Costume - L`Archetipo

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Costume - L`Archetipo
Costume
La piramide di
Chichen Itza
nello Yucatan
Su altari di cruenti sacrifici
umani, nei feroci anfiteatri
che immolarono belve e gladiatori,
vacanzieri low cost fanno picnic
divorando salsicce e panzarotti.
Nei templi maya dello Yucatàn,
lungo le gradinate dei teocalli
da cui scorreva il sangue delle vittime
e i crani rotolavano a migliaia,
zampettano festose comitive
scolando vino e birra, distillati
da bottiglie e lattine. Il sottovuoto
mantiene fresche e sane le bevande
e intatto il gusto di insaccati e würstel,
ma non serve a ridarci tali e quali
gli orrori su cui tante civiltà
hanno eretto benessere e grandezza,
spacciando malaffare e crudeltà
per nobili modelli da imitare.
Gustando felafel e tè alla menta,
in Egitto il turista sbalordisce
nell’apprendere come il faraone
Tal de’ Tali si fece seppellire
con gli emblemi regali e un gran corredo
in oro, vasi, gemme e suppellettili,
insieme a cento schiavi, ai muratori
e all’ingegnere, per celare dove
fosse nascosto tanto bendiddio.
Complice il tempo, domina l’oblio
che stempera e dissolve il raccapriccio:
ogni massacro è oggetto di cultura
incarnato in un luogo. Perciò adesso
portano scolaresche a visitare
le segrete del forte, ripulite
dai segni che lasciarono sui muri
i votati al capestro, i torturati.
Colpevole o innocente, è sempre atroce
l’urlo dell’uomo degradato a numero,
a bestia da macello, innominato,
senza pianto, preghiera e sepoltura.
Nelle celle risuonano i commenti:
«Però, che bravo l’architetto. Ha reso
piú solare l’ambiente, illuminandolo
con diffusori fluorescenti e alogeni.
Razionali pannelli frangiluce
sono disposti in ordine strategico
per annullare i flash d’abbagliamento
e i riflessi del marmo peperino
che copre il pavimento. Una finezza!».
Come le casematte di montagna
contese all’arma bianca nella Guerra
del ’15-‘18, diventate
rifugi con moquette e idromassaggio.
La Linea Maginot, l’ansa del Don,
le trincee della Somme, le doline
del Carso, Fenestrelle, Château d’If
e San Leo sono mète di tendenza
per i malati di dromomania,
che scambiano il frusciare della Morte,
vigile, all’erta, sempre lí in agguato,
per la sindrome detta di Stendhal
o per un mal di pancia da gelato.
L’Archetipo – settembre 2007
Il cronista
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