Storia del territorio

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Storia del territorio
Appunti
per una storia del territorio di
contrada Patacca
Il territorio della nostra parrocchia, ricordato ancora oggi come contrada Novelle o contrada
Patacca, è situato nella periferia settentrionale di Ercolano, alle pendici del Vesuvio, dove la città
tocca i confini di Portici, S. Giorgio a Cremano e S. Sebastiano al Vesuvio. Fino agli inizi del XX
secolo esso lega la sua storia proprio alle vicende del vulcano e delle città limitrofe.
Le eruzioni e i periodi di quiete del Vesuvio hanno continuamente modificato il suo aspetto,
che presumibilmente si presentava di volta in volta come un accidentato declivio di aride rocce
laviche dall’apparenza infernale o come una fertile distesa di vigneti e alberi da frutto,
manifestazione della vita che rinasce dopo la distruzione della lava; alcuni rivi o alvei in cui
fluivano le acque piovane che scendevano dal monte Somma-Vesuvio, cambiavano spesso il loro
corso. Erano, dunque, zone largamente disabitate, occupate qua e là da poderi o masserie.
1.1. Un documento dell’XI sec.
Le prime notizie su questo territorio risalgono all’XI sec., se esso è identificabile all’interno
della località che un documento del 1012 denomina Attone e Nonnaria Si tratta di un regesto (n.
347) che attesta che Gregorio, un presbitero della chiesa napoletana di S. Giovanni in Corte,
possedeva un coniolum (probabilmente un fondo di forma triangolare) «in loco qui vocatur
Nonnaria, quod est foris flubeum situm ad S. Stephanum qui vocatur ad Actone» («in un luogo detto
Nonnaria, che è al di là del fiume situato presso S. Stefano detto ad Attone»); tale fondo fu affidato
agli abitanti di Nonnaria, i quali si impegnarono a coltivarlo e a dividere il raccolto col
proprietario1.
L’identificazione con il territorio delle Novelle è dello storico napoletano dell’Ottocento,
Bartolomeo Capasso:
«supra Resinam, ubi nunc le novelle dicitur, erat locus Actone, in quo [erat] ecclesia et
extaurita S. Stephani ad Actone […] Supra Actone vero in declivio erat Nonnaria, locus et
mons, ubi memorantur terrae arbustae et campi, valles et cunioli cum scapulis et ripis
atque ecclesia S. Basilii, quae erat obedientia monasterii SS. Theodori et Sebastiani. In
quodam tumulo super Nonnariam, qui mons etiam in docc. dicitur, eminebant ecclesiae vel
monasteria S. Salvatori et S. Mariae de illa turre, in monte Besubeo, iuris S.N.E., et iuxta
ipsum erat via quae descendebat ad Nonnaria[m]»
(«sopra Resina, ove ora si dice le novelle, vi era il luogo di Attone, in cui era la chiesa e
l’estaurita del popolo S. Stefano ad Attone […] Sopra Attone, veramente sul pendio, vi era
Nonnaria, luogo e monte, dove si ricordano terre alberate e campi coltivati, valli e piccoli
appezzamenti di terra con vigneti (?) e fiumicelli, e la chiesa di S. Basilio, che era
nell’obbedienza del monastero dei SS. Teodoro e Sebastiano. Su una certa collinetta sopra
Nonnaria, che nei documenti era detta anche monte, si distinguevano le chiese o i monasteri
del S. Salvatore e di S. Maria di quella torre sul monte Vesuvio, di diritto della santa
chiesa di Napoli e presso questo vi era un strada che scendeva a Nonnaria») 2.
Il toponimo Attone è forse una corruzione del nome di Oddone, il famoso abate benedettino
di Cluny (879-942), che fu anche a Napoli3; oppure deriva dal riferimento agli sconvolgenti effetti
delle eruzioni, come suggerisce il verbo latino attono (adtono), «tuonare contro, esporre ai fulmini».
Il nome Nonnaria potrebbe forse derivare dal latino nonna («monaca»), ipotizzando la presenza di
1
Cf. M. CAROTENUTO, Da Resina ad Ercolano, Ercolano 1982, 4.
B. CAPASSO, Monumenta ad Neapolitani Ducatus historiam pertinentia, Napoli 1885, Vol. II, 179, citato in M.
CAROTENUTO, op. cit., 5.
3
Cf. M. CAROTENUTO, ivi, nota 22
2
monasteri femminili nella zona. Di difficile identificazione sono le chiese menzionate nel
documento, tranne quella del Salvatore, che potrebbe essere localizzata presso quello che in seguito
diventerà l’eremo del Salvatore sul Vesuvio.
Nei secoli successivi la contrada prese il nome di Novelle (forse perché da qui
s’intravedevano i “nuovi” paesaggi del Vesuvio, per chi veniva dal mare) 4 e di Patacca:
quest’ultimo toponimo deriverebbe da quello di un podere nel quale furono trovate delle monete di
età medievale5.
Nel XVII secolo sono attestati altri toponimi, che in qualche modo permangono ancora oggi
nella nostra contrada. Nel 1611, in occasione della Visita pastorale del card. Acquaviva a S.
Giorgio a Cremano, si definisce il confine della parrocchia di S. Giorgio, che giunge «sino alli
Gallitti» e «sale per lo bosco e corre alla montagna insino al Salvatore» 6. I Gallitti, divisi in Gallitti
di sotto e di sopra, individuavano «tutto quello spazio di terra, che si distende da presso il podere di
Solimena all’altro di Gesù e Maria chiamato S. Pietro ad Ajello, e volgarmente detto del Monaco
Ajello»7; il Salvatore è l’eremo che sorgeva sul Vesuvio.
Nel 1618, la relazione della Visita pastorale del card. Decio Carafa nella nostra città, la
prima nella quale sono menzionati i confini di Resina, riferisce che il territorio della città «verso la
montagna arriva ad alcune case che sono a Novella, et confina con la parrocchia di Sto Giorgio e di
Sto Sebastiano»8. Secondo un’altra testimonianza, ancora negli anni precedenti la catastrofica
eruzione del 1631,
«due lave correvano sopra il territorio di Sangiorgio. La prima dal Rivo delle Nocelle
veniva nel luogo detto il Piscinale (Giordano), quindi colava al luogo detto li Taralli. La
seconda dai rivi più meridionali del monte Somma si univa dove oggi è l’entrata della
masseria di Farina, e quindi, calando pure alli Taralli si congiungeva a quello del Rio delle
Nocelle»9.
Si tratta di rivi che andranno a formare le strade che poi troveremo nei secoli successivi nelle
mappe, come si vedrà.
1.2. Dall’eruzione del 1631 al XVIII secolo: una terra quasi deserta
L’eruzione del 1631, che distrusse quasi completamente tutti i territori del versante costiero
del Vesuvio, rese la zona pressoché inabitabile per molti decenni. Nella zona delle Novelle, oltre
alle due «lave» sopra riferite «si aggiunse, dopo l’eruzione del 1631, per opera dei Porticesi quella
di Fosso grande, che prima calava per mezzo Portici»10.
4
È questa la spiegazione che sembra insinuata in G. ALAGI, S. Giorgio a Cremano. Vicende e luoghi, S. Giorgio a
Cremano 1984, 589, quando, riferendosi alla mappa del duca di Noja del 1775, menziona, in prosecuzione dell’attuale
Via Pittore di S. Giorgio, la «Strada che porta alle Novelle (ossia, ai primi vivaci approcci con il Vesuvio: vi dovevano
passare i carrettieri dediti al trasposrto della pietra vesuviana, usata nelle costruzioni e per lastricare cortili).
Naturalmente anche coloro che si recavano in gita al Vesuvio potevano servirsi di questa strada».
5
Lo storico sangiorgese dell’Ottocento Davide Palomba riferisce che ancora ai suoi tempi fu trovata in quel podere una
moneta raffigurante un bue a testa di uomo e incoronato, con la scritta in greco
Neapolites, cioè
napoletano): D. PALOMBA, Memorie storiche di S. Giorgio a Cremano, Napoli 1881, 17.
6
Ivi, 48-49. Il podere Solimena, detto le Pigne, è ricordato oggi dalla Via Pini di Solimena. Esso segna il confine
settentrionale di S. Giorgio col quartiere Barra. La strada, che prosegue verso il monte ancora oggi fino a congiungersi
con Monaco Ajello, è riportata dalla famosa mappa di Giovanni Carafa, duca di Noja, del 1775 .
7
Ivi, 49.
8
Ivi, 100.
9
La fonte, citata ivi, 117-118, è S. BORRELLO-O. BORRELLO, Processo alla lava della Barra, S. Giorgio a Cremano s.d.
10
Ivi, 118. D. PALOMBA parla a lungo dei litigi tra gli abitanti di Portici e S. Giorgio per questa deviazione delle acque,
che determinò nel 1646 la costruzione di un alveo ai confini tra le due città (lungo le attuali via D’Albono, via Farina,
largo Arso, via B. Croce, Pietrarsa): cf. ivi, 118-124.
Ancora alla fine del XVIII sec. la nostra zona appare quasi totalmente senza costruzioni. La
mappa del duca di Noja11 del 1775 – che mostra le strade che da S. Giorgio e Portici conducono alle
pendici del Vesuvio, fino all’altezza dell’attuale via B. Cozzolino – riporta chiaramente in
correlazione con questi i «rivi» sopra menzionati alcune strade, che si congiungono nel luogo detto
li Taralli (oggi piazza Massimo Troisi a S. Giorgio): la prima, più a nord, era la Strada che porta
alle Novelle e seguiva probabilmente il percorso del Rivo delle Nocelle, scendendo attraverso
l’attuale Via Figliola al Piscinale (Giordano), che corrisponde ai luoghi in cui abitò e operò il noto
pittore del ‘600 Luca Giordano intorno all’attuale parrocchia di S. Maria del Carmine, e attraverso
l’attuale via Pittore, fino a li Taralli; l’altra strada, menzionata come Strada che porta alla
montagna, seguiva i rigagnoli che costeggiano l’attuale Via Viola nella nostra parrocchia,
proseguiva per l’odierna via Farina (in parte di Ercolano, in parte di S. Giorgio), poi per l’attuale
via don Morosini fino alla suddetta piazza Troisi. Dalla Strada che porta alle Novelle (dal luogo in
cui attualmente si incrociano Via Pittore e Via Luca Giordano) si dipartiva una stradina di
campagna che saliva verso il Vesuvio (lungo la direttrice che avrebbe dato origine alla via Nuova S.
Sebastiano); dalla chiesetta del Pittore, poi, partivano due altre stradine, che corrispondono
all’attuale via Patacca. Altre starde trasversali tra le due principali sono ancora individuabili nella
contrada Farina. Un’altra Strada che porta alle Novelle è riportata ancora più a sud, lungo le attuali
via D’Albono, via Cipressi e via Campitelli, a Portici, che era collegata attraverso un viottolo di
campagna alla suddetta Strada che porta alla montagna, da un lato, mentre dall’altro si univa al
sentiero che portava al Fosso grande, già detto Fosso dei Corbi, che fu occupato in parte dalla lava
del 1631 e poi, successivamente, da quella del 1767, per essere definitivamente riempito
dall’eruzione del 1858.
11
GIOVANNI, CARAFA, duca di Noja, Carta topografica di Napoli e dei casali, Napoli 1775, fogli 14 e 21.
L’Atlante geografico del Regno di Napoli, inciso nel 1794 da G. Guerra (foglio 14) riporta la
località le Novelle con alcuni nomi di poderi e masserie: Cozzolino, Nocerino, Cefariello, Canale,
Carduccio, Brunello.
1.3. Le eruzioni del XVIII e del XIX sec.: l’intervento di Maria e dei santi
Nel XVIII sec., continuando periodicamente le eruzioni, il nostro territorio divenne quasi il
baluardo per le case di S. Giorgio e di Portici contro la furia della lava. Alcune testimonianze,
ancora in parte visibili, ricordano la protezione offerta da Maria e da S. Gennaro, in particolare,
capaci di fermare la lava per la loro intercessione.
All’incrocio tra Via Farina e Via S. Gennariello sorge una cappella ormai in rovina: si tratta
di una cappella fatta costruire dopo l’eruzione del 1767 da Cristoforo Nocerino 12, per ringraziare S.
Gennaro che, essendo stata posta di fronte al Vesuvio un’immagine che lo ritraeva, aveva
preservato la zona dalla lava. Sulla facciata della chiesetta, che fu ultimata solo nel 1790, oltre allo
stemma della famiglia Nocerino (un leone che si arrampica su un albero di noce), di cui si scorge
oggi solo l’impronta, e una targhetta di marmo con l’iscrizione «qui non si gode asilo», di cui oggi è
rimasta solo una parte, vi era la seguente iscrizione latina, non più visibile:
DIFFUSUS LATE DUM RURA VESEVE CREMARET / HUIC TUUS HAUD NOCUIT
PROXIMUS IGNIS AGRO. / NAM SIMUL AC OBIECTA FUIT DEPICTA TABELLA /
JANUARI MIRUM TERRITUS ILLE STETIT. / SAECLA DECEM ET SEPTEM
CHRISTI HAERA, DUOSQUE / ANNOS CUM TERNIS DENAQUE LUSTRA DABAT .
/ DIVE POTENS DIGNAS TALI PRO MUNERE GRATES / PRAEDIOLI DOMINUS
REDDERE NON POTUTI. / SERVATO PRO RURE TAMEN RURALE SACELLUM /
HOC TIBI CHRISTOPHORUS CONDIDIT AERE SUO
12
Cf. C. PARISI, Chiese e cappelle di Ercolano. Itinerari di fede e di arte, Ercolano 1998, 237-244.
«O Vesuvio, mentre il tuo fuoco vicinissimo largamente diffuso bruciava le campagne, non
danneggiò questa terra. Infatti, appena fu posto innanzi questo quadretto dipinto di
Gennaro, cosa mirabile, quel fuoco atterrito si fermò. L’era cristiana contava diciassette
secoli, due anni e tredici lustri (1767). O santo potente, il padrone di questo piccolo podere
non poté rendere degni ringraziamenti per tale favore. Tuttavia, Cristoforo ti costruì questa
cappella rustica a spese sue, per il campo salvato»13.
La cappella, la cui erezione fu accolta favorevolmente dalla diocesi, anche perché ritenuta
capace di servire «tutti quelli abitatori delle vicine campagne» 14, nel 1850 risultava dedicata
all’apparizione dei Magi15. In essa si celebrò la messa festiva fino all’ultima guerra mondiale (con
un’unica parentesi dal 1916 al 1925), anche quando la proprietà passò alla famiglia Tagliaferri e poi
al barone De Meis di Napoli, nel 1895, quindi alla famiglia Scialò, nel 194616, che più volte ha
espresso invano la volontà di donarla alla nostra parrocchia 17, e alla famiglia Zeno, che ne è
l’attuale proprietaria.
In Via Fossogrande, sul muro dell’attuale n. civico 16, che guarda al Vesuvio, sorge
un’edicola che contiene un’icona su maiolica che ritrae la Madonna di Pugliano col Bambino e S.
Gennaro in atteggiamento orante: sotto l’edicola compare la data del 1773 e il saluto mariano «Dio
ti salvi o santa Madre».
Fig. 3. Edicola di Via Fossogrande (l’immagine nel 2010 è scomparsa, forse rubata,)
13
Ivi, 239. Il testo dell’iscrizione è riportato anche in D. PALOMBA, op. cit.,15-16.
Cf. C. PARISI, op. cit., 237.
15
Ivi, 242.
16
Ivi, 243-244.
17
Nell’Archivio della nostra Parrocchia sono conservate le testimonianze scritte di questa volontà della famiglia Scialò
e delle difficoltà della Parrocchia, impossibilitata ad accollarsi le spese per la ristrutturazione della cappella, ad
accogliere la donazione. Cf. la Dichiarazione del proprietario per la donazione della cappella di Via Farina del 1953,
in Archivio parrocchiale di S. Maria Consolatrice degli Afflitti, Ercolano (d’ora in poi AP) II.E1, e la corrispondenza
tra il sig. Scialò, il Parroco Giuseppe Marino e la Curia di Napoli tra il 1967 e il 1968 (AP II.L8-L11). Anche il
Parroco attuale, negli anni ’70, è stato costretto a rifiutare la donazione per la mancanza di fondi per la ristrutturazione.
14
Nel 1794 l’amministrazione di Portici, di fronte all’enorme “Cavone grande” (detto anche
“Fosso Grande”), che era stato riempito dalla lava, presso il luogo ove oggi Via S. Gennariello
incrocia Via B. Cozzolino, sul muro dell’antica proprietà Pace 18, edificò un’altra edicola con un
quadro a olio raffigurante S. Gennaro. Sotto il quadro – visibile fino agli anni ’70 e ora consumato
dal sole, tranne che in pochi tratti – fu scolpita la seguente iscrizione, oggi scomparsa, in
ringraziamento al santo protettore per il pericolo scampato:
HIEROMARTYRI DIVO JANUARIO TETRASTICUM HOC / JANUARIUS … FORMATI /
ANNO CRISTIANO MDCCXCIV XVIII KAL OCT. / GRATI ANIMI ERGO / DDD
EVOMIT IRATUS CALIDAM VESUVIUS UNDAM
QUID FACIAM? FUGIAM. FALLOR? AT IPSA FUGIT
AUFUGIT, ATQUE TREMENS DICIT: JANUARIUS ADSTAT
HUIC DAT POSSE TRIAS, HUIC SINE LABE PARENS
«Al santo sacerdote martire Gennaro questo tetrastico / Gennaro … formati / il 18 delle
calende di ottobre dell’anno cristiano 1794 / con gratitudine / ddd (dà, dona, dedica).
Il Vesuvio infuriato vomita l’ardente onda /
Che farò? Fuggirò. M’inganno? Ma essa fugge /
scappa, e tremando dice: c’è Gennaro /
La Trinità a questi dà di avere potenza, a questi il Padre senza macchia». 19
Fig. 4. L’edicola di via S. Gennariello
Intanto le eruzioni continuarono a lambire le Novelle e i Sangiorgesi continuarono a portare
in processione in queste zone i simulacri di Maria e di S. Giorgio o per invocarne la protezione, o
per ringraziarli dopo aver visto preservato il loro territorio. Dopo l’eruzione del maggio 1855, nella
18
19
Cf. M. GAUDIO, Ercolano e il Vesuvio. Luoghi, tradizioni, vicende, Ercolano 1994, 84.
D. PALOMBA, op. cit., 16.
quale la lava giunse quasi fino alla cappella Nocerino, proprio di qui fu portato il ss. Sacramento col
quale fu benedetta la folla guidata dall’Arcivescovo di Napoli Sisto Riario Sforza, che in una
solenne processione era giunta da S. Giorgio alle falde del vulcano, per ringraziare Dio dello
scampato pericolo20.
Nel novembre 1868, poi, la lava giunse al podere dei Ciagnacoli (che dà il nome all’attuale
via Cegnacolo), minacciando anche via Farina, e ancora una volta i Sangiorgesi portarono le statue
di Maria immacolata e del loro protettore alle falde del Vesuvio per ringraziare Dio21.
Ma è dell’eruzione che si verificò dal 26 aprile al 1 maggio 1872, che si perpetua ancora il
ricordo nella nostra contrada, come appare dal masso di lava posto di fronte alla nostra parrocchia.
Ecco la testimonianza di don Francesco Buonocore riportata da Davide Palomba:
«A mezza strada mi scuote uno scoppio come di mina sotterranea. La lava che, discesa nel
Fosso di Faraone formando un diversivo sulle Novelle, si era fermata da qualche ora nelle
vicinanze della casa della detta Merciajola, proprio là dove erano state poste le statue della
ss. Vergine immacolata e di Sangiorgio durante il sermone del Parroco. In un tratto si mette
in moto, descrivendo come un semicerchio, lasciando la casa incolume, si avanza
precipitosamente, attraversa la strada pubblica, e si gitta con veemenza nel vallone limitrofo
alle terre del principe di Santateodora, per l’innanzi, del Monaco Ajello […] Dopo alcuni
giorni la pioggia di cenere cessò, il Vesuvio tacque, e gli abitanti di Sangiorgio a Cremano,
deposto ogni timore, riflettendo alla grazia ricevuta, riconoscenti, fecero solenne
processione di ringraziamento. E, come per essere stati preservati dall’altra eruzione del
1855, in soddisfazione di un voto solenne, fecero quella in cui portarono le statue della ss.
Vergine immacolata e di S. Giorgio per la strada Farina, sopra da Nocerino; così per altra
strada diressero questa al Ponte di S. Sebastiano. Nel corso di mia vita ne ho vedute tante e
solennissime, nessuna però commovente come quella della domenica 12 di maggio 1872.
Gente di lontano accorsa in folla, unita a quei del paese, modesta, silenziosa, raccolta,
seguiva le statue»22.
1.4. Dal XIX al XX sec.: le strade e l’urbanizzazione
Dalla seconda metà dell’Ottocento la nostra contrada ha assistito ad un progressivo
incremento della popolazione. Nel 1856 l’apertura della via Nuova S. Sebastiano, tra S. Giorgio e S.
Sebastiano, appunto, che sostituì la via Vecchia (che correva, come oggi, dietro la Chiesa di S.
Maria del Carmine al Pittore, opera di Luca Giordano), determinò una prima timida svolta nello
sviluppo della contrada, che cinquant’anni dopo rendeva necessaria, come si vedrà, la costruzione
della nostra chiesa. Nel 1894, poi, con l’inizio della costruzione del Cimitero di Ercolano, in quello
che una volta era il Fosso grande (Cimitero che fu inaugurato solo nel 1905), si diede avvio anche
alla costruzione della strada comunale Resina – S. Sebastiano. Nel 1900 fu risistemata e ampliata
via S. Gennariello, ai confini con Portici; ai due lati della strada furono poste P e una R per
identificare le due città confinanti.
La popolazione, agli inizi del secolo, si aggirava sulle duecento persone 23, ossia su poche
decine di famiglie contadine sparse tra le campagne. Negli anni ’60 era salita appena a milletrecento
persone circa24 .
Ma fu nel 1964 che fu aperta la principale via di comunicazione che attraversa il territorio
della parrocchia, via che fu intitolata all’illustre sacerdote Benedetto Cozzolino (1757-1839), che
fondò nella sua casa di Via Trentola 43 (oggi 49) la prima scuola per sordomuti del Mezzogiorno.
20
Cf. ivi, 405-407 e 409-411.
Cf. ivi, 407; 409; 411-412.
22
Ivi 417; cf. pure 407-409 e 412-417.
23
Cf. AP I.A14.
24
Il parroco Marino in una Comunicazione all’Arcivescovo per la compera del terreno retrostante la chiesa, datata 21
agosto 1960, attesta che la parrocchia è abitata da «1200 anime, quasi tutta formata da manuali e fittuari di piccole
estensioni di terreno che vivono alla giornata»: AP II.H1; in una lettera alla Curia del 1955 aveva parlato di 1300
abitanti (AP II.P1); in un’altra del 1964 menzione 1400 fedeli (AP II.H3).
21
Lungo questa strada, a partire dalla fine degli anni ’70, furono costruite numerose cooperative, che
accolsero migliaia di nuovi abitanti, immigrati dai paesi vicini. Attualmente gli abitanti sono quasi
diecimila.