55 Durante la prima età imperiale, Roma doveva
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55 Durante la prima età imperiale, Roma doveva
L'arte del giardino Durante la prima età imperiale, Roma doveva dare l’impressione di una città-giardino, non solo per l’abbondanza di fiorenti ville con giardini ma anche per i grandiosi impianti a verde pubblico e privato che nascevano nei vari quartieri. Sorgono i parchi pubblici, le passeggiate, i viali alberati e i giardini adiacenti alle terme. Nasce quella struttura urbana scandita da edifici collettivi e spazi aperti, tipici dell’area mediterranea, che nella sua evoluzione creerà la piazza come centro di vita quotidiana della comunità. Questo pullulare di spazi verdi pubblici e privati nella Roma del I sec d.C. fa nascere la problematica del verde urbano, dalla ricerca estetica alla funzione ambientale, in quanto il verde era visto come una strategia per eliminare gli sgradevoli odori della città densamente popolata. L’evoluzione del sistema verde in città si riflette su quella del giardino privato, l’hortus diventa parte dell’architettura e nasce l’ars topiaria ovvero l’arte di modellare i luoghi (topos) legata alla volontà di creare nuovi paesaggi, da dare un’immagine alla natura per creare aree gradevoli per il riposo, la sosta e la conversazione. Permarrà la conoscenza botanica della cultura contadina per le specie impiegate che Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia elenca come piante di uso comune il cipresso, il platano, l’oleandro, alberi da frutto e conifere; edera e bosso abbondano; nelle aiuole, felci, rose violette e bulbose in varietà. Le piante sempreverdi hanno grande importanza nel giardino romano; l’architettura, la botanica e l’idraulica divengono elementi chiave nella struttura del giardino in cui la vegetazione diviene essa stessa architettura creando scenari e prospettive complesse. Il giardino romano è fatto di schemi e rapporti tra edifici e spazi aperti articolati tra pergole, statue, canali e siepi. Nella casa di Ercolano il giardino è meno legato agli schemi classici; ad esempio, nella Villa dei Papiri il cui proprietario è suocero di Cesare, il giardino si complica secondo le regole dell’ars topiaria e si arricchisce di architetture come il Ninfeo (tempietto sacro corredato da un portico collocato in mezzo a boschetti di platani e viali con acqua), il larario (elemento primigenio del giardino romano, un altare collocato di fronte a un dipinto naturalistico protetto da un’aedicula), e l’Amaltheum (un giardino con tempio consacrato alla capra Amaltea, nutrice di Zeus). Fra i giardini imperiali, il più famoso è quello di Adriano (118-138 d.C.), vicino a Tivoli, semidistrutto dopo la morte dell’Imperatore. Nulla si sa sul significato del posto e riduttiva appare la connotazione di “luogo di festa”. La composizione è a grande scala, ha una pianta libera, anche se controllata geometricamente con elementi di scenografia ambientale che si ricollegano alla cultura ellenistica. Le frequenti incursioni germaniche tra Toscana e Lazio, devastarono l’Occidente e poco si salvò della cultura del giardino del V sec.; gli imperatori capirono che la costa orientale italiana offriva un rifugio sicuro e spostarono la loro residenza a Ravenna la quale rimase per altri 150 anni la culla della cultura antica e fu grazie a questa città se l’Italia non fu spogliata di quegli esempi dai quali i monaci, precursori della cultura, appresero l’Arte dei Giardini e poterono portare avanti la tradizione dell’antichità. Nuove direzioni • n. 14 marzo-aprile 2013 55