NewsLetter Anno 2. - Il Commerciale

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NewsLetter Anno 2. - Il Commerciale
LNNL LA NOSTRA NEWSLETTER
Febbraio 2013 n.4
©
HANNO CONTRIBUITO IN QUESTO NUMERO
NewsLetter Anno 2.
by Marco Rasi
Abbiamo chiuso il 2012 con un
riconoscimento....internazionale, la silver
medal al Top Sales Marketing Awards 2012
categoria Best Sales & Marketing Linkedin
Group.
Grazie a tutti coloro che ci hanno consentito
di raggiungere questo traguardo anche se ..,
il prossimo anno, se parteciperemo ancora, ci
ricorderemo del fuso orario e non lasceremo
agli americani, che hanno vinto le 6 ore di
vantaggio nelle votazioni.
Se parteciperemo…, non è una condizione
ma un vincolo.
Come alcuni di voi avranno visto ho iniziato a
chiedere supporto su Linkedin per poter
proseguire nello sviluppo delle attività della
SalesPersons Agency, così come per
l'evoluzione, struttura, contenuti, grafica,
etc...necessaria per attrarre interesse ed
attività nel sito web de Il Commerciale –
The Salesman . Ad oggi, nessun riscontro e
quindi, se non interverranno modifiche,
posso iniziare ad annunciare la chiusura della
SalesPersons Agency entro il mese di marzo,
la chiusura del sito web entro giugno.
Rimangono i social network , Linkedin,
Twitter, Facebook, Viadeo, su cui continua
ad esserci partecipazione e risposta, non
come quella per cui il gruppo era stato
ideato, non come avrei voluto realizzare ma
come detto ai pochi veri amici non sono in
grado di sostenere oltre il costo di tutta
questa operazione senza sponsors che
partecipino a supporto delle nostre iniziative.
Abbiamo raggiunto interessanti obiettivi,
anche in poco tempo, c'è ancora un po' di
tempo per poter acquisire il carburante
necessario a far correre la macchina ed
inventare nuovi percorsi.
Marco Rasi
Fabio Tognella
Marika Mannino
Oltre, ci si trova su Linkedin.
Marco Rasi
Ivano Concas
Seguiteci sui seguenti
social network
Daniele Catarozzi
LNNL LA NOSTRA NEWSLETTER | Febbraio 2013 N.4
Le 12 citazioni de "Il Padrino" utili alla vendita
by Ivano Concas
1) “Gli farò un'offerta che non potrà
rifiutare” (Vito Corleone)
“Il Padrino”, prima uscita nelle sale americane
nel 1972, è una delle opere più riuscite della
produzione cinematografica internazionale e
tra le poche a vantare contemporaneamente
successo di critica (diversi premi Oscar e decine
di altri riconoscimenti tra cui l'inserimento al
terzo posto nella classifica dei migliori film
dell'American Film Institute) e di pubblico
(oltre un miliardo di dollari di incasso).
La saga, in tre film, presenta pochi
riadattamenti rispetto l'opera originale, il
romanzo scritto da Mario Puzo. E tra le più
interessanti curiosità c'è proprio la totale
assenza di una parola che ci si aspetterebbe
di trovare: mafia (la leggenda dice che fu
proibita dalla mafia stessa, così come il
ritocco dei tratti fisici e caratteriali di alcuni
personaggi troppo somiglianti a persone
realmente esistenti o esistite...).
Il romanzo, e ancor più il film, sono stati
saccheggiati da decine di altre produzioni,
soprattutto nella proposta di facili caricature
del personaggio interpretato da Marlon
Brando, perché quindi non rendergli giustizia
riprendendo alcuni famosi brani per trarne
insegnamento utile alla nostra attività?
Visto che il film è ambientato in America, e lì
è particolarmente amato il numero 12 e i suoi
sottomultipli (forse perché ricorda le
confezioni da 12 dei panini per gli hot-dog e
quelle da 6 delle lattine di birra), ecco le
dodici più conosciute citazioni de “Il Padrino”
che sembrano scritte apposta per la vendita:
Probabilmente la più famosa delle citazioni
del Padrino. A seconda dell'umore la puoi
leggere come promessa o come minaccia.
Ma il problema, nella vendita, è proprio
questo: facciamo troppo spesso offerte che
non sono né promesse, né minacce, ma
illusioni. E l'illusione è tutta del venditore che
da bravo segretario mette nero su bianco la
sua irresistibile (per lui) proposta, sicuro che
andrà a segno. E otto volte su dieci, invece,
l'offerta finisce in quell'archivio a forma di
contenitore della carta straccia. La nona
volta, invece, sarà inoltrata al suo
concorrente, quello a cui sperava di soffiare il
business di cui era protagonista da anni.
Siamo nel 2013 e la comunicazione è
estremamente rapida. Pensi di poter
negoziare via posta, come si faceva ai tempi
delle carrozze trainate dai cavalli? L'offerta
non è negoziazione: l'offerta è la
formalizzazione del risultato della
negoziazione. Hai capito bene: una formalità.
Giusto perché la ISO-900.000.000 del cliente
ne prevede l'archiviazione cartacea. Non si
negozia con le offerte. L'offerta, così come la
maggioranza delle comunicazioni scritte, ha
l'antipatico effetto di sembrare l'ultima
parola.
La prossima volta che ti accingi a scrivere
un'offerta, fatti questa domanda: “E' una
formalità, cioè subito dopo arriverà l'ordine,
oppure è solo il riepilogo settimanale dello
stadio della vendita a cui sono giunto?”.
Se non sei ancora convinto conta tutte le
offerte che hai fatto negli ultimi 12 mesi e
verifica qual è la percentuale di quelle che
sono diventate un ordine.
Don Vito ti direbbe: “Lascia stare il mitra
delle offerte facili, prendi il fucile di
precisione delle offerte sicure. Fai solo quelle
che il cliente non potrà rifiutare” (ora puoi
raschiarti la voce e sputare quelle due
caramelle che ti fanno somigliare più a un
criceto che a Marlon Brando...).
2) “Brucerò all'inferno per proteggerti”
(Michael Corleone)
2
Ti piace dire al cliente “Noi qui”, “Noi lì”, “Noi
possiamo”, “Noi faremo”... Magari te lo
hanno insegnato o magari lo fai perché ti fa
sentire forte. Perché ti identifica come una
squadra: l'azienda che rappresenti. “Oh, non
sono io che faccio il venditore che la
racconta: questo è l'impegno della mia
azienda!”. Certo, perché sei sicuro che il
cliente riponga più fiducia personale nella
mega azienda che in uno dei suoi mille
singoli rappresentanti. La mega azienda che
non lo fa sentire assolutamente un piccolo
insignificante cliente. Quella che non lo
mette in attesa per ore al servizio assistenza.
Quella che “basta una telefonata e risolviamo
il problema”.
A meno che tu non sia il capo di quel “noi”, a
meno che tu non abbia il potere, la forza e
l'influenza di manovrare quel “noi”, parla
sempre in prima persona singolare: io, io, io.
“Io mi farò in quattro per risolvere qualunque
problema”. “Io mi sbatterò perché lei abbia
tutto ciò che le ho promesso”. “Io mi
impegnerò per lei”.
Lascia stare il “noi”, sei molto più credibile e
coinvolgente comunicando il tuo impegno
personale: l'impegno dell'uomo. Tu sei la
garanzia. Tu sei quello che va oltre le clausole
scritte in corpo 5. La relazione personale, per
definizione, è tra le persone: tu e il tuo
cliente.
3) “Sono affari non questioni personali”
(Tom Hagen)
Questa è la mia citazione preferita. E non
richiede alcun volo metaforico: ricorda di
distinguere ciò che è business da ciò che è
personale. E il peggior veleno del venditore è
il prendere i fallimenti professionali come
mazzate personali, atti vandalici alla propria
autostima, disgregazione della propria
sicurezza.
Non mi piace parlare di motivazione e
demotivazione, preferisco parlare di fiducia e
sfiducia in se stessi. Infatti, quello a cui non
ho mai creduto è che l'origine di motivazione
e demotivazione siano cause, fattori o
comunque avvenimenti esterni. Purtroppo è
il risultato di un processo interno, di una
elaborazione, o meglio di una errata
elaborazione, che nasce dall'equazione “ho
fallito, quindi sono incapace, quindi non sono
adatto a questo mestiere”. E le prime due
potrebbero anche starci, ma
opportunamente aggredite da un autoesame: “Perché ho fallito?” e “Dove non sono
stato capace?”. “Non sono adatto a questo
mestiere” la dobbiamo escludere proprio in
funzione della volontà a dare una risposta a
quelle prime due domande: risposte che
rappresentano la nostra capacità di analisi e il
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nostro impegno a colmare lacune e
debolezze. Con questo atteggiamento tutti i
fallimenti diventano costruttivi, si
trasformano in insegnamenti, ci orientano
verso il miglioramento e la crescita, quindi al
successo. Chiamalo trial-and-error, chiamalo
learn-by-doing, o se preferisci la versione
italiana chiamalo “sbagliando si impara”.
L'atteggiamento mentale del perdente è una
spirale che si autoalimenta, un prodotto della
mente che si impadronisce della volontà. Ed
è proprio sulla volontà che devi lavorare per
spezzare la catena dell'arrendevolezza e
rafforzare la tua resilienza.
4) “A me non me piace la violenza Tommy,
sono un uomo d'affari, e il sangue costa
troppo” (Virgil Sollozzo)
Ben due riflessioni su questa citazione: le
forzature e l'importanza di efficienza ed
efficacia nell'attività di vendita.
Sulle forzature ho poco da ricordarti: sai bene
che sono controproducenti perché ti tolgono
ogni nuova possibilità e minano la tua
reputazione (alla gente piace più criticare e
creare referenze negative che spargere
buone raccomandazioni).
Sull'efficacia, invece, ci sarebbe parecchio da
dire. Ogni azione, ogni risorsa spesa
(soprattutto il tempo), ogni investimento,
devono essere pianificati in funzione del
valore che sono potenzialmente in grado di
restituirci. E il valore non è l'ordinino
immediato, ma tutte le conquiste che ci
proiettano in un percorso a lungo termine.
Mai porsi come obiettivo un numero: è la
peggiore delle limitazioni. L'obiettivo deve
essere sempre un progetto, il salto al livello
successivo.
L'ottimizzazione delle risorse è una vera e
propria scienza, conosciuta da quasi un
secolo e continuamente aggiornata sino ad
oggi. Ne ho parlato in un lungo articolo
intitolato “Lean-selling, il lean-thinking
applicato alla vendita”. Ci ho provato a
condensarlo per darti alcune indicazioni
immediate, ma non gli rendeva giustizia.
Ecco perché ti consiglio di leggerlo tutto:
http://www.ilcommercialethesalesman.com/
community/news/2011/09/rivoluzione-omiglioramento-continuo-lean-selling-il-leanthinking-applicato-alla-vendita.html
5) “In vita mia non ho fatto che prevedere
ogni pericolo” (Vito Corleone)
Il principale pensiero di ogni cliente non è il
prezzo, non è l'ottimizzazione delle risorse,
non è la puntualità degli approvvigionamenti.
E non è neppure la crisi di mercato. Il primo
pensiero di ogni imprenditore è il timore che
qualcosa possa andare storto. La paura che
qualcosa possa smettere di funzionare. Il
rischio che l'equilibrio di quel poco che
procede in modo autonomo e silenzioso si
spezzi. Perché i problemi che ha già gli sono
noti e quindi mezzi risolti (spesso accettati
come sopportabili effetti collaterali di scelte
inevitabili). Un nuovo problema, invece, è
doloroso: genera ansia durante la fase di
analisi, stress durante la messa in opera della
soluzione e la perdita di risorse di tempo e
denaro importanti e, soprattutto,
impreviste.
Gli imprenditori odiano gli imprevisti e le
complicazioni, ecco perché cambierebbero il
meno possibile la loro organizzazione, le loro
scelte e le loro rassicuranti abitudini. Tieni
conto di questo aspetto qualunque sia il
prodotto/servizio che vendi e metti sempre
come primo beneficio della tua proposta il
basso impatto e il trascurabile rischio che
provoca rispetto al miglioramento che
apporterà.
6) “Solo i veri amici ti possono tradire” (Vito
Corleone)
Quella di sfottere l'idea dell'amico cliente mi
è costata la cancellazione dell'accordo per
un'intervista con un famoso guru americano
della vendita (che invece ne sosteneva
l'importanza). Imparo sempre dagli errori (te
l'ho pure consigliato qualche punto sopra),
ma se non riconosco l'errore devo
“diabolicamente perseverare” continuando a
pensare che l'unica relazione che mi convince
è quella professionale. Una distinzione che
concedo è che l'amico cliente è diverso dal
”cliente e amico”. Il secondo, infatti, è l'uomo
che nasce come cliente e poi diventa amico.
Ci può stare. Capita. Ma non riesco proprio a
credere nelle strategie che neppure il miglior
alchimista potrebbe sostenere, dove
attraverso una doppia reazione chimica si
trasforma il prospect in amico, quindi l'amico
in cliente. E mi interrogo, inoltre, sulla
bilateralità dell'amicizia, soprattutto negli
affari: siamo sicuri che sia sempre reciproca?
Sei un professionista e devi agire come tale.
Oppure hai scelto il tuo avvocato, il tuo
commercialista, il tuo medico, perché erano
amichevoli?
7) “Mai dire a una persona estranea alla
famiglia quello che c'hai nella testa” (Vito
Corleone)
E' uno dei peggiori vizi di parecchi venditori
che ho conosciuto. L'istinto di mitigazione
unito all'infantile bisogno di essere sempre
apprezzati. Oppure, spesso, è
semplicemente figlio dell'“io non c'entro” di
Bart Simpson. Gli affetti da questa sindrome,
3
dovendosi pulire la coscienza di fronte al
cliente in caso di problemi, addossano ogni
colpa sui loro colleghi e collaboratori di tutti i
reparti aziendali, nonché sul produttore di ciò
che vendono. Magari hai ragione, magari c'è
qualcosa che non funziona nella tua azienda.
Ma sono cose che devi, DEVI, assolutamente
fare presenti ESCLUSIVAMENTE nel luogo
dove puoi cambiarle: la tua azienda stessa.
Al cliente non interessano i tuoi problemi: ha
già i suoi. E non c'è nulla di più
controproducente di certe sterili difese: perdi
sia quando dimostri che non è colpa tua, sia
quando dimostri che è colpa di altri elementi
della tua azienda. Non trovare scuse, non
estraniarti mai dalle responsabilità che il tuo
ruolo di intermediario ti dà: è la tua unica via
per essere considerato sempre l'uomo di
riferimento di cui ho parlato al punto 2.
8) “I miei figli li ho viziati... Parlano invece
di ascoltare” (Vito Corleone)
Non è proprio un comportamento da viziati,
ma da idioti sì. Nel processo di vendita
esistono momenti in cui devi parlare (quando
fai domande, quando fai il riepilogo di una
situazione e quando presenti la tua proposta)
e momenti in cui devi ascoltare. Quella di
parlare troppo e ascoltare poco è una delle
pochissime verità sulla vendita (in quasi 20
anni di attività ne ho scovate solo 3 e le altre
due le sto per pubblicare su un libro). Parlare
è particolarmente stupido dopo aver fatto
una domanda (a meno che tu faccia
d'abitudine domande retoriche...): dopo una
domanda non devi parlare neppure se non
c'è nulla da ascoltare: il tuo silenzio è già
comunicazione.
Forse non c'è alcun bisogno di specificarlo,
ma ascoltare non è semplicemente stare
zitti: è la fase più attiva del processo di
vendita, perché dobbiamo
contemporaneamente capire cosa ci viene
detto e progettare la nostra reazione
(impara a prendere appunti annotando le
parole chiave pronunciate dal cliente) che
sarà una risposta, la correzione di un
concetto sbagliato espresso dal cliente,
l'acquisizione di nuove informazioni da
elaborare opportunamente e, se necessario,
approfondire subito.
I piazzisti confondono con le parole, i
professionisti della vendita hanno l'obiettivo
di conoscere e capire i clienti e la situazione
che vivono. E c'è un solo modo per farlo:
ascoltarli.
9) “C'è una soluzione: eliminare Sollozzo”
(Michael Corleone)
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Andare alla causa del problema non è sempre
la soluzione. Eliminare la causa di un
problema è solo una delle tante opzioni che
abbiamo. Sciaguratamente siamo stati
allevati ed indottrinati alla soluzione dei
problemi con il metodo “cause &
conseguenze”. E non ci sarebbe niente di
male se fossimo davvero sicuri di cosa è
causa e cosa è conseguenza. Nel dubbio è
meglio uscire dagli schemi e applicare le
regole del pensiero laterale di Edward De
Bono. Il pensiero laterale è la capacità di
osservare da nuove angolazioni un'instabilità
per verificare con una visione più allargata
tutti i campi d'azione dove poter intervenire
per restituire l'equilibrio ad un sistema. So
che non siamo ingegneri addetti alla
progettazione di una nave spaziale, ma
dobbiamo abituarci a considerare il
microcosmo del cliente alla stregua di un
sistema, spesso complesso come un
organismo vivente. Un sistema che consuma
ciò che acquista per produrre ciò che vende.
di più”: il gioco non è promettere meno (a
meno che non esista concorrenza nel tuo
settore) ma superare sempre ogni
aspettativa.
Rottamare e sostituire potrebbe essere una
soluzione, ma anche riparare è un'opzione
interessante. Abbandona l'approccio del
“rifacciamo tutto”: abbraccia e fai
abbracciare al cliente la filosofia del
“sistemiamo le cose”. Sennò che consulente
sei?
Di queste ultime cerca di capire le ragioni:
scoprirai che in realtà le esigenze
imprescindibili sono davvero poche. E ogni
volta che accetti una posizione su cui il
cliente è inamovibile, negozia in cambio la
sua accettazione di una tua condizione
imprescindibile.
10) “Un giorno, e dovesse mai arrivare quel
giorno, ti chiederò di contraccambiarmi la
cortesia” (Don Vito Corleone)
Pensi che la gratitudine non esista negli
affari? Pensi che una volta che hai scambiato
il tuo prodotto/servizio con il denaro la
partita sia chiusa? La vendita, così come il
ruolo del venditore, non si conclude con la
consegna della merce. E l'acquisto, così
come il ruolo del cliente, non si conclude con
il pagamento. Ecco perché è assolutamente
importante, in tutti i campi, comprendere
l'importanza di tutto ciò che avviene dopo la
vendita. Con il post vendita non solo si
confermano le promesse, ma si ha la
possibilità di superarle. E' dal post vendita
che dipende la continuità con il cliente. Puoi
scegliere se soddisfare il cliente oppure se
sbalordirlo: nel primo caso avrai l'onore di
partecipare alle prossime richieste del
cliente, ma nel secondo caso è molto
probabile che sarai l'unico ad essere
interpellato (sicuramente sia il primo che
l'ultimo). E otterrai molto più delle
commissioni che hai guadagnato: otterrai
referenze e raccomandazioni che valgono
metà della tua attività, scorciatoie verso
nuove conquiste.
Devi solo dimenticare la prima parte della
frasetta ad effetto “prometti meno, mantieni
11) “A' pistola lasciala. Pigliami i cannoli”
(Peter Clemenza)
Sono stati scritti centinaia di libri sulla
negoziazione. In realtà le regole da seguire
sono essenzialmente due:
Evita il conflitto: scannarti su un'opinione
non ti porta alcun vantaggio. Tutto ciò che
sostieni deve essere chiaramente esposto e
motivato, e tutto ciò con cui ti trovi in
disaccordo deve essere ancor meglio esposto
e motivato. Chiediti sempre: “L'obiettivo è
contestare oppure cambiare le cose?”;
Distingui con il cliente, tra tutte le sue
esigenze, quali sono trattabili e quali sono
assolutamente imprescindibili.
12) “Il tuo cervello che si è rammollito a
furia di correre appresso a quella” (Vito
Corleone)
Uno dei veleni con cui vedo parecchi
venditori intossicarsi è la speranza che
succeda qualcosa di grosso. La rincorsa alla
mega opportunità con cui sistemarsi per
sempre. “C'ho questo business in ballo che se
lo chiudo sono a posto per un pezzo”. E nel
frattempo vivono di quell'illusione, perdono
la concentrazione sul lavoro duro fatto di
tanti ma costanti tasselli, trascurano le
piccole opportunità e quelle medie che
richiedono troppa fatica: “Che faccio, perdo
tempo con 'sti sfigati?”. Capisco il pensiero
positivo trasmesso dai film d'oltreoceano che
parlano dell'”american dream”, ma qui siamo
in Europa (in Italia, per la precisione). E i
sogni che non si avverano diventano incubi.
Ovviamente non devi trascurare nulla, ma
non puoi permetterti di organizzarti dando la
priorità ai tuoi progetti in funzione del loro
valore. Ho avuto manager che valutavano le
opportunità in valore della commessa/ordine:
“quanto valgono le trattative che hai in
ballo?” Gli avrei risposto “Ne ho una da alcuni
miliardi di euro: si tratta di vendere una flotta
4
di portaerei al Congo. Ah, non vendiamo
portaerei? Vabbè però l'opportunità c'è...”.
Le opportunità devono essere valutate in
funzione del loro valore a lungo termine e
della probabilità di chiusura. Preparatevi un
diagramma come quello che Covey suggeriva
per la gestione del tempo, ma sostituite le
voci “importante” e “urgente”
rispettivamente con “valore” e “probabilità”:
vi renderete immediatamente conto che
un'opportunità da 100.000 euro immediati
con probabilità di chiusura al 5% vale meno
di un'opportunità da 2.000 euro all'anno per 5
anni con probabilità di chiusura al 70%.
Mai smettere di credere ai business da
sogno, ma mai smettere di valutarne
correttamente e coerentemente la
fattibilità, analizzando tutti i parametri,
diretti e indiretti, che concorrono al
successo nel tempo.
Ivano Concas
LNNL LA NOSTRA NEWSLETTER | Febbraio 2013 N.4
Look beyond the Surface
by Marika Mannino
I nostri occhi sono un potentissimo
strumento di comunicazione.
Quando guardiamo negli occhi qualcuno per
1,5 secondi, stabiliamo quello che viene
definito Contatto Oculare, cioè l’incipit di
qualsiasi rapporto interpersonale.
Il contatto oculare è come uno scontro
diretto che tra sconosciuti non dovrebbe
prolungarsi per più di 2 secondi e che in
situazione amicali o di rapporti lavorativi
consolidati raggiunge i 4 secondi.
Lo sguardo svolge la funzione di regolare il
flusso comunicativo e di stabilire i turni di
dialogo; quando si finisce di enunciare un
messaggio e si attende il feedback
dell’interlocutore, è proprio lo sguardo a dare
un rinforzo all’interruzione per dare segnale
che si sta cedendo il turno di parola.
Alcuni studi dimostrano che si tende a
credere ed avere più fiducia nelle persone
che hanno occhi grandi e luminosi, reputate
più sincere per la loro conformazione fisica.
Questo perché nell’immaginario collettivo ha
ancora molta forza la metafora degli occhi
come lo specchio dell’anima. Seguendo
questa metafora più grande è lo specchio più
l’anima dovrebbe essere visibile e priva di
zone d’ombra.
Nella comunicazione interpersonale formale
ci si chiede spesso: Come faccio a guardare il
mio interlocutore in viso? Dove devo dirigere
lo sguardo? E quanto a lungo è lecito
guardare?
Di regola, nel mondo occidentale, nei
contesti di formalità chi osserva il viso
dell’interlocutore e punta a, fronte, occhi e
naso attua quello che per convenzione viene
chiamato, Sguardo Formale. Nei contesti più
amichevoli ci si concentra invece su bocca e
mento mettendo in pratica il cosiddetto
Sguardo Informale.
La velocità e la superficialità su cui è
impostato il nostro sistema sociale ci
impongono di guardare velocemente gli
input presenti nell’ambiente esterno in cui
viviamo. Per questo motivo spesso ci
fermiamo ai cosiddetti elementi statici,
quegli elementi di comunicazione non
verbale come l’abbigliamento, il volto, e
l’aspetto fisico che, ci trasmettono delle
informazioni dettate dal contesto e dalla
nostra cultura.
Ma per capire e comunicare meglio con i
nostri interlocutori basterebbe soffermarsi
qualche secondo in più e guardare oltre la
superficie, notare cioè i cosiddetti elementi
dinamici della comunicazione non verbale tra
cui anche i movimenti degli occhi e la
direzione dello sguardo.
Proprio la direzione e l’orientamento dello
sguardo, possono dirci moltissime cose del
nostro interlocutore che non riguardano
“l’anima” bensì, quelli che sono i sistemi di
decodifica che egli utilizza per interpretare la
realtà circostante, quelli che Richard Bandler
e John Grinder hanno chiamato: i Sistemi
Rappresentazionali. Ma questo è un piatto
ricco per il prossimo numero.
Marika Mannino
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LNNL LA NOSTRA NEWSLETTER | Febbraio 2013 N.4
6
Neo-venditori 2.0, il punto di vista di un
neofita – “LA FIDELIZZAZIONE”
by Fabio Tognella
Essere dei
commerciali/venditori
in questi anni di crisi
non è per niente una
cosa semplice!!
Continuando sulla via delle newsletters
precedenti, di seguito uno dei punti chiave:
”La fidelizzazione”
Il buon caro vecchio (si fa per dire) Wikipedia
recita:
Ormai è sotto gli occhi che da qualche anno il
processo di vendita è sostanzialmente
cambiato e di conseguenza è, e DEVE essere
cambiata, anche la mia figura di
commerciale.
I nostri Clienti ormai hanno mille possibilità
per arrivare ai nostri prodotti, e naturalmente
a quelli della nostra concorrenza, web,
mailing list, social media… ed il venditore
viene sempre più interpellato “solo” per
aspetti che non sono reperibili tramite gli
altri canali, e allora noi che ci siamo a fare?
Adeguiamoci... semplice.

La fidelizzazione è l'insieme delle azioni
di marketing volte al mantenimento della
clientela già esistente e si realizza
principalmente attraverso una serie di
strategie volte a creare il più elevato grado di
Soddisfazione del cliente.
Ora, il mio approccio come sempre è quello
di tralasciare in quel che dico le più variegate
e valide tecniche di applicazione, ma di
portare un mio punto di vista e condividere
una esperienza di vita vissuta che possa
essere utile e condivisibile da tutti noi.
Da buon patito del vino quale sono non posso
non paragonare la fidelizzazione alla
coltivazione e cura di un vitigno; se vogliamo
ottenere un ottimo vino (vendita) che sia
costante nel tempo e che migliori di anno in
anno bisogna: preparare il terreno, coltivarla
nel migliore dei modi ed averne cura.



Fidelizzazione NON è passare una
volta al mese per parlare del più e
del meno magari davanti ad un
caffè e al momento buono tirare
fuori il nostro prodotto/servizio.
Fidelizzazione NON è ricordarsi
degli auguri di Natale, Pasqua,
compleanno, Ferragosto o del
Santo Patrono
Fidelizzazione NON è dare sempre
ed incondizionatamente “ragione”
(e su questo argomento tornerò
prossimamente)
Ascoltare i nostri Clienti (e badate
bene che “ascoltare” è molto
differente da “sentire”), in modo
spassionato, imparziale ed
obbiettivo. A volte i nostri
interlocutori hanno delle
problematiche che seppur esulino
dal nostro campo possono essere
magari risolte da delle nostre
conoscenze, avremo aumentato la
nostra affidabilità ed imparzialità,
la nostra opera di fidelizzazione ne
gioverà e magari la nostra
eventuale
segnalazione/conoscenza potrà
portarci altre opportunità.

Non essere troppo invadenti. La
vendita spinta ha perso un po’, se
non del tutto, la sua utilità; come
detto sopra ci sono mille modi per
arrivare ai nostri prodotti ed ai
nostri mille concorrenti, quindi la
nostra insistenza il più delle volte
è deleteria. Se mi presento magari
senza appuntamento (cosa quasi
normale dopo qualche incontro) e
vengo “rimbalzato” evito di
insistere ma faccio notare che
comunque è il mio lavoro (guarda,
passavo di qua giusto per un
saluto, ho la giornata piena anche
io…)

La qualità delle visite è di gran
lunga più ripagante della quantità
delle stesse, sempre per lo stesso
discorso di cui sopra, almeno
questo è quello che penso io.
 Non essere scontato e non
affrettare i tempi. La classica
battuta, il sorriso “forzato”, o il
dare del “tu” nei primi contatti
magari lasciamoli negli anni in cui
venivano utilizzati; siamo tutti
professionisti e vogliamo
giustamente essere trattati come
tali.

Ultima ma non ultima l’onestà.
Sappiamo benissimo tutti ormai
(spero) che i nostri Clienti hanno,
per richiamare quanto detto
sopra, mille modi per…
smascherarci.
A conti fatti insomma, e tornando alle mie
analogie semplici, mi accorgo che pian piano
i miei vigneti si allargano e stanno
diventando una vigna in piena regola… e di
conseguenza io un bravo vignaiolo.
“Il vino è fatto per il popolo che lavora e che
merita di berne” (Charles Baudelaire)
Fabio Tognella
LNNL LA NOSTRA NEWSLETTER | Febbraio 2013 N.4
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Darwin e i Digitalnative
L'influenza del web sulla comunicazione commerciale di tutti i giorni
by Fabio Catarozzi
Sono ormai passati alcuni anni, dal giorno in
cui, navigando il web in cerca di spunti per un
progetto che seguivo, mi imbattei quasi per
caso nel Cluetrain Manifesto.
Un documento redatto da: Rick Levine,
Christopher Locke, Doc Searls, David
Weinberger.
Il “libro” contiene 95 tesi e vuole gettare le
basi per ciò che gli autori reputano “sarà”
l'evoluzione del modo di comunicare.
Uno dei punti cruciali delle tesi è focalizzato
su come internet trasformerà il mondo
dell'advertising permettendo una
comunicazione one to one a differenza dei
canali tradizionali che permettono solo un
flusso di comunicazione one to many.
Ok partiamo da quella che, definire una
prefazione è semplicistico, ma viene
pubblicata in questa forma:
“I mercati online cominciano a organizzarsi
da soli molto più rapidamente delle aziende
che tradizionalmente li rifornivano.
Grazie alla rete, i mercati diventano più
informati, più intelligenti e più esigenti
rispetto alle qualità che invece mancano nella
maggior parte delle aziende.”
(cit. Cluetrain Manifesto)
Da buon cibernauta marketer e venditore per
passione, oltre che professione, in questi
ultimi anni ho notato dei cambiamenti,
probabilmente dettati dalla teoria
Darwiniana... pian piano chi non si sta
evolvendo... si estingue professionalmente!
Ho scelto alcuni concetti espressi nel
manifesto, anche perché per ovvi motivi non
potremo affrontare tutte e 95 le tesi su
queste pagine!
Io lo faccio praticamente sempre... anche
perché gli acquisti scaturiscono da bisogni
percepiti e sempre di più cerchiamo nel
web gli strumenti per soddisfarli!
Una volta recepite le informazioni che ci
interessano non per forza effettueremo
l'acquisto on line ma saremo preparati ed
informati a dovere sull'argomento.
Un esempio su come i mercati si stiano
informando ed evolvendo:
Se un tempo non partiva l'automobile, si
portava dal meccanico che ci poteva
raccontare anche la storia della fusione dei
metalli pesanti per la realizzazione delle parti
motore senza che noi comprendessimo quale
era stato il problema e come era stato risolto,
il più delle volte si risolveva tutto con un “ho
sostituito questo e ora il veicolo funziona”.
Oggi mi collego al forum del mio modello di
automobile e verifico se qualcun altro ha
avuto il mio stesso malfunzionamento e
come lo ha risolto, di certo arrivo più
preparato rispetto al passato e con una idea
di quello che sta accadendo sulla mia
amata/odiata “vettura”, questo influenzerà
anche il mio giudizio sulla qualità del
prodotto e porterà a diverse scelte nel
momento in cui dovremo “fare il cubo” della
vecchia automobile ed acquistarne una
nuova.
Certo che le parole scritte nelle poche righe
di sopra sono dei concetti che per chi fa il
nostro mestiere e si mantiene aggiornato è
un poco il pane di tutti i giorni, con le mille
sfumature che nascono dal confronto con
altri professionisti sul web e durante i
momenti di networking on site!
Bene... Peccato che il Cluetrain Manifesto sia
stato pubblicato nel 1999, per intenderci
cinque anni prima del lancio di Facebook e
che ancora oggi questi concetti vengano in
gran parte rifiutati o comunque ritenuti di
poca importanza, le aziende che aprono
pagine su Fb e social network vari e che poi
non fanno nulla per incentivare la
comunicazione ma lasciano staticamente
(come nel miglior concetto della loro
struttura) la pagina ad invecchiare, pensando
che la loro paginetta/sito web siano il centro
della rete, sono tantissime, la cosa più
esilarante, per chi li osserva non certo per chi
ha tirato fuori i soldi per il progetto, è che si
aspettano anche dei rientri, da tali
operazioni!
volte quando dovete acquistare un oggetto
andate a verificarne le caratteristiche su
internet?
Le prime tesi danno lo spunto di riflessione
più forte...
“I mercati sono conversazioni”
Questa frase mi ha fatto rabbrividire nel
2004, in quegli anni, come accennavo nelle
prime righe, gestivo il customer care di un ecommerce di materiale hi-tech, tali parole
trovo siano il perfetto riassunto di quello che
stava avvenendo in quegli anni, urgeva
assolutamente un cambiamento che
apportammo quasi repentinamente anche se
dei danni dal punto di vista della
comunicazione ed organizzazione erano già
stati fatti.
Il problema è che in Italia, nazione di
“furbetti”, non ci si rende conto ancora oggi,
che le “bugie” hanno le gambe corte che il
cliente è informatissimo e non lo si può
“intortare”.
Vi lascio uno spunto di riflessione quante
La comunicazione nei nuovi mercati, deve
avvenire bilateralmente, questo un
commerciale lo vive tutti i giorni, ascolto e
proposta di soluzioni, fanno parte del
quotidiano, il venditore che si siede al tavolo
e inizia a descrivere automaticamente tutto il
proprio repertorio di prodotti è da raffrontare
alla testuggine Astrochelys yniphora, forse
non è ancora estinto ma ci manca
pochissimo.
Se assumiamo come vera la tesi che i mercati
sono conversazioni è naturale proseguire su
questo canale, di fronte abbiamo sempre
delle persone e alle loro orecchie ed occhi lo
siamo anche noi.
La comunicazione dovrà essere quindi gestita
tra persone e non tra azienda e persona o
peggio ancora tra azienda ed indefiniti
segmenti demografici.
Mi è capitato spesso di incontrare “emissari”
di grandi aziende che entrando in “casa mia”,
si presentano come... “Siamo la Acme Pinco
LNNL LA NOSTRA NEWSLETTER | Febbraio 2013 N.4
Pallo SPA” e si aspettano di essere ricevuti
con il tappeto rosso ed ossequiosi inchini,
non dico che il brand non sia importante, ma
tecnicamente io ho a che fare con persone e
quando acquisto qualcosa penso anche che
se poi ho bisogno di assistenza parlo con
queste persone e non con la moltitudine di
azionisti della “grande impresa”.
Facendo un salto dall'altra parte della
barricata, devo essere consapevole che chi
paga gli stipendi (inteso come il cliente) è una
persona e non una statistica, se ci aspettiamo
che un “numero” strisci la carta di credito e
acquisti da noi, perché è la statistica a
dircelo, secondo il mio modesto parere siamo
“spacciati” e ci dobbiamo accomunare alla
testuggine di cui sopra!
Il richiamo ad evolversi è fortissimo nella tesi
14 gli autori ci invitano a comunicare con voci
umane in luogo di quelle piatte e vuote che
utilizzano le aziende, noi in realtà lo facciamo
già, cambiamo modo di comunicare in base
alla situazione in cui ci troviamo, perché non
applicarlo anche alle strategie di vendita?
In fondo i commerciali che vivono sul campo
si sono per forza adeguati, il servire sul piatto
d'argento le caratteristiche del prodotto che
stiamo proponendo non serve più a nulla e gli
imprenditori preferiscono scoprire cosa può
dare in termini di valore aggiunto una
soluzione più che le mere caratteristiche
tecniche!
Immaginate di trovarvi ad osservare l'attore
di uno spot pubblicitario che vi propone il
prodotto oggetto della promozione, ma al
posto di essere in TV è di fronte a voi e cerca
di vendere utilizzando le stesse parole dello
spot... (ok ho estremizzato ma la sensazione
è la stessa se accolgo qualcuno in “casa mia”,
non è per avere di fronte una brochure
vivente ma per ricevere soluzioni a dei
problemi).
La tesi 21 è una delle mie preferite, per
spiegare meglio il concetto, lascio che parli
una foto al mio posto...
Foto – Pale Blue Dot – Sonda Voyager 1
– (NASA - Carl Segan)
L'oggetto misterioso che vedete sopra, è la
Terra in una foto scattata dalla sonda
Voyager 1 ai confini del sistema solare nel
1990 da sei miliardi di chilometri di distanza.
Quando ho visto questa foto ho capito una
cosa, che è proprio inutile lamentarsi per
ogni cosa o prendersi troppo sul serio... noi,
le aziende per le quali lavoriamo, i nostri
potenziali clienti, le persone “imbranate” che
ci tagliano la strada al mattino in macchina...
siamo tutti un puntino più piccolo, su quel
puntino blu, costantemente indaffarati a fare
mille attività, agitarci se si avvicinano le
scadenze e non abbiamo raggiunto i target di
fatturato, sempre tutti seri ed “impettiti”.
Guardiamo la foto in pace 5 minuti
ragionando sul puntino e su tutto quello che
lo circonda e poi ditemi se non vale proprio la
pena prendersi un poco meno sul serio.
Negli anni abbiamo imparato ad evitare gli
atteggiamenti ampollosi e affettati delle
comunicazioni impacchettate dai media,
ormai è abbastanza usuale affrontare le
discussioni come se si fosse in torno al tavolo
del pranzo parlando e confrontandosi.
Utilizzare termini come “siamo posizionati
per essere i primi, siamo i leder di mercato,
riferimento per...”, non costituisce
assolutamente un posizionamento, anzi ci
rende ridicoli agli occhi dell'interlocutore, che
sicuramente è più informato di quello che
immaginiamo e avrà sentito altri commerciali
affermare lo stesso concetto prima di noi,
diventa necessario mettere in tavola
argomenti interessanti e non le didascalie dei
volantini pubblicitari.
Il concetto di scendere dalle torri d'avorio,
parlare con la gente, ed entrare in contatto
con le persone è uno degli argomenti che più
mi ha colpito.
Meditando proprio su tale aspetto, ho
osservato che questo atteggiamento è stato
spesso adottato nelle campagne
presidenziali in USA, è piuttosto semplice
trovare foto dell'agenzia fotografica
Magnum Photo, di candidati democratici che
stringono le mani o cercano quasi di
“abbracciare” la popolazione per ottenere
l'ambito voto, la sensazione che vogliono
dare, è legata al concetto di contatto, il voler
entrare in empatia dimostrando... “cammino
tra voi, sono uno di voi”... se lo fanno gli
uomini più potenti del mondo o almeno chi
concorre a diventarlo, chi siamo noi per
rifiutare tale concetto?
Oltre ai benefici in fatto di attenzione da
parte dell'interlocutore che l'empatia aiuta
ad ottenere, la vicinanza emotiva alle altre
persone ci “traghetta” verso uno stato
rilassato e ci aiuta a focalizzare il discorso sui
8
problemi che vogliamo affrontare senza
doverci preoccupare di dettagli ed
“etichette” di secondaria importanza per il
legame che in quel momento si è andato ad
instaurare.
Tutto questo avviene solo se riduciamo le
distanze della comunicazione, sembrerà ai
più, una cosa scontata ma se i mercati stanno
diventando più “intelligenti” dovremo
imparare a parlare con il loro stesso
linguaggio, è inutile lamentarsi
dell'impossibilità di comunicare i concetti
complessi che abbiamo in testa se non
facciamo lo sforzo di adattare il nostro
linguaggio a quello degli interlocutori.
Un altro aspetto che spesso viene trascurato
è il feedback dei mercati, le persone hanno
esigenze e le richieste che ne scaturiscono
non devono per forza di cose essere
“taggate” come rotture di scatole, vi dico
questo data la mia esperienza diretta nel
settore informatico dove il cliente viene
costantemente visto come “il rompiscatole di
turno, che chiede cose assurde” forse ci si
dovrebbe rendere conto che per quelle
richieste, le persone potrebbero essere
disposte a pagare di più e più volentieri
rispetto ai prodotti che andiamo a proporre.
Giunti fino a qui, ci renderemo ormai conto
che non sempre nel nostro repertorio di
prodotti/servizi c'è la soluzione giusta per
tutti...
Quindi saremo sicuramente d'accordo
sull'importanza di questa esigenza, cioè la
necessità di dare alle persone il tempo e
l'attenzione che meritano, in modo da averne
in cambio le informazioni che serviranno alla
realizzazione dei prodotti e dei servizi che le
persone (il mercato) sono disposte ad
acquistare e pagare!
Un ultimo sforzo... La mattina prima di uscire
di casa dovremo in fin dei conti, solo porci un
semplice quesito per renderci conto se siamo
pronti ad affrontare la giornata:
“Mi sento in grado di parlare con delle
persone oggi?”
Daniele Catarozzi
LNNL LA NOSTRA NEWSLETTER | Febbraio 2013 N.4
LETTURE CONSIGLIATE
La competizione tra aziende
e la concorrenza tra prodotti
e servizi proposti richiede
competenze negoziali e di
vendita sempre più raffinate.
L'esperienza è un fattore
importante ma non più
sufficiente. È indispensabile acquisire
nuove abilità, nuove tecniche, migliorare
te stesso per migliorare i tuoi risultati e
trasformarti da venditore a negoziatore di
successo.
"Senza clienti non c'è
business",
dice
Peter
Drucker. E ben difficilmente
si cresce se non crescono le
vendite.
Sono
considerazioni ovvie a tutti,
esattamente
come
sostenere che è la direzione commerciale
a dover vendere.
9
trattativa! Un manuale operativo del
negoziatore, scritto da uno dei più noti
esperti americani di negoziazione, che
analizza i dieci errori più comuni e costosi
in questo campo e indica come evitarli.
Molti
di
voi
possono essere gli imprenditori che
hanno iniziato le attività in proprio e sono
stati costretti in vendite per avere
successo. Oppure sono stati trascinati a
vendere a malincuore perché il vostro
ruolo professionale cambiato. Alcuni di
voi, come me, in realtà ha scelto di fare la
mossa in quanto le vendite sembrava più
interessante e redditizio.
Gli ingredienti e le tecniche
con cui costruire o
migliorare il proprio
comportamento in ogni
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