COMPLESSO d`EDIPO - Rinascimento-Idea

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COMPLESSO d`EDIPO - Rinascimento-Idea
COMPLESSO d’EDIPO
Giulia Paola Di Nicola
Si tratta dell’insieme strutturato di desideri alla volta amorosi e ostili che il
bambino prova di fronte ai genitori durante la fase fallica. Secondo Freud, questa
fase si situa tra i 3 e i 5 anni. Il suo declino corrisponde per il bambino all’entrata
nel periodo della latenza. Durante la pubertà, il complesso d'Edipo riscontra una
sorta di risonanza che l'adolescente supera con più o meno successo. Il
complesso d'Edipo è un «processo» che deve condurre alla scomparsa di questi
desideri. Gioca un ruolo decisivo nella strutturazione della personalità e
nell'accesso del soggetto al desiderio umano.
L’espressione di «complesso d'Edipo» apparve tardi nell'opera di Freud (1910). La
sua scoperta è tuttavia preparata da molto tempo. Freud vi fu condotto dalla sua
auto-analisi; a riconoscere ossia in sé l’amore per la propria madre, e verso suo
padre una gelosia in conflitto con l'affezione che pure gli portava.
Nel 1897, egli scrisse all’ amico Fliess: «Ho trovato in me dei sentimenti d'amore
verso mia madre e della gelosia verso mio padre, sentimenti che sono, credo,
comuni a tutti i bambini». Freud aggiunge: «Il potere d’irretimento d'Edipo Re
diventa intelligibile, […] il mito greco mette in valore una compulsione tale che
ognuno riconosce di avere percepito in sé stesso delle tracce della sua esistenza.»
È così che inizialmente Freud affermò l'universalità dell'Edipo: « Ogni essere
umano si vede imporre il compito di governare il complesso d'Edipo… » (Tre Saggi
sulla sessualità , 1905).
Il mito d'Edipo
Edipo, figlio di Laio e di Giocasta, è
un personaggio centrale dei miti greci.
L'oracolo aveva predetto a Laio che se avesse avuto un bambino, questi
l’avrebbe ucciso, ne avrebbe sposato la moglie e preso il suo regno. Dalla nascita,
Edipo fu dunque condannato a morte. Ma colui che doveva ucciderlo non ne ebbe
il coraggio e l'abbandonò in montagna. Un pastore al servizio del re di Corinto
passò da lì, raccolse il bambino e l’allevò come proprio figlio. Coraggioso e
intelligente, Edipo fu infine adottato dal re Polibio, che non aveva figli. Appena
uscito dall’adolescenza Edipo consultò l'oracolo di Delfi e apprese con terrore che
egli avrebbe ucciso suo padre e sposato sua madre. Per sfuggire al proprio
destino, egli lascia Corinto e si reca a Tebe. Sulla strada, scoppia un litigio con un
gruppo di persone che egli incrocia, nel corso del quale uccide un vecchio
sconosciuto. Questo vecchio era Laio, ma Edipo non lo saprà che in seguito.
Mentre egli raggiunge Tebe, una doppia calamità s’abbatteva sulla città: il re
veniva assassinato, e una bestia mostruosa, la Sfinge, divorava ogni giorno dei
giovani del paese. Giocasta, la regina, aveva annunciato che essa avrebbe sposato
colui che avesse liberato la città da questo mostro, e che gli avrebbe consegnato il
suo regno. Edipo si presenta davanti alla Sfinge e risponde per primo all'enigma
che questa poneva a tutti coloro che cadevano tra le sue mani, e che uccideva se
non trovavano la risposta per l'enigma. Edipo sposa Giocasta e diventa padrone
d'un grande Paese. Egli ebbe quattro figli ed era in uno stato di grazia quando
Tebe fu devastata dalla peste. Interrogato su cosa occorresse per far cessar
l’epidemia, l'oracolo di Delfi risponse che occorreva cacciare l’assassino di Laio,
la cui uccisione era la causa della pestilenza del Paese. Edipo condusse egli
stesso l’inchiesta. Credendosi sempre il figlio di Polibio, scopre poco a poco con
orrore il suo doppio crimine: l’assassinio e l’incesto. Giocasta si pente, Edipo si
strappa gli occhi per non vedere più la luce del giorno e parte in esilio,
perseguitato dalla maledizione di tutti. Solo sua figlia, Antigone, gli resta fedele
fino alla morte. La maledizione s’abbattè tuttavia su tutta la sua discendenza: i
suoi due figli si conte sero il possesso del regno, e Antigone fu giustiziata per
ordine di Creonte il traditore, fratello di Giocasta.
Elaborazione del mito in Freud
Dal 1905 (Tre saggi sulla sessualità ), Freud affermò l'universalità dell'Edipo:
«Ogni essere umano si vede imporre il compito di governare il complesso
d'Edipo…». Il tragitto è difficile, e il conflitto edipico dà luogo a due storie
differenti a seconda che se si è bambino o bambina.
Senza dubbio si deve osservare con Freud, in ciò che concerne la teoria dello
sviluppo psicosessuale dei due sessi, che fino allo stadio fallico la storia infantile
è la stessa: la libido in effetti « è di natura maschile presso la donna come presso
l'uomo ». Bambini e bambine hanno la stessa relazione libidinale con la madre,
che diventa nell'uno e nell’altro caso, l'oggetto privilegiato delle pulsioni genitali.
Le bambine si percepiscono tutte provviste d'un pene che esse investono come
fonte di piacere e di potenza sessuale. Successivamente, la scoperta della
differenza anatomica dei sessi le conduce a considerare che esistono due specie
d'individui: quelli che hanno un pene, e quelle che ne hanno la sua castrazione. A
partire da qui, le vite divergono. In ciò che concerne il bambino, Freud sostiene
(Abbozzo di psicoanalisi, 1940): «Quando il bambino (verso i 2 o 3 anni) entra
nella fase fallica della sua evoluzione libidinale, egli avverte le sensazioni
voluttuose procurategli dal suo organo sessuale; quando egli apprende a
procurarsele a suo piacimento da solo, per stimolazione manuale, egli si
innamora della madre e desidera possederla fisicamente alla maniera in cui le
sue osservazioni
d'ordine sessuale e il suo intuito gli hanno permesso di
indovinare. Egli cerca di sedurla esibendo il pene, il cui possesso lo riempie di
fierezza. In breve, la sua virilità ben presto svegliata, lo incita a volere rimpiazzare
presso di lei suo padre che fino a questo momento era stato un modello a causa
della sua evidente forza fisica e dell'autorità di cui era investito; adesso, il
bambino considera suo padre come un rivale». La scoperta del bambino della
"castrazione" della madre comporterà per il bambino «il declino del complesso
d'Edipo», poiché tale scoperta viene a confermare l'angoscia della castrazione
(sotto la forma: “posso dunque io realmente perdere il mio pene?” ). Da qui ne
segue che le posizioni edipiche non sono durature: né la posizione maschile, che
implica la castrazione come punizione dell'incesto, né la posizione femminile
implicata a titolo di presupposizione. Il bambino deve abbandonare l'investimento
come oggetto d'amore della madre,investimento che sarà trasformato in una
identificazione, più spesso col padre, qualche volta con la madre, o meglio ancora
nella coesistenza di queste due identificazioni .
Secondo Freud, lo sbocco della traiettoria edipica deve essere non certo la
rimozione ma, «se le cose si evolvono in maniera ideale, […] una distruzione e
una soppressione del complesso». (La scomparsa del complesso d'Edipo). Freud
osserva per altro verso che le scelte d'oggetto edipico riappaiono nella pubertà, e
che, l'adolescente, messo davanti al gravoso compito di respingere i suoi fantasmi
incestuosi, deve compiere «una delle realizzazioni più importanti, ma anche tra le
più dolorose del periodo puberale: l'affrancamento dall'autorità genitoriale». Si
tratta
dunque d'un vero «processo», al termine del quale il soggetto deve
pervenire alla posizione sessuale del soggetto desiderante e all’attitudine sociale
adulta.
Complesso d'Edipo della bambina
Come per il bambino, il suo primo oggetto d'amore è la madre. Le necessiterà
dunque di staccarsi da lei per potere orientare il suo desiderio verso il padre. Il
processo per la bambina si rivela più lungo e complicato: constatando che essa è
sprovvista di pene, essa si considera come castrata e normalmente si allontana
dalla madre, alla quale rimprovera di averla messa al mondo senza pene, e sceglie
il padre come oggetto d'amore (Sulla sessualità femminile, 1931), identificandosi
quindi con la madre e volendo rimpiazzarla presso il padre. Essa può volgersi in
odio: al rancore legato all’ invidia del pene s'aggiunge allora la gelosia edipica.
Freud considera che la ragione della scomparsa del complesso d'Edipo presso la
bambina non è chiara. Comunque sia, che abbia i tratti evolutivi tipici di un
bambino o di una bambina, il passaggio ineluttabile attraverso l'Edipo deve
permettere al soggetto d’approdare alla condizione eterosessuale, e alla
formazione del Super-Io, fonte della morale e della vita sociale .
La ridefinizione del complesso d'Edipo in Lacan
La «triangolazione edipica» proposta da Freud rende conto chiaramente che si
tratta d'un movimento, d’una traiettoria percorsa dal bambino, e indica, tuttavia,
poco sul suo esito. Ciò attiene al fatto che la concezione freudiana del complesso
d'Edipo attribuisce al padre e alla madre delle posizioni simmetriche
nel
rapporto che essi intrattengono l'un l’altro con il bambino. Ora, Lacan argomenta
che non è proprio così. Per lui, all'origine, non esiste una rappresentazione
triangolare. Piuttosto egli parla di ciò che chiama la “metafora paterna”, ossia la
funzione simbolica paterna o Nome-del-Padre. Per lui, il «significante» Nome -delPadre costituisce il principio efficace dell’Edipo dal cui gioco è neutralizzato il
desiderio della madre. La funzione dell'Edipo sarebbe dunque di promuovere la
castrazione simbolica.
Complesso di castrazione (Kastrationskomplex)
Questo complesso è incentrato in psicoanalisi sul fantasma della castrazione,
questo costituendo la risposta psichica del bambino all'enigma che diventa per lui
della scoperta della differenza anatomica dei sessi, ossia la constatazione della
presenza o assenza del pene: la causa di questa differenza è l'assenza del pene
presso la bambina.
La struttura e gli effetti del complesso di castrazione sono differenti presso il
bambino e presso la bambina, secondo Freud. Il bambino teme la castrazione
come la realizzazione d’una minaccia paterna in risposta alle sue attività
sessuali, ciò che provoca presso di lui un’angoscia di castrazione. La bambina,
per parte sua, avverte l'assenza del pene come un pregiudizio che essa cerca di
negare, di compensare o di correggere. Il complesso di castrazione è
strettamente legato al complesso d'Edipo e specialmente alla funzione interdittiva
e normativa di cui è portatore. Per Lacan, si tratterà di quella stesse
conseguenze determinate dalla soggezione del soggetto al significante .
Complesso di castrazione e complesso d'Edipo
L'analisi del Piccolo Hans (1908) fu fondamentale per la scoperta del complesso
di castrazione in Freud. Questo complesso vi è descritto in relazione alla «teoria
sessuale infantile», secondo la quale il bambino attribuisce un pene a tutti gli
esseri umani e non può comprendere che attribuendola alla castrazione la
differenza anatomica dei sessi. Così, senza essere formalmente indicata da Freud,
l'universalità del complesso di castrazione sembra implicitemente ammessa. Ed
è connessa al primato del pene nei due sessi. «Il pene è già nell'infanzia la zona
erogena direttrice, l'oggetto sessuale auto-erotico più importante, e la sua
valorizzazione determina logicamente l'impossibilità di rappresentarsi un pericolo
reale per l’Io senza questa parte costituente essenziale » (Le teorie sessuali
infantili, 1908).
In seguito, Freud attribuirà uno spazio fondamentale al complesso di castrazione
nell'evoluzione della sessualità infantile per i due sessi. La sua relazione con il
complesso d'Edipo sarà formulata e la sua universalità sarà pienamente
affermata. Questa teorizzazione è correlata alla messa in luce in Freud nello
sviluppo del bambino d’una fase fallica: «In questo stadio dell'organizzazione
genitale infantile, c’è senz’altro un maschile ma non un femminile; l'alternativa è
l’organo genitale maschile o essere castrato». L'unità del complesso di castrazione
nei due sessi non è concepibile che dal fondamento comune seguente: l'oggetto
della castrazione, il fallo, presenta in questo stadio una stessa importanza per la
bambina e per il bambino, e comporta la stessa questione: avere o no il fallo. Per
il bambino, l'agente della castrazione è il padre, che rappresenta per lui tutte le
minacce formulate dagli altri suoi pericoli. La situazione è meno netta per la
bambina che, in posizione di rivalità con sua madre, si sente forse priva di pene
più a causa di costei che del padre.
Nella sua interazione con il complesso d'Edipo, il complesso di castrazione gioca
differenteme nte per ognuno dei due sessi: inaugurando per la bambina la ricerca
che la condurrà a desiderare il pene paterno, costituisce per questa il momento
d'entrata nell'Edipo. Per il bambino, segna al contrario
la fine dell’Edipo, che
interdice al bambino ogni desiderio per sua madre.
La presenza del complesso di castrazione presso ogni essere umano si riscontra
in maniera costante
nell'esperienza analitica. Ma come si può spiegare
realmente questa presenza? La bambina può realmente sentirsi priva di ciò che
non ha? Un gran numero di spiegazioni teoriche hanno cercato di fondare il
complesso di castrazione su un’altra realtà psichica che sulla minaccia di
castrazione. Le femministe in particolare si sono ribellate contro l'ipotesi
freudiana dell'universalità del desiderio
di possesso d'un pene da parte della
bambina. Occorre tuttavia comprendere che è nella castrazione, in quanto una
delle facce delle relazioni interpersonali, che la struttura dell’essere umano trova
la sua origine e che si specifica il suo desiderio sessuale.
Esiste, è
vero, un certo numero di paradossi nella teoria del complesso di
castrazione, tra l’ altro quello secondo il quale, in ciò che concerne il bambino,
questi non può uscire dall’Edipo e accedere all’ identificazione paterna se non
ha attraversato l’eperienza della castrazione, ossia essersi visto rifutato l'uso del
pene come strumento di desiderio per la madre. Nella «minaccia di castrazione »
che costituisce la proibizione dell’incesto viene a incarnarsi la Legge in quanto
istitutrice dell'ordine umano, come Freud illustra in Totem e Tabù (1912), dove fa
riferimento al mito del padre originario che si riserva, sotto la minaccia di
castrazione del figlio, l'uso esclusivo delle femmine della tribù .
La questione della castrazione in Jacques Lacan
Lacan, in seguito, proseguirà sulla scia di Freud sulla questione della castrazione.
Per lui, la castrazione s’incentra in un’operazione simbolica che determina la
struttura del soggetto, uomo o donna che sia: per Lacan, ogni essere umano deve
passare sotto le forche caudine della castrazione per accedere allo statuto del
«soggetto», che esso solo gli permetterà di vivere il suo desiderio e la sua
sessualità. Interviene però un’aporia: perché occorre essere inizialmente castrato
perché egli possa aprirsi all’accesso a una maturità genitale? Nei suoi Scritti
(1966), Lacan tenta di rispondere a questa questione appoggiandosi sulle tre
categorie del reale, del simbolico e dell’immaginario che costituiscono la base
d’una nuova topica presente in ogni sua opera.
Egli asserisce così che la castrazione non concerne il reale. Essa poggia sul fallo
sì, che tuttavia non designa l'organo maschile nella sua realtà corporale (ossia il
pene ), ma ne sottolinea il valore simbolico di questo. Si tratta in effetti d'un
oggetto immaginario. Osservazione di una certa importanza riguardo alla teoria
freudiana della castrazione, poiché a partire da questo fatto - il rapporto che
intrattiene la castrazione con il complesso d'Edipo - si istituisce in una maniera
identica per l'uno e l’altro sesso: il bambino che ha scoperto la differenza
anatomica dei sessi, come anche il fatto che la madre ne è sprovvista, tenta, in
un primo momento, di «essere» il fallo di lei per captare il suo desiderio. Poi
(secondo tempo) è costretto a lasciare questa posizione in ragione del divieto
dell’incesto che gli oppone il padre simbolico, secondo la Legge, in cui la
mediazione è assicurata dalla parola della madre. Il bambino s’impone così
d’interdirsi la madre come oggetto di desiderio nello stesso tempo che questa è
sottomessa alla stessa interdizione. È allora che interviene il padre reale, colui
che, per i l bambino, è supposto – immaginariamente – avere il fallo, e che, nella
realtà è l’oggetto del desiderio della madre. Non resta, da qui, al bambino che
rinunciare a «essere» il fallo della madre. Quanto alla bambina, le sarà allora
possibile di staccarsi dal padre per cercare l'oggetto del suo desiderio
(seminario5, Le Formazioni dell’inconscio, 1957-1958).
La castrazione, nel senso inteso da Lacan, implica dunque la rinuncia a «essere»
il fallo. Ma essa necessita altresì dell’avvenimento d’una altra operazione, quella
di rinunciare a «avere» il fallo — oggetto immaginario, ricordiamolo, e come tale
radicalmente separato del corpo, staccabile da questi. Così, la castrazione fa del
fallo l'oggetto del desiderio, oggetto definitivamente perduto. Questo «effetto della
castrazione » non mette in scena il fantasma, e dalla stesso tempo trattiene il
desiderio. Il fallo è dunque ad un tempo causa e oggetto del desiderio .
Conflitto psichico (psychischer Konflikt)
La psicoanalisi parla di conflitto quando presso un soggetto si contrappongono
delle esigenze interne contrarie. Il conflitto può essere manifesto, per esempio tra
un desiderio e una esigenza morale, o ancora, tra due sentimenti contraddittori.
Può così essere latente, potendo allora esprimersi in maniera deformata nel
conflitto manifesto, e tradursi nella formazione di sintomi, di disordini della
condotta, di disturbi del carattere.
Per la psicoanalisi, il conflitto è inerente all'essere umano: conflitto tra il
desiderio e la difesa, conflitto tra le differenti istanze, conflitto tra le pulsioni,
conflitto edipico infine dove non solamente sentimenti e desideri contrari
s’affrontano, ma dove costoro si confrontano con l'impedito.
La psicoanalisi e il conflitto psichico
Dall’origine, la psicoanalisi ha incontrato la questione del conflitto psichico ed è
stata rapidamente condotta a impattare col punto cruciale della teoria delle
nevrosi.
Gli Studi sull'isteria (1895) mettono in luce come Freud, nella cura incontra man
mano che gli approcciao dei ricordi patogeni una resistenza crescente delle sue
pazienti, in cui egli pensa che essa non è altro che l’espressione attuale d’una
difesa interiore contro delle rappresentazioni
che egli qualifica come
inconcialiabili . In questa epoca, l'attività difensiva apparve come il fenomeno
maggiore nell'eziologia dell'isteria ed estesa alle altre psiconevrosi definite allora
come «psiconevrosi di difesa». Il sintomo nevroticoapparve allora come il prodotto
d'un compromesso tra due rappresentazioni agenti come due forze in senso
contrario, così presente e imperiosa sia l’una che l'altra: «… il processo descritto
qui: conflitto, rimosso, sostituzione sotto forma di formazione di compromesso si
rinnova in tutti i sintomi psiconevrotici .» Allo stesso modo questo processo si
ritrova all'opera più generalmente in dei fenomeni come il sogno, l’atto mancato,
il ricordo, ecc.
Il conflitto psichico apparve dunque come un dato rilevante dell'esperienza
psicoanalitica. È facile darne degli esempi clinici, ma molto meno ricavarne una
teoria. Durante tutta la sua vita, Freud richiamò questa nozione e ogni lungo
della sua opera, la questione del fondamento ultimo del conflitto ha ricevuto delle
soluzioni differenti. Notiamo inizialmente che si può tentare un approccio
del
conflitto e renderne conto in due maniere distinte: da una parte a livello topico,
invocando il conflitto tra dei sistemi o delle istanze, d’altra parte, a un livello che
si può qualificare economico-dinamico, come conflitto tra pulsioni. Secondo
Freud, questo secondo tipo di spiegazione sembra il più radicale, ma l’
articolazione dei due livelli è spesso difficile da stabilire, una istanza data ,
prendendo parte a un conflitto, non corrisponde necessariamente e a un tipo
specifico di pulsione .
Conflitto psichico e prima topica di Freud
Nel quadro della prima teoria metapsicologica che costituisce la prima topica, il
conflitto forse ricondotto all'opposizione di sistemi « inconscio » da una parte, «
preconscio » e « conscio » dall’altra parte, separati dalla censura, funzione che
tende a interdire ai desideri inconsci e alle formazioni che ne discendono
l'accesso al sistema preconscio-conscio. La dualità di questi sistemi corrisponde
così all’opposizione tra principio di piacere e principio di realtà, il secondo
cercando sempre di neutralizzare il primo. Per Freud, le due forze che si
contrappongono sono, allora, la sessualità, che nella teoria psicoanalista non
designa solamente le attività propriamente sessuali e il piacere che le
accompagna, ma ogni specie d'eccitazione e d'attività presenti fin dall’infanzia
che rappresentando un piacere derivante dalla soddisfazione d'un bisogno
psicologico fondamentale, e che si ritrovano come componenti nella forma
dell’amore sessuale. Alla sessualità così intesa s'oppone una istanza respingente
comprendente specialmente le aspirazioni etiche, estetiche della personalità, la
causa del rimosso essendo riferibile a dei caratteri specifici delle rappresentazioni
sessuali che le renderebbero inconcialiabili con l’Io in quanto polo difensivo
della personalità e dunque generatori di dispiacere per esso.
In seguito Freud cercò un supporto pulsionale all'istanza respingente: la dualità
delle pulsioni
sessuali e delle pulsioni d'auto-conservazione (definite come
pulsioni dell’Io ) è allora ritenuta essere il cuore del conflitto psichico. «… il
pensiero psicoanalitico deve ammettere che (certe) rappresentazioni sono
entrate in opposizione con altre, più forti di esse, rappresentazioni per le quali
noi impieghiamo il concetto inglobante di Io
che, secondo i casi è
differentemente composto; le prime rappresentazioni sono da questo fatto
rimosse. Ma da dove può provenir questa opposizione che provoca il rimosso tra
l’Io e certi gruppi di rappresentazioni? […] La nostra attenzione fu attirata
dall'importanza delle pulsioni per la vita rappresentativa; noi abbiamo appreso
che ogni pulsione
cerca d’imporsi
animandone le rappresentazioni,
conformemente ai suoi scopi. Queste pulsioni non si conciliano sempre; spesso
esse arrivano a un conflitto d'interesse; le opposizioni delle rappresentazioni
non sono che l’espressione dei conflitti tra le differenti pulsioni …»
Conflitto psichico nella seconda topica
In seguito, la seconda topica venne ad apportare un modello della personalità più
vario. Il nuovo dualismo pulsionale invocato da Freud, quello della pulsione di
vita e della pulsione di morte, sembra costituire, sul fondo d’una opposizione
radicale delle due forme di pulsioni, un fondamento alla teoria del conflitto. Ad
ogni modo, la nozione stessa di conflitto apparve profondamente rinnovata.
1) La nozione di forze pulsionali, animando le differenti istanze, si precisa (per
esempio Freud descrisse il Super-Io come sadico), quando neanche una di esse si
vede affetta da un solo tipo di pulsione .
2) Le pulsioni
di vita sembrano ricoprire la gran parte delle opposizioni
conflittuali precedentemente rivelate da Freud a partire dall’esperienza clinica.
Così dice egli nel Compendio di psicoanalisi (1938): «… L'opposizione tra
pulsioni d'auto-conservazione e pulsioni
di conservazione della specie, come
anche l'altra opposizione tra amore dell’Io e amore oggettuale, si situano esse
stesse nel quadro dell'Eros».
3) Piuttosto che come polo di conflitto, la pulsione
interpretata da Freud come principio stesso di conflitto .
di morte talvolta è
Uno sguardo d'insieme sull'evoluzione delle rappresentazioni che Freud s’è dato
del conflitto mostra che egli cerca sempre di ricondurre questi a un dualismo
irriducibile in cui il solo fondamento sarebbe costituito da una opposizione
fatalmente presente tra due forze contrarie. D’altra parte, si constata che la
sessualità resta sempre uno dei poli del conflitto quando finanche l'altro si
situarebbe di più dal lato delle realtà mutevoli (tale l’ «Io », le «pulsioni dell’Io », le
«pulsioni di morte»). Dal debutto della sua opera Freud insiste sul legame che
esiste tra la sessualità e il conflitto: «… l'osservazione ci mostra regolarmente,
così lontano che porti il nostro giudizio, che le eccitazioni alle quali è assegnato
il ruolo patogeno provengono dalle pulsioni
parziali della vita sessuale».
(Compendio di psicoanalisi).
Possiamo interrogarci sulla giustificazione teorica di questa questione, lasciata
pendente da Freud, in molti luoghi della sua opera. Egli ha evocato i caratteri
particolari della sessualità umana che fanno sì che «il punto debole
dell'organizzazione dell’Io si trovi nella sua relazione con la funzione sessuale.»
Un approfondimento della questione del conflitto psichico non può che sboccare
sulla questione del conflitto fondamentale per il soggetto umano: il complesso
d'Edipo.
La psicologia e il conflitto
In psicologia, si chiama conflitto un’opposizione tra numerosi soggetti o numerosi
gruppi, o meglio, all’interno d'uno stesso soggetto, un’opposizione tra forze o
tendenze contrarie.
Un esempio di classificazione dei conflitti
La descrizione dei conflitti di cui si diceva attiene evidentemente al campo della
ricerca psicoanalitica. Nel 1935, Kurt Lewin, l'inventore d'un nuovo modello di
psicologia dinamica, propose di classificare tutte le situazioni conflittuali in tre
grandi gruppi, a seconda dello scopo dell'azione, il quale può essere desiderabile
o no. I primi sono dei conflitti detti sì-sì, tra due scopi a valenza positiva; è il
caso illustrato dall’ asino di Buridano, incapace di scegliere tra un secchio
d'acqua e un fascio d'avena, quand’egli ha sete e fame; più prosaicamente,
citiamo lo spettatore che esita tra le trasmissione di diversi canali televisivi,
l'uomo a cui si propone numerose situazioni, la ragazza che non si decide tra due
spasimanti.
Nel conflitto no-no, le due valenze sono negative: pagare una multa è
sgradevole; non farlo, è esporsi a un rischio peggiore. Più frequenti ancora sono
le situazioni no-sì, dove uno stesso scopo si trova affetto di volta in volta d’una
valenza positiva e d’una valenza negativa. L'esempio più tipico è quello della
pulsione sessuale allorché la soddisfazione intravista si scontra con i divieti
della società o dell'educazione. Si ritrova qui il conflitto di tipo freudiano. Lewin
propone (A Dinamic Theory of Personality , New York, 1935) di descrivere le
esitazioni, le oscillazioni in atto dell’individuo impegnato in questi conflitti, con
dei concetti nuovi presi in prestito dalla teoria topologica dei campi.
La psicologia sociale
La psicologia sociale e la dinamica de gruppi hanno rinnovato lo studio dei
conflitti descrivendoli in termini di conflitti di ruoli. Il ruolo sociale può essere
definito come l'insieme dei comportamenti ai quali il gruppo è in diritto d’
attendersi da parte d'un soggetto, per via della sua posizione nella società. Il
ruolo del medico implica, per esempio, che lo si può chiamare per un malato
grave nel mezzo della notte. Ma un soggetto dato assume numerosi ruoli (questo
medico può essere marito, padre di famiglia, membro d'un partito politico,
ecc.).Questi ruoli possono essere incompatibili, sia a causa d'un pregiudizio
(citiamo il caso delle prime donne medico, e oggi ancora, negli Stati Uniti, dei
medici Neri ), sia perché il soggetto si trova davanti l'impossibilità reale
d'assumere insieme due ruoli distinti.
Se la personalità umana da un lato non può formarsi e svilupparsi che
superando un certo numero di situazioni conflittuali (volerle risparmiare tutte ai
figli sarebbe une errore grave dell’educatore), dall’altro dei conflitti troppo forti o
troppo frequenti comportano un rischio permanente di nevrosi.
GIULIA PAOLA DI NICOLA
Nata a Chieti, il 26/06/1949
residente in Via Torre Bruciata, 17 - 64100-TERAMO
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Complesso d'Edipo - (Ödipuskomplex)