Il giovane Holden non si fa riprendere

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Il giovane Holden non si fa riprendere
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IL CAFFÈ
11 maggio 2014
tra
virgolette
Storia di un uomo
alla deriva col cibo
libri
“M
ai e poi mai, dovrete passare sul mio
cadavere”. Ridotta
all’essenziale, è la lettera che Jerome David Salinger scrisse nel
1957, negando per l’ennesima
volta i diritti del libro “Il giovane
Holden” al cinema. “Non sono
ricco, per mia moglie il romanzo potrebbe tornare utile come
un’assicurazione sulla vita. Ma
io non vedrò lo scempio”, insiste. Forte di due ottimi motivi:
l’insulsaggine degli attori adolescenti in forza a Hollywood e
la difficoltà nel trasferire sullo
schermo la parlata del protagonista. Fuori campo, o trasformata in dialoghi, avrebbe rotto
l’incanto. Esattamente quel che
Luchino Visconti intendeva con
la frase: “Al cinema, Proust diventa Balzac”.
La parlata di Holden Caulfield era stata tradotta mezzo
secolo fa da Adriana Motti,
che inventò un linguaggio giovanile inesistente nei romanzi
italiani. Fece del suo meglio con
le baggianate, l’infanzia schifa,
il pallone gonfiato (sta per
“phony”, indica tutto quel che il
giovane Holden disprezza, cinema compreso), gli innumerevoli “e compagnia bella”. Con
sprezzo del pericolo, ci riprova
Matteo Colombo. La nuova traduzione esce da Einaudi, una
modesta proposta avanzata negli anni ‘90 da Alessandro Baricco – che ha intitolato a Holden
la sua scuola di narrazione – fu
respinta dagli ormai maturi fan
come un’eresia. Quasi in contemporanea, il 20 maggio, uscirà per un solo giorno nelle sale
italiane il documentario “Salinger” di Shane Salerno (poi in
Dvd nella collana Feltrinelli Re-
Certi scrittori
prestano voce
e volto ai film,
altri si negano
al cinema
I
Il giovane Holden
non si fa riprendere
schermi
MARIAROSA MANCUSO
el cinema). Basato su centinaia
di interviste e una decina d’anni
di lavoro, indaga su uno dei
grandi reclusi del romanzo
americano.
L’altro grande recluso si
chiama Thomas Pynchon, che a
differenza di Salinger non ha
mai smesso di scrivere (tra le
sua carte non è stato trovato
nulla, meno che mai il seguito
del “Giovane Holden”).
Dal suo romanzo “Inherent
Vice” (“Vizio di forma” per Einaudi) il regista di “The Master”
Paul Thomas Anderson ha tratto uno dei film più attesi del
2014. In una puntata dei Simpson, Mr Pynchon compariva
JEROME DAVID
SALINGER
Il 20 maggio,
uscirà per un
solo giorno
nelle sale il
documentario
“Salinger”
di Shane
Salerno,
poi sarà
visibile
solo in dvd
con un sacchetto di carta in testa, accettando però di prestare
la sua voce al cartoon.
Non è l’unica comparsata
che i romanzieri si sono concessi al cinema. Salman Rushdie
compare nel “Diario di Bridget
Jones” nella parte di se stesso, e
sarà poi un dottore nel film di
Helen Hunt “Quando tutto
cambia”. Graham Greene ha un
piccolo ruolo da assicuratore in
“Effetto notte” di François Truffaut. Cedette alle lusinghe pure
Roland Barthes. Nel film “Le sorelle Brontë” diretto da André
Téchiné fa William Thackeray,
lo scrittore di “La fiera delle vanità”.
MARCO BAZZI
ALLA DERIVA
Joris Karl
Huysmans
(Edizioni SE)
l cibo, la disperata ricerca di un’alimentazione sostenibile, è uno dei fili conduttori di un bellissimo
romanzo breve, Alla deriva, di Joris Karl Huysmans (Edizioni SE). Un testo scritto sul finire dell’Ottocento che molti amanti della letteratura considerano un mito, un capolavoro del decadentismo.
La gastronomia è un tema di cui si parla sempre
più spesso, come lo sono altri tre di questo romanzo:
la povertà, la solitudine e la prostituzione.
Mangiar bene costa, e Jean Folantin, l’impiegatuccio parigino protagonista della narrazione, non
ha nemmeno i soldi per pagarsi una cena decente.
“Alternava vinai e trattorie e, un giorno alla settimana, finiva in un posto dove facevano la bouillabaisse. La minestra e il pesce erano passabili, ma
non bisognava chiedere nessun’altra sbobba, le carni erano rattrappite come suole di scarpe e da tutti i
piatti emanava l’acre sentore dell’olio da lampada”.
La vita da scapolo quarantenne di Folantin,
scrivano copista, è segnata dalla solitudine e da
uno stipendio da fame. Neppure può permettersi di sfogare le sue voglie sessuali.
“Ah! Se il suo stipendio fosse stato più alto!
Sprovvisto di denaro com’era, non potendo pretendere di sedurre una ragazza a un ballo, si rivolgeva agli appostamenti nei corridoi, alle sventurate il cui grosso ventre s’incurvava radente il marciapiede (…). La sua fame carnale gli permetteva
di accettare gli scarti dell’amore”.
Così, Folantin vaga tra le viuzze di Parigi alla ricerca di cibo e di sesso. Ogni tanto, non avendo soldi, si limita a chiacchierare con una prostituta. “Poi si
ritirava, per discrezione, per paura di farle perdere i
clienti, e sospirava la fine del mese, ripromettendosi,
non appena avesse avuto in mano il mensile, felicità
rare”.
Il decadentista Huysmans non poteva non citare
il suo filosofo preferito: “Schopenhauer ha ragione,
si disse: la vita dell’uomo oscilla come un pendolo
tra il dolore e la noia”.
Il romanzo termina con una frase che simboleggia la deriva del personaggio: “Ebbene, decisamente
il meglio non esiste per la gente che non ha il becco
di un quattrino; soltanto il peggio arriva”.
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