L`uso di documenti HTML per la didattica museale: il caso

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L`uso di documenti HTML per la didattica museale: il caso
L’uso di documenti HTML per la didattica museale: il caso del Museo Archeologico di
Rosignano Marittimo
Nell’ambito dell’allestimento del nuovo Museo Archeologico di Rosignano Marittimo si è
compiuta una sperimentazione basata sull’uso di documenti in formato HTML per la
realizzazione di un ipertesto interattivo a disposizione del pubblico (1). Si tratta di una
applicazione non molto frequente di questo formato multimediale oramai comunissimo, l’unico
impiegato nei documenti che costituiscono il World Wide Web. Il suo adattamento per una rete
museale locale ha implicato alcune trasformazioni che può essere interessante illustrare.
Al Museo Archeologico di Rosignano Marittimo, creato come piccola struttura civica negli
anni ‘50, è stata dedicata di recente una energia non comune nel panorama italiano. Il Museo è
stato riallestito una prima volta nel 1984, con criteri museografici moderni; nel corso degli ultimi
anni poi esso è stato completamente riorganizzato, avvalendosi di una nuova e molto più ampia
sede, recuperando materiali precedentemente conservati a Firenze, e accompagnandoli con un
apparato illustrativo radicalmente aggiornato. In questa nuova veste è stato inaugurato nell’estate
del 1996. Oltre alla collezione di manufatti, la struttura espositiva ha ora una spiccatissima
connotazione didattica, che si collega con l’ampio lavoro di ricerca svolto nel territorio negli
ultimi quindici anni, e assiduamente promosso e sostenuto dal Museo stesso. A questo scopo sono
stati allestiti oltre cinquanta pannelli, con testi articolati in vari livelli di lettura, e vari plastici
ricostruttivi; a questi strumenti didattici, se si vuole tradizionali, si è deciso di accostare un
audiovisivo dedicato alla pratica dell’archeologia sul campo ed un ipertesto che riprendesse in
veste diversa alcuni dei temi principali trattati nel museo. Per quanto riguarda quest’ultimo, si
intendeva offrire una sorta di percorso alternativo alla lettura in sequenza del testo dei pannelli,
rivolto specialmente ai visitatori più giovani, e in generale a quelli meno abituati alla lettura di
lunghi blocchi di testo. In particolare, per rendere più attraente la visita si è cercato di
incorporare nell’ipertesto anche un elemento ludico; in questo si è tenuto presente che i giochi
per computer rappresentano al giorno d’oggi una delle poche forme di comunicazione, insieme
alla televisione, verso cui bambini e adolescenti sono spontaneamente attratti. Esperienze di
questo genere sono divenute molto comuni in musei esteri (specialmente inglesi) a partire dalla
fine degli anni ‘70. In questo modo si è tentato di raggiungere quelle fasce di pubblico che molto
difficilmente vengono veramente ed efficacemente raggiunte con mezzi tradizionali.
Naturalmente non ci si è nemmeno avvicinati al livello di sofisticazione raggiunto dai giochi per
computer commerciali, per i quali sono oramai frequenti investimenti miliardari (sito giochi?).
Va notato che alcuni di essi hanno comunque un interessante contenuto che non può che essere
definito educativo (per rimanere nel campo di quelli che riguardano l’antichità, ed es. Civilization
I e II, Microprose, 1992 e 1996; Caesar II, Sierra, 1995). Si è quindi deciso di adattare allo
scopo richiesto un formato ipertestuale già esistente.
Uno dei vantaggi principali di questo approccio è che gli archeologi e i curatori possono
gestire ed espandere l’ipertesto senza bisogno di consulenze informatiche specialistiche. Queste
ultime sono spesso molto costose e comportano due altri inconvenienti non trascurabili: non
stimolano gli archeologi ad alfabetizzarsi informaticamente in modo serio e approfondito,
assuefacendoli invece all’uso di grucce anche per le operazioni più semplici; ancor peggio, la
comunicazione fra archeologi completamente digiuni di informatica e informatici che non hanno
il tempo di specializzarsi in archeologia risulta spesso in un dialogo fra sordi e in prodotti non in
linea con quanto avviene in altre grandi scuole archeologiche. La tendenza degli ultimi dieci anni
almeno infatti è di avere archeologi che si specializzino in applicazioni informatiche
all’archeologia, come ci si specializza in qualunque altra branca della materia. I grandi convegni
di computer applications, come l’annuale CAA, sono quasi interamente organizzati e frequentati
da archeologi.
Le scelte strategiche per la realizzazione dell’ipertesto si sono basate quindi su una serie di
semplici considerazioni. Era necessario che esso fosse facilmente condivisibile da vari terminali
disseminati nella struttura e che contemporaneamente potesse essere facilmente aggiornato dal
personale del Museo. Si è optato quindi per un documento HTML; si tratta infatti di un formato
relativamente semplice e concepito per la distribuzione in rete: su di esso si basa infatti l’intero
edificio della World Wide Web, certamente la rete che ha avuto l’impatto di massa più cospicuo
negli ultimi anni. Naturalmente l’ipertesto circola solo localmente all’interno del museo, ma la
sua struttura riproduce in miniatura le più ampie reti globali. Veniamo ora alla struttura
dell’ipertesto di Rosignano. Come si è detto, si intendeva includere un elemento ludico, in un
certo senso di sfida, che rendesse la consultazione più accattivante per il pubblico. A questo
scopo è stato necessario forzare in parte la logica del formato HTML. Essa infatti si basa su
strutture dendritiche concepite per facilitare al massimo la consultazione; questo tipo di ipertesti è
generalmente articolato in pagine, ciascuna delle quali contiene una serie di rimandi (links) ad
altre pagine analoghe. In pratica ognuno di questi nodi contiene un menù delle pagine che
dipendono gerarchicamente da esso. In un esempio concreto un ipertesto relativo ad una città
antica (come nel caso di una recente mostra su Pompei) può avere una prima pagina da cui si
può proseguire per vedere lo sviluppo cronologico della città oppure i suoi singoli edifici;
scegliendo questi ultimi (in genere cliccando sulla parola o sull’icona corrispondente) si arriva ad
una nuova pagina che contiene una lista di edifici; optando per uno di questi si arriva ad una
nuova pagina che oltre alle informazioni e alle immagini relative consente di proseguire in questa
zoomata visitando un singolo ambiente dell’edificio, e così via. Altri bottoni consentono sempre
di risalire al nodo soprastante. In queste strutture ad albero è praticamente impossibile perdersi e i
rari rimandi obliqui consentono semplicemente di visitare rami paralleli senza dover risalire al
nodo di congiunzione fra essi. Anche se ipertesti di questo genere funzionano in modo diverso
dallo svolgersi sequenziale delle pagine di un libro cartaceo, tuttavia si viene stimolati a
consultarli ordinatamente e metodicamente, ramo per ramo, in forme che possono risultare
noiose specie per coloro che non sono abituati a lunghi sforzi lineari di lettura. Un’alternativa
può essere costituita da documenti composti da unità autocontenute che contengano solo rimandi
obliqui a pagine simili; si ha quindi una struttura senza gerarchie (a parte il carattere speciale del
nodo di entrata), che viene di fatto a costituire una sorta di labirinto, in cui non è immediato
capire come si arriva ad un qualunque altro punto. In questo modo la navigazione acquista un
elemento di sfida e di imprevedibilità che tendono a stimolare la curiosità del visitatore.
Su questa base è stato articolato il blocco principale dell’ipertesto di Rosignano, che
riguarda l’archeologia dei territori di Volterra e di Pisa (all’interno dei quali si trova il bacino di
utenza del Museo). Il menù di apertura consente di scegliere fra quattro accessi diversi:
topografico, cronologico, funzionale e produttivo. Al di sotto di questi nodi si trovano una serie
di pagine, ciascuna composta da una immagine e da un testo, il quale contiene molti rimandi ad
altre pagine che si trovano in punti disparati dell’ipertesto. Non vi è alcuna gerarchia o via
principale di consultazione, ma da ogni nodo procede verso quello collegato che incuriosisce di
più. I meccanismi di collegamento sono paragonabili a quelli della associazione mentale: dalla
pagina dedicata agli insediamenti agricoli, ad esempio, si può accedere a quelle dedicate alle
fattorie, alle ville, all’agricoltura in generale, e alle epoche etrusca, romana e medievale (Fig. 1).
Poiché tutte le pagine sono concepite così, è possibile navigare nell’ipertesto seguendo
semplicemente il filo della propria curiosità, senza che vi sia un dover essere rappresentato da un
percorso sistematico e suggerito dagli autori. Ogni consultazione assume in tal modo uno schema
diverso, e non vi è mai garanzia di aver esplorato completamente tutte le pagine, ma al contrario
si ripassa spesso per punti già visitati, come in un piccolo labirinto. Ciò assicura quell’elemento di
sfida, di ostacolo da superare cui ci si riferiva prima. Inoltre, come per un effetto di specchi, si ha
la sensazione che la rete contenga molti più nodi di quelli che ha in realtà. L’ipertesto contiene in
effetti una quarantina di pagine, ma molti visitatori si fermano per un tempo superiore a quello
strettamente necessario a leggere tutti i testi presenti.
Nell’altro modulo per ora messo in funzione l’elemento ludico è ancora più marcato. Si
tratta questa volta all’opposto di un percorso unilineare che non consente deviazioni. Dopo una
breve introduzione che spiega gli elementi base della stratigrafia e dei suoi modi di formazione,
non è possibile procedere ulteriormente senza risolvere una serie di problemi stratigrafici,
presentati per mezzo di schemi e progressivamente sempre più complessi. Ad esempio,
analizzando la sezione di un muro, è necessario prima riconoscere l’interno e l’esterno
dell’edificio e poi il numero corrispondente al pavimento. Ogni quadro successivo viene
raggiunto solo scegliendo il link che corrisponde alla risposta corretta (Figg. 2-3). Qualunque
altra scelta porta ad un nodo di errore (Fig. 4), e di lì di nuovo alla pagina di partenza. Le due
strutture ipertestuali qui illustrate, che potremmo definire rispettivamente a costellazione e
unilineare, rappresentano solo due delle molte possibili alternative al tradizionale schema
dendritico. Si intende continuare la sperimentazione avviata a Rosignano aggiungendo in futuro
altri moduli, avvalendosi anche dell’esperienza del primo anno di funzionamento di quelli già
esistenti.
Il grande vantaggio dell’uso del formato HTML è la sua assoluta modularità: una struttura
aperta in cui è facilissimo aggiungere nuove pagine o interi blocchi, senza dover disporre di
competenze informatiche specialistiche. Ciò significa che gli archeologi possono direttamente
creare un ipertesto in questo formato senza dovere passare attraverso il filtro costituito da
informatici che spesso non hanno la preparazione per comprendere a fondo ciò che deve essere
comunicato. Inoltre in futuro, quando la cablatura di centri come Rosignano sarà completata,
sarà possibile distribuire l’ipertesto (o più verosimilmente una sua demo) sulla rete senza bisogno
di traduzioni di alcune genere. In questo processo sia gli utenti che gli addetti del Museo si vanno
familiarizzando con il formato in cui (se è consentito estrapolare da ciò che è avvenuto negli
ultimi pochi anni) una gran parte delle pubblicazioni del futuro saranno scritte.
Nicola Terrenato (*)
(1) Il notevolissimo sviluppo che l’archeologia ha avuto a Rosignano, sia sul piano della ricerca che su quello
espositivo, si deve alla infaticabile attività svolta da Edina Regoli. Anche nel caso illustrato in questo contributo, è
da lei che provengono l’idea, il reperimento delle risorse e il continuo scambio dialettico che hanno reso possibile la
realizzazione dell’ipertesto. L’elaborazione di quest’ultimo è stata fatta il collaborazione con l’amico Stefano
Veneziano, con la consulenza preziosa di Giovanni Staccone per la grafica e di Francesca Terrenato per i testi.
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Fi g . 2 .
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Fi g . 4 .
(* ) Un i v ers i t à d i Si en a, Un i v ers i t y o f Du rh am