Introduzione al laboratorio di CHIMICA ORGANICA I
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Introduzione al laboratorio di CHIMICA ORGANICA I
AA 2010/11 Università di Padova Facoltà di Scienze Corsi di Studio in Chimica e Chimica Industriale Introduzione al laboratorio di CHIMICA ORGANICA I CHIMICA ORGANICA I - laboratorio AA 2010/11 Norme di Comportamento e Sicurezza nel Laboratorio 1. Indossare sempre il camice, gli occhiali di protezione e, quando necessario, i guanti. Non indossare lenti a contatto in laboratorio. 2. Assolutamente vietato fumare. Nessuna fiamma libera in laboratorio. 3. Vietato introdurre e consumare cibi e bevande in laboratorio. 4. Vietato introdurre persone non autorizzate. 5. Conoscere la collocazione e l’uso corretto dei dispositivi di emergenza (uscita di sicurezza, estintori, docce, lavaocchi, coperta ignifuga). 6. Conoscere i simboli di pericolosità ed il significato delle frasi di rischio. 7. Sapere esattamente quello che si sta facendo in ogni momento. Questo significa prepararsi prima di iniziare l’esperimento, studiare e capire le reazioni da effettuare e i relativi meccanismi, documentarsi e conoscere le proprietà di solventi, reagenti, prodotti e sottoprodotti (proprietà fisiche, tossicità, pericolosità) ed il modo di utilizzarli con sicurezza. 8. Seguire rigorosamente le istruzioni e non prendere l’iniziativa di modificare in alcun modo le procedure stabilite senza consultare prima gli incaricati del corso. 9. Essere sempre informati di quello che stanno facendo i propri vicini. 10. Non perdere mai di vista la reazione in corso. 11. Non versare alcun prodotto, solvente di scarto o residuo solido o liquido negli scarichi dei lavandini o nei cestini della carta straccia. Usare gli appositi contenitori per la raccolta dei residui e degli scarti. 12. Gettare la vetreria di scarto (pipette, capillari e vetreria non riparabile), le TLC, e la vetreria riparabile solo nei rispettivi contenitori di raccolta. 13. Lavare la vetreria subito dopo l’uso e tenere il proprio banco e tutte le aree di lavoro comuni (bilance, cappe, banchi strumenti) sempre puliti e in ordine. 2 CHIMICA ORGANICA I - laboratorio AA 2010/11 14. Non lasciare mai contenitori con prodotti o soluzioni privi di etichetta, ma con l’indicazione del contenuto, della data di preparazione e del vostro nome. INFORMAZIONI GENERALI Gli studenti dei Corsi di Laurea in Chimica e Chimica Industriale sono divisi in 4 turni (A-D) equivalenti. Gli studenti di Scienza dei Materiali costituiscono il turno E. Il laboratorio si svolge all’VIII piano dalle 14:30 alle 18:30. Salvo indicazioni diverse, ogni primo giorno di una nuova esperienza, alle 14:30 in aula H, una breve discussione introdurrà l’esperienza prevista per quella sessione di laboratorio. 1. Relazioni e quaderno di laboratorio Ogni settimana ciascuno studente dovrà stamparsi la scheda illustrativa dell’esperienza programmata per la/le settimana/e successiva/e (dal sito web http://elearning.scienze.unipd.it ). È richiesto che gli studenti studino e comprendano il materiale descritto nella scheda per arrivare preparati alla esercitazione di laboratorio. Parte utile di questa importante preparazione all’esperienza di laboratorio è costituita da alcune domande cui ciascuno studente dovrà rispondere per iscritto nella relazione. Ciascuno studente dovrà quindi compliare: a. Scheda di sicurezza: va compilata, firmata e consegnata APPENA SI ENTRA IN LABORATORIO all'inizio di ogni nuova esperienza. b. Scheda di preparazione all'esperienza: va compilata e consegnata APPENA SI ENTRA IN LABORATORIO all'inizio di ogni nuova esperienza. c. Relazione: si compila nell'apposito modulo e si consegna AL TERMINE DELL'ESPERIENZA, cioè l'ultimo giorno. Aspetti importanti dell’attività nel laboratorio riguardano la registrazione accurata di dati, osservazioni e risultati relativi all’esperimento svolto. Anche se le esperienze di questo corso saranno svolte in gruppo, ciascuno studente dovrà redigere la propria relazione individualmente. d. Quaderno di laboratorio: deve contenere SOLO i dati di SICUREZZA e le proprietà FISICHE dei composti usati in ogni esperienza. Deve restare SEMPRE in laboratorio, nell'apposita scatola, salvo accordi con il docente. Deve essere utilizzato un quaderno PICCOLO, a quadretti, e NON ad anelli. Deve avere SULLA COPERTINA ESTERNA il Cognome, Nome e numero di GRUPPO. Ciascuno studente deve avere e tenere aggiornato un proprio quaderno di laboratorio. Il quaderno sarà controllato periodicamente dai docenti che avranno cura di segnalare carenze nella stesura per facilitare 3 CHIMICA ORGANICA I - laboratorio AA 2010/11 l’acquisizione da parte dello studente del metodo corretto per svolgere questa parte dell’attività di laboratorio. Poiché le relazioni verranno compilate negli appositi moduli, gli studenti impiegheranno il quaderno per riportare molto brevemente (possibilmente in una tabella) le principali proprietà fisiche (punto di ebollizione o di fusione, densità, ecc.) e di pericolosità di tutti i reagenti e solventi utilizzati in ogni esperienza. Alcune indicazioni generali cui attenersi: Numerare tutte le pagine Usare le prime due facciate per l’indice e mantenerlo sempre aggiornato Riportare sempre la data. Sul retro del quaderno si consiglia di riportate le seguenti informazioni per ciascuna esperienza: titolo dell'esperimento equazione chimica (per le reazioni eventualmente coinvolte): comprendente formule di struttura, formule brute e pesi molecolari; quantità usate: per i reagenti devono essere espresse in g (mg) o, qualora si misurassero volumi, in millilitri (ml) specificando la densità, e moli (o mmoli), per i solventi in ml. osservazioni (cambiamenti di colore, evoluzione di gas, formazione di precipitato, ecc.) fatte nel corso della reazione, dell'isolamento e della purificazione del prodotto. Riportare il peso, le moli e la resa percentuale dei prodotti. . 2. Vetreria e assemblaggio Sono di seguito riprodotti elementi di vetreria e piccola attrezzatura di uso comune nel laboratorio di chimica organica. 4 CHIMICA ORGANICA I - laboratorio AA 2010/11 Figura 1 1. becker; 2. bottiglia; 3. beute; 4. palloni; 5. imbuto; 6. vetrini d’orologio; 7. provetta; 8. pipetta di Pasteur. Figura 2 1. cilindro graduato; 2. buretta; 3. pipetta tarata; 4. matracci tarati; 5. imbuto di Buchner; 6. tubo a cloruro di calcio; 7. imbuto separatore; 8. essiccatore. 3. Isolamento e purificazione del prodotto della reazione Al termine di una reazione è generalmente necessario isolare il prodotto da reagenti residui, eventuali sottoprodotti ed impurezze e dal solvente. 5 CHIMICA ORGANICA I - laboratorio AA 2010/11 Estrazione: la procedura più comune per l'isolamento del prodotto consiste nell'aggiunta di acqua (o di una soluzione acquosa acida o basica) ed estrazione con un solvente organico (etere etilico, cloruro di metilene, cloroformio). Per questa operazione si impiega generalmente un imbuto separatore (Figura 3). A Figura 3 B C Passaggi della procedura di estrazione con imbuto separatore. (a = fase più densa, b = fase meno densa). Dopo aver introdotto nell’imbuto le due fasi a e b (passaggio A), si agita in modo da consentire il massimo scambio di soluti fra i due liquidi, sfiatando ripetutamente, come indicato in Figura 4, per rilasciare i vapori ed i gas sotto pressione che spesso si formano. ATTENZIONE: ricordarsi di sfiatare ripetutamente l'imbuto separatore (Figura 4) durante le estrazioni (! PERICOLO !). Dopo aver atteso la completa separazione delle due fasi (passaggio B), si toglie il tappo e si fa gocciolare la fase a dal beccuccio inferiore. Quindi si chiude il rubinetto e si versa la fase b (passaggio C) dall’apertura superiore. 6 CHIMICA ORGANICA I - laboratorio Figura 4 AA 2010/11 Sfiatare correttamente l’imbuto separatore per non arrecare danni alle persone. (Nota: assicurarsi di aver completato l'isolamento del prodotto, compreso il calcolo della resa, prima di eliminare le fasi di scarto). Gli anidrificanti più usati sono il solfato di magnesio anidro (non adatto per prodotti sensibili agli acidi), il solfato di sodio anidro ed il calcio cloruro anidro (non adatto per ammine, alcoli e prodotti sensibili alle basi). Se il prodotto reagisce con l'acqua, il solvente organico viene allontanato per distillazione ed il prodotto viene isolato e purificato per cristallizzazione, distillazione o cromatografia. Le tecniche di purificazione più comuni sono: Distillazione: la semplice apparecchiatura della Figura 5 è sufficiente solo se i punti di ebollizione dei componenti da separare differiscono di almeno 60°C, negli altri casi è necessario eseguire una distillazione frazionata con una colonna di frazionamento (Figura 6). 7 CHIMICA ORGANICA I - laboratorio AA 2010/11 Figura 5 Distillazione semplice a pressione atmosferica o a pressione ridotta. Generalmente è buona norma distillare un prodotto a temperature non troppo elevate per evitare decomposizione termica: se il punto di ebollizione del prodotto a pressione atmosferica è maggiore di 120°C è consigliabile eseguire la distillazione a pressione ridotta utillizzando una pompa ad acqua o una pompa meccanica. In questi casi è importante montare una trappola fra la pompa e la coda del distillatore per evitare i problemi di un eventuale risucchio di acqua nel caso di una pompa ad acqua o di contaminare la pompa meccanica con i vapori sfuggiti al condensatore. In questo secondo caso la trappola deve essere raffreddata con un bagno freddo (ghiaccio secco/acetone). Figura 6 8 Distillazione con colonna Vigreaux a pressione atmosferica o a pressione ridotta. CHIMICA ORGANICA I - laboratorio AA 2010/11 Evaporatore rotante: è un’apparecchiatura che consente di allontanare velocemente il solvente ed isolare il soluto, sia che si tratti di una sostanza solida, sia che si tratti di un liquido altobollente. Un evaporatore rotante si compone di tre parti (Figura 7). Il bagno riscaldante A, che serve all’adduzione di energia, la struttura di supporto B, che tiene insieme i componenti e l’elevatore 1 ed accoglie il motore per la rotazione 2, il sistema di controllo 3, e il complesso in vetro C, nel quale avvengono i processi di distillazione. Il complesso in vetro è composto da pallone di evaporazione 4, sistema di tenuta 5, collettore in vetro 6 e recipiente di raccolta. L’evaporazione avviene a pressione ridotta (perché l’evaporatore è collegato ad una pompa da vuoto tramite il raccordo 10) e quindi a temperature relativamente basse. Il pallone contenente la soluzione da evaporare 4 è immerso nel bagno d’acqua A, alla temperatura opportuna, e lasciato in rotazione durante l’evaporazione, così da prevenire la formazione di grosse bolle e lasciare esposta un’ampia superficie del liquido. Il vapore che via via si forma risale verso il refrigerante 6 (raffreddato da una serpentina d’acqua) e qui condensando scende verso il pallone di raccolta 7, immerso in bagno di ghiaccio. In sintesi si opera come segue: i. si prepara il bagno di ghiaccio per il pallone di raccolta e si apre l’acqua di raffreddamento; ii. si collega il pallone, contenente la soluzione da evaporare, all’evaporatore, lo si fissa e senza lasciare la presa si fa il vuoto nell’evaporatore. dopo qualche secondo si immerge il pallone nel bagno d’acqua e si inizia a farlo ruotare controllando che l’evaporazione avvenga in modo regolare. Evaporato il solvente si procede in modo inverso: i. si ferma la rotazione e si solleva il pallone dal bagno; si lascia entrare lentamente l’aria nell’evaporatore dallo sfiato 9 ruotando il rubinetto 8; ii. si chiude la pompa da vuoto e si stacca il pallone; iii. si chiude l’acqua di raffreddamento e si svuota il pallone di raccolta (eliminando il solvente negli appositi contenitori di raccolta) Figura 7 9 Rappresentazione schematica di un evaporatore rotante. CHIMICA ORGANICA I - laboratorio AA 2010/11 Cristallizzazione: è basata sull'ottenimento di una soluzione sovrasatura del prodotto: per lento raffreddamento (a temperatura ambiente o inferiore) di una soluzione satura al punto di ebollizione, eventualmente filtrata a caldo, (cristallizzazione “caldo/freddo”; Figura 8), oppure - per aggiunta di un solvente in cui il prodotto non è solubile ad una soluzione satura a temperatura ambiente; l'aggiunta prosegue fino al momento in cui scompare l'intorbidimento della soluzione o della miscela (Nota: non sempre si separano due fasi). Freddo Caldo Impurezze solubili Impurezze solubili Acido benzoico Impurezze insolubili Freddo Impurezze insolubili Acido benzoico (filtrazione a freddo) (filtrazione a caldo) Figura 8 Le fasi di una purificazione per ricristallizzazione caldo/freddo (nell’esempio si isola acido benzoico). Coppie di solventi spesso usate sono: etere/etere di petrolio(o n-esano); cloroformio/etere di petrolio(o nesano); cloruro di metilene/etere di petrolio(n-esano); acetone/etere; acetone/acqua; etanolo/acqua; metanolo/acqua. Spesso se la spontaneamente, cristallizzazione può essere non indotta inizia 40 con 35 l'aggiunta di qualche cristallino del prodotto, se 30 disponibile, oppure grattando la parete interna del recipiente in corrispondenza alla superficie della 25 soluzione con una bacchetta di vetro oppure 20 raffreddando la soluzione a -70°C e riportandola a 15 temperatura ambiente sempre grattando la parete 10 interna del recipiente. La temperatura della 5 soluzione sovrasatura dovrebbe essere di almeno 0 0 30°C inferiore al punto di fusione del prodotto da 20 40 60 80 100 T (°C) ricristallizzare. Se questa condizione non si verifica spesso il prodotto separa come un olio Figura 9 anzichè formare un precipitato cristallino. Il prodotto cristallino è filtrato sotto vuoto. 10 Curva sperimentale solubilità / temperatura dell’acido benzoico in acqua CHIMICA ORGANICA I - laboratorio AA 2010/11 La cristallizzazione caldo/freddo si basa sull’aumento di solubilità con la temperatura. E’ pertanto necessario scegliere un solvente che, nei confronti del composto da purificare, si comporti in modo ottimale, cioè tale che la solubilità aumenti considerevolmente con la temperatura. Si veda ad esempio l’andamento per l’acido benzoico in acqua (Figura 9). Le condizioni ideali consistono nella quasi totale insolubilità a T ambiente (o comunque alla minima temperatura operativa) e quasi totale solubilità alla massima T operativa (inferiore al Peb). Cromatografia: è un processo di separazione basato sulla distribuzione differenziale dei componenti di una miscela tra una fase mobile (in forma di liquido o gas) e una fase stazionaria (solida). La fase stazionaria può essere sotto forma di colonna (cromatografia su colonna) attraverso cui fluisce la fase mobile, o sotto forma di strato sottile (cromatografia su strato sottile) sul quale la fase mobile (liquida) scorre per capillarità. Le tecniche cromatografiche vengono utilizzate sia in applicazioni analitiche per: - seguire il decorso della reazione - determinare l'identità e la purezza del prodotto sia preparative per: - separare miscele di componenti Le tecniche principali sono la cromatografia liquida su colonna e su strato sottile (TLC, thin layer chromatography) e la gas cromatografia (GC). Le prime due sono adatte a composti solidi o liquidi con punto di ebollizione relativamente elevato, la gas cromatografia, al contrario, è particolarmente indicata per composti volatili. La cromatografia su strato sottile (TLC , Figura 10) è il metodo più comunemente usato per seguire il decorso della reazione. Utilizzeremo lastrine di gel di silice contenenti un indicatore fluorescente che permette la visualizzazione degli eluiti per esposizione della lastra sviluppata alla luce UV. 11 CHIMICA ORGANICA I - laboratorio AA 2010/11 Lastrina (fase stazionaria) C A B ~ 1 cm D ~ 0.3 cm ~ 0.5 cm Eluente (fase mobile) polarità eluente polarità analita Figura 10 Cromatografica su strato sottile (TLC): A. Caricamento dell’analita; B. Immersione nell’eluente; C. Eluizione; D. Effetti della polarità). Alternativamente gli eluiti possono essere rivelati trattando la lastrina con un opportuno reattivo (iodio, 2,4dinitrofenilidrazina, KMnO4, acido fosfomolibdico ecc.). È necessario provare alcuni eluenti diversi (solventi puri o più comunemente miscele di solventi di diversa polarità, per es. etere di petrolio/etere etilico, in diverse proporzioni) per poi scegliere l'eluente ottimale per la separazione dei componenti la miscela di reazione (Figura 11). Composto A (meno polare) Composto B (più polare) Miscela A+B Figura 11 Separazione di una miscela mediante TLC. 12 CHIMICA ORGANICA I - laboratorio AA 2010/11 Ricordarsi di riprodurre sempre sul quaderno di laboratorio i cromatogrammi-TLC ottenuti con i vari eluenti, specificando i valori di Rf dei vari eluiti (Rf = distanza percorsa dall'eluito/distanza percorsa dal fronte dell'eluente, Figura 12) Rf (A) = dS dA dA dS Figura 12 Calcolo del fattore di ritenzione (Rf). 4. Utilizzo di apparecchiatura per riflusso Quando si deve mantenere ad alta temperatura una soluzione, ad esempio per condurre una reazione o una cristallizzazione, può essere necessario utilizzare un apparecchiatura per riflusso (Figura 13), allo scopo di evitare che il solvente evapori. In pratica si tratta di montare un condensatore verticale (solitamente “a bolle”) sopra il pallone di reazione. L’acqua nella camicia esterna raffredda le pareti consentendo ai vapori di condensare e ricadere nel pallone. Il flusso d’acqua non deve essere elevato, in quanto la quantità di calore scambiata è limitata, mentre le dimensioni del condensatore devono essere adeguate per consentire ai vapori di condensare completamente prima di raggiungere la sommità. 13 CHIMICA ORGANICA I - laboratorio AA 2010/11 E’ fondamentale NON CHIUDERE l’apertura alla sommità dell’apparecchiatura, in quanto, nonostante il riflusso del solvente, si possono avere comunque delle variazioni di volume dovute all’eventuale sviluppo di gas nel corso della reazione (ad esempio CO2, H2, …) o semplicemente al riscaldamento dell’aria presente all’interno (! PERICOLO !). E’ H2O invece possibile montare un tubo a CaCl2 che evita l’ingresso di umidità o corpi estranei, mentre non impedisce il deflusso di H2O aria e gas. Per il riscaldamento si impiega generalmente un mantello riscaldante o un bagno ad acqua (o olio) su piastra riscaldante. Quest’ultima soluzione consente un miglior controllo della temperatura. Il pallone di rezione viene fissato con una pinza alla rastrelliera, mentre l’apparecchio riscaldante è sorretto da un elevatore meccanico, in modo da poterlo facilmente abbassare per interrompere rapidamente il riscaldamento all’occorrenza. Figura 13 Apparecchiatura per il riscaldamento a riflusso. 14 CHIMICA ORGANICA I - laboratorio AA 2010/11 Bibliografia 1. “Vogel Chimica Organica Pratica” 2° ed.; A. I. Vogel, Casa Editrice Ambrosiana, Milano; 1988. (Vogel's Textbook of Practical Organic Chemistry, 5th Edition; Addison-Wesley Pub Co; 5th edition, 1989) 2. M. R. Royston, J. C. Gilbert, S. F. Martin “Chimica Organica Sperimentale”, Ed. Zanichelli, Bologna - 1999 Proprietà chimico-fisiche di composti organici: 1. 'The Handbook of Chemistry and Physics' CRC Press, Boca Raton, Florida (71st ed., 1990-1991). 2. 'Merck Index' Merck and Company, Rahway, NJ, 11th ed., 1989. 3. Cataloghi delle varie ditte commerciali (Aldrich, Fluka, ecc.) 4. ''Heilbron's Dictionary of Organic Compounds” J. Buckingham, Ed., Chapman and Hall, London, 1982 (7 volumi, Biblioteca del Centro Interchimico). Testo di riferimento generale di chimica organica con ricca bibliografia: March's Advanced Organic Chemistry: Reactions, Mechanisms, and Structure, 5th Edition, Wiley Interscience, 2000. 15 AA 2010/11