La redazione di Campo de` fiori si associa agli auguri

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La redazione di Campo de` fiori si associa agli auguri
Enea
Cisbani
Grazie
Grazie
Grazie
Grazie
Campo de’ fiori
Una madre per
tutti
una vita per
ognuno
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di Sandro Anselmi
Viviamo un tempo in cui, la razionalizzazione e l’attività materiale hanno bandito l’essere spirituale.
La sua assenza è inerzia, è vuoto e genera confusione, con la
conseguente rarefazione e perdita delle certezza fin qui acquisite.
Come ho avuto già a dire “la vita è un dono”, ma debbo ribadire con forza che tutte le vite sono un dono e garantirne l’esistenza fin dalla nascita è un dovere inderogabile.
La sacralità della vita inizia con la nascita e termina con la morte.
Rispetto comunque chi, nel pieno possesso delle facoltà mentali, sapendo di non poter migliorare o guarire da un male incurabile e mortale, decide di voler dar fine alla propria esistenza.
Bisogna però comunque difendere chi non può scegliere!
Tutti quelli che hanno vicino una persona cara, disabile, non possono neanche immaginare di scegliere la “non vita” per loro!
L’amore, quello grande, quello vero, fa sopportare disagi, incomprensioni, umiliazioni, fatiche, ma regala anche immense gioie,
fatte di gratitudine, resa, magari, con un semplice sorriso o con
due lacrime di commozione che scendono furtive.
Bisognerebbe avere tanta fede per dare alla sofferenza un’idea
morale sopra il ragionamento, per tendere a conquistare un
mondo dove si possa vivere nell’amore universale.
Campo de’ fiori
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Debora Caprioglio
dal cinema al teatro
Ritorna finalmente
a teatro una delle
artiste più apprezzate degli ultimi
anni, Debora Caprioglio, che inizia a
Roma la tournee
del suo nuovo
di Sandro Alessi
spettacolo, “Black
Comedy” di Peter Shaffer, con l’adattamento e la regia di Attilio Corsini, il deus
ex machina del Teatro Vittoria. Debora è
personaggio multiforme che ha spaziato
dal teatro al cinema e finanche alla televisione. Cominciamo la nostra intervista
notando che, nello spettacolo succede un
po’ di tutto, e tra l’altro si nota come il
regista giochi molto con l’effetto buio !
“Si, Attilio gioca soprattutto con il buio,
perché in pratica tutta l’azione si svolge in
un appartamento dove improvvisamente
viene a mancare la luce, naturalmente
con un effetto ricreato, perché il pubblico
vede tutto quello che succede in scena,
tranne i primi minuti in cui c’e’ una bella
sorpresa. Comunque penso che sia una
commedia molto divertente, molto brillante, nella quale i protagonisti sono costretti a muoversi come se fossero al buio,
quindi inciampano, cadono… ed il buio
crea anche una serie di equivoci divertentissimi. Il messaggio di questa commedia
è che le persone, quando sono al buio, si
comportano in maniera completamente
diversa di quando invece si trovano alla
luce… vedi il caso del colonnello che alla
luce è una persona tutta d’un pezzo, mentre al buio si stiracchia o fa dei movimenti
che sono poco militari…oppure come la
vicina di casa che alla luce beve solo limonate ed al buio diventa una alcolizzata….Io
sono Clea, la fidanzata del protagonista,che, presentandosi a sorpresa a casa
del fidanzato dopo cinque settimane, lo
trova insieme ad un’ altra donna e da qui
partono storie ed equivoci che si accavallano e si complicano….”
Hai iniziato a fare cinema diretta da
un grande regista
“Ho iniziato vent’anni fa con il cinema ed il
primo film è stato Paganini con Klaus
Kinski. Devo dire sinceramente che è stato
un incontro casuale perché io, essendo
molto giovane, non avrei mai pensato di
fare l’attrice. In quei tempi studiavo ed
avrei voluto fare altre cose, invece da li è
nata tutta la mia
carriera artistica.
Nel 1990 l’incontro
con Tinto Brass e
l’interpretazione di
Paprika, la divertente commedia
Saint Tropeiz Saint
Tropeiz, Albergo
Roma di Ugo Chiti,
Con gli occhi chiusi insieme all’Archibugi, La Maschera del Demonio, Storie d’Amore con i crampi, e
tanti altri”.
Ed invece la
prima interpretazione teatrale?
“Il mio incontro
con il teatro risale
al 1997. Ho iniziato a lavorare con
Mario Monicelli e
fino ad oggi ho
sempre destinato
una parte dell’anno alle tournee
teatrali.”
Non
dimentichiamo poi il
piccolo schermo
che è quello che
ci permette di
entrare in tutte
le case…
“Ho girato moltissime fiction per la Rai e
Mediaset ed ho cercato sempre di alternare la televisione al teatro perché secondo
me, se si ha la possibilità, è bene bilanciare le due cose. Il teatro regala tantissime
emozioni ed è una grandissima palestra.
Ogni sera con il pubblico, che è vivo e presente, esiste proprio una sinergia che si
crea tra la platea e l’attore, però è anche
vero che il teatro non ti dà quella visibilità
che può dare il mezzo televisivo.”
Per un’attrice è più bello recitare per
il teatro o per il cinema ?
“Io credo sia più bello fare teatro perché
personalmente mi regala l’emozione di
salire su un palcoscenico, anche se il cinema, per quanto mi riguarda, rimarrà sempre, nonostante tutto, il primo grande
amore.”
Abbiamo raccontato di momenti presenti e momenti passati, ma il futuro
cosa riserva a Debora Caprioglio?
“Dopo le vacanze estive, sicuramente
riprenderò con piacere questa commedia a
Novembre e successivamente partirà un
altro progetto con Mario Scaccia, con il
quale ho gia lavorato l’anno scorso in un
Goldoni, ed insieme prepareremo un
Feydeau intitolato Il signore va a caccia.”
Ringraziamo la bellissima attrice ed invitiamo i nostri lettori a seguirla nelle prossime
repliche teatrali nella nostra regione, perché sicuramente abbiamo incontrato una
Caprioglio sempre più bella e sicuramente
all’apice della sua carriera di attrice.
Campo de’ fiori
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SCRIPOFILIA: UNA PRESTIGIOSA
Titoli azionari ed assicurativi, obbligazio
diventano ogni giorno sempre più
La nascita della
prima società
per azioni in
Italia risalirebbe
al 1400 e viene
individuata
nelle MAONE
GENOVESI, associazioni tra
proprietari di
galee alle quali
era affidato gran
di Alfonso Tozzi
parte del commercio dell’epoca.
Altri ritengono il Banco di San Giorgio,
meglio la Casa di San Giorgio, come capostipite delle società, ma questo ente ebbe
carattere di istituto pubblico solo nel 1586.
La maggior parte degli studiosi ritiene
invece che la nascita delle prime società
sia da attribuire alla Compagnia delle Indie
Olandesi e Inglesi le quali, all’inizio del
1600, attuando frequenti collegamenti
navali con l’India e la Cina per importare
avorio, spezie, zucchero, seta ed altro,
necessitavano di molto denaro e, per
poterlo ottenere, ebbero l’idea di richiederlo ai cittadini (rilasciando opportune
“ricevute”), ai quali corrispondevano poi
un dividendo in base alle “azioni” possedute da ciascuno.
Da quel momento le società così costituite
si sono moltiplicate a dismisura in tutto il
mondo con la conseguente emissione di
migliaia di titoli, obbligazioni, certificati
etc. che oggi, esaurita la loro funzione pratica, rappresentano l’oggetto di una collezione prestigiosa, poiché tratta di documenti originali, testimonianza delle più
disparate imprese relative a vari settori
dell’economia, del commercio, della borsa
valori, cioè tratta un campo vastissimo dell’attività umana!
In Italia la COMPAGNIA DI NEGOZIO PER
IL COMMERCIO CON IL PORTOGALLO ED
IL BRASILE – TORINO(1681), la COMPAGNIA DI ASSICURATORI – VENEZIA
(1709) e la COMPAGNIA DELLA CAMERA
IMPERIALE DI COMACCHIO (1751), sono
le prime società di cui si ha notizia.
I titoli emessi da questi enti, però, non
sono stati mai ritrovati probabilmente per-
ché fanno ancora parte di collezioni private ed è facile prevedere che, se un giorno
fossero immessi sul mercato collezionistico, il loro valore sarebbe certamente altissimo.
Per quanto riguarda le azioni, le obbligazioni, ed i titoli esteri è curioso constatare
come i collezionisti italiani prendano in
considerazione particolarmente quelli
“strani”, oppure quelli firmati da personaggi di rilievo storico come le azioni della
STANDARD OIL firmate da J. Rockefeller
(1911) o quelle dell’ AMERICAN EXPRESS
Co. Del 1866 “garantiti” dai nomi Wells
Fargo, i leggendari organizzatori delle
linee di diligenza nel selvaggio West.
A proposito delle Standard Oil Company
recante la doppi firma di J. Rockefeller è
appena il caso di riferire che, all’inizio del
2000, un certificato emesso nel 1870 è
stato aggiudicato ad una cifra superiore ai
120mila dollari.
Si è trattato del più alto prezzo mai pagato per un singolo documento finanziario
originale dell’epoca.
Fra i titoli esteri più richiesti e contrattati si
segnalano quelli emessi a Bruxelles nel
1728, di 250 fiorini, per la PESCA DELLE
BALENE – quotati oltre mille euro e quelli
del 1924 della SOCIETA’ FERROVIE
LOCARNO – PONTE BROLLA BIGNASCO, di
250 franchi svizzeri emessi a Locarno quotati intorno ai 500 euro.
E’ bene comunque tenere presente che il
valore di questi documento è determinato
dalla loro rarità, dal “tema” e, cosa più
importante, dalle firme dei responsabili
della emissione, ad esempio un certificato
del 1840, per la COSTRUZIONE A TORINO
DEL PONTE MARIA TERESA, transito a
pedaggio, firmato dal Conte di Cavour,
viene valutato alcune migliaia di euro.
A parte, comunque, le citate quotazioni è
opportuno sapere che la maggior parte dei
titoli italiani e stranieri più recenti, sono
quasi sempre alla portata media di un collezionista ed è quindi una raccolta da scoprire e da incoraggiare per la bellezza grafica degli stampati e per il risvolto storico
che rappresenta in quanto, attraverso di
loro, è possibile ripercorrere le alterne
vicende economiche e finanziarie dell’Italia
e del mondo.
In base a recenti aggiudicazioni d’asta, i
titoli italiani sono stati trattati fra i 25 ed i
75 euro, ma alcuni hanno superato questo
limite come “Strada Ferrata Genova Voltri”
(600), “Monte di Pietà di Pistoia” (400),
“Banca Ercta” (260) e tanti altri.
La scripofilia (dall’inglese SCRIP – cedola,
polizza, e dal greco PHILIA – amore), al
pari di tutte le collezioni, annovera episodi
curiosi di una certa rilevanza, come quello
relativo alle obbligazioni attinenti la roulette di Montecarlo di cui ci da notizia l’illustre
storico e studioso Enrico Bay.
Il 1° Novembre del 1924 apparvero sul
mercato azionario delle obbligazioni di 500
franchi, intestate a “Roulette di
Montecarlo”.
Il titolo riproduceva una roulette sormontata da un viso di uomo coperto di schiuma da barba; a tergo la dichiarazione che
la società aveva per oggetto “lo sfruttamento del trente et quarante, ecc”.
Autore della particolare emissione fu il pittore cubista e scultore francese Marcel
Duchamp, il quale, per alimentare la sua
anima del gioco, ed ottenere un congruo
contante, emise delle obbligazioni di 500
franchi rimborsabili all’interesse del 20%,
cosa che regolarmente avvenne quando la
società chiuse in pareggio con l’attività.
Un altro caso con risvolti purtroppo drammatici, è quello relativo al “re dei fiammiferi svedesi” Ivar Kreuger, il quale offrì in
garanzia un pacchetto di buoni del tesoro
del governo italiano per un valore di oltre
142milioni di dollari – datati Roma 15
Agosto 1930. I titoli, stampati dallo stesso
Kreuger, costituirono una colossale truffa
scoperta, però, solo nel 1932 quando il
Kreuger si suicidò a Parigi.
Fra i collezionisti italiani di un certo spessore: Mario Marzi di S. Gimignano (SI),
Alessandro Cavalli di Genova e Stefano
Benelli di Firenze, tutti interessati ad azioni ed obbligazioni ferroviarie; Daniele
Raimondi di Verona il quale raccoglie titoli
azionari relativi alla radio e alla telegrafia e
Massimo Borrelli di Napoli il quale è interessato ad azioni ed obbligazioni italiane,
francesi ed americane.
Campo de’ fiori
A COLLEZIONE DI “ATTESTATI”
ni, certificati di credito, buoni del tesoro,
ù oggetto di collezione e di culto.
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Campo de’ fiori
Roma che se n’è andata: luoghi
Renato Guttuso, pittore di vita
L’articolo di Enea Cisbani dal titolo “Renato
Guttuso e Civita Castellana” apparso sul
numero XXXVI, mi ha portato a ripensare
al grande artista siciliano del quale, desiderando scrivere qualcosa, provo ad associarlo, forse un pò forzatamente, alla tematica della quale abitualmente tratto.
Quale il possibile legame? Mi viene spontaneo pensare a Palazzo del Grillo del quale
ho trattato in occasione della pubblicazione
dell’articolo dedicato al “Marchese del
Grillo”, una pittoresca dimora settecentesca, già fortilizio mediovale, ubicata lungo
la salita del Grillo, strada che da quella
famiglia prese il nome.
Palazzo del Grillo fu l’ultima dimora e l’ultimo studio di Renato Guttuso, quello più
amato dall’artista, in questo luogo, in queste stanze, infatti, la sua memoria si è
costruita e qui è oggi custodita.
Tra l’altro, la decisione di ubicare a Palazzo
del Grillo l’Archivio denota la precisa volontà di voler custodire in questo luogo fisico,
vuoi la memoria, vuoi la storia del grande
pittore; scomparso l’artista, la sua memoria appartiene un pò a tutti, del resto, era
lo stesso Guttuso che affermava: “ …un
artista basa la propria esperienza prima
sulla vita privata e poi sulla cultura, tanto
da riuscire a capire il mondo attraverso se
stesso…” Non a caso gli organizzatori
hanno voluto che l’Archivio fosse fisicamente legato al suo ultimo luogo di lavoro,
l’atelier è rimasto esattamente com’era,
con i tubetti ancora aperti e la tavolozza
impregnata dai colori, quasi a voler testimoniare un’improvvisa interruzione delle
sue creazioni.
Scrive il figlio adottivo Giovanni Carapezza
Guttuso: “ …il ricordo più forte che ho di
Guttuso nel suo studio è la sua presenza
che si materializzava ogni giorno con orari
precisi scandendo il ritmo quotidiano del
suo lavoro …”
Ma vediamo di osservare più da vicino
Renato Guttuso del quale si può verosimilmente affermare che è il primo vero pittore siciliano, non solo perché nato a
Bagheria, ma perché egli è decisamente
impregnato di quella inconfondibile sicilianità che ha caratterizzato per esempio tutti
i grandi scrittori dell’isola e della quale scriveva Leonardo Sciascia; del resto, a parte
Antonello da Messina, vissuto nel periodo
del Rinascimento, non saprei quali altri
artisti dell’isola si potrebbero citare; forse
Angela Consoli, mia omonima per pura
coincidenza, un’artista siciliana che, nata a
Catania, da molti anni lavora ed espone a
Civita Castellana.
Con ogni probabilità il clima della Sicilia ha
influito non poco in tutto ciò, troppo sole,
a dire degli esperti, non favorisce la pittura, schiaccia i colori e sfuma i contorni, il
sole è la morte soleva dire il Principe di
Lampedusa. “ … beato te che quando
prendi il pennello o la matita in mano scrivi sempre in versi. Chi dipinge è un poeta
che non è mai costretto a scrivere in prosa
…”, questo il pensiero di Pier Paolo Pasolini
su Renato Guttuso il pittore che, meglio di
ogni altro, ha saputo interpretare l’animo
della Sicilia.
E’ lo stesso Guttuso che, attraverso i suoi
Occupazione delle terre incolte
Autoritratto - particolare
scritti, che hanno sempre accompagnato la
sua attività artistica, chiarisce il cammino
del suo immaginario pittorico, per esempio,
quello di un artista che non vuole Maestri:
“ … io imparo dall’anima mia se è vero che
ne ho una ! Imparo a comprendere e a soffrire combattendo nel mondo e imparo ad
esprimermi. Mi affaccio a scoprire quella
verità che nessuno può indicarmi perché
essa e dentro di me, ogni scuola è vana,
vana, vana …” Da giovane Guttuso cominciò a frequentare a Palermo una bottega
artigiana dove si dipingevano i carretti siciliani con l’impiego di colori assolutamente
vivaci, carretti variopinti, una sorta di pittura naif, con i suoi rossi i suoi verdi, i suoi
gialli presi in prestito dai rossi, dai verdi,
dai gialli dei mercati rionali di Palermo dove
i venditori accatastano frutta e verdura,
olive, angurie, mazzi di basilico o prezzemolo, zucche e melanzane in un ammasso
di colori variopinto e senza uguali.
Il primo vero importante quadro di grande
formato del pittore è “La fuga dall’Etna”, un
dipinto del 1939, dove Guttuso, spinto da
quella necessità di naturalezza e dal desiderio di fare del realismo una realtà concreta, procede all’assemblamento in grande di molte figure riunite in un’unica azione; contadini, donne e cavalli proiettati da
una forza esplosiva, colori vivissimi al limite dell’urlo con in evidenza tematiche conflittuali: lavoro, violenza, aggressività,
smarrimento:“ … volevo fare un quadro
che potesse rappresentare al meglio la mia
gente impegnata in una azione quale che
fosse, avrei potuto scegliere tra una rivolta
o, magari, un esodo, scelsi la fuga dall’Etna
…”, e ancora,“ … non è necessario che un
pittore debba appartenere ad un partito o
ad un altro, o magari fare una guerra o una
Campo de’ fiori
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i, figure, personaggi
di Riccardo Consoli
rivoluzione, è piuttosto necessario che egli
agisca, nel dipingere, come agisce chi fa
una guerra o una rivoluzione, come chi
muore insomma per qualcosa …”
Nell’immediato dopoguerra in Sicilia si verificarono eventi di grandissimo rilievo e
importanza sociale, tra questi le lotte contadine per l’assegnazione della terra, a tali
eventi nel 1950 Guttuso dedicò l’opera dal
titolo “Occupazione delle terre incolte in
Sicilia”, un dipinto dalla grande vivacità
cromatica nel quale, la definizione tipologica dei singoli braccianti e delle loro famiglie, si compone in un tutt’uno:“ … la lotta
contadina per l’assegnazione della terra, i
singoli braccianti e le loro famiglie riuniti in
una marcia verso la speranza; fui anch’io
in Sicilia in quel periodo, partecipai alle loro
riunioni, alle loro discussioni, alle loro agitazioni, i volti della mia infanzia si mischiavano ai nuovi volti, ai vecchi, ai giovani,
alle donne, ai bambini affamati; i contadini
si muovevano all’alba o addirittura nel
cuore della notte, con i muli, gli asini, i carretti, gli aratri, le zappe, le bandiere; qualcuno cantava, qualcuno suonava il mandolino o la chitarra …”. Il quadro dal titolo “La
zolfara” del 1955, costituisce una profonda
variazione di un tema che, come nel caso
dell’occupazione delle terre, rappresenta la
realtà di un terribile dramma lavorativo a
tinte autenticamente siciliane; nel cuore
dell’isola, in quelle aree che ricordano il
latifondo mediovale, si scavano le miniere
di zolfo; Pirandello, che si trova in una
posizione di vantaggio essendo il figlio del
padrone di una di queste, ma anche in
grande difficoltà, scrive: “ … fuoco nel
fuoco, ma fuoco infero, contro natura,
demoniaco … l’universo dei contadini e dei
pescatori viene contaminato da una razza
intrusa, quella dei minatori e degli operai
…”. La sicilianità di Guttuso, dicevo, che
lega questo artista tanto strettamente alla
terra natale, che lo aiuta a produrre opere
così splendidamente siciliane; il gusto dei
colori copiati dai colori dei mercati di
Palermo, ma che ricordano anche le ceramiche di Caltagirone o i Pupi di quel fantasmagorico Teatro delle Marionette ancora
oggi rappresentato in Sicilia, la sregolatezza dell’invenzione, la furia astratta; questa
la Sicilia di Guttuso, la mia Sicilia, agitata e
forsennata e ancora, in alcuni suoi quadri,
un trionfo del realismo, ma a ben vedere
egli non ha dipinto altro.
Renato Guttuso è il pittore che ha saputo
raccontare con efficacia straordinaria la
drammaticità del genio siciliano, prova ad
osservare la “Vucciria” del 1974, probabilmente il suo dipinto più famoso; siamo a
Palermo nel cuore del quartiere della
Loggia dove ha sede uno dei più caratteristici mercati alimentari, quello della
Vucciria appunto, dal francese boucherie macelleria, il più noto e pittoresco della
città, il mercato in cui maggiormente si
ritrovano quelle caratteristiche atmosfere
della variopinta quotidianità siciliana. Il pittore ha saputo cogliere e riprodurre i contrastanti sentimenti di amore e repulsione
per questo ambiente affascinante, ma
anche travolgente; in questo mercato i
colori e i profumi della merce esposta si
mescolano alle grida dei venditori, al sapore della tradizione, all’allegria degli spettacolini improvvisati per accattivare i clienti o
soltanto per trovare un attimo di spensieratezza che serva a spezzare il ritmo della
giornata di lavoro, è questo un mondo di
contraddizioni e di esagerazioni che rispecchia il lato più aperto e gioioso dell’animo
siciliano.
Percorrendo i vicoli e le piazzette della
Vucciria si ritrovano gli elementi principali
della cucina siciliana, una cucina sontuosa,
qui giungono i prodotti migliori di tutta l’isola e tutto viene esposto sui banchi dei
venditori con rara e forse unica eccezionale abilità scenografica; su questo dipinto,
molto amato dal Maestro, egli scrisse:“…
nel cuore di Palermo, nel cuore del suo
mercato all’aperto, è questa una grande
natura morta con in mezzo un cunicolo
dove la gente scorre e s’incontra …”; quindi, una teoria infinita pesci, di carni, di verdure; passa una sontuosa giovane donna
vista di spalle, altre persone le vengono
incontro e, poi, un quarto di bue, un trancio di pescespada, i banchi posti da
entrambi i lati, oltre ai colori vivacissimi,
sembra quasi di percepire gli odori di questo luogo unico e travolgente. Tutto ciò non
devi sorprenderti, un noto critico ebbe ad
osservare come nelle opere di Guttuso l’uomo è il protagonista assoluto, mai tanto
importante come quando non è presente
nei suoi dipinti; gli oggetti delle nature
morte, non sono mai oggetti fini a se stessi, le ceste, i martelli, le scuri, le ruote dei
carri, rinviano sempre prepotentemente
all’uso che l’uomo ne fa, quella sedia in
primo piano, davanti al cassetto aperto nel
dipinto del 1941 dal titolo “Tavolo, sedia,
gabbia e finestra” è ancora calda del sedere della massaia che ci è stata seduta fino
ad un momento fa.
Sul dipinto “Caffè Greco” del 1976, scriveva l’artista:“… il Caffè Greco è un luogo di
Roma a cui tutti siamo in qualche maniera
affezionati, mi ricordo le sere con
Palazzeschi e De Pisis dopo cena, allora si
andava sempre dopo cena; ci andava
anche Moravia poi, ad una certa ora, verso
La Vucciria
le undici, De Pisis guardava l’orologio e
scappava, per me questa è un’ora frenetica, diceva. In questo quadro c’è un elemento catalizzatore, Giorgio De Chirico,
anche se il fascino del luogo nasce dalla
gente che ci è passata, da Buffalo Bill a
Gabriele D’Annunzio …”. Un ricordo personale mi riporta indietro di molti anni allorquando in una delle salette interne del
Caffè Greco ebbi occasione di sedere in un
tavolino accanto a quello dove, all’ora dell’aperitivo, sedeva abitualmente Giorgio De
Chirico accompagnato dalla moglie; il
Maestro, in età molto avanzata, sarebbe
morto l’anno dopo, destò in me un grandissimo spontaneo senso di ammirazione al
quale si aggiunse una indescrivibile sensazione allorquando, alzatosi dalla sedia, mi
fece un garbato segno di saluto con il capo.
Di Renato Guttuso resta in me ancora vivo
il ricordo di una trasmissione televisiva
ripresa dal Teatro Margherita ospite il pittore ; inevitabilmente gli fu rivolto, da parte
del conduttore Oreste Lionello, l’invito di
abbozzare un disegno a matita su un foglio
di carta, in pochi secondi tracciò una
colomba con le ali dispiegate facendo
osservare come l’avesse disegnata con un
tratto unico, senza sollevare la matita dal
foglio di carta. Guttuso, un pittore che ha
illustrato anche numerosi testi letterari,
ricordo la sovracopertina del romanzo “Il
giorno della civetta”, un omaggio a
Leonardo Sciascia, che osservava:“ … sempre la sigaretta fra le dita, una appresso
all’altra consumate in poche boccate, nervosamente, sempre quell’onda di fumo
davanti al volto, come nei suoi autoritratti
…”, è rimasto sempre profondamente legato alla sua terra, ad un amico scriveva:“ …
è inutile che ti dica come vive in me
Bagheria; se un giorno riuscirò a mettere
ordine tra i miei appunti e mi deciderò a
darli ad un editore, vedrai quanto e come
Bagheria entri dappertutto …”
Campo de’ fiori
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di Carlo Cattani
Lo mistero de la musica tonante ovvero la musica “ tras
tra
... un rock
<………..direi
che la cornamusa sia la chitarra elettrica
del medioevo …… e ciò che suoniamo sia
una sorta di rock all’antica ….molto
all’antica ! > Ecco, queste erano le
parole finali di DIABOLUS, uno dei pipaioli-cornamusieri dell’ensemble acustico piemontese di sostanza e condimento
“medieval e popolare” nomato “BARBARIAN PIPE BAND”, a conclusione
della prima parte dell’intervista pubblicata
sul n°36 di Campo de’ fiori ….. “LO COLLOQUIO CO LI MUSICI POTE RICOMINCIARE!”
Carlo: Deiv, Clarinzia, raccontatemi del
vostri primi approcci ad uno degli strumenti che “animate”. I vostri riferimenti,
le esigenze sonore …
Devsko: personalmente il mio primo
approccio con una cornamusa è stato
drammatico! Mi sono comprato una cornamusa Scozzese che assolutamente non
funzionava. Dopo un paio di mesi di frustrazioni tremende ho investito un po’ di
soldi e ho comprato una cornamusa
Francese, anche questa, ahimè, di non
eccellente funzionamento; da qui in poi è
successo il delirio di compra/vendita di
cornamuse, questo mosso da una insaziabile fame di conoscere, provare e suonare
il più alto numero di cornamuse possibili.
Dopo qualche anno ho iniziato a suonare
insieme ad altre persone e quindi mi sono
reso conto che suonare 200 cornamuse
diverse non serviva a nulla e quindi mi
sono concentrato e
specializzato nello studio di 2-3 tipi. Con il
passare del tempo le mie esigenze e le
conoscenze dello strumento sono cresciute e mi hanno portato ad intraprendere
l’attività di costruzione dei miei strumenti
musicali. Per TUAC e DIABOLUS il percorso non è stato poi tanto diverso. Diciamo
che forse il primo approccio con una cornamusa deve essere libero e dal mio punto
di vista <devi fare ciò che più ti senti e non
ciò che qualcuno ti dice di fare!>
Clarinzia: Il tamburo è la primordiale
espressione: quando l’uomo ancora non
articolava la voce batteva sulle pelli stese
al sole per conciarle o su tronchi cavi. Quel
battito deve aver risvegliato qualcosa, e da
quel battito nascono tutti i tamburi del
mondo. Negli ultimi anni mi sono avvicinata molto alla musica tecno. Ai rave i battiti ritmici mi hanno avvolto e assorbito gettandomi in quell’ arcano rituale in cui centinaia di piedi battono ritmicamente il
suolo, all’unisono. Ho poi provato a suonare quella musica che tanto mi aveva conquistato. Davanti ad un computer, bit ed
elettricità mi allontanavano da quella sensazione primigenia. Nel frattempo, con la
“BARBARICA BANDA“, anche se non
ero ancora una dei suoi musici ma facevo
per loro un poco di focogiocoleria, ci si sollazzava a sonar per “li spiriti delli boschi”
… in una di queste fulgide notti ho scoperto che tamburo e muri di casse erano l’e-
spressione della stessa forza in due epoche diverse, la diversa traduzione dello
stesso stimolo ancestrale … mi piace ancora ballare davanti alle casse! Ma per suonare, per far uscire dalla pancia quella
sensazione, per me, il tamburo è lo strumento più appropriato!!
Carlo: ragazzi, quali soddisfazioni con la
“BARBARIAN” ....
Madrasko: direi moltissime!! Prima di
tutto quella di riuscire in ogni luogo a coinvolgere e far ballare o semplicemente
divertire le persone e poi lasciarle andare
a casa con qualche neurone in meno (non
capita tutti i giorni di incontrare nella piazza del proprio paese un branco di forsennati che propongono una musica di fatto
inusuale, ma ad un volume spaventoso…
). Lo scambio energetico che s’instaura col
pubblico è fantastico! Altra grande soddisfazione per ciò che mi riguarda è la possibilità di condurre vita semi-nomade
sfruttando l’arte propria e dunque la possibilità di conoscere e confrontarsi sempre
con nuovi ambienti, culture e modi di percepire il reale.
Clarinzia: … Veder ballare insieme punk e
distinte signore!!! ..... suonare ovunque,
indipendentemente da qualunque fonte
energetica che non sia il nostro corpo!! ...
suonare a
feste
Elegante profilo
barbarico
Campo de’ fiori
sportabile ” dei
11
Barbarian Pipe Band
k antico... mooolto antico! (lo secondo capitolo )
TUAC: “BARBARICAMENTE” ispirato
medievali con musicisti di conservatorio ed
il giorno dopo in mezzo al powernoize!!!
Carlo: Come avete sviluppato l’immagine della band, i soprannomi e tutto il contesto?
Madrasko: l’immagine si è sviluppata
praticamente da sola. La pulsione di tutti
era verso il medioevale, l’antico e il primordiale ed è stato naturalissimo sviluppare il contesto. L’idea del costume viene
dai diversi anni passati da molti di noi nell’ambito della rievocazione. Iniziammo di
fatto ad esibirci proprio a feste medioevali
e celtiche. Il costume era quasi necessario
e in più ci rappresentava assai bene. I
soprannomi o nomi d’arte esistevano già
per tutti. Alcuni di noi si sono trascinati i
vecchi storpiandoli e modificandoli, altri se
li sono creati ex novo. Non vi è una logica
con cui uno sceglie come farsi chiamare …
ognuno è libero di scegliere il nome di battaglia che reputa più appropriato.
Carlo: la traduzione su disco delle vostre
scorribande ... parlami della realizzazione
del vostro ultimo cd, del significato attri-
buito al titolo, al termine “fosfeni”
Madrasko: subito dopo il promo cd
“Sacra Losna” la “BARBARICA BANDA”
necessitava di un’ opera che la rappresentasse completamente. Diverse cose erano
cambiate dal promo e tutti necessitavano
di lasciare un’impronta più significativa.
Spiritica
Fosfenica
“FOSFENISonatica” rappresenta di fatto la consacrazione della “B.P.B.”, ma le cose sono in
continua evoluzione e sentiamo l’esigenza
di un nuovo cd …. stiamo lavorando alla
sua pre-produzione (…tuoni all’orizzonte,dunque !). I fosfeni vengono definiti
come disturbi visivi simili a deboli allucinazioni di forma o evoluzione geometrica
(spirali, linee, cerchi, etc.. ). Trovammo un
articolo in merito all’arte preistorica dove
lo studioso di turno dava un’interessante
teoria. Se l’arte rupestre dei primordi fosse
stata originata in parte da questo strano
fenomeno visivo? La questione era interessante anche perché è provato che negli
stati iniziali di trance e con l’inizio dell’effetto di certe droghe psicotrope le prime
visioni che si hanno sono proprio di origine fosfenica, ma a volte anche quando ci
si sta per addormentare è possibile vederli anche se debolmente. Durante la creazione dell’album un piccolo gruppo di
“BARBARICI ragazzi” s’inerpicò sui monti
della Val Camonica all’esplorazione dei
molti parchi ricchi d’incisioni rupestri. Fu
nel “Parco Nazionale delle incisioni rupestri” di Naquane (ndr. Il Parco è sito a
Capo Di Ponte /Valcamonica/Lombardia ed
è possibile vedere il ciclo istoriativo rupestre Camuno, uno dei siti archeologici più
famosi in tema di incisioni rupestri risalenti alla preistoria, che vedemmo l’incisione
degli “oranti” che sono la fila di omini ben
visibile sulla copertina del cd “FOSFENI”.
Passammo la notte a vagare per i boschi
sulle montagne in compagnia di buoni spiriti e l’incisione degli oranti si ripresentò
sotto diversissime forme per tutta la nottata. Successivamente contattammo dei
signori del “Centro degli studi Camuni” per
saperne di più (ndr: i “Camunni” erano
l’antichissima popolazione della Val
Camonica) e ci dissero che gli oranti erano
completi solo con un ulteriore figura di
omino sdraiata sotto la fila. A quanto pare
il puntino in mezzo alle gambe le identifica
come donne che stanno svolgendo una
funzione per la figura sdraiata. La si
potrebbe interpretare o come una scena di
parto, o un funerale o delle danzatrici
attorno ad una figura in trance….ma nessuno può dirlo con certezza. Di fatto li,
anzi…le, adottammo come ottima rappresentazione di persone festanti. Dato che si
erano presentate durante la notte in forma
diciamo fosfenica per la realtà “BARBARIAN” loro divennero i “fosfeni” ….. ed
ecco, dunque, l’origine del titolo per l’album.
Carlo: Apriamo uno spiraglio
sulle
“prove” della “ BARBARIAN “: dove le
fate, qual’è l’apporto di ognuno per la realizzazione di composizioni originali e alle
vostre “traduzioni” di traditionals ….come
decidete di “colorare” un brano con l’uso
di un tipo o di un altro tra i tanti strumenti a fiato & percussione antichi a vostra
disposizione?
Devsko: Le prove della “BARBARIAN”
avvengono un po’ ovunque; solitamente in
inverno proviamo in una rimessa di trattori adiacente ad un fienile ubicato in un
paesino sperso nelle campagne del
Biellese ….. un posto pieno di polvere e di
oggetti che avranno più o meno dai 50
anni in su. Il tenue bagliore di una lampadina e il freddo caratterizzano le “BARBARICHE prove ” ….. ma l’acustica del
posto è perfetta per i nostri strumenti! Nel
periodo estivo, solitamente, proviamo in
mezzo ai boschi o in montagna …… non
avendo necessità di corrente elettrica possiamo permetterci di provare ovunque!
Per quanto riguarda le composizioni dei
pezzi, solitamente, uno dei cornamusieri
compone o riarrangia un brano tradizionale o medioevale; le altre cornamuse lo
imparano e poi lo si prova insieme ai tamburi.
Continua a pag. 12......
12
Campo de’ fiori
Continua da pag. 11
Se il pezzo ci piace lo teniamo, altrimenti, semplicemente, non viene
più ripreso. Quindi, può capitare di
lavorare su 2-3 pezzi e, poi, magari
sceglierne uno soltanto perché solo
quello “tuona” secondo il gusto
“BARBARICO”. Ogni elemento
della band contribuisce nella composizione di ogni singolo brano e
può capitare, ad esempio, che un
tamburista proponga di costruire
un arrangiamento con una bombarda o che un cornamusiere prospetti ad un tamburista un altro
tipo di arrangiamento; quindi, c’è
viva partecipazione attorno alla realizzazione dei brani che suoniamo .
Carlo: parlatemi della vostra partecipazioni a progetti di altri musicisti, delle relazioni con altri artisti .
Madrasko: amiamo collaborare con altri
artisti soprattutto quando ci propongono
una fusione fra la nostra musica e generi
completamente diversi. Nel passato abbiamo collaborato con Human Clown,
Verbodden Totentanz, che sono due realtà
locali ed è possibile sentire i risultati di
queste “fusioni” direttamente dal nostro
sito nella sezione “ausculta”. Abbiamo collaborato, inoltre, alla registrazione dell’ultimo prova discografica dei marchigiani
Mortimer Mc Grave – per il cd “All’attacco”
dove compaiono i nostri tonanti tamburi
su 3 tracks; attualmente, siamo in trattativa con i Francesi Stille Volk per quanto
riguarda il loro nuovo cd, ma è ancora
tutto da definire. Al di fuori dell’ambito
musicale collaboriamo con focogiocolieri,
artisti da strada, clown, giullari e via dicendo.
Carlo: Qualche aneddoto dalle vostre
scorri (Barbariche) bande ?
Madrasko: Ah ah ah….e che ti racconto?!? Ce ne capitano a iosa quando siamo
in giro! Diciamo comunque che le scorri “
Barbariche” bande sono sempre molto stimolanti ed educative. Ah ah ah !
Carlo : DEIV, sei anche un costruttore e
studioso di strumenti a fiato d’epoca, di
ghironde e derivati: cosa chiede ad “un
costruttore de oggetti sonori” un musicista
dei “vostri tanti strumenti ad ancia e
manovella”?
Un
suono
di
riferimento....legni e pelli particolari
...insomma entriamo, sinteticamente, in
questo affascinante settore di mirabili
costruzioni, parlando della “ricerca di un
suono perduto” da parte di chi costruisce
e di chi suona .
Devsko: Per quanto ci riguarda l’unica
cosa che la “BARBARIAN” può chiedere
ad un costruttore di strumenti è: VOLUME! Ed è quello, ad esempio, che io ho
ricercato con la piva medioevale, lo strumento che nella “BARBARIAN ” utilizziamo per la maggiore. Ho lavorato e sperimentato per ottenere uno strumento con
un volume elevato, una stabilità assoluta,
un suono accattivante e potente. Non esistono suoni di riferimento e pochissimi
Battiti barbarici
sono gli strumenti d’epoca che ci sono pervenuti intatti e funzionanti; quindi, si lavora su uno strumento in base alla propria
ispirazione ed al proprio estro. Per quanto
riguarda la piva medioevale l’unica cosa
che si sa è che è un tipo di cornamusa
risalente al quindicesimo secolo; nel
“Syntagma musicum” del 1619 di
Praetorius (ndr: Michael Praetorius era un
compositore Tedesco, autore dell’opera in
tre volumi “Syntagma Musicum”: in particolare, il terzo volume contiene una accurata descrizione degli strumenti musicali
accompagnati da chiare illustrazioni che
consentono, a cultori come il nostro DEIV,
la possibilità di documentarsi per realizzare repliche di strumenti musicali d’epoca
di cui non sono rimasti esemplari. Si trovano dei rapporti di conicità per il “chanter” e delle misure sommarie dei “bordoni”
proprio relative a questo tipo di cornamusa. Così, partendo da queste informazioni, ho intrapreso la costruzione della
piva medioevale; la richiesta di volume da
parte della “BARBARIAN” mi ha spinto
poi a modificare leggermente alcune misure fino ad arrivare all’attuale risultato di
uno strumento con elevato volume adatto
a suonare in mezzo a una piazza gremita
di persone. Tieni presente, Carlo, che un
costruttore di strumenti musicali, in particolare di cornamuse, pive etc, non finisce
mai di perfezionarsi e, quindi, cerca sempre di ingegnarsi per ovviare ad un problema: uno ne risolve ed un altro è dietro l’angolo! Si provano materiali e legni
diversi, si sperimenta, ma l’unica cosa che
deve esserci in uno strumento del tipo di
una cornamusa è la assoluta stabilità e la
perfetta intonazione......credimi, sentire
tre cornamuse scordate suonare è una
cosa veramente insopportabile, straziante
anche per chi non è esperto!
Carlo: L’accoglienza del pubblico ai vostri
concerti: trovi differenza nella cultura
verso la vostra musica tra gli italiani e il
resto d’Europa?
Devsko: Ma, l’unica cosa che abbiamo
capito nel nostro girovagare è che trovi
persone che ti parlano altre lingue, comprensibili o incomprensibili che siano, vedi
altri luoghi diversi dai tuoi, ma alla fine
…..tutto il mondo è paese... abbiamo tro-
vato svariate accoglienze sia in
Italia che fuori, alcune volte nel
nostro Paese siamo stati accolti in
modo veramente eccezionale, altre
in modo freddissimo e ciò è capitato anche all’estero. Diciamo che
però appena esci dall’Italia le cose
cambiano un po’ anche perchè alla
fine c’è molta più cultura musicale
verso un tipo di musica come la
nostra. In Francia, ad esempio,
qualsiasi persona incontri sa cos’è
una cornamusa e come funziona,
in Italia ciò non capita; d’altro
canto, può capitare che in Francia
a un tuo concerto la gente rimanga immobile a sentirti e in Italia
invece una piazza intera inizi a ballare ed
urlarti in faccia .... dipende molto dalla
festa dove vai dalla gente che trovi, ecc..
A pensarci bene, però una differenza la
riscontriamo sempre esibendoci fuori
dall’Italia: all’estero non abbiamo mai problemi con gli aspetti organizzativi e gli
organizzatori degli eventi ai quali siamo
invitati a partecipare, riuscendo ad alloggiare in posti dignitosi, mangiando bene,
cosa che in Italia nei 90% dei casi non
capita. L’unica vera differenza è che se in
Italia fai come noi il musicista, sei un perditempo e nullafacente, in Francia o in
Spagna o altrove invece sei un’artista, ti
viene riconosciuto che ciò che fai richiede
uno studio, richiede un impegno non da
poco.
Carlo: Cosa fate nella vita “borghese” ?
Devsko: La “BARBARIAN” è il nostro
lavoro per circa 7 mesi all’anno. Nel mese
di Dicembre alcuni elementi della band
vanno in giro a suonare Zampogne e Pive.
Per ciò che resta dell’anno, ognuno si arrabatta per vivere come gli capita; Deiv
costruisce cornamuse, Diabolus va in giro
per la Francia a fare tatuaggi (lui è il
nostro tatuatore di fiducia), Madrasko vendemmia e fa il vino, Clarinzia parte e viaggia per 2-3 mesi in giro per il mondo,
insomma ognuno di noi non ha un lavoro
fisso in un ufficio o in fabbrica, ciascuno
fa quello che più gli aggrada fare in quel
periodo e poi quando è ora…….. si “piglia
lo ronzino ferrato e si inizia a metter a
ferro et foco Italia et terre forestiere .....”
Clarinzia: io provo a viaggiare più che
posso !!!...beh! ora che la pacchia dello
studente è finita, nei mesi più liberi lavoro
a progetti di diversa natura che ruotano
intorno alla storia: per esempio, ora sono
impegnata per un documentario sulle
mondine!
La “BARBARIAN PIPE BAND “ vi ha
incuriosito? Si ? Beh, allora, pazientate
qualche giorno, perché le chiacchiere non
son finite qui! I nostri “BARBARICI” amici,
che ringrazio per la loro estrema disponibilità, torneranno sul n° 38 più forti e
tonanti “che pria” e chissà che non si
possa apprendere da loro qualche buon
consiglio per iniziare a suonare……. una
cornamusa !!! PPEEEEEEEEEE ……..
( www.barbarianpipeband.com)
(www.anciamanovella.com)
Campo de’ fiori
13
Il Colosseo vIsto Cos
Su
quell’incredibile
espressione della romanità che è l’Anfiteatro
Flavio, molto è stato
scritto e molto ci sarebbe ancora da chiarire.
Questo ulteriore contributo non ha certo la
pretesa di aggiungere
di
informazioni nuove su
Cristina
un monumento così
Collettini
significativo, quanto la
voglia di evidenziarne le particolarità, di
sottolineare alcuni degli aspetti che lo
hanno reso così unico al mondo e, perché
no, di sfatare alcuni miti che ad esso sono
collegati.
L’Anfiteatro Flavio, meglio noto come
Colosseo, viene concepito dalla dinastia dei
Flavi come opera meravigliosa, straordinaria, per il popolo, dopo le nefandezze di
Nerone. E’ quello che Riegl1 definisce
“monumento intenzionale”, ovvero il
Colosseo nasce per stupire, nasce per essere monumento. Non a caso la sua inaugurazione, nel giugno dell’80 d.C., sotto l’imperatore Tito, vide il susseguirsi di spettacoli circensi, di combattimenti tra gladiatori, di battaglie navali che si protrassero per
ben cento giorni!!! E perché non stupirci, se
pensiamo che un’opera così imponente,
benché non totalmente completa il giorno
dell’inaugurazione, fu realizzata in dieci
anni o, secondo alcuni illustri studiosi, addirittura in soli quattro!
La rapidità con cui fu costruito quello che si
può definire il più grande monumento della
Roma imperiale è dovuta alla perfezione dei
calcoli statici, strettamente legati all’uso
appropriato di materiali di ottima qualità,
alla tecnica edilizia romana ormai giunta a
livelli eccelsi, ad una straordinaria organizzazione del cantiere, suddiviso in quattro
settori, che venivano realizzati contemporaneamente. Ma soprattutto c’era la grande
volontà dell’imperatore Vespasiano di
ristrutturare l’intera città di Roma per riportarla al suo splendore, dopo le devastazioni
del terribile incendio del 64, sotto Nerone!
Così, mentre Nerone, subito dopo l’incendio, iniziò la costruzione della sua domus
aurea, una residenza così grandiosa da far
sembrare piccola la stessa Roma,
Vespasiano, salito al trono, iniziò la parziale demolizione della domus del suo predecessore, destinando ad uso pubblico i terreni che la circondavano. E fu proprio prosciugando il laghetto artificiale fatto scavare da Nerone all’interno della sua residenza, nella valle tra Palatino, Esquilino ed
Oppio, che fu possibile erigere l’anfiteatro,
con un notevole risparmio di tempo per lo
sterro delle fondazioni da una parte, e, dall’altra, dando un chiaro segnale al popolo
sulla diversità
politica
del
nuovo imperatore.
Sfatiamo quindi
una delle più
erronee credenze
popolari,
quella per cui
Nerone faceva
trucidare i cristiani al Colosseo: quando il
monumento fu
innalzato, il famigerato imperatore romano
era già morto!!
Difficile dire se,
Nerone a parte,
i cristiani siano
stati martirizzati
o no al Colosseo, perché non
ci sono ad oggi documenti che possano
avallare tale teoria, ne altri che possano
smentirla.
Il Colosseo fu il primo anfiteatro a quattro
ordini sovrapposti: tre ordini di ottanta
arcate l’uno individuate da semicolonne
addossate a pilastri e un alto attico con
finestre incorniciate da lesene, il tutto che
si sviluppa per un’altezza di oltre 48 m e
che poggia su una grande platea di calcestruzzo, una sorta di “ciambella” di fondazione profonda circa 8 m!!
Purtroppo l’alzato dell’anello esterno è leggibile solo nel lato settentrionale, l’unico
che si conserva nella sua interezza!
Quello che sorprende del Colosseo è la tecnica costruttiva unita ad una sapiente conoscenza dei materiali. Il grande anello esterno infatti è costituito da una grande intelaiatura di pilastri ed archi di travertino, che
sottendono le volte di sostegno della cavea
ed il riempimento degli spazi tra i pilastri è
una muratura di blocchi di tufo e di opera
laterizia, tecnica questa che, aldilà della
diversità dei materiali, concettualmente è
analoga a quella moderna dell’intelaiatura
in cemento armato e muratura di tamponamento!!
All’interno, le gradinate della cavea erano
suddivise orizzontalmente in quattro settori, dove gli spettatori potevano assistere
agli spettacoli, a seconda della loro posizione sociale. Sugli ampi gradini del primo settore si trovavano i sedili dei senatori, i cui
nomi erano incisi nei gradini stessi. Le otto
gradinate del secondo settore erano destinate ai cavalieri. Procedeva poi il popolo nel
terzo settore e nel quarto, in cui i posti a
sedere erano costituiti da strutture lignee.
L’arena, un piano ligneo smontabile per far
emergere le scenografie e per il solleva-
mento delle fiere e dei macchinari, ospitava
principalmente tre generi di spettacoli: le
naumachie, ovvero le battaglie navali, i
combattimenti tra gladiatori (munera e
ludi) e le venationes, ovvero le cacce di animali feroci.
Per le naumachie era necessario trasformare l’arena in un lago artificiale, dove far galleggiare le navi, ma questo richiedeva notevoli sforzi per cui, già sotto Domiziano, si
preferì destinare altri siti alle battaglie
navali e costruire, al disotto dell’arena, i
complessi ambienti ipogei di cui ancora
oggi si vedono i resti, ovvero quei locali di
servizio agli spettacoli dove venivano ricoverati gli animali ed i macchinari scenografici. I combattimenti tra gladiatori avvenivano perlopiù a coppia e potevano anche terminare con la morte del vinto! Proprio a
ridosso dell’anfiteatro, troviamo i resti del
Ludus Magnus, la scuola dei gladiatori,
dove i combattenti di diversa provenienza si
allenavano, seguendo una ferrea disciplina.
Ben più famose ed apprezzate erano le
venationes per cui i condannati e i prigionieri politici dovevano combattere contro
bestie feroci con l’ausilio o meno delle armi.
Non mancavano le rappresentazioni sceniche, che potevano anche prevedere la
morte dei “cattivi”, interpretati dai condannati. E poi ancora competizioni atletiche,
giochi di abilità, mimi….
Quanto doveva presentarsi imponente e
magnifico con le gradinate e le scale rivestite di lastre di marmo ed il rivestimento
esterno in intonaco a simulare un bugnato
marmoreo!!
1 Storico dell’arte e professore all’Università di
Vienna (1858-1905)
continua sul prossimo numero…
14
Campo de’ fiori
Scopri l’Arte
Fiorenza
Cafà nasce
a Gela e
già all’età
di 5 anni si
accorge di
saper dipingere,
tanto che
a scuola la
scelgono
affinché
decori dei
fazzolettini
con dei fio-
rellini.
Questa passione cresce con lei, così decide di frequentare la Scuola D’Arte ma, una
volta adulta, questa spinta verso l’arte e la
pittura le crea non pochi problemi.
L’ambiente, la mentalità, il pregiudizio che
incontra nel suo paese, la isolano, la portano ad essere considerata, in quanto artista, diversa e poco affidabile, tanto da trovare un ambiente ostile anche all’interno
delle mura domestiche.
Lei ha sempre dovuto difendere la sua
identità di artista e, proprio per questo,
spesso è entrata in crisi con se stessa e, la
sua arte, più volte, ha rischiato di morire.
All’età di diciotto anni, dopo avere esordito in teatro come protagonista in una commedia di Cekof “L’Orso”, parte da Gela
verso Catania dove vive per sette anni e
dove pensa di poter trovare un ambiente
più aperto nei riguardi dell’arte.
Questo non avviene e da Catania si dirige
verso il “continente” e, nelle città del nord
Italia, va in cerca di un riconoscimento
come artista. Incontra cantanti come
Rochy Roberts, Gilda Giuliani, Cristian,
Gino Santercole, Michele, Giulie and Giulie
e cavalca i palcoscenici d’Italia e esteri
facendo la cantante corista e la ballerina.
Si sposa e ha tre figli Alessio, musicista attore, Mattia, aspirante attore e Gloria
che ha ereditato, oltre alla passione per la
recitazione, anche quella per la pittura.
La passione di Fiorenza resta sempre la
pittura e, dopo venticinque anni, riprende
in mano i suoi pennelli e cerca di esprimere tutto il suo essere, tutto il suo intimo
sentimento verso se stessa e verso il prossimo sulla tela. E’ a questo punto della sua
vita che scopre il paese di Calcata, dove
attualmente vive e lavora.
Lo scopo della sua vita diventa comunicare agli altri le sue conquiste attraverso l’arte, perché l’arte è un mezzo per andare
oltre le barriere costituite dagli uomini, e
con essa si acquisisce tutto il coraggio per
creare qualcosa che ancora non c’è, ma
che potrà essere, soltanto se un giorno gli
uomini lo vorranno.
Pur amando la natura e i paesaggi,
Fiorenza è maggiormente ispirata dai volti,
dalle persone, dalle loro storie, dai loro
drammi, dalle loro debolezze e dalla loro
natura umana.
I suoi ritratti esprimo tutto ciò che di più
interiore c’è nel soggetto scelto.
Fiorenza prima di ritrarre un soggetto
cerca di comprenderne l’animo, cerca di
carpirne lo spirito, proprio perché l’essere
umano prima di essere corpo, è spirito.
Secondo Fiorenza Cafà, l’uomo dà troppa
importanza al corpo e trascura ciò che
invece lo rende vivo e, spesso, trascurando lo spirito, fa si che il suo corpo vada in
balia degli eventi e del volere altrui. E’ proprio questa considerazione che ha spinto
Fiorenza, fin da giovane, a liberarsi dai
condizionamenti e dai pregiudizi subiti nel
suo paese. E’ proprio questa considerazione che ha reso libero lo spirito di Fiorenza.
Un essere umano deve conoscere se stesso in quanto tale, per poter essere padrone della propria esistenza e la comprensione verso il prossimo, è la migliore
medicina per lo spirito. E’ per questo che i
dipinti di Fiorenza spesso sono volti al
sociale, all’uguaglianza tra i popoli, all’accettazione del diverso.
A Calcata, in una grotta scavata nel tufo,
crea “L’isola che non c’era”.
In quest’ambiente magico, dove tutto si
esprime attraverso l’arte, ogni Sabato gli
artisti possono esprimersi davanti ad un
pubblico sempre più numeroso che li
ascolta, li comprende e li aiuta ad “essere”.
Di lei dice Maria Teresa Prestigiacomo:
Tra i pittori del mondo, c’è chi si trincera
nella torre d’avorio dell’arte, c’è chi invece,
come la pittrice Fiorenza Cafà, è specchio
del mondo con la produzione artistica in
cui la denuncia sociale è uno dei temi scottanti dell’umanità che ella affronta.
La pittrice veicola tali messaggi con commossa partecipazione senza ricorrere a
scene violente o scandalose bensì con l’animo di un poeta che racconta una delle
tante storie tristi della terra e che affliggono l’umanità come la fame nel mondo e la
povertà dei bambini del terzo mondo. Cafà
è anche un’abile ritrattista, una ritrattista
psicologica che sa cogliere l’anima unitamente ai tratti distintivi del personaggio da
rappresentare, i suoi dissidi interiori, i suoi
dubbi amletici. La sua tecnica è funzionale
al messaggio che l’artista intende veicolare; la sua tavolozza composta in prevalenza di nuances terragne, viranti verso gli
ocra o verso il giallo cotto, mira all’atmosfera intimista che Fiorenza Cafà intende
carpire dal suo vissuto quotidiano, con
compiaciuta complicità verso i deboli.
Oggi Fiorenza, oltre a lavorare come pittrice a Calcata, sta coronando un altro dei
suoi sogni.
Girerà, proprio in questi giorni, insieme al
regista Luciano Bottaro, il film “La congrega delle sei lune”, dove interpreterà un
ruolo come attrice secondaria e molte
delle scene del film verranno girate proprio
all’ “isola che non c’era”.
Il film verrà proiettato nei cinema d’essai e
ne verrà realizzato un DVD.
Evangelisti Cristina
Campo de’ fiori
Fiorenza Cafà
15
Campo de’ fiori
300, Usa. Regia: Zack
Snyder;
interpreti:
Gerard James Butler, Lena Headey,
David
Wenham,
Vincent Regan, Dominic West, Michael
Fassbender,
Tom
Wisdom,
Rodrigo
Junqueira Reis Sandi
toro, Andrew TierM.Cristina Caponi
nan, Andrew Pleavin; sceneggiatura: Kurt Johnstad,
Zack Snyder; fotografia: Larry Fong;
produzione: Warner Bros. Pictures,
Hollywood
Gang
Productions,
Atmosphere Entertainment MM,
Legendary Pictures, Virtual Studios;
distribuzione: Warner Bros.; genere:
storico; durata: 117 minuti.
“Il mondo saprà che degli uomini liberi si
sono opposti ad un tiranno, che pochi si
sono opposti a molti e che…persino un
dio-re può sanguinare”.
Come torre a difesa della città, Leonida e i
suoi 300 spartani combattono per la propria terra, per i figli e per le legittime
spose contro i nemici della patria.
L’impresa di questo manipolo d’uomini è
talmente epica da poter assurgere addirittura a motivo omerico. Ma per chi avesse
obliato la leggendaria battaglia delle
Termopoli del 480 A. C, in cui il re spartano insieme ai suoi uomini tenne testa
all’immenso esercito persiano comandato
da Serse, può rinfrescare la sua memoria
recandosi al cinema e assistere così alla
proiezione di 300, l’ultima pellicola del
regista Zack Snyder. Attenzione, però, la
seguente pellicola evita qualsiasi intento
storiografico filologicamente esatto, ma
segue appieno la graphic novel del fumettista americano Frank Miller, già acclama-
to autore di un ciclo di episodi della serie
Daredevil e del discusso Sin City.
D’altronde, già da diverso tempo negli studios hollywoodiani si vociferava su un progetto cinematografico dal titolo 300 spartans, che avrebbe visto impegnati il regista
Micheal Mann dietro alla macchina da
presa e l’attore George Clooney nelle vesti
succinte del protagonista. Ma, di tale idea
non se ne seppe più niente fino al momento in cui Snyder non girò in studio, con
1300 piani su fondo blu-computer graphic,
questo peplum dalle tinte pulp. Ad onor
del vero, già prima di 300, un dimenticato
lungometraggio del 1962 aveva narrato le
gesta avvenute al passo delle Termopoli;
ma, stavolta tutto appare considerevolmente diverso a partire dal successo che
tale film riscuote ai botteghini. Dopo gli
stratosferici incassi americani, infatti, tale
opera si appresta a scalare le vette del box
office italiano. Naturalmente 300 beneficia
del ritrovato interesse del pubblico per il
genere epico-storico, dopo i recenti fasti
d’alcuni film come Il gladiatore, Troy e
Alexander; nonostante ciò, le cause del
suo successo non dipendono unicamente
da suddetta politica di marketing. Di sicuro, gli strali polemici provenienti da più
fronti non hanno fatto altro che accrescere la sua fama. Infatti, la pellicola è accusata di un’eccessiva ostentazione d’atti
violenti, per cui nelle scene di battaglia si
assiste ad una vera e propria mattanza e
le immagini si saturano di una tinta rossastra, rossastra come il sangue sgorgato
dalle migliaia e migliaia di membra squartate e riverse a terra. Se non avete uno
stomaco resistente è meglio che evitiate di
recarvi al cinema. Francamente, trovo
simili critiche sciocche e pretenziose, poiché ritengo d’uopo accettare il film per
quello che veramente è: un divertiment
fine a se stesso, il cui punto forza è proprio lo story board, tratto dalle tavole dell’omonimo fumetto di Frank Miller.
La seconda diatriba è intrinsecamente collegata alle rimostranze del governo iraniano, che si dichiara parte lesa, in quanto il
popolo persiano viene dipinto in maniera
poco lusinghiera. Difatti, lo stesso re Serse
(un irriconoscibile Rodrigo Junqueira Reis
Santoro) è tratteggiato, sin dal suo ingresso in scena su uno stupefacente trono,
come un uomo lascivo, effeminato e corrotto moralmente.
A livello registico, il lungometraggio rispecchia i canoni del cinema post moderno; in
primo luogo, per via del suo montaggio
frantumato e atomizzato che crea un ritmo
elettrico e conferisce un certo pathos all’azione. A volte, tuttavia, Snyder ricorre con
fin troppa sollecitudine alla tecnica del rallenyi; buona, invece, la scelta di abbinare
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alle scene belliche una colonna sonora tipicamente rock. Inoltre, si riscontra una
netta preponderanza, per buona parte del
film, del primo o primissimo piano.
È possibile, oltretutto, rintracciare nelle
immagini un rimando sia alle antiche pitture vascolari sia ad alcune opere di
Turner o di Delacroix. Negli ambienti, seppur tutti sbalorditivamente ricostruiti al
computer, si percepiscono echi dell’atteggiamento romantico secondo cui l’uomo si
smarrisce di fronte alla contemplazione
della natura.
Un merito del regista è indubbiamente
quello di essere riuscito a scovare un cast
d’attori dalle eccellenti doti recitative, seppur costituito, per lo più da attori, emergenti e, del tutto o quasi, sconosciuti. N’è
la riprova la buona performance di Gerard
James Butler (precedentemente visto in Il
fantasma dell’Opera) e di Lena Headey.
Purtroppo, una pecca della versione italiana è senza ombra di dubbio il doppiaggio,
per cui vi è un’insistente enfasi durante i
dialoghi e, nel caso del re Serse, il suo
tono di voce risulta a dir poco bislacco e
poco confacente a tale personaggio.
Infine, uno dei meriti della pellicola, presentata allo scorso Festival di Berlino, è la
sua capacità di crearsi una nicchia all’interno dell’immaginario collettivo.
I concetti che l’opera tenta di esprimere
sono quelli d’orgoglio, onore, forza e
coraggio, per cui lo spettatore non può
sostenersi neutrale, ma tende a parteggiare con i suoi eroi sullo schermo; identificandosi con loro. Dopotutto, 300 non fa
che esaltare l’eterna lotta fra il bene e il
male.
Ad uno Spartano sarebbe piaciuto…
18
Campo de’ fiori
Che cosa significa
Emission Trading ?
di Giovanni Francola
L’assottigliamento della calotta polare, il
ritiro dei ghiacciai, le diminuzioni delle nevi
perenni e l’aumento delle precipitazioni e
di manifestazioni meteorologiche estreme,
non sono altro che le conseguenze dei così
detti gas serra.
Ma studi e ricerche non bastano per risolvere il problema, occorre anche mettere in
atto degli strumenti per contrastare quello
che è considerato la priorità delle priorità
ambientali, “riduzione di CO2” (anidride
carbonica).
Con l’adesione del trattato di Kyoto tutti i
paesi firmatari si sono impegnati a ridurre
tali emissioni per mezzo dell’ “emission
trading”, che serve a finalizzare uno scambio di crediti di emissione di gas serra tra i
paesi aderenti.
In parole povere, una nazione che abbia
raggiunto una diminuzione delle proprie
emissioni superiore all’obbiettivo da raggiungere, potrà cedere tali crediti (in cambio di denaro) a paesi che non sono stati
in grado di abbattere sufficientemente le
proprie emissioni fissate; un vero mercato
dove, come mercanzia, si vendono delle
“quote di emissione”.
Sicuramente, questo strumento porterà
molte nazioni ad intraprendere politiche
energetiche e dinamiche di sviluppo, sempre più sostenibili e meno inquinanti.
Ci auguriamo che questo possa, in qualche
modo, sollecitare le
persone a modificare
anche i comportamenti della vita di tutti i
giorni per il risparmio
energetico, così da
sentirci parte del grande cambiamento di
rotta per salvare il
nostro pianeta da un
surriscaldamento inarrestabile.
Quando dico “politiche
energetiche”, intendo
che è arrivato il
momento di fare maggiori investimenti su
mix di energie rinnovabili, per far fronte,
poi, nel corso degli anni, a spese ben maggiori come ad esempio essere costretti a
bonificare intere aree o, peggio ancora,
vedere processi irreversibili su tutto l’ambiente.
Pensando al fatto che ben l’83% degli italiani dichiara di essere preoccupato dei
mutamenti climatici in atto, occorre che
venga diffusa nel tessuto sociale una
nuova coscienza ambientale, fatta di pic-
cole cose e di comportamenti più accettabili.
Quante volte passando su strade di campagna vediamo, ai bordi delle strade,
buste di spazzatura o, meglio, resti di elettrodomestici che non fanno altro che oscurare quello che di più bello Madre Natura
ci ha donato.
Crediamo davvero che, una volta che ci
siamo liberati di quegli oggetti ingombranti, la nostra casa sia rinnovata o il nostro
giardino più in ordine?
Non sarebbe meglio riflettere sul fatto che,
se il nostro paese si mostrasse più pulito e
armonioso, senza quegli orrendi rifiuti da
contorno, acquisterebbe un valore maggiore anche la nostra casa, il nostro giardino e soprattutto il nostro vivere quotidiano?
Appunto, anche piccole azioni dettate dal
buon senso possono contribuire, in una
certa misura, a ottenere grandi benefici,
sia in termini paesaggistici che in salute di
luoghi a noi cari.
Campo de’ fiori
19
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Neuropsichiatrica, Psicologica, Logopedica,
Psicopedagogica
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La Disgrafia
La disgrafia è un disturbo specifico dell’apprendimento che si
manifesta come difficoltà a riprodurre sia i
segni alfabetici che
quelli numerici; essa
riguarda quindi esclusivamente il grafismo e
a cura della
non le regole ortografiDott.ssa
che e sintattiche, sebAnna Maria
bene influisca negativaSambuci mente anche su tali
Logopedista
acquisizioni a causa
della frequente impossibilità di rilettura e
di autocorrezione.
Nei dettagli la disgrafia si manifesta con
queste difficoltà relative alla riproduzione
dei grafemi, che possono essere presenti
anche solo in parte.
Orientamento nello spazio grafico.
Il bambino non possiede adeguati riferimenti per orientarsi, non rispetta i margini
del foglio, lascia spazi irregolari tra i grafemi e tra le parole, non segue la linea della
scrittura.
Direzione del gesto grafico.
Sono frequenti le inversioni nella direzionalità del gesto che si evidenziano sia nel-
l’esecuzione dei singoli grafemi, sia nella
scrittura autonoma, che a volte procede
da destra verso sinistra.
Produzioni e riproduzioni grafiche.
Il bambino disgrafico presenta difficoltà
notevoli anche nella riproduzione grafica di
figure geometriche; anche a livello di sviluppo del disegno è spesso inadeguato
all’età.
Dimensione dei grafemi.
Si evidenzia uno scarso rispetto delle
dimensioni delle lettere; esse vengono
riprodotte o troppo piccole o troppo grandi.
Unione dei grafemi.
Abbiamo già detto che la mano non scorre adeguatamente sul foglio e che il bambino disgrafico riesce con difficoltà a
seguire con lo sguardo la propria scrittura;
ciò interferisce negativamente con la fluidità del gesto.
Ritmo grafico.
Si evidenzia frequentemente un’alterazione del ritmo della scrittura; il bambino
scrive con velocità eccessiva o con estrema lentezza, ma la sua mano esegue
movimenti a “scatti”, senza armonia del
gesto e con frequenti interruzioni.
Pressione sul foglio.
La pressione della mano sul foglio talvolta è troppo forte, talvolta è
troppo debole, in quanto è spesso
presente una paratonia, cioè
un’alterazione in eccesso o in
difetto del tono muscolare.
Esecuzione di copie.
La copia della lavagna risulta
complessa in quanto il bambino
deve riportare avanti più compiti
contemporaneamente: distinzione
della parola dallo sfondo, spostamento dello sguardo dalla lavagna
al foglio, riproduzione dei grafemi.
Posizione e prensione.
Il bambino che presenta disgrafia
scrive in modo molto irregolare, la
sua mano scorre con fatica sul
piano di scrittura e l’impugnatura
del mezzo è spesso scorretta. Il
gomito non viene appoggiato sul
tavolo, il busto è eccessivamente
inclinato.
Fin dalla scuola dell’infanzia è
possibile individuare la presenza
di situazioni problematiche che si
evidenziano in un’attività grafica
scarsamente strutturata, difficoltà
ad usare lo spazio, uso di limitati
schemi di riferimento, con conse-
Bambino 2° elementare - 7 anni
prima dell’intervento
Stesso bambino dopo circa 4 mesi di intervento
specifico di riabilitazione
guenti situazioni stereotipate.
Questa ridotta qualità delle prestazioni può
dipendere da un vero e proprio handicap
ma, talvolta, da altri fattori:
Da un ritardo globale che non è quindi riferito solo agli aspetti grafici, ma che coinvolge le varie capacità espressivo-comunicative, motorie e cognitive; da povertà di
esperienze vissute in ambito familiare;
dalla presenza di un disturbo specifico di
apprendimento.
In ciascuna delle tre situazioni la stretta
collaborazione fra scuola e famiglia rappresenta un’insostituibile risorsa. Il parere
dell’esperto è sempre necessario per fare
un’analisi adeguata e impostare un programma di recupero mirato.
Campo de’ fiori
21
22
STORIA Il centro
urbano di Soriano
nel Cimino vanta
una posizione del
tutto
particolare.
Mentre, infatti, gli
altri paesi della zona
sorgono, solitamente, su un altipiano
tufaceo, Soriano si
erge sulla cima tondi Ermelinda Benedetti
deggiante e sui fianfoto Mauro Topini
chi di uno dei colli
del gruppo dei Monti
Cimini, a 509 metri sul livello del mare,
immerso nel verde della natura e circondato
da castagneti secolari.
Come per tutto il territorio circostante, tracce di insediamenti umani sono da far risalire
al paleolitico, ma le vere e proprie origini di
Soriano sono etrusche o fenicie. Con tutta
probabilità, furono proprio gli Etruschi ad
assegnare questo nome al paese: “surus
ianus” significa, infatti, luogo boscoso. Esso
è stato successivamente identificato con
Surrina Vetus, riedificato dai Romani, che
avevano sterminato gli Etruschi, e messo al
centro di importanti vie di comunicazione.
Divenne sempre più popoloso nel Medioevo,
dove piccoli castelli erano circondati da
poche case o borghi rurali, favoriti dalla presenza di monasteri, soprattutto benedettini,
anch’essi attorniati da villaggi di artigiani e
contadini. Proprio a questa epoca appartengono i primi documenti che trattano di
Soriano. Innanzitutto il Chronicon, nel quale
è riportata la donazione del Fundus Seriani e
del Fundus Corbiani al Monastero
Benedettino di Sant’Andrea in Flumine, da
parte di Carlomanno, nel 747. Dopo l’occupazione dei Goti, dei Longobardi e dei
Saraceni, entrò a far parte dello Stato
Pontificio, che assegnò alcuni fondi e chiese
ai Benedettini e ne diede altri alla Diocesi di
Tuscania. Ma, nel 1278, la famiglia Orsini
cacciò la famiglia Guastapane, tacciata di
eresia. Orso Orsini portò a termine i lavori di
costruzione della Rocca, che lo zio, Papa
Niccolò III, scelse come residenza estiva e,
sembra, vi morì nel 1280. La loro supremazia terminò nel 1366, quando Paolo Orsini,
per mezzo del Cardinale Egidio Albornoz,
vendette il Castello alla Santa Sede, con
immediata protesta dei Benedettini, che ne
rivendicavano la proprietà, messi a tacere
nel 1373 da Gregorio XI, il quale stabilì un
compenso a favore dell’ordine clericale.
Tornata in mano alla Chiesa, fu occupata dai
Bretoni, schieratisi con il Cardinale Roberto
di Ginevra,
eletto antipapa
col
nome
di
Clemente
VII, attraversando così
uno dei suoi
periodi peggiori. Solo
Martino V,
nel
1420,
riuscì a cacciarli e affidò il paese al
fratello Giordano
Co-
Campo de’ fiori
o
n
a
i
r
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S Le
o
n
i
m
i
C
nel
lonna. In seguito fu ardentemente contesa,
fino a quando non tornò, direttamente, sotto
il controllo della Chiesa, nel 1441, per godere di un periodo di tranquillità, grazie anche
alla concessione di Papa Nicolò V
Parentuccelli, che permise al comune di
dotarsi di uno statuto. Innocenzo VIII (14891492) diede Soriano, in Vicariato perpetuo,
al cardinale Rodrigo Borgia, che, eletto Papa
col nome di Alessandro VI, mise il paese
nelle mani del cardinale Giovanni Battista
Orsini. Tale famiglia però nel 1497 passò al
servizio di Carlo VIII Re di Francia, contro il
volere della Santa Sede, ma, in territorio
sorianese, le truppe Pontificie vennero sconfitte da quelle degli Orsini, annientate, a loro
volta, da Cesare Borgia, detto il Valentino.
Fuggiti gli Orsini, nel 1503, la Rocca fu affidata da Giulio II della Rovere, successore di
Alessandro VI, ai nipoti, che ottantacinque
anni dopo la vendettero ai Caraffa. Venne,
poi, acquistata dagli Altemps, che nel 1715
vendettero tutto il feudo agli Albani, ai quali
rimase fino ad Agostino Chigi, discendente
degli Albani, il quale, nel 1848, rinunciò ai
diritti feudali in favore della Santa Sede, pur
rimanendone proprietario. Il 12 settembre
1870 Soriano fu liberata dalle truppe italiane
che procedevano alla occupazione di Roma.
ITINERARIO TURISTICO Così ricca di
storia, Soriano non può non essere anche
ricca di monumenti.
Arrivando da sud, si può accedere al paese
tramite Porta Romana, costruita dal principe Carlo Albani nel XVIII secolo, come si
legge dalla targa in peperino.
Incastonato tra gli stetti vicoli dell’antico
borgo medievale, ancora in ottimo stato, è
possibile ammirare il simbolo di Soriano: il
Castello Orsini, voluto da Papa Niccolò III
Orsini, ed edificato, nel XIII secolo, su un
preesistente castello appartenuto ai
Guastapane-Pandolfi. In uno stile piuttosto
lineare, ma allo stesso tempo maestoso,
anche per via dei numerosi stemmi marmorei incastonati sulle facciate, é formato dal
palazzo, unito ad una torre rettangolare, di
epoca precedente, tramite alcuni fabbricati
più piccoli e cortili. È completamente circondato da un antemurale merlato. All’interno è
rimasta interamente invariata solo la sala
d’armi, al pian terreno. Annessa al palazzo è
una cappella privata, all’interno della quale è
custodito un prezioso altare in peperino, precedentemente appartenuto alla chiesa della
Santissima Trinità del Cimino.
Palazzo Albani Chigi si compone delle
scuderie e della residenza. Fu realizzato dal
Vignola, per volontà del Cardinale Cristoforo
Madruzzo. I lavori iniziarono nel 1561,ma la
morte, sopraggiunta nel 1578, non gli permise di vedere finito il suo progetto, ampliato, poi, dalla famiglia Albani, nel XVIII secolo. La due costruzioni sono state, original-
guide di C
mente, unite dalla magnifica Fontana
Papacqua, ossia “regina delle acque”, alimentata da una sorgente limitrofa. Diversi
gruppi scultorei adornano l’intera vasca:
undici mascheroni con zampilli, le statue
delle quattro stagioni, il gruppo centrale con
figure di animali, satiri, bambini, il dio Pan,
sotto l’immagine di una donna dalle zampe
di capra e l’austero gruppo del Mosè, insieme ad altri ebrei, che fa sgorgare acqua da
una roccia. Sempre a proposito di fontane,
vale la pena ricordare la Fontana di dentro
o Fontana vecchia, così chiamata per
distinguerla, probabilmente, da un’altra non
troppo lontana. Risale al XV secolo, ma nel
1873 fu spostata dal sito originario all’attuale sede.
Per quanto riguarda le chiese, invece, prima
fra tutte è il Duomo, dedicato al protettore
del paese, San Nicola Da Bari. In stile neoclassico, é stato costruito nel 1791, su progetto di Giulio Camporese, nella piazza principale, dove si ergevano prima le due piccole chiese della SS. Annunziata e di San
Eutizio. L’ordine dorico nella parte inferiore e
quello ionico nella parte superiore occupano,
per intero, la facciata. Lateralmente si ergono due torri e massicci campanili. Ha una
pianta a croce greca, divisa in tre navate,
con una grande cupola decorata da rosoni in
stucco. La chiesa di Sant’Eutizio venne
costruita in epoca medievale, proprio sopra
la catacomba del Santo, un pellegrino cristiano martirizzato a Soriano nel 300 d.C., in
corrispondenza della quale si trovava, in precedenza, una struttura romanica dedicata a
San Nicola. Venne poi ristrutturata e modificata nel 1718 per opera degli Albani, dei
quali porta lo stemma incastonato sulla facciata, a ordine unico, in peperino. L’interno è
ad una sola navata, con tre altari su ciascuna delle due pareti laterali e conserva beni di
notevole rilievo, tra cui un busto in argento
di Sant’Eutizio e un crocifisso ligneo barocco.
La chiesa di San Giorgio risale all’XI secolo ed é, infatti, in stile romanico. Di pianta
rettangolare, è a navata unica, con un abside fregiato da piccoli bassorilievi, come tutta
la facciata. È affiancata da un campanile
quadrato di dimensioni ridotte ed è completamente in peperino. La chiesa della
Santissima Trinità deve il suo nome all’im-
Campo de’ fiori
Campo de ’ fiori
magine della Madonna col Bambino, del
1300, detta della S.S. Trinità e conservata al
suo interno, benché la costruzione risalga
alla metà 1700. La più antica di tutte le chiese ivi presenti è la chiesa della
Misericordia, rimaneggiata più volte nel
periodo rinascimentale. La chiesa della
Madonna del Poggio è affiancata da un
piccolo convento, costruito insieme ad essa
nel 1609, che appartenne prima ai
Carmelitani poi a Francescani. Eretta sui resti
di una precedente chiesa più piccola, è a
navata unica, con un pregevole altare barocco ed un coro, scolpiti in legno di noce. La
facciata, anch’essa barocca, è in peperino
rosso, tipico locale.
Ma a Soriano non ci sono solo monumenti
da visitare. Molto interessanti sono, infatti,
anche le escursioni sul monte Cimino, a
1053 m sul livello del mare, all’ombra di
castagni secolari, o sulla ricca faggeta.
Proprio queste zone boschive, intorno la centro abitato, nascondono secoli di storia e di
mistero. Corviano e la Selva di Malano
furono due luoghi abitati fin dalla preistoria e
poi successivamente occupati dagli etruschi,
come mostrano chiaramente resti di capanne neolitiche e villanoviane o i diversi tipi di
tombe, ancor oggi visibili. La contrada
Fornacchia, a 5 km dal centro, con resti di
tombe, mura, grotte e cunicoli, prende il
nome dalle antiche fornaci di laterizi esistenti. Notevole è la chiesa della Madonna del
Carmine, edificata tra il 1636 e il 1644.
Altre piccole chiese di periferia, costruite per
permettere ai contadini di presiedere alle
funzioni religiose, senza doversi recare in
paese, sono la chiesa di Santa Lucia, a
pochi metri di distanza dal Castelletto di
Fratta e la chiesa di Sant’Angelo, citata
da Alessandro VI in una bolla del 1494 e poi
distrutta e ricostruita nel 1596 per volontà di
Onofrio Cozzi.
Del territorio comunale di Soriano fanno
parte anche le frazioni di Chia e di
Sant’Eutizio. Chia, abitata sin dal periodo
pre-etrusco, fu molto importante in epoca
medievale, durante la quale venne eretto il
Castello di Collecasale, di cui oggi sono
visibili soltanto i resti, con la cinta muraria e
l’alta torre pentagonale. Essa compare spesso nei carteggi di quell’epoca, sotto il nome
di Icea o Cheggia. Sant’Eutizio, invece, deve
il nome al martire cristiano decapitato a
causa delle persecuzioni ordinate da
Diocleziano, e si sviluppa proprio intorno al
santuario a lui dedicato.
TRADIZIONI E FESTE Festa di
Sant’Antonio Abate Festeggiamenti in
onore del Santo protettore degli armenti, il
17 di gennaio, animati dalla processione alla
quale prendono parte numerosi animali,
accompagnati dai propri padroni, che ricevono la santa benedizione fuori della chiesa
presso la quale arriva la processione, a cui
segue la santa messa.
Carnevale Sorianese Sfilata di carri allegorici e di gruppi mascherati per le vie principali del paese.
Festa di Sant’Eutizio Martire Grandiosi
festeggiamenti in onore del Santo Patrono di
Soriano, che coinvolgono anche la limitrofa
frazione di Sant’Eutzio, dove sono conservate le reliquie del martire. Circa tre giorni di
festeggiamenti, dal 13 al 15 maggio, dove la
parte religiosa, con santa messa e solenne
processione, è affiancata da concerti e spettacoli, che si concludono con uno strabiliante gioco di fuochi d’artificio.
Soriano Estate Spettacoli teatrali, musicali, cinematografici, mostre, gare sportive,
escursioni guidate a piedi e a cavallo animano i due mesi estivi di luglio ed agosto,
offrendo momenti di svago e relax.
Sagra delle castagne Spettacolare rievocazione storica del fallito tentativo di conquista del Castello di Soriano, da parte del
Signore di Vignanello, Pier Paolo Nardini,
sconfitto dai sorianesi durante la battaglia
del Fosso del Buon Incontro, il 7 novembre
1489. Tale rievocazione è stata successivamente affiancata dalla sagra che rende
omaggio al tipico frutto dei Monti Cimini: la
castagna. Nelle prime due settimane di
Ottobre, per tanto, il paese viene diviso in
quattro contrade: Papacqua, Rocca, con i
suoi abilissimi spadaccini, Trinità, con un
folto gruppo di bravissimi sbandieratori, e
San Giorgio, che si sfidano per la conquista
del palio, rievocando la Prova degli Arcieri e
la Giostra degli Anelli. Altre suggestive rappresentazioni, quali l’inquisizione e la condanna a rogo della strega Giovanna Dabaldi,
l’uccisione del drago da parte di San Giorgio,
stralci di vita quotidiana dell’epoca e soprattutto il magnifico corteo storico, che coinvolge più di 500 figuranti in sfarzosi costumi
medievali e rinascimentali, contornano e
23
impreziosiscono la manifestazione, una tra le
più belle del suo genere, in tutto il Lazio.
Natale a Soriano Concerti di musica sacra
e di cori polifonici si alternano nelle varie
chiese del paese. Un curatissimo presepe
statico a grandezza naturale viene allestito
nella piazza principale di Soriano e una
mostra di presepi artistici, all’interno del
Castello Orsini, rimane per tutto il periodo
natalizio, fino al giorno della befana.
SAPORI TIPICI Soriano vanta dei piatti del
tutto particolari. Prime tra tutti le sutrine,
una sorta di sottilissime crepes, da noi conosciute con altri nomi, in base ai diversi luoghi
in cui sono preparate, da riempire con pecorino o addirittura marmellata e servire calde.
Gli gnocchi col ferro devono, invece, questo particolare nome alla preparazione, nella
fase finale della quale viene utilizzato un
ferro di calza, che gli permette di assumere
la forma di un piccolo foglio arrotolato, difficile da immaginare se non lo si vede. Infine,
gli spaghetti con la ricotta, dove il dolce
e il salato vengono fusi insieme. Gli spaghetti, infatti, una volta lessati vengono conditi
con della ricotta, alla quale sono stati
aggiunti acqua, zucchero e cannella.
CURIOSITA’: Ma lo sapevate che a
Soriano nel Cimino…
Ci sono numerose leggende: la Vecchietta
del carnaiolo, che avvisò i sorianesi dell’imminente attacco del signore di
Vignanello; il fantasma di Mercello, il
mestro di camera della moglie del perfido
Giovanni Caraffa, che lo uccise nelle segrete
del castello di soriano perché sospettava che
amoreggiasse con la sua consorte; il sasso
della donzella, sotto il quale si racconta
che una giovane donna cristiana fu seppellita per essersi rifiutata di sposare un guerriero pagano; la grotta Rottezia, nelle vicinanze della SS. Trinità, dentro la quale si
trova una chioccia tutta d’oro con dodici pulcini, che nessuno ha mai trovato,perchè
morto di paura poco dopo esservi entrato.
Il più anziano del paese è Galati Assunta
nata il 01.02.1908, la coppia sposata da più
anni è quella formata da Cosimo Santini e
Anna Carosi, il numero attuale degli abitanti
è di 8539 e i nuclei famigliari sono 3480, 4
sono le convivenze.
01100 Viterbo
Piazza Verdi, 2/A - Tel./Fax 0761.347651
e-mail: [email protected]
Centro Commerciale Tuscia - Tangenziale Ovest
Tel. 0761.390013
e-mail: [email protected]
01030 Vallerano (VT)
Via Don Minzoni, 58 - Tel./Fax 0761.751551
e-mail: [email protected]
01033 Civita Castellana (VT)
Via Giovanni XXIII, 28-28A - Tel./Fax 0761.517951
e-mail: [email protected]
00169 Roma
Centro Commerciale Casilino - Via Casilina, 1011
Tel. 06.23260306, Fax 06.23279988
e-mail: [email protected]
Centro Commerciale Torresina - Via A.Barbato, 31
Tel. 06.61663133
63037 Porto D’Ascoli (AP)
Centro Commerciale Portogrande
Via Pasubio, 144
Tel./Fax 0735.753665
e-mail: [email protected]
Quanto sono belli gli occhi dei bambini, grandi e limpidi!
Ma così grandi e trasparenti a 12 anni hanno assorbito più raggi U.V.
dannosi, di quanti ne assorbiranno per il resto della vita, e gli effetti
delle radiazioni dannose si accumulano sempre.
Occhiali da sole per bambini: uno scudo contro gli U.V.
Campo de’ fiori
25
MORTI DUE VOLTE
Cimitero di Civita Castellana
I lavori di ristrutturazione di alcuni loculi cimiteriali sono
iniziati in data 16 Ottobre 2006 e dovevano essere portati a termine dopo 120 giorni. Dal mese di Dicembre la ditta appaltatrice ha
abbandonato i lavori lasciando il cantiere nel completo abbandono. Le autorità preposte alla custodia del cimitero intimano ai parenti dei defunti di non entrare nel
cantiere, minacciando denuncie.
CASA PROTETTA PER GLI ANZIANI
A QUANDO LA PROSSIMA
INAUGURAZIONE?
La RSA di Via San Giovanni di Civita
Castellana, che non è ancora stata utilizzata, nonostante le varie inaugurazioni, è
oramai preda di atti di vandalismo.
Visti anche i tentativi di occupazione, è
stata dotata di un impianto d’allarme che,
a detta di chi abita nelle vicinanze, si attiva a qualsiasi ora del giorno e della
notte, arrecando un evidente disturbo.
Quante altre generazioni di anziani
dovranno aspettare per potersi servire di
questa struttura?
TRAPPOLE TESE SUI MARCIAPIEDI DI VIA GIORGIO LA PIRA
Civita Castellana - Via Giorgio La Pira. Buche, erbacce, escrementi di cani ... questo è l’attuale
stato del nuovo comprensorio di espansione edilizia (C1).
Campo de’ fiori
27
Fabrica di Roma
capitale del Teatro Amatoriale
Sabato 21 aprile u.s. al Teatro Comunale
“Palarte” di Fabrica di Roma, si è conclusa
con una spettacolare Serata di Gala la
prima edizione della Rassegna Nazionale
di teatro amatoriale intitolata ad Anchise
Marcelli. La manifestazione patrocinata dal
Comune di Fabrica di Roma e dalla locale
Pro Loco ha avuto un successo di pubblico
e di critica senza precedenti per questo
territorio. Alla base di tanti consensi, una
organizzazione impeccabile, che è riuscita
a selezionare 7 compagnie teatrali a livello
amatoriale su ben 42 iniziali partecipanti.
Nell’arco di otto settimane si sono esibite
in questo nuovissimo ed invidiabile spazio
culturale rappresentato dal Teatro Palarte
le seguenti compagnie: Teatro Faul di
Viterbo con “Quaranta ma non li dimostra” di Titina e Peppino De Filippo,
Teatro dell’Accadente di Lucca con
“Eva contro Eva” di Mary Orr e Reginald
Denham, La Filodrammatica partenopea di Verona con “La fortuna con la Effe
Maiuscola di Eduardo De Filippo”, I
Nunseponnoguardà
di
Civita
Castellana con “Arlecchino servitore di
due padroni” di Carlo Goldoni, Teatro gli
strilloni di Torino con Plaza suite di Neil
Simon, Piccolo Teatro di Terracina G.
Nofi con “La cena dei cretini di Francis
Veber, I Ma chi ‘mmo ffa fa di
Giugliano con “Non ti pago” di Eduardo
De Filippo. Ce n’era per tutti i gusti dai
classici napoletani dei De Filippo, all’umorismo anglosassone di Neil Simon, alla
commedia dell’arte del grande Carlo
Goldoni. La manifestazione annoverava tra
i componenti della giuria, in qualità di presidente, l’illustre Magdi Allam Vice
Direttore del Corriere della Sera, che ha
assegnato il Premio Anchise MarcelliMigliore Spettacolo- alla pièce “La cena dei
cretini” del Piccolo Teatro di Terracina. Tra
i tanti premi riconosciuti, seguendo lo stile
Hollywoodiano delle “nominations”, con
tanto di buste e relativi spot proiettati su
schermo, vanno menzionati quello per la
Migliore Attrice Protagonista andato a
Gabriella Gilarducci del
Teatro
dell’Accadente di Lucca, per “Eva contro
Eva” e quello per il Migliore Attore
Protagonista assegnato a Francesco Soli
dei
Nunseponnoguardà
di
Civita
Castellana, acrobatico e pirotecnico interprete di “Arlecchino servitore di due
padroni”. Durante la serata di Gala si è esibita la giovane cantautrice Roberta
Giallo, artista dotata di un sound partico-
larissimo, una voce con tonalità da vera
“vocalist”.
Inoltre molto applaudita l’esibizione del
trio Emiliano Di Vozzo (chitarra),
Roberto Mattioni (tenore), Costanza
Biaggini (viola) che hanno incantato il
pubblico presente riproponendo arie classiche del ‘700 napoletano. Una serata da
ricordare , grazie e soprattutto all’impegno
profuso da Carlo Ciaffardini e Claudio
Ricci, veri e propri “deus ex machina”,
nonché presentatori della manifestazione,
non dimentichiamo però tutti gli altri di cui
non elenchiamo i nomi, per non correre il
rischio di tralasciarne qualcuno.
Voglio infine riportare il pensiero espresso
dal Vice Direttore del Corriere della sera
Magdi Allam al termine delle premiazioni:
“Il teatro è importante, soprattutto quello
amatoriale, perché mosso da passioni sviscerate, che fanno supplire col lavoro e
l’impegno alla mancanza di mezzi e di
fondi e, come in tutti i campi il lavoro
Al centro Magdi Allam - Presidente della giuria
paga.”
Alessandro Soli
Da sx Carlo Ciaffardini e Claudio Ricci
Francesco Soli Migliore attore protagonista
(Arlecchino)
Da dx il Sindaco di Fabrica di
Roma Giuseppe Palmigiani,
Magdi Allam , il vice sindaco
Francesco Pierantonelli,
l’Assessore alla cultura
Augusto Vigi
foto Eleven Focus
Campo de’ fiori
28
Come eravamo
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sciare
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Bruscolin
di Alessandro Soli
Nel buio della sala,
al cinema Flaminio o
al Teatro Florida,
locali storici qui a
Civita
Castellana,
sembrava di essere
circondati da un
esercito di roditori,
tanto forte e ripetitivo era il rumore di
chi, come noi, sgranocchiava con avidità, ciò che ho scritto
nel titolo.
Bruscolini (semi di zucca bruscati e salati),
noccioline (le classiche arachidi americane), lupini (le cosiddette fusaje, come
dicono a Roma, conosciute fin dall’antichità), le mosciarelle (castagne sgusciate e
essiccate) e le cainelle (in italiano carrube,
per intendersi quelle a forma di banana
essiccate, dolciastre, dal seme duro come
la pietra, già cibo nobile per i cavalli) facevano parte del rito cinema degli anni ’50’60. Già, rito cinema, perchè dopo gli spintoni all’ingresso per entrare tra i primi, la
fila per il biglietto, l’attesa per l’inizio della
proiezione, si consumava il sogno atteso
per una settimana: uno dei pochi passatempi a nostra disposizione, specialmente
nei piovosi pomeriggi invernali.
Ma torniamo ai “cartoccetti”, genuini contenitori adoperati dalla “bruscolinara”, nel
banco fuori dal cinema. Erano di “carta
straccia” (carta paglia) arrotolati a cono
con la punta ripiegata, atti a contenere i
bruscolini rigorosamente soppesati e
misurati col cucchiaio che ne quantificava
anche il prezzo.
Per i lupini, invece, un piccolo “sgommarello” (mestolo) dal fondo forato per far
sgocciolare l’acqua del contenitore, che
riusciva, però, a far bagnare ugualmente il
cartoccetto.
Problemi non
esistevano per
le noccioline,
per le mosciarelle e le cainelle, perché venivano vendute a
peso, per i
grandi, e per
noi
ragazzi,
invece,
“a occhio” per
bilanciare
il
guadagno del
banchetto. Può
sembrare anacronistico parlare di queste
cose, ma dovete pensare che
almeno due o
tre generazioni
si sono confrontate con quanto
sopra, provando
le stesse sensazioni, e vivendo
situazioni simili
per
svariati
anni.
Poi il progresso,
le leggi e la cultura dell’igiene,
ci hanno regalato il “pop-corn”
(mais soffiato), il sottovuoto, il “tutto in
cellophane”, le “cric-croc” (patatine fritte
che di patate hanno solo il nome). Ne
abbiamo sicuramente guadagnato in praticità, ma il sapore e la genuinità si sono
persi lungo la strada, dove non c’è più il
banchetto della “bruscolinara” soppiantato
dai tecnologici distributori automatici posti
all’interno dei locali.
Una cosa, però, è rimasta tale e quale,
oggi come allora: il cric cric cric, ripetitivo
rumore di chi sgranocchia con avidità i prodotti - passatempo durante lo spettacolo e
che ti fanno perdere, magari, qualche battuta nel dialogo tra i protagonisti.
Personaggio misterioso
Di lato è riportata la foto
deformata di un famoso
cantante.
Sai dire di chi si tratta?
I primi tre che indovineranno e si recheranno
presso la redazione, riceveranno un simpatico
omaggio offerto dal
Centro Parati Selli.
Campo de’ fiori
29
Struttura Semplice di
Endoscopia Digestiva
di Civita Castellana
Il 3 Aprile u.s. si è tenuta una conferenza
stampa, presso l’ospedale Andosilla di Civita
Castellana, sull’attività svolta, nell’anno
2006, dal reparto di Endoscopia Digestiva
diretto dal Dott. Gino Giuri.
Secondo recenti dati ISTAT e del Ministero
della Sanità le malattie dell’apparato digerente risultano al 1° posto come morbilità,
al 2° posto per mortalità ed al 1° posto per
numero di dimissioni e per giornate di
degenza, sia ordinaria che di day-hospital.
L’ospedale di Civita Castellana che ha un’utenza di circa 100 mila abitanti (comprendente il viterbese, il reatino e il nord della
provincia di Roma), dispone di una struttura di Endoscopia Digestiva che può soddisfare qualitativamente e quantitativamente
la richiesta in tema di prevenzione, diagnostica, terapia mininvasiva e sorveglianza
delle patologie di pertinenza gastroenterologica.
Ad oggi, presso il nostro nosocomio possiamo contare 2 chirurghi dediti all’attività
endoscopica per il 60% circa del loro orario
di servizio, 4 infermieri professionali operativi per il 65% dell’orario teorico.
Inoltre sono disponibili 2 sale per endoscopia diagnostica ed operativa, pienamente
rispondenti alle normative di legge e
recentemente dotate
di aria condizionata,
4 gastroscopi, 4
colonscopi, 1 macchina per la disinfezione
(la seconda sarà
disponibile dal mese
di Agosto), 2 elettrobisturi.
Nell’anno 2006 il reparto ha effettuato 1294
gastroscopie, con un incremento del 21%
rispetto all’anno precedente e 1090 colonscopie, con un incremento del 31% rispetto
all’anno precedente.
Il Dott. Giuri ha espresso i suoi ringraziamenti a tutti coloro che, con la loro collaborazione, hanno consentito alla nostra struttura il raggiungimento di questi risultati: la
U.O.C. di appartenenza, la Direzione
Sanitaria di Presidio, la U.O. di Anatomia ed
Istologia Patologica, la Farmacia Interna,
l’U.O. E-Procuremente e la Demax, l’U.O.
Ingegneria Clinica e la S.I.G.E., il C.U.P. e i
vertici dell’Azienda. Un grazie particolare
all’Associazione Onlus “UNA MANO AL TUO
OSPEDALE” che, facendo leva sulla genero-
sità della cittadinanza e di numerose aziende, ha fornito aiuti in arredi, attrezzature
sanitarie, per centinaia di migliaia di euro.
Per quanto è stato destinato alla struttura di
Endoscopia Digestiva: un videogastroscopio, un videocolonscopio e l’impianto di condizionamento d’aria per le due sale operative, tutta la riconoscenza va alle ditte ceramiche AZZURRA e IEMMECI. Con orgoglio
e riconoscimento il Dott. Giuri ringrazia i
componenti del team endoscopico : le infermiere Sabrina Angeletti, Silvia Della Porta,
Giorgia Eusepi, Cristina Lemme, Maria
Cristina Menichelli, Adalgisa Ricci, al collega
Alessandro Savio e al coordinatore infermieristico Giovanni Piergentili.
Corsi professionali e amatoriali per tutti i livelli di:
Alla HONEY iniziano i
grandi appuntamenti di
fine anno accademico
2006/2007
Victor Litvinov
Sbarra a Terra Acrobatica
Laboratorio Coreografico
Flamenco
Canto
26 e 27 MAGGIO
Ancora un evento di Danza Classica di eccezionale valore artistico.
Presso i locali della scuola, uno dei più grandi Maestri del mondo
sarà ospite per uno stage di perfezionamento della tecnica classica
con musica al piano.
Maestro ospite VICTOR LITVINOV (Maitre de ballet: Les ballets Russes de Montreal;
Les Grand Ballets Canadiens, Teatro dell’Opera di Roma; Arteballetto Reggio Emilia, Arena di Verona, National Ballet of
Canada, Balletto diToscana, Teatro San Carlo di Napoli, Stuttgart Ballet, Badiches Staatstheater Karlsruhe, Greek
National Opera di Atene, Theather Regensbourg)
Pianista accompagnatore GIANCARLO CAPPELLO
Classi Intermedio-Avanzato
2 GIUGNO ore 21:00
Appuntamento con “EUTERPE E TERSICORE” spettacolo di musica e danza in collaborazione con
l’Accademia di Musica Muzio Clementi. Lo spettacolo, avente il patrocinio del Comune di Civita Castellana,
avrà luogo in occasione della manifestazione “PLAYFAIR giornate ecologiche sul fiume Treja” in
Via Flaminia al Km 54,630. Parteciperanno allo spettacolo la Compagnia di Balletto Honey,
Artisti Professionisti del mondo ballettistico e Orchestra Sinfonica dal vivo.
Direzione Artistica: Maestro Fabrizio Bartoli -settore danza, Maestro Paolo Matteucci - settore musicale.
Campo de’ fiori
31
La televisione a
Civita Castellana
Sono trascorsi ben 53
anni dall’inizio ufficiale
delle trasmissioni televisive da parte della Rai. La
prima trasmissione del
servizio ufficiale televisivo italiano iniziò esattamente
Domenica
3
di
Gennaio
1954
alle
ore
Arnaldo Ricci
11.00 (le trasmissioni
sperimentali a circuito chiuso, erano però
iniziate nel 1940, interrotte durante la guerra e poi riprese ).
Questa data segnò, per noi italiani, l’inizio
di una nuova era e si può affermare, senza
timore di essere smentiti, che gli usi e
costumi di tutti gli italiani, da qui, iniziarono a subire un tale processo di radicale
cambiamento, che neanche l’evento della
Seconda Guerra Mondiale era riuscito a
scatenare!
Il giorno d’inizio delle regolari trasmissioni,
il sevizio della Rai riusciva a coprire solamente il 36% della popolazione italiana e,
Civita Castellana, era compresa nel raggio
d’azione delle trasmissioni!
Io non avevo ancora sette anni e ricordo
che stavo giocando con i miei coetanei a
piazza Marconi (i capannoni), quando un
ragazzino, un po’ più grande, ci informò che
in un negozio di elettricità, in via Bruno
Buozzi, era in esposizione un apparecchio
funzionante che sembrava un piccolo cinema. Ci precipitammo immediatamente a
vedere! Fu uno stupore indescrivibile. Dopo
pochi giorni i bar più importanti si dotarono
di questo rivoluzionario apparecchio, chiamato successivamente televisore. Era come
andare al cinema, le sedie non bastavano e
noi bambini rimanevamo per ore in piedi,
cercando di non fare confusione, altrimenti
ci avrebbero mandato via. Quando le famiglie più agiate iniziarono ad acquistare il
televisore e la notizia del nuovo acquisto si
divulgava, la gente diceva in dialetto: “hai
visto? pure i Pingo Pallino se so combrati a
Televisione”.
L’apparecchio costava più o meno una decina di stipendi medi di allora; questo significa circa dodici/quindicimila euro attuali!
Nonostante il prezzo iniziale elevatissimo, il
televisore fu acquistato da un numero sempre maggiore di famiglie e, in poco meno di
due lustri, quasi il 90% delle famiglie italiane si dotarono dell’apparecchio TV. Per dirlo
con il linguaggio attuale, chi aveva il televisore era “in”, chi non lo aveva era “out”.
La Rai trasmetteva a fasce orarie ben precise, in un solo canale. Nelle ore di assenza
di programmi veniva trasmessa una immagine fissa chiamata monoscopio, grazie alla
quale i tecnici potevano effettuare tutte le
regolazioni e tarature, nel caso se
ne fosse verificata la necessità.
Spesso il televisore aveva mal funzionamenti e bisognava chiamare
un tecnico specializzato che, dato
l’elevato costo di acquisto dell’apparecchio, rendeva la riparazione
sempre conveniente rispetto alla
sua sostituzione. Con quello che
costano oggi i televisori, invece,
nella maggior parte dei casi, in
caso di mal funzionamento conviene acquistarne uno nuovo!
Le cose andarono avanti così fino
al 1961 e, quando il 4 Novembre
dello stesso anno, iniziarono le trasmissioni ufficiali del secondo
canale, vi furono ulteriori aggiustamenti relativi al modo di guardare la TV.
Innanzitutto si replicò la corsa
sfrenata all’istallazione della scatoletta all’interno del televisore,
nonché della nuova antenna che
permetteva la visione del secondo;
Il lavoro non si poteva fare da soli,
perché richiedeva una certa prein questa foto sono ritratti Vittorio Veltroni (padre dell’attuale
parazione tecnica; si doveva
Sindaco di Roma), Lidia Pasqualini e Niccolò Carosio.
necessariamente chiamare un bravo
La foto è stata scattata probabilmente nel 1940, anno di inizio
tecnico.
degli esperimenti della EIAR (la Rai di quei tempi).
Nelle famiglie subentrò un nuovo
Come potete notare, la televisione sperimentale veniva
problema: la scelta del canale da
chiamata Radiovisione.
vedere la sera! Allora giù litigate in
abbia ancora oggi.
famiglia a rotta de collo (come dicono i
Posso dire invece con assoluta certezza che
marchigiani), finché qualcuno faceva valere
Civita Castellana, nel 1963, aveva raggiunle sue ragioni di scelta. Intanto il benesseto, in proporzione ai suoi abitanti, il record
re economico iniziava ad essere percepito
di primo comune del Lazio in ordine di difed anche i prezzi degli apparecchi TV inifusione di ricevitori TV.
ziarono a scendere notevolmente, fino ad
Prima di chiudere l’articolo voglio ricordare
arrivare a circa tre o quattro stipendi medi
i circa 15 minuti della trasmissione
di allora. Molti comprarono, come secondo
Carosello, dove veniva condensata tutta la
apparecchio, quello da 14 pollici (da poco
pubblicità televisiva di allora; a noi ragazzi,
sul mercato), per utilizzarlo quando si
ormai alla soglia della pubertà, piaceva
verificavano discordanze di vedute con i
moltissimo. Essa veniva ripetuta tutte le
propri familiari. Sono indimenticabili, per i
sere alle ore 21 circa, dopodichè, i bambini
bambini di allora, i filmetti della “TV dei
più piccoli, dovevano andare a nanna.
ragazzi”, che tanto ci piacevano, primo fra
Il Carosello diede il via all’era della pubblitutti Rin Tin Tin, che aveva come protagocità in televisione e fu mandato in onda,
nisti un cane ed un bambino di nome
per la prima volta, esattamente il giorno 3
Rusty, il tenente Rip Masters ed il sergente
Febbraio 1957.
O’ Hara; da ricordare anche Jim della giunLa sigla che introduceva la trasmissione
gla ed anche Lassie, oltre a tanti altri.
Carosello, serviva alle ragazze, che d’estate
Gli episodi di questi filmetti televisivi, erano
andavano a passeggio, come segnale che si
talmente entrati nella nostra cultura di
era raggiunto l’orario massimo, consentito
bambini che, se qualche coetaneo aveva
dai genitori, per il rientro a casa.
anche una vaga assomiglianza con qualcuVi fu poi l’avvento della TV a colori, negli
no dei personaggi dei film, gli era subito
anni Settanta, che migliorò notevolmente la
assegnato il soprannome relativo!
qualità dell’immagine ma, a mio avviso, non
Un nostro coetaneo assomigliava moltissiebbe lo stesso impatto di radicale cambiamo al sergente O’ hara, di conseguenza
mento socio culturale della TV in bianco e
non sfuggì a tal soprannome; non posso
nero degli anni Cinquanta.
dirlo con certezza, ma suppongo che lo
32
La Corrida
Campo de’ fiori
sbarca a Corchiano
Un quartetto formidabile
si è presentato, Sabato
31 marzo, alla IV puntata dell’edizione del 2007
dello storico e sempre
amato programma di
Canale 5: “La corrida.
Dilettanti allo sbaraglio”,
condotto dal divertente
di
Gerry Scotti, spalleggiaErmelinda
Benedetti
to dalla bella Michela
Coppa.
Il gruppo, capeggiato dallo spumeggiante
Mauro Sanna di Corchiano, era composto
da due ballerini professionisti di Viterbo,
Simone Notaio e Valeria Palma, allievi del
Nuovo Centro Danza e…Fitness, della professoressa Caterina Di Filippo, e da una
giovane aspirante attrice di Corchiano,
Luana Boria. L’esibizione, in diretta televisiva in prima serata, sotto gli occhi di
milioni di spettatori italiani, dato che è uno
dei programmi
più seguiti della
tv, è avvenuta
sulle note del
celebre pezzo
di Liza Minelli,
New York New
York. Mentre la
coppia di ballerini mostrava
una coreografia
brillante, Luana
interpretava il
simbolo
per
eccellenza della
città americana, la Statua
della libertà, e
Mauro,
negli
abiti di un perfetto
turista,
scattava foto a più non posso, muovendosi da una parte all’altra della scena.
Questo particolare originale, diverso, innovativo è stato l’elemento che ha permesso
di far decidere agli autori del programma
di volerli come concorrenti; con tutta probabilità, infatti, se Mauro e Luana si fossero presentata senza Simone e Valeria o
viceversa, sarebbero stati scartati, mentre
la fusione delle due coppie ha dato a tutti
e quattro questa stupenda opportunità.
Anche il pubblico ha certamente apprezzato questo cocktail, i cui ingredienti sono
stati la simpatia di Mauro e Luana e la bravura di Simone e Valeria, che ha fatto guadagnare loro un posto in finale e il terzo
premio, senza nemmeno un colpo di campanaccio o un fischio, ma solo applausi.
Il loro obiettivo è stato raggiunto, nonostante Sanna ne fosse convinto fin dall’inizio e il loro motto “la Tuscia non prende
fischi alla corrida” non è stato tradito, vincendo così anche la scommessa fatta con
il proprietario del ristorante Le Rupi, che
offrirà loro un pranzo. “Ma la soddisfazione più grande é stata, comunque, quella di
partecipare al programma e di avere i cinque minuti di gloria che tutti i dilettanti
vorrebbero.
Su 4.800 provini effettuati, sono stati scelti solamente 120 partecipanti, tra cui noi”,
mi confessa orgoglioso Mauro, il quale,
dopo due lunghi anni di preparativi, è
riuscito a coronare il suo sogno.
Mauro aveva presentato la domanda di
partecipazione nel Gennaio del 2006 e a
Novembre ha ricevuto la convocazione per
il provino. Solo qualche giorno prima del
debutto, è arrivato l’invito ufficiale, che lo
ha fatto saltare di gioia. Qualche anno fa
aveva partecipato al programma di Rai
Uno, “I raccomandati”, presentando due
personaggi, che, anche in quel caso, trionfarono, ma non partecipando lui in prima
persona. Questa volta, invece, non è stato
solo l’ideatore dello sketch ma anche uno
dei protagonisti.
Mauro è un vulcano di idee e ha già in
mente un nuovo minispettacolo da proporre a “La corrida”, non prima di due anni,
per regolamento, anche se é già in cerca
di cinque ragazze, che lo accompagnino in
questa nuova avventura.
Nel frattempo sta cercando di formare un
gruppo musicale rock tutto al femminile,
da poter presentare ad uno di questi programmi televisivi che lasciano spazio alle
nuove leve. Per questo progetto è alla
ricerca di una batterista, una chitarra elettrica e un basso e chiunque fosse interessata può contattarlo, anche tramite la
nostra redazione. Corchiano e tutti i paesi
limitrofi, che hanno visto la loro performance, ha accolto con calorosi applausi e
complimenti i quattro, reduci dalla serata,
nonostante l’incredulità iniziale.
L’umiltà e la
voglia di divertirsi e di far
divertire sono
state la spinta
per partecipare.
Mauro
coglie
l’occasione di
questa breve
intervista per
ringraziare la
dottoressa Di
Filippo per la
collaborazione
offerta, mettendo a disposizione due bravissimi ballerini, che
si sono esibiti
su un pezzo
suonato e cantato dal vivo, dall’orchestra del programma, diretta dall’inossidabile maestro
Pregadio, già compagno di risate del formidabile Corrado, e i suoi tre partner, che
lo hanno accompagnato in questa avventura tanto desiderata. Per chi non avesse
avuto l’opportunità di gustare in diretta la
loro rappresentazione, è possibile vederla
sul sito internet ufficiale del programma
televisivo: www.lacorrida.it, dove rimarrà
per tutto l’anno.
Campo de’ fiori
33
L’Istituto d’Arte di Civita Castellana
1893...
di Enea Cisbani
Nel 1893, grazie ad una geniale intuizione
dell’Avv. Ulderico MIDOSSI, nasce a Civita
Castellana l’Istituto Statale d’Arte per la
Ceramica, e la prima sede della scuola fu
un aula posta al piano terra dell’attuale
Palazzo Arcivescovile in Piazza Matteotti.
L’obiettivo principale del corso era quello
di formare una nuova generazione di tecnici ceramisti versati non soltanto nelle
questioni tecniche, ma anche in quelle
prettamente formali, estetiche e geometriche, secondo un modello formativo e culturale ripreso dalle scuole d’arte che allora
si andavano diffondendo capillarmente nei
principali paesi europei.
Nel volgere di pochi anni la scuola aumenta il numero degli iscritti e si afferma a
livello regionale e nazionale, tanto che nel
1909 il Ministero dell’Industria –
Commercio ed Agricoltura invia a Civita
Castellana il professor Anselmo de
Simone, per stilare un dettagliato rapporto
sullo stato di salute dell’industria ceramica
locale, e per verificare l’esistenza delle
condizioni necessarie per l’istituzione di
una Scuola Professionale per la Ceramica
riconosciuta dalle autorità governative.
Nel 1910 la sede della scuola si trasferisce
nel palazzo Andosilla in via Ferretti, dove
vengono creati i primi laboratori per la
ceramica.
Nel 1914, dopo un lungo iter amministrativo, viene istituita con Regio Decreto n.544
del 3 Maggio, la “Regia Scuola
Professionale per la Ceramica” di
Civita Castellana e nel Novembre del 1914
il comune acquista l’ex Chiesa di San
Giorgio posta nell’attuale via Gramsci e la
trasforma, con l’aggiunta di nuovi locali,
nella sede storica dell’Istituto d’Arte, dove
tuttora l’istituto vive ed opera.
I primi insegnanti furono Ugo FAVALLI,
disegno geometrico, Bruno FLAMINI,
cultura generale, Enzo VINCIGUERRA,
aritmetica e contabilità, Luigi ANTONELLI, disegno professionale e plastica,
Ulderico FINESI, tecnologia ceramica e
primo Preside della scuola.
Presidente del Consiglio d’Amministrazione
l’Avvocato Ulderico MIDOSSI.
La lunga storia della scuola dal 1893 ad
oggi vede un continuo avvicendarsi di
docenti e illustri ceramisti: come
Giuseppe SBRANA, importante ceramista fiorentino e Carlo LORENZETTI, già
docente di plastica nella Scuola d’Arte
Applicata di Venezia.
Non soltanto ceramisti, ma anche grandi
artisti vi hanno insegnato: nel 1939
Renato GUTTUSO, tra il 1940 e il 1945
1925 Regia Scuola Professionale di Civita Castellana
Luigi MONTANARINI e in anni più
recenti Luciano VINARDI, importante
scultore e mosaicista e Ugo LEVITA, pittore surrealista celebrato a livello nazionale ed europeo.
E’ la Scuola che ha formato grandi pittori
di levatura internazionale tutti civitonici:
Luigi PAOLELLI, Giuseppe BERTOLINI BERG e Alessio PATERNESI.
Dal 1893 ad oggi, numerosi i dirigenti scolastici che si sono avvicendati nella sua
conduzione: Ulderico FINESI, 19131921, Luigi VISANI, 1921-1925,
Tarquinio BIGNOZZI, 1925-1926,
Virgilio CAROTTI, 1926-1938, Renzo
DAZZI, 1938-1945, Alfredo CRESTONI,
1945-1963, Tommaso PECCINI, 19631966, Francesco JUVARA, 1966-1967,
Salvatore
CASTAGNA,1967-1976,
Giuseppe GAROFOLI, 1976-1977,
Sergio LERA, 1977-1983 e 1984-1986,
Vincenzo GRELLA, 1983-1984, Savino
MONGELLI,
1986-1990,
Andrea
RANDO, 1990-1994, Franco CHERICONI, 1994-2000 e 2005-2007, Carmelo
GIORDANO, 2000-2001, Mario BECCHETTI, 2001-2003, Bernardino DE
MARINO, 2003-2005.
Nelle industrie ceramiche civitoniche, i
quadri tecnici e dirigenziali attuali sono
usciti dalla scuola, indiretta conferma della
validità e bontà del percorso formativo e
culturale proposto dai suoi docenti.
Nell’Istituto d’Arte hanno poi insegnato
importanti ceramisti locali: Valentino
PAOLELLI, Beniamino TOFANACCHIO, Fernando PATRIZI, Cosimo
ETTORRE, Ciro PANE, Carlo BRUNELLI, Dino BRIZZI, Carlo BERNARDI,
Franco GIORGI, Franco VALERI, Alfio
DE ANGELIS e Fernando PIERGENTILI. I suoi studenti, negli anni ’70 e ‘90
hanno brillato nei concorsi di ceramica
artistica promossi dalla città di Faenza:
Leonardo ZACCARDINI, primo premio
nel 1968, Mara SCACCIAFICHI, Maria
Rita COLAMEDICI, Fabrizio TOMEI e
Sandra SAPORA.
Nel 2000, l’Istituto d’Arte viene trasformato in Istituto d’Istruzione Superiore “U.
Midossi”, comprendente, inoltre, la sezione
dell’Istituto Tecnico Industriale e la Scuola
Media.
Nel periodo 2002-2004, la sede storica in
via Gramsci, grazie alla fattiva azione
dell’Amministrazione Provinciale, viene
interessata da importanti lavori di ristrutturazione che modificheranno totalmente il
primitivo assetto originario.
La sede di via Gramsci è oggi dotata di
moderni laboratori per la ceramica con la
recente dotazione di nuovi miscelatori e
impastatori per le argille e gli smalti, di
una nuova cabina per lo spruzzaggio dei
pezzi e una sala decorazione con impianto
di areazione e trattamento dell’aria.
La nuova biblioteca e l’aula multimediale e
computer completano l’offerta formativa.
Con la presidenza Chericoni, l’Istituto
d’Arte si afferma come polo formativo
della regione Lazio e come nuova sede del
Museo Storico della Ceramica Civitonica.
Una scuola aperta alle novità come la
recente attivazione della sede distaccata di
Vignanello.
E’, dunque, una vicenda culturale ed
umana lunga e gloriosa, tanti i docenti e i
presidi che si sono avvicendati, come
numerose le generazioni di studenti che
hanno percorso i suoi spazi.
L’Istituto d’Arte non è “una”, ma “la” scuola per eccellenza di Civita Castellana.
E’ la sua storia e il suo grande patrimonio
che deve essere attentamente preservato.
Messaggi
A BARBARA
Non so come si scrive una lettera di
questo genere, mi mancano le parole ma
trovo la forza per esprimere la gioia di
quanto sta per accadere nella mia vita.
Sì il 30 Giugno ti sposi. I miei pensieri
vanno a molti anni fa, quando eri piccola.
La tua grazia, il tuo affetto, i tuoi baci
sono sempre vivi nei miei ricordi.
Dopo, crescendo, mi hai dato le prime
soddisfazioni nel campo scolastico,
ti sei diplomata, poi ti sei iscritta all’università. Conoscendo la situazione familiare (non troppo rosea) hai fatto in
modo di prendere tutti gli anni la borsa
di studio, cercando, così, di non pesare
sul budget familiare ed affrontando dei
sacrifici, non indifferenti, nello studio.
Condividevi con noi i tuoi “30 e lode” e
alla fine ti sei laureata con “110 e lode”.
Ti sei messa subito in cerca di un lavoro,
anche se umile, facendo la baby sitter.
Adesso, sempre per non pesare alla
famiglia, fai la commessa.
Mi hai chiesto sempre poco dandomi
tanto, sei molto modesta anche nel
chiedere le cose per il tuo matrimonio.
D’altra parte io mi sento in colpa per non
poterti dare di più. Una cosa voglio, pur
nella nostra umiltà: che quel giorno sia
indimenticabile. Sai che non sono aperto
a complimenti, ma di una cosa sono sicuro: TI VOGLIO BENE.Auguro a te e a
Massimo una vita insieme tanto felice.
Ti voglio bene.
PAPA’
Tanti auguri di Buon
Compleanno a Camilla
Ciasco che il 26 Maggio
compie 10 anni,
da parte di
papà Pippo,
nonna Gaggia,
zia Anna e dai cugini
Alessio e Roberta.
Complimenti a Shadi di
Caserta che il
26/02/2007 è divenuta
dottoressa
a pieno titolo.
Un abbraccio da parte di
Maria Cristina e
Massimo
Vivissime congratulazioni ad
Ilaria Francescangeli di
Corchiano che il
18 Aprile si è laureata in
Biologia. Un abbraccio dalle
tue care amiche
Eleonora, Tamara e
Valentina.
Buon compleanno a
Ivanho di Caprarola che
l’8 Maggio
compie 20 anni. Tanti
auguri dalla fidanzata
Serena, zia Cristina e
nonna Anna e dall’amico
Lillo.
La redazione di Campo de’
Tantissimi auguri a Federico
Anselmi che ha compiuto gli
anni il 20 Aprile, da mamma,
papà, la sorella Cecilia, gli zii,
le nonne, la cugina e dalla
redazione di Campo de’ fiori.
Tantissimi auguri di Buon
Compleanno a nonno Mario
Domizi che ha compiuto 94
anni il 22 Aprile, dai figli, i
generi, la nuora,
i nipoti e pronipoti.
Tanti auguri a Mariano
Adriani e Silvia Fastampa
che si uniranno in matrimonio il 13 Maggio, dagli amici
della sezione.
Tantissimi auguri a Samuele
Buon Compleanno a
Nardi che il
Francasca Calamanti che il
30 Marzo ha compiuto
21 Maggio compie 3 anni.
3 anni, dalla bisnonna Lella, la
Tantissimi auguri dai
mamma Romina, il papà
genitori Claudia e Danilo,
Graziano,
dalla sorella Chiara e il
dai nonni, gli zii e
fratello Stefano.
i cuginetti.
Tanti
auguri
al piccolo
Simone
Ulisse che
il
24 Maggio
compie
5 anni,
con tanto
affetto
e amore
da nonna Vincenza,
nonna Adalgisa e
Kety
Tanti auguri
di Buon
Anniversario
a Vito Maggio e
Alessandra
Francola
che festeggiano
36 anni di
matrimonio,
dalle figlie e
dal genero
fiori si associa agli auguri
Per
Melissa
Natili ……
tanti
auguri da Enrico, Letizia e Diego per il
tuo Battesimo che riceverai il 6 Maggio.
Con tanto affetto
Tanti auguri a
Lucrezia Fabrizi
che ha compiuto
un anno il 28
Aprile, dalla
mamma, il papà, i
nonni e
gli zii.
Tantissimi auguri a Flora Iaffei che ha
festeggiato il compleanno il 29 Aprile, dalle
figlie, i generi e i nipoti.
Messaggi
Tanti auguri a Enrico D’Alessio che
il 5 Maggio compie 33 anni e auguri
per il nostro 5° anniversario di
matrimonio,
da Lety
Tanti auguri a Gabriele Benedetti
che ha compiuto 2 anni il 30 Marzo,
da nonna, nonno, mamma, papà, zia
Simona, zio Roberto e zio Fabrizio.
Tanti auguri a Riganelli
Valeria che il 22 Maggio
compie 4 anni. Auguri da
mamma, papà e i nonni.
Tanti auguri a Elisa che il 18
Maggio compie gli anni, da
tua sorella Flavia e Sara.
Tanti auguri di Buon Compleanno
a Marco Riganelli che il 6 Maggio
festeggia il suo compleanno, con un
forte abbraccio e benedizione da
nonna Vincenza, Simone e Cheti
Tanti auguri a Diego D’Alessio
che il 31 Maggio compie 2 anni.
Da mamma Letizia e papà Enrico
Tanti Auguri a Benedetta Costa che il 23 Aprile
ha compiuto 6 anni. Da mamma, papà, nonni,
zii e il cuginetto Simone.
La redazione di Campo de’ fiori si associa agli auguri
Campo de’ fiori
38
Una “Fabrica” di ricordi
Storie e immagini di Fabrica di Roma
di Sandro Anselmi
E’ arrivata la mite stagione, ed è più frequente vedere i panni stesi ad asciugare al
sole.
Fare il bucato, oggi, per la donna moderna, è un lavoro facile: ha la lavatrice, il
sapone in polvere, lo sbiancante, l’ammorbidente, spesso, l’ asciugabiancheria!
Sto passando davanti al vecchio lavatoio
vicino casa di mia madre, oramai abbandonato e, come in un vecchio film, mi si
ripresentano immagini di donne, con le
maniche arrotolate, che fanno il bucato in
un chiassoso chiacchierio. Si davano
appuntamento alla fontana, vecchie e giovani, zitelle e maritate, per scambiarsi le
notizie e discutere di tutto, ma proprio di
tutto. C’era la cronaca nera, la rosa, il gossip… quello era luogo di aggregazione
dove discutere, senza censure, lontano dal
giudizio degli uomini, che non potevano
assolutamente entrare e avevano, invece,
il bar e il circolo per chiacchierare.
Le comari lavandaie
Non si poteva certo dire che “i panni sporchi si lavano in casa”!
Anche se il lavoro di per sè era pesante,
risultava sempre meno duro di quello solitario e monotono della casa, e c’era un
clima di distensione, quasi di ricreazione.
Arrivavano di buon ora o nel primo pomeriggio, con la bagnarola o la bacinella sulla
testa, protetta da un panno arrotolato
(curojo), ed il loro tipico ancheggiare
donava eleganza al loro portamento.
L’uso delle vasche veniva regolato dall’ordine di arrivo, e così, arrivato il proprio
turno, incominciavano a lavare nella vasca
grande, dove i panni venivano abbondantemente insaponati con il sapone grezzo e
duro, ricavato dagli scarti del maiale che,
liquefatti nell’acido, bolliti e poi fatti raffreddare, solidificavano e così venivano
sezionati a pezzi. Seguiva il risciacquo
nella vasca più piccola, dove lo sciabordare dell’acqua diguazzata bagnava inevitabilmente la parannanza. Lì si esibiva in
pubblico tutto il guardaroba, dai vestiti alla
biancheria intima, e poteva essere anche
umiliante dover lavare i panni del marito o
del padre davanti ad occhi curiosi, forse
nemici o rivali.
Terminato il rituale, si sistemavano il carico sulla testa, ora più grave per l’acqua
che i panni avevano assorbito, e si avviavano verso casa, con il busto dritto per non
perdere l’equilibrio.
Avrebbero poi steso i panni ad asciugare
sul lungo filo zincato nella parte più ventosa del cortile, e poi stirati con il ferro scaldato sul fuoco.
Le più esigenti ritiravano i panni ancora
umidi per ottenere una stiratura migliore.
Alla fontana succedevano, perciò, molte
cose, ma quello che più importava alle
donne, oltre lavare i panni, era informarsi
ed informare, consigliare ed essere consigliate, per tornare così a casa, alleggerite
dalle notizie confidate e gravate dalle
nuove, appena apprese.
40
Campo de’ fiori
Cari amici
la storia di Noel si arricchisce sempre più di nuove avventure.
Conservate gli inserti e... buona lettura
dai vostri Cecilia e Federico
soggetto e testo Sandro Anselmi
continua sul prossimo numero...
L’angolo misterioso
Nella foto qui accanto è
riportato un particolare di
una Via di Civita
Castellana. Sapresti dire
di quale Via si tratta. I
primi tre che, chiamando
in redazione, daranno la
risposta esatta riceveranno un simpatico omaggio
offerto dalla profumeria Paolo e Concetta
Campo de’ fiori
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TRI
S
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CIV
Il maestro Giannini
di Enea Cisbani
Gabriele GIANNINI nasce a Viterbo il 6
Novembre 1921.
Nel 1939, consegue il diploma di Maestro
presso l’Istituto Magistrale “Santa Rosa” di
Viterbo.
Frequenta per tre anni il Conservatorio
Musicale per la classe di Violoncello.
Nel Giugno del 1940, allo scoppio della
Seconda Guerra Mondiale, parte volontario, come Ufficiale Alpino e successivamente dei Bersaglieri, per il Fronte GrecoAlbanese, teatro bellico di inaudita ferocia
e violenza, dove numerose sono state le
perdite in termini di mezzi e uomini per
l’Esercito Italiano.
Si distingue in varie operazioni belliche che
gli valgono numerosi riconoscimenti come
Medaglie e Croci di Guerra.
Ritornato in Italia, il 21 Marzo 1944 viene
preso prigioniero dai Tedeschi e portato
nel campo di concentramento di
Bukenwald, dove il 30 Aprile 1945 viene
liberato dagli Inglesi e dagli Americani.
Rientrato in Italia, a Viterbo, nel 1945
vince il Concorso Magistrale e viene nominato Maestro nella sede di Canepina, dove
rimane fino al 1949, quando viene trasferito presso la Scuola Elementare di Civita
Castellana in via Gramsci.
Nel 1948, si sposa con la sua collega
Vinciguerra Novella, da cui ha tre figli.
Gli anni trascorsi presso la Scuola
Elementare di Civita Castellana, sono anni
intensi e proficui: in una
Civita devastata dalle tragedie della Guerra, la
scuola è un indiscutibile
punto
di
riferimento
materiale e culturale e le
nuove generazioni il “futuro” stesso del nostro centro.
Le varie testimonianze
degli alunni che lo ebbero
come maestro, lo ricordano come un innovatore,
attento sì alla formazione
di base, ma anche aperto
a nuovi stimoli e esperienze formative, come l’organizzazione di spettacoli e
recite scolastiche.
Durante gli anni di scuola
organizza e cura l’organizzazione di numerose
opere musicali come
“Cenerentola”, “La piccola
Olandese” e “il Sabato del
Villaggio”.
Nell’anno
scolastico
1961/’62 realizza il film
“Ali nel Cielo”, di cui è
stata ritrovata recentemente una vecchia copia,
attualmente in fase di studio e analisi.
Organizza colonie estive
per i bambini Civitonici,
prima a Canepina poi a
Tagliacozzo.
Realizza con i suoi alunni Presepi monumentali nella Sala Cicuti dell’edificio scolastico, tanto da richiedere una notevole e
intensa preparazione specie nei lunghi
pomeriggi invernali.
Organizza il coro della scuola, che riscuote
il consenso unanime delle famiglie.
Nel 1964, viene distaccato presso il
Patronato scolastico.
Nel 1965 costituisce a Civita Castellana la
locale sezione dei Bersaglieri intitolata al
concittadino ALDO COSTANTINI, Ufficiale
dei Bersaglieri, morto nel 1943 sul Fronte
Russo.
Dal 1965 al 1974 è Presidente provinciale
del Circolo dei Bersaglieri.
Nel Settembre 2000, è l’indiscusso promotore della realizzazione del Monumento al
Bersagliere in località San Giovanni, in una
zona di Civita Castellana oggetto di una
densa urbanizzazione: nasce il “Largo dei
Bersaglieri”, con la creazione di una Stele
Celebrativa, opera dello scultore civitonico
Franco Gradassai, dall’intenso modellato,
che ricorda le sofferenze e i sacrifici dei
Bersaglieri nei vari teatri di Guerra.
Negli ultimi anni di vita professionale,
viene distaccato presso la Regione Lazio in
servizio presso il Comune di Civita
Castellana.
Muore il 7 Maggio 2003.
Campo de’ fiori
42
TORNEO INTERNAZIONALE DI
SIVIGLIA
Il 30 Marzo si è svolto nella città di Siviglia,
in Spagna, un importante torneo internazionale di Karate a cui hanno partecipato le rappresentative
nazionali
del
Marocco,
Portogallo, Italia e le squadre regionali spagnole.
Tra i convocati per l’Italia, un atleta della
palestra Okinawa Sporting Club: l’istruttore
Fabio Mercuri, che insieme ad altri atleti italiani ha gareggiato nella specialità del Kumite
sportivo (combattimento). La squadra italiana ha disputato un’ottima gara, infatti gli
atleti hanno dominato una serie d’incontri e
hanno ceduto il passo, in semifinale, solamente alla forte nazionale, già titolata a livello mondiale WKF, del Portogallo, conquistando un importante terzo posto. Da sottolineare l’ottima prestazione dell’atleta civitonico
che domina tutti gli incontri e perde di misura contro il forte atleta portoghese (con delle
decisioni arbitrali molto discutibili). Dopo la
bella figura dei Campionati Italiani, si affaccia nuovamente sul panorama internazionale
con un’ottima prestazione.
CONVOCAZIONE AZZURRE
L’impegnativo lavoro del Maestro Carlo
Mercuri e dello staff tecnico continua a dare
grandi soddisfazioni al club civitonico, infatti
dopo gli importanti risultati riportati in campo
nazionale, sono arrivate le prime convocazioni azzurre ai due atleti dell’ Okinawa Sportin
Club: Fabio Mercuri e Gianluca Bernardi.
I due atleti sono stati convocati al raduno
della nazionale italiana FIAM che si è svolto
ad Ariccia (RM) il 22 Aprile in previsione dei
prossimi Campionati Italiani WKC che si terranno a Giugno. Ma gli impegni internazionali non finiscono qui, infatti Gianluca Bernardi,
a Maggio, sarà impegnato a rappresentare
l’Italia in una gara internazionale di Kumite
tradizionale (combattimento) che si terrà in
Croazia. Il Maestro Mercuri e tutti gli atleti
fanno una grande in bocca al lupo ai due
compagni!!!!
Stiamo cercando collaboratori ed istruttori per discipline di
fitness, arti marziali, ballo etc...
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Campo de’ fiori
L’angolo ... cin cin
43
di Letizia Chilelli
L’equilibrio gustativo
Occupiamoci ora dell’Equilibrio gustativo,
che è il risultato dell’interazione tra le varie
sostanze che formano la struttura del
nostro vino.
Il vino, in base all’equilibrio, viene definito:
- Poco equilibrato
-Abbastanza equilibrato
-Equilibrato
POCO EQUILIBRATO
In questo vino abbiamo la predominanza
delle sensazioni morbide (ricordiamo date
dagli zuccheri, alcooli e polialcooli), su
quelle dure (acidi, tannini e Sali minerali).
ABBASTANZA EQUILIBRATO
In questo caso si riscontra la prevalenza di
sensazioni morbide su quelle dure o viceversa.
EQUILIBRATO
Qui, vi è una giusta proporzione tra le sensazioni dure e quelle morbide compatibilmente con la tipologia del vino preso in
esame.
Arriviamo cosi, ad analizzare l’Intensità
gustativa, che è data da una stratificazione di sensazioni soporifere, tattili e retronasali olfattive.
Il vino verrà definito:
-Carente
-Poco intenso
-Abbastanza intenso
-Intenso
-Molto intenso
CARENTE
Vino con scarsissime sensazioni gustative
e gusto-olfattive.
POCO INTENSO
Qui vi sono sensazioni gustative e gustoolfattive ridotte.
Non è da riferirsi una nota negativa se parliamo di vini che debbono avere caratteristiche di particolare leggerezza gustativa.
ABBASTANZA INTENSO
Il vino ha caratteristiche gustative e gustoolfattive discrete e equilibrate.
INTENSO
Le sensazioni sono buone e ben caratterizzate.
MOLTO INTENSO
In questo caso il nostro vino ha profonde
e intense sensazioni date dai componenti
odorosi e dall’elevato contenuto di sostanze estrattive.
La persistenza gustativa invece, si “occupa” delle sensazioni retronasali olfattive
dovute alle componenti odorose. In poche
parole ci fornisce la “lunghezza del gusto”.
Il nostro vino verrà definito:
-Corto
-Poco persistente
-Persistente
-Molto persistente
CORTO
In questo vino la persistenza gusto-olfattiva si avverte per meno di due secondi.
POCO PERSISTENTE
La persistenza è misurabile tra i due e i
quattro secondi.
ABBASTANZA PERSISTENTE
Qui il tempo di persistenza va dai due ai
sei secondi.
PERSISTENTE
Qui i secondi sono sei-otto.
MOLTO PERSISTENTE
Il nostro vino ha una persistenza gustoolfattiva superiore agli otto secondi.
Nel prossimo numero ci occuperemo di
Qualità gustativa e di Armonia complessiva del nostro vino, ponendo così fine alla
descrizione degli aggettivi che si usano per
“spiegare”le nostre tanto amate bottiglie
di vino. (Bibliografia “Tecnica della degustazione”A.I.S edizione 2001)
Campo de’ fiori
44
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Foto da leggere
45
CIVITA CASTELLANA. La foto che
mostriamo assume una importanza storica, almeno sotto l’ aspetto dei ricordi, in
quanto è l’ ultima che ritrae il grosso pino
che si trovava all’ incrocio di Via Roma
con la Circonvallazione Falerii Veteres.
Infatti si vedono degli operai di una ditta
specializzata che hanno iniziato la pietosa
opera di abbattimento dell’albero il quale
era prossimo al raggiungimento dei 100
anni di vita. Un albero, che insieme al suo
gemello, abbattuto un paio di anni orsono, era diventato un simbolo di quella
zona ed era finito su migliaia di fotografie
scattate dai turisti che hanno ripreso da
quel lato il maestoso Forte Sangallo. L’
intervento si è reso necessario in quanto
da qualche tempo l’ albero si era inclinato pericolosamente da un lato e rischiava
di cadere da un momento all’ altro. A noi
non rimane che archiviare questa foto
per lasciarla in ricordo alle generazioni
future.
Mario Sardi
Soprannomi fabrichesi
Galotta - Fafì - Petatella - Tic Toc - Boccaletto Cannavota - Palummella - Melloroso Megajò - Nanà - Paccaciccia
Proverbio Corchianese
Quanno canta merlo
su a na cerqua nera
forza pastore che ecco primavera.
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Campo de’ fiori
Album dei
Se vi riconoscete in queste foto, venite in redazione e riceverete un simpatico omaggio. Se desiderate vedere
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47
i ricordi
Civita Castellana 1977, sono stati riconosciuti: Enza Luce, Stefano Censi, Mauro Compagni, Stefano Proietti, Danilo Cingolani, Luigina, Roberta,
Roberta Midossi, Marina Antonelli, Roberta Peruzzi, Maria Pia Prato, Fusaro, Rosalba Prezzavento, Maurizio Catalani, Dimitri Vitali,
Angelo Angelelli, Francesco Urbanetti, Maurizio Ceccani, Maestra Daniela Cimarra.
e pubblicate le vostre foto, portatele presso la redazione di Campo de’ fiori, esse vi verranno subito restituite.
Campo de’ fiori
49
Poesie e Preghiere di
Alberto Carluccio
Ai lettori più affezionati e più attenti di
Campo de’ fiori, non
dovrebbe
essere
nuovo il nome di
Alberto Carluccio,
dato che le pagine
di questa rivista
hanno già, precedentemente, ospitato alcune sue poesie. Abbiamo pensato bene, dunque, di
Alberto Carluccio
dargli il giusto spazio nella rubrica
relativa ai poeti di questo numero.
Invito il signor Carluccio in redazione per
conoscerlo di persona e poter, poi, scrivere questo breve articolo. Inizia a raccontarmi, in modo piuttosto dettagliato, la sua
vita, soffermandosi, prima di tutto, su
come ha conosciuto il paese di Civita
Castellana, essendo lui di origine pugliese.
Alberto rimane orfano di padre all’età di
soli quattro anni e, terminato il primo anno
di scuola media, deve abbandonare, a
malincuore, gli studi, anche se nei
momenti di meno lavoro, soprattutto la
sera, aiutato da qualche maestro, che
aveva scoperto la sua sete di conoscere,
cerca di studiare. Non più bambino, quindi, ed essendo l’unico maschio rimasto in
casa, deve fare le veci del capofamiglia.
Così, nel 1943 decide di ospitare un piccolo gruppo di soldati italiani, di ritorno
dall’Albania. Tra di loro vi è anche il
Sergente Maggiore Arcangelo Santini di
Civita Castellana. Il giovane si innamora di
una delle sue due sorelle e, per acconsentire al fidanzamento ufficiale, Alberto si
reca nel paese di origine del futuro cognato, per conoscere la sua famiglia. L’anno
successivo i due si sposano e si trasferiscono a Civita Castellana. Nel frattempo
Alberto si arruola nei carabinieri e viene
mandato a Roma. Data la vicinanza con la
sorella, spesso capita a farle visita e stringe nuove amicizie, grazie alle quali conosce Milena Ciucani, la donna che diventerà
sua moglie per tutta la vita. Terminata la
rafferma, si congeda e aiuta la famiglia di
Milena nella gestione di uno dei migliori
ristoranti della zona in quel tempo, “Il bersagliere”, frequentato spesso da personaggi famosi.
Nasce il loro primo figlio, Antonio, ma nel
1959 lasciano il ristorante e Alberto intraprende il lavoro di rappresentate, che
svolge per quasi trenta anni. Nell’arco di
poco tempo, hanno la loro secondogenita,
Anna Rita e sembrano trascorrere una vita
tranquilla.
Una vicenda tremendamente luttuosa,
però, ha segnato la storia del signor
Carluccio e di tutta la sua famiglia: la
scomparsa del figlio, medico specializzato
in odontoiatria, amato e stimato da tutti,
tanto da essere ancor oggi, a dieci anni
dalla scomparsa, ricordato attraverso un
torneo organizzato dal circolo di tennis di
Civita Castellana.
Il signor Carluccio ha iniziato a scrivere
assiduamente, in particolar modo, dopo
essersi ritirato in pensione, come spesso
accade a chi non lo fa per professione.
È un autodidatta e, nonostante il lavoro,
non ha mai smesso di leggere e di studiare, dedicandosi soprattutto alla letteratura
e alla storia, materie dalle quali è stato
sempre affascinato. Proprio questo amore
per il sapere, per il conoscere, lo ha spinto a ricostruire tutta la storia di Civita
Castellana, suo paese adottivo, benché sia
rimasto molto attaccato alla sua terra d’origine, con documenti anche inediti o
comunque conosciuti da pochi, che ha
reperito in varie parti d’Italia.
È stato sempre grande appassionato di
poesia popolare, tanto da cimentarsi lui
stesso nello scrivere poesie.
Esse traggono spunto da diverse fonti di
ispirazioni, ma sono, per lo più, una sorta
di riflessioni personali, se così si possono
definire, quasi filosofiche, con un pizzico di
saggezza e verità acquisite negli anni,
messe in versi, basate su ciò che vede,
prendendo spesso di mira i comportamenti degli uomini o esperienze vissute in
prima persona.
Del tutto singolari sono le preghiere rivolte a Dio, che considererei più suppliche
gridate dalla sua stessa anima, essendo lui
un fervido credente, come si dichiara.
Usa un linguaggio molto forbito, che rende
i suoi componimenti ancor più altisonanti,
quasi imponenti, maestosi.
E proprio per questo, date le sue umili origini, afferma lui stesso: “Non so neanche
io come mi vengano. Nascono in modo
spontaneo nella mia mente, soprattutto
durante il sonno o, per meglio dire, durante la veglia notturna, dato che non dormo
molto”.
Non riesce a trattenere la commozione
mentre mi recita alcuni suoi versi, che oserei definire una commistione di dolce e
amaro, di tenero e grintoso, quasi rabbioso, non solo per i contenuti ma soprattutto per il lessico, che conferisce loro un particolare risalto.
Ermelinda Benedetti
E’ primavera
Ecco la rondine che nello spazio svetta:
col cinguettio ci annuncia molto fiera
col cuore in gola, con l’anima diletta
l’arrivo della dolce primavera.
Si nota la campagna d’amor feconda,
con l’uccellin che sopra il prato canta,
di grano il campo ondeggia come l’onda
dal consumato amor ognun si vanta.
E’ primavera… primavera d’amor
Chi amor non ebbe a dar… provi domani
ad amar.
In ogni parto: si notano colori
Con la foresta di apparenza doma,
ma ricolma di virtù, non senza odori
pien d’ardore… rimette la sua chioma.
Ogni fiore sente odor di sposi
Dal sol dator di vita essi sbocciati
A rallegrar l’altar con i festosi
Con l’adorato mostrasi devoti.
E’ primavera… primavera d’amor
Chi amor non ebbe a dar…provi domani
ad amar.
E ancora Lei: dall’alto del suo regno
Boccioli nascenti e poi rigonfi
Sbocciare fa: prendendo serio impegno
Ad affidarli al ciglio senza inganno.
A primavera… tutto si risveglia
Sul monte la ginestra, a valle il giglio,
con densità si sentono le voglie
e tutto un ammirar color vermiglio.
E tu fanciulla…che ancor l’amor proteggi
Vagando intorno cerchi di sfuggire
Alle sue norme, all’impietose leggi
Che ella dall’alto…è pronta a stabilire.
E’ primavera…primavera d’amor
Chi amor non ebbe a dar…provi domani
ad amar.
Preghiera
Signore mio Dio: fa ch’io capisca ed
intenda,
fa ch’io sempre conservi la forza da te
assegnatami.
Quel coraggio indiscusso
che mi spinge a perdonare e chiedere
perdono,
fai che in me, mai sparisca la tua impronta,
custodia e guida della mia esistenza.
Non abbandonarmi
e sostienimi sempre con la tua grazia,
e fa al momento ch’io stia per
lasciare questa vita per l’eterna,
con serenità e meriti,
abbracci la sorte.
Amen
Campo de’ fiori
50
Lourdes, si parte!
Anche quest’anno ripartire per Lourdes?
Questa è la domanda che ci è posta da
tanta gente, come se non avessero capito
il significato della partecipazione dei
volontari al Pellegrinaggio del Treno
Bianco.
Quante storie, tanto diverse le une dalle
altre, tante persone incontrate durante i
pellegrinaggi, vivono, infatti, ai margini
della società e chiedono quotidianamente
risposte concrete ai loro bisogni.
Noi UNITALSIANI ci siamo fatti compagni
di strada dei più deboli “malati, bambini e
poveri”. Lourdes è la città dove parlano il
dolore e la speranza, dove ognuno si sente
piccolo ed impotente di fronte alla malattia; e sono loro i cosiddetti “diversamente
abili” che danno a noi “normali” un esempio di vita. Mai nessuno potrà restare indifferente al messaggio fortemente religioso
dopo essersi inginocchiato di fronte alla
Grotta di Massabielle. Allora possiamo dire
che i sentimenti che ci conducono a
Lourdes sono diversi per ognuno di noi;
ma al momento del ritorno tutti sentono
un’amarezza nel cuore nel dover lasciare
quel posto pieno di tranquillità e amore.
Allora andiamo e diamo testimonianza di
tutto ciò che abbiamo visto.
I nostri prossimi Pellegrinaggi: LOURDES,
LORETO, FATIMA, TERRA SANTA, SAN
GIOVANNI ROTONDO, POMPEI, BANNEUX
(Belgio).
U.N.I.T.A.L.S.I. gruppo di Corchiano
www.playfair.it
BACINO DEL TREJA
Programma per il recupero, lo sviluppo e la valorizzazione
del territorio del Bacino del Treja
Playfair 2007
Giornate Ecologiche sul Fiume Treja
Località Campo Travagliano - Via Flaminia Km 54,630 - Civita Castellana (VT)
presso l’ Azienda Agricola Biologica Cattani Gino
La manifestazione “Playfair 2007 Giornate Ecologiche sul Fiume
Treja”, che si terrà a Civita Castellana dal 1° al 3 Giugno, in un’area di 15
ettari di grande pregio naturistico-ambientale, è organizzata dai comuni di
Calcata, Castel Sant’Elia, Civita Castellana, Faleria, Magliano Romano,
Mazzano Romano, Monterosi, Nepi, insieme al Parco Regionale Valle del
Treja; l’evento è inserito fra le attività del programma per il recupero e la
valorizzazione del territorio del Bacino del Treja. Tale programma nasce
nel Dicembre 2006 con la firma da parte di tutti i Sindaci dei comuni, di
una convenzione che sancisce un’unità d’intenti quali il recupero, la valorizzazione, lo sviluppo e la tutela del territorio comprendente le forre del
Fiume Treja. I comuni facenti parte del Bacino del Treja hanno avviato nel
2002 un processo di Agenda 21 locale ed il progetto è stato cofinanziato
dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio. L’obbiettivo principale delle Amministrazioni è quello di raggiungere lo sviluppo sostenibile
attraverso la più ampia partecipazione della popolazione nei processi decisionali, e quindi sensibilizzare, informare e formare i cittadini alle tematiche del rispetto ambientale. Il grande successo dello scorso anno della
domenica ecologica sul fiume Treja, ci ha fatto conoscere le grandi potenzialità e bellezze del nostro territorio. Gli amministratori dei comuni del
Bacino hanno voluto organizzare l’evento denominato “Playfair 2007”.
Immersi nel verde paesaggio delle forre sulle sponde del fiume Treja, si
svolgeranno manifestazioni ed iniziative totalmente gratuite, rivolte soprattutto ai bambini, ma piacevoli anche per i grandi, finalizzate a far conoscere divertendosi, la forra sul fiume. Uno spettacolo naturalistico unico,
accompagnato da piacevoli degustazioni di prodotti alimentari tipici e dall’esposizione di manufatti artigianali locali.
Domenica ecologica sul Fiume Treja
di Giugno 2006
da sx Sen.Giulio Marini, Prefetto Alessandro
Giacchetti, Sindaco Massimo Giampieri,
Vicesindaco Francesco rbanetti
Vicesindaco
di Civita
Castellana
Francesco
Urbanetti
PROGRAMMA
Venerdì 1 Giugno - giorno dedicato alle scuole
Ore 9:00 gli alunni partecipanti delle scuole primarie dei comuni del bacino (oltre 2500) consegneranno agli organizzatori il fumetto precedentemente distribuito in classe “Luigino e le giornate ecologiche sul fiume
Treja”. I 12 disegni più rappresentativi saranno poi inseriti nel calendario
Bacino del Treja 2008. Inoltre sarà poi indetto un concorso di pittura denominato “EkoMurales”, dove ai bambini, divisi per classi, sarà dato un foglio
a sx Angelo Di Livio giocatore della Nazionale Calcio,
di cartone per dare libero sfogo alla loro creatività ambientalista. Visite
testimonial della manifestazione
didattiche alle aziende agricole biologiche della zona.
Sabato 2 Giugno - festa della Repubblica
Ore 10:00 alla presenza di tutti i sindaci e degli ospiti, si aprirà la fiera agroalimentare e artigianale, a seguire la conferenza
“Cause delle mutazioni climatiche”, con relatori d’eccezione coordinati dal Colonnello Mario Giuliacci metereologo del TG5.
Nel pomeriggio dalle ore 13.00 alle ore 16:00 la manifestazione sarà ripresa in diretta radio televisiva su SKY 915, con la trasmissione “Radio Radio lo Sport”, condotta da Ilario Di Giovanbattista e con la partecipazione di Franco Melli, dove si parlerà
in particolare del Fair Play nello sport. In serata lo spettacolo di musica e danza classica e contemporanea “EUTERPE & TERSICORE” con la partecipazione della banda musicale della città di Civita Castellana.
Domenica 3 Giugno - mostra canina
Ore 9:00 esibizione canina amatoriale con iscrizione gratuita.
Ore 11:00 Mostra di foto storiche locali organizzata da Campo de’ fiori.
Esposizione di una fattoria didattica, dimostrazione di volo di aquiloni, manifestazioni ricreative e di svago con giocolieri ed artisti di strada. Sarà inoltre presentato il motorino ecologico alimentato con pannelli solari. In serata premiazioni e concerto di
chiusura.
Domenica 1 Luglio - Treja Cup
Ore 14:00 partenza - decennale della corsa con imbarcazioni di fortuna lungo il fiume Treja
SPAZIO GRATUITO FINO AD ESAURIMENTO STAND, PER ESPOSITORI DI PRODOTTI ALIMENTARI E
ARTIGIANALI TIPICI LOCALI
Per informazioni www.playfair.it - INGRESSO GRATUITO
Campo de’ fiori
52
Album d
Civita Castellana. Prima elementare 13.02.1976, nati nel 1969 - Maestra Maria Laura Moscatelli
1- Guido Palomba, 2- Marco, 3- Daniela Cisbani, 4- Massimo Donno, 5- Massimiliano Cerri, 6- Domenico,
7- Peppe Marchetti, 8- Paola Talia, 9- Sabrina Lanzi, 10- Tamara Armini, 11- Franco Matori, 12- Iammella,
13- Monia Rossi, 14- Bianca Maria Leopardi, 15- Fabrizio, 16- Marco Nizzoli, 17- Roberta Fasoli, 18- Leda Peruzzi.
INDOVINELLO
Ha tanti denti e
non mangia mai.
Chi è?
Avete risolto l’indovinello ??
Il primo che indovinerà e ne darà comunicazione in redazione, riceverà un simpatico
omaggio offerto dalla
GIOIELLERIA SPERANDIO
Campo de’ fiori
dei ricordi
Fabrica di Roma 11 Giugno 1946 classe V elementare, insegnante Anna Camurri - foto della Signora Verena Baldassi
Se vi riconoscete in queste foto, venite in redazione e
riceverete un simpatico omaggio.
Se desiderate vedere pubblicate le vostre foto, portatele presso la
redazione di Campo de’ fiori,
esse vi verranno immediatamente restituite.
53
Campo de’ fiori
54
il diario dei
Giras
li
questa pagina è dei ragazzi speciali
DANIELE VESSELLA:
sceneggiatore di fumetti
Ho rotto gli argini il 27 aprile 1982, a
Magliano Sabina. Pochi anni dopo il mio
guscio diventa diverso, facendomi divenire
un ragazzo diversamente abile, per ragioni ancora ignote. All’età di 14 anni la mia
vita incrocia il mondo Disney ed è amore a
prima vista, tanto che inizia a nascere in
me il desiderio di diventare un disegnatore disneyano. Negli anni successivi, frequento ragioneria, ma i conti non
fanno decisamente per me: mi
sentivo ingabbiato in una scuola
che non coglieva il mio spirito artistico, le mie ali erano incollate al
corpo e non riuscivo a volare.
Appena terminati i cinque anni di
superiori, la colla si scioglie e volo
alla Scuola Romana dei Fumetti in
un mondo dettato dalla fantasia…
un mondo che mi appartiene e mi
rappresenta. Lì, spero di concretizzare la mia passione sul disegno. Ma Massimo Vincenti, sceneggiatore e direttore della SRF,
mi sconsiglia quella strada perché
chi legge un fumetto pretende un
disegno perfetto e i miei non possono esserlo, a causa delle difficoltà motorie alle mani. Però,
valutando qualche mio scritto, mi
suggerisce di puntare sulla sceneggiatura: lì la mia disabilità non
si vede e posso combattere ad
armi pari con le persone cosiddette normali. Accetto il consiglio di
Massimo storcendo un po’ il naso:
io volevo diventare un disegnatore
e non sapevo neanche cosa fosse
una sceneggiatura, ma mi bastava
entrare nel mondo dei fumetti e in quello
Disney… in un modo o nell’altro. Durante i
corsi di sceneggiatura, mi appassiono
subito nell’essere il direttore d‘orchestra di
una storia, appendo la matita al chiodo, e
il 22 agosto 2003 raggiungo il mio obbiettivo: la Disney mi approva un soggetto e
inizio a collaborare con loro come sceneggiatore. Con la scrittura ho un rapporto
quasi fisico, perché non parlando, è l’unico
modo per farmi conoscere come sono realmente. Io mi sono “sposato” con le idee
scritte e, per questo, mi vorrei divertire il
più possibile con loro svestendole lentamente e, sotto ogni lembo che scopro per
trovare nuove idee, deve esserci una sorpresa che mi spinga a proseguire la ricer-
ca. È una specie di gioco, se arrivassi alla
fine, il gioco terminerebbe e io non vorrei
mai smettere di “giocare” con le idee. Se
non si è più curiosi di scoprire, cosa rimane dopo? Null’altro che un appagamento
che, col tempo, porta alla noia e se c’è
noia si abbandona quella caccia al tesoro
per cercare altre necessità. Questo, è un
lusso che non posso concedermi perché
creando storie plasmo mondi nei quali
posso immergermi e isolarmi dalla realtà…
Chi mi vede dall’esterno, vede solo un
ragazzo che non cammina e non parla… un
ragazzo diverso dagli altri, ma dietro quella facciata c’è un mondo formato da sogni
che riflettono le mie innumerevoli sfaccettature composte da infinite sfumature. Il
mio mondo non può passare attraverso le
parole. Io non sono più abituato a
parlare… a dire delle cose, me la
cavo meglio a scrivere dove ho trovato la mia dimensione per raccontare e raccontarmi. In questo, i
fumetti sono un veicolo straordinario perché, abbinando immagini e
parole, è un mezzo completo. Ma
nel mio arco non ci sono solo i personaggi Disney. Infatti, nella mia
faretra ci sono due fumetti storici
per Le Nuvole, sotto l’etichetta della
Blacksmoking e per espandere la
mia scrittura a 360 gradi, sto preparando, insieme a delle disegnatrici,
tre progetti con personaggi miei da
proporre in Francia. Uno di questi,
mi rappresenta più degli altri. Dopo
tutto quello che ho scritto finora,
sarebbe strano il contrario! Dunque,
la storia (attualmente, è sulle mani
della bravissima Ketty Formaggio
per i disegni) racconta buona parte
del mio essere. Praticamente,
Arlena, la protagonista che diventata disabile, vorrebbe fuggire dalla
sua triste quotidianità e ci riesce
finendo tra le pagine di un libro
“magico” che ha scelto nella libreria
SOGNA TRA LE PAROLE. E’ un po’
come una fuga da una vita che fa schifo
per cercare la felicità in una realtà alternativa... e la libreria ha proprio questo compito: donare la felicità a chi l’ha perduta,
attraverso i suoi libri. In sostanza, è un
luogo magico che solo i più puri di cuore
possono vedere e rappresenta l’ultima
spiaggia per chi non riesce ad essere felice... Chissà…
Campo de’ fiori
55
La Madonna di Lourdes
in Pellegrinaggio
In occasione della Peregrinatio
Mariae che coinvolge tutte le diocesi d’Italia, la Statua della
Madonna di Lourdes, benedetta
da Papa Benedetto XVI l’11
Febbraio 2007 nella Basilica di
San Pietro, sarà ospitata anche
dalla Diocesi di Civita Castellana,
in
collaborazione
con
l’
U.N.I.T.A.L.S.I. Diocesana, nei
giorni 4 – 5 – 6 Giugno presso la
Cattedrale.
Questo evento sarà un importante momento di preghiera ed
un’occasione in cui tutti coloro
che, avversati dal male, confidano nell’infinita bontà della
Madonna di tutti.
Portare una preghiera, una supplica, anche per coloro che non
possono, è un dovere cristiano di
ciascuno di noi.
Alla fine della Peregrinatio
Mariae, la Statua verrà collocata
nella struttura Salus Infirmorum
dell’ U.N.I.T.A.L.S.I. a Loudes.
Sandro Anselmi
Il Presidente U.N.I.T.A.L.S.I., Diella,
consegna al Papa la corona della
Madonna di Lourdes
Campo de’ fiori
56
Monumento
Ronciglionese
Al di sotto del braccio di tufo che sorregge
il borgo medievale di Ronciglione, si trovano strade oramai abbandonate. In esse,
fino al Cinquecento, transitavano i pellegrini che dal nord scendevano verso Roma
per il giubileo.
Oggi la polvere e le sterpaglie si sono
impadronite di questi luoghi.
Quando il traffico abbandona le sovrastanti vie cittadine, si ode un leggero scroscio
di acque: è il Rio Vicano che, scendendo
dal lago, sembra guidarci verso strutture
urbanistiche oramai trasformate in monumenti dimenticati.
Questo emissario del Lago di Vico è sorvegliato dall’alto da un maestoso ponte in
NATI
Civita Castellana
29.03.2007 Zouyen Zakaria
01.04.2007 Flaminia Mecarelli
02.04.2007 Alessandro Ceccangeli
07.04.2007 Leonardo Pellegrino
08.04.2007 Alessandro Lagrimanti
10.04.2007 Maria Viola Del Priore
11.04.2007 Mirko Brugnoni
14.04.2007 Tommaso Antonini
23.04.2007 Gabriele Sorignani
25.04.2007 Sara Peruzzi
ferro, costruito nel 1929 ad opera
di abilissimi maestri “ferrazzoli”
viterbesi, coordinati dall’esperto
costruttore Francesco Perugini, che
finì i suoi giorni tragicamente
durante la costruzione della struttura.
Su due spalle in muratura, distanti
un centinaio di metri, poggiano elaborati piloni in ferro imbullonati con
maestria.
Da questi sostegni prendono vita
due arcate collegate a cerniera che, ad
un’altezza di circa 50 metri dal fosso, si
incurvavano emettendo suoni metallici al
passaggio del treno.
Tuttora spicca un cavo di acciaio tra le due
incurvature: era stato utilizzato per trasportare il ferro sagomato da fissare ad
altri pezzi in modo da creare quello che
all’epoca era il fiore all’occhiello dell’ingegneria ferroviaria.
MATRIMONI
Civita Castellana
31.03.2007
Fabio Smargiassi
Georgeta Haidin
Questa imponente struttura, che dal 1994
non è più utilizzata, da rumorosa innovazione tecnologica si sta pian piano trasformando in un muto cumulo di ferraglia e
ruggine. Ora il ponte non è altro che un
monumento alla memoria di chi, con tanto
sudore, lo costruì e morì con il sogno di
non vederlo mai abbandonato a se stesso.
DECEDUTI
Civita Castellana
25.03.2007 Francesco Sacchetti
28.03.2007 Ubaldo Petrelli
08.04.2007 Rodolfo Vitali
15.04.2007 Giovanna Smargiassi
22.04.2007 Antonino Aschi
22.04.2007 Francesco Ruberti
24.04.2007 Vincenza Mancini
Campo de’ fiori
Vita Cittadina
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Civita Castellana - processione del Venerdì Santo (foto Mauro Topini)
Farmacie Civita Castellana aperte nei giorni festivi di Maggio 2007
01 Maggio - Municipale Santa Felicissima - Tel. 0761.514680
06 Maggio - Municipale S.Felicissima - Tel. 0761.514680 - reperibile Farmacia Versace Sassacci al n. 339.5855187
13 Maggio - Farmacia Filizzola C.so Bruno Buozzi - Tel. 0761.513087
20 Maggio - Farmacia Municipale Via Ferretti - Tel. 0761.513002 - reperibile Farmacia Versace Sassacci al n. 339.5855187
27 Maggio - Municipale Santa Felicissima - Tel. 0761.514680
Farmacie Corchiano e Fabrica aperte nei giorni festivi di Maggio 2007
01 e 06 Maggio - Farmacia Minelli di Corchiano - Tel. 0761.572103
13 Maggio - Farmacia Liberati di Fabrica di Roma - Tel. 0761.569114
20 Maggio - Farmacia Minelli di Corchiano - Tel. 0761.572103
Benzinai Civita Castellana aperti nei giorni festivi di Maggio 2007
01 Maggio - Tamoil Via Flaminia, IP circonvallazione, AGIP Via Terni
06 Maggio - Tamoil Via Flaminia, IP circonvallazione, ERG Via Nepesina, Q8 Via Terni
13 Maggio - API Via Flaminia Borghetto, ENERPETROLI S.S. 311 Nepesina, TOTAL Via Terni
20 Maggio - SCHELL Via Flaminia, AGIP Via Belvedere Falerii Veteres
27 Maggio - ESSO Via Flaminia, API Via Corchiano
58
Campo de’ fiori
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inferiori e superiori, di italiano, storia,
geografia, storia dell’arte, francese e
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