La periferia sottile

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La periferia sottile
Casa - Residenza - Politiche Sociali - Immigrazione - Diritti - Dal 1993, il giornale di strada di Bologna fondato dai senza fissa dimora
La periferia sottile
Bologna non è grande. Non dovrebbe
essere difficile governarla una città così.
Guardando Roma, per esempio, è chiara
la difficoltà di tenere insieme in una sola
amministrazione quartieri che non si
assomigliano uno all’altro. Tutto ciò che
sta attorno a Bologna, invece, sembra
suo figlio naturale. E allora cosa sta succedendo a Bologna? Perché oggi si rappresenta questa città come un territorio
sempre più ‘degradato’?
La città cambia sotto i nostri occhi. I
cinema in centro chiudono, le fabbriche
inglobate nella città diventano aree
dimesse, i centri sociali e l’università
vengono allontanati. Questa tendenza al
decentramento crea vuoti di socialità e
ad occuparli sono quelle fasce sociali
che si vorrebbero nascondere alla vista.
L’esclusione invade il centro come
un’onda di ritorno.
É lecito pensare che queste tendenze
rendano più nette le fratture sociali che
attraversano la città?
É possibile oggi capire meglio chi veramente governa la città studiando il territorio e i processi di trasformazione in
atto? Abbiamo provato a rispondere a
queste domande. Per farlo abbiamo
deciso di aumentare, per l’occasione, il
numero delle pagine del mensile. E,
soprattutto, di invitare esperti del territorio, urbanisti, sociologi, architetti, a
dibattere con noi questi problemi Ci
siamo così divisi la città al fine di fare
delle piccole indagini territoriali, così da
raccontare direttamente sul campo quello che sta succedendo. Qualcuno di noi
è andato a studiare il Pilastro, altri si
sono recati alla Bolognina, in via del
Lazzaretto, al Bologna 2, in via
Fioravanti, nelle aree più soggette a
grandi trasformazioni. Dove sta andando Bologna?
Forse leggere questa città nella vecchia
dialettica centro-periferia è semplicistico. Bologna non è Parigi, non ha un
grande centro e fuori la banlieue. La
‘malattia periferica’ qui è sottile.
- Segue a pag 2 -
PRODURRE QUESTO GIORNALE COSTA 0,52 EURO • QUELLO CHE DATE IN PIU’ E’ IL GUADAGNO DEL DIFFUSORE
QUALSIASI RICHIESTA DI SOLDI AL DI LA’ DELL’OFFERTA LIBERA NON E’ AUTORIZZATA
Poste Italiane Spa Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L27/02/2004 N.46)ART.1 comma 2 DCB - Bo (Num. 10 per Poste Spa)
piazza
Grande
Giornale di strada di Bologna
fondato dai senza fissa dimora
“Tendere un giornale è meglio
che tendere una mano”
***
Proprietà
Associazione Amici
di Piazza Grande Onlus
Direttore Responsabile
Antonino Palaia
Caporedattore
Leonardo Tancredi
***
Ai lettori
Come tutti gli anni Piazza Grande a
dicembre realizza un numero doppio,
che resterà in distribuzione nelle strade
fino agli ultimi giorni di gennaio.
Nell’inchiesta di questo mese, intitolata
“La periferia sottile” ci siamo occupati
dei mutamenti urbanistici che stanno
interessando Bologna, e di come tali
trasformazioni potranno influire sulla
socialità della città.
Nelle pagine che seguono trovate le storie di alcune fabbriche dismesse che un
tempo erano luoghi di lavoro e aggrega-
zione e dove oggi dormono i rumeni
clandestini. Poi trovate il racconto dell’esperienza di urbanistica partecipata di
via Fioravanti, e quello che sta per accadere in via del Lazzaretto.
Completano l’inchiesta due reportage
dal Pilastro e dal Bologna 2, zone simbolo delle difficoltà di integrazione
bolognese, e un saggio sulla percezione
della periferia dei migranti che vivono a
Padova.
Dei temi di sui si tratta in questo numero si discuterà nell’incontro “Giro di
Redazione:
via Libia, 69 40138 Bologna
Tel. 051 342 328 - Fax. 051 3370669
periferie” che si terrà il 17 dicembre
presso il Vag 61 dalle h. 16 in poi.
Questo numero è dedicato a
Massimiliano Salvatori, il caporedattore
della nostra Redazione di Strada, che a
forza di macinare kilometri sulle strade
bolognesi per le sue inchieste....è stato
investito da un’automobilista distratta.
Questo mese Max ci leggerà dal suo
letto mentre si riprende da una brutta
frattura al braccio, auguri, ti aspettiamo
in via Libia!
Sommario
***
- Ai lettori
pag 2
www.piazzagrande.it
- Accade davvero
pag 3
[email protected]
***
- L’inchiesta del mese
pag 4 - 17
Distribuzione: Antonino Palaia
- La Nera
Storie dalle città invisibili
pag 18
***
Redazione Web
Jacopo Fiorentino
- Il Falcone bolognese
pag 19
***
- Come fare per
pag 20
Idea Grafica:
Jacopo Fiorentino
- Dal basso verso l’alto
pag 21
***
Immagini:
Le foto di questo numero sono tratte dal
reportage fotografico “La metropoli
rimossa” realizzato da Gaetano Massa
- Le pagine dell’Associazione
pag 22, 23
- Indirizzi utili
pag 24
***
In Redazione:
Jacopo Fiorentino, Massimiliano
Salvatori, Matteo Artoni, Nicola Ferrari,
Dario Coriale, Giuseppe Scandurra,
Mattia Caiulo, Giulia Lasagni, Gaetano
Massa, Davide Venturi e Vincenzo
Conte.
***
Hanno collaborato a questo numero:
Andrea Bianchi, Antonio Capuano,
Alvise Sbraccia, Alberto Benchimol,
Antonio Dercenno, Gigi, Luca
Lambertini, Sara Sartori, Donato e Mattia
del Gruppo Video di Vag 61, Franco
“Bifo” Berardi, Marco Guerzoni,
Virginia e Claudia.
***
Bologna - 01.12.2005
Anno XI - Numero 10 - 24 pagine
Tipografia Nuova Cesat Firenze
Registrato presso il Tribunale
di Bologna il 15/09/1995 n°6474
2
Foto. Una ruspa all’interno della ex fabbrica Casaralta
- Segue dalla prima pagina Spesso non ha a che fare con fattori
territoriali, puramente geografici. Qui la
banlieue e il centro sono in un certo
senso invertiti: ‘il centro storico è periferia’. Gli studenti, i parìa della città, lo
occupano in massa. Le attività commerciali sono sempre più nelle mani
degli immigrati. Le colf filippine e le
badanti polacche, non potendo invitare
i conoscenti in case minuscole, si ritrovano a chiacchierare in piazza Maggiore
e in altri luoghi storicamente regno
degli ‘stanziali’, come i Giardini
Margherita. Nella prima periferia, gli
immigrati pakistani, per socializzare,
sono costretti ad emergere dalle umide
cantine di via Barbieri in cui vivono, e
si mettono a bere in strada. Questa
paradossale visibilità del non indigeno,
che sia immigrato o studente fuori
sede, che utilizza in modo diverso lo
spazio pubblico cittadino - visibilità
generata dalle necessità e dalle storture
dell’economia cittadina - induce spaesamento nei ‘bolognesi autentici’, da sempre abituati ad un isolamento dorato e a
godere in modo avulso del benessere
portato dai non autoctoni. Tale shock
ha certamente avuto un importante
ruolo nel portare gli amministratori
della città a mettere al primo punto dell’ordine del giorno una questione ambigua e controversa come quella della
‘legalità’. Ma non dovremmo cominciare a leggere Bologna a partire dalle fine
degli anni Settanta per capire questi
processi?
Altre fasce sociali vengono tagliate
fuori dai contatti con la città tramite
specifiche politiche immobiliari, ma
anche politiche di ghettizzazione strisciante come quelle che rendono più
‘agevole’ vivere insieme ai connazionali,
ad esempio per i cinesi nella zona di via
Ferrarese o i senegalesi a Casteldebole.
In tutti questi casi abbiamo difficoltà a
parlare di periferia, e troviamo più sensato far riferimento a diversi territori
eterogenei che non comunicano più.
Giunti a questo punto, bisogna chiedersi: chi sono questi ‘cittadini originari’
che si sentono sempre più insicuri e
invocano legalità?. In un certo senso,
oggi nessuno è un vero abitante di
Bologna, poiché la ‘bolognesità’ è per
lo più un’identità sbandierata davanti ai
non ‘indigeni’ come uno specchietto
per le allodole, una meta impossibile,
come impossibile è per gli abitanti delle
banlieues, persino alla terza generazione, sentirsi ‘francesi’ e ‘parigini’.
La Redazione
Accade
d@vvero
Dal nostr o sito, una r ubrica che par la di casa, nuove pover tà, diritti, immig razione. A Bologna e non solo
a cura della Redazione web
2.11.05 Traduzioni per cittadini stra-
l’altro con collegamenti a banda larga.
nieri Presso l'ufficio stranieri della Cgil
cura di UFO Unione Fotografi
zona franca dove stazionavano spaccia-
Organizzati
tori, ubriachi, gente che incuteva paura.
Il ripristino della legalità passa anche da
di Bologna i cittadini stranieri possono
È presto per dire se il progetto porterà
far tradurre in moltissime lingue certifi-
benefici effettivi a coloro che ne usufrui-
Le baracche di cellophane, i giocattoli
piccoli provvedimenti come, per esem-
cati di nascita e di matrimonio, titoli di
ranno.
dei bambini, i panni stesi, i piatti, le pen-
pio, togliere le panchine.”
tole e i fornelli improvvisati: la cruda
studio e qualsiasi altro documento. Le
traduzioni potranno essere fatte dall'ita-
Tra gli scopi della campagna, menzionati
realtà degli sgomberi è contenuta nei
liano alle seguenti lingue e viceversa:
dall’Ufficio del Vice Primo Ministro, vi
piccoli oggetti quotidiani che i rumeni
Arabo, Albanese, Bangladesh, Bosniaco,
sono la riduzione del “digital divide” e
del Lungo Reno lasciano frettolosamen-
21.11.05 L’”Erasmus” dei senza casa
Bulgaro, Cinese, Inglese Tigrigno,
l’aspirazione a fornire alle persone anzia-
te dietro di sè, con l'avanzare delle
Roma, la sua storia e i suoi tesori d’arte
Eritrea, Talog, Moldavo, Nigeriano,
ne disagiate la possibilità di tenersi in
ruspe.
attirano turisti da tutto il mondo, ma
Urdo, Pakistan, Polacco, Rumeno,
contatto con amici e parenti, e in genera-
Russo, Somalo, Serbo-Croato, Spagnolo,
le a “contrastare l’esclusione sociale tra-
Cingalese-Sri Lanka, Tamil, Turco,
mite le nuove tecnologie”. A questo pro-
Wolof-senegal
posito si fa l’esempio dei telefoni cellula-
06.11.05 Lontano dagli occhi, lontano
migliaia di senza fissa dimora che vivo-
ri, già usati attivamente dai senzatetto
dal cuore e dal portafoglio
no sul posto, coloro che provengono da
per essere rintracciabili da possibili dato-
A Reading, cittadina a poche decine di
altri paesi. È il caso di Mikhail, ventino-
ri di lavoro.
chilometri da Londra, il consiglio citta-
venne moscovita, da due anni a Roma,
dino ha deciso, nel giugno del 2004, di
che ha condiviso le sue peripezie con i
adottare energiche misure per far fronte
lettori della gazzetta russa “Smena”.
@@@
05.11.05 Donne migranti a Reggio
@@@
@@@
non tutti coloro che vengono a far visita
@@@
alla città eterna si lasciano dietro una
casa in cui tornare. Molti sono, tra le
all’aumento delle persone senza fissa
Emilia Sabato 5 novembre si è tenuta a
Reggio Emilia, presso l’Auditorium
06.11.05 Record di homeless in
dimora che mendicano nelle strade del
Quando Mikhail aveva 13 anni, sua
dell’Istituto Peri, il convegno dedicato
Scozia? Il boom economico britannico
centro. Un anno e mezzo dopo, il pro-
madre morì e venne mandato in orfano-
alle donne migranti Protagoniste
ha anche un’altra faccia. In Scozia, le
gramma viene salutato come “un suc-
trofio dal padre. Fuggì dopo un anno, e
Silenziose, patrocinato dall'Assessorato
cifre dell’aumento dei senzatetto sono
cesso”. Delle venti persone che prece-
cominciò a mendicare nella metropolita-
all'immigrazione del Comune di Reggio
preoccupanti. Il numero dei bambini che
dentemente dormivano in strada – di cui
na. Le vessazioni della polizia lo spinse-
Emilia e dal Consigliere di parità della
vivono nei “bed and breakfast” dopo
quindici tossicodipendenti, riporta la
ro a spostarsi a San Pietroburgo, dove
Provincia. Il fenomeno dei migranti non
che i genitori hanno perso l’abitazione è
statistica ufficiale – sedici ora “non
trascorse cinque anni, fingendosi reduce
è uniforme; non è possibile individuare
quasi raddoppiato negli ultimi tre anni,
mendicano più”.
della guerra in Afghanistan per ottenere
un soggetto modello che sia stereotipo
secondo le statistiche ufficiali. Eppure, le
del migrante, e ancora più difficile è
direttive governative prevedono che i
I provvedimenti presi sono consistiti
veterani più esperti gli tolsero il posto; il
comprendere le differenze tra uomini e
bambini siano ospitati in tali strutture
nell’iscrizione a progetti abitativi, ma
nostro eroe passò allora il confine con la
donne migranti. Le donne hanno ruoli
solo in situazioni di grave emergenza.
anche a programmi di trattamento con-
Finlandia, e si cercò il pane ad Helsinki.
essenziali nell’integrazione sociale anche
Una situazione che appare, dunque,
tro la tossicodipendenza che prevedono
tra i numerosi migranti che risiedo nella
fuori dell’ordinario.
attività lavorative obbligatorie.
più facilmente offerte. Tuttavia, dei falsi
@@@
nostra Regione: ruoli che spesso vengo@@@
29.11.05 Corso di informatica per cit-
domande di abitazione da parte degli
14.11.05 A Bazzano panchine abolite
Lavoratori Stranieri Cgil di Bologna
homeless. Si parla di 57000 richieste, con
contro i "balordi" Anni fa lo sceriffo
organizza un corso di informatica per
un aumento dell’uno per cento rispetto
Gentilini, il famigerato sindaco di
cittadini non comunitari della durata di
La mostra si è tenuta dal 5 al 20 di
al 2004. Trentamila di queste sono di
Treviso noto ai più per le proprie farne-
18 ore.
novembre nel Chiostro di S. Domenico,
tipo prioritario, con necessità o urgenza
ticanti idee razziste, fece la stessa cosa
Il corso si svolgerà presso l'Ecap, in via
tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 9.30
particolari. Tra tali casi, le famiglie con
contro gli immigrati.
Bigari, 3, Bologna. Inizio corso giovedi
alle 12.30 e dalle 16 alle 19.
figli sono 2273, e l’ottanta per cento di
no dimenticati in favore di problemati-
Le statistiche ufficiali scozzesi, tuttavia,
che più concrete e visibili come il per-
parlano una sostanziale stabilità nelle
messo di soggiorno, i pasti quotidiani, e
altre esigenze primarie.
@@@
15 dicembre, h. 18.30
tali situazioni sono state risolte usando
Nelle scorse settimane Renato Baioni,
alloggi temporanei gestiti dalle autorità,
sindaco di CentroSinistra di un piccolo
Info
di cui il sette per cento con strutture di
paese in provincia di Bologna sceglie la
Centro Lavoratori Stranieri Cgil
tipo “bed and breakfast”.
"via leghista" e decide di togliere le pan-
Tel. 051.6087190 - Fax 051251062
chine pubbliche per mettere in difficoltà
4.1105 Senzatetto britannici presto on
line? BBC news riporta in questi giorni,
tadini non comunitari Il Centro
@@@
spacciatori e ubriachi. In nome della
legalità.
nelle sue pagine internet, la notizia che il
governo britannico ha lanciato una cam-
06.11.05 Vag. Mostra sugli sgomberi
pagna per favorire la diffusione di inter-
del Lungoreno Giovedì 10 novembre
Il primo cittadino si sente vicino alla
net negli ostelli e nei centri di accoglien-
2005 è stata inaugurata una mostra foto-
politica di Cofferati: “Una strada del
za per persone senza fissa dimora – tra
grafica sugli sgomberi del Lungo Reno a
centro- spiega- stava diventando una
Altre notizie su
http://www.piazzagrande.it
3
L’inchiesta del mese
La periferia sottile
Quo vadis?
Bologna dall’alto
Foto. L’interno della Ex fabbrica Casaralta. Le foto di questo numero sono tratte dal reportage fotografico “La metropoli rimossa” realizzato da Gaetano Massa
Bologna non è grande. In Macchie di rosso, lo scrittore Luigi Bernardi afferma che vedendola dall’alto, Bologna, si riuscirebbe perfino ad abbracciarla con un unico sguardo. Di conseguenza, non dovrebbe neppure essere difficile governarla una città così. Guardando città come Napoli, o Palermo, è chiara la difficoltà di tenere insieme in una sola amministrazione quelle che anche l’occhio, posizionato in alto, percepisce come entità discordanti, quartieri che non si assomigliano uno all’altro, a volte si oppongono in modo del tutto evidente. Tutto ciò che sta attorno a Bologna, invece,
sembra suo figlio naturale. Poi però le città, quando scendi sulla strada, sono fatte di persone che si lasciano, di famiglie che si sfaldano, di figli che si ribellano e non si riconoscono più.
Bologna, 2005
intensivo non è un fenomeno nuovo –
zione definitiva di esso in luna park
persino i portici nacquero, nel
della cultura; la creazione di un nuovo
Durante gli anni Novanta, l’assetto
Medioevo, per opera degli affittacamere
centro alternativo che fornisca i servizi
urbano di Bologna andava ristudiato. Il
che desideravano creare nuove stanze
spostati dal primo; la trasformazione in
centro storico, con le sue stradine e la
da riempire di studenti, e tuttavia erano
quartiere ad ‘alta velocità’ di tutta la
sua pianta medievale, non poteva più
vincolati dalla larghezza della strada e
zona della Bolognina e del Navile, che
reggere l’uso sempre più intensivo cui
dallo spazio disponibile - eppure ciò
è per l’appunto la zona principe della
era stato destinato con il beneplacito
che impressiona è quanto, og gi, a
trasformazione. Uno spostamento che
dei poteri forti cittadini – aeroporto,
distanza di più di dieci anni, il processo
fu immaginato per la città già ai tempi
ente fiera, università, immobiliari, coo-
sia governato in maniera del tutto sot-
della creazione dell’asse Indipendenza-
perative sociali, aziende e servizi dei
terranea, impermeabile a coloro che la
Matteotti e della creazione di piazza
trasporti – interessati all’afflusso di
città la vivono, e vada avanti in barba ai
dell’Unità, nuovo auspicato centro di
masse di persone che potessero sempre
piani urbanistici partecipati che non
socializzazione.
più vitalizzare l’economia del terziario
possono che piegarsi alle necessità di
bolognese, in un’epoca ormai post-
vari tipi di speculazione – cementifican-
industriale, allorché persino i fiori
do sempre nuove aree, nonostante il
all’occhiello dell’area, come l’industria
gran numero di case vuote.
meccanica, vedevano ridursi il loro fat-
Dopo aver raggiunto il punto di rottu-
turato se non il loro prestigio. Nei
ra, oggi è possibile trarre le conseguen-
primi anni Novanta il numero degli stu-
ze di questo ridisegno territoriale: l’e-
denti dell’ateneo cittadino raggiungerà
sautorazione del centro storico dalle
le centomila unità. Tale sfruttamento
funzioni amministrative e la trasforma-
4
dedicati al commercio, e fu presentato
come un tentativo di ‘ricucire una ferita
urbanistica’ saldando il centro storico
con i quartieri oltre la ferrovia.
L’artificio simbolico in tal senso erano
le due torri che avrebbero dovuto
sovrastare la stazione, spostando così il
baricentro della città verso nord. Le
torri furono poi cassate come l’intera
stazione, e tuttavia Bofill, cacciato dalla
porta, è rientrato dalla finestra: il fine
che si intendeva perseguire con il suo
progetto oggi va avanti, e viene portato
alle estreme conseguenze. In fondo di
torri, a settentrione del centro storico,
ce ne sono già: sono quelle della Fiera,
ottimo esempio di simbolo di commistione tra interesse pubblico - la sede
della Regione - e interessi privati. La
parola d’ordine diventa ‘valorizzazione’.
La nuova stazione per l’alta velocità
La seconda strage della stazione
deve divenire un grosso centro commerciale, sul modello di Termini, con la
Questo progetto di ridisegno territoria-
conseguenza che tutta la Bolognina
le si manifestò per la prima volta ad ini-
vedrà presto salire vertiginosamente il
zio 1995 nella forma del piano per la
valore specifico degli immobili. Il cen-
nuova stazione ferroviaria firmato dal-
tro storico va valorizzato, aprendo
l’architetto catalano Ricardo Bofill.
nuovi esercizi commerciali, poiché que-
Esso era caratterizzato da ampi spazi
sta è l’unica maniera che i governanti
L’inchiesta del mese
La periferia sottile
immaginano per combattere il degra-
molti quartieri diventano crogiuoli di
do. È la “riqualificazione speculativa”
gruppi e di culture diverse: di immigrati
Prendiamo ad esempio l’area della
trabile in altri centri come quelli, musei-
di cui parla Marco Guerzoni, la conse-
ma anche di studenti pendolari o fuori
Bolognina. Questa diverrà congestiona-
ficati, di Firenze o Roma, dove i territo-
gna definitiva della malintesa ‘città
sede, a cui si affiancano presenze rapi-
ta e caotica, il Comune non sarà più
ri più poveri della città, le zone ‘illegitti-
rossa’ al caos e al profitto come valori
de e saltuarie ma incisive per i loro rap-
facilmente raggiungibile con i mezzi
me’, per chi cavalca la questione sicu-
assoluti.
porti con la produzione mercantile e
pubblici, il traffico e il carico urbanisti-
rezza, sono spesso relegati alla perife-
commerciale della città. Da anni gli
co aumenteranno in maniera insosteni-
ria. Questo aspetto fa sì che detto cen-
incontri reciproci non solo non vengo-
bile. L’indice edificatorio ammesso per
tro non sia socialmente omogeneo: gli
no più stimolati, ma impediti e la valo-
l’area è elevatissimo, i piani le attribui-
antichi edifici sono abitati da cittadini
rizzazione degli spazi rende impossibile
scono un livello di rumorosità più in
comuni, da una ricca borghesia, da stu-
la socialità casuale, non programmata.
alto dell’attuale, le ultime modifiche al
denti, ma è sotto i portici che Bologna
Così si è formato un centro storico che
piano per la nuova zona amministrativa
si fa caleidoscopio della diversità;
è una magnifica esemplificazione di ciò
non prevedono più un grande parco.
davanti alle vetrine dei negozi di lusso,
che Wenders chiama “confetteria urba-
Scopo finale: chiudere la cosiddetta cer-
dei teatri, delle chiese, sostano mendi-
na”. In un centro-confetto non ci si
niera tra l’area fieristica e l’epicentro
canti, homeless, immigrati, tossicodi-
vive, e infatti i residenti lo stanno
amministrativo e spazzare via, ossia
pendenti; qui questi attori sociali svol-
lasciando in massa. È un luna-park,
cambiarne radicalmente la natura, l’area
gono le loro attività, scollettano, smer-
non privo di bancarelle di simboli
residenziale che sta in mezzo.
ciano, spacciano fumo, spesso dormo-
Anime separate
Bologna è sempre stata ricca di diverse
cittadinanze: Bologna città universitaria, Bologna città mercato dei comuni
che la circondano, Bologna città delle
fiere e del divertimento, Bologna città
di immigrazione. O almeno, così è sempre stata percepita dall’esterno, così
spesso si è autorappresentata. Dagli
anni Ottanta, però, ognuno di questi
attributi sembra più definire singoli
gruppi che non un insieme amalgamato
sulla base della condivisione di una
residenza comune. È negli ultimi tempi
che queste cittadinanze hanno accentuato questo carattere di mondi separati. I diversi gruppi che compongono le
tessere di questo mosaico cominciano
dunque ad ignorarsi, privati di una politica coerente che li ponga gli uni accanto agli altri. Con il passar degli anni,
presenza dei portici, che non è riscon-
nostalgici, fatti solo per tenere vivi i
miti del passato, come le nuove statue
erette nelle aree più centrali dimostrano
- Padre Pio, Ugo Bassi, San Petronio.
Ma non può certamente essere la
‘petronianità’ a trasformare in cittadinanza popolazioni sempre più invisibili
l’una all’altra. E a fianco del centroconfetto ci si appresta a sviluppare il
centro virtuale, un centro-fiera che si
monta e si smonta a seconda delle sole
logiche di profitto.
no. I portici, in un certo senso, diventaPeriferizzazione sottile
Non abbiamo mai immaginato di poter
descrivere la città di Balanzone come
fosse una città portuale, come Genova
o Marsiglia. Però, ad oggi, anche di
Bologna possiamo parlare come di più
mondi che convivono senza sfiorarsi. Il
centro della città ha una peculiare caratteristica urbanistico-architettonica, la
no la loro dimora, mentre i cittadini
passano accanto, così che mondi sociali
diversissimi si sfiorano e coesistono - la
zona universitaria è uno dei luoghi classici di tale convivenza. Dunque
Bologna si fa contenitore di più città
che si scrutano, si sfiorano, si evitano,
in posizioni profondamente diverse e
asimmetriche. La società ‘legittima’, per
lo più costituita da residenti e stanziali,
non conosce quella nomade ed ‘illegitti-
5
L’inchiesta del mese
La periferia sottile
ma’ - lavoratori precari e non garantiti,
nistrazione comunale è che in vasti
migranti, studenti -, ma la evoca conti-
strati della popolazione stanziale bolo-
nuamente, la rende colpevole del
gnese vi sia un forte senso di insicu-
degrado che la città vive. Se la prima
rezza, a dimostrazione di come questo
città fa della stigmatizzazione della
sentimento sia andato sempre più cre-
seconda, e della sua economia infor-
scendo negli ultimi venti anni. Vi sono
male e a volte illegale, uno dei rituali
impiegati che scrivono al Sindaco di
pubblici più in voga, la seconda è per
provare disagio ad andare al lavoro.
definizione priva di parola. La prima
Quanto sia forte il senso di insicurezza
città tuttavia ricorre alla seconda per
risulta anche dalle precauzioni che
un gran numero di servizi o prestazio-
molti prendono per ridurre i rischi. Vi
ni, da quelli ‘sconci’ - droga, prostitu-
sono persone che non escono sole alla
zione, gioco d’azzardo - a quelli ‘etici’:
sera; altre ancora che, quando la matti-
lavoro precario e a basso controllo nei
na alle sette vanno al lavoro in biciclet-
cantieri, nelle attività industriali, nel-
ta, si guardano più volte alle spalle. E’
l’assistenza e la collaborazione dome-
convinzione di coloro che si rivolgono
stica, e soprattutto lavoro a bassissimo
all’amministrazione comunale, a
costo e ad alto livello di competenza
cominciare proprio dai primi anni
nel settore della cultura – l’industria
Ottanta, che il numero dei reati e delle
principe della città, quella che la arric-
piccole violazioni delle regole sia
chisce e le consente di imporre prezzi
straordinariamente aumentato negli
inverosimili agli immobili, che costitui-
ultimi dieci o venti anni. Uno dei moti-
scono un capitolo economico a parte.
vi ricorrenti nelle lettere e nelle peti-
I protagonisti dell’industria culturale
zioni è la contrapposizione fra la
bolognese vengono spesso da fuori.
Bologna isola felice del passato e la tri-
Scrittori, musicisti, organizzatori di
ste realtà di oggi. Il sostantivo che
eventi e movimenti culturali, tecnici
ricorre più spesso nelle lettere e nelle
che consentono alla logistica della
petizioni è ‘degrado’. Proviamo ad
baracca di andare avanti grazie alla
accostare questi dati a quelli, più
loro passione, espressa già da qualche
recenti, che fornisce il responsabile
decennio all’interno di ambienti quali i
dell’Ufficio Disagio Adulti di Bologna,
centri sociali o i circoli culturali, dove
secondo i quali sono sempre più i cin-
si organizzano dibattiti e concerti con
quantenni italiani che perdono il lavo-
ospiti spesso di livello internazionale.
ro, lasciano la famiglia e si ritrovano
Queste realtà, dai costi di accesso e di
per strada. Storie di malattia, di droga,
produzione bassissimi grazie alla pas-
di abbandono, ma spesso anche rac-
sione e alla voglia di crescere profes-
conti di fallimenti economici imprevi-
sionalmente di ragazzi ambiziosi, sono
sti legati alla perdita di un lavoro.
state per molti anni al centro di un
Storie di immigrati e di lavoratori in
patto non scritto tra università,
nero. E’ da pochi anni, in effetti, che i
Comune e autorità di sicurezza che le
cittadini bolognesi possono vedere file
ha viste sopravvivere in cambio della
di uomini sul bordo del marciapiede di
ricchezza e dell’attrattiva che hanno
via Emilia che aspettano che un auto si
garantito alla città. E ora che succede?
avvicini, il fenomeno del caporalato.
Dove è finita la progettualità “cultura-
Forse che questo non è degrado?
le” di Bologna?
Quali sono i nessi tra i due tipi di
degrado?
‘Malessere’ urbano
Il sociologo Barbagli nel testo Egregio
signor sindaco presenta i risultati di una
ricerca condotta dall’Istituto Cattaneo
raccogliendo le le petizioni inviate al
Sindaco Vitali dal 1 gennaio 1990 al 31
dicembre 1998. L’impressione che si
ricava dalle lettere che in questi otto
anni i cittadini hanno rivolto all’ammi-
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Vogliamo parlare col ‘Capo’
Alla nuova Giunta sono state rimproverate
specifiche scelte ritenute incomprensibili e
soprattutto inaspettate. Aver eseguito, per
esempio, il decreto di sgombero richiesto
dai cittadini e dalla magistratura competente in un’area dove erano accampati da
tempo centinaia di rom romeni. Aver
mancato un accordo sul piano integrativo
L’inchiesta del mese
La periferia sottile
firmato con i dipendenti comunali dalla precedente amministrazione. Aver vietato il consumo di alcolici per strada dopo le nove di sera.
In generale, aver governato con spirito autoritario e sprezzante della partecipazione tanto
evocata durante la campagna elettorale. Ma
sono queste scelte a lasciare l’amaro in bocca a
molti bolognesi? Non si tratta piuttosto di un
senso di malessere che si è fortemente diffuso
negli ultimi anni in città e di cui il nuovo
Sindaco è solo in minima parte responsabile?
Il ‘nuovo ordine’ di Bologna non passa certo
per le discutibili, ma del tutto marginali, azioni
Ripensiamo Bologna
di Franco Bifo Berardi
Franco Berardi è intervenuto nel nostro giro in periferia con una lettera. Una critica puntuale della situazione politica e sociale cittadina, ma non solo. Fa luce sui rischi di disgregazione sociale derivanti dal
mancato sostegno del Comune alla scuola pubblica e invita a ripensare Bologna con una progettualità
creativa e libertaria.
di Cofferati. Da quando i poteri forti prendono in mano le redini dello sfruttamento intensivo della città, il Comune ha perso molta
della sua voce in capitolo ed ha un potere
limitato nel promuovere le politiche che davvero contano. La negazione del ruolo di chi
vive, come abitante, la città è al centro dei
nuovi progetti urbanistici, ed è leggibile studiando le nuove aree ad ‘alta velocità’, basate
sulle triangolazioni più svariate: aeroportofiera-stazione, tangenziale-comune-stazione,
polo culturale di san Donato-tangenziale-aeroporto. Eppure, come potrà mai navigare nell’imminente futuro il vaporetto Bologna senza
gli stimoli culturali, la manodopera sottopaga-
Dopo un lungo periodo di attese ormai
deluse, dopo un periodo convulso di
contrasti sociali e rotture politiche,
deve riprendere urgentemente la discussione pubblica sul destino della città.
Negli ultimi mesi si è capito che non si
può governare la città con una
politica unilaterale, senza ascoltare la
società, contrapponendo settori
diversi della popolazione urbana.
Ma adesso occorre andare oltre il vittimismo: i poveri rumeni cacciati con
le ruspe, i poveri lavavetri minacciati di
multe,
i
poveri
studenti
taglieggiati dai proprietari di casa, i
poveri artisti disprezzati. Or mai
l’abbiamo capito.
ta, la vitalità di intelligenze e culture nomadiche, che, chissà ancora per quanto tempo,
hanno accettato di fermarsi qui?
di Giuseppe Scandurra
[email protected]
Adesso occorre fare un passo avanti.
Occorre dire che la città ha bisogno
di una nuova fase progettuale.
Occorre analizzare criticamente i progetti di ridisegno strategico che si
stanno dispiegando in città.
Ed in contemporanea occorre elaborare
linee progettuali alternative, per
rilanciare la vocazione creativa, innovativa, libertaria che rappresenta il
meglio della tradizione bolognese e che
in questo ultimo anno sembra essere
stata dispersa.
Guardiamo il caso dell’Aldini, la scuola
comunale che dal 1844 fornisce
alle nuove leve di studenti una formazione tecnica e professionale
altamente apprezzata dal mondo produttivo bolognese. Da una quindicina
d’anni il Comune sta riducendo il suo
impegno finanziario in questa scuola,
e il 22 novembre l’assessore all’istruzione ha comunicato al consiglio di
istituto della scuola che una sezione
viene chiusa a partire dall’anno
prossimo. Proprio la sezione dei grafici,
quella che ha più richieste di
iscrizione, e rappresenta lo sforzo di
innovazione della scuola.
Nel quartiere in cui si trova la scuola
(tra la Bolognina e Corticella) c’è
un numero sempre più alto di stranieri,
e rischia di diffondersi la paura e
il conflitto interetnico. Che senso può
avere chiudere una scuola che si
trova in questo territorio? Perché indebolire una scuola pubblica che è
frequentata sempre più da ragazzi stranieri che in quella scuola cercano
integrazione culturale, oltre che formazione tecnica e professionale.
A soli due chilometri dal centro cittadino si sta creando una periferia
esplosiva. Tutta la città rischia di diventare un arcipelago di periferie
esplosive. Perciò occorre riprendere un
lavoro indipendente di riflessione
progettuale.
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L’inchiesta del mese
La periferia sottile
Si chiude
Le fabbriche dismesse,
nuovi vuoti di socialità
Il cuore produttivo della città è in grande affanno. Per la prima volta Bologna si allinea con la difficile congiuntura economica
generale. Alcune fabbriche hanno già chiuso, in molte altre si parla di esuberi. Ma non sono solo i posti di lavoro a rischio: la fabbriche erano parte integranti del territorio urbano, intorno ad esse si era sviluppata la formazione politica e cultura di un'intera
generazione di lavoratori. I quartieri hanno conosciuto una socialità di fabbrica, ormai invia d'estinzione.
Quartiere Navile, Bologna
In principio era l’erba, poi la città con le
sue fabbriche, infine complessi residenziali
e centri commerciali. Bologna, come molte
altre grandi città italiane, vive in questi anni
l’epilogo imprevisto di quella parabola
urbanistica che nella”via Gluck” di
Celentano si fermava alla prima fase della
cementificazione.
Decine di migliaia di metri quadrati del territorio urbano bolognese sono occupati
oggi da lastre di cemento, colonne di mattoni, capannoni fatti di vetri rotti e muri
diroccati; sono spazi enormi che si ergono
come cattedrali sconsacrate abitate da
erbacce, topi e da gruppi di immigrati senza
fissa dimora. Sono le aree industriali
dismesse che disegnano il volto delle
prime periferie della città, fino a qualche
anno fa luoghi di lavoro e produzione, teatro di dure lotte operaie e di una particolare
socialità di fabbrica, oggi sedi oscure dell’esclusione sociale, in attesa di diventare bocconi appetitosi per la speculazione edilizia.
Il quartiere Navile è la zona in cui questo
fenomeno è più evidente: tra via Ferrarese
e via Corticella si trovano la Sasib, la
Casaralta e la Minganti. Ognuna di queste
ha conosciuto un passato importante nello
scenario industriale non solo locale, solo la
Minganti conosce già il suo futuro: un centro commerciale ha già preso il suo posto.
I circa 80.000 metri quadri della Sasib sono
già proprietà di una società immobiliare
(l’azienda è stata ridimensionata e trasferita
a Castel Maggiore), l’area della Casaralta,
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60.000 metri quadri, è ancora congelata
dalla presenza di amianto nella struttura.
Prima della bonifica non sarà possibile nessuna riconversione.
La Casaralta ha chiuso i battenti nel ’98, ma
il suo portone di ferro è ancora aperto. Una
decina di uomini magherebini in quel
posto, che anche di giorno appare spettrale,
ha trovato un tetto.
Non lontano da lì, in via Donato Creti,
un’altra fabbrica ha smesso di produrre da
molti anni ed è stata riconvertita “dal
basso” in dormitorio. Vi dormono soprattutto rumeni transfughi della Casaralta,
“perché lì gli arabi fanno troppo casino e
spesso arriva la polizia”.
Storia di Daniel
Per tornare a casa dopo una giornata di
lavoro Daniel deve aspettare il favore delle
tenebre. È rumeno, vive a Bologna stabilmente da due anni e gli ultimi otto mesi li
ha passati in fabbrica. Non a lavorare, a
dormirci.
Di giorno Daniel gira per il centro offrendo
ai passanti una copia di Piazza Grande,
verso il tramonto si avvia al discount di via
Stalingrado, nella prima periferia bolognese. Non è tanto per fare la spesa quanto per
incontrare i suoi “compagni d’appartamento”. Con loro aspetta nel parcheggio del
supermercato che sia abbastanza buio per
poter scavalcare indisturbato i quattro
metri del muro di cinta della fabbrica.
“Fino a qualche giorno fa era facile entrare,
c’era un buco nel muro, poi una mattina è
arrivata la polizia, si è portata via cinque
persone e ha murato l’ingresso. Io ero già
in strada a lavorare, gli altri si svegliano
ancora prima per lavorare nei cantieri.”
Come centinaia di rumeni che vivono a
Bologna, Daniel viene da Craiova una città
di circa trecentomila abitanti, capoluogo
della provincia di Dolj nella regione
dell’Oltenia. In Romania ha lavorato molto
nell’edilizia, non solo come operaio, si è
occupato anche del controllo di qualità
nella produzione del cemento. “Per sei
mesi ho fatto anche il normator, è un lavoro
che qui da voi non esiste. Dovevo controllare in quanto tempo ogni operaio svolgeva
il proprio lavoro, poi facevo una media e
stabilivo il normativ, la paga oraria di ogni
operaio. Ho smesso subito era troppo
noioso, ma con Ceaucescu era così, tutti
dovevano fare tutto.”
A Bologna Daniel ha lavorato per un anno
come muratore, poi il cantiere è finito e
non ha trovato altro. Non è riuscito a rinnovare il permesso di soggiorno e l’unico
lavoro possibile è stato diffondere Piazza
Grande, ma quando va bene riesce anche a
guadagnare 500 euro al mese. Sulle impalcature dei cantieri edili si parla ormai solo il
dialetto di Craiova e la lingua dei rom. Di
giorno si lavora in cantiere, di notte di
dorme in fabbrica.
Daniel a Craiova ha ancora un figlio Andrej
che ha 23 anni e studia Giurisprudenza
all’Università. Anche per mantenere i suoi
studi Christian si arrabatta come può. Sua
moglie invece l’ha seguito in Italia e lavora
come badante a Portomaggiore nel ferrarese. “Ogni tanto vado a trovarla di domenica e se il prete che la ospita ce lo permette
passiamo un paio di notti insieme.”
Pino, Giovanni e gli altri
Tra gli abitanti del quartiere c’è qualcuno
che in quelle fabbriche ha lavorato trent’anni. Quello che è stato il luogo del sudore si
è trasformato ai loro occhi da fonte di sussistenza in fonte di degrado.
“La delinquenza è aumentata moltissimo
negli ultimi anni, da quando gli extracomunitari, a decine, vengono a dormire qua in
fabbrica. È diventata una specie di dormitorio. La maggior parte di loro spaccia e
poi ci sono risse, come niente spuntano i
coltelli. Una volta i cinesi si sono affrontati
con le scimitarre. Le ragazze hanno paura a
tornare da sole a casa. Uno di loro ha dato
della puttana a mia figlia.”
Pino è stato operaio alla Casaralta dal 1978
al 1999. Abita ancora di fronte alla fabbrica, probabilmente continua a respirare la
polvere d’amianto che ha inalato in
vent’anni di lavoro. Nello stabilimento di
via Ferrarese si costruivano carrozze ferroviarie. Durante una fase della lavorazione
queste venivano spruzzate con l’amianto e
poi facevano il giro della fabbrica per ultimare il prodotto. La polvere si spargeva
ovunque. “Quando il sole entrava dai buchi
del soffitto vedevamo in controluce nuvole
di polvere sospese nell’aria. Non parliamo
poi di come veniva spazzato via, usavamo
le scope, poi hanno introdotto una spazzatrice a gasolio che ha solo peggiorato le
cose. Come protezione delle semplici
mascherine bianche, quelle che si usano per
L’inchiesta del mese
La periferia sottile
i lavori in casa.”
La magistratura ha accertato la morte di
almeno 50 operai per mesotelioma della pleura, il male che si contrae inalando amianto; la
proprietà ha risarcito le famiglie e l’ingegnere
Farina responsabile della sicurezza è stato
condannato a un anno di reclusione.
Ma ancora prima che esploda il caso amianto,
la Casaralta affronta una crisi economica che
porterà alla chiusura degli impianti. “Le difficoltà sono cominciate negli anni Novanta –
racconta Pino - quando a Giorgio Regazzoni
il vecchio proprietario della fabbrica, sono
succeduti i nipoti. È una storia che si ripete, i
vecchi hanno la passione, la fabbrica è il loro
lavoro, sono imprenditori. Ai nipoti non
importa produrre, interessa fare soldi e se
produrre comporta spese troppo alte è
meglio vendere e investire capitali altrove. La
Casaralta aveva stabilimenti a Padova e
Caserta, ma i più produttivi e all’avanguardia
eravamo noi. E chi ha chiuso per prima? Noi.
Il problema è che gli impianti di Padova e
Caserta le fabbriche sono in zona industriale,
a Bologna eravamo quasi in centro, e comunque vicino alla Fiera, una zona molto appetibile per l’edilizia...”
Per difendere i posti di lavoro dalla svendita
dei padroni, Pino egli altri hanno occupato la
fabbrica, prima nel ’96 e poi nel ’98, per due
mesi, fino quasi alla chiusura definitiva. In
quell’occasione si capì bene che cosa significava la fabbrica per il quartiere. “Eravamo in
190 a occupare, facevamo i turni giorno e
notte. Abbiamo passato anche il Natale dentro. Tutta la città era con noi, gli abitanti del
quartiere ci portavano da mangiare, il fornaio
ci dava il pane gratis. Le ceste aziendali invece le abbiamo regalate ai senza tetto di Piazza
Grande.”
Storie simili si possono ascoltare da
Giovanni, Luciano e Mantovani ex operai
della Sasib. Anche loro abitano al Navile, lo
stesso quartiere in cui si trova ancora la vecchia sede della “loro” fabbrica. La Sasib fa
parte del patrimonio storico dell’industria
bolognese, il fabbro Scipione Innocenti la
fondò nel 1933 e fece fortuna con le commesse belliche grazie anche ai suoi rapporti
privilegiati col regime fascista. “Scipione era
uno verace – dice Mantovani – mi ricordo,
sarà stato il ’56 e io ero appena entrato, quando annunciò la vendita agli americani
dell’Amf facendo un discorso tutto in bolognese, in cima a una scala.”
Fino agli anni Settanta la Sasib ha una buona
posizione nel mercato del materiale ferroviario e soprattutto dell’impacchettatura di sigarette. Si producono anche macchine obliteratrici e per la stampa di biglietti ferroviari. Nel
corso degli anni Settanta arriva una prima
crisi, l’Amf vende a De Benedetti che non
risolleva molto l’azienda: si ferma la ricerca
nel campo del packaging del tabacco, per puntare sull’industria alimentare (sono gli anni
dell’acquisizione della Sme). “Da leader
siamo diventati cenerentola –dice Luciano –
con l’ultima cessione, da De Benedetti all’inglese Mollins, siamo arrivati a soli 150 dipendenti, dai 1500 di 15 anni prima.”
La storia della Sasib non è fatta solo di
cessioni e investimenti sbagliati, ma racconta anche di lotte operaie epocali. “I
padroni da noi non scherzavano. Nello
sciopero del marzo ’44 il sindacato subì
una sconfitta clamorosa, 100 operai vennero licenziati. Da quegli operai licenziati
nacque l’artigianato a Bologna. Se facevi
sciopero andavi al “reparto confino”, la
carpenteria. Quest’aria si respirava fino al
’68 quando venne licenziato un sindacalista. Partì allora un grande sciopero, 320
ore a singhiozzo, che mise in ginocchio
l’azienda. È stato l’inizio della conquista
dei diritti per tutti gli operai bolognesi.
Gli studenti erano con noi organizzavamo le iniziative insieme, si vedevano certi
capelloni in giro per la fabbrica... Ma
tutto il quartiere ci diede una mano,
l’Arci Ippodromo ci portava le paste e la
grappa, si raccoglievano soldi per chi
aveva il mutuo da pagare.”
Pino, Giovanni e altri operai del quartiere
s’incontrano la domenica mattina in un
circolo di Rifondazione Comunista del
quartiere. L’alternativa, nei giorni feriali,
è il bar del centro commerciale Lame. É
quello il vero centro d’aggregazione del
quartiere, lì puoi incontrare tutti, generazioni e provenienze diverse s’incrociano.
Ma c’è stato un tempo dei Cral aziendali
e della socialità di fabbrica. “Alcune fabbriche erano grandi come paesi. C’era un
certo dibattito all’interno della fabbrica,
nasceva la solidarietà. Oggi i luoghi di
lavoro sono cose diverse, manca la cultura e poi il lavoro interinale isola, lavori tre
mesi e te ne vai, sei sotto ricatto costante.
Nei Cral c’erano campi di calcio e biblioteche, si socializzava. Si sostenevano col
sei per mille trattenuto in busta paga; il
Cral della Sasib era completamente autogestito non c’era neanche un rappresentante dell’azienda in amministrazione.
Certo ora è diverso, a noi bastava quello,
eravamo figli di contadini e la fabbrica
era già una grande conquista, adesso mio
figlio vuole diventare ingegnere informatico.”
Prima ancora dei circoli aziendali, la
socialità di quartiere nasceva nelle case
del popolo. L’Arci di Bologna ha prodotto un’interessante ricostruzione storica
della casa del popolo “Corazza”, nel
quartiere San Donato. “La nuova costruzione nasceva nel quartiere e dal quartiere: in questo senso il fenomeno della partecipazione si arricchiva della dimensione
della proprietà collettiva.” Gli operai, i
muratori, i contadini che, nel
Dopoguerra offrirono il loro lavoro
volontario per costruire e poi gestire la
Casa del popolo si sentivano protagonisti
di quell’esperienza che avrebbe prodotto
formazione politica e culturale, ma anche
tante occasioni di socialità conviviale (si
passava dalle rassegne di film sovietici
alle gare di ballo).
Con la crisi del sistema produttivo non si
perdono solo posti di lavoro, è in via d’estinzione anche un modello di relazioni
intimamente legato al territorio. La vita
di fabbrica, dentro e fuori l’orario di
lavoro, non ha trovato validi sostituti. Al
deserto di cemento (o amianto) delle fabbriche chiuse, corrisponde un deserto di
relazioni. Tutt’ al più illuminato dai neon
dei centri commerciali.
di Leonardo Tancredi
[email protected]
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L’inchiesta del mese
La periferia sottile
Atti di periferia
Il caso Teatri di vita
Le fabbriche sono monumenti della periferia, così come essa viene percepita a partire dalla forte industrializzazione di fino ‘800 o
inizio del secolo scorso. Il percorso odierno di molte di queste fabbriche sembra essere un lento arresto dell’attività produttiva,
fino al fallimento dell’impresa oppure fino allo spostamento delle proprie infrastrutture ancora più fuori rispetto al centro storico.
Molti di questi edifici vengono abbattuti, altri attendono per anni senza uno scopo, utilizzati spesso da persone senza fissa dimora. Solo in pochi casi, però, vengono ristrutturati e adibiti ad attività particolari che nulla hanno a che fare con l’industria o con gli
emarginati. Uno di questi edifici è la sede del teatro bolognese Teatri di Vita.
Borgo Panigale, Bologna
Per raggiungere Teatri di Vita si percorre la
via Emilia da Porta San Felice fino alle prime
case di Borgo Panigale. Alcuni autobus fermano poco distante dal Parco dei Pini (il piccolo parco attorno al teatro) e passano anche
di sera fino a tardi. L’auto, tuttavia, rimane il
mezzo più comodo per raggiungere il teatro,
considerando l’uscita della tangenziale molto
vicina, la possibilità di parcheggio e la scomodità di muoversi d’inverno con biciclette,
motorini o autobus notturni. Il capannone
che ospita Teatri di Vita ha conosciuto diverse funzioni. Stefano Casi, direttore del teatro,
spiega le diversità d’impiego della sede nel
corso degli anni. “L’attuale Teatri di Vita era
in origine, agli inizi del ‘900, un acquedotto.
L’intera zona verde che sta al di là del Reno
era il vecchio parco dell’acquedotto, con edifici, cisterne e canali. Poi una parte di quel
parco passò al Comune, mentre il resto rimase all’acquedotto. L’edificio nella parte del
Comune, con due cisterne in muratura ai lati,
diventò nel Dopoguerra un impianto sportivo, con una piscina coperta e una all’aperto.
Poi venne dismesso, e mentre le due piscine
venivano chiuse e iniziavano a cadere a
pezzi, lo spazio intermedio diventò per alcuni anni una palestra di danza, l’Atelier del
Borgo. Terminata anche quella esperienza,
l’edificio venne chiuso e l’intero parco cadde
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in abbandono. A questo punto, nel 1998, il
Comune ci affida questo edificio, concordando un percorso di recupero e ristrutturazione che è durato alcuni anni.”
Al di là delle motivazioni dietro la scelta di
recupero di un luogo simile, legate a una
modificazione dello spazio necessario per il
teatro di ricerca, ciò che colpisce è la parabola anomala di un edificio industriale. Non
viene demolito in fretta, lasciando spazio ad
altri edifici, né rimane in uno stato vegetativo
nell’attesa di una decisione qualsiasi in merito al suo futuro - ad opera del Comune o
delle aziende proprietarie. Questo capannone ha un’evoluzione differente, cooperando
all’allargamento della periferia e al decentramento dei luoghi di ritrovo o di cultura di
Bologna. Il Teatro Comunale, che ospita
opere di stampo classico, ha ancora sede in
piazza Verdi, una piazza non solo contestata
per il degrado, ma, prima di tutto, fulcro storico della vita universitaria e giovanile, di
giorno come di sera. Al contrario, Teatri di
Vita, un luogo che “getta un ponte verso il
pubblico normale, proprio basandosi su quei
nuovi linguaggi che fanno parte della vita di
tutti i giorni”, dedicato in particolar modo ai
giovani, trova il suo spazio in periferia.
È importante capire se l’essere periferici è
vissuto dai responsabili dello stabile come un
problema o come una limitazione: “Da un
punto di vista politico, culturale e sociale”
spiega Stefano Casi, “rivendichiamo con
forza il superamento del concetto di centro
sotto ogni profilo. Siamo in un’epoca che
non può più basarsi su un centro, né in termini di macro-politica né in termini di vita
metropolitana. Qual è il centro di Bologna?
Piazza Maggiore? Quanti bolognesi passano
da Piazza Maggiore durante la giornata?
Quanti passano invece in un grande centro
commerciale di periferia? Dove sta il centro
nella vita di una persona? Il nuovo centro
sociale non è forse quella cosa immateriale
che è la televisione, che è internet? Dunque,
da questo punto di vista siamo orgogliosi di
stare in un luogo che è a sua volta il centro di
una rete policentrica”.
Lo spazio periferico viene rivendicato come
autonomo e importante. I concetti di centro
e periferia, in questo caso, non sembrano più
appropriati per una città come Bologna, il
cui quartiere storico era simbolo e attrazione
- non solo turistica, ma in primo luogo giovanile. Con il consolidamento di una periferia urbana, da un lato rimane la figura cardine del cittadino studente, che spesso possiede simbolicamente solo la bicicletta e desidera locali e luoghi di ritrovo dentro le mura,
dall’altro assume rilevanza il cittadino della
periferia che ha necessità e desideri complementari, altrettanto legittimi. Quest’ultimo
non è solo colui che si muove in auto e cerca
parcheggio, ma può essere qualcuno altrettanto sprovvisto di mezzi propri quanto uno
studente del centro oppure una persona
seriamente emarginata, sia a livello urbano
che a livello sociale. Livelli che spesso coincidono.
L’esistenza di una periferia non può rimanere in ombra a favore del centro storico. Anzi,
seguendo l’ottica di Teatri di Vita non si tratta più nemmeno di periferia: è solamente una
parte della città, collegata con paesi vicini, e
fortemente indipendente, simile all’hinterland di città più popolose. La città si espande, muta: il centro perde la sua funzione perché altri luoghi creano momenti di aggregazione attorno a un evento, come fa il teatro
o il cinema o altro ancora. Il tutto alla ricerca
di una forma di valorizzazione dei sobborghi
che il centro storico non può attuare accumulando su di sé ogni evento interessante e
lasciando prive di attrazioni le periferie.
Rimane un punto oscuro: a causa di uno sviluppo non omogeneo la periferia è piuttosto
dispersiva e non riesce ancora a ricreare
quella commistione di proposte di cui era
capace il centro storico, nel quale convivevano teatri, locali, centri sociali, etc, e dove era
possibile la mescolanza di frequentazioni di
origine diversa. Bisognerà vedere, quindi, se
la città sarà capace di creare poli aggregativi
che valorizzino le periferie e al contempo
offrano servizi in maniera ragionata, piuttosto che a seguito di estemporanei risanamenti di luoghi critici.
di Nicola Ferrari
[email protected]
L’inchiesta del mese
La periferia sottile
Pasticcio
metropolitano
E’ nato un nuovo ghetto?
E’ un fatto fisiologico, le grandi città diventano sempre più grandi. La popolazione cresce, le necessità aumentano, e lontano dal
centro si devono trovare nuovi spazi dove far arrivare la città. Questi processi a volte vengono gestiti sapientemente, altre volte
no. Tra mille interessi privati e pubblici, con le sirene della speculazione edilizia sempre in agguato, troppo spesso si finisce per
creare autentici pasticci. A Bologna ne sta per esser fatto uno, o forse è stato fatto già.
Via del Lazzaretto, Bologna
In via del Lazzaretto, fuori porta Lame,
Bologna distrugge se stessa per farsi metropoli. Tanto cemento è già stato versato e
tanto altro ne seguirà. Nel frattempo in zona
non ci sono locali, nessun centro sportivo,
zero luoghi di aggregazione, pochi autobus
che ci vanno di giorno, nessuno che ci vada
la notte. Però in compenso c’è una residenza
psichiatrica, la “Casa degli Svizzeri”, un centro di seconda accoglienza per immigrati, la
struttura S.F.Cabrini, e il dormitorio comunale per senza tetto “Massimo Zaccarelli”
che verrà inaugurato nei prossimi giorni.
Tutto in poche centinaia di metri, con intorno una specie di deserto postindustriale.
Più che il progetto di un gruppo di assennati
tecnici, sembrerebbe l’opera di un Dottor
Frankenstein dell’urbanistica. Nella gestione
della città, e nella distribuzione di simili strutture di accoglienza, bisognerebbe badare a
non mettere insieme realtà difficili, senza
predisporre strumenti che aiutino l’integrazione. Disattenzioni come queste sono difficili da rimediare, e potrebbero significare
anni di rincorse per recuperare gli sbagli fatti.
In questo senso gli esempi non mancano,
anche a Bologna. Basta pensare al Pilastro,
un quartiere tirato su in quatto e quattr’otto
negli anni del boom economico per dare
alloggio alle ondate di immigrati in arrivo dal
sud, e dove i problemi di integrazione sono
durati per decenni.
In via del Lazzaretto da qualche anno esiste
anche un’importante realtà indipendente, il
Lazzaretto Okkupato Autogestito, una storia
iniziata “15 anni fa, con l’occupazione delle
case in via del Pratello”, come si legge nelle
pagine
del
loro
sito
(http://www.lazzaretto.org), e proseguita nel
tempo tra musica, teatro e mille altre iniziative. Abbiamo incontrato Antonio, uno dei
ragazzi del Lazzaretto e abbiamo parlato con
lui di quello che sta succedendo nella zona.
“In via del Lazzaretto non ci sono campi per
giocare - ci dice Antonio - anzi, per essere
più precisi non c’è quasi nulla. Noi siamo in
una ex fattoria e intorno abbiamo solo fabbriche dimesse e cantieri in costruzione, ci
faranno tanti appartamenti.”
La nuova realtà della zona non spaventa i
ragazzi del Lazzaretto. “Certo, - ci dice
Antonio, - concentrando qui tutte queste
realtà, immigrati, senza tetto e quant’altro,
c’è il pericolo che si crei una specie di super
ghetto. Ma può essere anche una bella occasione per integrarsi, e fare cose insieme. Però
occorre trovarsi, pensare insieme, e il
Comune dovrebbe darci degli strumenti.”
Da poco tempo il Lazzaretto grazie all’aiuto
dell’Informagiovani è stata riconosciuta
come Associazione Culturale dal Comune di
Bologna, cosa che inorgoglisce molto i ragazzi. Le associazioni potrebbero essere uno
degli strumenti privilegiati per compattare il
tessuto sociale della zona. “A noi piacerebbe
creare aggregazione, - ci dice Antonio, potremmo fare da ammortizzatore.
Vorremmo sentire anche le altre realtà che
lavorano nella zona per pensare a nuove iniziative. Si potrebbe provare a chiedere all’Atc
di portare fino a qui un autobus notturno e si
potrebbe mettere in comune quello che c’è.
Faccio un esempio, noi abbiamo delle sale
prove qui da noi. Potrebbero essere sfruttate
anche dai ragazzi del dormitorio che verrà
qui di fianco, o dagli studenti che verranno.”
Entro metà dicembre in via del Lazzaretto, al
civico N° 15 aprirà la nuova struttura del
dormitorio “Massimo Zaccarelli” che si trasferisce dalla vecchia sede di via de Carracci.
Abbiamo incontrato Francesca, della
Cooperativa La Strada, l’ente che gestirà la
struttura. “E’ probabile che questo spostamento determini dei problemi, - ci dice
Francesca - soprattutto perché non c’è stato
il tempo materiale per prepararci al nuovo
quartiere che ci ospiterà, e per conoscere le
associazioni di volontariato e le altre realtà
che ci staranno attorno, lo faremo prossimamente. Per adesso, comunque, siamo contenti, il nuovo posto sarà molto più accogliente di quello attuale.”
Andare in via del Lazzaretto significa allontanarsi dal centro città, in una zona isolata e
periferica. “Per noi il problema dell’isolamento non è nuovo, – continua Francesca –
perché anche intorno alla vecchia struttura
non esisteva più niente già da mesi, e da
tanto vivevamo in una specie di ghetto. Via
del Lazzaretto, poi, non è molto più distante
rispetto a via de Carracci, anche se i mezzi di
trasporto ci arrivano con minore frequenza.”
Così come i ragazzi del Lazzaretto, anche la
Cooperativa La Strada non teme grandi problemi di convivenza per il futuro. “Al
Lazzaretto in realtà non c’è ancora niente
intorno – dice Francesca - non c’è un bar,
non c’è un centro sociale, per cui sarà difficile trovare collegamenti. E’ chiaro che qualche piccolo problema di gestione dei conflitti
potrebbe venire fuori, - dice Francesca - ed è
ovvio che più persone riusciremo a far entrare dall’esterno, per far conoscere gli ospiti e
le altre realtà, meno occasioni di conflitto ci
saranno. Per il resto cercheremo di fare quello che abbiamo fatto fino ad adesso al
Carracci. C’è già un buon numero di volontari che in passato ci hanno aiutato a organizzare feste, piccoli concerti, cene.”
Tra poco tempo in via del Lazzaretto
dovrebbe arrivare anche l’Università, cosa
che potrebbe dare spunti per nuove iniziative. “In genere dove ci sono i giovani e la cultura si creano anche dei luoghi di aggregazione - ci dice ancora Francesca - e l’Università
avrà bisogno di nuovi spazi, di bar, di posti
nei quali incontrarsi, potrebbe essere sarà
una sorta di pretesto per far vivere quel quartiere.” “Di idee in questo momento ne abbiamo tante, conclude Francesca - vorremmo
solo avere la possibilità di organizzarci un
po’ meglio. Speriamo solo che i tagli al sociale non ci blocchino prima del tempo, e che ci
sia permesso di fare le cose che vorremmo
realizzare.
di
Jacopo Fiorentino
[email protected]
e
Dario Coriale
[email protected]
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L’inchiesta del mese
La periferia sottile
Mercato 24
Quando l’urbanistica è partecipata
Si chiama “Laboratorio Mercato” ed è, forse, il primo bel mattone di una Bologna “dal basso” difficile da costruire, ma possibile,
pensata, partecipata e discussa da associazioni e cittadini. Il laboratorio Mercato è un’iniziativa di urbanistica partecipata che sta
lavorando alla ri-progettazione dell’area un tempo occupata dal mercato ortofrutticolo. Una zona di frontiera, in bilico tra vecchio
e nuovo, tra il quartiere storico della Bolognina, l’alta velocità e la nuova sede unica del Comune, tra un tessuto sociale composto
prevalentemente da anziani, migranti e studenti fuori sede e gli interessi “strategici” della città, tra rischi di ghettizzazione e
inquinamento e possibilità di crescita in termini di servizi pubblici.
Via Fioravanti, Bologna
aperto la strada al progetto di urbanistica
partecipata che vediamo all‘opera oggi con
Maurizio e Vittorio, fu che nella maggioranza dei casi i residenti si dicevano pronti a
Il laboratorio di urbanistica partecipata,
come ci hanno raccontato Maurizio e
Vittorio dell’XM 24, è il prodotto di un
lungo lavoro di riflessione condiviso del
molto successo, non senza una certa dose di
stupore anche da parte degli stessi promotori. La risposta dei cittadini fu decisamente
superiore alle aspettative (ben 410 questionari restituiti), e venne soprattutto da chi abita-
partecipare ad un’eventuale ridefinizione del
progetto. Fu proprio durante una partecipatissima assemblea di quartiere organizzata
nell‘Ottobre 2004, alla presenza degli assessori Merola e Zamboni, che prese forma l’i-
variegato panorama delle associazioni che
animano il quartiere ( A.S. Dojo Equipe
Bologna, Associazione “Fuori le mura”,
Campagna “C’è un buco nell’acqua”, Centro
sociale “Katia Bertasi”, Centri culturali delle
va e conosceva il quartiere da più tempo,
ovvero dagli anziani. Dal sondaggio emergeva il desiderio, forte, da parte dei residenti di
dire la loro su un progetto piovuto dall’alto
che rischiava di produrre soltanto desertifica-
dea di istituire un laboratorio di urbanistica
partecipata, in cui i tecnici dell’amministrazione comunale e del quartiere Navile, le
associazioni, ma anche i singoli cittadini,
potessero discutere e ripensare un progetto
parrocchie di S. Cristoforo e del Sacro
Cuore, XM 24, Servizio di Mediazione di
comunità) fin dall’epoca dell’amministrazione Guazzaloca. Il progetto elaborato dal
Comune non convinceva affatto, troppo
zione sociale e smog. Lo scontento si concentrava su alcuni punti, come la frammentazione degli spazi verdi, a causa dell’assenza
di un parco pubblico di dimensioni adeguate,
la gestione del traffico ed il problema dell’in-
che non sembrava disegnato per soddisfare
le esigenze dei residenti. Dal processo di riprogettazione, centrato sul comparto corrispondente all’ex mercato ortofrutticolo,
restava esclusa soltanto la zona destinata ad
poca attenzione alla qualità sociale ed
ambientale del nuovo pezzo di città che
doveva sorgere sulle ceneri dell’ex mercato
ortofrutticolo.
Le associazioni decisero quindi di redigere
quinamento e quello che è stato ribattezzato
il “muro di Berlino”, ovvero l’edificio, destinato a diventare uno studentato, che avrebbe
separato il vecchio quartiere dal nuovo comparto, impedendo di fatto una permeabilità
ospitare la sede unica del Comune, già
approvata dalla giunta Guazzaloca. Il laboratorio, inaugurato lo scorso marzo, è stato
organizzato in piccoli gruppi di lavoro di una
trentina di persone l’uno, dalla composizione
un questionario-sondaggio sul Piano
Guazzaloca da distribuire agli abitanti del
quartiere. I risultati, sorprendenti, hanno
vitale per creare un rapporto tra vecchi e
nuovi abitanti della zona.
Ma l’aspetto più interessante, secondo
molto eterogenea, sia dal punto di vista
“ideologico” che generazionale. Maurizio e
Vittorio ammettono che la comunicazione
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tra i partecipanti, non sempre facilissima, ha
però prodotto numerosi punti di incontro,
spesso insperati, tra mondi che spesso non
si guardano neppure.Esemplare il caso del
ragazzo dell’XM 24 che, col plauso delle persone più anziane, ha proposto di trapiantare
nel nuovo comparto i cortili, una sorta di
istituzione sociale della vecchia Bolognina.
Il progetto uscito dai lavori del laboratorio,
che sarà approvato nei prossimi mesi, è completamente diverso da quello originario.
Sono previsti, infatti, un grande polmone
verde tra l’ex mercato e la Bolognina dotato
di percorsi ciclo-pedonabili, l’interramento di
via Gobetti al posto del “muro di Berlino” e
una capillare presenza di associazioni che
lavorano nel sociale per combattere, come
recita l’ultimo foglio informativo del laboratorio, «la creazione di un’isola dorata all’interno di un assetto che presenta segnali di
disagio e difficoltà nella convivenza quotidiana». Il calendario dei lavori del laboratorio
prevede, come ultima tappa tra gennaio e
febbraio, la discussione di questioni più dettagliate relative ai servizi ed agli spazi pubblici, come l’assetto definitivo del parco o l’ecocompatibilità delle costruzioni. Un’altra
Bolognina è possibile, anche se la strada da
fare è ancora lunga.
di Giulia Lasagni
[email protected]
L’inchiesta del mese
La periferia sottile
Il Pilastro, comprensorio popolare del
quartiere S. Donato, è sorto nella prima
periferia di Bologna negli anni sessanta.
Un quartiere dormitorio nato dall’esigenza di offire un alloggio alle ondate di
immigrati meridionali arrivati in città
dopo il suo sviluppo industriale.
Un’area in cui nel corso degli anni si
sono insediati gruppi etnici di varia provenienza, africani, immigrati dell’Est e
più recentemente Rom.
Quartiere Pilastro, Bologna
La convivenza quasi forzata di persone
appartenenti a culture diverse e con diverse
abitudini, ha dato spesso luogo a episodi di
violenza configurando sempre più il Pilastro
come “ghetto” in cui isolare le fasce sociali
meno in linea con l’idea di una città ordinata
e tranquilla.
Nelle parole di chi non ci vive e forse non
l’ha mai visto il Pilastro è un luogo poco
sicuro, dove “è meglio non andarci la sera”,
teatro negli anni novanta del caso della “Uno
Bianca”, area marginale della città che forse è
bene rimanga tale.
Un operatore da anni impegnato in prima
linea nei servizi di assistenza sociale, racconta
invece una storia diversa del Pilastro.
Parla di un quartiere che ha lavorato molto
per cambiare e riscattare la propria immagine
e traccia un quadro di insieme del tutto inaspettato.
In primo luogo è da notare che la consistente
dotazione di servizi, impianti sportivi ed
aree verdi oltre alla presenza del Centro
Agroalimentare, del parco Commerciale Città
Scambi e dell’Università distinguono il
Pilastro dallo standard medio delle periferie
urbane moderne solitamente in degrado e
abbandonate.
E’ probabilmente da ripensare anche la concezione del quartiere come ghetto perchè tramite l’assegnazione di appartamenti a riscatto
nel Virgolone e negli altri grandi condomini
come le “Torri” si è creata una nuova
domanda abitativa da parte di persone con
un reddito più alto, che ha favorito l’integrazione sociale.
Ma l’aspetto più interessante che è emerso
riguarda la percezione che gli abitanti del
Pilastro hanno di sé in relazione agli altri.
“All’interno del quartiere è venuta a crearsi
una sorta di comunità indipendente, con i
propri peculiari centri di aggregazione, le
scuole le chiese i bar ecc.” ci è stato spiegato.
Una specie di piccolo paese a sé che sembra
limitare al minimo le proprie interazioni con
gli altri quartieri e in generale con una città
che lo respinge.
Se dunque in qualche modo i problemi legati
alla convivenza sono stati arginati rimangono però grosse sacche di disagio che colpiscono in particolare i giovani del Pilastro.
Sostanzialmente privi di strutture che fungano da catalizzatori sociali come cinema o
locali di svago essi guardano alla strada come
esclusivo e naturale luogo di interazione
sociale.
Diretta conseguenza di questa situazione
sono i fenomeni di microcriminalità, vandalismo, e spaccio di droga che si registrano di
frequente nel quartiere diffondendo una
deleteria cultura della malavita.
Ed è proprio su queste problematiche che si
Pilastro
Oltre il degrado
focalizza il lavoro dei servizi sociali del territorio e delle numerose associazioni di quartiere che li sostengono.
Nel corso degli anni sono stati varati numerosi progetti, di natura eterogenea, ma tutti
dedicati all’attenuazione del disagio giovanile.
Esperienze significative che hanno registrato
un certo grado di continuità nel tempo sono
ad esempio i corsi di Break Dance e di
Boxe.
L’istituzione di questi corsi mirava a “creare
attraverso la pratica di attività sportive e
ricreative, centri di aggregazione alternativi
alla strada” e entrambe le esperienze hanno
riscosso un certo successo coinvolgendo un
discreto numero di persone.
Ad un livello di più ampio respiro si colloca
invece uno degli ultimi progetti realizzati dai
servizi sociali dal titolo significativo “Il mattino è già un lavoro”.
“Lo scopo dell’iniziativa era quello di affrontare due delle problematiche più diffuse tra i
giovani del Pilastro: l’uso di sostanze stupefacenti e la mancanza di lavoro.”
I commenti raccolti nel quartiere su queste
tematiche, sono stati raccolti in un video
diviso in due parti.
La prima dedicata all’uso delle droghe è
strutturata secondo una serie di interviste ad
alcuni giovani che raccontano le proprie
esperienze ed “era pensato in funzione preventiva rispetto agli effetti deleteri degli stupefacenti.” La seconda parte, dedicata al
tema del lavoro, riporta l’esperienza di un
altro progetto che si chiama “Scuola lavoro”
e consiste nella possibilità di seguire corsi di
formazione professionale presso alcune
aziende.”
I giovani del Pilastro che hanno beneficiato
di questa opportunità raccontano, sempre
tramite interviste dirette le loro impressioni e
sensazioni. Il Pilastro quindi cambia. Forse
lentamente e con difficoltà ma cambia.
Non sarà ancora un modello ideale di quartiere, ma di certo non è il far west che molti
dipingono. Ci vorrà del tempo e non sarà
facile ma guardare ad un Pilastro diverso non
è impossibile e su questa strada si può solo
migliorare.
di Mattia Caiulo
[email protected]
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L’inchiesta del mese
La periferia sottile
Bologna 2
La città senza nome
La storia del complesso edilizio Bo2 di Calderara di Reno, si intreccia strettamente col processo di transizione da città a metropoli vissuto da Bologna all’inizio degli anni ottanta. In seguito al rapido sviluppo di attività industriali che ha accompagnato questa
trasformazione si è ben presto resa necessaria la costruzione di complessi abitativi destinati alle risorse umane necessarie a tali
attività. Ciò ha dato luogo in molti casi a enormi speculazioni ed edificazioni incontrollate che hanno generato la formazione di
nuovi spazi periferici alterando la geografia e la vita sociale delle comunità dell’interland bolognese. Il gruppo video di Vag 61
negli scorsi mesi ha condotto un’inchiesta sul famigerato stabile.
Calderara di Reno, Bologna
Alcuni centri abitativi, nati da un processo di urbanizzazione selvaggia, hanno
perso la loro funzione originaria e
abbandonati al degrado, sono degenerati
in insediamenti caratterizzati da situazioni abitative e sociali instabili.
La situazione appena descritta corrisponde fedelmente al caso di Calderara
di Reno dove, a seguito della nascita dell’aeroporto Marconi, è stato edificato
Bo2, complesso edilizio per il personale
aeroportuale e, suo fiore all’occhiello il
mega albergo residenziale “Residence
Garibaldi 2”.
Il residence viene costruito nel 1979 tra
la zona industriale di Calderara di Reno e
il centro abitato.
La ditta vincitrice dell’appalto, la Ballau
Srl. riesce ad ottenere, con una variazione ad hoc del piano regolatore, una
metratura costruibile di 22600 metri quadrati in un tratto di aperta campagna,
destinazione abitativa del tutto improbabile.
Ancora oggi solo un’ala dello stabile è
destinata ad uso alberghiero mentre il
resto è diventata in breve termine un
luogo fertile per l’infiltrazione malavito-
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sa fino ad alcuni anni fa, quando l’esplosione della presenza malavitosa ha
costretto la polizia a effettuare un sommario intervento di bonifica del posto.
Attualmente il complesso ospita una
parte cospicua della popolazione
migrante di Bologna tra cui famigle locali, immigrati meridionali ed extracomunitari.
La composizione demografica di Bo2 è
variegata e comprensiva di svariate etnie
che affrontano giornalmente la precarietà e le difficoltà legate all’essere
migrante in Italia.
La condivisione dello stesso spazio abitativo comporta, d’altronde, lo svilupparsi di una serie di relazioni che vanno
dalla possibile collaborazione, all’attrito
fra gli appartenenti alle diverse comunità
etniche.
Le condizioni dello stabile non soddisfano minimamente i più bassi standard di
vivibilità: i garage sono perennemente
allagati, l’energia elettrica è assente, cattive condizioni igeniche…
Gli abitanti di Calderara (neanche a
dirlo) hanno un’idea sommaria e totalmente negativa del posto.
Il quadro complessivo che emerge è di
una chiarezza lampante: in realtà Bo2 è
un ghetto di “quarantenizzazione”.
Qualcosa però forse si muove: mentre
gli imprenditori edili continuano ad
approfitttrane comprando a basso costo
le case che affitteranno ai loro stessi operai a prezzi esorbitanti, il Comune di
Calderara inizia a comprare dai privati
numerosi appartamenti in vista di un
discusso progetto di riqualificazione.
Per gli abitanti del Bo2 collaborare con il
progetto del comune vuol dire nel caso
dei proprietari vendere il loro appartamento al comune in cambio di case
popolari o pagare le spese di ristrutturazione.
Per gli inquilini residenti negli appartamenti già acquistati dal Comune vuol
dire invece pagare mesi e mesi di arretrati di affitto e addirittura di spese condominiali.
Angelo Rizzi è un abitante italiano del
Bologna2 che da anni ne segue anche
insieme ad un’associazione ad hoc, le
vicende.
Ha anche costruito un sito sulla questione.
Rappresenta il punto di vista istituzionale (del Comune di Calderara) perché
difende, con buon senso ma con il dissenso di altri abitanti che lo conoscono,
l’attuale progetto di riqualificazione del
comune.
Zarac è un maghrebino che vive al Bo2,
ma fa anche parte del Coordinamento
Migranti di Bologna.
Il suo è il punto di vista più concreto
sulla questione: Zarac parla sopratutto
della percezione che gli abitanti di
Calderara hanno del Bo2 e di chi ci vive.
Kazim è un pakistano della regione del
“Kashmir libero”, lavoratore, in regola,
onesto.
Come i pakistani, manifesta una particolare predisposizione e sincera intenzione
all’integrazione nella nostra cultura.
Kazim odia Bo2 e non vorrebbe viverci.
Purtroppo, lui è uno degli acquirenti
quindi tiene alla sistemazione del palazzo, quell’appartamento per lui non è un
luogo di passaggio....
Una situazione complessa quindi, che
vede in gioco gli interssi di molti tra cui
bisogna mediare per una posizione
comune senza che nessuno ne risulti
penalizzato più di altri.
La vita degli abitanti di Bologna2 si trascina, nonostante i disagi e i problemi da
affrontare, in una parvenza di normalità.
Per ora almeno, ma fino a quando?
Urgono provvedimenti e subito.
Testo realizzato in collaborazione
con il Gruppo Video del Vag 61
L’inchiesta del mese
La periferia sottile
Tanto
per parlare
Un incontro per caso
Immaginate il Signor Centro e la Signora Periferia che si urtano sull'autobus. Immaginate che invece di tirare dritto e far finta di niente, da questo scontro nasca una discussione accesa sull'occupazione degli spazi, su chi ha più diritto di vivere la città, su chi dei due è più cittadino dell'altro. Una polemica che si gioca sul filo della dialettica inclusione-esclusione.
CENTRO: Qui comando io. Tu, spostati. Togliti di vista. Sei sporco, e per niente bello.
PERIFERIA: Guarda che io non voglio
mica comandare. Ma dov’è che dovrei
andare? Sto già quaggiù, e sarò anche un
po’ sporco ma non imbalsamato.
CENTRO: Be’, potresti spostarti ancora
più in là. Alla periferia della periferia. La
regola, in questa città come in tutte le
altre, è che più sei brutto più devi stare
lontano. Per inciso, un’altra regola è: non
insultare chi sta in centro. Per cui, pezzo
di deficiente, “imbalsamato” lo dici a
qualcun altro – a chi è ancora più brutto
di te, per esempio. Adesso chiamo i vigili, anzi no, il Sindaco in persona, che è lì
che non aspetta altro, e ti faccio multare,
o magari rinchiudere in qualche centro
di permanenza. Secondo me, poi, non
sai neppure che cosa vuol dire, “imbalsamato”. L’italiano, di sicuro, lo conosci
appena, come tutti quelli che stanno
dalle tue parti. Imbalsamato, io? Ma se
sono appena uscito dalla palestra.
Guardati tu, piuttosto.
PERIFERIA: Non capisco perché adesso vuoi mettere al centro della discussione le regole. Il sindaco lascialo perdere.
Non saprebbe neppure dove venirmi a
cercare. E poi anche se mi trova che mi
fa? Mi porta in centro con lui? Non capisco. Non ci siamo mai parlati, ci siamo
sempre ignorati. Com’è che tutto a un
tratto ti è venuta tutta sta voglia di blaterare, e le regole, io sono bello e tu sei
brutto? Ma non rompere!
CENTRO: Sei un insolente. Lo sapevo
che finiva così. Io ho allargato la città
per accoglierti, ti ho costruito case e
strade, supermercati per le vostre mogli,
centri commerciali refrigerati per i vostri
anziani, e tu mi ringrazi in questo modo.
Non rispetti le regole, che dovrebbero
garantire la civile convivenza di tutti.
Vieni a fare i comodi tuoi anche qui
dove sto io invece di startene dove ti ho
sistemato. Reclami cose su cui non hai
alcun diritto. Ora, ti permetti pure di
insultarmi. Magari ti potessi ignorare.
Bestia, sei. Ma ora basta, io cittadino per
bene mi sono stufato. Speriamo che il
Sindaco…
PERIFERIA: Mah, mi risulta che qualcosa lo faccio anche io per te. Quando
c’è da fare qualche lavoretto spendendo
poco ti piace rivolgerti a me! Poi scusa tu
non la usi la strada quando vai fuori città
o non fai la spesa al supermercato?
Comunque, se ti senti tanto appagato
per il modo in cui mi hai sistemato, perché non facciamo cambio? Tu vieni a
stare da me e io da te. Così anche tu
potrai finalmente provare il brivido dell’accoglienza. Non dimenticare di invitare anche il sindaco…
CENTRO: Fare cambio? Non ci penso
nemmeno. Sto bene in centro, io. Se no,
perché ci starei? Ho una casa qui, e nessuna intenzione di lasciarla. Se la zona ti
piace tanto, compratene una anche tu.
Vieni a viverci, invece che a creare problemi. Io non sono razzista, e se vieni
qua diventi automaticamente come me.
Comincerai a guardare male gli altri – chi
ruba anziché produrre, chi sporca anziché tener pulito, chi molesta il prossimo
anziché lavorare –, e a sentirti tutelato
dalle regole. E anche dal Sindaco, che
Dio lo benedica.
PERIFERIA: A benedirlo per il momento sono solo i commercianti e chi ha i
soldi. Tu resti dove sei perché ti piace, io
resto dove sono perché non potrei andare da nessun’altra parte. Tu magari affitti
in nero qualche appartamento a degli
studenti ma io sarei quello che rubo. Le
regole in questa città tutelano i ricchi e si
accaniscono sui poveri. La verità è che le
regole del mercato esistono solo quando
fanno comodo ai ricchi e svantaggiano i
poveri. Comunque, c’è qualcosa che
potresti fare. Smettere di affittare a tanto
e permettere a tutti di avere un posto
decente dove vivere. La casa è un diritto,
non un privilegio.
CENTRO: Non hai capito. Le regole
regolano la città, cercano di garantire la
civile convivenza di tutti, non il mercato.
Il mercato non ha regole, non ne ha
bisogno. Nessuno mi proibisce di vendere, o affittare, a dieci anziché a cento. Ma
perché dovrei? Tu, se fossi nella mia
situazione, faresti lo stesso. È la legge
della domanda e dell’offerta, ne più ne
meno. Io vivo qui, e tu no. Potrebbe
essere andata diversamente, ma è andata
così. Del resto, anche tu hai un tetto laggiù, no?
PERIFERIA: Ti sbagli se credi che il
mercato non ha regole. Ce le ha, ma
sono sistematicamente a sfavore dei più
deboli. Tu, infatti, affitti a cento e non a
dieci. Tu pensi che sia semplicemente
una conseguenza della leg ge della
domanda e dell’offerta ma naturalmente
non è vero. Gli affitti e i costi delle case
sono saliti anche quando se ne costruivano di nuove, cioè quando l’offerta
aumentava. Ai proprietari di case fa
comodo pensare di seguire una ‘legge di
natura’ ma non è così. Sono degli approfittatori e tu sei uno di loro. Comunque è
vero, un tetto quaggiù ce l’ho. Ma a
quanto pare persino questo infastidisce
la gente come te.
CENTRO: Basta, mi hai stufato. Ecco
che arriva il Sindaco con i vigili, per fortuna. Portate via questo qui. Se non capisce con le buone, capirà con le cattive. Io
torno in palestra. Sono un cittadino
impegnato, io.
di Andrea Bianchi e Antonio Capuano
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L’inchiesta del mese
La periferia sottile
Migranti a Padova
Centro e periferie di che cosa?
Alla fine della nostra inchiesta di questo mese, tutta dedicato al contesto bolognese, inseriamo un breve
saggio sulla quotidianità di alcuni migranti residenti a Padova, una realtà non troppo diversa da quella di
Bologna. L'autore è Alvise Sbraccia, un sociologo dell’Università di Padova.
Padova 2005
Nel corso di una recente (2004-2005)
ricerca etnografica condotta con alcuni
colleghi del dipartimento di sociologia
nel “nuovo ghetto” di Padova, ci siamo
trovati di fronte ad alcuni migranti che
preferivano rilasciarci un’intervista registrata lontani dal loro contesto abitativo, ovvero dai palazzoni fatiscenti di
via Anelli.
D’accordo Omar, allora
magari ci vediamo in centro?
Sì, va bene al bar domani alle 14?
Certo. Quale bar?
Guarda che al centro Giotto c’è un
solo bar all’interno...
In questo caso il nostro interlocutore,
un magazziniere marocchino berbero
di 33 anni, dava per scontato che il termine centro si riferisse alla struttura
commerciale collocata nella zona periferica di Padova est. Distonia linguistica? Problemi di comunicazione? Forse,
ma si impone una riflessione sul significato delle parole. In riferimento alla
città di Padova, e non solo, nella percezione dei migranti, e non solo, centro
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di che cosa?
Centro delle attività produttive: al limite, del settore dei servizi che richiedono
forza lavoro qualificata. Luogo d’incontro: presidiato abbondantemente dalle
forze di polizia e destinato alle relazioni
tra studenti. Spazio dei consumi: per lo
shopping di livello medio-alto. Teatro
delle iniziative culturali: dedicate ad un
pubblico selezionato.
Certo, è possibile obbiettare che molti
migranti lavorano in centro.
L’economia urbana ne richiede per le
attività di costruzione e manutenzione
nel campo dell’edilizia e delle infrastrutture, per le pulizie delle strade e
degli uffici (università inclusa), nel settore dell’assistenza a privati (bambini e
anziani) e del lavoro domestico in
genere. E’ vero altresì che alcune piazze
della città costituiscono punti di ritrovo
“etnicamente” differenziati, soprattutto
per chi, appunto, lavora in centro.
L’equivoco con Omar, d’altra parte,
evidenzia chiaramente quanto lo spostamento in zone periferiche o semiperiferiche dei servizi commerciali di base
e ricreativi -ad esempio i cinema multisala- abbia avuto incidenza sulla conce-
zione di centro e luogo d’incontro. Per
inciso, si osservi come sia ormai consolidata anche tra gli autoctoni l’abitudine
di darsi appuntamento “al centro”, ossia
al centro commerciale, nelle ore di
libertà dal lavoro (ma evidentemente
non dal consumo).
Tornando ai migranti coi quali abbiamo
lavorato, dobbiamo comunque comprendere come l’incertezza nelle accezioni di centro e periferia derivi in
parte dalla quotidiana distinzione tra
tempo produttivo e riproduttivo, in
altra dalla loro collocazione abitativa, a
sua volta influenzata dalle politiche
locali della casa.
Lo spazio residenziale segregato di via
Anelli, dove convivono prevalentemente migranti del Marocco e della Nigeria,
costituisce un’eccezione rispetto ai
modelli di insediamento abitativo degli
immigrati nell’area veneta. Area notoriamente caratterizzata da un dislocamento della forza lavoro straniera a
“macchia di leopardo”, ossia congruente con le esigenze della produzione diffusa tipiche di un modello di piccola
impresa che tende a saturare il territorio regionale. A fronte della recente
crisi di tale modello, è possibile immaginare che si rafforzi la tendenza al
concentramento di questi lavoratori
nelle periferie delle aree metropolitane.
Periferie complesse e diversificate,
come detto: zone residenziali più verdi
ed ambite ai margini del traffico urbano; aree strategiche per il dislocamento
delle strutture commerciali e produttive; spazi degradati di rifugio per una
popolazione eccedente rispetto alle
necessità della produzione (o vittima
della precarizzazione più radicale); luoghi reali d’incontro tra cittadini regolari
alla ricerca di beni illegali (droga, prestazioni sessuali) e irregolari, fornitori
degli stessi; luoghi simbolici di riproduzione politico mediatica delle retoriche
della criminalità e dell’insicurezza urbana; teatri infine di strategie speculative
nel settore immobiliare.
La zona di via Anelli non risulta ambita
dai ceti benestanti in fuga dalle congestioni del centro, in compenso riassume
in sè tutti gli altri aspetti appena elencati. Vicina allo snodo autostradale di
Padova est, non distante dalla stazione
ferroviaria, letteralmente circondata da
strutture commerciali e arterie di smistamento del traffico, ha visto trasformarsi, nel corso degli anni ’90, il suo
complesso “Serenissima” da insieme di
unità residenziali popolari abitate in
L’inchiesta del mese
La periferia sottile
prevalenza da studenti a zona di transito e rifugio per migliaia di migranti.
E’ in uno spazio come questo, che
abbiamo frequentato regolarmente per
mesi, che si realizzano forme di convivenza tra migranti inseriti anche da
tempo nel tessuto produttivo come
operai di fabbrica, nuovi giunti in posizione di irregolarità giuridica e in cerca
di un’opportunità, equilibristi della precarietà sempre in bilico tra un permesso di soggiorno difficile da rinnovare e
un lavoro a giornata, spacciatori scafati
e improvvisati. Chiaro che si tratti di
una convivenza problematica tra chi
torna in via Anelli per riposare dopo un
turno di lavoro e chi vi cerca un’occupazione nelle economie informali (bar
e punti vendita improvvisati) e illegali
soprattutto nelle ore notturne. Siamo di
fronte ad un conflitto che si radica
nella diversità dei ritmi e degli stili di
vita degli abitanti della zona e dei suoi
frequentatori: una madre nigeriana non
può che preoccuparsi del fatto che i
suoi bambini giochino in cortile a fianco di chi compra e vende stupefacenti;
un operaio che si sveglia per il turno
delle 6 difficilmente apprezzerà la
musica degli stereo e gli schiamazzi a
notte inoltrata.
In un simile contesto, anche la presenza costante delle volanti delle forze di
polizia ai cancelli, i controlli di identità
e le retate operati dalle stesse sono vissute in maniera contrapposta a seconda
degli interessi soggettivi. Il degrado
ambientale spaventoso, dovuto al
sovraffollamento e all’incuria sistematica e prolungata dei proprietari degli
appartamenti, contribuisce a definire
un quadro della situazione allarmante,
che però merita di essere interpretato
proprio lungo l’asse centro-periferia.
Al di là della sua collocazione fisica
periferica, la zona di via Anelli è centrale per quanto riguarda i processi di produzione ideologica del nemico interno
(il migrante marginale, pericoloso, criminale) che “dimenticano” chi, in condizioni di regolarità e di irregolarità,
non è nelle condizioni di uscire dal
nuovo ghetto. Via Anelli è periferia da
rimuovere nell’immaginario della cittadinanza che vive nell’ossesione securitaria; centro d’attrazione per quelle sue
frange che vi si recano per acquistare
stupefacenti. Via Anelli è periferia
penalizzante e degradata per chi vi si
sente ingabbiato, impossibilitato ad
uscirne stanti le difficoltà che incontrano i migranti quando si affacciano sul
mercato della casa; centro relazionale
per tutti quei migranti che vi si recano
dopo il lavoro e nei fine settimana,
dalla provincia e oltre, per incontrare
amici e parenti, consumare un pasto in
compagnia o discutere delle novità sulla
situazione politica in Nigeria. E’ periferia per chi ci va in auto a fare le spese, è
invece centro di interessi speculativi
proprio perchè collocata in una zona
commerciale e strategica in piena
espansione. L’amministrazione locale
sta operando nell’ultimo anno per la
chiusura progressiva dei palazzoni in
questione che ha già provocato una
significativa riduzione degli abitanti
(attualmente circa 600), seguendo una
logica di assegnazione di appartamenti
di edilizia popolare in varie zone della
città ai residenti regolari. Chi ha trovato
in via Anelli un rifugio informale, grazie alla prassi dei subaffitti, forse tornerà alle fabbriche e ai casolari abbandonati (più in periferia). Chi vi cercava
il calore di una socialità tra compaesani,
sarà indotto a cercare altri spazi.
La collocazione urbana dei migranti
sarà un elemento cruciale nell’Italia del
futuro prossimo. Alcune esperienze ci
dicono che la logica dell’accorpamento
“etnico” è pericolosa: mentre scrivo si
sono appena calmati i fuochi francesi
che l’hanno avuta tra i carburanti.
Oltr’alpe le seconde, terze, quarte generazioni hanno utilizzato un codice non
interlocutorio per un chiaro messaggio.
Si tratta di saperlo leggere in anticipo
sui nostri tempi.
di Alvise Sbraccia
Dipartimento di Sociologia
Università di Padova
[email protected]
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A cosa serve un racconto? Che significato ha la parola cronaca? Leggiamo ogni giorno sui quotidiani locali cronache di morte, di violenza, poche
righe che non riescono mai a spiegare cosa c'è dietro un'azione, un omicidio, un suicidio. Non riusciamo mai a vedere i volti degli assassini, mai
i corpi delle vittime. Solo puro montaggio terroristico al fine di creare allarme sociale. Per questo ci è venuta voglia di partire da scarne notizie di
cronaca per creare dei racconti, dove la vittima e l'assassino finalmente abbiano la possibilità di dirsi. Apriamo questa rubrica a chiunque voglia
costruire una storia a partire da un episodio di cronaca locale e non solo, selezionato dalla redazione e leggibile sul sito di Piazza Grande.
Saremo noi a scegliere ogni mese il racconto che ci è piaciuto di più.
“MODENA - Una giovane tedesca
ha scambiato il cimitero di Pavullo
per un campeggio e ha 'piantato le
tende' fra le tombe stendendo anche
i panni ad asciugare; poi, ha costruito un altare di croci fatte di scope e
carta igienica.”
Ventidue giorni prima era partita dai
pressi di Villingen. Si, la Foresta Nera
era bella, fresca, si respirava e si dormiva
bene sotto i sempreverdi teutonici, ma
lei voleva cambiare aria. E allora via; giù
per sé e per il suo fagotto compagnone.
Lo stridore del regionale delle 05.09 per
Bologna non poté non destarla dal suo
sonno composto. Heike si alzò, stiracchiò gambe e braccia, imbracciò il fagotto, risalì le scale del sottopasso e uscì
ti, uno per uno, soffermandosi a guardare le foto sorridenti e a leggere le frasi
poste a eterna riconoscenza. Un po’ di
italiano Heike lo conosceva, per via di
tutti quei calabresi, campani, siciliani e
abruzzesi che fin dagli anni ’60 avevano
dalla stazione. Andò dritta fino al primo
semaforo; quindi si fermò a leggere un
po’ le indicazioni stradali: “tutte le direzioni”, “For migine”, “Castelnuovo
Rangone”, “Vignola”, “Marano sul
Varano”, “Zocca” e “Pavullo”.
Pavullo. Quel nome la affascinava; le
suonava strano e curioso, e se lo ripeteva
in mente:
cominciato a trasferirsi nella sua
Schwarzwald. Due epitaffi le restarono
in mente: “Facile è stato amarti, difficile
dimenticarti” e “Fummo come siete,
siamo come sarete”. Quest’ultimo non
era tanto sicura di averlo capito bene, ma
era quasi del tutto certa che non si trattasse di un bell’augurio per chi lo stesse
leggendo.
Scostò il cancello, entrò e
cominciò a percorrere tutti gli
angusti sentieri fioriti e illuminati
Dopo il giro di perlustrazione si sistemò.
La cappella della famiglia Stoppa era praticamente terminata; pronta per essere
usata. Accogliente. Heike aprì la porta,
entrò in punta di piedi, come per non
svegliare nessuno, srotolò il suo fagotto
compagnone e ne trasse una coperta a
quadri rossi e blu che stese con cura sul
pavimento in marmo opaco. Poi tirò
fuori un lenzuolo di flanella celeste e lo
pose sulla coperta a quadri.
Quindi uscì. Appena fuori dalla porta
raccolse quattro scope, un paio di badili
e qualche pezzo di compensato che
aveva notato poco prima, li legò con
dello spago di fortuna e avvolse tutto
con due dei tre rotoli di carta igienica
che aveva chiesto in prestito alle FS. Due
rametti di cipresso messi a croce ed ecco
Novembre 2005, Indymedia Italia
- Guarda Luca; guarda: ci sono i fantasmi!
- Ma che fantasmi?! Mamma mi ha detto
che i fantasmi non esistono; e nemmeno
Babbo Natale esiste.
- Ma come non esistono? E quelli che
sono?
E scapparono.
Luca e Andrea avevano nove anni ciascuno, un pallone Tango pezzato da 5
euro e 30 centesimi, una bottiglia di
acqua naturale da un litro e mezzo consumata per tre quarti e una paura terrifica ed ectoplasmica, che all’imbrunire quando il Sole era calato esattamente da
trentotto minuti - si palesava in tutta la
sua digrignata e periferica penombra,
oltre che nella fuga frenetica e scomposta di due creature verso le rispettive
case di conforto e sicurezza.
Heike non aveva fatto altro
che approfittare di quella
calma e di quella carenza di
traffico d’anime
In quei giorni, il cimitero era stato insolitamente silenzioso e distante dalle attenzioni della gente del paese. Dimenticato.
Come se tutti quei morti non avessero
mai avuto cari a cui chiedere preghiere
per l’indulgenza. Ma era solo una superficiale apparenza.
La verità era che il 2 novembre si avvicinava, e allora tutti quelli che già da qualche giorno sentivano la mancanza di un
contatto ultraterreno con amici e parenti
passati a miglior vita avevano semplicemente evitato di recarsi al camposanto il
29, il 30 o il 31 di ottobre, per sfruttare e
onorare in tutta la sua piena solennità la
ricorrenza del giorno dei morti.
Heike non aveva fatto altro che approfittare di quella calma e di quella carenza di
traffico d’anime, giusto per dare un
senso alla sua eterna ricerca di dimora; e
aveva scelto proprio la dimora eterna:
pace e tranquillità!
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per Zurigo, poi la Como-Chiasso - facilmente attraversata a bordo di un’autocisterna di kerosene e al fianco di Marione
da Novara, che la accompagnò fino ad
Abbiategrasso - una passeggiata di 3-4
Km, quindi un paio di notti all’ombra
del Pirellone e poi la Freccia del Sud,
quella che parte alle 23.00 da Milano e
arriva a Crotone tra le 14.30 e le 16.15
(cioè con un ritardo compreso tra la
mezz’ora e le due ore e un quarto). Il
cesso della carrozza 12 era stato abbastanza confortevole, eccezion fatta per lo
spiffero proveniente dal water e per la
pozza d’acqua sul pavimento.
Ore 00.53, in perfetto orario: “Modena,
stazione di Modena”
- Puoi daremi un poco soldi? Uno euri?
- 50 centesimi vanno bene?
- Ok. Crazie tanto!
- Pafullo; Pafullo…Pafullo.
Modena-Pavullo sono 49 Km, 30 di pianura e falsipiani, 19 in salita. Heike se li
fece tutti a piedi, in sole sette ore e tredici minuti pause comprese.
Qualcosa la stava mettendo da parte; in
più o meno due ore le sue tasche si
erano appesantite di 4 euro e 30 e di
mezzo panino con tonno e sottiletta.
Mica male! Intanto aveva adocchiato una
cabina per le foto-tessere; lì poteva trovare la privacy, e un minimo di sicurezza
“Benvenuti a Pavullo” recitava il cartello
ai margini del paese, e subito, sulla
destra, il cimitero; poco più in là - cinquanta metri al massimo - le prime case
e i primi rumori di stoviglie. Scostò il
cancello, entrò e cominciò a percorrere
tutti gli angusti sentieri fioriti e illumina-
bell’e fatto il suo altarino di famiglia.
Cacciò dalla tasca sinistra la foto di
Christel - ventott’anni appena di vita
consumata e la stessa strada di Heike
sotto i piedi - e la pose a ridosso della
croce improvvisata.
La fontanella nei pressi della cappella
prometteva freschezza e pulizia. Si sciacquò la faccia e le ascelle, e ben presto
quattro mutande, due canotte, tre paia di
calzettoni di spugna e tre magliettine
della salute d’altri tempi ritrovarono il
loro candore originale sotto lo stesso
sottile filo d’acqua della fontana. Poi
strizzò tutto per bene, e pensò che il fil
di ferro che teneva insieme le impalcature adiacenti alle pareti della cappella dell’or mai beneamata famiglia Stoppa
potesse essere un efficiente stendino.
Infine si raccolse nella sua nuova alcova
a riposarsi un po’.
Il piccolo Luca, colpevole di
un tiro potente ma impreciso,
scavalcò il muretto a ridosso
del cancello d’entrata del
cimitero
E si fecero le 19.32; il Sole si era spento
alle 18.54, esattamente da trentotto
minuti, il vento soffiava leggerissimamente - tanto quanto bastava all’andamento ondivago della biancheria stesa in
penombra - e un pallone Tango pezzato
da 5 euro e 30 centesimi andò a sbattere
contro la lastra di tale Adelmo Del
Fonte nato il 23-07-1935 e deceduto il
15-10-1999.
Il piccolo Luca, colpevole di un tiro
potente ma impreciso, scavalcò il muretto a ridosso del cancello d’entrata del
cimitero - sfidando tutte le storie di spettri che più volte avevano animato i banchi della sua 4^ C - e recuperò il pallone.
Quasi contemporaneamente Andrea,
con gli occhi corrucciati e lo sguardo cir-
cospetto, si era accorto che qualcosa di
candido e inquietante sembrava muoversi vicino ad una cappella in costruzione,
a non più di otto metri da dove si trovava Luca; qualcosa di sospeso; di volteggiante; di spettrale.
Il resto è storia.
L’appuntato la raggiunse a
fatica, la ricondusse nella cappella, le chiese con cortesia di
raccogliere tutte le sue cose
Il giorno dopo il signor Paolo, padre di
Andrea, si recò al cimitero, si accorse
dell’abusivismo di Heike e chiamò i carabinieri. Quarantasei minuti più tardi l’appuntato Dagni stava già operando lo
sfratto. Heike palesò il suo disappunto
urlando e slalomando tra le lapidi, e srotolandosi appresso l’ultima porzione di
carta igienica rimastale
. L’appuntato la raggiunse a fatica, la
ricondusse nella cappella, le chiese con
cortesia di raccogliere tutte le sue cose e
poi, tenendola stretta per i polsi - per
evitare che gli scappasse ancora una
volta - tentò di indirizzarla sulla strada
per l’uscita. Heike forzò la morsa nella
quale erano costrette le sue piccole mani,
e si divincolò; ma non scappò. Si fermò,
si girò verso la cappella, allungò un braccio, e sorridendo all’appuntato Dagni si
rimise Christel nella tasca sinistra.
di Dario Coriale
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Le News della Nera
3. MILANO. Giuseppe M., 42
Le notizie scelte dalla redazione anni, napoletano trapiantato a
questo mese:
Milano, aveva indicato una panchina come proprio "domicilio"
1. ROMA. Un uomo di 42 anni per ottenere gli arresti domicisi è recato in commissariato liari. Quando gli agenti che
denunciando di aver commesso dovevano controllarlo non lo
una rapina e chiedendo di esse- hanno trovato è subito scattata
re incarcerato per il reato. A la procedura d'ordinanza.
spingerlo a farlo è stato il biso- Giuseppe, che si era allontanato
gno di un posto dove dormire e dalla propria panchina solo per
la sicurezza di un pasto caldo.
qualche minuto, è stato arrestato.
2. SEATTLE. Due detective
della Omicidi stanno investi- I racconti di lunghezza inferiore
gando sulla morte di una donna alle cinquemila battute vanno
senza fissa dimora della quale è inviati a:
stato trovato il corpo dai vigili
[email protected]
del fuoco mentre spegnevano
un piccolo incendio sotto il viadotto Alaskan Way, proprio Nel campo dell'oggetto specifidurante il Giorno del care "La Nera"
Ringraziamento.
Questa rubrica è curata da Dashiell Philip Chandler (noto giornalista
cheyenne-canadese occasionalmente a Bologna) e ospita lettere mai
spedite, discorsi che persone "in vista" della nostra città NON faranno, cronache di avvenimenti che MAI si verificheranno. La totale inattendibilità delle notizie è dunque ammessa in partenza. Come le
recensioni di Eco a libri inesistenti o i discorsi domenicali "del papa"
scritti da Adriana Zarri ciò che leggerete appartiene al territorio dei
desideri o degli incubi o - se vi piace la fantascienza - a un mondo
parallelo.
Riceviamo e volentieri pubbli- Non ho scoperto un bel cecio: dal
2004 a oggi zero. "Tempo perso"
chiamo
ho detto al Borghezio: "questi par"Vorrei sfogarmi e chiedervi un lano solo di prezzi che salgono, di
consiglio. Ecco i fatti. Sono di figli malati, di turni, di donne
sangue emiliano da generazioni. (qualcuno in modo un po' volgare
Leghista della prima ora in terra è vero, ma nulla rispetto a mio
ostile (Bologna la rossa). Nel '99 cugino), di cugini, di calcio e di
incontro Borghezio e lui mi affida Bonolis… sembrano proprio itauna missione speciale: spiare "i liani". All'inizio ho pensato che
lazzaroni" (insomma gli immigra- Borghezio avesse ragione: "stanno
ti) qui, nel cuore delle zone isla- fingendo - mi urlava - o parlano in
mo-comuniste. "Sono onorato ma codice, indaga ancora". Non sto a
come faccio, chi li capisce quelli?" dirvi quanto mi ci sono dedicato.
dico. "Appunto" mi fa il Niente, al massimo qualcuno che
Borghezio: "tu ora vai a Bergamo si lascia scappare un "certo che
alla nostra scuola segreta, impari questi bolognesi sono proprio
l'arabo e l'albanese alla perfezione, stronzi" (che poi è quello che
poi torni qui a spiare". Così ho penso anch'io). Giorni fa, riguarfatto. Dopo 5 anni di studi, ecco- dando gli appunti e ripensandoci,
mi di nuovo a Bologna. Sempre ho avuto un colpo al cuore. Mi
con il registratore in tasca per non son detto: "E se Borghezio sbaperdere una frase. Travestito, gliasse? Se loro non fingessero ma
mimetizzato. Mi metto vicino a fossero proprio come noi?".
"quelli" in mensa, sulle panchine
la domenica, con il carrello subito Voi che conoscete "le strade",
dietro al market. Dal 2004 ascolto, cosa dite? Aiutatemi a capire: devo
ascolto, ascolto, prendo appunti e dare
le
dimissioni?
mando i rapporti al nostro "Sol", (Comprenderete perché non
cioè lo "spionag gio operativo posso firmarmi). Saluti molto perleghista".
plessi".
di Dashiell Philip Chandler
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Come fare per...
La rubrica dei nuovi poveri
Ormai lo sanno anche i sassi, la povertà è alla portata di tutti. La quarta settimana è un incubo generalizzato: i soldi finiscono una settimana
prima del 27 del mese, le bollette languono e il padrone di casa aspetta invano l'affitto. Quando vi avranno staccato acqua, luce e gas, e avrete
ricevuto lo sfratto, mentre il vostro conto in banca suonerà vuoto come le vostre tasche, questa rubrica, che insegna a vivere agiatamente senza
un tetto sulla testa, potrà tornarvi utile.
Che cosa hanno in comune Napoleone
Bonaparte e un senza dimora? Entrambi
temono il freddo. Il primo si è beccato
l’offensiva del Generale Inverno nella
campagna di Russia nel 1812, il secondo
lo subisce ogni giorno per quattro mesi
all’anno. Se è decisamente troppo tardi
per dare buoni consigli a Napoleone, a
chi vive in strada invece qualche suggerimento su come difendersi dal freddo
siamo ancora in tempo a darglielo. Con
la consulenza di Gigi Bonometti, un
veterano “piazzagrandista”, abbiamo stilato una lista di buone pratiche per
affrontare l’inverno. Si tratta in realtà di
frammenti della sua biografia.
Mettendoli insieme come un puzzle si
compone un quadro di vita di strada.
Come riparasi dal freddo? Cominciamo
con le cose più banali...
Procuratevi un buon sacco a pelo,
meglio che una coperta. In mancanza di
meglio un cartone isola più che una
coperta. Si trova facilmente vicino ai
supermercati o ai cassonetti, bisogna
stare attenti però a cambiarlo spesso perché si bagna facilmente.
Bisogna poi trovare un posto al riparo
dalla pioggia e dal vento. E qui viene il
bello.
L’ideale sarebbe dormire su una grata col
getto d’aria calda, ma queste non stanno
mai sotto i portici, quindi ti piove sulla
testa. Meglio quindi il portico di una
chiesa, magari con delle suore gentili. La
chiesa del Baraccano, per esempio.
Buoni sono anche gli angoli coperti, ce
n’è uno perfetto in via dei Mille davanti
alla banca.
Fino a qui tutto lecito, più o meno, ma
volendo forzare un po’...
Si occupa una casa per l’inverno, sai
quante ce ne sono disabitate? Basta buttare giù la porta e se non fai troppo casino passano anche dei mesi prima che la
polizia ti becchi. Oppure ci sono i
capannoni e le fabbriche abbandonate in
periferia, stesso discorso. Un po’ più
scomodi sono i cantieri edili: è più difficile trovare un posto ben coperto e i
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muratori arrivano presto la mattina e
devi svegliarti alle cinque. Ma se ti comporti bene ti lasciano dormire anche un
po’ di più.
“Ho passato un intero inverno in un
cantiere in via Paolo Fabbri, - dice Gigi, mi ero costruito una baracca con le assi
di legno e il cellophane, per l’elettricità
avevo recuperato una vecchia batteria di
una macchina. C’era un palmo di neve
sul tetto eppure non è crollato! Ah
dimenticavo dividevo la baracca con una
donna. Sì, quello è il modo migliore per
scaldarsi.”
Se si riesce a diventare davvero invisibili
le possibilità aumentano. Un portone si
apre e allora via in un sottoscala, oppure
all’Università si entra in tardo pomeriggio, si fa un giro e all’ora di chiusura ci si
infratta da qualche parte. Fino alle 8 di
mattina avrai un palazzo tutto per te.
Un’alternativa, con qualche soldo in
tasca, è il treno. Finche è in movimento
stai da dio, ma quando spengono i riscal-
damenti tra le lamiere si gela.
Ma il freddo non si sente solo di notte.
Anche di giorno bisogna ripararsi. Allora
oltre alle mense e i centri diurni ci sono
le biblioteche, le sale da biliardo, le agenzie ippiche (che adesso si chiamano
Snai), il bowling (quello di via San Felice
per esempio) e perché no anche le chiese.
Tutto questo se si resta in città, in campagna il discorso cambia.
“Prima di arrivare a Bologna - dice ancora Gigi - ho fatto il pastore nella Val
Seriana, andavo da Bergamo a Pavia a
piedi. Il metodo migliore per scaldarsi
all’aperto è prendere un mattone, scaldarlo sul fuoco, avvolgerlo in una straccio e cacciarselo nel sacco a pelo. Sei a
posto tutta la notte. Dai pastori dai sardi
ho imparato un altro sistema: scavi una
buca, fai uno strato di legna e la fai bruciare. Quando resta solo la brace, la ricopri di sabbia e poi sopra ci stendi una
coperta. Dormi al caldo come se fossi
abbracciato a un termosifone.”
Ancora due soluzioni, magari un po’estreme.
Il rusco tiene caldo, e quindi un tuffo nel
cassonetto ti regala una notte di fuoco. Il
problema non è solo la puzza, ma svegliarsi prima che arrivi il camion della
spazzatura se non si vuole finire tritati.
Troppi rischi, meglio lasciar perdere.
Se no c’è il cimitero, da vivi ovviamente...Una nicchia vuota si trova sempre, e
lì di sicuro non ti disturba nessuno. Non
ci credete? Ne conosco molti che dormivano alla Certosa. A mali estremi...
Fine
Dal basso verso l’alto
Rubrica di contributi senza filtro dal mondo altro
L'unico segreto
…Anke oggi finalmente è passata, non
so come o fatto o come è successo fattostà ke l'unica cosa importante, l'ultimo
non'ke unico segreto è ancora al sicuro.
Kazzo la difenderei con la vita quell'unica cosa ke mi ha permesso di vivere in
modo decoroso fino a pokissimo tempo
fa, nel senso che due soldini con quella
cosa ne ho guadagnati, beh.. a pensarci
bene sono passati almeno 8, 9 anni .., ma
a dire il vero non mi ricordo se è così
tanto ke vivo senza lavoro o che sto fuggendo, MAH !! sarebbe ora ke mi inventassi qualcosa di nuovo. Non posso più
sperare di vivere così, non è più tempo !
Ma come faccio ad inventarmi qualcosa
di nuovo ke faccio fatica a difendere
questo segreto. E con piddux affianco
che mi straccia i maroni ???
E domattina? Come farò domattina, mi
tokkerà uscire di casa.." con il solito stratagemma e cominciare a correre … ke
poi, qual'è questo stratagemma, ke ogni
giorno è una fuga diversa.
Ma per quanto ancora andrà avanti sta
storia, per quanti anni, mesi, speriamo
non siano giorni, è troppo tempo ormai,
e ki l'avrebbe mai detto, non mi sarei
mai sognato di portare con me questo
prezioso segreto per cosi tanto tempo.
Siii kaazzzz !! nessuno lo saprà mai, con
tutto lo sbattimento ke mi son fatto in
tutti sti anni, Tzé … mi faccio boccheggiare cosi? Meno male ke sono quasi a
casa; MA .. ma, ki.. ki sono..? sono loro,
kazzo, sono loro sono loro, via via via !!
Merda, mi sono gia attaccati al culo,
devo fare qualcosa alla svelta, subito; si,
si, si, inkiappetto una macchina e skizzo
via, meno male ke hanno inventato la
fiat uno ke si apre da sola, e ne intravedo
subito una. Evvai è partita subito. Mi
fiondo nel traffico come un grillo e salto
da una parte all'altra della carreggiata, mi
sento un po' Montoya, ma assomiglio
più a Fisikella. Improvvisamente un
camionazzo mi salta annanza, forse mi
potrebbe aiutare nella fuga; ma ke kazzo
fa s'timbecille, non posso perder tempo
così. StromStrombbb… spiaccico tutte e
due le mani sul clacson e strombazzando
di brutto tiro i freni al limite,ma ki kazzo
è st'imbecille, pensa te, un bilico con
rimorchio targato CT "azz un camionaro
siculo" penso in me, non che ce l'abbia
con i siculi, per carità, sono i camion che
mi impressionano un pò; Oooh, gli urlo
a tutta voce ma non mi sente,oppure fa
lo gnorri? Kazzo, dico io, scommetti ke
stavolta mi vede, e mi scatta il sorpasso ;
BRANG !!… scalo in prima, infilo subi-
Scalata alla salute
to la seconda prima ke il motore si
lamenti, ma si lamenta, non dovevo mettere la prima … poi in rapida successione abbasso il finestrino e con una finissima gesticolazione, faccio scattare il dito
mignolo e il dito indice, e comunico al
siculo ke la sua bella nel paese degli
aranci lo sta cornificando. Tò vé, ki l'a-
Sono un ragazzo che vive in una situazione precaria nella città di Bologna. Ieri
ho avuto bisogno di una semplice visita
medica, non avendo il medico di base
qui a Bologna mi sono rivolto ad uno
sportello sociale per sapere dove andare
(nel frattempo la mia temperatura corporea era già a 39°).
Inizia cosi a prescrivermi medicine del
tipo sciroppo, compresse, antinfiammatori, antibiotico e la tachipirina per la
febbre. A quel punto io le spiego che per
varie ragioni, che non sto qui ad elencare
non ho soldi per comprare queste roba.
Lei mi guarda e mi prepara una ricetta
medica e mi dice che l'antibiotico e l'uni-
vrebbe mai detto, mi ha visto. Nel doppio rimorchio cabinato scoppia il finimondo, mi arrivano insulti spessi così in
un italiano inconmprensibile. Mi doveva
aiutare a scappare con questa manovra,
invece .. quasi mi akkiappano; ma vaffanculo … … e vado via, e i bastardi ?
sono ancora lì ? tutt'ammé, hizzebb. NO
!!! Non ci sono più, finalmente kazz !! mi
sono liberato, haaaa me ne vado
RENZO RENZO fresco e giulivo per la
mia, per una volta la dea bendata è stata
dalla mia, sembrava ke il camionante
siculo avesse la meglio su di mé invece
l'ha avuta su loro. Pericolo scampato,
posso parcheg giare la voiture dove
voglio, abbandonarla in strada ed incamminarmi con tutta tranquillità verso casa
e fiero di avere tenuto tutto per mé questo segreto. He Si, si si !! nessuno mi
rubera mai la mia ricetta per fare i:
TORTELLINI ALL'AMARENA.
Dopo una fila interminabile mi mandano al poliambulatorio di via Montebello.
Stavo malissimo, arriva il mio turno e
spiego all'operatore che ho bisogno di
un medico, gli compilo i moduli li presento la mia carta d'identità, a quel
punto mi chiede il nome del mio vecchio
medico, rispondo di non ricordarmelo,
lui mi guarda e affranto mi dice che non
può assegnarmi il nuovo medico (che
precedentemente avevo scelto su un
registro a casaccio).
La febbre continuava a salire, ho iniziato
a gridare e a trattarlo male, alla fine ho
inventato un nome, e ho detto che era il
mio vecchio medico, a quel punto ottengo una tessera sanitaria temporanea, con
un medico di base a cui rivolgermi.
Avete capito cari amici, ho dovuto mentire per ottenere un semplice servizio di
base pur essendo un italiano; ma non è
finita qui.
Con la mia nuova tessera mi reco dal
mio nuovo medico, questa volta senza
fare una gran fila arriva il mio turno,
entro mi sottopongo alla visita risultato:
bronchite acuta.
ca cosa che non pagherei.
Scendendo dall'ambulatorio trovo per le
scale una copia del giornale piazza grande, vado a numeri utili e trovo poliambulatorio biavanti, assistenza medica gratuita per senza fissa dimora, mi trovavo a
poche centinaia di metri e ci vado.
La vedo la gente che spiega al medico la
propria patologia e li vengono forniti
subito i medicinali; arrivato il mio turno
spiego già tutto quello che mi era successo, la risposta è stata che loro non
potevano darmi medicinali, perché era il
mio medico di base che avrebbe dovuto
farmi una ricetta per gente senza reddito
per qualsiasi tipo di medicinale.
Conclusione, sono le 18,00 sto malissimo dalle 8,00 sono in giro per ambulatori su 5 diversi tipi di farmaci di cui avevo
bisogno me ne hanno fornito solo uno
(alla faccia dell'essenzialità).
di Massimo.C
di Filippo
Redazione di Strada è a cura di Massimiliano Salvatori
contatti: tel. 051/342328 - mail: [email protected] - [email protected]
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Avvocato di Strada
presenta
“Dove andare per...”
La guida di Bologna per le persone senza fissa dimora
Edizione 2006
E dicembre inoltrato. Da qualche
settimana a Bologna le temperature climatiche sono scese bruscamente, e come sempre il gelo
invernale complicherà enormemente le già non facili condizioni
di vita dei senza dimora.
L'Associazione Amici di Piazza
Grande Onlus, realtà da anni
impegnata nel fronteggiare i problemi dei più deboli, anche quest'anno mette in campo alcuni
strumenti che serviranno ad aiutare chi vive in strada.
La guida "Dove andare per…",
realizzata da Avvocato di Strada,
indica a tutte le persone senza
dimora dove andare per vestirsi,
lavarsi, mangiare, dove trovare
lavoro e assistenza legale, e può
rappresentare un'utile strumento
anche per tutte quelle persone che
quotidianamente lavorano nell'ambito dell'esclusione sociale.
L'invenzione del quotidiano
Chi vive i disagi della vita di
strada impara a (soprav)vivere
con quello che gli viene dato.
É una lotta quotidiana, fatta di
ricerche continue e di piccole
conquiste momentanee. Una
coperta, un pasto caldo, un
riparo dove scaldarsi, per qualcuno è nulla, per altri è la vita.
Diventa così essenziale sapere
dove andare per nutrirsi,
vestirsi, lavarsi, dormire, curarsi, trovare un lavoro ….
Questa guida, unica nel suo
genere in città, raccoglie ed
offre queste informazioni.La
pubblicazione viene distribuita
gratuitamente in stazione, nei
dormitori, nelle mense ed in
22
tutti i luoghi di Bologna frequentati dalle persone senza
fissa dimora.
Ringraziamo tutti i volontari
che hanno partecipato alla realizzazione di questo opuscolo,
l'Assessorato alla Sanità,
Servizi Sociali, Volontariato,
Associazionismo
della
Provincia di Bologna per il
contributo ed il sostegno
offerti e la Fondazione
Internazionale OAK, la
Fondazione
Unidea
Unicredit Foundation e la
Fondazione Monte dei Paschi
di Siena per la fiducia e il
sostegno economico.
Avv. Antonio Mumolo
Ideatore e coordinatore del
progetto Avvocato di Strada
Distribuzione
Questa guida viene distribuita
gratuitamente in stazione ed in
tutti i luoghi di Bologna frequentati dalle persone senza
fissa dimora. Può essere
richiesta telefondando allo
051/397971 oppure inviando
una mail all’indirizzo:
[email protected]
ASSOCIAZIONE AMICI DI PIAZZA GRANDE ONLIS: Le attività
L'Associazione Amici di Piazza Grande Onlus è il luogo in cui i cittadini svantaggiati si organizzano per risolvere i propri problemi, per mettere assieme capacità e idee, per costruire occasioni di reddito, per affrontare il problema della abitazione, per migliorare le prestazione dei servizi della città e per autogestirsi.
L’Associazione, in oltre dieci anni di vita ha dato impulso ad una progettualità ricca di iniziative. Attualmente tra le attività di Piazza Grande ci sono il giornale,
il BiciCentro, la Sartoria, il Servizio Mobile di Sostegno e lo Sportello di Avvocato di Strada.
Fare Mondi
La Cooperativa Fare Mondi
affonda le radici nel percorso associativo
degli aderenti all’Associazione
Amici di Piazza Grande Onlus.
“Ritiriamo i vostri vecchi computer
e pensiamo noi al loro riutilizzo
Sgomberiamo il solaio, la cantina
Forniamo un servizio per
piccoli trasporti, pulizia stabili e piccoli lavori
di manutenzione”
Riutilizzo ecologico di carta, vetro,
legno, residui metallici, residui di fibre naturali; Piccoli
sgomberi di cantine, solai. Pulizie. Lavorazioni manuali
d’assemblaggio. Assemblaggi meccanici ed elettrici.
[email protected]
In via del Gomito 22, il terzo giovedì del mese, dalle ore 20 alle 21
38938045524
Via Antonio Di Vincenzo 26/F (BO)
Tel e Fax
051 372 223 - 051 4158 361
telefoni: 380.3585605
347.1867228
348.3149643
349.8506055
mail: [email protected]
Ringraziamenti
L’Associazione
Amici di Piazza
Grande Onlus ringrazia la ditta Sign
Pubblitecnica di
Bologna, per avere
realizzato gratuitamente le scritte adesive che verranno
applicate sulla
nuova auto del
Servizio Mobile di
Sostegno
Sito web: www.cooplastrada.it
Mail:[email protected]
23
Informazioni e punti di ascolto
1. Comune di Bologna, Servizio Sociale Adulti
Per tutti gli adulti in difficoltà, dai 18 ai 65 anni. Via
Sabatucci, 2. Tel. 051/245156. Aperto lun, merc, ven e
sab, h.9-13 e mart e giov, h.14-17
2. Associazione Posto d’Ascolto ed Indirizzo Città
di Bologna. Informazioni relative a dormitori, mense,
docce. 1° binario Stazione Centrale - Piazza Medaglie
D’Oro, Tel. 051/244044. Dal lun al ven, h.9-12, 15-18,
sab h.9-12
3. Sportello Sociale e delle opportunità Comune di
Bologna Via del Porto, 15/b, Tel 051/523494. Lun-Sab,
h.9.30-16.30, merc h. 9.30-12.30 (senza appuntamento).
4. Centro di Ascolto Italiani della Caritas Adulti italiani in difficoltà, assistenza, informazioni e percorsi di
reinserimento sociale. Via S. Caterina 8/A. Tel.
051/6448186. Lun, Mart, Ven, h.9.15-11.30. Giov,
h9.15-11.30, h.14- 15.30 (senza appuntamento).
5. Centro di Ascolto Immigrati della Caritas
Diocesana Ascolto, informazioni e assistenza per persone straniere. Via Rialto, 7/2. Tel. 051/235358. Lun,
giov, h.9-11, mart, h.15- 17
6. Servizi per gli Immigrati del Comune di Bologna
Cittadini stranieri con permesso di soggiorno o in attesa
di regolarizzazione. Informazioni e orientamento. Via
Drapperie, 6. Tel. 051/6564611. Lun h.9-13, mart e giov
h.15-18, sab, h.9-13
7. Associazione L’Arca Ascolto e informazione per
tutte le persone disagiate. Via Zago, 14, Tel.
051/6390192. Dal lun al ven h.15-19
8. Ufficio Casa Comune di Bologna Informazioni su
bandi per la assegnazione della casa. Viale Vicini, 20
Tel. 051/2194332. Lun- ven, h.8,30-13, mart e giov,
h.14.30-17
----------------------------------------------------Aiuto e assistenza legale
9. Avvocato di Strada Consulenza e assistenza legale
gratuita per le persone senza fissa dimora. Via Libia, 69
presso Associazione Amici di Piazza Grande Onlus.Tel
1 4 . I s t i t u t o B e r e t t a Via XXI Aprile 15
,Tel.051/6162211 Distribuzione numeri, dal lun al ven,
h.8-9 e h. 14. Sab soltanto al mattino. Domenica pronto
soccorso odontoiatrico h.8-13
1 5 . P o l i a m b u l a t o r i o A U S L Via Tiarini 10/12
Tel.051/706345. Dal lun al ven. Dalle ore 7.30 vengono
distribuiti 12 numeri.
----------------------------------------------------Pasti gratuiti
7 . A s s o c i a z i o n e L ' A r c a Via Zago,
051/6390192. Dal lun al ven, h.15.30-19
14.
Tel.
3. Centro Diurno Comune di Bologna Distribuisce
pasti caldi. Via del Porto, 15/C.
Tel. 051/521704. Tutti i giorni dell'anno h.12.30 -20.
1. Centro Beltrame Comune di Bologna Distribuisce
pasti caldi agli ospiti del centro stesso - Via F. Sabatucci,
2. Tel. 051/245073.
16. Oratorio di San Donato Tutte le domeniche mattina alle ore 10.10 colazione. Via Zamboni, 10. Tel.
051/226310
17. Mensa dell'Antoniano Distribuisce pasti caldi. Via
Guinizelli, 3. Tel. 051/3940211. Tutti i giorni h.11.30-12.
Per accedere al servizio occorre un buono che viene
distribuito alle h. 10.45.
4. Mensa della Fraternità Caritas Diocesana
Fornisce pasti caldi. Via Santa Caterina, 8/A. Tel.
051/6448015. Tutti i giorni mensa h.18-19.
18. Punto d'incontro della Venenta Distribuisce alimenti. Via Serlio, 25. Aperto Mart e Giov, h.10-12
19. Parrocchia Cuore Immacolato di Maria
Distribuzione di cibo da cucinare. Via Mameli, 5
Tel. 051/400201. Mart, h.10-12, Ven, h.15.30- 17.30
20. Parrocchia S. Cuore Distribuzione viveri. Via
Matteotti, 25. Tel. 051/4151760. Dal lun al sab, h.11-12
21. Parrocchia S. Maria della Misericordia
Distribuisce razioni di generi alimentari. P.zza Porta
Castiglione, 4. Tel. 051/332755. La distribuzione avviene
al sabato munendosi alle ore 8.00 di un numero con cui
25 persone ogni giorno. Piazza San Domenico, 5/2 Tel.
051/226170. Lun e giov, h.8-10
19. Parrocchia Cuore Immacolato di Maria
Distribuzione vestiario. Via Mameli, 5. Tel. 051/400201.
Tutti i Merc, h.9-11
27. Parrocchia S. Egidio Distribuzione vestiario. Via S.
Donato, 36. Tel. 051/244090. Dal Lun al Ven, h.1617.30
28. Parrocchia S. Giuseppe Cottolengo Distribuisce
indumenti, Via Don Orione 1, Tel. 051/435119. A giovedì
alterni, h.16-18
29. Parrocchia S. Giuseppe Lavoratore Distribuisce
indumenti in genere. Via Marziale, 7, Tel.051/322288. Il
primo e terzo mercoledì di ogni mese, h.15-17
23. Parrocchia S.S. Angeli Custodi Distribuzione
abbigliamento. Via Lombardi, 37.
Tel.051/356798. Tutti i merc, h.9-10.
----------------------------------------------------Dove dormire
1. Centro Beltrame Offre 115 posti letto. Via F.
Sabatucci, 2. Tel. 051/245073. Si accede tramite lo
Sportello Sociale di Via Del Porto, 15/B.
30. Casa del Riposo Notturno M.Zaccarelli
Offre 80 posti letto. Via Carracci, 69. Aperto h.19-8. Si
accede attraverso lo Sportello Sociale di via del Porto,
15/b.
31. Opera di Padre Marella Offre 60 posti letto. Via
del Lavoro, 13. Tel. 051/244345. Aperto h.8-17
25. Rifugio Notturno della Solidarietà Offre 30 posti
letto a persone tossicodipendenti senza dimora. Via del
Gomito, 22/2. Tel.051/324285 Aperto h.19-9.30.
32. Casa del Riposo Notturno Offre 32 posti letto per
adulti italiani e immigrati con permesso di soggiorno e
rifugiati politici. Via Lombardia, 36. Tel.051/493923.
Aperto h.19-9. Si accede attraverso la segnalazione dello
Sportello Sociale di Via del Porto, 15/B.
33. Struttura Madre Teresa di Calcutta Offre 19 posti
h.9.30-12.30 e h.15.30-17.30
Comunità S.Maria della Venenta Onlus Accoglienza
in comunità e in case famiglia di ragazze madri. Via
della Venenta, 42/44/46. Argelato (Bo) Tel.
051/6637200. Aperta tutto l'anno
Donne che hanno subito abusi e violenze
38. Casa della Donna per non subire violenza
Ascolto, assistenza psicologica e legale, ospitalità temporanea, gruppi di auto-aiuto e sostegno. Via Dell'Oro, 3.
Tel. 051/333173. Lun-ven, h.9-18
S.O.S. Donna
NUMERO VERDE 800 453009
Linea telefonica contro la violenza, fornisce informazioni,
aiuto, consulenza ed assistenza psicologica e legale. Tel.
051/434345 fax 051/434972. Lun, mart e ven, h. 20-23,
giov, h.15-17.30
Disagio relazionale
A.S.P.I.C. Associazione per lo Sviluppo Psicologico
dell'Individuo e della Comunità
Servizio psico-socio-assistenziale. Via De' Gombruti 18
Tel / Fax 0516440848. Il centro è aperto (previo appuntamento) dal lunedì al venerdi.
Disagio psichico
39. Percorso vita
Informazioni e assistenza a persone con disagio mentale
e alle loro famiglie, attività culturali e ricreative, gruppi
di auto-aiuto. Via Polese, 23. Tel/Fax 051/273644
Alcool
Alcolisti Anonimi
Gruppi di auto-aiuto. Tel. 335/8202228
Acat
h.9 - 19, Cell. 3491744897
Carcere
40. A.VO.C. Associazione volontari carcere
Attività in carcere, sostegno psicologico e sociale a detenuti ed ex-detenuti. Piazza del Baraccano, 2. Tel.
051/392680
41. Gruppo carcere del Centro Poggeschi
Attività di animazione e lavoratori all'interno del carcere
Dove
andare
per...
dormire,
mangiare,
lavarsi,
curarsi,
lavorare.
A Bologna
051/397971. Lun-Ven, h.9.30-13
si prenota il ritiro che avviene dalle h.9.30 alle 11.
8. Servizi per gli Immigrati del Comune di Bologna
Consulenza ai cittadini stranieri. Via Drapperie, 6. Tel.
051/6564611. Aperto tutti i giorni, escluso il ven, h.9-13
----------------------------------------------------Unità di strada
22. Parrocchia S. Maria Maddalena Offre alimenti.
Via Zamboni, 47. Tel.051/244060. Merc, h.10-12
Unità di Aiuto del Comune di Bologna Intervento di
strada con camper attrezzato. Tel. 051204308 Fax
051203799. Il servizio viene svolto tutti i giorni. Punti di
sosta del camper: Piazza Puntoni, h.17-18, Via Bovi
Campeggi, h.18-19
23. Parrocchia S.S. Angeli Custodi
Distribuzione generi alimentari. Via Lombardi 37, Tel.
051/356798. Lun, h.14.30- 17, mart, giov e ven, h.912, merc, h.10.30- 12.30
----------------------------------------------------Bagni e docce calde
letto per adulti italiani e immigrati con permesso di soggiorno e rifugiati politici. Viale Lenin, 20.
Tel.051/531742. Aperto h.19-9. Si accede attraverso la
segnalazione di tutti i servizi sociali del territorio.
34. L'isola che non c'è Struttura dedicata ai punkabestia. Offre 35 posti letto con punto cucina, punto docce e
accoglie persone con animali, per le quali è previsto un
servizio veterinario. Via Dell'Industria, 2. Si accede
direttamente dalla strada nei limiti di posti disponibili.
----------------------------------------------------Un servizio per i tuoi problemi
9. Servizio Mobile di Sostegno Associazione Amici di
Piazza Grande Onlus. Informazioni, generi alimentari,
abiti, panni o coperte alle persone che dimorano in strada. Tel.051/342328. Servizio attivo lun, merc e ven,
h.21-24. Il giov h.9-12
----------------------------------------------------Assistenza medica gratuita
4. Centro S. Petronio Caritas Diocesana Servizio
docce Via S. Caterina 8/A Bus 20-21
Tel. 051/6448015. Prenotazione alla mattina h.9-11.30.
Gli stranieri debbono prenotare il Mart mattino per usufruire dei servizi il Mart e il Merc dalle 14 alle 15. Gli italiani debbono prenotare il Ven mattino o Lun mattino per
usufruire dei servizi il Lun dalle 14 alle 15. Le donne, italiane e straniere, usufruiscono del servizio il Giov, dalle
14 alle 15.
10. Poliambulatorio Biavati Visite mediche gratuite
per persone non assistite dal Servizio Sanitario
Nazionale e persone in stato di grave indigenza. Strada
Maggiore, 13. Tel. 051/226310. Aperto tutti i giorni h.814. Mart e giov h.8-17 (senza appuntamento).
24. Bagni pubblici Toilette e servizio gratuito di lavanderia, con lava-asciuga, per persone senza fissa dimora.
Piazza IV Novembre Tel. 051/372223. Aperto sempre
h.9-20
Centro accoglienza La Rupe
Promozione sociale e progetti di inserimento lavorativo
per persone con problemi di marginalità. Via Rupe, 9.
Sasso Marconi. Tel. 051/841206.
25. Rifugio notturno della solidarietà Servizio docce
per persone senza fissa dimora. Via del Gomito 22/2.
Tel. 051/324285. Il servizio è attivo il Mart h.15-18 per
gli uomini. Il Ven, h.15-18 per le donne.
----------------------------------------------------Distribuzione abiti
35. Laboratorio Abba-Stanza Destinato a persone
senza fissa dimora e individui con gravi disagi sociali. Via
Della Dozza, 5/2. Tel/Fax 051/6386000.
11. Croce Rossa Italiana Somministrazione farmaci,
attrezzatura ortopedica e occhiali. Via del Cane, 9. Tel.
051/581858. Lun, Merc, Ven, h.8-14. Mart, Giov, h.8-17
12. Sokos Visite mediche gratuite per immigrati privi di
assistenza sanitaria, persone senza fissa dimora e tossicodipendenti. Si prescrivono visite specialistiche, farmaci
ed esami. Via de' Castagnoli 10, Tel. 0512750109. Lun
h.17-19. Merc, h.16-19, sab, h.9-12
13. Centro per la salute delle donne straniere e dei
loro bambini Vengono erogate prestazioni a donne e
bambini stranieri. Poliambulatorio Zanolini, Via Zanolini,
2. Tel. 051/4211511. Lun, h.12-18. Mart, h.15-19. Giov,
h.12-19. Ven, h.10.30-14
Urgenze odontoiatriche
17. Antoniano Fornisce vestiario. Via Guinizelli, 13. Tel.
051/3940211. Merc e Ven, h.9.30-11.30. Tel.
051/244044
7. Associazione L'Arca Fornisce vestiario a chi si presenta direttamente. Via Zago, 14. Bus 38, Tel.
051/6390192. Dal lun al ven, h.15.30- 19
26. Opera San Domenico Distribuisce vestiario a max
9. Associazione Amici di Piazza Grande Onlus
Assistenza e percorsi di recupero per senza fissa dimora.
Via Libia, 69, Bologna. Tel. 051/342328. Lun-ven, h.912, h.14.30-18.
3. Centro Diurno Comune di Bologna Accoglienza,
relazione d'aiuto e ascolto, attività per il tempo libero e
laboratoriali. Via del Porto, 15/C. Tel. 051/521704. Tutti
i giorni h.12.30- 18.
Cittadini Stranieri
NUMERO VERDE SERVIZIO SANITARIO Servizi plurilingue di informazione e mediazione culturale - 800
663366
36. Ufficio Stranieri della CGIL. Via Guglielmo
Marconi 69 - Tel 0516087190 Fax 051251062. Lun-ven,
h.9-13, 15-18. Il sab, h.9-13
Maternità
37. SAV, Servizio Accoglienza alla Vita
Via Irma Bandiera, 22. Tel. 051/433473. Dal lun al giov,
e progetti di inclusione sociale. Via Guerrazzi 14.
Tel.051/220435
Tossicodipendenze
42. Il Pettirosso
Comunità di accoglienza per tossicodipendenti e autoaiuto per familiari. Via dei Mattuiani, 1. Tel. 051/330239
S.A.T.
Servizio Accoglienza Tossicodipendenti. Presso Casa
Gianni, Via Rodolfo Mondolfo, 8. Tel. 051/453895.
Aperto tutti i giorni previo appuntamento.
Aids
Telefono verde Aids della Ausl Bologna: 800 856080
43. C.A.S.A. Centro Attività Servizi della USL Bologna
Informazioni e servizi sanitari a persone affette da HIV e
sieropositive. Via S. Isaia, 90. Tel. 0516494521. Dal lun
al ven, h.8-14.
44. ANLAIDS Gestisce una Casa Alloggio, un centro
diurno per persone con Hiv e sieropositive ed una linea
telefonica per informazioni e supporto con esperti.
Organizza gruppi di auto-aiuto e laboratori artigianali
gratuiti. Via Irnerio, 53. Tel. 051/6390727. Per informazioni e aiuto sulla malattia 051/4210817 - La linea funziona lun, mart e giov, h.16-20. La sede è aperta dal lun
al ven, h.9-13
45. IDA Iniziativa Donne Aids Informazione, prevenzione e tutela dei diritti per persone con Hiv, AIDS e
persone detenute. Via San Mamolo, 55. Bus 29-30
Tel/Fax 051/581373. Cell. 339/8711149
46. LILA
Lega Italiana per la Lotta contro l' AIDS. Ascolto, accoglienza, informazioni, assistenza, centro di documentazione e consulenza legale e previdenziale. Via Agucchi,
290/A. Tel. 051/6347644 - 051/6347646. Info:
051/6350025 (lun, merc, ven, h.18.30-20)