Tsipras: dare soldi, vedere piano

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Tsipras: dare soldi, vedere piano
DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1
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Direttore ARTURO DIACONALE
delle Libertà
QUOTIDIANO LIbERALE pER LE gARANzIE, LE RIFORmE ED I DIRITTI UmANI
Fondato nel 1847 - Anno XX N. 128 - Euro 1,00
Mercoledì 8 Luglio 2015
Tsipras: dare soldi, vedere piano
Il premier greco non presenta alcun piano all’Unione europea ma chiede un prestito immediato di sette miliardi
per sfuggire al fallimento incombente. La trattativa va avanti ma le difficoltà aumentano ogni giorno che passa
La sconfitta della sinistra
tedesca di Napolitano
di ARTURO DIACONALE
n Grecia non ha perso solo la Merkel e
tutti i governi del Nord Europa fautori
Idella
linea del rigore oltre ogni limite. Ad
Atene hanno perso tutti i fiancheggiatori
che negli ultimi anni hanno acriticamente e
passivamente accettato la guida tedesca e
nordica dell’Unione europea. Ma, soprattutto, per quanto riguarda il nostro Paese,
ha perso quella sinistra che, dopo la caduta
del muro di Berlino e la fine traumatica
della grande illusione comunista, aveva frettolosamente e senza un minimo di riflessione storica e politica, sostituito la
religione della rivoluzione proletaria con
quella della religione europeista.
Il personaggio italiano (perché il fenomeno della sostituzione del comunismo con
l’europeismo ha riguardato soprattutto il
nostro Paese) che rappresenta perfettamente la sinistra artefice della sostituzione
senza battere ciglio di Mosca con Bruxelles
arrivando di seguito ad identificare l’Europa con Berlino, è sicuramente Giorgio
Napolitano. L’ex Presidente della Repubblica non è nato europeista. Al contrario, è
stato nella lunga fase di dirigente e di parlamentare del Partito comunista italiano un
fiero avversario di una Unione europea...
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Se anche i moderati dicono “no”
di CRISTOFARO SOLA
margine del risultato greco, in Italia ha
destato scandalo l’entusiasmo di alcuni
A
esponenti del centrodestra tradizionale per
la vittoria del “no”. Stando ai numeri non si
può dare torto a coloro che vedono nel
gioco che sta conducendo Alexis Tsipras
una micidiale trappola piazzata sulla strada
della stabilità monetaria dell’Unione europea. Chiedere ai partner europei di continuare a finanziare il debito di Atene senza
impegnarsi seriamente in un programma di
riforme sostanziali che mirino a ridurre gli
sprechi e le iniquità presenti nel sistema
greco, non è accettabile. Tuttavia, la pagina
domenicale di democrazia referendaria offertaci dai cugini ellenici restituisce altro rispetto alla sola contabilità dei sacrifici da
negoziare. Dalla notte dei risultati, non la
sola Grecia ma l’intera Unione s’interroga
sul futuro. Ovviamente dandosi risposte diverse. È in questa chiave che va interpretato
l’entusiasmo di molti del centrodestra italiano per il “no” greco.
La questione di fondo riguarda il futuro
dell’Europa che vogliamo. Si fa un bel dire
che: “Ci vuole più Europa”. È una frase che
non vale niente se non è sostanziata di contenuto. A chiacchiere la pensiamo tutti allo
stesso modo, ma quando si tratta di scendere nel concreto le cose si fanno complicate. Si prenda il caso del processo
d’integrazione politica dei Paesi dell’Ue. Al
momento è fermo nel guado. Completarlo
sarebbe la realizzazione...
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mercoLedì 8 LUgLIo 2015
L’OpINIONE delle Libertà
segue dalla prima
La sconfitta della sinistra
tedesca di Napolitano
...che veniva vista come una sorta di gamba
economica e finanziaria della Nato costruita solo in funzione antisovietica. Napolitano si è convertito all’europeismo
solo al termine di questa fase. Dopo che il
partito lo aveva mandato in esilio nel Parlamento Europeo (allora Bruxelles e Strasburgo venivano abitualmente usati dai
partiti italiani per scaricare lontano da
Montecitorio i dirigenti in disgrazia). E,
soprattutto, dopo che la scomparsa della
religione comunista ha imposto al Pci non
solo di cambiare nome, ma di trovare una
nuova religione a cui affidarsi fideisticamente.
Napolitano è quindi diventato il simbolo della sinistra italiana convertitasi all’Europa. E come tutti i neofiti è diventato
più europeista di qualsiasi altro. Fino al
punto di diventare, una volta arrivato al
Quirinale, il terminale italiano dei superpotenti di Bruxelles e, soprattutto, di Berlino. Non c’è bisogno di ricordare il ruolo
svolto dall’ex capo dello Stato dal 2011 in
poi. Nella caduta del Governo Berlusconi,
nella nascita del Governo Monti, in quella
del Governo Letta ed in quella dell’avvento di Matteo Renzi a Palazzo Chigi.
Napolitano è stato il garante non solo
della Merkel e di Sarkozy al tempo della
liquidazione a mezzo spread del Cavaliere,
ma è stato soprattutto il simbolo della sinistra sostenitrice del modello di stato sociale
fondato
sui
valori
della
socialdemocrazia europea.
Perché lo sconfitto di Atene è dunque
Napolitano? Perché la sinistra greca di Tsipras, affiancata per l’occasione dai neonazisti di Alba Dorata, ha bocciato la sinistra
socialdemocratica europea accusandola di
aver rinunciato alle proprie idee per mettersi al servizio dell’Europa egemonizzata
da una Germania le cui forze politiche, popolari o socialiste che siano, sostengono
sempre e comunque la vocazione egemonica del proprio Paese.
ARTURO DIACONALE
Se anche i moderati
dicono “no”
...di un sogno antico appartenuto tanto
alla sinistra quanto alla destra. Ma se dovessimo immaginare uno scenario nel
quale la conduzione di un’entità complessa
di dimensioni sovranazionali dovesse essere affidata all’arbitrio di un blocco egemone orientato a privilegiare interessi di
parte in danno di quelli collettivi, come accade oggi, sarebbe più di una iattura: sarebbe un disastro.
Una quota di cittadini europei non ha
mai smesso di nutrire sospetti nei confronti di una guida politica posta nelle
mani di una Germania riunificata e nuo-
vamente potente dal punto di vista industriale. Il compianto Giulio Andreotti era
solito affermare, tra il serio e il faceto, “mi
sento più tranquillo se le due Germanie restano separate, perché i tedeschi quando
sono tutti insieme non si sa che combinano”. Nello scorso secolo, quando si
sono realizzate condizioni di scenario non
lontane da quelle attuali, si è finiti molto
male con due conflitti mondiali devastanti.
Oggi le politiche aggressive volute da Berlino preoccupano per gli effetti gravissimi
che producono non soltanto sul fronte
economico ma, più in generale, sugli assetti geopolitici. Se la strada giusta non
può essere quella di mettere tutto il potere
nelle mani di una élite non selezionata attraverso nitidi processi democratici, perché allora non puntare, alla luce
dell’esperimento greco, su un maggiore
coinvolgimento dei popoli nelle scelte fondamentali delle politiche comunitarie? Interpellare i cittadini non è un crimine di
lesa maestà e neppure una deminutio capitis per le classi dirigenti.
Nel contesto italiano, poi, il rinvio alla
volontà popolare sarebbe particolarmente
salutare. Dopo gli anni dei “governi dei
non eletti” raccogliere il consenso, o il dissenso, sulla validità degli odierni trattati
che vincolano il nostro Paese alle decisioni
prese a Bruxelles sarebbe un modo efficace
per allentare la tensione che si sta accumulando nella società. Preveniamo l’obiezione: la nostra legge costituzionale non lo
consente. Allora perché non cambiare una
norma inappropriata? Ci si deve scannare
soltanto per decidere come spedire i prescelti nel nuovo Senato? Si tratta di avere
coraggio e di fidarsi del buon senso degli
italiani. Di tutto si può aver paura, ma non
di un popolo che faccia sentire la sua voce.
CRISTOFARO SOLA
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