in un procedimento in cui sarò senz’altro
assolto . Mi scrive un amico che mi informa della manovra : “ Caro Edoardo, la
condizione posta da B. è inaccettabile per molti motivi. Gli avvocati di Pordenone stanno
agendo tutti schierati “al loro posto” da autentici infami e pezzi di merda quali sono.
Compresi i procuratori della repubblica e i giudici, per farti fuori, e in piazza. Hanno agito
nella convinzione che tu non avresti fatto niente contro di loro (NDC : poveri illusi, si vede
che non mi conoscono ancora bene !) e che non te lo avrebbero permesso, i loro “amici”,
avvocati pordenonesi per primi, tutti allineati e coperti a salvare il deretano di quella
autentica cosca mafiosa. B. ha sondato il terreno con una richiesta estorsiva, eseguendo
una specifica disposizione del coa. Non accettare il ricatto !” (NCD : proprio io??) (
mio informatore, Pordenone , 6-10-05);
124)
“Per me ed altri miei amici nazionalpopolari Lei è una persona coraggiosa e siamo
anche onorati di poter essere in contatto”. ( Movimento Giovani Molisani- Alleanza
Federalista, 5-10-05)
COME CONTRIBUIRE ALLA MIA BATTAGLIA : Sono perfettamente convinto che il tempo dei processi
popolari ai tribunali giacobini non sia ancora tramontato.il Nuovo Ordine Mondiale non è ancora riuscito a
chiudere tutti gli spazi di libertà. Per cui è possibile levare la propria voce di protesta, pur nel silenzio
addomesticato dei media che non disturbano i “padroni” – ai quali uggiolano contenti per avere l’osso.. – e
processare in piazza e pubblicamente i torvi e criminali Inquisitori di Stato. Pur lasciando alla fervida fantasia
e creatività di chi mi legge trovare modi sempre più incisivi per protestare per quello che avete letto e
leggerete con le mie periodiche news-letter, i modi più semplici e facili per aiutarmi sono i seguenti che vi
suggerisco :
1) inviate al mio indirizzo i vostri commenti e giudizi su “il caso Longo” . verranno pubblicati, come una
forma di petizione, in questo periodico aggiornamento (mi scuso con i tanti che ho tralasciato a
causa del caos delle mie carte, ma rimedierò) e diffusi in Internet. Alzate la vostra voce di protesta
contro la pulizia etnica del dissenso politico ! Scrivete a : Edoardo Longo, e-mail : [email protected]
oppure all’indirizzo postale : avvocato Edoardo Longo, viale Libertà, 27, 33170 Pordenone –
Italia 2) Se avete dimestichezza con lo scrivere e disponete di una testata giornalistica o su web (sito)
riprendete i testi che vi invio e traetene spunto per scrivere articoli su questa vergognosa pulizia
etnica del dissenso. Vi ringrazio fin d’ora, come ringrazio quelli che lo hanno fatto finora (e sono
tanti) . Informatemi di quanto pubblicherete.
3) Inoltrate questo messaggio e le varie news-letter che invio ai vostri amici e corrispondenti.
4) Fate pubblicare sul web gli articoli di questa news-letter e inoltrateli nelle mailing-list o gruppi di
discussione cui siete iscritti.
5) Pubblicate gli articoli di questa rassegna e questo periodico aggiornamento su riviste e giornali aperti
e contro-corrente.
6) Se appartenete ad una associazione politica o culturale o ad un Movimento politico o di opinione,
organizzate incontri su “Il caso Longo” : come relatore sono disponibilissimo e dispongo sempre di
documenti che inchiodano le procure forcaiole alle loro responsabilità.
Per adesso è tutto.
Al prossimo aggiornamento e alle prossime news-letters…dal “paese delle aberrazioni giudiziarie” le notizie
non mancano mai …boja chi molla !
Pordenone, lì venerdì 7 ottobre 2005 .
Avv.Edoardo Longo
[email protected]
DIFFONDETE QUESTO MESSAGGIO.
COMBATTETE I PROCESSI POLITICI
AI DISSIDENTI.
Segnalazione libraria (1):
(aggiornata al : domenica 5 febbraio 2006)
“ Non sul corame della tua soletta tu dovresti affilare quel coltello,
ma su quello più duro del tuo cuore, spietato ebreo ; non v’è alcun metallo, no ,
nemmeno la scure del carnefice, che sia nemmeno metà affilato e tagliente
rispetto all’odio tuo.”
( William Shakespeare,da “Il Mercante di Venezia”)
Edoardo Longo
IL COLTELLO DI SHYLOCK
Vicende di ordinaria repressione giudaica
( “THE SHYLOCK’S KNIFE”)
dati del volume : pp 140, edito in Trieste, 2002, per le edizioni Rocca d’Europa, € 15,00.
Presentazione di G-A. Amaudruz e di Robin Hood. Illustrazioni di Ludwig, Chard,
Mictalentecuhtili 2000. Traduzioni dei testi francesi di Pio de Martin. In appendice gli scritti
di G.A. Amaudruz proibiti dalla legge antirevisionista francese e un ampio saggio del prof.
Juergen Graf sui processi ai revisionisti. In appendice anche il testo integrale di due atti di
querela nei confronti del Tribunale di Pisa nel procedimento “Holy War against ZOG”.
L’argomento : “Il Coltello di Shylock” è un’opera che non trova eguali nel conformista
panorama della editoria italiana. Abituati da decenni alla propaganda mondialista per cui
ogni critica verso il mondo ebraico equivale al “male assoluto”, quest’opera svela i
retroscena squallidi delle lobbies ebraiche internazionali : attraverso un reticolo di leggi
liberticide, ogni critico verso l’Ebraismo internazionale si trova alla sbarra. L’autore,
avvocato, trae dalla propria esperienza professionale casi incredibili ma veri di
malagiustizia ispirati dalle lobbies ebraiche : adolescenti, anziani ex soldati ottuagenari,
anziani pensionati : tutti processati fino all’annichilimento da procuratori della repubblica
invasati dalla servile volontà di servire le plutocrazie ebraiche e quella che Finkelstein ha
definito l’industria ebraica internazionale delle estorsioni. Processi politici e processi alle
idee intentati da moderni Shylock. Il volume evidenzia anche tracce di lettura di una
occulta connection fra Giudaismo e Massoneria con l’obiettivo segreto di ricostruire il
Tempio di Gerusalemme e ripristinare su scala universale l’antico rito perduto di Israele
ritenuto da Rabbini e Gran Maestri massonici essenziale per il dominio universale di
Israele : un inquietante sguardo sui segreti esoterici del Popolo Eletto, fra Riti segreti di
Sinagoga e occulti rituali di Loggia. Contiene le analisi ideologiche che negli anni 19901993 hanno scatenato la furia di Figli della Vedova (servi di Sion e autentica Polizia del
Pensiero occulta) nei confronti dell’autore, servendosi del loro “braccio secolare” in ambito
giudiziario (=il Consiglio dell’Ordine forense,autentico Tribunale Speciale) : “ I segreti del
Popolo Eletto”. “La Sinagoga di Saruman”, “ Malynski e la Guerra Occulta” .Il terrore di
questa genìa era che l’Autore potesse scrivere un testo intieramente dedicato alle
connessioni occultiste fra Massoneria e Giudaismo : per questa ragione cercarono di
stroncare ogni impegno culturale dell’Autore attraverso il maglio disciplinare dell’ordine
forense cercando di realizzarne la “damnatio memoriae”.Questi articoli tratteggiano una
inquietante prospettiva che alcuni vogliono divenga realtà. Il volume ricomprende anche
un altro articolo che ha inquietato i sonni della Polizia del Pensiero : lo scritto “Giudei e
giustizia democratica” ( pubblicato in precedenza da Il Popolo d’Italia e da il Courrier du
Continent). Questo articolo è stato oggetto di una lunga e frenetica schedatura :
sequestrato dalla direzione didattica di un liceo di Mestre - Venezia perché gli studenti non
potessero leggerlo , dalla Digos della stessa città cui venne consegnato dalla squallida
figura di detto Preside, sequestrato poi nel corso delle indagini del caso “holy-war-againstZog” e oggetto di una velina poliziesca della sezione “world” della famigerata polizia
politica italiana. Un articolo la cui attenzione repressiva indica non solo il degrado dello
stato italiano ,che assume il profilo di un Leviathano liberticida, ma è un indiretto
riconoscimento della validità ed efficacia dell’azione di critica svolta dall’autore “politically
incorrect” (ed incorreggibile..). Un articolato dossier sulla aggressione giudiziariodisciplinare subita dall’Autore ad opera della occhiuta Polizia del Pensiero si può leggere
su un interessante sito anch’esso preso di mira dai servi di Sion :
http://www.komunismo.clara.co.uk/dossierlongo.htm
http://crimini.web-gratis.net/dossierlongo.htm - Di forte impatto anche le illustrazioni del
libro, fra cui la copertina di Ludwig e le vignette di Chard : indimenticabili quelle intitolate
“shoah” e “la memoria del pidocchio”. Prefazione al volume di G.A.Amaudruz. Ricca
appendice documentaria : gli altri articoli oggetto della furia del Leviathano giudiziario (“Gli
Iniziati di Sion” di fonte anonima e rielaborato qui dall’Autore, sequestrato dalla Procura di
Pisa; oltre a un capitolo tradotto ora per la prima volta in lingua italiana tratto dal libro “la
Guerra senza nome” del capitano inglese Ramsay, sequestrato dalla Procura di
Pordenone) querele contro i giudici del caso “holy-war-against-zog”, articoli proibiti di
G.A.Amaudruz ed uno studio dello storico Juergen Graf, chiudono un volume
autenticamente controcorrente.
Hanno scritto del libro :
1)” Questi e molti altri edificanti episodi delle democrazie europee, generalmente nascosti
al pubblico e che coinvolgono personaggi maggiori e minori, vengono portati alla luce
nell’ultimo libro antologico di Edoardo Longo ‘ Il coltello di Shylock’
(Pio de Martin, Rinascita, 25 maggio 2002)
2) “ Longo mette il dito anche su altre piaghe nascoste dalla ‘grande stampa’ “
(Pio de Martin, sentinella d’Italia, marzo, 2002)
3)” Una rasoiata in faccia all’ebraismo internazionale, una testa di porco lanciata in
sinagoga, ottantotto punti di sutura sulla piaga sionista : questo è il coltello di Shylock.
Probabile prossimo candidato ad un posto di rilievo sul sito del monitoraggio
sull’”antirazzismo”..
(Alessandro Mereu, Avanguardia, luglio, 2002)
4) “ Giornalista nazionalista italiano, Edoardo Longo pubblica presso le Edizioni Rocca
d’europa Il Coltello di Shylock (le couteau de Shylock), atto d’accusa sulla repressione
antinazionalista e antirevisionista in Italia, mettendo in evidenza l’influenza di gruppi
internazionali come il centro Simon Wiesenthal di Los Angeles.
Faits & Documents, luglio 2002)
5) “Longo mette così in luce il ruolo ripugnante delle mafie massoniche, autentiche gangs
di sicari lobbistici. Una lettura raccomandata a tutti i nostri lettori che posseggano la lingua
di Dante”.
(Le Libre Journal, 3 luglio 2002)
6) Longo è noto per aver attaccato completamente solo ,alcuni anni fa, La proiezione del
film di Spielberg Schindler’s List sulla televisione italiana che , secondo lui, « fomenta
sentimenti antitedeschi » e “incita all’odio razziale ». Collabora regolarmente al Courrier
Du Continent dello svizzero Gaston-Armand Amaudruz che presenta questa opera”.
(Conseil du Rèvisions, agosto 2002)
7) « ‘Il coltello di Shylock’ entra di prepotenza e di diritto nel novero delle opere del
pensiero ‘politicamente non allineato’ confermando la valenza e l’impegno nella battaglia
antimondialista del suo autore, l’avvocato Edoardo Longo, da sempre in prima linea
nell’azione di denuncia dei melliflui giochi di potere e dei torbidi intrighi di palazzo intessuti
da potenti lobbies occulte o semisconosciute all’opinione pubblica ».
( Fronte Veneto Skinheads, L’Inferocito, giugno 2002)
8) “ Quest’opera non ha l’equivalente in Italia, perché svela i retroscena sordidi delle
lobbies che governano il mondo attraverso una rete di leggi liberticide”.
( Yvonne Schleiter, Rivarol, 14 giugno 2002)
9) “i suoi scritti hanno una grande qualità : Lei tratta gli Ebrei allo stesso modo con cui
costoro trattano i revisionisti”.
(Yvonne Schleiter, revisionista)
10) “Lei sta facendo notare che il vero problema mondiale è e sarà sempre l’ebraismo, in
quanto questa gente, da che mondo esiste, non vuole inserirsi all’interno delle varie
società, ma succhiarne il nettare e restare una comunità a parte che obbedisce solo alle
loro leggi e usanze. BASTA !!! Voglio precisare che a me personalmente non me ne frega
niente della sorte dei Palestinesi, pertanto il mio, oltre che essere un Antigiudaismo è un
Antisemitismo completo, pertanto è giusto come fa Lei affrontare il problema punto per
punto argomentando, se permette, le nostre vedute e posizioni del problema, staccandoci
dal carro sia di “destra che di sinistra”, dei “poveri palestinesi” .
(un Lettore di Genova, estate 2003)
11) “ Abbiamo letto il Vostro libro . E’ un testo storico che riguarda la nostra epoca. Il
Vostro libro informa con chiarezza della perfidia giudaica”.
( Comitato di Democrazia Diretta, marzo 2004 )
12) “Lei è giovane, si vede che ha molto, molto coraggio, è pieno di energia, e per quanto
riguarda gli ebrei, scrive delle cose che non siamo abituati a leggere. Lei ha sempre
ragione in quello che dice, Lei dice delle cose vere. Lei le scrive in un modo tanto
impetuoso, quasi aggressivo, che i Suoi articoli senz’altro fanno paura a persone che sono
sempre state attente a non essere troppo aggressive nei confronti degli ebrei. E’ possibile
che non siamo mai riusciti a vincere gli ebrei proprio perché abbiamo preso troppe cautele,
troppe precauzioni con quel popolo…Noi, goym, non abbiamo mai trattato gli ebrei come
loro hanno trattato noi…E questo è successo in tutta l’Europa, non solo in Italia o in
Francia. Non osiamo mai parlare di questa gente come fa Lei.”
( Un revisionista francese, primavera 2003)
13) “ Ho apprezzato il Vostro lavoro lungo gli anni”. (Mark Weber, studioso revisionista e
direttore del IHR, istituto di studi revisionisti),
14)” Gentile Amico, il vostro libro entrerà a far parte del nostro archivio. Siamo lieti di avere
un amico come Lei in Italia”. (dallo “zundel-site, 16-06-2005).
15)” caro Edoardo, ti ringrazio per il tuo ultimo lavoro che ho ricevuto oggi e che leggerò
con estremo interesse perché mi sto veramente incazzando con le posizioni del partito
(NDR : Alleanza Nazionale) sulla ‘questione’ palestinese”. (Onorevole Antonio Serena, 12maggio-2002);
16) “ Il mio avvocato è una delle sole tre persone – esclusa la mia famiglia, ovviamente –
che non mi hanno mai fatto niente di male per le mie idee politiche. Mi ha fatto pure un
regalo di Natale : una copia del suo libro. L’ho letto in due giorni ! Sai cosa vuol dire ? E’
un concentrato di antisemitismo ! Tutte cose vere, però…..”
( Nome riservato. Da una intercettazione telefonica
illegale , del dott. Felice Casson, ex procuratore
della repubblica di Venezia, ora candidato comunista alle elezioni politiche).
17) “ Cerchiamo tramite le letture di preparare l’antidoto al veleno sionista-giudaicointernazionale. Alcuni dei testi che usiamo sono : “ i protocolli di Sion”, “L’Arcipelago
Gualg” di Solzenitsin, “The Red Wheel “ dello stesso, “ Il coltello di Shylock”
dell’avv.Edoardo Longo, “storia degli ebrei sotto il Fascismo “ di Renzo de Felice, “le
menzogne degli ebrei” di Martin Luthero.” (un circolo culturale antisionista, 16-01-2004),
18) “ Ill.mo Dott. Casson, il Ministero dell’Interno – Direzione Centrale della Polizia di
prevenzione, ha qui trasmesso una nota che riteniamo di Suo interesse e che
trasmettiamo. Riporta il nome dell’avvocato Edoardo Longo e riguarda il giudizio su un
convegno svoltosi a Venezia e organizzato dal “ centro Simon Wiesenthal, come sa sua
Eccellenza. L’avvocato Longo taccia tale convegno di “coordinare una nuova campagna di
terrore giudiziario sionista per soffocare il dissenso antimondialista..” e accusa “le toghe
rosse della procura di Venezia, in particolare il pubblico ministero dott. Felice
Casson”(circa tale particolare si è già riferito con nota del 16 dicembre scorso). F.to : IL
DIRIGENTE LA DIGOS dott. V. Ciarambino. Venezia, 22 dicembre, 2003.” (da una
schedatura della Polizia del Pensiero nei confronti dell’ Autore).
19) “ Si rende doveroso segnalare (NDR : al PM comunista dott. Felice Casson) che un
organizzatore del Convegno, il sig. COSTANTINI giovanni, vice-presidente dell’ Ass.ne
“OLOKAUSTOS”, segnalva una telefonata alla segreteria del Convegno con cui si
chiedevano informazioni sullo stesso. La chiamata sarebbe stata fatta dall’avvocato
LONGO Edoardo di Pordenone. A detta del CONSTATINI , il LONGO , sarebbe persona
nota per le sue dichiarate idee favorevoli all’antisemtismo. Lo stesso avrebbe pubblicato
articoli sulla stampa e a mezzo Internet. Il COSTANTINI forniva altre indicazioni circa siti
web ospitanti testi dal contenuto estremista. Si è provveduto alle successive ore 09.30 a
effettuare una bonifica dei luoghi interessati da convegno, compresi i vani adiacenti e le
pertinenze, previo opportuno contatto con gli organizzatori. Informato dirigente ufficio
DIGOS per le valutazioni di specifica competenza. Ispettore Polizia di Stato Leonzio
COLESSO. Venezia, 7 dicembre 2003” ( una informativa della Polizia del Pensiero che
dimostra come la magistratura e la polizia italiana obbediscano come cani agli ordini del
centro Wiesenthal e della lobby ebraica internazionale, Venezia, 7-12-2003).
19) “ L’avvocato Edoardo Longo scrive libri come ‘ Il Coltello di Shylock’. Dobbiamo per
prima cosa provvedere subito a radiarlo dall’albo degli avvocati e a trovare avvocati
disposti a denunciarlo”.
( Franco Levi,ebreo, corrispondente dell’ ADL ebraica in Italia, in una direttiva segreta
inviata da questi nel maggio 2003 a gruppi estremisti sionisti e ad autorità di polizia dello
stato italiano e all’Interpol).
Echi : La Rivista Veritè & Justice ha pubblicato nel numero 17 del settembre 2002 la
traduzione della introduzione al libro di Robin Hood (“Storia di una battaglia”) : “Edoardo
Longo : le couteau de Shylock. Ce livre est l’historie d’un combat” : www.veritejustice.com/Documents/Bullettin%20No%2017.doc - La sezione del MSFT di Biella ne
ha ospitato una recensione sul suo sito ufficiale. Altrettanto ha fatto la sezione veronese
del MSFT (www.msifiammatric.vr.it/DettagliNovus.cfm?IDP=1&IDPadre=13) Il senatore
Antonio Serena del Parlamento Italiano, indipendente, ha accusato in una interpellanza, la
Svizzera di violare i diritti dell’uomo per aver incarcerato il pluriottantenne prof. Amaudruz
per aver pubblicato in Svizzera degli articoli revisionisti che sono stati riprodotti come
documento in appendice al presente volume. (www.veritèjustice.com/Documents/Bullettin%No%2019.doc ).Il testo dell’interpellanza si può leggere
anche nel testo originario in lingua italiana su :
www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stenografici/sed173/pdfbt11.pdf Il libro è stato anche
segnalato dalla Rivista Il Courrier du Continent, diretta dal prof. Amaudruz ed è stato citato
nel libro del Prof. Robert Faurisson sul revisionismo di Pio XII edito da Graphos di
Genova, nonché segnalato nella bibliografia revisionista indicata dall’Adelaide Institute del
prof. Toynbee (www.adelaideinstitute.org ). E’ possibile leggere l’ottima recensione al libro
scritta da Alessandro Mereu per la rivista Avanguardia anche su Internet :
http://avanguardia.altervista.org./shylock.htm Altra recensione su :
http://members.xoom.Virgilio.it/avanguardia/Shylock. E su :
www.avanguardia.tv/articoli_coltello.htm . Il libro incontra notevole interesse negli Usa, di
cui riportiamo alcuni articoli di recensione : www.honestmediatoday.com/shylock.htm- e
La segnalazione libraria di un rilevante sito “Libertarian” :
www.thebirdman.org/index7Temp/temp-AbookOfPossibileworth-Frederick.htm , nonchè la
segnalazione nel seguente Forum in cui si segnala il libro come un importante segnale di
un “risveglio italiano” nell’affrontare la questione ebraica :
http://engforum.prava.ru/showthread.php3?threadid=119052 . In seguito alle pressioni
ebraiche, sia l’autore che il libro sono schedati dall’ A.D.L. nella annuale schedatura
internazionale dei “targets” contro cui si avventano le lobbies ebraiche ( www.tau.ac.il/AntiSemitism/asw2002-3/italy.htm-65k .L’ADL è il braccio secolare della massoneria ebraica
(B.nai-B.rith) che in definitiva costruisce l’ossature principale del moderno Kahal giudaico.
L’ A:D.L. ha ripetuto il suo attacco criminale contro la libertà di pensiero dell’ Autore anche
l’anno successivo, definendo il sottoscritto 2autore di scritti antisemiti di estrema destra
molto noto” : www.tau.ac.il/Antisemitism/asw2003-4/italy.htm .E la Crociata Sionista dell’
ADL di Franco Levi ? Non è andata del tutto a segno. L’ebreo Levi e i suoi correligionari,
pur lividi di odio, non sono riusciti a far radiare l’Autore dall’Albo. Non hanno neanche
trovato a tutt’oggi, per quanto ci risulta, degli avvocati disposti a denunciarlo (strano,
conoscendo il putridume della categoria..) : solo il pubblico ministero di Pordenone dott.
Federico Facchin, vicino alla destra sionista, ha drasticamente accentuato la sua
operazione di aggressione giudiziaria dell’avv.Edoardo Longo, come da accordi intercorsi
già da tempo con gruppi di pressione mafiosi ed ora incentivati dalla levata di scudi di
parte ebraica. I danni derivanti dall’azione ebraica contro l’autore sono stati limitati solo
grazie allo sdegno sollevato nell’opinione pubblica dalla ignobile Crociata Sionista indetta
contro l’autore . Vanno in tal senso segnalate le testate giornalistiche che hanno scritto
articoli per denunciare questa turpe manovra, in primis il quotidiano Rinascita e il mensile
Avanguardia , nonché le testate Internet che hanno dato notizia della vicenda, quali il
Bollettino del Fronte Tradizionale, il sito Ciaoeuropa , quello de Il Franco Tiratore, il sito
Gerarchia, vicino al FSN, e la testata di controinformazione Ausonia. L’articolo del
quotidiano Rinascita è reperibile nel web : www.adelaideinstitute.org/Dissenters/longo.htm
oppure presso L’archivio Ageausonia : www.ageausonia.net/age2003/giu03.htm . Potete
trovare il testo della Crociata Ebraica contro l’Autore su :
www.adelaideinstitute.org/Dissenters/longo.htm Potete trovare l’articolo presente
nell’antologia in oggetto (“il tempio di Saruman”) , unito ad una interessante intervista
all’autore effettuata nel maggio 2003 dal Bollettino l’Arco e la Clava, è reperibile a questo
indirizzo di gruppo di discussione Google :
http://groups.google.it/groups?hl=it&lr=&ie=UTF-8&frame=right&th=9f76b563fb6d . Inoltre,
la prima versione dell’articolo “Il tempio di Saruman” pubblicato nel 1992 dalla rivista
Aurora e ora presente nell’antologia in una versione più dettagliata e riveduta dall’autore, è
stato pubblicato nel sito di tale rivista che ha pubblicato gli arretrati degli anni passati. Al
momento, sul web mi risulta rimosso dal titolare del sito Aurora proprio il numero
contenente l’articolo in oggetto….Coincidenza con le pulizie di primavera di tutti i siti…I
giudei e i massoni sentitamente ringraziano dell’intervento “purificatore”…Se siete
fortunati, trovate ancora l’articolo al vecchio indirizzo dell’anno scorso :
http://members.xoom.virgilio.it/_XOOM/aurora/10longo.htm L’articolo primigenio è
comunque reperibile con un po’ di pazienza anche sulla lista di discussione della Google
it.cultura.storia. - Se qualche intervento è stato omesso ce ne scusiamo : evidentemente
mi sono mancate le segnalazioni in proposito. Si invita a inviarle all’autore. Silenzio totale
da parte di raggruppamenti politici di sorta, con l’esclusione del Fronte Sociale Nazionale
di Trieste che ha indetto una conferenza-stampa sul caso nel giugno 2003. Franco Levi
ha invece trovato dei collaboratori, oltre che nella Procura di Pordenone, in taluni militanti
neo-fascisti che hanno indetto una violenta campagna diffamatoria telematica contro
l’autore, volta a estromettere l’autore stesso dal rapporto con l’opinione pubblica e ad
attirare gli strali della magistratura filo-sionista sulla sua attività pubblicistica , per inciso
senza esito. Infatti, il Tribunale di Venezia, nel dissequestrare copie del libro durante una
inchiesta politica in cui l’autore non era coinvolto, ha dichiarato che il volume rientra
nell’ambito della lecita critica politica deprecandone il sequestro avventato. Si precisa che
l’autore, benché oggetto di un criminale linciaggio giudiziario ordito quale ritorsione per il
suo impegno professionale e pubblicistico , non è mai stato sottoposto a procedimenti
penali inerenti la sua attività pubblicistica ai sensi della Legge Mancino. La precisazione si
rende necessaria (il testo è assai scomodo per molti gruppi di pressione politici) a fronte
della suddetta campagna diffamatoria, volta a toglierlo dalla circolazione secondo gli
auspici dell’ ADL. Come si vede, i gangli sui cui l’Ebraismo può contare sono alquanto
diversificati e trasversali . Il volume è stato presentato a cura del Movimento Italiano
d’Azione in Mestre-Venezia nel giugno 2002 e a Viterbo a cura della Comunità Politica di
Avanguardia nell’autunno dello stesso dopo abietti sabotaggi della Polizia Politica italiana.
COME ACQUISTARE IL LIBRO : rivolgendosi direttamente all’autore all’indirizzo di posta
elettronica - [email protected] - oppure all’indirizzo postale : avvocato Edoardo Longo.
Viale Libertà, 27, 33170 Pordenone. Il corrispettivo dell’acquisto verrà devoluto dall’autore
alle spese legali del procedimento “Holy war against ZOG” , il procedimento del Tribunale
di Pontedera attraverso cui la lobby ebraica e la Procura pisana cercano mettere in stato
d’accusa l’intiera cultura occidentale tacciata di “antisemitismo”. Il procedimento più grave
per la libertà d’opinione in Italia di cui i media di regime hanno volutamente taciuto
l’esistenza . L’acquirente del libro riceverà regolare fattura quale contributo alle spese
legali in oggetto. Segnalo con piacere il link del sito Gerarchia che l’anno scorso ha dato
comunicazione della campagna di solidarietà processuale in oggetto :
www.gerarchia.it/campagna.htm
§§§
SI INVITA A DIFFONDERE QUESTA
SCHEDA LIBRARIA :
UN CONTRIBUTO ALLA CONTROINFORMAZIONE.
Book review (1):
(updated on September 14th 2004)
Tuesday, September 14th 2004
“Not on the leather of your sole you should sharpen that knife, but on the harder one of your heart,
merciless Jew; there is no other metal, not even the executioner’s axe, which is less sharp and
keen compared to your hatred.”
(William Shakespeare from “The Merchant of Venice”)
Edoardo Longo
THE SHYLOCK’S KNIFE
Series of ordinary Judaic repression
(“THE SHYLOCK’S KNIFE”)
Book details: 140 pages, published in Trieste, 2002, for the Rocca d’Europa press, €
15,00. Introduction by G.A. Amaudruz and Robin Hood. Illustrations by Ludwig,
Chard, Mictalentecuhtili 2000. Translations of the French texts by Pio de Martin. In
appendix the writings by G.A. Amaudruz , forbidden by the French anti-revisionist
law and a long essay written by the Professor Juergen Graf about the trials to the
revisionists.
In appendix also the unabridged text of two lawsuits against the Pisa Court in the
proceeding “Holy War against ZOG”.
The topic: “The Shylock’s knife is a work which has no equals in the conformist
scene of the Italian publishing. We have been used for decades to the global
propaganda for which every criticism towards the Jewish world is equal to “absolute
evil”. This work discloses the sordid intrigues of the international Jewish lobbies:
through a grid of liberticidal laws, every critic against the international Hebraism is at
the bar. The author, being himself a lawyer, takes from his own professional
experience cases which are unbelievable but true of bad justice inspired from the
Jewish lobbies: teenagers, 80 year old former soldiers, old retired people: they are all
brought to trial to the annihilation by public prosecutors who are possessed by the
fawning willing to serve the Jewish plutocracy and that which Finkelstein has defined
the international Jewish industry of the extortion. Political trials and actions to the
ideals brought by modern Shylocks. The book emphasises also traces of a concealed
connection between Judaism and Freemasonry having the secret aim to rebuild the
Jerusalem Temple and restore on a universal scale the old and lost rite of Israel
considered by Rabbis and Masonic Grand Masters essential for the universal
supremacy of Israel: an alarming view on the esoteric secrets of the Chosen People,
among secret rites of Synagogue and concealed ceremonies of Lodge. It contains the
ideological analysis which in the years 1990-1993 unleashed The Widow’s
Children’s anger (Zion slaves and original concealed Police of Thought) against the
author, using their “secular arm” in the judicial environment (= the Council of the
Forensic Order, real Special Court): “The secrets of the Chosen People”. “The
Saruman Synagogue”, “Malynski and the Concealed War”. The terror of this evil
breed was that the Author could write a text entirely dedicated to the concealed
connections between Freemasonry and Judaism: for this reason they tried to cut short
every cultural commitment of the Author through the disciplinary mall of the forensic
order trying to achieve the “damnatio memoriae”. These articles outline an alarming
scenery which some want to make it real. The volume includes also another article
which disturbed the sleep of the Police of Thought: the writing “Jews and the
democratic justice” (previously published by Il Popolo d’Italia and by Courrier du
Continent). This article was the subject matter of a long and feverish filing: seized by
the didactic board of a Liceo (high school) in Mestre – Venice so that the students
were not allowed to read it, by Digos (General Investigation and Special Branch) of
the same town which received it by the squalid figure of the Headmaster, seized
during the investigation of the case “holy-war-against-Zog” and subject of a police
handout of the section “world” of the notorious Italian political police. An article
which repressive attention indicates not only the decay of the Italian State, which take
the profile of a liberticidal Leviathan, but it is an indirect acknowledgement of the
validity and effectiveness of the critical action carried out by the “politically
incorrect” (and incorrigible..) author. The illustrations of the book have a strong
impact, among them the cover by Ludwig and the vignettes by Chard: to be
mentioned the ones under the title “shoah” and “the louse’s memory”. Introduction to
the volume by G.A. Amaudruz. Rich documentary appendix: the other articles
subjected to the judicial Leviathan fury (“ the Zion suspects” from an anonymous
source and elaborated by the Author, confiscated by the Pisa Public Prosecutor’s
office; besides a chapter translated for the first time in Italian taken from the book
“The War without a name” by the English captain Ramsay, confiscated the
Pordenone Public Prosecutor’s Office), lawsuits against the judges of the case “holywar-against-zog”, forbidden articles by G.A. Amaudruz and a study carried out by the
historian Juergen Graf, they close a book which id authentically against the general
trend.-
What they have written about the book:
1) “This and many other edifying episodes of the European democracies,
generally hidden from the public and which involve minor and major
characters, are brought to light in the latest anthological book by Edoardo
Longo “The Shylock’s knife”.
(Pio de Martin, Rinascita , May 25th 2002)
2) Longo is touching also on other sore points, hidden from the “big press”
(Pio de Martin, Sentinella d’Italia, March 2002)
3) “A razor slash regardless the international Judaism, a pork’s head thrown in
synagogue, eighty eight suturing stitches on the Zionist sore: this is the
Shylock’s knife. Possible next candidate for a relevant post on the monitoring
site on “anti-racism”...
(Alessandro Mereu, Avanguardia, July 2002)
4)”Italian nationalist journalist, Edoardo Longo publishes for Edizioni Rocca
d’Europa press the Shylock’s knife (le couteau de Shylock), accusation against the
anti-nationalist and anti-revisionist repression in Italy, pointing out the influence
of the international groups like the centre Simon Wiesenthal in Los Angeles.”
(Faits & Documents, July 2002)
5)«Longo is lighting up the revolting role of the Masonic mafia, true gangs of
lobby hired-killers. A book recommended to all our readers who are fluent in the
language of Dante.”
(Le Libre Journal, July 3rd 2002)
6)”Longo is known for an open attack, completely alone, some years ago, the
showing of the Spielberg’s movie “Schindler’s List” on the Italian television
which, according to him, “instigates anti-German feelings” and “urges to racial
hatred”. He regularly collaborates with the Courrier Du Continent of the Swiss
Gaston-Arman Amaudruz who is presenting this work.”
(Conseil Du Rèvisions, August 2002)
7) « The Shylock’s knife » is listed among the works of the “politically out of
line” thought confirming the value and the commitment in the anti-global war of
his author, the lawyer Edoardo Longo, always in the front line in denouncing the
insinuating power games and the fishy intrigues in the court, plotted by powerful
hidden lobbies or hardly unknown to the public opinion”.
(Fronte Veneto Skinheads, L’Inferocito, June 2002)
8)”This work has no equals in Italy since it reveals the filthy intrigues of the
lobbies which are ruling the world through a system of liberticidal laws”.
(Yvonne Schleiter, Rivarol, June 14th 2002)
9) “Your writings are of a great quality: you treat the Jews like they are treating
the revisionists”.
(Yvonne Schleiter, revisionist)
10)“You are pointing out that the real world problem is and always will be the
Hebraism since those people, since the beginning of the world, do not want to be
collocated in the different societies but they want to suck the nectar and remain a
community on their own which obeys only to their laws and customs. THAT IS
ENOUGH!!! I want to point out that I personally do not give a damn about the
destiny of the Palestinians, so mine , besides being Anti-Judaism is a total Antisemitism, and it is fair to face the problem like you do point by point arguing our
views and opinions about the problem, detaching from the chariot both of “right
and left”of the “poor Palestinians”.
(a Reader from Genoa, summer 2003)
11)”We have read your book. It is an historical text which refers to our age. Your
book clearly informs about the Judaic wickedness”.
(Comitato di Democrazia Diretta, March 2004)
12)”You are young, you can tell that you have a lot of nerve, you are full of
energy and with reference to the Jews, you are writing things we are not used to
reading. You are always right in what you say, you are saying true things. You are
writing in such a strong way, almost aggressive. Your articles are certainly scaring
people who have always been careful in being to aggressive towards the Jews.
Maybe we have never been able to defeat the Jews because we have used too
many precautions with those people. We, goym, have never treated the Jews like
they have treated us...and this has happened all over Europe, not only in Italy or in
France. We never dare to talk about those people like you do.”
(A French revisionist, spring 2003)
13)”The lawyer Edoardo Longo writes books like “The Shylock’s knife”. First we
should immediately strike him off the roll of solicitors and find lawyers who are
willing to sue him”.
(Franco Levi, Jew, correspondent of Jewish ADL in Italy, in a secret directive sent
by him in May 2003 to extreme Zionist groups and to the Italian police and the
Interpol).
Echoes: The Magazine Verité & Justice in the issue Nr 17 of September 2002
published the translation of the preface of Robin Hood’s book (“Story of a
battle”): “Edoardo Longo: le couteau de Shylock. Ce livre est l’histoire d’un
combat” : www.verite-justice.com/Documents/Bullettin%20No%2017.doc - the
section of MSFT of Biella published a review in their official site. The Verona
section
did
the
same
The
(www.msifiammatric.vr.it/DettagliNovus.cfm?IDP=1&IDPadre=13).
independent Senator of the Italian Parliament, Mr Antonio Serena, in a
parliamentary question has accused Switzerland to violate the human rights by
putting in jail the over 80 year old Professor Amaudruz who published revisionist
articles in Switzerland which were printed as documents in the appendix of this
book. (www.verité-justice.com/Documents/Bullettin%No%2019.doc). The text of
the parliamentary question can be read in its original version in Italian on:
www.camera.it/dati/leg14/lavori/stenografici/sed173/pdfbt11.pdf. The book was
also recommended by the Magazine “Courrier du Continent”, directed by
Professor Amaudruz and was mentioned by Professor Robert Faurisson on the
revisionism of Pious XII published by Graphos in Genoa and also recommended
in the revisionist bibliography indicated by Adelaide Institute of Professor
Toynbee (www.adelaideinstitute.org). It is possible to read the excellent review of
the book written by Alessandro Mereu for the magazine “Avanguardia” also on
the internet: http://avanguardia.altervista.org/shylock.htm. Following the Jewish
pressures, both the author and the book are listed by A.D.L. in the annual
international list of the “targets” of the Jewish lobbies (www.tau.ac.il/AntiSemitism/asw2002-3/italy.htm-65k. ADL is the secular arm of the Jewish
Masonry (B.nai-B.rish) which constitutes the principal backbone of the modern
Jewish Kahal. And what about the Zionistic crusade of ADL of Franco Levi? It
did not hit the target. Mr Levi, the Jew, and his coreligionists, although livid with
rage, did not succeed in striking the Author off the roll of solicitors. They have not
even found, as far as we know, lawyers who are willing to sue him (that is strange,
knowing the corruption of the category..): only the Public Prosecutor of
Pordenone, Mr Federico Facchin, close to the Zionist right, has extremely
intensified his operation of judicial aggression towards Edoardo Longo, according
to agreements which have been in force for some time with mafia groups of
pressure and are now stimulated by the general outcry from the Jewish side. The
damages caused by the Jewish action against the author have been limited only
because of the indignation of the public opinion about the despicable and indirect
Zionist Crusade against the author. The newspapers which have published articles
denouncing this base manoeuvre should be mentioned: first of all the daily
newspaper “Rinascita” and the monthly paper “Avanguardia”, as well as the
internet newspapers which have given information about the event, such as: “Il
Bollettino del Fronte Tradizionale”, the site “Ciaoeuropa”, the one “Il Franco
Tiratore”, the site “Gerarchia”, close to FSN and the alternative information
newspaper “Ausonia”. The article of the newspaper “Rinascita” is available in the
web: www.adelaideinstitute.org/Dissenters/longo.htm or in the file Ageausonia:
www.ageausonia.net/age2003/giu03.htm. You can find the text of the Jewish
Crusade against the Author on: www.adelaideinstitute.org/Dissenters/longo.htm.
You can find this article in the anthology in the reference (“The Saruman
Temple”) together with an interesting interview to the author of May 2003 made
by “Bollettino l’Arco e la Clava” and it is available in this address of Google
discussion
group:
http://groups.google.it/groups?hl=it&lr=&ie=UTF8&frame=right&th=9f76b563fb6d. Furthermore, the first version of the article
“The Saruman Temple” published in 1992 by the magazine “Aurora” and now
included in the anthology in a more detailed version, reviewed by the author, was
published in the site of this magazine which has published the back issues of the
previous years. At the moment, in the web, the owner of the site has taken off
from the site Aurora the issue containing the referred article..it is a coincidence of
spring cleanings of all sites...The Jewish and the Masons deeply thank for the
“purifying” intervention..If you are lucky, you will still find the article under last
year’s old address: http://members.xoom.virgilio.it/XOOM/aurora/10longo.ht. The
original article is available through a patient research also in the Google
discussion list it.cultura.storia. – We apologise if some interventions were omitted:
evidently there have not been notices about it. Please, send them to the author.
Total silence from the political groups: apart from the Fronte Sociale Nazionale of
Trieste which has called a press conference about the case in June 2003. Franco
Levi has found some collaborators, besides in the Pordenone Court, also in some
neo-fascist activists who have proclaimed a violent computer slanderous campaign
against the author, having the purpose to exclude the author from the relationship
with the public opinion and to attract the barbs of the Zionistic magistrates about
his activity related to political journalist, without any result. In fact, the Venice
Court, in realising from seizure the copies of the book during a political
investigation, has declared that the book is included in the range of the legitimate
political critic deploring its hasty seizure. The author, although subjected to a
judicial criminal persecution plotted as retaliation for his professional commitment
related to political journalism, has never been subjected to penal measures
referring to his activity according to the Mancino Law. It is necessary a
clarification (the book is tough for many groups of political pressure) with
reference to the above mentioned slanderous campaign, having the aim of taking it
off from circulation according to the wishes of ADL. As you can see, the vital
points the Hebraism can rely on are different and indirect. The book was presented
by “Movimento Italiano d’Azione” in Mestre-Venice in June 2002 and in Viterbo
by “Comunità Politica di Avanguardia” in autumn of the same year after sordid
sabotage by the Italian Political Police.
HOW TO BUY THE BOOK: you can address directly to the author writing to
his e-mail address: [email protected] - or to his mail address: Avvocato Edoardo
Longo. Viale Libertà, 27, 33170 Pordenone. The cost for the book will be donated
by the author for the legal expenses of the proceeding “Holy was against ZOG”,
the trial at the Pontedera Court through which the Jewish lobby and the Pisa Court
are trying to commit for trial the entire western culture accused of “antiSemitism”. The worst proceeding against the freedom of opinion in Italy of which
the regime media have not revealed anything about on purpose. The buyer of the
book will receive a regular invoice as contribution for the above referred legal
charges. I want to mention the link of the site “Gerarchia” which last year has
given information about the support campaign for the referred trial:
www.gerarchia.it/campagna.htm
PLEASE, PUBLICIZE THIS BOOK RECORD:
A CONTRIBUTION TO THE ALTERNATIVE INFORMATION