Il Giardino della Badia di Santa Maria e il Parco del Castello a

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Il Giardino della Badia di Santa Maria e il Parco del Castello a
Il Giardino della Badia di Santa Maria
e il Parco del Castello a Rocca De’ Baldi (Cn)
di Laura Pelissetti
Nel XV secolo si registra un notevole allargamento delle aree dissodate e bonificate del territorio di
Rocca de’ Baldi. Vengono messi a coltura molti terreni infruttiferi e i boschi vengono privatizzati.
Tra i terreni irrigui coltivati a canapaie e fraschete si crearono numerosi luoghi di culto per la
devozione popolare, dedicati alla Vergine e ai Santi come ringraziamento per lo scampato pericolo
dalle epidemie. All’incrocio delle antiche vie per Pogliola e per Crava vi era la cappella detta la
“Crocetta”, sulla strada per Pesio sorse la cappella dedicata a San Rocco e poco fuori dall’abitato di
Rocca de’ Baldi esisteva un pilone votivo, noto col nome di “Beata Maria del Pillone”. Attorno a
quest’ultimo luogo venne edificata, attorno alla metà del XVII secolo, la Badia di Santa Maria del
Castello.1
L’impianto originale della Badia consisteva nel nucleo chiesa-casa abbaziale e rustico indipendente,
con accesso sul lato destro della chiesa attraverso corte interna a giardino, sull’antica strada reale
che congiungeva il Borgo di Rocca de’ Baldi con Crava. Oggi, dopo secoli d’interventi, aggiunte e
continue trasformazioni, il complesso consta di un nucleo storico, seicentesco, collegato al giardino,
e un corpo di fabbrica ottocentesco, sul quale è stato ricavato l’accesso principale alla residenza.
Divenuto nel XIX secolo complesso residenziale della famiglia Morozzo, il complesso abbaziale di
Santa Maria del Castello consta di tre siti paesaggistici di particolare interesse storico che si
estendeno complessivamente su una superficie di circa 0,30 ha: il giardino (interno, delimitato da
mura), il viale alberato d’accesso e il parco (che si estende lungo il perimetro sud-ovest della
residenza).
Le fonti documentarie e iconografiche conservate presso l’Archivio privato della Famiglia
Morozzo2 permettono di ripercorrere le varie fasi costruttive dell’intero complesso.
Con bolla di Papa Alessandro VII del 13 novembre 1655, venne eretta la Badia di Santa Maria del
Castello di Rocca de’ Baldi, in favore di Ludovico Francesco Morozzo Castrucci di Magliano,
fondatore del complesso abbaziale e primo abate. Per suo volere, tra il 1668 e il 1671 venne
costruita la casa abbaziale, ad opera di Mastro Fontana e successivamente di Mastro Domenico de
Rocchi e Paolo Tobia.
1
Notizie storiche desunte da Rocca de’ Baldi, un borgo e un castello dimenticati, a cura di R. Comba, A.M. Massimino,
G. Viara, atti della giornata di studio (Rocca de’ Baldi, 23 ottobre 1994), Cuneo, Società per gli Studi Storici,
Archeologici ed Artistici della Provincia di Cuneo, 1995.
2
Colgo l’occasione per ringraziare la famiglia Morozzo e in particolare Maria Carola Morozzo della Rocca per le
preziose segnalazioni e per la gentile collaborazione durante la ricerca e i sopralluoghi.
1
Il progetto originario, di Giovenale Boetto da Fossano3, doveva sicuramente prevedere un giardino
privato, probabilmente ispirato ai giardini dei semplici (herbarium per la coltivazione delle piante
officinali) dei complessi monastici medievali. Un hortus conclusus fedele alla sua concezione
simbolica di idealizzato paradiso naturale – spazio privato, ordinato e sacro che racchiude ogni virtù
perduta con il peccato originale «ogni sorta di alberi belli a vedersi, dai frutti soavi al gusto»
(Genesi, II, 9) – che alle valenze religiose associò anche quelle d’ispirazione più terrena dell’hortus
deliciarum dei fiori e dei frutti. In effetti l’area attualmente occupata dal giardino era - secondo la
tradizione orale - caratterizzata da un chiostro con portico perimetrale su colonnine in pietra. Si
trattava verosimilmente di un pergolato, probabilmente una “topia” di vite. La sua esistenza non
trova conferma nelle fonti documentarie, ma è interessante rilevare che i muri perimetrali del
giardino conservano le tracce di affreschi (databili all’inizio del XX secolo) che riproducono
colonne molto simili – nella base e nel capitello – a quelle in pietra utilizzate a sostegno della tettoia
addossata al palazzo abbaziale, sul lato Nord del giardino.
Seppure non documentata la presenza di un portico è certo che il giardino nacque come spazio
formale caratterizzato da un tracciato simmetrico di percorsi e aiuole, il cui l’assetto planimetrico
imponeva la geometrizzazione delle forme vegetali. Tale impianto, presumibilmente ispirato agli
“horti” monastici medievali, venne valorizzato in epoca barocca con l’intento di creare un giardino
scenografico in cui i percorsi ortogonali erano pensati in funzione di un collegamento visivo tra la
residenza e i possedimenti terrieri, collegati virtualmente mediante cannocchiale prospettico
orientato lungo l’asse nord-sud. Soltanto più tardi, nel XIX secolo, la sistemazione artificiosa del
giardino venne percepita come un limite e il percorso assiale divenne teatro di una serie di luoghi di
sosta e di diletto delimitati da siepi di bosso (Buxus sempervirens).
Se l’assialità venne riconfermata nella trasformazione ottocentesca fu anche e soprattutto per
finalità utilitaristiche: degli anni Quaranta dell’Ottocento - epoca di realizzazione dell’acquedotto
che ancora oggi rifornisce settimanalmente acqua al giardino4 - è infatti il sistema di irrigazione con
strutture in pietra per la raccolta, lo scolo delle acque e l’irrigazione dei terreni. Venne edificato un
nuovo corpo di fabbrica a chiusura del cortile5 e in quegli stessi anni (1844-46), in sintonia con la
moda dell’epoca, si sentì inoltre l’esigenza di creare un paesaggio unitario. Prese corpo l’idea di
3
L’intervento dell’architetto Giovenale Boetto, documentato a Rocca de’ Baldi nel 1659 per aver «estimato ed
aggiustato» l’edificio ecclesiastico, è attestato dalle fonti. Cfr. Archivio privato famiglia Morozzo.
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Cfr. Progetto per le riparazioni al ponte del fiume Pesio e alla ripa della Badia dell’arch. Gareggio, Archivio privato
Morozzo.
5
Cfr. 1833, Ingegnere Argenti, Tipo di un breve tratto del corso del torrente Pesio nelle vicinanze dell’Abbazia di
Rocca de’Baldi col progetto di costruire un argine. Il documento - che riporta soltanto i limiti perimetrali della
pertinenza della Badia destinata a giardino - registra la situazione precedente alla risistemazione di metà Ottocento con
accesso dalla strada lungo la ripa, o Sponda in Corrosione.
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creare un parco, attorno a quella che sarebbe diventata – con la morte dell’ultimo abate, Carlo
Morozzo della Rocca – una vera e propria residenza di villeggiatura. Nelle pertinenze vennero
creati sentieri sinuosi immersi nella vegetazione, che divenne più folta, maestosa e libera, a
documentare sia il trionfo della “natura” sull’intervento ordinatore dell’uomo, oltre i limiti imposti
dal progetto seicentesco, sia il desiderio di stabilire delle connessioni naturali, visive, percettive, tra
il complesso residenziale e il suo intorno: il contesto paesaggistico del Monregalese.
L’impianto precedente, concepibile in un unico colpo d’occhio ed esclusivamente interno, privato,
lasciò dunque il posto ad un ambiente multiforme, in cui la natura, spontanea e selvaggia, doveva
essere libera, almeno in apparenza, da qualsiasi intervento umano.
La realizzazione del viale alberato di ippocastani segnò l’inizio dei lavori di trasformazione
dell’intero complesso, diretti da Cesare Morozzo, nipote dell’Abate Luigi Morozzo, con il
collegamento degli edifici seicenteschi alla nuova manica ottocentesca.
Si realizzò un nuovo accesso al complesso abbaziale, dal centro abitato di Rocca de’ Baldi; le
specie arboree ad alto fusto e le masse arbustive irregolarmente disposte valorizzarono il piazzale e
la fascia boscata attorno alla residenza e alla chiesa. In questi anni sono infatti documentate spese
per la piantumazione di Abeti ed Olmi6 ed alberi da frutta nella prateria attigua al complesso
abbaziale [ex possedimento Quaglia].7 Del 1909 è invece una Serie di schizzi di studio a matita e
china
relativi la sistemazione del giardino e dell’orto, conservati presso l’Archivio privato
Morozzo. Da queste fonti iconografiche di mano dell’allora proprietario Roberto Morozzo della
Rocca, possiamo dedurre che all’inizio del XX secolo il giardino manteneva la suddivisione in
quattro aree suddivise da vialetti ortogonali ed era adibito ad orto. I disegni denunciano inoltre il
desiderio di realizzare un collegamento tra il giardino interno e la strada per Rocca de’ Baldi,
attraverso un percorso nell’area boscata lungo la Ripa. Presso lo stesso Archivio sono infine
conservati alcuni studi di progetto per murature di sostegno e per il passaggio sotto la ripa della
Badia, datati al 1926, e il progetto per il nuovo cancello a sostituzione di quello esistente, datato al
1949, che confermano il perdurare di un interessamento per le pertinenze della casa abbaziale.
Oggi il sito paesaggistico è composto da un’area verde interna al complesso residenziale consistente
nel giardino/chiostro d’antico accesso alla casa abbaziale e da un’area a parco, di matrice
ottocentesca, che si estende lungo l’antica strada che congiungeva il Borgo di Rocca de’ Baldi con
Crava.
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Descrizione delle varie spese fatte alla Badia nello scorso autunno 1844 […] dettaglio della spesa fatta per il
piantamento delle Abie [Abies Cefalonica o Abies Concolor o Abies Grandis] sul piazzale della Badia […] Olmi
d’America [Celtis Occidentalis (?)] Acacia Parafolia [Robinia Pseudoacacia (?)], 1844, Archivio privato famiglia
Morozzo.
7
Elenco dei lavori eseguiti nel 1844-46 e diretti da Cesare Morozzo […] piantagione alberi da frutta e piantamento
siepe di Merigelsi […] dettaglio spesa fatta nella prateria vicina alla Badia, Archivio privato famiglia Morozzo.
3
L’ingresso principale è attestato sul viale carrabile fiancheggiato da due filari di Ippocastani
(Haesculus Hippocastanum), che conta 14 esemplari arborei assegnabili all’intervento di metà
Ottocento. Svoltando a destra in prossimità della residenza si può ammirare un’area boscosa
sistemata secondo la moda del giardino paesaggistico, all’inglese. Oltrepassato il portone d’ingresso
si accede invece al cortile interno per poi raggiungere quello che oggi potremmo definire un
Giardino segreto. Esso si rivela come spazio intimo, privato, a pianta quadrata, irregolare,
delimitato da muro perimetrale con colonnine dipinte a trompe l’oeil. L’impianto geometrico è
quadripartito da vialetti ortogonali che delimitano aree a parterre. Le due zone adiacenti alla
residenza sono adibite a prato, mentre le aree a meridione sono adibite a frutteto. Grandi cespugli di
Bosso (Buxus sempervirens), di età secolare, segnano i vertici del giardino e definiscono la
prospettiva centrale attraverso un percorso assiale – in direzione nord-sud – definito da tre Cabinets
verts che dovevano servire anche per il ricovero delle essenze durante l’inverno.
Si tratta di un sito di interesse storico-paesaggistico per diversi motivi: innanzitutto perché il
giardino mantiene l’impianto quadripartito, assiale, assegnabile alla metà del XVII secolo e il parco
risulta una delle più tarde realizzazioni nostrane di giardino all'inglese; in secondo luogo perché
conserva alcune delle specie arboree ed arbustive individuate nella sistemazione abbaziale
originaria e nella trasformazione del complesso in residenza di villeggiatura.
Le uniche, scarne notizie relative al castello di Rocca de’ Baldi si ricavano invece dal testo di
Roberto Morozzo8, ora integrate dalle riflessioni di Claudia Bonardi9 sui dati desunti dagli Statuti
comunali. Sappiamo che la porta di accesso al paese doveva trovarsi in origine sotto la torre di
guardia, espropriata dai proprietari del castello quando la sua funzione difensiva era ormai venuta
meno. Si ipotizza che tale torre coincida con quella che attualmente emerge dal castello di Rocca
de’ Baldi, che in effetti sorge ai limiti dell’abitato storico, fungendo da elemento costruttivo
divisorio tra il paese e la campagna circostante.
La prima fonte iconografica relativa all’intero fabbricato è costituita da una mappa10 eseguita da
Francesco Orologi entro il 1558, che rappresenta la porta della cinta muraria adiacente a un edificio
a pianta rettangolare da identificarsi come il castello, all’epoca abitato dai castellani dei Savoia
Acaia. Grazie all’esito positivo della battaglia di San Quintino il Duca Emanuele Filiberto, rientrato
in possesso dello Stato del Piemonte, cedette il castello di Rocca de’ Baldi a Giuseppe Aschieri di
8
R. MOROZZO DELLA ROCCA, La Rocca de’ Baldi, Mondovì, 1939.
C. BONARDI, La difesa di Rocca de’ Baldi fra Medioevo ed età Moderna: il disegno di Francesco Orologi, in Rocca
de’ Baldi, un borgo e un castello, cit., pp. 141-152.
10
Claudia Bonardi evidenzia infatti che per ricostruire il tracciato delle mura e del castello può risultare utile l’analisi
della più antica rappresentazione del luogo: una mappa militare eseguita dall’Orologi a memoria delle campagne di
guerra condotte in Piemonte tra il 1540 e il 1557, al servizio del Re di Francia Enrico II. Cfr. Ibidem, p. 148.
9
4
Fossano per il servizio prestato in suo aiuto contro i francesi.11 Secondo Roberto Morozzo «il
primitivo fabbricato comprendeva soltanto le camere verso l’attuale strada comunale e la torre»
tuttavia, verso la fine del XVII secolo, «il castello venne ingrandito di un corpo avanzato, verso la
piazza, per aggiungervi lo scalone e le camere attigue».12 Ereditato dalla famiglia Morozzo nel
164313 l’edificio venne infatti ingrandito e rimodernato dai vari proprietari fino al 1710, quando
Gaspare Filippo Morozzo «…fece costruire l’ala dipinta in rosa secondo un progetto dell’Architetto
Francesco Gallo di Mondovì».14 Fu questo il periodo in cui, presumibilmente, si pensò anche alla
primitiva sistemazione dei possedimenti adiacenti al complesso residenziale che, alienato in favore
di Francesco Quaglia nel 1828, dovette essere interessato nel corso del XIX secolo da nuovi lavori
di riammodernamento, sia negli interni che nell’area a parco verso sud. Da riferire a questo periodo,
ed assegnabile all’ultimo quarto dell’Ottocento, è infatti un progetto conservato presso l’Archivio di
Stato di Torino.15 Il disegno, acquerellato e realizzato con una cura tale da far presumere che fosse
stato commissionato direttamente dai proprietari ai fini di sistemare definitivamente l’area secondo i
dettami della moda del giardino “all’inglese”, propone un impianto paesaggistico con vialetti
sinuosi in prossimità del castello e lungo i limiti della perimetrazione del parco, dove fitte aree
boscate dovevano formare uno schermo visivo verso la campagna circostante, singoli clumps
d’alberi e un’ampia zona a parterre al centro. E’ interessante notare che l’estensore del disegno
progetta, per la sezione della proprietà Quaglia posta a ponente ed adiacente ai possedimenti dei
Morozzo (Badia di Santa Maria del Castello), una sistemazione geometrica, presumibilmente a
frutteto, in cui l’appezzamento a pianta trapezoidale è frazionato in varie fasce parallele di terreno,
da destinarsi a colture diverse, dimostrando di essere aggiornato sulle soluzioni raccomandate dai
coevi trattati di frutticoltura.16
Sebbene non esistano prove tangibili della messa in opera di tale progetto, è interessante rilevare
che all’inizio del XX secolo il sito è riportato tra le voci del Registro per il nuovo catasto come
«giardino di delizie»17 ed è certo che la destinazione a frutteto di un’ampia area del parco del
castello risulta documentata dalle fotografie storiche fino almeno agli anni Trenta del Novecento,
11
Ibidem, p. 151, nota 29.
R. MOROZZO DELLA ROCCA, La Rocca, cit., p. 5.
13
C. BONARDI, La difesa, cit., p. 151.
14
R. MOROZZO DELLA ROCCA, La Rocca, cit., p. 6.
15
Archivio di Stato di Torino, Fondo Spurgazzi, disegni, n. 72. Ringrazio Rinaldo Comba per la segnalazione.
16
Si veda ad esempio il Manuale del frutticoltore italiano, contenente la descrizione e la coltivazione delle piante
fruttifere che allignano in Italia, dei fratelli Marcellino e Giuseppe Roda, Torino, Stamperia Reale di G.B. Paravia
1881. Il trattato doveva essere facilmente reperibile anche grazie alla promozione operata dalla Reale Accademia di
Agricoltura di Torino di cui i fratelli Roda erano membri. Si tenga infine presente che la ditta G. Roda e figli aveva
lavorato a Mondovì nel 1872, a Cherasco nel 1877, a Carrù nel 1885 e a Savigliano el 1892.
17
Devo questa segnalazione a Giuseppe Viara, che colgo l’occasione di ringraziare per aver reso disponibili i documenti
raccolti, in originale e in copia, presso l’Archivio Storico Comunale di Rocca de’ Baldi, ai fini del presente studio.
12
5
quando gli ambienti interni, già adibiti ad Asilo Infantile,18 vennero successivamente destinati a
Colonia Agricola, tra le cui attività dovevano essere previste le sperimentazioni dei futuri
frutticoltori.
Attualmente il parco si presenta con una fitta zona boscata nei pressi del castello e un’ampia radura
a prato verso meridione.
18
Asilo Infantile di San Marco di Rocca de’ Baldi, «che ne concesse la maggior parte in affitto alla Colonia Agricola
Orfani di Guerra». Cfr. R. MOROZZO DELLA ROCCA, La Rocca, cit., p. 6
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