586-590 Edit. Mezzetti - Recenti Progressi in Medicina

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586-590 Edit. Mezzetti - Recenti Progressi in Medicina
Editoriale
Vol. 95, N. 12, Dicembre 2004
Recenti vedute sul meccanismo molecolare d’azione
dei bloccanti recettoriali dell’angiotensina II di tipo 1
e sul loro contributo alla stabilizzazione della placca aterosclerotica
Andrea Mezzetti, Maria Fazia, Francesco Cipollone
Riassunto. Studi clinici hanno dimostrato che i farmaci che inibiscono la via metabolica dell’angiotensina II producono effetti benefici che vanno al di là della riduzione della
pressione arteriosa. Tuttavia, il meccanismo molecolare alla base di questo effetto non è
ancora chiaro. Recentemente abbiamo dimostrato che l’aumento dell’espressione delle isoforme inducibili della ciclossigenasi (COX) e della prostaglandina (PG) E2-sintasi (COX2/mPGES-1) nelle placche aterosclerotiche di soggetti sintomatici promuove la rottura
delle placche tramite l’induzione delle metalloproteinasi (MMP), enzimi litici dei componenti strutturali della matrice. In un recente studio, abbiamo ipotizzato che l’angiotensina II potesse promuovere l’instabilità di placca tramite l’induzione della via COX2/mPGES-1. Pertanto sono state analizzate le placche aterosclerotiche di pazienti sintomatici che, 4 mesi prima dell’intervento di endoarterectomia, erano stati randomizzati al
trattamento con irbesartan (300 mg/die) o clortalidone (50 mg/die). L’analisi delle placche ha dimostrato che il trattamento con irbesartan riduceva significativamente l’area
dell’infiltrato infiammatorio, l’immunoreattività per COX-2/mPGES-1, MMP-2, MMP-9,
l’attività gelatinolitica ed il quantitativo di collagene rispetto al trattamento con clortalidone. Inoltre, l’inibizione della COX-2/mPGES-1 è stata osservata in vitro dopo incubazione con irbesartan, ma non con il bloccante selettivo dei recettori AT2, PD 123319. I risultati di questo studio suggeriscono che i bloccanti dei recettori AT1 possono rappresentare una nuova opzione terapeutica per la stabilizzazione di placca in pazienti con
malattia aterosclerotica.
Parole chiave. Angiotensina II, antagonisti del recettore dell’angiotensina II, aterosclerosi, infiammazione, metalloproteinasi.
Summary. New insights on the molecular mechanisms of type-1 angiotensin II receptor
blockers and their contribution to atherosclerotic plaque stabilization.
Clinical trials have demonstrated that agents inhibiting the angiotensin II pathway
confer benefit beyond the reduction of blood pressure alone. However, the molecular
mechanism underlying this effect has yet to be investigated. Recently, we have demonstrated enhanced expression of inducible COX and PGE synthase (COX-2/mPGES-1) in
human symptomatic plaques, and provided evidence that it is associated with plaque rupture induced by metalloproteinases (MMPs), proteolytic enzymes of matrix structural
components. In a recent study, we hypothesized that angiotensin II could promote plaque
instability through induction of the COX-2/mPGES-1 pathway. We analyzed atherosclerotic plaques from symptomatic patients who were randomized to treatment with irbesartan (300 mg/die) or chlorthalidon (50 mg/die) for 4 months before endarterectomy. We
found that plaques from the irbesartan group had reduced inflammatory infiltration, less
immunoreactivity for COX-2/mPGES-1 and MMPs, reduced gelatinolytic activity and increased collagen content. It is worth noting that COX-2/mPGES-1 inhibition was observed after incubation in vitro with irbesartan but not with the selective AT2 blockade
PD123,319. These findings suggest that AT1 receptor blockers could represent a novel
form of therapy for plaque stabilization in patients with atherosclerotic disease.
Key words. Angiotensin II, angiotensin II receptor blockers, atherosclerosis, inflammation, metalloproteinases.
Centro di Ricerca Clinica (CeSI), Fondazione Università G. d’Annunzio, Chieti.
Pervenuto il 16 settembre 2004.
A. Mezzetti, et al.: Recenti vedute sul meccanismo molecolare d’azione dei bloccanti recettoriali dell’angiotensina II
È ormai ampiamente dimostrato che l’infiammazione contribuisce in modo significativo allo sviluppo ed alla progressione dell’aterosclerosi 1. In
tutto lo spettro delle lesioni ateromatose è possibile rilevare la presenza di citochine e di infiltrati
macrofagici e linfocitari che vengono considerati
elementi determinanti non solo nella crescita della placca ma anche nella sua evoluzione verso l’instabilità e la rottura 2. La placca instabile rappresenta la causa principale delle sindromi coronariche acute (angina instabile, infarto del miocardio e
morte improvvisa coronarica). Le lesioni instabili,
non necessariamente stenotiche, sono caratterizzate da un largo “core” lipidico, dalla presenza di
numerose cellule infiammatorie (macrofagi e linfociti) e da una capsula fibrosa sottile 1,3.
Recenti studi hanno dimostrato un importante
coinvolgimento del sistema renina-angiotensina
(RAS) ed in particolare della sua principale molecola effettrice angiotensina II (AII) nell’infiammazione vascolare di basso grado caratteristica del
processo aterosclerotico (figura 1) 4,5. Infatti, nei
macrofagi e nelle cellule muscolari lisce presenti
nella placca ateromatosa 6,7 e nei processi di riparazione successivi all’angioplastica 8 è stato documentato un significativo aumento dell’espressione
e del contenuto sia dell’enzima convertitore dell’angiotensina (ACE) che dell’angiotensina II. È
stato, inoltre, evidenziato come nel monocita che si
trasforma in macrofago si determini una aumentata espressione di recettori dell’angiotensina II di
tipo 1 (AT1) 9. Nei topi knockout per l’apolipoproteina E la somministrazione di AII favorisce lo sviluppo delle lesioni aterosclerotiche accelerandone
l’evoluzione 4. Infine, recenti studi clinici che hanno indagato gli effetti a lungo termine degli ACEinibitori 10 e degli antagonisti del recettore dell’angiotensina II (ARBs) 11 sulla mortalità e la morbi-
Angiotensina II
RECETTORE AT1
Vasocostrizione,
attivazione simpatica
Disfunzione
endoteliale
Crescita cellulare
Vasocostrizione
Infiammazione,
Citochine,
Superossido
Rimodellamento
vascolare cardiaco
IPERTENSIONE,
ATEROSCLEROSI
Figura 1. Effetti pleiotropici cardiovascolari dell’Angiotensina II.
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lità nell’uomo, hanno dimostrato una protezione
renale e cardiovascolare indipendente dall’effetto
antipertensivo. Altre ricerche condotte su pazienti
con RAS attivato o geneticamente alterato hanno
confermato la presenza in questi soggetti di un aumentato rischio di eventi coronarici acuti che può
essere significativamente ridotto dalla somministrazione di ACE-inibitori 12.
Le azioni pleiotropiche dell’angiotensina II che
possono contribuire alla genesi del processo aterosclerotico sono quasi tutte mediate dai recettori
AT1 ed includono la produzione di anione superossido via la NAD(P)H ossidasi, la formazione di
LDL ossidate, che a loro volta favoriscono la disfunzione endoteliale, stimolano la produzione di
molecole di adesione, di fattori chemiotattici, il rilascio di fattori di crescita e di citochine proinfiammatorie 13. L’angiotensina II prodotta localmente dai macrofagi attivati e dai fibroblasti è
inoltre responsabile della proliferazione e migrazione delle cellule muscolari lisce, così come della
produzione di metalloproteinasi che a loro volta
possono condizionare l’espansione e la degradazione della matrice extracellulare 14. Questi enzimi
proteolitici, se prodotti in eccesso dai macrofagi attivati, possono causare un progressivo assottigliamento della capsula fibrosa fino a determinarne la
rottura 15. La rottura della placca favorisce il contatto del materiale, altamente pro-trombotico, presente all’interno dell’ateroma, con il torrente circolatorio determinando l’insorgenza di trombosi
che può portare all’occlusione del vaso.
All’interno delle lesioni aterosclerotiche umane è
stata dimostrata l’espressione di due metalloproteinasi (MMP), la gelatinasi di 72-kDa (MMP-2) e di 92kDa (MMP-9) la cui biosintesi da parte dei macrofagi
avviene attraverso una via prostaglandina E 2
(PGE2)-dipendente 16,17. Tale via è modulata dalla
ciclossigenasi (COX) e dalla
PGE sintetasi (PGES). Sono
state identificate due isoforme di COX e tre di PGES, rispettivamente denominate
COX-1, COX-2, PGES citosolica (cPGES) e PGES microsomiale (mPGES) di tipo
1 e 2. Mentre la COX-1 e la
cPGES sono enzimi costitutivi, la COX-2 e la mPGES
sono indotti in risposta a stiRiassorbimento di Na
moli infiammatori, suggeAldosterone
rendo il loro coinvolgimento
nella sintesi di PG nelle malattie infiammatorie 18. In
un nostro recente studio abVolume
biamo dimostrato come la
contemporanea iper-espressione di COX-2/mPGES-1
nel macrofago rappresenti
un meccanismo fondamentale nell’indurre il fenomeno
dell’instabilità della placca
attraverso l’aumentata
espressione e rilascio di
MMP 16.
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Recenti Progressi in Medicina, 95, 12, 2004
A tale proposito è stato dimostrato 19 che, nelle cellule muscolari lisce vascolari, l’angiotensina
II può incrementare l’espressione della COX-2 e,
quindi, influenzare il turnover della matrice extracellulare attraverso l’espressione ed attivazione delle MMP PGE2-dipendente. Anche questo effetto sarebbe mediato dai recettori AT1 come confermato da studi in vitro che hanno impiegato
antagonisti recettoriali selettivi 19.
In un nostro recente studio 20 abbiamo verificato l’ipotesi che l’angiotensina II possa determinare l’instabilità della placca attraverso un
aumento dell’espressione di COX-2 nei macrofagi.
Tale studio è stato condotto analizzando le
placche carotidee provenienti da due gruppi di
pazienti ipertesi che avevano subito un intervento di endoarterectomia per stenosi di alto grado (> 70%) della carotide interna. Questi soggetti, 4 mesi prima dell’intervento di endoarterectomia, erano stati randomizzati al trattamento con
irbesartan 300 mg/die o con clortalidone (50
mg/die).
Lo studio ha dimostrato per la prima volta
che il pretrattamento con irbesartan può indur-
Figura 2. a): Inibizione AT1-dipendente degli enzimi COX2/mPGES-1 e MMP-9 da parte di irbesartan nei monociti. b):
Possibili meccanismi con cui l’angiotensina II ed irbesartan influenzano la stabilità della placca aterosclerotica.
re un effetto antinfiammatorio modulato attraverso una “down-regulation” della diade COX2/mPGES-1 (figura 2a). Questo effetto inibitorio
diretto di irbesartan sulla COX-2/mPGES-1 è indipendente dall’effetto antipertensivo del farmaco e si associa ad una riduzione dell’infiltrazione
macrofagico-linfocitaria delle placche (figura 3) e
ad un decremento significativo nell’espressione e
nell’attività delle metalloproteinasi (MMP-2 e
MMP-9).
Le placche dei soggetti trattati con irbesartan
mostravano anche un significativo aumento del
contenuto di collagene e di cellule muscolari lisce
confermando l’evoluzione verso la stabilità. Altro
dato interessante era la marcata espressione di
antigeni HLA-DR da parte delle cellule infiammatorie presenti nelle placche dei soggetti randomizzati a clortalidone rispetto a quelle dei soggetti in terapia con irbesartan (figura 3).
Pertanto si è identificato, per la prima volta,
uno dei meccanismi fondamentali attraverso cui
l’angiotensina II può favorire la destabilizzazione
della placca (figura 2b) e si è dimostrata l’efficacia
dell’irbesartan nel ridurre la componente infiammatoria presente nelle placche, favorendone l’evoluzione verso la stabilità.
Figura 3. Sezioni di tessuto aterosclerotico di pazienti in terapia con irbesartan o con clortalidone marcate con anticorpi per
il CD68 (macrofagi), CD3 (linfociti T), HLA-DR.
A. Mezzetti, et al.: Recenti vedute sul meccanismo molecolare d’azione dei bloccanti recettoriali dell’angiotensina II
I risultati del recente studio LIFE 11 che ha dimostrato, per la prima volta, la superiorità degli
antagonisti degli AT1 rispetto ai beta-bloccanti nel
ridurre gli eventi cardiovascolari con particolare
riferimento all’ictus fatale e non fatale, possono costituire una conferma clinica su “hard end-points”
di quanto da noi riscontrato sulla placca carotidea.
Tuttavia va segnalato che nel nostro studio è
stato impiegato come farmaco di confronto non un
beta-bloccante ma un diuretico tiazidico che, come
è noto, può indurre un’attivazione riflessa del
RAS.
Una delle ragioni che ci ha indotti all’impiego
di questo farmaco è la dimostrata efficacia clinica della molecola nel prevenire eventi cardiovascolari 21. Tuttavia, per escludere che una possibile attivazione riflessa del RAS possa avere influito sui nostri risultati, abbiamo misurato
l’espressione ed il contenuto di AII nelle placche
e l’attività reninica plasmatica. I dati ottenuti dimostrano con chiarezza che sia i livelli di AII sia
l’attività reninica plasmatica non differiscono nei
due gruppi di pazienti, escludendo perciò qualunque ipotesi di induzione farmacologica della
COX-2 a livello delle placche nei pazienti randomizzati a clortalidone
La COX-2 è un enzima intermedio nella via metabolica dell’acido arachidonico. Infatti, la PGH2
prodotta dalla COX è ulteriormente metabolizzata
da altre isomerasi a diversi prostanoidi. Pertanto,
perché vengano sintetizzate le MMP PGE2-dipendenti nelle placche aterosclerotiche, la COX-2 e la
mPGES-1 devono essere necessariamente coespresse. È interessante notare che proprio i macrofagi presenti nella “spalla” delle placche rappresentano il principale obiettivo cellulare dell’irbesartan, ovvero contengono la quota maggiore di
proteine COX-2/mPGES-1.
Questi dati potrebbero avere una rilevanza funzionale e contribuire a spiegare i risultati controversi associati all’inibizione selettiva della COX-2,
in quanto cellule differenti possono regolare la produzione di differenti eicosanoidi. Infatti, mentre
l’endotelio rilascerebbe prevalentemente PGI2, un
agente vasodilatatore e inibitore dell’aggregazione
piastrinica, i macrofagi, non presenti nella parete
di arterie normali, produrrebbero altri prostanoidi, tra cui, appunto, la PGE2, a potente azione proaterogena 18.
Studi in vitro condotti con la molecola PD
123319, un antagonista selettivo degli AT2, hanno
dimostrato che l’inibizione di COX-2/mPGES-1 a
livello della placca, ottenuta con irbesartan, dipende strettamente dal blocco selettivo del recettore AT1 (figura 2a).
In conclusione, il nostro studio dimostra che il
blocco dei recettori AT1 determina una profonda
modifica quali-quantitativa della placca, favorendone l’evoluzione verso la stabilità. La “down
regulation” della COX-2/mPGES-1, a livello dei
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macrofagi, inibisce l’espressione e l’attivazione
delle MMP bloccando il processo di degradazione
della matrice che è causa principale della rottura di placca. Dal punto di vista pratico, questi risultati forniscono ulteriore sostegno all’ipotesi
che gli antagonisti degli AT1 possano costituire
una nuova opzione terapeutica per la stabilizzazione delle placche nei soggetti con malattia aterosclerotica.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Prof. Andrea Mezzetti
Università G. d’Annunzio
Dipartimento di Medicina e Geriatria
Centro di Ricerca Clinica
Via dei Vestini
66013 Chieti
E-mail: [email protected]
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