N°4 2015 - TorinoMedica.com
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anno XXVI numero 4 dicembre 2015 TORINO MEDICA comunicazione informazione formazione LA RIVISTA DELL'ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI TORINO Confronto all’Ordine sulla crisi della sanità CAFFÈ BASAGLIA: PICCOLO MIRACOLO A TORINO Diverse generazioni, stessa fedeltà alla deontologia FOCUS SULLE DAT, DIRETTIVE ANTICIPATE DI TRATTAMENTO Il terrorismo non passerà GRANDE GUERRA E FOLLIA FORMAZIONE I CORSI ECM GRATUITI DELL’ORDINE NEL 2016 4 Sommario numero 4 dicembre 2015 La Rivista è inviata a tutti gli iscritti all’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Torino e provincia e a tutti i Consiglieri degli Ordini d’Italia. 7 12 generazioni, 32 Diverse stessa fedeltà alla Editoriale A che gioco giochiamo? Guido Giustetto Focus_ direttive anticipate di trattamento (DAT) Direttive anticipate in Italia: un percorso ancora lungo? Giulia Annovi 35 39 Il paziente, il medico di famiglia e le scelte di fine vita Giuliano Bono 19 Le direttive anticipate di fine vita e il diritto italiano Carlo Casonato i documenti? 22 “Rinnovi Rinnova una vita!” Nicola Ferraro 26 27 Tribuna Il terrorismo non passerà Nicola Ferraro L’etica clinica in medicina 46 50 53 Presidente Guido GIUSTETTO Vice Presidente Guido REGIS Segretaria Rosella ZERBI Tesoriere Chiara RIVETTI Consiglieri Domenico BERTERO Tiziana BORSATTI Emilio CHIODO Riccardo DELLAVALLE Ivana GARIONE Anna Rita LEONCAVALLO Elsa MARGARIA Aldo MOZZONE Roberta SILIQUINI Renato TURRA Roberto VENESIA Patrizia BIANCUCCI (Od.) Gianluigi D’AGOSTINO (Od.) Bartolomeo GRIFFA (Od.) Commissione Odontoiatri Gianluigi D’AGOSTINO Presidente Patrizia BIANCUCCI Claudio BRUCCO Cultura Vita di coppia Giuseppe Scarso Le nostre radici Grande Guerra e follia Franco Lupano RUBRICHE Pianeta solidarietà Un master per il sorriso dei poveri del mondo Il volontariato è di casa 54 all’Ordine Costanzo Bellando nel Servizio 30 Investire Sanitario Pubblico del Direzione, Redazione, Corso Francia 8 10143 Torino Tel. 011 58151.11 r.a. Fax 011 505323 [email protected] www.omceo.to.it L’esperienza torinese del Caffè Basaglia Ugo Zamburru in sanità 44 eMaria Teresa 77Busca Formazione: i corsi ECM gratuiti dell’Ordine nel 2016 Ivana Garione Piemonte: è ancora possibile? Nicola Ferraro Mario Nejrotti Badanti: un problema senza uscita? Mario Nejrotti Lucio Lombardo Roberta Chersevani Giuseppe Gristina Il Dedalo 41 Riceviamo e pubblichiamo 42 Intolleranza al lattosio e sibo il punto di vista 14 DAT: della FNOMCeO condivisa 16 Pianificazione del fine vita deontologia A cura di N. Ferraro 56 In libreria 58 Comunicati e avvisi e congressi 60 Corsi in pillole 62 Bartolomeo GRIFFA Paolo ROSATO Revisori dei Conti Riccardo FALCETTA Presidente Carlo FRANCO Angelica SALVADORI Vincenzo MACRÌ Supplente CONGRESSI TORINO MEDICA Direttore: Guido Giustetto Direttore responsabile: Mario Nejrotti Caporedattore: Nicola Ferraro Aut. del Tribunale di Torino n. 793 del 12-01-1953 Per spazi pubblicitari: SGI Srl Via Pomaro 3 - 10136 Torino Tel. 011 359908 / 3290702 - Fax 011 3290679 - e-mail: [email protected] - www.sgi.to.it Grafica e Design SGI Srl Stampa La Terra Promessa Onlus NOVARA Chiuso in redazione il 1dicembre 2015 DICEMBRE 2015 3 Villa Raby editoriale A che gioco giochiamo? Definanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, Appropriatezza amministrativa, 730 precompilato. E i pazienti ? Guido Giustetto Presidente OMCeO-TO I medici e i loro Ordini professionali, di questi tempi, sono molto preoccupati. Sono preoccupati per il fatto che il nostro servizio sanitario nazionale non sia tra le priorità del governo, come dimostra lo stanziamento del fondo sanitario per il 2016, ridotto rispetto alle previsioni e insufficiente a garantire l’incremento della spesa per i nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA), per l’ampliamento del piano vaccini, per i farmaci per l’epatite C e per i nuovi farmaci oncologici. Sono preoccupati per l’aumento delle differenze nell’offerta di servizi tra le regioni italiane e per l’incremento delle disuguaglianze sociali in sanità. Il SSN ha rinunciato a svolgere un ruolo di riequilibrio tra le regioni: mentre alla fine degli anni ‘90 l’aspettativa di vita era maggiore nelle regioni del sud rispetto a quelle del nord, oggi il dato si inverte. Sono preoccupati per la sempre maggiore difficoltà nell’accesso alle cure da parte dei cittadini, dovuta alle lunghe liste d’attesa e alla gravosa e talora iniqua compartecipazione alla spesa (ticket) che rischia di minare alle basi l’impianto universalistico, solidale, equo del nostro sistema sanitario. Sono preoccupati per la visione ragionieristica e miope del controllo della spesa sanitaria, che porta alla limitazione dell’autonomia professionale del medico (insita, per esempio, nel cosiddetto decreto appropriatezza), alla contrazione del turn over del personale ed al conseguente aumento del precariato e ad un profondo disagio lavorativo dei medici. Quando la Federazione degli Ordini, ribadendo la cen- tralità del nostro ruolo, chiede ai decisori politici di essere veramente considerata un interlocutore istituzionale e di confrontarsi finalmente con i medici, i soli in possesso dei necessari strumenti culturali e di esperienza professionale, per definire insieme una cornice culturale, giuridica, amministrativa, civile e sociale nella quale perseguire una sanità efficace e con maggiore efficienza, non riceve risposta. Quando chiediamo di essere valorizzati e responsabilizzati per le nostre competenze di cura e non essere lasciati soli a reggere l’immagine del SSN di fronte alle attese dei cittadini, come risposta ci viene imposto di inviare i dati fiscali per il 730 precompilato, di redigere i certificati INAIL per via telematica, di scegliere gli accertamenti sulla base di criteri di appropriatezza amministrativa. E naturalmente tutto gravato da sanzioni (fino a 50.000 € !!!!) per gli inadempienti. E la salute dei cittadini? E i nostri pazienti ? Qualcuno si preoccupa che, come ha scritto la nostra Presidente Chersevani in un recente articolo sul Sole 24 ore, “la pervasiva burocrazia toglie tempo alla relazione di cura ed è un tempo che quando dedicato correttamente al paziente riveste già il carattere della cura”? VILLA RABY “SPAZI ALLA CULTURA” CORSO FRANCIA 6-8, TORINO La sede dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Torino, nella cornice dello splendido Villino Raby, gioiello del Liberty italiano, opera nel 1901 dell’Architetto Pietro Fenoglio, offre i suoi spazi di incontro a Istituzioni, Associazioni, Gruppi Culturali e privati. Tutti i Medici Chirurghi e Odontoiatri, le loro Istituzioni, Associazioni di Categoria, Società Scientifiche che vorranno organizzare Convegni, Congressi, Workshop, Corsi di Formazione, Incontri, Riunioni, Assemblee Societarie, a tutti i livelli, dal locale all’internazionale, potranno usufruire degli spazi più adatti. Sono a loro disposizione cinque sale per ogni esigenza di incontro culturale e professionale: dalla grande Sala Congressi con 250 posti a sedere e le migliori dotazioni tecniche, alla piccola e affascinante Sala Piano per 20 posti, adatta anche per concerti da camera. Le sale dell’Ordine sono usufruibili anche da parte di Istituzioni, Associazioni e Gruppi non medici, sia a livello cittadino che nazionale. VILLA RABY: UN POLO CULTURALE NEL CUORE DELLA CITTÀ DI TORINO SALA CONFERENZE, COMPRENDE: SALA CONSIGLIO, COMPRENDE: Sala fino a 250 posti | Radiomicrofoni a mano o spillo | Videoproiezione | Videoconferenza Over IP o ISDN | Computer di sala/Computer Regia | Adattatore per Mac (specificare modello) | Spazi espositivi n.___ | Videoregistratore DVD | Audioregistrazione | Spazio per coffe break e lunch | Centro Slide in rete | Remote Controlle per Slide | Freccia Laser | Slide tappo – logo Jpeg evento Sala fino a 23 posti | Videoproiezione su schermo | Computer SALA EX CARROZZERIA COMPRENDE: MANSARDA COMPRENDE: Sala fino a 45 posti | Videoproiezione su schermo | Computer Sala fino a 30 posti | Videoproiezione su schermo | Computer di sala 4 Sala fino a 20 posti Il nostro onorevole ministro della sanità lo sa: i medici non sono contenti di usare il tempo della cura per occuparsi di 730 precompilato, di compulsare liste di esami a rischio inappropriatezza amministrativa, di stilare delucidazioni e rimborsi all’ASL per presunte iperprescrizioni o errori formali... I medici vorrebbero piuttosto valorizzare il loro tempo per prendersi cura dei cittadini. 4 DICEMBRE 2015 SALA PIANOFORTE (ATTIGUA ALLA SALA CONSIGLIO ALLA QUALE È COLLEGATA DA UNA PORTA) LUGLIO 2015 DICEMBRE 2015 5 PKT Poliambulatorio Kinesiterapico Tesoriera srl AMBULATORIO MEDICINA FISICA E RIABILITAZIONE POLIAMBULATORIO SPECIALISTICO Privato - Convenzionato con il SSN Corso Francia, 333/5/c - 10142 TORINO Per informazioni: Tel. e Fax 011.779.59.33 - 779.34.78 [email protected] Sito Internet: www.centrifisioterapia.com focus NUOVA SEDE PKT Il Poliambulatorio Kinesiterapico Tesoriera ha aperto la nuova sede di Corso Francia 333/5/c in zona Aeronautica. Orario PRENOTAZIONI: dal Lunedì al Venerdì 08,30 – 18,30 orario continuato Orario TERAPIE: dal Lunedì al Venerdì 08,00 – 19,00 orario continuato La zona è servita dalle seguenti linee di trasporti pubblici con i veicoli accessibili a clienti disabili: AUTOBUS Linea 33 – Fermata ERITREA AUTOBUS Linea 36 – Fermata MARCHE METROPOLITANA - Fermata MARCHE PARCHEGGIO GTT VENCHI UNICA PRESTAZIONI POLIAMBULATORIO SPECIALISTICO erogate in regime di CONVENZIONE con il SSN: • Visita Ortopedica • Iniezioni di sostanze terapeutiche nell’articolazione (Infiltrazioni) • Visita Dermatologica • Visita Fisiatrica per alterazioni posturali e scoliosi • Ambulatorio specializzato in età evolutiva • Ambulatorio osteoporosi • Infiltrazione e mesoterapia • Rieducazione Posturale Globale RPG • Percorsi riabilitativi personalizzati con valutazione degli obiettivi raggiunti • Pompages • Palestra di ginnastica dolce con metodo Pilates • Rieducazione Strumentale con attrezzature sofisticate (Isocinetica Easytech e Pedana Stabilometrica) • Valutazioni del percorso riabilitativo • Massoterapia connettivale e linfodrenaggio • Massoterapia distrettuale riflessogena • Massokinesiterapia • Mobilizzazione articolare • Mobilizzazione della colonna vertebrale con tecniche chiropratiche • Taping (Bendaggio elastico adesivo) • Tecarterapia manuale e automatica • Magnetoterapia con solenoide IL PKT E L’SKT HANNO STIPULATO CONVENZIONI DIRETTE E INDIRETTE CON I FONDI SANITARI, COMPAGNIE ASSICURATIVE E ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA • Laserterapia LUMIX (laser continuo pulsato e superpulsato) • Terapia ad Onde Meccano – Sonore (VIBRA PLUS) • Ionoforesi • Elettroterapie antalgiche (Diadinamica – Interferenziale - Tens) • Elettrostimolazione • Ultrasuoni a campo mobile • Onde d’urto (Litotrissia extracorporea ESWT) • Ossigeno – ozono terapie • Valutazione e Trattamenti Logopedici • Valutazione e Trattamenti Psicologici • Valutazione e Trattamenti di Neuro Psicomotricità dell’età evolutiva SKT Studio Kinesiterapico Torinese s.r.l. AMBULATORIO MEDICINA FISICA E RIABILITAZIONE Privato - Convenzionato con il SSN Via Lussimpiccolo, 10 - 10141 TORINO Per informazioni: Tel. 011.382.09.52 ! Fax 011.380.60.68 [email protected] Sito Internet: www.centrifisioterapia.com 6 DICEMBRE 2015 Direttive anticipate in Italia: un percorso ancora lungo? Giulia Annovi • Visita Ortopedica e Infiltrazioni • Visita Dermatologica e Controllo Nei • Visita Cardiologica ed Elettrocardiogramma • Visita Dietologica con stesura dieta personalizzata • Visita Neurologica • Visita Endocrinologica erogate PRIVATAMENTE: • Visita Fisiatrica e di controllo • Iniezioni di sostanze terapeutiche nell’articolazione (Infiltrazioni) • Mesoterapia • Rieducazione disturbi motori sensitivi a Minore Disabilità e a Maggiore Disabilità • Valutazione dei disturbi motori sensitivi a Minore Disabilità e a Maggiore Disabilità • Valutazione Strumentale dei disturbi motori sensitivi • Rieducazione Motoria in gruppo • Linfodrenaggio manuale • Massoterapia connettivale • Rieducazione Strumentale (Isocinetica Easytech / Pedana Stabilometrica / Cicloergometro) • Mobilizzazione colonna vertebrale • Trattamenti logopedici • Elettroterapia Antalgica (Diadinamica – Interferenziale - Tens) • Elettroterapia distrettuale dei muscoli normo o denervati (Elettrostimolazioni) • Laserterapia a cura di laura tonon e nicola ferraro erogate PRIVATAMENTE: PRESTAZIONI AMBULATORIO DI RECUPERO E RIEDUCAZIONE FUNZIONALE DI 1° LIVELLO erogate in regime di CONVENZIONE con il SSN: focus_ direttive anticipate di trattamento (DAT) Via Lussimpiccolo è servita dalle seguenti linee di trasporti pubblici: n° 55 con fermata in C.so Racconigi | n° 58 con fermata in Via Spalato Giornalista scientifica Secondo uno studio del 2010, nel nostro Paese solo il 14% dei pazienti che entrano in un reparto di terapia intensiva in una condizione critica è in grado di dare le proprie disposizioni riguardo alla fine della propria vita. [...] Quello che manca è l’informazione riguardo a questa possibilità. Gli avanzamenti scientifici e tecnologici cui stiamo assistendo permettono di avere una vita migliore, più sana e più lunga, ma gli stessi progressi sono anche alla base di un certo grado di controllo sulla morte. La medicina si è dotata di tecniche di rianimazione e di terapia intensiva che riescono a tenere in vita pazienti un tempo destinati a morire più precocemente. La farmacologia ha individuato molecole capaci di rendere i momenti finali della propria vita meno dolorosi. Se nella nostra società si dà sempre maggiore importanza all’individuo, alla sua volontà e libertà di azione, perché non estendere il diritto di esprimere la propria volontà anche al momento della morte? Ammesso che tale posizione venga considerata legittima, occorrerebbe valutare e definire il momento più opportuno in cui esprimere il proprio desiderio riguardo alla propria morte. Tali valutazioni vanno fatte quando si è in perfetta salute o nel momento in cui si affaccia nella nostra vita la possibilità di una determinata patologia con tutto il suo carico di conseguenze? E soprattutto, occorre fare una stima dell’efficacia (1) delle disposizioni date dal paziente, che tecnicamente vengono chiamate direttive anticipate di trattamento (DAT), alla luce della situazione culturale che caratterizza in modo differente ciascun Paese. Non si possono omettere i risultati ottenuti in altri Stati, che hanno introdotto tali strumenti più precocemente. Secondo uno studio del 2010 (2), nel nostro Paese solo il 14% dei pazienti che entrano in un reparto di terapia intensiva in una condizione critica è in grado di dare le proprie disposizioni riguardo alla fine della propria vita. Sebbene questa categoria di pazienti rappresenti solo il 2% delle persone ricoverate in ospedale, la percentuale può rappresentare un’indicazione della diffusione delle direttive anticipate di trattamento tra i pazienti. Quello che manca è l’informazione riguardo a questa possibilità, soprattutto a causa di una completa assenza di disposizione di legge. Nel caso dell’Italia la frequente assenza degli orientamenti del paziente, fa ricadere la responsabilità della decisione sul team di medici che lo sta seguendo o sui suoi familiari. PERCHÉ IN ITALIA NON ABBIAMO LE DAT? Era il 1999 quando per la prima volta in Italia si cominciò a parlare di DAT. Ma dalla discussione delle proposte di legge (3) non scaturì alcun decreto legislativo. In modo indiretto si tornò a discutere della fine della vita l’anno successivo, quando venne proposto un disegno di legge sulle terapie antalgiche (4), che ammetteva l’introduzione del trattamento in casi di sintomatologie dolorose di particolare gravità. Negli anni seguenti, grazie al caso Terry Schiavo negli Stati Uniti e poi alle battaglie di Beppino Englaro e Piergiorgio Welby, cominciò a prospettarsi la possibilità di arrivare a un testo di legge sul fine vita. Ma venne a mancare la volontà politica e con essa l’approvau zione delle leggi proposte. DICEMBRE 2015 7 focus _ direttive anticipate di trattamento (DAT) Bisogna aspettare Ignazio Marino, senatore sotto il governo Prodi, per riparlare di DAT in un’indagine che raccoglie il parere della popolazione. Dal rapporto Eurispes Italia 2007 emerge che Il 74,7% degli italiani esprime parere favorevole nei confronti del disegno di legge sull’introduzione delle DAT, conosciute in modo più colloquiale con il termine testamento biologico. Mentre il parlamento continua a tentennare, è la giustizia che ha prodotto casi a cui ispirarsi. Con la morte di Eluana Englaro, è stata riaffermata la possibilità di rispettare le volontà espresse da un tutore, oltre che il diritto di un paziente a rifiutare le cure. Inoltre in quella sentenza idratazione e nutrizione sono state riconosciute come trattamenti di tipo medico, come ribadito dalla sentenza del Consiglio di Stato nel 2014. Tale riconoscimento è importante per acconsentire alla sospensione di trattamenti sproporzionati, perché permette di appellarsi all’articolo 32 della Costituzione Italiana secondo cui “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Nello stesso anno della sentenza Englaro, la Camera dei Deputati ha concluso l’esame di un possibile testo di legge (5), che non aveva mancato di sollevare alcune perplessità da parte della comunità scientifica (6). Dal 2011 però pazienti e personale sanitario sono ancora in attesa della revisione da parte del Senato. Nel frattempo, un piccolo passo in direzione della riflessione sulla fine della vita è stato fatto per mezzo della legge n. 38 del 15/3/2010 (7) che ha concesso l’introduzione delle cure palliative (CP), da affiancare alla terapia ordinaria per alleviare il paziente in caso di gravi stati dolorosi. Malgrado gli sporadici tentativi che concorrono a ricostruire il quadro generale, resta ancora un notevole grado d’incertezza sul tema della fine della vita, un’incertezza che ricade sulle scelte dei medici nel momento di definire la prognosi e quindi di scegliere fra l’opzione di un trattamento attivo o palliativo. Manca una legge che indichi cosa sia bene e giusto fare nei confronti di un paziente giunto al termine della vita, che consideri gli avanzamenti che la scienza oggi ci mette a disposizione e i diritti del malato giunto alla fine vita, e che definisca su chi ricade la responsabilità di delineare i confini delle cure tra i diversi attori coinvolti (professionisti sanitari, pazienti, persone a questi vicine). Oggi quanto suggerito dal Codice di Deontologia Medica (CDM) costituisce una buona guida per coloro che operano in questo settore. Tuttavia sarebbe necessario che il CDM acquisisse una forza giuridica grazie all’intervento del legislatore. Inoltre il documento condiviso “Il percorso clinico e assistenziale nelle insufficienze croniche d’organo endstage” (8) è un altro prezioso aiuto per la valutazione globale del malato e costituisce una buona review che raccoglie una selezione della letteratura medica, il punto di partenza per fare le scelte in una evidence-based medicine. Di fronte al silenzio del Parlamento, oltre ai medici, sono intervenuti i singoli cittadini, le associazioni e i comuni a creare un mezzo per esprimere la propria volontà. Le regione Friuli Venezia Giulia, per rispondere a bisogni concreti dei cittadini, ha creato un ordinamento civile sul tema delle disposizioni di fine vita. La legge (9), proposta a inizio 2015, è stata però impugnata davanti alla Corte Costituzionale da parte del Governo, che considera l’iniziativa della regione come “un’invasione della competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile e di tutela della salute”. Anche altri enti hanno iniziato a creare un Registro per il Testamento Biologico (10), un modo per formalizzare la volontà di tanti pazienti, una voce in più che il medico può ascoltare in fase di decisione. GLI ELEMENTI URGENTI DA DEFINIRE Mentre si attende una legge che offra un quadro giuridico completo, è poi all’interno della relazione tra medico e paziente che si delineano i percorsi di cura. Da un punto di vista pratico i nodi da sciogliere restano legati alla pianificazione condivisa e anticipata del trattamento del malato che si trovi nella fase end-stage, una programmazione che deve trovare il supporto di un’equipe medica ben strutturata e che deve considerare il ruolo di tutti gli operatori coinvolti nel processo di cura. 8 DICEMBRE 2015 Da un punto di vista pratico i nodi da sciogliere restano legati alla pianificazione condivisa e anticipata del trattamento del malato che si trovi nella fase end-stage, una programmazione che deve trovare il supporto di un’equipe medica ben strutturata e che deve considerare il ruolo di tutti gli operatori coinvolti nel processo di cura. In questo contesto non è da sottovalutare la preparazione culturale degli operatori sanitari nei confronti di un tema di cui talvolta si fatica a parlare in modo aperto. A tal proposito White e colleghi propongono una riflessione sulla preparazione dei medici riguardo alla conoscenza delle leggi e delle prassi inerenti alla fine della vita dei pazienti (11). Altre competenze particolari che i medici dovrebbero sviluppare sono quelle di comunicazione della prognosi al paziente stesso e ai parenti. Immaginare un percorso di cura per la fine della vita richiede un inquadramento delle condizioni fisiche, psichiche, sociali e spirituali del paziente e l’adattamento del piano su cui avviene il dialogo sulle competenze di persone estranee alla professione medica. Questa è una delle prerogative insite nel concetto di consenso informato. Lo studio “End-of-Life Communication: A Retrospective Survey of Representative General Practitioner Networks in Four Countries” (12), realizzato confrontando quattro Paesi (Italia, Spagna, Belgio e Paesi Bassi), dimostra come il nostro Paese sia all’ultimo posto per la discussione dei principali temi relativi al fine vita con i pazienti. È importante che i medici di fronte ai singoli casi abbiano gli strumenti per valutare fino a che punto applicare le cure attive oggi disponibili, ponderando la gravità e la fase della malattia, la qualità della vita residua dei pazienti, il costo delle cure. Secondo una stima realizzata negli Stati Uniti, il 25% delle spese mediche sarebbe sostenuta da un paziente nelle ultime fasi della sua vita (13). Lo studio “Evidence on the cost and costeffectiveness of palliative care: A literature review” sottolinea invece come l’introduzione di cure palliative siano meno costose rispetto a trattamenti sproporzionati, aventi come unico obiettivo quello di curare una malattia che avrebbe comunque una prognosi infausta (14). E a proposito dei costi occorre anche valutare dove muore il paziente e se la qualità dei suoi ultimi giorni di vita è a un livello accettabile. Nel nostro Paese, nove pazienti su dieci muoiono in ospedale, mentre solo uno su dieci viene trasferito in hospice. Il fenomeno non tiene conto della spesa sanitaria pubblica a cui si va incontro (dall’ultima analisi della Commissione Parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali, ammonterebbero a 9-10 miliardi di euro anno), né della qualità degli ultimi giorni di vita del paziente, un elemento che è stato indagato dallo studio “Changing Patterns in Place of Cancer Death in England: A Population-Based Study”, relativo ai malati terminali in Inghilterra (15). I PROVVEDIMENTI PRESI ALL’ESTERO Le risposte nei confronti delle possibilità che si offrono al paziente nella fase terminale della sua vita sono alquanto variabili a livello globale. Facendo un’analisi in 32 Stati differenti, lo studio “Seeking Worldwide Professional Consensus on the Principles of End-of-Life Care for the Critically Ill” mette in evidenza come vi sia un’opinione favorevole da parte degli operatori sanitari riguardo al consenso informato, ai trattamenti palliativi e la limitazione delle cure, alle richieste legali, ai reparti di terapia intensiva e alla rianimazione cardio-polmonare (16). Queste opinioni condivise tra il personale coinvolto nelle fasi terminali della vita di un paziente, non trovano un corrispettivo univoco e comparabile a livello legislativo in tutti gli Stati presi in esame. La prima a elaborare una riflessione sulla fine della vita è stata la California nel 1976 con il Self Determination Act. Dal 1990 gli Stati Uniti si sono dotati del Patient SelfDetermination Act (17), che ammette la presenza di un testamento biologico o di un rappresentante legale del paziente. In Europa, la definizione della European Convention on Human Right (18), che ha stabilito che ogni cittadino ha il diritto di scegliere le cure per la propria salute, ha provocato reazioni differenti tra gli Stati comunitari. I Paesi del Nord Europa si sono organizzati più precocemente rispetto alla parte meridionale del Vecchio Continente (19), formulando una legislazione che ammettesse le direttive anticipate. In Portogallo e in Italia le direttive mancano o sono incomplete. La Spagna invece ha una delle legislazioni più avanzate d’Europa (20). In Belgio (21) e nei Paesi Bassi (22) la volontà dei pazienti riguardo alla propria morte hanno un forte valore, e in questi stati è stata addirittura concessa l’euta- u DICEMBRE 2015 9 focus _ direttive anticipate di trattamento (DAT) nasia attiva. Anche in Germania (23) e Francia (24) le DAT sono state stabilite per legge. Allo stesso modo, i Paesi asiatici (25) dimostrano una forte variabilità in merito ai temi di fine vita. Riguardo alla Russia (26), dalla letteratura un po’ datata emerge un quadro di arretratezze. L’Italia sta assistendo a un inesorabile invecchiamento della popolazione: secondo i dati Istat, i cittadini con più di 65 anni sarebbero aumentati del 16% dal 2002 a oggi. E il dato sarebbe confermato da una rilevazione Istat del 2012 che registrava una diminuzione della mortalità (-6%) rispetto al 2007, accompagnata da un numero di decessi in aumento per invecchiamento della popolazione (+7%). Le patologie che spesso accompagnano gli ultimi anni di vita degli anziani sono di tipo cronico-degenerativo: tumori maligni e insufficienze d’organo croniche sono alcune delle principali cause di morte. Alla situazione di declino fisico si accompagnano demenze e Alzheimer, che risultano in crescita tanto da rappresentare nel 2012 il 4,3% dei decessi. Questo dato indica in modo chiaro che sono molti i casi in cui il paziente arriva alla fine della sua vita in una condizione in cui è impossibilitato a prendere decisioni. E le previsioni dipingono uno scenario destinato a peggiorare: nel 2056 un terzo della popolazione avrà più di 65 anni secondo le stima Istat. Di fronte a una popolazione che invecchia, i meAl declino fisico dici si troveranno sempre più ad affrontare masi accompagnano lattie croniche piuttosto che eventi in fase acuta, demenze e Alzheimer: da qui la necessità di legiferare in fretta sulle questioni relative alla fine della vita. il 4,3% dei decessi nel cittadini >65 anni: + 16% dal 2002 a oggi 2012 Bibliografia 1. Detering KM, Hancock AD, Reade MC, Silvester W. The impact of advance care planning on end of life care in elderly patients: randomised controlled trial. BMJ 2010; 340: c1345. 2. Bertolini G, Boffelli S, Malacarne P, Peta M, Marchesi M, et al. 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In questo setting si negozia tutto: le prescrizioni di farmaci e di esami, l’intervento sugli stili di vita, le preferenze dell’altro, la condivisione di una storia di vita che si dipana nei ripetuti incontri, più o meno numerosi. Non c’è nessun dubbio nell’attribuire dignità all’autodeterminazione di ciascun individuo. C’è bisogno di lealtà, trasparenza, onestà, fiducia, strumenti necessari della professione, non atteggiamenti di facciata, di buonismo professionale o di formale educazione. Il rispetto per la volontà della persona, come obbligo deontologico, è riaffermato in tutti gli atti della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici (2, 3). IL MdF si incontra con le scelte di fine vita dei propri assistiti (ognuno diverso dall’altro e da accettare nella sua diversità) in tre situazioni differenti. 1. Assistito vigile e attento In ambulatorio l’assistito si presenta per dei suoi problemi, preoccupato, vigile, attento, con un indice di Perfomance Status alla Scala di Karnofsky di 90-100; nel suo contesto di vita è venuto a conoscenza, diretta o tramite la sua rete famigliare/amicale/lavorativa di altra persona giunta a morte dopo sofferenze inenarrabili o accanimenti terapeutici per lui straordinari o lungo 12 DICEMBRE 2015 degenza in reparti di terapia intensiva “legata a macchine”. Il MdF ascolta, pone domande per comprendere la motivazione di questa persona, registra in cartella, raccoglie eventuali scritti consegnatili, assicura che ogni sua scelta sarà rispettata e potrà essere modificata secondo i suoi desideri, nell’ambito delle possibilità del MdF. Negli anni ho raccolto diverse dichiarazioni formulate in modo vario, senza un documento formale prestampato, come invece sarebbe necessario se ci fosse una legge. Non ho mai avuto bisogno di esibirle. Nei casi in cui la stessa persona sviluppò una malattia inguaribile con ridotta aspettativa di vita, ci fu sempre il tempo per riprendere il dialogo e garantire il rispetto delle sue volontà. Mi sono sempre chiesto che cosa sarebbe successo, se, venuto a conoscenza della definitiva compromissione dello stato di coscienza di uno di questi miei assistiti, mi fossi presentato al collega di un reparto ospedaliero di terapia intensiva per esibire una di queste dichiarazioni. Questa necessità non si è mai presentata nella mia esperienza. 2. Assistito nella fase end-stage In ambulatorio il malato, in condizioni di salute più o meno ridotte, indice di Karnofsky 60-80, porta la diagnosi di una malattia incurabile o giunta in uno stadio in cui non risponde più a trattamenti specifici e causali, a prognosi infausta; l’informazione gli è stata data da altro collega o è il Mdf che deve comunicargliela; sente il suo orizzonte di vita più limitato, ha perso la serenità, ha atteggiamenti che rivelano in modo più o meno esplicito ansia o angoscia. Il MdF utilizza in ogni caso il protocollo di Buckman, o simili modalità di comunicazione di una malattia grave, per permettere al malato terminale di prendere le sue decisioni a riguardo del fine della sua vita (4, 5). Lo aiuta a correggere eventuali incomprensioni. Assicura che i suoi desideri saranno rispettati e che in ogni momento li potrà cambiare. Propone cure palliative al domicilio, secondo l’organizzazione e le disponibilità del proprio territorio. 3. Assistito malato terminale Al domicilio del malato terminale, con breve aspettativa di vita, salute compromessa, indice di Karnofsky inferiore a 50, sono state avviate cure palliative multidimensionali in un lavoro di equipe (si spera, sarebbe preferibile) o fornite dal solo MdF con un infermiere (più spesso); il soggetto è sveglio, in grado di relazionare, con conservata capacità mentale di capire le informazioni, di comunicare e motivare i suoi desideri; presenta inevitabilmente un disturbo affettivo o del tono dell’umore inquadrabile in uno dei cinque descritti dalla Kubler-Ross (6): negazione – rabbia – depressione – compromesso – accettazione. Il MdF, nell’attuare cure palliative per la sedazione del dolore e il sollievo dalla sofferenza globale, privilegia i bisogni del malato e i suoi diritti all’autonomia e all’au- toderminazione. Nel contesto in cui il MdF opera, non occorrono leggi e regolamentazioni: le cure palliative, compresa la sedazione terminale, si attuano all’interno di una relazione di fiducia e di una storia condivisa (7). Se i famigliari non sono d’accordo sulle scelte del loro congiunto li si porta alla loro accettazione con gli stessi atteggiamenti del protocollo di Buckman. Ogni intervento deve essere condiviso con gli altri membri dell’equipe. Una presenza costante, la disponibilità all’ascolto, l’attenzione con empatia possono permettere una comunicazione tempestiva, puntuale e facilitante le decisioni. Quando il morente non è più in grado di esprimere la sua volontà, e non siano conosciuti i suoi desideri, il MdF attua un giudizio sostitutivo, consistente nell’esprimere una scelta conforme a quello che verosimilmente avrebbe desiderato il paziente se fosse stato in grado di manifestare la propria volontà. Tale giudizio deve essere condiviso col famigliare più prossimo e comunicato agli altri componenti l’équipe. Il medico che non fosse d’accordo con la deontologia o non si sentisse motivato-capace-formato, dovrebbe onestamente dichiarare al paziente e ai familiari di non essere in grado di prendersi cura di una persona in fine di vita. Note e bibliografia 1.WONCA, l’associazione internazionale delle società scientifiche della Medicina Generale, nei suoi documenti, a partire dal 2002, definisce con questi nomi il professionista di questa disciplina. 2.Convegno Nazionale di Terni, 2009, Dichiarazioni Anticipate di Volontà: il medico “Sul piano etico deve rispettare le norme del Codice Deontologico che si rifanno ai grandi principi sanciti da varie autorevoli fonti che hanno segnato la storia della nostra deontologia, dal Codice di Norimberga alla Dichiarazione di Oviedo”. 3.Codice di Deontologia Medica, 2014, art. 38. 4.Protocollo di Robert Buckman del 1993, pubblicato in italiano nel 2003, denominato S.P.I.K.E.S., un acronimo formato dalle lettere dei sei passi fondamentali costitutivi dell’intervento che iniziano dall’esplorazione delle conoscenze e delle aspettative del malato fino alla comunicazione della verità rispettando il ritmo e la volontà del malato. È quello su cui vengono formati dal 2007 i giovani colleghi del Corso Triennale di Formazione Specifica in Medicina Generale della Regione Piemonte. 5.Guarino A, Serantoni G, De Santi A. Comunicazione della diagnosi. In Federici A. Screening Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2007. 6.Elizabeth Kubler-Ross, La morte e il morire, Feltrinelli, Milano 2013. 7.Bono G. La sedazione palliativa non è eutanasia, Torino Medica, luglio-agosto 2011. 8.Bono G. Il tempo di morire. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2010. DICEMBRE 2015 13 focus _ direttive anticipate di trattamento (DAT) DAT: il punto di vista della FNOMCeO La d.ssa Roberta Chersevani, Presidente FNOMCeO Foto by Roberta Chersevani Le dichiarazioni anticipate di trattamento esprimono gli orientamenti sui trattamenti ai quali il cittadino desidera o non desidera essere sottoposto nell’eventuale sopravvenire di una condizione irreversibile di incapacità di esprimere le proprie volontà. Egli esprime consenso o dissenso previa informazione 14 DICEMBRE 2015 Presidente FNOMCeO Credo opportuno riportare l’art. 38, che nel Codice di Deontologia medica del 2014, si riferisce alle dichiarazioni anticipate di trattamento. “Il medico tiene conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento espresse in forma scritta, sottoscritta e datata da parte di persona capace e successive a un’informazione medica di cui resta traccia documentale. La dichiarazione anticipata di trattamento comprova la libertà e la consapevolezza della scelta sulle procedure diagnostiche e/o sugli interventi terapeutici che si desidera o non si desidera vengano attuati in condizioni di totale o grave compromissione delle facoltà cognitive o valutative che impediscono l’espressione di volontà attuali. Il medico, nel tenere conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento, verifica la loro congruenza logica e clinica con la condizione in atto e ispira la propria condotta al rispetto della dignità e della qualità di vita del paziente, dandone chiara espressione nella documentazione sanitaria. Il medico coopera con il rappresentante legale perseguendo il migliore interesse del paziente e in caso di contrasto si avvale del dirimente giudizio previsto dall’ordinamento e, in relazione alle condizioni cliniche, procede comunque tempestivamente alle cure ritenute indispensabili e indifferibili.” L’articolo è molto dettagliato, soprattutto in assenza di una regolamentazione legislativa. In sostanza il medico tiene conto di una decisione documentata, ne verifica la congruenza logica e clinica, nel rispetto della dignità e della qualità di vita del paziente. La dignità e la qualità di vita del paziente si ritrovano anche nell’articolo 39, che tratta dell’assistenza al paziente con prognosi infausta o con definitiva compromissione dello stato di coscienza. In questo contesto il medico non abbandona il paziente, ma continua ad assisterlo e se in condizioni terminali impronta la propria opera alla sedazione del dolore e al sollievo dalle sofferenze tutelando la volontà, e di nuovo la dignità e la qualità della vita. Il medico, in caso di definitiva compromissione dello stato di coscienza del paziente, prosegue nella terapia del dolore e nelle cure palliative, attuando trattamenti di sostegno delle funzioni vitali finché ritenuti proporzionati, tenendo conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento. Non c’è abbandono, non deve esserci dolore. Gli articoli 38 e 39 rientrano nel Titolo che riguarda informazione, comunicazione, consenso e dissenso. I principi che li guidano si ritrovano in un altro Titolo, che riguarda doveri e competenze del medico. Il termine eutanasia non compare nel nuovo Codice, per un recupero di quel “eu” che non ha significato negativo, ed il relativo articolo 17 si trasforma in “atti finalizzati a provocare la morte”, che non si effettuano, nemmeno su richiesta del paziente. Forse è proprio l’articolo 16, che riguarda procedure diagnostiche e interventi terapeutici non proporzionati quello che potrebbe maggiormente avvicinare le volontà espresse dal paziente ed il medico che tiene conto dei principi di efficacia e di appropriatezza delle cure. Infatti, il medico non intraprende né insiste in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati, dai quali non ci si possa fondatamente attendere un effettivo beneficio per la salute e/o un miglioramento della qualità della vita. Il controllo efficace del dolore si configura, in ogni condizione clinica, come trattamento appropriato e proporzionato. Il medico che si astiene da trattamenti non proporzionati non pone in essere in alcun caso un comportamento finalizzato a provocare la morte. Gli articoli del Codice si rifanno al documento che il consiglio nazionale della Federazione ha approvato a Terni nel Giugno 2009. L’autonomia decisionale del cittadino si correla con l’autonomia e responsabilità del medico, nelle sue funzioni di garanzia. Alla tutela e al rispetto della libertà di scelta della persona assistita deve corrispondere la tutela ed il rispetto della libertà di scelta del medico, in ragione della sua scienza e coscienza. Le dichiarazioni anticipate di trattamento esprimono gli orientamenti sui trattamenti ai quali il cittadino desidera o non desidera essere sottoposto nell’eventuale sopravvenire di una condizione irreversibile di incapacità di esprimere le proprie volontà. Egli esprime consenso o dissenso previa informazione. Il paziente non può chiedere assistenza a morire, ma può chiedere che non vi sia un accanimento terapeutico, termine che volutamente è stato tolto nella recente versione del Codice, perché aggressivo, e difficilmente inseribile nell’alleanza terapeutica che rappresenta il rapporto medico-paziente. Lo straordinario sviluppo delle procedure e delle tecniche di mantenimento delle funzioni vitali nelle fasi avanzate di malattie cronico degenerative o di recupero delle stesse in condizioni di emergenza rischiano di interrompere e falsare un percorso naturale che può portare alla morte. Tutti desiderano un percorso il più naturale possibile. u Credo che sia un auspicio anche dei medici, per quello che concerne la loro sorte. DICEMBRE 2015 15 focus _ direttive anticipate di trattamento (DAT) Pianificazione condivisa del fine vita Giuseppe Gristina Gruppo di Studio Bioetica, Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione Terapia Intensiva Nella medicina moderna, il principio fondante di qualsiasi strategia di cura sta nel rispettare l’autonomia del paziente. Il mancato rispetto di questo principio può generare nella pratica clinica problemi di ordine sia morale che legale (1, 2). Tuttavia, nel caso in cui i pazienti non siano più capaci di intendere e volere, conoscerne e rispettarne le volontà può costituire un problema complesso e di non facile soluzione (3). In generale, nel nostro Paese, raramente i pazienti riescono a venire coinvolti nella pianificazione delle cure e nelle scelte di fine vita. Di conseguenza, quando giungono in ospedale nella fase finale della loro malattia, non sono in grado di prendere o condividere le decisioni mediche che li riguardano, rischiando di essere sottoposti a trattamenti che con ogni probabilità non avrebbero accettato se in grado di decidere per loro stessi. Peraltro, la legislazione vigente in Italia non assegna ai familiari il ruolo giuridicamente forte di rappresentante ma solo di testimone della volontà del paziente, così, la eventuale decisione finale di limitare o meno i trattamenti rimane propria del medico. Da ciò l’urgenza di un impegno da parte della comunità scientifica, della società civile e del mondo politico a trovare la soluzione migliore che possa garantire il reale diritto di autonomia dei pazienti nel fine vita. IL DIBATTITO Nelle direttive anticipate di trattamento (DAT) si è visto un possibile strumento per garantire il rispetto dei valori e delle volontà del paziente con il conseguente e doveroso adeguarsi ad essi della condotta del medico (4, 5). In Italia il confronto sul tema delle DAT e dell’autonomia del paziente, ha avuto luogo per la prima volta tra il 2006 e il 2009 in una cornice di forte scontro, prima ideologico tra laici e cattolici, poi anche politico tra progressisti e conservatori, delineatosi con i casi Welby ed Englaro (6-10). Questo contrasto ha impedito una discussione equilibrata sul tema delle DAT deviando l’attenzione dalla reale essenza del problema delle scelte di fine vita e del diritto di autonomia di tali scelte, che è invece quello della proporzionalità dei 16 DICEMBRE 2015 trattamenti e della conseguente legittimità, sul piano etico e legale, della loro limitazione. Così, si è finito per identificare il tema della limitazione dei trattamenti alla fine della vita con quello, completamente diverso, dell’eutanasia. Al contrario, sospendere le cure, in accordo tra medici, pazienti e familiari, altro non è che l’accettazione di un esito inevitabile – la morte – sulla base, da un lato dei principi di non maleficienza e di beneficialità (evitare sofferenze inutili), dall’altro dell’irreversibilità – scientificamente provata – del processo del morire, del limite sperimentato delle cure e dell’inutilità della loro prosecuzione (11). In questo clima nel 2009 la Camera ha approvato una proposta di legge sulle DAT, ancora oggi in attesa della definitiva approvazione del Senato, fortemente criticata dal punto vista scientifico, etico e giuridico (15). I LIMITI Ma le DAT possono tuttora considerarsi un obiettivo da raggiungere? O non piuttosto un obiettivo superato? Non si tratterebbe piuttosto di pervenire a una legge che affrontasse il tema del fine vita in tutta la sua complessità, come già in altri Paesi europei si è fatto? D’altronde, le DAT, nei Paesi in cui sono state integrate nei sistemi giuridici, hanno solo in parte prodotto il risultato sperato, ossia proteggere l’autonomia del paziente, garantire la coerenza tra qualità delle cure erogate e i desideri del paziente. La letteratura, infatti, ci conferma che pur formulando i pazienti frequentemente le proprie DAT non sempre poi esse trovano una scrupolosa e completa attuazione mentre in alcuni casi non vengono rispettate del tutto (16-20). Nel Regno Unito, in USA e in Australia, nel tentativo di superare i limiti delle DAT, si è delineato quindi un sistema di pianificazione anticipata delle cure (Advance Care Planning - ACP), cioè un processo informativo bidirezionale che si svolge gradualmente durante tutto il percorso di malattia (21). Infatti, consultando i medici e le altre figure professionali il paziente può comprendere a fondo la gravità della propria malattia, la prognosi e gli strumenti diagnostico-terapeutici necessari ad affrontarla, e decidere a quale livello di intensità e qualità delle cure desidera essere sottoposto anche nel caso in cui divenisse incapace di intendere e di volere. I curanti, a loro volta, possono conoscere le aspettative e la scala valoriale del paziente. Si tratta di un approccio centrato su quest’ultimo e sui familiari che, prevedendo scelte condivise, migliora la qualità delle cure nel suo complesso e in particolare nella fase finale della vita, riducendo lo stress psicologico e prevenendo cure e ricoveri inappropriati (22-27). Pertanto, quando consapevolmente maturate nel contesto più ampio dell’ACP, le DAT si sono dimostrate più efficaci e credibili anche nel caso di pazienti non più in grado di esprimere le proprie volontà (28, 29). LA POSSIBILE SOLUZIONE In conclusione, le DAT dovrebbero rappresentare scelte libere e consapevoli dei cittadini sviluppate in accordo con il medico nel contesto della relazione della cura (22). In questo senso, obiettivo della legge non dovreb- be essere quello di imporre prescrizioni coercitive alla relazione medico-paziente definite aprioristicamente, ma approntare un dispositivo giuridico in grado di incentivare e accogliere le direttive del paziente scaturite da un’accurata valutazione del rapporto costo/beneficio in merito ai vari percorsi clinico-assistenziali possibili (cure intensive vs cure simultanee-palliative). Questa valutazione dovrebbe essere basata da un lato sulla migliore evidenza scientifica disponibile e, dall’altro sul principio di proporzionalità delle cure. Questi supporti decisionali dovrebbero essere contestualizzati in una pianificazione anticipata delle cure maturata in un’efficace relazione medico-paziente. In tal modo, alla persona malata sarebbe garantita la possibilità di scegliere liberamente quale percorso intraprendere, aiutato dal medico, durante la malattia, prima della perdita della capacità causata dall’aggravamento delle sue condizioni, informata sul decorso, sulla qualità/quantità della vita residua, sulla probabilità di successo dei trattamenti, sul loro grado di efficacia e sugli oneri da sopportare. La legge dovrebbe allora limitarsi a definire la cornice di legittimità giuridica delle DAT sulla base dei diritti della persona costituzionalmente protetti, senza invadere l’autonomia del paziente e del medico prefigurando tipologie di trattamenti disponibili e non disponibili (11, 30). Questa legge dovrebbe in sintesi: • ammettere una funzione di rappresentazione del miglior interesse del paziente da parte di un fiduciario legalmente riconosciuto (non solo il Tutore o l’Amministratore di Sostegno), • differenziare i concetti di cure sproporzionate e la conseguente limitazioni terapeutiche dall’eutanasia, • garantire esplicitamente al paziente competente la libertà di rifiutare cure che, seppure teoricamente appropriate, egli riterrebbe non dignitose, • consentire la limitazione delle cure anche nel paziente non più in grado di intendere e volere, • riconoscere il dovere giuridico e morale dei medici di proteggere il paziente morente dalla sofferenza tramite la sedazione palliativa, • garantire al medico di non vedersi perseguito qualora non erogasse o interrompesse cure sproporzionate. La soluzione quindi potrebbe essere quella di inserire le DAT in un contesto più ampio garantito dalla legge (ACP) che rispetti le differenti culture, idealità religiose e laiche e le differenti individualità biologiche e biografiche dei pazienti, e che assicuri ai medici quella serenità di giudizio che è necessaria per compiere scelte etiche adeguate alle sempre più complesse vicende umane insite nella moderna pratica clinica. DICEMBRE 2015 17 focus _ direttive anticipate di trattamento (DAT) Bibliografia 1. Beauchamp TL, Childress JF. Principi di bioetica. Firenze: Ed. Le Lettere, 1999. 2. Steinhauser KE, Christakis NA, Clipp EC. Preparing for the end of life: preferences of patients, families, physicians, and other care providers. J Pain Symptom Manage 2001; 22: 727-37. 3. Szalados JE. Legal issues in the practice of critical care medicine: a practical approach. Crit Care Med 2007; 35 (2 suppl): S44-58. 4. Smedira NG1, Evans BH, Grais LS, et al. 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Le direttive anticipate di fine vita e il diritto italiano Carlo Casonato Professore di Diritto costituzionale comparato, Facoltà di Giurisprudenza, Università di Trento, Componente del Comitato Nazionale per la Bioetica L’ALTERNATIVA A fronte di una persona incapace di esprimere le proprie volontà in riferimento ai trattamenti sanitari, si aprono in via generale due vie alternative. Si può, da un lato, insistere in ogni caso per il suo mantenimento in vita, considerando che, se anche avesse espresso delle volontà anticipate di non essere trattata, queste non sarebbero più attuali e quindi non andrebbero seguite (alternativa “biologica”). D’altro canto, si può invece sostenere l’opportunità di affidarsi, per quanto possibile, alle volontà precedentemente espresse o comunque desumibili dalle scelte compiute, dai convincimenti, dalla personalità e dallo stile di vita della persona ora incapace (alternativa “biografica”). In mancanza di una legge che possa indicare con precisione la via da intraprendere, il diritto italiano, al pari di tutti gli altri ordinamenti a noi vicini, contiene una serie di indici che fanno propendere per la seconda via: quella della rappresentazione e della ricostruzione, con una serie di cautele e di attenzioni, della volontà della persona malata. IL VALORE VINCOLANTE DELLE DAT Negare ogni possibilità di decidere sul proprio destino in caso di incapacità di esprimersi, anzitutto, produrrebbe la conseguenza di spogliare le persone cadute in tale stato del diritto di autodeterminarsi, creando una discriminazione nei loro confronti. In presenza di direttive anticipate di trattamento, così, tanto la Convenzione di Oviedo (una convenzione non ancora direttamente applicabile in Italia, ma che costituisce un valido ausilio interpretativo) quanto il codice di deontologia medica (che pur non essendo una legge assume una valenza normativa) dispongono che le volontà anticipate della persona non più in grado di esprimersi vengano comunque tenute in considerazione. Tale formula (“tenere in considerazione”) presenta certamente margini di ambiguità, ma non può dirsi priva di significato, tutt’altro. Essa esclude, anzitutto, che si possa ignorare la volontà espressa in precedenza. Non si potrà quindi agire come se le direttive anticipate non fossero state date, ma bisognerà – appunto – tenerle in considerazione. D’altro canto, la formula adottata esclude che le stesse dichiarazioni possano avere un’efficacia assolutamente vincolante: tenere in considerazione, così, neppure può condurre ad individuare un obbligo in capo all’operatore di attenersi sempre e comunque a quanto precedentemente disposto dal malato. La formula utilizzata dalla Convenzione e dal Codice di deontologia può quindi essere utilizzata per tagliare – per così dire – la testa e la coda del problema, lasciando all’operatore un margine discrezionale che però deve essere orientato al tendenziale rispetto della volontà precedentemente espressa. “Tenere in considerazione”, infatti, è formula che giuridicamente permette il discostarsi da quanto va considerato a patto che vi siano motivi ragionevoli per farlo. E i motivi ragionevoli per non tenere in considerazione le volontà espresse da una persona in riferimento ai trattamenti sanitari proposti possono ricondursi solo al mutamento delle condizioni u DICEMBRE 2015 19 focus_ direttive anticipate di trattamento (DAT) A fronte di una persona incapace di esprimere le proprie volontà in riferimento ai trattamenti sanitari [...] si può, da un lato, insistere in ogni caso per il suo mantenimento in vita, (alternativa “biologica”), o si può invece sostenere l’opportunità di affidarsi alle volontà precedentemente espresse o comunque desumibili dalle scelte compiute, dai convincimenti, dalla personalità e dallo stile di vita della persona ora incapace (alternativa “biografica”). 20 DICEMBRE 2015 a cui si era in precedenza espressa la dichiarazione di volontà. Si potrebbe trattare di un nuovo farmaco o di un nuovo trattamento che la persona malata non aveva potuto vagliare, oppure di una condizione clinica particolare che non aveva potuto considerare. Ma nel momento in cui la volontà espressa in precedenza si riferisca con precisione alla situazione clinica poi verificatasi, la formula “tenere in considerazione” indica il suo valore vincolante, non essendovi motivi ragionevoli per discostarsene. Su questa linea, del resto, si può leggere un parere del 2003 del Comitato Nazionale per la Bioetica in cui già si sottolineava la rilevanza della volontà espressa precedentemente: “Ogni persona ha il diritto di esprimere i propri desideri anche in modo anticipato in relazione a tutti i trattamenti terapeutici e a tutti gli interventi medici circa i quali può lecitamente esprimere la propria volontà attuale (…). Se il medico, in scienza e coscienza, si formasse il solido convincimento che i desideri del malato fossero non solo legittimi, ma ancora attuali, onorarli da parte sua diventerebbe non solo il compimento dell’alleanza che egli ha stipulato col suo paziente, ma un suo preciso dovere deontologico: sarebbe infatti un ben strano modo di tenere in considerazione i desideri del paziente quello di fare, non essendo mutate le circostanze, il contrario di ciò che questi ha manifestato di desiderare”. Pure in assenza di una legge, quindi, un documento in cui si esprimano le proprie dichiarazioni anticipate di trattamento, adottato con consapevolezza e redatto con precisione (la più recente versione del codice di deontologia medica parla di “dichiarazioni anticipate di trattamento espresse in forma scritta, sottoscritta e datata da parte di persona capace e successive a un’informazione medica di cui resta traccia documentale”), costituisce un primo strumento per vedere rispettate le proprie volontà future. L’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO Una seconda possibilità di esprimere le proprie volontà “ora per allora” è costituita dall’indicazione di un amministratore di sostegno. Questa figura è stata introdotta per rispondere alle esigenze di rappresentazione della volontà di chi si trovi in uno stato di incapacità anche parziale o temporanea di provvedere a se stesso, senza presentare uno stato di totale infermità. Invece che intraprendere la via estrema dell’interdizione o della inabilitazione, è allora possibile che chi si trova in una situazione di difficoltà nel provvedere ai propri interessi possa essere affiancato e sostenuto da una persona di propria fiducia. Il nostro codice civile, al riguardo, detta espressamente che “la persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio”; amministratore che “può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario”. In questi termini, la giurisprudenza ha riconosciuto la possibilità che determinate scelte, anche di carattere terapeutico, possano essere legittimamente rappresentate da chi è stato precedentemente indicato dallo stesso paziente come l’autentico interprete della sua volontà. Un secondo strumento al servizio del rispetto delle volontà della persona incapace è quindi costituito dall’amministrazione di sostegno, figura che, seppur nata con scopi diversi, potrebbe essere oggetto di maggiore utilizzo anche in ambito clinico. Da un punto di vista clinico, anzitutto, deve trattarsi di uno stato vegetativo tendenzialmente irreversibile per cui si possa escludere la possibilità di recupero della coscienza. La Corte, espressamente, parla di una condizione di stato vegetativo la quale “sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre che la persona abbia la benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno”. La seconda condizione per l’autorizzazione di una interruzione di trattamento è, per così dire, di carattere processuale e si riferisce al peso delle prove portate a favore della ricostruzione della volontà della persona. La richiesta di interruzione, così, dovrà essere “realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, concordanti e convincenti, della voce del rappresentato, tratta dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona”. Il terzo requisito posto dai giudici riguarda l’accordo fra le persone incaricate di presentare la volontà dell’incapace. La sola rappresentazione del tutore, così, non è stata considerata sufficiente per supportare una decisione così grave come l’interruzione di un trattamento di sostegno vitale, e si è chiesta la nomina ed il conseguente parere di un curatore speciale. L’INGIUSTIFICABILE RITARDO DEL PARLAMENTO ITALIANO Come illustrato, il diritto italiano, considerato nella totalità delle sue componenti, offre un quadro di principi in grado di indicare la disciplina delle direttive anticipate di trattamento. Ciò non toglie che tematiche di questa complessità e delicatezza avrebbero bisogno di normative dettagliate e precise, frutto di un dibattito aperto e non strumentale affrontato a livello sia sociale sia politico-parlamentare. Alcuni disegni di legge già depositati in Parlamento potrebbero costituire le basi su cui poter giungere anche in Italia, pur con un ingiustificabile ritardo, ad una legge attenta e equilibrata. IN ASSENZA DI DISPOSIZIONI: LA (CAUTA) RICOSTRUZIONE DELLE VOLONTÀ Nella maggior parte dei casi, tuttavia, la persona caduta in uno stato di incapacità non presenta dichiarazioni anticipate precise né un amministratore di sostegno. In tutte queste circostanze, pure, la giurisprudenza italiana, sulla scia dei principi costituzionali e sulla scorta di quanto già previsto in molti altri Paesi, ha fissato una serie di condizioni che permettono il rispetto del diritto al rifiuto dei trattamenti delle persone incapaci. La Corte di Cassazione, così, ha dal 2007 indicato come l’interruzione di un trattamento di sostegno vitale, formula comprensiva della nutrizione e idratazione artificiale, possa essere autorizzata solo in presenza di tre requisiti. DICEMBRE 2015 21 focus_ direttive anticipate di trattamento (DAT) “Rinnovi i documenti? Rinnova una vita!” Progetto per l’acquisizione della dichiarazione di volontà alla donazione di organi e tessuti Nicola Ferraro La disponibilità a donare una parte del proprio corpo per salvare un altro essere umano è una caratteristica molto positiva della nostra specie che però, come tutte le doti innate (ad esempio la capacità di comunicare o l’intelligenza), deve essere favorita e coltivata perché non si snaturi, non si disperda e non si sprechi. Un progetto multicentrico gestito dal Centro Regionale Trapianti Piemonte e dall’Asl TO5 – Distretto Sanitario Moncalieri (Comune di La Loggia, Moncalieri e Trofarello), si propone di proprio l’obiettivo di favorire l’espressione della volontà individuale (positiva o negativa) in tema di donazione di organi e tessuti esplicitando questa intenzione sulla Carta d’Identità. Secondo Raffaele Potenza anestesista, in forza con la d.ssa Anna Guermani al nostro Centro Regionale Trapianti (Coordinamento Regionale delle Donazioni e dei Prelievi d’organi e tessuti diretto da PierPaolo Donadio), “esplicitare con sì o con un no la propria volontà di donare una parte di sé a favore di chi non aspetta altro per continuare a vivere è già un fatto molto positivo anche in caso di diniego”. Si pensi, non a caso, a quello che avviene, in assenza di questa volontà espressa, quando a dover dare il consenso sono chiamati i congiunti di un uomo o di una donna appena deceduta CENTRO REGIONALE TRAPIANTI PIEMONTE -ASL TO5 – DISTRETTO SANITARIO MONCALIERI COMUNE LA LOGGIA – COMUNE MONCALIERI – COMUNE TROFARELLO PROGETTO 1: SENSIBILIZZAZIONE DEI SINDACI ASL TO5 La legge che prevede per i comuni l’acquisizione della dichiarazione di volontà all’atto del rinnovo del documento di identità non ha termini perentori. La maggioranza dei comuni pertanto in questa prima fase non ha ancora avviato le procedure per l’acquisizione di tale volontà. OBIETTIVO: rapida adesione dei comuni della ASL TO5 al dettato normativo di acquisizione della dichiarazione di volontà alla donazione all’atto di rinnovo della carta di identità MODALITÀ: Incontro di informazione sensibilizzazione svolto dal Centro Regionale Trapianti per i sindaci della’ASL TO5, nell’ambito della conferenza dei sindaci mirato a: • Informare sui contenuti della legge recentemente entrata in vigore • Informazione sulle procedure, sul materiale informativo, sullo stato dell’arte relativo a dichiarazioni di volontà, espianti e trapianti. 22 DICEMBRE 2015 INDICATORE: Svolgimento dell’incontro informativo nell’ambito della Conferenza dei Sindaci entro il 2015. PROGETTO 2: PROGETTO DISTRETTUALE Nei comuni italiani che hanno avviato la richiesta di dichiarazione di volontà la percentuale di effettiva espressione di un parere da parte dei cittadini (favorevole o sfavorevole che sia) è bassa e pari al 25% circa dei cittadini che rinnovano il documento. Ciò avviene in quanto i cittadini non sono stati preventivamente e capillarmente informati. Inoltre non sempre il personale amministrativo dei comuni, anche se specificatamente formato, possiede competenze e status adeguato per fornire risposte esaurienti ed autorevoli ai dubbi dei cittadini. OBIETTIVO: Acquisire la dichiarazione di volontà all’atto del rinnovo della C.I., nell’ambito di un distretto sanitario, di cittadini che siano stati preventivamente informati e resi consapevoli da parte dei sanitari di riferimento (MMG e farmacisti) al fine di incrementare il numero di cittadini che esprimono una dichiarazione. “Questo Progetto torinese a più voci –ci dice Massimo Uberti, Direttore Generale dell’Asl TO5 e ideatore dell’iniziativa (foto a lato) - muove dalla constatazione del fatto che la legge prevede per i Comuni l’acquisizione della dichiarazione di volontà all’atto del rinnovo del documento di identità ma senza stabilire le modalità operative in termini perentori. Questo fatto si traduce in una serie difficoltà di informazione che penalizza gravemente la possibilità offerta dalla legge. Difficoltà di informazione che colpiscono i cittadini ma anche gli impiegati dei Comuni chiamati dai cittadini a dare risposte per esprimere o negare il consenso alla u donazione”. PRECONDIZIONI: • Acquisizione della disponibilità da parte di tutti i sindaci di un distretto ad attivare le procedure per l’acquisizione della dichiarazione di volontà alla donazione nell’ambito dell’acceso per il rinnovo della C.I. entro febbraio 2016 • Acquisizione della disponibilità dei MMG del distretto ad informare i propri assistiti sul tema specifico Acquisizione della disponibilità delle farmacie del territorio distrettuale affinchè collaborino all’informazione alla popolazione. MODALITÀ ◊ Adeguamento software da parte dei comuni ◊ Formazione personale dei comuni effettuata dal Centro Regionale Trapianti e consegna materiale informativo per i cittadini ◊ Formazione MMG distretto (nell’ambito dei progetti di formazione obbligatoria) da parte del Centro Regionale Trapianti e consegna materiale informativo per i cittadini ◊ Formazione Farmacisti distretto effettuata dal Centro Regionale Trapianti e consegna materiale informativo per i cittadini ◊ Invio al distretto da parte dei Comuni dell’elenco nominativo dei cittadini con C.I. in scadenza nell’anno successivo. ◊ Invio da parte del distretto ai singoli MMG dell’elenco dei propri assistiti con C.I. in scadenza ◊ I MMG nel periodo antecedente il rinnovo, in uno dei momenti di contatto con ciascun assistito del predetto elenco, provvedono ad informare correttamente ed a motivare i propri assistiti anche fornendo il materiale messo a disposizione dal centro regionale trapianti ◊ Le farmacie rendono disponibile il materiale informativo ai propri clienti e si rendono disponibili a fornire informazioni ai cittadini interessati ◊ Presso le farmacie, presso gli studi dei medici e presso le anagrafi vengono esposti cartelloni che informano e che invitano a rivolgersi al medico curante e/o al farmacista per informazioni, dubbi, domande sul tema ◊ I comuni all’atto del rinnovo della C.I. acquisiscono la dichiarazione di volontà del cittadino. INDICATORE: n. di dichiarazioni di volontà 2016 / n di rinnovi C.I. 2016 x 100 STANDARD: > 25% DICEMBRE 2015 23 focus_ direttive anticipate di trattamento (DAT) QUESTO INTERVENTO MI HA CAMBIATO LA VITA! VIENI A SCOPRIRE SE SEI IDONEO Tiziana Putignano “Operata di Clear lens multifocale” TARIFFE CONVENZIONATE PER GLI ISCRITTI ALL’ORDINE STRUTTURA CONVENZIONATA CON LE MAGGIORI ASSICURAZIONI SANITARIE 1° gennaio 18 novembre 2015: 37 comuni piemontesi (su 1206) hanno registrato la volontà dei cittadini di donare o non donare organi e tessuti: il risultato è di 7.500 espressioni, di cui 84% disponibili a donare ACCREDITAMENTO Medici [ C H I R U R G I A R E F R AT T I VA L A S E R ] [ P R E S B I O P I A ] [ CATA R AT TA ] E’ necessario presentare la tessera durante la 1° visita 20% di sconto nel resto delle visite e trattamenti Visita oculistica completa 60€. Milano - Via Trenno, 12 · Milano - Via Alberico Albricci, 5 · Torino - Piazza Solferino, 7/i · Varese - Via Rossini, 8/a 24 DICEMBRE 2015 DICEMBRE 2015 PRENOTA LA TUA VISITA 800 22 88 33 / clinicabaviera.it 25 CLINICA BAVIERA ITALIA S.r.l. Autorizzazione sanitaria n.1 del 17.01.2002 Dir. Sanitario Dott. M. Moschi Questa iniziativa nata nella provincia di Torino, ci dice il dottor Massimo Uberti, “è quindi un progetto di formazione che vuole amplificare la capacità di comunicazione di medici di famiglia e farmacisti per metterli nella condizione di informare in modo ottimale i cittadini sull’opportunità di esprimere la possibilità di donare gli organi al momento del rinnovo della Carta d’Identità. L’altro aspetto formativo riguarda poi il personale delle anagrafi perché siano in grado di rispondere alle domande rivolte loro dai cittadini”. Rapido l’iter istituzionale per dar avvio a questa sperimentazione. “Abbiamo presentato la bozza del progetto – continua il dott. Uberti - all’UCAD (Ufficio Coordinamento Attività Distrettuali) del Distretto di Moncalieri (Moncalieri, La Loggia, Trofarello) e l’iniziativa è molto piaciuta, tanto che è stata subito condivisa operativamente dalla d.ssa Teresa Bevivino, Direttore dello stesso Distretto”. E presto la sperimentazione dovrebbe essere estesa anche agli altri comuni dell’Asl TO 5 (4 Distretti in totale): il Progetto è stato infatti presentato anche all’Assemblea dei Sindaci dell’Asl TO 5. Cosa ci si attende da questo Progetto? Senz’altro il decollo dell’esplicitazione della volontà di donare organi e tessuti. “I numeri parlano chiaro”, ci dice il dott. Raffaele Potenza del Centro Regionale Trapianti, responsabile nel Progetto della formazione a favore di Amministrativi, Medici di Famiglia e Farmacisti. “Dal 2000 al 2015, dopo l’entrata in vigore della Legge 91/1999, e la creazione del Sistema Informativo Trapianti (SIT, https://trapianti.sanita.it/statistiche/home.asp, accessibile dal QRcode sottostante), in tutte le Asl del Piemonte erano state registrate 3.500 espressioni di volontà. Dal 1° gennaio 2015 al 18 novembre scorso, grazie al fatto che 37 Comuni piemontesi (su un totale però di 1206!) hanno preso a registrare la volontà dei cittadini di donare o non donare organi e tessuti, le espressioni raccolte al momento del rinnovo del documento d’identità hanno raggiunto la cifra di 7.500: in queste sono anche comprese le adesioni raccolte dal Comune di Settimo Torinese sin dal marzo del 2014”. Molto alta la disponibilità registrata a donare: l’84% di chi esplicita la propria volontà. Un dato che in un epoca di vuoti e deteriori luoghi comuni difficili da stroncare fa riflettere e pone più di un dubbio sul cinismo dilagante. tribuna Il terrorismo non passerà Nicola Ferraro Dopo i 41 morti di Beirut in un centro commerciale, il 12 novembre scorso, la stessa mano ha fatto altri 130 morti (ma il bilancio purtroppo è provvisorio mentre stiamo chiudendo questo numero di Torino Medica in redazione) e 300 feriti a Parigi. I fatti sono quelli, noti e inquietanti, accaduti lo scorso venerdì 20 novembre sera: una strage senza senso frutto di una follia omicida che è un attentato all’umanità intera. Il giorno dopo, mentre era in corso all’Ordine la Premiazione per i 50 e i 70 anni di laurea e il Giuramento professionale dei nuovi iscritti, la redazione ha messo in Rete sul portale www.torinomedica.org il comunicato che riproduciamo integralmente, corredato da un’amara vignetta di Claudio Mellana. I medici e gli odontoiatri torinesi partecipano al dolore e allo sdegno dei cittadini francesi Gli attentati terroristici di Parigi sono un crimine contro l’umanità e la convivenza civile. I medici e gli odontoiatri torinesi riuniti oggi, 14 novembre 2015, nella sede del loro Ordine professionale per festeggiare i 50 anni di laurea di alcuni suoi iscritti e l’ingresso nella professione di molti giovani professionisti hanno voluto esprimere tutto il loro dolore per i morti e tutto il loro sdegno per i fatti inqualificabili che hanno colpito ieri sera la capitale francese. L’hanno fatto attraverso due intensi momenti di silenzio e riflessioni profonde che hanno interrotto un evento importante per la vita dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Torino. Formazione: i corsi ECM gratuiti dell’Ordine nel 2016 Ivana Garione Consigliere OMceO di TO - Responsabile dei Corsi di Formazione ECM Il Consiglio dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di di Torino nella riunione del 16/11/2015, dopo aver acquisito il parere favorevole del Comitato Scientifico, ha approvato il Piano Formativo dei Corsi di Formazione che saranno offerti gratuitamente agli Iscritti nel 2016. La grande maggioranza dei futuri Corsi nasce da proposte dei componenti delle Commissioni Ordinistiche che si sono dimostrati fin dal 2013, anno in cui l’Ordine si accreditò come Provider Nazionale ECM, particolarmente attivi e entusiasti di partecipare alla progettazione e realizzazione della Formazione. Una verifica nazionale confermò che nel 2014 e nel 2015 l’Ordine di Torino aveva realizzato il maggior numero di Corsi fra tutti i 106 Ordini italiani. Inoltre quegli eventi formativi sono stati molto apprezzati dagli Iscritti che li hanno giudicati di alto profilo qualitativo per quanto riguarda i contenuti: alcuni corsi hanno avuto una partecipazione così alta da richiedere una riedizione per soddisfare la domanda. Anche per il 2016 è stato previsto un alto numero di eventi: ben 29. Naturalmente la realizzazione di una formazione tanto articolata costituisce un onere economico ed organizzativo significativo per l’Ordine, che lo affronta consa- pevole di adempiere alla sua mission specifica, prevista dall’articolo 3 dello Statuto degli Ordini professionali (DLCPS 13 settembre 1946) che recita: “ Agli Ordini professionali spetta l’attribuzione di promuovere o favorire tutte le iniziative intese a facilitare il progresso culturale degli iscritti”. Nella scelta dei temi di formazione si è privilegiato, oltre agli argomenti specifici di natura deontologica, quelli che, pur sembrando di stretta natura tecnica, hanno rilevanti aspetti di responsabilità professionale. Un esempio per tutti: il corso “Dal fare alla responsabilità del fare: l’occlusione dell’arteria femorale superficiale. Una patologia, tanti trattamenti”. In aggiunta a questi profili ci sono da segnalare, come si può leggere nel Piano Formativo che alleghiamo integralmente di seguito, alcuni corsi di alto contenuto sociale: ad esempio il contrasto alle diseguaglianze. Il Consiglio dell’Ordine ha raccolto anche l’esigenza segnalata dai Colleghi ospedalieri di conoscere con molto anticipo le date dei corsi, per poter comunicare alle Aziende la propria assenza dal lavoro: sul sito istituzionale dell’Ordine (www.omceo.to.it) sarà pubblicato, appena possibile, il calendario completo di tutti gli eventi con le relative date. PIANO FORMATIVO 2016 COMMISSIONE ASSOCIAZIONE DI MALATI E VOLONTARI 1) “L’anoressia nelle adolescenti. Strategie di prevenzione primaria e secondaria” 2) “L’endometriosi: malattia sociale?” 3) “La salute del rifugiato. Presa in carico globale” COMMISSIONE ETICA E DEONTOLOGIA 1) “Etica di fine vita tra cure attive e desistenza” 2) “NBM – Medicina Basata sulla Narrazione. Riflessioni sull’Essere Medico, sull’Essere paziente e sulla Medicina attraverso il cinema e la letteratura” 3) “Come prendersi cura della fragilità” COMMISSIONE FORMAZIONE PERMANENTE E ACCREDITAMENTO FORMATIVO 1) “Medici a confronto: dignità della professione e moderni doveri deontologici” 26 DICEMBRE 2015 DICEMBRE 2015 27 tribuna COMMISSIONE MALATTIE RARE 1) “Siringomielia e Sindrome di Chiari: malattie rare, ma non troppo. Neurologia e Medicina Legale a confronto” 2) “Importanza della diagnosi precoce nelle malattie neuromuscolari rare con nuovi approcci terapeutici: ‘red flags’ per pediatri e medici di famiglia” COMMISSIONE MEDICINE NON CONVENZIONALI 1) “Il dolore muscolo scheletrico. Dal dolore articolare a quello miofasciale: diagnosi e strategie di trattamento” 2) “Stato dell’arte delle Medicine non Convenzionali: agopuntura, omeopatia, fitoterapia. Principi, evidenze cliniche, letteratura scientifica, esperienze di integrazione con il Servizio Sanitario Nazionale” COMMISSIONE PARI OPPORTUNITA’ 1) “Genere e ambiente” 2) “Eventi cardiaci acuti nel genere femminile” 3) “Comportamenti da dipendenza con e senza uso di sostanze nel genere femminile” COMMISSIONE RAPPORTI CON ALTRI ORDINI E COLLEGI IN AMBITO SANITARIO 1) “Medici e professioni sanitarie in Piemonte: criticità e opportunità” COMMISSIONE RISCHIO PROFESSIONALE E STUDIO DEL CONTENZIOSO 1) “Dal fare alla responsabilità del fare: l’occlusione dell’arteria femorale superficiale. Una patologia, tanti trattamenti” 2) “La gestione del paziente trapiantato di rene. Dalla clinica alla responsabilità professionale” 3) “Infezioni ospedaliere ed infezioni chirurgiche. Il rischio da agenti biologici nelle organizzazioni sanitarie e nei servizi. Valutazione del rischio, prevenzione clinica e responsabilità medico legale” in collaborazione con la Commissione Salute e Sicurezza in ambiente di lavoro e di vita COMMISSIONE SALUTE E SICUREZZA IN AMBIENTE DI LAVORO E DI VITA 1) “Amianto e Salute Pubblica in Piemonte: Stato dell’Arte” 2) “Il polmone al lavoro: pneumopatie occupazionali. Vecchie conoscenze e nuove acquisizioni; aspetti epidemiologici, diagnostici, medico legali occupazionali” 3) “Nanotecnologia e patologia occupazionale. Il punto sullo stato della ricerca” COMMISSIONE SALUTE MENTALE E ALBO PSICOTERAPEUTI 1) “Il consenso informato e i trattamenti senza consenso” COMMISSIONE SOLIDARIETA’ NAZIONALE E INTERNAZIONALE EQUITA’ DELL’ACCESSO ALLE CURE 1) “Il ruolo dei professionisti per l’equità nel campo della salute” 2) “Il medico si confronta con lingue e percezioni di malattie ‘altre’” CORSI A CURA DELLA PRESIDENZA DELLL’ORDINE 1) “Facciamo ordine: ingresso nel labirinto della professione. Primi passi in materia di fiscalità, relazione e consenso informato, certificazioni e prescrizioni, assicurazioni e risk management” 2) “La ricerca bibliografica tramite la Biblioteca Virtuale per la salute della regione Piemonte” con il contributo della Commissione Pari Opportunità 3) “Incontro sull’allergologia” in collaborazione con Slow Medicine 4) “Incontro sull’alimentazione” in collaborazione con Slow Medicine 5) “Incontro sulla radiologia” in collaborazione con Slow Medicine 28 DICEMBRE 2015 DICEMBRE 2015 29 tribuna Investire nel Servizio Sanitario Pubblico del Piemonte: è ancora possibile? Nicola Ferraro Mario Nejrotti Questo il titolo di un convegno, o meglio, un’importante occasione di confronto tra medici e Istituzioni, per fare proposte concrete a favore della Sanità in Piemonte, organizzato dall’Ordine il 20 novembre scorso presso la sede di Villa Raby. ORDINE PROVINCIALE DEI MEDICI CHIRURGHI ED ODONTOIATRI DI TORINO Villa Raby, Corso Francia 8 - Torino VENERDÌ 20 NOVEMBRE 2015 ore 15.00-18.00 INVESTIRE NEL SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO IN PIEMONTE 15.00 Introduzione OMCeO To 15.10-15.35 Sostenibilità del SSN Nerina DIRINDIN - Senatrice, Commissione Igiene e Sanità del Senato 15.35-16.00 Aspetti finanziari del SSN e analisi della situazione Piemontese Luigi PUDDU, Enrico SORANO - Dipartimento Management, Università di Torino 16.00-16.25 Proposte di reinvestimento nella città metropolitana Giulio FORNERO - Coordinatore Commissione Organizzazione Sanitaria OMCeO To 16.30-16.40 La psichiatria Antonio MACRÌ - Psichiatria 16.40-16.50 La non autosufficienza Maria Grazia BREDA - Associazione Promozione sociale 16.50-17.00 L’emergenza-urgenza Franco APRÀ, Roberta PETRINO - Presidente SIMEU Piemonte 17.00-17.10 La medicina convenzionata Aldo MOZZONE - Medico di Medicina Generale 17.10-17.35 Razionalizzazione e risparmio a favore della sanità regionale Antonio SAITTA - Assessore Sanità Piemonte 17.35-18.00 Conclusioni Guido GIUSTETTO - Presidente OMCeO To 30 DICEMBRE 2015 La nostra sanità, fino ad un decennio fa indicata come esempio a livello internazionale, ha via via ridotto, a causa delle problematiche economico-organizzative che investono da anni il settore sanitario la sua capacità di essere non solo erogatore di prestazioni, ma sistema di tutela della salute dei cittadini. Da più parti si auspica addirittura un ritorno delle vecchie mutue, viste come istituti capaci di essere meno costosi del sistema sanitario nazionale ma, di fatto, in grado soltanto di curare e non di fare prevenzione: identità strategica e distintiva del nostro Sistema Sanitario. Inoltre, critiche sempre più pesanti sono dirette alle Regioni per la loro gestione della Sanità. Esse sono additate da più parti, e non senza ragione, come fonte di sprechi e di diseguaglianze nell’accesso alle prestazioni sanitarie e assistenziali da parte dei cittadini italiani. Il confronto ha cercato anche di contestualizzare il “Caso Piemonte”, Regione in cui i bilanci, prima e dopo il piano di rientro dal deficit, hanno penalizzato il finanziamento della Sanità nel suo complesso. Una prima risposta alla domanda espressa nel titolo è arrivata direttamente dall’assessore alla Sanità che ha annunciato, prima di un incontro molto serrato con gli iscritti (anche per i tempi ridotti imposti nell’occasione dall’agenda politica dell’Assessore), un ritorno all’investimento sul personale sanitario (capitolo di spesa penalizzato dal 2010) che dovrebbe essere realizzato insieme al completamento della riorganizzazione della rete ospedaliera, territoriale e amministrativa. L’altra importantissima risposta al quesito posto dal titolo è arrivata dagli iscritti all’Ordine che hanno esposto alcune esperienze professionali specifiche come esempi concreti di razionalizzazione operativa e di risparmio in Sanità: si è spaziato dall’Emergenza-Urgenza alla Medicina di Famiglia e ai suoi progetti di Medicina d’Iniziativa con cui si può praticare una prevenzione di tipo innovativo per la salute dei cittadini e… dei conti pubblici. Un altro momento importante, anche a livello formativo, il confronto sugli aspetti finanziari e gestionali del Sistema Sanitario Nazionale e Regionale esposti dai professori Luigi Puddu ed Enrico Sorano dell’Università di Torino. Non a caso la loro relazione è stata posta all’inizio dell’incontro insieme a quella politica sulla sostenibilità del SSN che, purtroppo, non si è tenuta a causa di un’assenza imprevedibile della Senatrice Nerina Dirindin. Su questa importante iniziativa, pubblicizzata in modo capillare dalla nuova rete di comunicazione istituzionale e giornalistica realizzata quest’anno dall’Ordine, nel prossimo numero contiamo di avere un articolo di commento che sottolinei le novità emerse. FOTO 1 Da sinistra il Presidente dott. Guido Giustetto, la d.ssa Rosella Zerbi Segretaria dell’Ordine, la d.ssa Roberta Petrino vice Presidente Regionale SIMEU e Presidente della Società Europea di Medicina d’Urgenza, Antonio Saitta assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Prof Luigi Puddu Dipartimento Management dell’Università di Torino, Dott. Giulio Fornero Coordinatore Commissione OMCeO di Torino sull’Organizzazione sanitaria. FOTO 2 Da sinistra Antonio Saitta assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Prof Luigi Puddu Dipartimento Management dell’Università di Torino, Dott. Giulio Fornero Coordinatore Commissione OMCeO di Torino sull’Organizzazione sanitaria. DICEMBRE 2015 31 tribuna Diverse generazioni, stessa fedeltà alla deontologia Foto 1 Foto 2 Foto 3 Foto 4 Foto 5 Foto 6 A cura di Nicola Ferraro Il 14 novembre si è tenuta a Villa Raby la cerimonia di premiazione per i 50 e 70 anni di laurea e del Giuramento Professionale pronunciato da una folta rappresentanza di nuovi iscritti all’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino. Di seguito l’elenco dei medici più anziani premiati e una sintetica cronaca fotografica di istantanee scattate durante l’intera giornata: al mattino vi è stata la cerimonia delle medaglie seguita da un semplice aperitivo in cortile e nel pomeriggio il Giuramento terminato con un momento di festa per i nuovi iscritti, i loro famigliari e gli amici. È prevista la pubblicazione on line del servizio fotografico ufficiale dell’evento sul sito istituzionale dell’Ordine: www.omceo.to.it Accedendo al sito si potranno acquisire anche le foto che interessano. La redazione di Torino Medica ha anche registrato integralmente la manifestazione e realizzato tre video interviste: al Presidente dott. Guido Giustetto, alla Segretaria d.ssa Rosella Zerbi e alla prof.ssa Elsa Margaria. Il materiale registrato è visibile sul sito www. videomedica.org . LAUREATI 1964 (50 ANNI LAUREA) 1 Dr. ALLEGRI Aldo 2 Dr. AVOLIO Generoso 3 Dr.ssa BALLESTRERO Giovannella 4 Dr. BARAZIA Giovanni 5 Prof. BENSO Lodovico 6 Dr. BOLTRI Francesco 7 Dr. BOZZI Aldo 8 Prof. BRADAC Gianni Boris 9 Dr. BRICCO Giovanni Fulvio 10 Prof. BUMMA Cesare 11 Dr. CANAPARO Giuseppe 12 Dr. CANINO Vittorio 13 Dr. CAPRA Stefano DECEDUTO 14 Dr. CARACCIOLO Giovanni 15 Prof.ssa CODEGONE Maria Laura 16 Dr. COLONNA Felice 17 Dr. CORAGLIA Alberto 18 Dr. D’AMICO Sergio 19 Dr. D’ORAZIO Vittorio 20 Dr. DANA Franco 21 Dr.ssa DE DOMINICIS Sandra 22 Dr. DELL’ERBA Cesare 23 Dr.ssa DI LEONARDO Norma 32 DICEMBRE 2015 24 Dr.ssaDOGLIANI Paola 25 Dr. DOLCETTI Alessandro 26 Prof. FAGNONI Vittorio 27 Dr. FERRANDO Ugo 28 Prof. FONTANA Dario 29 Prof. FORNARI Ugo 30 Dr. GABASIO Sergio 31 Dr. GAINO Tommaso Maria 32 Dr. GARDINI Mario 33 Dr. GILLI Giulio 34 Dr. KALDIS Nicolas 35 Prof. LANZA Aldo 36 Dr. LUCCI CHIARISSI Ugo 37 Prof.ssa MARGARIA Elsa 38 Dr. MOIRAGHI Paolo 39 Dr. MORGANA Salvatore 40 Dr. MUNIZZA Carmine 41 Prof. MUTANI Roberto 42 Dr.ssaNEGRI Maria Luisa 43 Dr. PALMARO Gianfranco 44 Dr. PANATARO Carlo 45 Prof. PAVETTO Pier Franco 46 Dr. PAZE’ Renato 47 Dr. PICCO Cesare 48 Dr. PONTE Pietro 49 Dr. PUCCI Giulio Cesare 50 Prof. RENGA Giovanni Domenico DECEDUTO 51 Dott. ROCCIA GIAN MARIA DECEDUTO 52 Dr.ssaROLLIER Daniela 53 Dr.ssaSCANSETTI Maddalena DECEDUTO 54 Dr. SCARABOSIO Luciano 55 Dr. SOLDANI Marialberto 56 Prof. STRANI Gianfranco 57 Prof. TAROCCO Renzo 58 Dr. TOMASI MORGANO Aurelio 59 Dott. TURINETTI CESARE DECEDUTO 60 Dr. VERGINE Camillo 61 Dr. VILLA Giuseppe 62 Dr. ZACCAGNA Carlo Alberto 63 Dr. ZIRILLI Giovanni LAUREATI 1945 (70 ANNI LAUREA) 1 Prof. PANSINI Tommaso 2 Dr. TOMENOTTI Domenico Le fotografie n. 1, 3, 5 e 6 sono state realizzate da Alfonso D’Angelo DICEMBRE 2015 33 tribuna il dedalo Badanti: un problema senza uscita? Mario Nejrotti LA LETTERA Qualche settimana fa è giunta al Presidente dell’Ordine, dottor Guido Giustetto, l’appassionata e circostanziata lettera (a lato la prima pagina) della signora Nisa Grassini Concina, moglie del professore Enrico Concina, che tutti salutiamo con stima e affetto. La signora solleva un problema molto diffuso e di drammatica attualità: il livello di assistenza al proprio domicilio degli anziani non autosufficienti. Il marito infatti, come si legge nella lettera pubblicata in box, giunto alla ragguardevole età di 91anni, non è più autosufficiente e quindi necessita di assistenza continua. La signora lamenta l’evanescenza della figura professionale del badante, inquadrata nel contratto degli altri collaboratori domestici (COLF, governanti, direttori di casa, maggiordomi, giardinieri, autisti…) e questo non aiuta a costruire una figura professionale autonoma e con mansioni e competenze precise e riconoscibili. Inoltre un’altra difficoltà, evidenziata dalla nostra lettrice, è l’attuale scarsa attenzione giuridica alle garanzie per il datore di lavoro che, a dire della gentile signora, non avrebbe modo di controllare la qualità professionale del collaboratore assunto, oltre alla sua salute e alla sua integrità morale. La signora accenna anche al peso economico che tale collaborazione comporta per i datori di lavoro privati. I COSTI Partiamo per una discussione più generale proprio da questo ultimo punto. L’assistenza alla persona non autosufficiente necessita di una continua presenza attiva da parte del lavoratore, che è difficilmente inquadrabile in un orario di lavoro classico, scandito dalle otto ore e dai riposi durante l’orario di lavoro stesso. Pur essendo imprescindibili i diritti dei lavoratori al riposo, questa situazione determina automaticamente, e indiscutibilmente, l’accumulo di ore straordinarie, senza contare quelle notturne e festive. Oltre un certo livello di straordinari, il datore di lavoro sarà costretto ad assumere un secondo e un terzo collaboratore. Il peso economico a questo punto tende ad essere quasi insopportabile per moltissime famiglie, tanto che l’onere dell’assistenza agli anziani può divenire un determinante della “nuova povertà”. 34 DICEMBRE 2015 Una ricerca del Censis, Centro Studi Investimenti Sociali, un istituto di ricerca socio-economica fondato nel 1964, e della Fondazione Generali, che sostiene progetti di utilità sociale, pubblicata nel febbraio di quest’anno stima che in Italia vi siano 700.000 badanti, di cui 361.500 regolarmente registrati all’INPS e con almeno un contributo annuo versato. Il costo globale per le famiglie è di 9 miliardi e mezzo di euro all’anno. Il modello low-cost, spesso con retribuzioni ridotte, anche “in nero”, sembrerebbe ancora funzionare, nonostante i continui tagli al welfare. Però, con le crescenti difficoltà di impiego delle giovani generazioni e l’impoverimento progressivo della fascia di età da poco in pensione, il sistema “famigliare”, troppo impegnato a sostenere i figli che non riescono ad entrare in un qualche sistema produttivo, stenta a farsi carico u DICEMBRE 2015 35 il dedalo economicamente e organizzativamente dell’assistenza a casa dell’anziano. La ricerca ci dice, come si legge sul sito del Censis, che nel 2014, sono state “120.000 le persone non autosufficienti che hanno dovuto rinunciare alla badante per ragioni economiche.” Le risposte degli intervistati, tradotte in termini statistici, dimostrano che “il 78% degli italiani pensa che stia crescendo la pressione delle badanti per avere stipendi più alti e maggiori tutele, con un conseguente rialzo dei costi a carico delle famiglie.” I dati seguenti sono veramente allarmanti: “333.000 famiglie hanno utilizzato tutti i risparmi per pagare l’assistenza a un anziano non autosufficiente, 190.000 famiglie hanno dovuto vendere l’abitazione (spesso con la formula della “nuda proprietà”) per trovare le risorse necessarie, 152.000 famiglie si sono indebitate per pagare l’assistenza. E sono oltre 909.000 le reti familiari che si «autotassano» per pagare l’assistenza del familiare non autosufficiente. E anche quando si riesce a mantiene una collaborazione continuativa, l’85% degli italiani sottolinea che è comunque necessario un massiccio impegno dei familiari per coprire giorni di riposo, festivi, ferie, etc.” D’altro canto il sistema di finanziamento pubblico (assegno di accompagnamento, assegno di cura, vari contributi regionali o dell’INPS…) per l’assistenza è sentito come insufficiente, complicato e soggetto a continue revisioni con palleggiamento di responsabilità tra Stato, Regioni e Comuni. LE REGOLE Le Regioni, in cronica sofferenza economica e povertà programmatoria, tentano di dare risposte, almeno dal punto di vista normativo, ad altri, pur importanti, aspetti del problema e che sono stati sottolineati nella lettera: la qualità professionale degli operatori dell’assistenza alla persona e la possibilità di controllo-verifica da parte del datore di lavoro sul proprio salariato. La parcellizzazione delle iniziative a livello regionale per questo aspetto è più che evidente e crea di fatto disparità di servizi e diseguaglianze di accesso che preoccupano. Esistono certo molte iniziative di corsi di formazione, più o meno riconosciuti che rilasciano attestati di frequenza e profitto, per dare una credibilità professionale a chi intende occuparsi di assistenza domiciliare. Per altro il contratto collettivo per il lavoro domestico, diviso in numerosi livelli e profili professionali, prevede per il livello “D super” che il collaboratore alla persona non autosufficiente dimostri di possedere le competenze acquisite in un corso riconosciuto a livello regionale e non inferiore alle 500 ore. 36 DICEMBRE 2015 Questa posizione normativa, però, è anche la più costosa. La creazione obbligatoria di registri regionali è il primo passo per definire a livello pubblico la figura professionale del badante e dell’assistente famigliare e nello stesso tempo per dare un minimo di strumenti di scelta e valutazione nell’assunzione. Non tutte le Regioni, però, si sono dotate di questo strumento e raramente gestiscono direttamente la preparazione degli aspiranti. La Tavola in calce al pezzo (tratta dall’articolo di Giselda Rusmini “Registri delle assistenti familiari: qualità o quantità?”, in Qualificare n. 32, aprile 2012) mostra un esempio di queste differenze regionali. La situazione è in continua mutazione e difficilmente seguibile nel suo complesso, anche per i frequenti tagli di spesa che modificano precedenti norme, delibere e strategie. Tutto ciò crea sconcerto nei cittadini e sfiducia nella possibilità di un serio intervento pubblico sul problema. Qualche tentativo a livello centrale comunque si sta facendo. Ne è un esempio l’iniziativa di Governo, che si ispira ad un analogo intervento in Francia per favorire l’assistenza ai famigliari da parte di lavoratori dipendenti. Nella Legge di Stabilità 2016, infatti, in discussione al Senato mentre stiamo scrivendo questa nota, all’articolo 12, dove si tratta di nuovo regime fiscale per i premi di produttività, è prevista l’introduzione del voucher universale, nell’ambito dei piani di welfare aziendale, che permetterebbe ai dipendenti di pagare la badante, ma anche la baby sitter o l’asilo. Si tratta di un buono d’acquisto prepagato e totalmente esentasse fino ad un tetto di 2.000 euro (2.500 per le aziende che coinvolgono pariteticamente i dipendenti nell’organizzazione del lavoro). Per ottenere un servizio completo alla persona, però, occorre lavorare ad un disegno obbligatoriamente uniforme e organico su tutto il territorio nazionale. I cittadini italiani sono tutti uguali di fronte alla legge, ma debbono poter contare su diritti altrettanto “uguali”. riportata dal portale Superando.it, (http://www.superando.it/2015/01/30/piemonte-importante-sentenzasulle-prestazioni-domiciliari/) che accogliendo il ricorso di varie organizzazioni del territorio, ha annullato alcune Delibere della Giunta Regionale, stabilendo che le prestazioni socio-sanitarie domiciliari fornite da badanti o volontariamente da familiari di persone non autosufficienti sono Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), ovvero diritti che non possono essere negati, nemmeno con la motivazione delle ristrettezze di bilancio o delle esigenze di risanamento finanziario. La strada è ancora lunga e complessa per un disegno legislativo organico e per finanziamenti certi e equi che permettano a tutti i cittadini italiani, che si trovano in condizioni di non autosufficienza, di avere un’assistenza domiciliare professionale, verificata e adeguatamente finanziata, per non causare nuove e drammatiche povertà. E I MEDICI? I medici sono direttamente interessati in questa discussione, perché una buona assistenza delle persone non autosufficienti genera salute, diminuisce le complicanze di malattia e aumenta la qualità di vita del soggetto in difficoltà e della sua rete famigliare e sociale. Questa “salute”, che va oltre il soddisfacimento dei bisogni sanitari, è obiettivo primario anche della medicina. Il problema necessita, quindi, di un ampio dibattito che, partendo da quanto è già presente come ADI, ADP, centri diurni, ricoveri di sollievo, attività assistenziale gestita dai Consorzi Socio Sanitari e così via, coinvolga oltre alle istituzioni sanitarie e socio assistenziali, associazioni di cittadini, forze politiche, organizzazioni professionali e giuristi. L’assistenza a domicilio deve trovare una soluzione organica e stabile che faccia emergere l’assistenza “in nero” e nel contempo crei un’area professionale ben definita a cui fare riferimento. Ottenere un tale risultato permetterebbe inoltre di evitare impropri, se pur comprensibili, ricorsi al sistema sanitario e soprattutto al ricovero ospedaliero con costi notevolmente più elevati per le casse dello Stato e la u comunità. LE PROSPETTIVE Un grande sforzo è necessario, anche ridiscutendo l’autonomia decisionale e organizzativa delle Regioni, per ridurre il più possibile le disparità di trattamento oggi presenti tra i cittadini. L’assistenza alle persone non autosufficienti è una necessità primaria e va vista nell’ottica di un Livello Essenziale di Assistenza e come tale andrebbe inquadrata e finanziata. In quest’ottica di ragionamento va un’importante sentenza del TAR del Piemonte del gennaio scorso, DICEMBRE 2015 37 il dedalo Tavola 1 - I registri regionali delle assistenti familiari Regione Puglia DGR 2366/2009 Elenco assistenti familiari del Progetto R.O.S.A. Sardegna DGR 45/2006 Registro pubblico assistenti familiari Sicilia DDG 2646/2011 Registro pubblico regionale degli assistenti familiari Umbria DGR 1279/2010 Elenco regionale “Family help” Valle d’Aosta DGR 2836/2010 Elenco unico regionale degli assistenti personali Veneto Criteri di accesso Benefici economici collegati maggiore età diploma di terza media, per gli italiani obbligo scolastico assolto nel paese d’origine, per gli stranieri titolo di soggiorno non aver riportato condanne Sono inoltre valutati in sede di bilancio di competenze: la motivazione al lavoro di cura la conoscenza della lingua italiana il percorso formativo l’esperienza professionale L’iscrizione è subordinata ad una valutazione positiva. maggiore età obbligo scolastico assolto (per gli italiani) sufficiente conoscenza della lingua italiana titolo di soggiorno non aver riportato condanne penali e non avere carichi penali pendenti sana e robusta costituzione formazione di almeno 200 ore o qualifica professionale attinente (validi i titoli esteri equipollenti) In attesa dei corsi regionali sono ritenuti validi : frequenza a corsi attivati dai comuni e da altri enti pubblici, purché adeguati sotto il profilo della durata e dei contenuti esperienza lavorativa, documentata, di almeno 12 mesi nel campo della cura domiciliare alla persona con regolare assunzione Incentivo economico fino a 2.500 euro annui, per 2 anni consecutivi, per chi assume regolarmente un’assistente iscritta nell’elenco ed ha un Isee non superiore a 30 mila euro. maggiore età obbligo scolastico assolto (per gli italiani) sufficiente conoscenza della lingua italiana titolo di soggiorno non aver riportato condanne penali e non avere carichi penali pendenti sana e robusta costituzione formazione di almeno 300 ore o qualifica professionale attinente(validi i titoli esteri equipollenti) In attesa dell’avvio dei corsi specifici possono iscriversi coloro che hanno: frequentato corsi di formazione finanziati o autorizzati dall’Amministrazione regionale purché adeguati sotto il profilo dei contenuti maturato un’esperienza lavorativa di almeno 12 mesi nel campo della cura domiciliare alla persona, con regolare assunzione età compresa tra 20 e 65 anni licenza di scuola media inferiore stato di disoccupazione/inoccupazione adeguata conoscenza della lingua italiana godimento dei diritti civili e politici (per gli stranieri, anche nello stato di appartenenza) non aver riportato condanne penali, non avere carichi penali pendenti, non avere procedimenti amministrativi in corso per l’applicazione di misure di sicurezza di prevenzione, assenza di procedimenti giudiziari in corso dichiarazione di disponibilità a frequentare, nei tempi e nei modi programmati, il corso di formazione appositamente organizzato dalla Regione (32 ore) frequenza ad un corso di formazione della durata di 120 ore ( per accedervi è richiesta la maggiore età ed una adeguata conoscenza della lingua italiana) In alternativa: esito positivo dell’esame teso a valutare le competenze acquisite in base all’esperienza di lavoro e/o ad altri percorsi formativi nel settore Il contributo economico è cumulabile con altre misure di sostegno economico al reddito familiare per la non autosufficienza, quali l’Assegno di cura e l’Assistenza Indiretta Personalizzata. Contributo fino a 3.000 euro annui per chi assume regolarmente un’assistente iscritta nel registro,con un contratto di almeno 6 ore al giorno per 6 giorni alla settimana. Ulteriori requisiti: età maggiore di 65 anni disabilità grave certificata; punteggio superiore a 75 in base ad una apposita valutazione Isee del nucleo familiare fino a 32 mila euro Sottoscrizione dell’impegno a favorire la formazione e l’aggiornamento dell’assistente Buono socio-sanitario dedicato anche agli anziani non autosufficienti accuditi con l’aiuto di assistenti familiari (senza vincolo di iscrizione nell’elenco). Ulteriori requisiti: età non inferire a 69 anni e 1 giorno invalidità civile al 100% con indennità di accompagnamento Isee del nucleo familiare non superiore a 7.000 euro Non attivo nel 2012 per assenza di fondi. Voucher di entità variabile per avvalersi dell'aiuto degli assistenti iscritti all'elenco. Ulteriori requisiti: avere figli in età minore a 14 anni e/o avere una persona adulta bisognosa di cura, una persona anziana (ultra 65enne) o disabile, anche se non facente parte al nucleo familiare anagrafico, ma comunque legato da vincolo di parentela essere titolare di contratto di lavoro avere un ISEE non superiore a 23 mila euro A partire dal 2014 solo le famiglie che assumeranno assistenti personali iscritti all’elenco regionale potranno ottenere i contributi regionali per l’assistenza a domicilio di persone non autosufficienti. maggiore età Assegno di cura con un supplemento per chi si adeguata conoscenza della lingua italiana avvale dell’aiuto di assistenti familiari DGR 3905/2009 titolo di soggiorno (indipendentemente dall’iscrizione all’elenco). non aver riportato condanne Requisiti: Registro pubblico sana e robusta costituzione persone non autosufficienti adeguatamente regionale degli aver svolto un’attività formativa documentata afferente all‘area assistite a domicilio assistenti familiari dell‘assistenza alla persona (di qualsiasi durata) ISEE fino a 16.241 euro in caso di assenza di esperienze formative, aver svolto un’attività Regolare assunzione dell’assistente per almeno lavorativa documentabile di almeno 12 mesi nel campo dell'assistenza 24 ore settimanali familiare Nota: in altre Regioni dove sono attivi programmi di governo del mercato privato della cura (es. Friuli Venezia Giulia e Piemonte) vi sono elenchi di assistenti familiari disponibili presso i Centri per l’impiego. La normativa è scaricabile dal sito www.qualificare.info, area download. Tavola allegata all’articolo di Giselda Rusmini “Registri delle assistenti familiari: qualità o quantità?”, in Qualificare n. 32, aprile 2012. 38 DICEMBRE 2015 L’esperienza torinese del Caffè Basaglia Soltanto uno spazio in più per i pazienti psichiatrici? Sarebbe riduttivo. È uno spazio mentale e di vita in più per Torino, la sua cultura, la sua attitudine a includere invece di recludere e discriminare. Infatti, in questo locale particolare e per molti versi unico, i gestori, tutti accreditati di diagnosi severe, sono visti dai clienti non con l’etichetta del malato mentale ma come abili camerieri perché hanno fatto progressi straordinari nel loro percorso di cura. Dott. Ugo Zamburru CONTESTO L’importanza della dimensione sociale nella patologia psichica è ben nota e supportata da salde evidenze cliniche, tanto da configurarsi in una vera e propria branca dell’agire terapeutico che in Italia ha messo definitivamente radici negli anni ‘80, comunemente definita come riabilitazione. Obiettivo della riabilitazione è il recupero delle abilità perse con l’insorgenza della patologia, nonché la possibilità di acquisirne di nuove attraverso specifiche attività di skill training (percorso terapeutico per potenziare specifiche abilità socio-emotive: ndr), in modo da consentire la massima autonomia possibile con il reinserimento sociale e lavorativo. Nel lavoro quotidiano nei DSM (Dipartimenti di Salute Mentale) spesso ci si scontra con la constatazione che pazienti in fase di compenso non hanno l’opportunità di fruire dei diritti di cittadinanza (lavoro, relazioni sociali) per problemi legati allo stigma e per la difficoltà di trovare spazi in grado di lavorare con le difficoltà cognitive che sono quantitative e non qualitative (persone in grado di reggere bene livelli di attenzione e concentrazione con buone performance ma per un arco temporale minore, magari non le canoniche 8 ore quotidiane, ma qualcosa di meno). La legge 180 del maggio 1978, con la auspicata chiusura degli ospedali psichiatrici, non si è rivelata una vera de-istituzionalizzazione come nelle intenzioni di Franco Basaglia (se non in alcune zone), quanto piuttosto una trans-istituzionalizzazione, in cui spesso non è avvenuta una reale saldatura con il territorio, quanto piuttosto la formazione di centri funzionanti come ambulatori specialistici che incontrano le difficoltà legate al reale inserimento sociale. Ricordiamo le parole di Franco Basaglia: “... la chiusura dei manicomi non è lo scopo della legge, quanto piuttosto il mezzo per valutare e implementare la capacità di un territorio di ospitare dentro di sé il diverso”. È stato così che a Torino, nel 1998, il Centro diurno di Via Leoncavallo ha iniziato un progetto articolato, costituendo un’ associazione di volontariato definita “Vol.P.I.”, nata da una iniziativa del DSM con il territorio, che ha promosso nel tempo un’iniziativa formativa per alcuni pazienti nell’ambito della ristorazione. Insieme, medici ed operatori del centro diurno, volontari e pazienti formati all’associazione Vol.p.i hanno iniziato una attività di catering che è sfociata nella nascita del circolo Arci Caffè Basaglia. FINALITÀ Nato nel gennaio del 2008 dal lavoro congiunto di volontari dell’associazione Arci C.I.O.P.P. Caffè Basaglia con il Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl TO2, il Circolo si propone la costituzione di uno spazio fisico aperto che funzioni come cantiere sociale, come laboratorio di pensiero in cui associazioni territoriali e singoli cittadini possano recuperare le funzioni proprie del territorio (solidarietà, informazione, partecipazione) per proporre e attivare cambiamenti dal basso e dall’interno. Altro obiettivo è la creazione di una cultura di scambio e mescolanza che permetta il lavoro di rete sui vari pregiudizi e permetta di attivare le risorse della comunità territoriale. Per superare l’isolamento legato al pregiudizio abbiamo scelto due modalità: da un lato u DICEMBRE 2015 39 riceviamo e pubblichiamo il dedalo promuovere cultura (presentazione libri, proiezione film, musica dal vivo), informazione e dare spazio per le singole specificità intese anche come scambio di conoscenze e competenze (corsi di danza, di cucina, video e affini). La seconda modalità consiste nell’esperienza diretta: l’isolamento dei pazienti e delle loro famiglie è legato al pregiudizio che tali problemi rendano le persone pericolose e imprevedibili. Vederli in situazioni in cui mostrano le loro capacità al di là della malattia, è un potente antidoto allo stigma, tanto che i clienti vedono le persone non con l’etichetta del malato, ma come abili camerieri e piacevoli interlocutori. Se tutti i soci del circolo (sono circa 4.000) cambiassero atteggiamento rispetto alla psichiatria, sarebbero sicuramente in grado di influenzare l’immaginario collettivo del territorio rispetto a tale problema, con indubbie ricadute cliniche e sociali. Attualmente il Caffè Basaglia, Circolo Arci vede l’associazione C.I.O.P.P. (Comitato Internazionale Contro Il Pregiudizio Psichiatrico) occuparsi della parte sociale e culturale, organizzando eventi (teatro, musica, presentazione libri, dibattiti, mostre fotografiche) e lavorando in rete con partner (Dipartimento salute mentale Asl TO2, Associazione Vol.P.I.), mentre l’aspetto della ristorazione e del servizio bar è affidato a una piccola cooperativa che ha assunto nove persone, di cui quattro malati seguiti dalla psichiatria dell’Asl TO2. I pazienti, tutti con diagnosi severe hanno fatto, a detta dei terapeuti, miglioramenti straordinari nel loro percorso di cura, tanto che la Rai e i giornali si sono occupati spesso di loro. Ci sono inoltre tre persone che svolgono tirocinio, tutte appartenenti a fasce deboli. Il Caffè Basaglia ha poi stipulato una convenzione con il Tribunale di Torino con la quale è diventata sede per svolgere lavori socialmente utili all’interno del Circolo in alternativa alla pena. A Nicola Ferraro Caporedattore Torino Medica Caro Ferraro, facendo seguito al nostro recente colloquio telefonico Ti comunico di aver riscontrato una considerevole inesattezza sul numero di Ottobre 2015 di Torino Medica. Mi riferisco all’articolo LA FORMAZIONE POST LAUREA: CORSA AD OSTACOLI SENZA UN TRAGUARDO SICURO dove a pagina 27, in fondo all’articolo (13^ riga a partire dalla fine), viene affermato “…dal 2013 sono state abolite per gli odontoiatri le Specialità in chirurgia Orale e Ortodonzia”. Questa affermazione è imprecisa ed inesatta e merita una rettifica. Non solo non sono state abolite ma sono state portate da due a tre: Chirurgia Orale, Ortognatodonzia, Odontoiatria Pediatrica. Le specializzazioni in Odontoiatria sono in una fase di passaggio dal Vecchio Ordinamento al Nuovo Ordinamento, per questo motivo sono in un momento di intervallo: il Vecchio Ordinamento si deve considerare in via di conclusione mentre le Scuole del Nuovo Ordinamento sono state istituite ma sono ancora in attesa di attivazione. Per quanto riguarda Torino speriamo ciò avvenga al più presto. Ti prego pertanto di pubblicare questa mia rettifica perché è importante che non si diffondano notizie errate che possono ingenerare false convinzioni ed indurre i giovani Colleghi, altrimenti interessati, verso altri percorsi formativi di minore rilevanza accademica. Ti ringrazio in anticipo e rinnovo la stima per il prezioso lavoro di Torino Medica a favore degli iscritti all’Ordine. Prof. Sergio Gandolfo Direttore Scuola di Specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica Dipartimento di Oncologia Università di Torino UN PICCOLO “MIRACOLO ECONOMICO” L’atmosfera affettiva, le piccole dimensioni, l’impegno dei dieci volontari dell’Associazione C.I.O.P.P. permettono la sopravvivenza di questo che possiamo considerare un piccolo miracolo economico, perché da 8 anni va avanti senza alcun tipo di aiuto pubblico e che è diventato un nodo importante nella mappa della solidarietà della nostra città. Non avendo alcun finanziamento, gli stipendi ( tutto è in regola, non esiste assolutamente nulla in nero) sono resi possibili dagli introiti, ulteriore fattore terapeutico perché obbliga ad un esame di realtà continuo. Inoltre di questi tempi dare lavoro a nove persone è evento raro e significativo, di cui il Caffè Basaglia è fiero e che spera di continuare nonostante la crisi e le contingenze economiche sempre più gravose che portano un’inevitabile riduzione di presenze dei soci a cena e pranzo. L’ambiente è spazioso e bello, con una grande terrazza, vista sulla Mole e una sala per gli eventi culturali: altre persone con problemi psichici, oltre ai camerieri assunti, vivono questo posto come un luogo d’incontro per migliorare la loro qualità della vita. Chi collabora al Caffè Basaglia ama definirsi “la voce di chi non ha voce e di chi sente le voci” che vanno in onda in trasmissioni, aperte a tutti, ogni martedì pomeriggio, in una web-radio nella quale collaborano utenti del Dsm (www.radioohm.it con il nome “PRO LOCO”, qrcode a lato). L’esperienza del Caffè Basaglia è stata ed è una sfida: il sogno che l’integrazione dei pazienti psichiatrici serva sia ai pazienti che a chi li incontra. Perché, come dice Basaglia,“Visto da vicino nessuno è normale”. Caffè Basaglia, Via Mantova 34, Torino Tel 011-2474150 www.caffebasaglia.org 40 OTTOBRE 2015 DICEMBRE 2015 41 il dedalo Ringraziamo il gastroentorologo Lucio Lombardo per averci inviato in redazione un report sull’intervento che ha tenuto al 23° Congresso Europeo di Gastroenterologia, tenutosi a Barcellona, dal 23 al 28 ottobre scorso, che ha visto riuniti circa 14.000 specialisti da tutto il mondo. L’argomento trattato si riferisce ad una patologia, la SIBO (Sindrome da sovracrescita batterica nel tenue), sulla quale sono in corso a livello internazionale molti studi e riflessioni. Il dott. Lombardo, già in passato sui media dell’Ordine, aveva trattato questo argomento (vedi articolo pubblicato sul sito www.videomedica.org, accessibile dal qr code sottostante) 42 Intolleranza al lattosio e SIBO Lucio Lombardo L’Intolleranza al lattosio è una condizione clinica comune in Europa, e in Italia in particolare, con una prevalenza del 25%, con un’incidenza relativamente bassa nel Nord Europa e più alta nell’area mediterranea. Essa è la risultante di un mancato adattamento enzimatico “ambientale” all’esposizione al lattosio contenuto negli alimenti. Il lattosio è una sostanza ubiquitaria, in quanto non è presente soltanto nel latte e derivati, ma lo si trova negli insaccati e prodotti in lattina come conservante e in tanti altri alimenti in tracce. Pertanto, pur non essendo una vera e propria malattia, può tuttavia produrre frequenti e notevoli disturbi soggettivi, fino al malassorbimento intestinale con disabilità sociali e scadimento della qualità di vita. Il suo trattamento, apparentemente semplice, può imporre notevoli restrizioni alimentari che possono sconfinare nella psicosi della ricerca delle tracce di lattosio in qualsiasi alimento o farmaco, pur di evitare i disturbi addominali e i deficit nutrizionali. L’IMPORTANZA DI UNA DIAGNOSI DI CERTEZZA La diagnosi di certezza pertanto si impone, al fine di concentrare l’attenzione nelle scelte alimentari in modo giustificato, attento ed efficace. In tal modo si cercherà di evitare l’eccessiva e inutile accanimento nei pazienti che non ne hanno bisogno e dall’altra di perseguire con determinazione la scelta di esclusione alimentare in modo efficace, nei pazienti sicuramente privi del patrimonio di lattasi necessario alla digestione del disaccaride. La diagnosi inizia, come sempre, con il sospetto diagnostico sulla base dei sintomi (dolori addominali, gonfiore, diarrea) correlati in modo temporale con l’assunzione di lattosio. Ma qui nascono le prime difficoltà legate al fatto che l’intervallo di tempo tra l’assunzione di lattosio e i disturbi può variare da alcune ore ad alcuni giorni, in funzione sia della velocità di transito intestinale sia dell’entità del patrimonio di lattasi eventualmente residuo nell’orletto a spazzola degli enterociti. Infatti piccole quantità di lattosio possono essere tollerate per un certo periodo, fin quando non si esaurisce la lattasi disponibile, con un meccanismo simile alla disponibilità di insulina nel diabete mellito. E’ quindi chiaro che sia l’entità dei sintomi che l’intervallo temporale possono variare da individuo a individuo in funzione sia del patrimonio comunque deficitario di lattasi che della quantità di lattosio “nascosto” negli alimenti. In queste incertezze è fondamentale raggiungere una sicurezza diagnostica obiettiva. In tal senso interviene il breath test all’idrogeno e al metano (vedi foto). È questo un test non invasivo, affidabile, semplice e sicuro, che consiste nel valutare la concentrazione di H2 e CH4 nell’espirato basale e in tempi successivi all’assunzione di lattosio fino a 3-4 ore (1). Se la differenziale tra la concentrazione di H2 nell’espirato dopo 120 DICEMBRE 2015 minuti e/o successivi (corrispondenti alla presenza di lattosio nel colon) rispetto al basale supera i 20 ppm di H2 o 15 pmm di CH4 significa che il lattosio, arrivato nel colon, è stato colà metabolizzato dai batteri e pertanto indica che non è stato scisso dalla normale lattasi degli enterociti e non è stato assorbito come glucosio e galattosio: siamo in presenza di sicura intolleranza al lattosio. L’organismo umano in quanto tale, infatti, non produce H2. Esistono anche altri metodi di diagnosi: la caratterizzazione genotipica (C/C-13910) e la misura dell’attività lattasica nelle biopsie intestinali (2,3). Ma mentre la prima è appannaggio solo di alcuni laboratori e non comunemente usufruibile, la seconda è relativamente invasiva in quanto richiede l’esecuzione di un’endoscopia e di biopsie intestinali, su cui dosare la lattasi. Breath test all’idrogeno e al metano UNA FREQUENTE, E SPESSO MISCONOSCIUTA, CAUSA DI INSUCCESSO DEL TRATTAMENTO CON LA DIETA DI ESCLUSIONE Partendo dalla constatazione occasionale che alcuni pazienti con Intolleranza al lattosio continuano ad accusare disturbi nonostante una dieta di esclusione appropriata, e osservando che alcuni di essi presentano una sovraccrescita batterica dell’intestino tenue (SIBO), abbiamo voluto verificare quale fosse il ruolo della SIBO nella gestione clinica pratica dell’intolleranza al lattosio. Abbiamo pertanto studiato 500 pazienti affetti da sindrome dell’intestino irritabile, la maggior parte (80%) variante diarrea (IBS-D) e una minoranza (20%) variante stipsi (IBS-C). Tutti i pazienti sono stati sottoposti al breath test all’ idrogeno/metano per la diagnosi di Intolleranza al lattosio, oltre che alla valutazione sintomatologica, l’esame obiettivo e tests clinici basali comprendenti FSH e abtTG, per escludere tireopatia e celiachia. I pazienti positivi al breath test al lattosio sono stati pure sottoposti al glucosio breath test per la valutazione della compresenza di SIBO. I risultati sono stati sorprendenti: la prevalenza dell’intolleranza al lattosio nei pazienti con IBS è risultata essere del 59%, mentre nel gruppo dei soggetti di controllo essa è risultata del 6%, con una differenza statisticamente significativa. La SIBO è risultata presente nel 72% dei pazienti con intolleranza al lattosio. Abbiamo poi diviso in due gruppi e trattato in modo randomizzato i pazienti con SIBO: un gruppo di 106 pazienti è stato trattato con dieta priva di lattosio e rifaximina 1200 mg/dì per 2 settimane e un altro gruppo di 107 pazienti è stato trattato solo con dieta priva di lattosio. Dopo 6 mesi i pazienti del primo gruppo sono risultati completamente asintomatici e liberi da SIBO nella misura del 99%, mentre i pazienti del secondo gruppo risultavano asintomatici o con sintomi molto lievi nella misura del 32%, con una differenza statisticamente significativa (p<0.001). CONCLUSIONI Le conclusioni dello studio sono che l’Intolleranza al lattosio rappresenta una condizione fisiopatologica comune nei pazienti con IBS variante diarrea nel territorio piemontese (59%) e che essa risultava molto frequentemente associata alla SIBO. Questa associazione poi si è rivelata una causa importante di persistenza dei sintomi addominali, nonostante la dieta priva di lattosio. Solo la eradicazione farmacologica con Rifaximina alfa polimorfo ad alto dosaggio per 2 settimane ha permesso la completa liberazione dai disturbi addominali (4). Penso che il Medico pratico possa essere aiutato in modo significativo nella gestione dei pazienti con sintomi riferibili all’Intestino irritabile variante diarrea, dalla conoscenza che l’Intolleranza al lattosio è molto frequente e che spesso essa è associata alla SIBO. Il trattamento di questa associazione, infatti, insieme alla dieta di esclusione, consente il successo sintomatologico con soddisfazione del Paziente e del Medico. Bibliografia 1) Romagnuolo J et al Am J Gastroenterol 2002;97(5):1113-26. 2) Kuokkanen M et al Gut 2003;52:647-52. 3) Shaw AD et al J Clin Gastroenterol 1999;28:208-16. 4) Lombardo L et al Brit J Med & Med Res 2014;4(15):2931-9. DICEMBRE 2015 43 il dedalo L’etica clinica in medicina e in sanità Maria Teresa Busca Il consulente di etica clinica deve avere specifiche conoscenze in ambito etico, clinico e giuridico; per questo è una nuova figura professionale che necessita di una specifica formazione 44 La redazione ha chiesto alla professoressa Maria Teresa Busca, docente nel Master in Bioetica e Consulenza in Etica Clinica, Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università degli Studi di Torino, di scriverci una scheda introduttiva su una disciplina di cui poco si parla e su una categoria professionale che non può non tenere conto, nello svolgere le sue funzioni, dell’esistenza del rapporto medico/paziente come fondamento della Medicina e della Deontologia Medica, custodita e governata dall’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. Questo non può che essere quindi il primo contributo, introduttivo, che pubblichiamo per definire gli ambiti di questa disciplina; faranno seguito riflessioni, confronti e se necessario anche dibattiti su un tema fondamentale e molto complesso dal punto di vista culturale. L’etica clinica è l’etica al capezzale del paziente. La condizione e il luogo in cui prendono forma i dilemmi, i dubbi, gli interrogativi, dove alle discussioni etiche deve seguire un’azione concreta. La consulenza etica in ambito sanitario può essere considerata come un servizio svolto da un bioeticista o da un gruppo di professionisti per rispondere alle domande che pongono i pazienti, i loro familiari e l’insieme delle persone coinvolte nell’assistenza, per quanto concerne incertezze o conflitti tra valori che emergono nella pratica clinica. L’obiettivo della consulenza etica è contribuire al miglioramento della cura dei malati, sia nelle modalità che nei risultati, attraverso l’identificazione, l’analisi e la risoluzione dei problemi etici. La consulenza etica è dunque una consulenza specialistica che mira a un’attenta opera di relazione e di dialogo contrassegnata da un pluralismo marcato sia nel metodo sia nei contenuti. Il consulente di etica clinica deve avere specifiche conoscenze in ambito etico, clinico e giuridico; per questo è una nuova figura professionale che necessita di una specifica formazione. Pur non essendoci un curriculum formativo standardizzato, esistono Master, di formazione cattolica, orientati alla consulenza etica e quello biennale, laico, dell’Università degli Studi di Torino in Bioetica e consulenza in etica clinica. Non è sufficiente una formazione in bioetica: è necessaria un’adeguata e specifica preparazione per affrontare le questioni al “letto (klinos in greco) del malato”. Occorre formare professionisti in grado di rispondere alle situazioni di urgenza. Il consulente di etica clinica crea le condizioni per accompagnare e facilitare i soggetti nel prendere una decisione eticamente giustificata e possibilmente condivisa. È dunque chiaro che questa attività non è priva di connotazioni morali che possono rifarsi tanto a un pensiero cattolico quanto a un pensiero laico. Come sempre nelle questioni bioetiche è in gioco il punto di vista con cui vengono affrontate. Oggi nei casi più discussi c’è il problema del fine vita, del testamento biologico e della desistenza terapeutica. Soltanto quest’ultima espressione dopo la sentenza sul caso Englaro vede la possibilità di intendere nutrizione e idratazione artificiale come terapia e non come cura ma, nella realtà quotidiana, dove il consulente di etica clinica si troverebbe a operare, parlare della sospensione di questi trattamenti è, nella maggior parte dei casi molto difficile perché non esiste una legislazione a proposito. Quindi tutto dipende dalla formazione del consulente. A questo proposito è interessante leggere il documento di Trento: http://www.fondazionelanza.it/em/Documento_di_Trento.pdf DICEMBRE 2015 e subito dopo la replica che ha fatto il professor Maurizio Mori, Titolare della Cattedra di Bioetica presso l’Università degli Studi di Torino e presidente della Consulta di Bioetica onlus. Qui si può cogliere con chiarezza come questa figura non sia per nulla neutra. http://caratteriliberi.eu/2014/03/28/in-evidenza/httpsdevelopers-facebook-comtoolsdebug/ LA CONSULENZA IN ETICA CLINICA IN ITALIA E ALL’ESTERO Quella della consulenza etica in ambito sanitario rappresenta un’attività poco diffusa e non ben organizzata in Italia, differentemente da altri paesi come l’Inghilterra o gli Stati Uniti, dove da tempo esistono servizi appositi. In Italia forme di consulenza etica per la pratica clinica sono fornite dai Comitati Etici, anche se di fatto questi alla fine, si occupano quasi esclusivamente della valutazione dei protocolli di ricerca. Per dare un adeguato approfondimento sul Comitato Etico bisogna rifarsi alla direttiva 2001/20/CE del Parlamento Europeo dove viene definito come un organismo indipendente, composto di personale sanitario e non, incaricato di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti della sperimentazione e di fornire pubblica garanzia di questa tutela, emettendo pareri sul protocollo di sperimentazione, sull’idoneità dello o degli sperimentatori, sulle strutture e sui metodi e documenti da impiegare per informare i soggetti della sperimentazione prima di ottenere il consenso informato. In Italia l’istituzione dei Comitati Etici è prevista nelle strutture sanitarie pubbliche e negli istituti di ricovero e cura privati. Le strutture sanitarie prive di un Comitato Etico interno possono comunque eseguire sperimentazione previa approvazione di un Comitato Etico indipendente ed esterno individuato ed indicato dalla regione competente. Conformemente alla normativa regionale inoltre, un Comitato Etico può anche essere istituito nell’ambito dell’amministrazione regionale competente per materia. I membri del Comitato etico, per la loro esperienza e origine, devono garantire l’indipendenza, sia dagli interessi dell’istituzione in cui la sperimentazione verrà condotta, sia nei confronti di chi propone la sperimentazione. In generale l’indipendenza è garantita dall’assenza di subordinazione o di vincoli gerarchici dei membri nei confronti dell’istituzione e dalla mancanza di conflitti di interesse dei membri rispetto alla sperimentazione da valutare. Questo vale rispetto a eventuali rapporti con industrie farmaceutiche, istituzioni e enti. È molto importante la volontarietà della partecipazione, perché l’attività svolta non prevede alcun compenso. In genere nei Comitati etici è previsto un rimborso spese o un gettone di presenza. Per tornare alla consulenza etica clinica, quale ancora si sta strutturando in Italia, un’ulteriore posizione, sicuramente interessante, è quella sviluppata da Paolo Cattorini, medico e filosofo che ha scritto un libro dal titolo Bioetica clinica e consulenza filosofica. Al link seguente la recensione che ne fatto lo scorso anno. http://caratteriliberi.eu/2014/09/18/recensione-libri/bioetica-clinica-counseling-filosofico/ È auspicabile che tutti questi movimenti di opinione sull’etica clinica portino a qualche risultato concreto. Partendo dai Comitati Etici e dai Master, bisogna cercare e formare delle figure adeguate, confidando che anche la legislazione segua un iter che possa garantire a questi professionisti le caratteristiche e le competenze conformi al compito non facile che si prospetta loro. DICEMBRE 2015 45 cultura Vita di coppia Giuseppe Scarso “Sarete uniti nella gioia e nel dolore”: tale sembra essere il presupposto di ogni unione affettiva sia di fatto che consacrata dal sacerdote o sancita civilmente. A parte la via religiosa non si pongono più differenze di sesso, in molti paesi anche a livello di unioni civili. È scontato dire che ogni relazione affettiva ha momenti positivi e negativi. In psichiatria e psicoterapia le consulenze per difficoltà coniugali e famigliari sono all’ordine del giorno e, spesso, assai difficili. Non è questa la sede per affrontare un argomento così vasto. Si vuole presentare la seguente novella in cui si prospetta una fra le tante modalità che si possono utilizzare per superare una fase di difficoltà: ciò riesce quando l’affetto non è egoistico, possessivo, ma altruistico, amore nel suo significato più vero che ricerca il bene dell’altro. A quanto detto si vuole aggiungere una osservazione collegata al racconto. La montagna, con i suoi paesaggi e la sua vicinanza al cielo, offrendo la possibilità di camminare sui sentieri con passo lento, spesso permette riflessioni pacate e serene, meno attuabili nel convulso ambiente umano dove domina la fretta che rende più difficile prendere decisioni adatte ad una giusta soluzione dei problemi per sé e per gli altri. avesse detto, lei avrebbe riso, lo avrebbe canzonato con quel suo fare sbarazzino. Non era certo ignara della propria bellezza, ma non faceva nulla per esaltarla, non ne faceva un’arma e questo aumentava ancora il suo fascino. C’era il suo lavoro che la appassionava ed in più era curiosa della vita, coltivava tanti interessi. Decisero di fermarsi in un angolo un po’ appartato per consumare il loro parco pasto estratto dallo zaino di lui. Non sapeva se era per le battute e risate di umore allegro e contagioso, che si era accorto di loro o se era stato a causa di lei, per i suoi sguardi divertiti ed incuriositi rivolti in quella direzione, che aveva notato la presenza di quel gruppetto. Erano tre ragazzi, seduti davanti a loro dalla parte opposta del piccolo lago alpino. Gli sembrava che uno di loro in particolare attraesse l’attenzione di lei, stranamente proprio quello più tranquillo, meno scalmanato degli altri, di cui gli pareva di indovinare uno sguardo pacato, un po’ languido, attento e maturo per la sua età. Iniziò ad osservare e da protagonista come pensava di essere, come voleva essere in quei giorni che si erano presi per stare di più insieme, si accorgeva che stava diventando uno spettatore di qualcosa che si svolgeva sotto il suo sguardo. Dapprima si sentì infastidito, ma poi si disse che il nuovo ruolo di spettatore l’avrebbe, forse, aiutato a capire. Era questo uno dei motivi per cui si trovavano lì quel giorno. Dopo un riposino durante il quale non aveva potuto evitare di notare che Chantal, fingendo di dormire, guardava di tanto in tanto quel terzetto che si era anch’esso steso al sole, decisero che era ora di rimettersi in marcia. Riprendendo il cammino verso il bivacco, cercando di non farsene accorgere, la sorprese più volte a guardare verso il lago, tentando di non farsi scoprire e gli sembrò di scorgere in lei un sorriso soddisfatto quando vide che quel terzetto stava salendo per il loro stesso sentiero, evidentemente diretto al bivacco. Cercò di accelerare il passo, ma gli pareva che più lui si affrettava, più lei rallentava. Una gita in montagna Erano arrivati al colle verso l’una, sotto la canicola del sole in quel mattino di piena estate. Prima di proseguire avevano deciso di fermarsi a consumare il loro pranzo al sacco sui bordi del lago. Chantal camminava davanti a lui dopo averlo seguito lungo la salita. Poteva guardarla. Era bella, dolce e ribelle. Che lui si fosse innamorato di lei non era certo una stranezza, non c’erano molte domande da fare sull’argomento, ma che lei si fosse innamorata di lui, questo era a volte al centro dei suoi pensieri. Non poteva dire se questo valeva anche per lei, più giovane di quasi trent’anni. Certo non si poteva nascondere che lui possedeva un certo fascino, un suo stile, quel certo non so che. Insomma piaceva, sapeva farle ridere le donne, anche piangere, farle sentire importanti, al momento giusto con il gesto o la frase giusta. Con il passare del tempo questo suo fascino si era forse ancora accresciuto e lui era sicuro che lei si fosse innamorata di questa sua maturità già un po’ avanti negli anni. Stimolava la dolcezza e placava la ribellione di lei o, piuttosto, era l’esatto contrario, ne sfidava la ribellione e intimoriva la dolcezza o, ancora, entrambe le cose. A dire il vero da qualche tempo il loro rapporto mostrava i segni di una certa stanchezza. Lei sembrava insofferente e lui si sentiva a disagio, capiva che c’era qualcosa che non andava, ma non sapeva dire che cosa. Non c’erano stati veri e propri litigi, lei a volte sembrava assente, sfuggente, sembrava un canarino chiuso in gabbia e lui soffriva nel sentirsi la gabbia. Aveva provato ad affrontare l’argomento e questo viaggio, con quella gita sulle montagne che amavano entrambi e dove si erano conosciuti un mattino come quello, era proprio un tentativo deciso insieme per ritrovarsi o capire qualcosa di più del loro rapporto. C’erano diversi gruppi di persone sedute in riva al lago. Lei camminava davanti a lui, bella, fragile e sicura, lungo il sentiero fra il lago, il cielo e lo sfondo della valle. In quel paradiso terreno si sentiva viandante come Ulisse e gli veniva da chiederle: dea o mortale?* Se glielo *Omero, Odissea 46 DICEMBRE 2015 DICEMBRE 2015 47 cultura Infatti arrivarono al bivacco quasi contemporaneamente. Non poterono a quel punto evitare di salutarsi e di presentarsi visto che sarebbero stati insieme a passare la notte nel bivacco. D’altronde gli sembrava di essere l’unico interessato ad evitare quella possibilità ormai certa e inevitabile, non certo gli altri, nessuno di loro. Quei ragazzi erano coetanei di Chantal ed ora poteva osservare più attentamente lo sguardo di uno di loro, un po’ languido, più maturo per la sua età. Iniziò a pensare che lei potesse trovare in quel suo coetaneo ciò che aveva cercato e, forse, trovato in lui, più vecchio di quasi trent’anni, ma, forse ora non ne era più tanto sicura. Durante i preparativi per la cena, finse di non spiare gli sguardi che passavano fra il terzetto e Chantal. Che i ragazzi guardassero lei non era certo cosa da stupirsi. Probabilmente si chiedevano in che rapporti stava quella coppia che sembrava costituita da un padre ed una figlia per la differenza di età, ma che certi atteggiamenti lasciavano pensare a qualcos’altro, a quello che di fatto erano, una coppia, appunto. Che Chantal, di solito molto distratta, non tanto incline alle confidenze, sempre un po’ chiusa in difesa, volgesse lo sguardo verso di loro, lo indispettiva ed insospettiva, ma, come era già successo giù al lago, ritrovò una sua calma dicendosi che non doveva ostacolare gli avvenimenti di cui non era più protagonista e di cui era meglio rimanere spettatore. Non giunse più nessuno ed all’ora di cena era da considerarsi quasi scontato che nascesse l’iniziativa di mangiare insieme. Sospettava che Chantal aspettasse un invito che non osava certo proporre. Il timore che la speranza andasse delusa la rendeva evidentemente nervosa. Si chiedeva se era preferibile prendere lui l’iniziativa come decano del gruppo, ma non riusciva a decidersi: aveva scelto il ruolo di spettatore e preferiva che gli avvenimenti scorressero al di fuori della sua volontà. Erano già seduti ad un tavolo quando uno dei tre, non il prescelto, si avvicinò per rivolgere un cortese invito ad unire i tavoli, se non rischiavano di essere troppo invadenti. Questa volta fu sicuro di scorgere in Chantal l’allentamento di una tensione, ma lei non disse nulla, si limitò a guardare il ragazzo, un po’ divertita dall’invito e poi lui, un po’ impaurita dalla sua risposta, quale che fosse. Erano una coppia, ma lei lo aveva guardato con i suoi occhi di quando era bambina e lui si sentì un padre gentile che non poteva rifiutare un simile, garbato invito senza risultare scortese, scontentando per di più la sua bambina. Lei non tradì nulla dei suoi sentimenti, aspettò che si alzasse lui per primo per poi seguirlo apparentemente remissiva al tavolo più grande occupato dal terzetto. Superato l’imbarazzo iniziale, complice l’aiuto di un sincero vinello, la cena scorse allegra e spensierata fra buoni compagni affiatati ed uniti dalla montagna con il suo clima di lieta amicizia. Poi fu deciso di andare fuori all’aperto a guardare il tramonto e le stelle. Imbottiti nelle giacche a vento, con guanti e berretti, si sedettero in fila indiana sull’unica panchina, appoggiati al muro del bivacco. Guardavano i profili delle montagne contro in cielo, il fondo della valle distinguibile per le sue luci. Avvertiva che c’era una volontà condivisa da almeno due persone di rimanere lì il più a lungo possibile, a guardarsi intorno, a dire poche parole. Poi si fece tardi, il freddo pungente, fu deciso di ritirarsi e, rientrando, si augurarono la buona notte. Lei si stringeva a lui, vicina e distante, non come la sua donna, ma come una bambina in cerca di protezione, spaventata dai suoi stessi sentimenti. Lui si sorprese nell’addormentarsi sereno di offrire quella protezione tacitamente, dolcemente richiesta. Sereno ed allegro fu il risveglio il mattino dopo con il bivacco dapprima inondato dalla luce dell’alba e poi investito dal primo sole. La camminata fino alla cima si svolse veloce nel fresco di quel limpido giorno. Sulla vetta sostarono a guardare il maestoso paesaggio delle montagne che intorno a loro li facevano sentire così piccoli, ma la cima era talmente a punta che a stento ci stavano in cinque per cui fu deciso il ritorno, con un altro pasto consumato insieme sulla riva del lago. 48 DICEMBRE 2015 Giunto il momento dei saluti, tutti furono concordi nel dire che era stato bello incontrarsi e conoscersi e che sarebbe stato ancora più bello ritrovarsi di nuovo. Fu lui, a quel punto a prendere l’iniziativa, come decano del gruppo, uscendo dal ruolo di spettatore per ricuperare quello di protagonista, con addosso la strana certezza che questa volta non si sbagliava, faceva la cosa più giusta. Cercati nello zaino un pezzo di carta ed una penna, scrisse un numero di telefono e lo diede, piegato in modo che non lo si potesse leggere, al ragazzo con lo sguardo languido e più maturo rispetto alla sua età, come se lo consegnasse a se stesso di circa trent’anni prima. Durante il ritorno, capì che i pensieri di lei non erano accanto a lui, ma un po’ più lontano, erano rimasti indietro perché loro due erano partiti per primi. Tornati in città, passarono alcuni giorni, qualche settimana, ma quella gita era servita ad entrambi per capire. Sentì che toccava a lui prendere l’iniziativa. Una sera incominciò a parlare, partendo da lontano prima di arrivare al punto in questione. Ci furono lacrime, ci fu dolore, ma alla fine convennero che era meglio separarsi, forse per un periodo, per una pausa di riflessione. In realtà, come aveva previsto già durante la gita, la separazione fu definitiva, ma lui era tranquillo perché su quel pezzo di carta aveva scritto il numero del cellulare di lei. Forse aveva saputo già dal principio che lui sarebbe stato una tappa nella vita di lei, importante sì, ma sempre solo una tappa. Per lui, invece, quella tappa era stata la corsa della sua vita. Quando i giochi sembravano fatti e la partita si avviava verso la fine, il risultato ormai deciso, lui era salito sul podio dove non si rimane mai a lungo. Questo lo sapeva, ma adesso lo sentiva. Seppe più tardi che lei era andata a vivere altrove. Per molto tempo non ne seppe più nulla. Si incontrarono una volta per caso, erano passati diversi anni. Presero qualcosa insieme seduti al tavolino di un bar all’aperto. Lei non era cambiata, era sempre bella, dea o mortale, dolce e ribelle. Di lui non c’era molto da raccontare, era ancora presto per andare in pensione, ma incominciava ad abituarsi all’idea e poi, no, di relazioni importanti dopo di lei non ne aveva più avute ed era vero, non mentiva per farla contenta. Lei ora aveva una relazione stabile, sì, proprio con quel ragazzo che aveva conosciuto quella volta in montagna. Un po’ sorpresa gli chiese come faceva a ricordarlo dopo tanti anni. Lui borbottò qualcosa tossendo, lasciandole continuare il racconto. Si, era vero, si erano rivisti, si erano frequentati e innamorati ed era iniziata una relazione da cui era nata una bambina che adesso incominciava ad andare a scuola. Il loro rapporto, dopo qualche burrasca ed una breve separazione, ora procedeva sereno: si, vivevano come una bella famiglia. Già da tempo parlavano di matrimonio ed ora si sentivano pronti. Non ricordava più molto di quello che avevano detto dopo, avevano parlato del più e del meno, quello che importava era già stato detto. Al momento di accomiatarsi si salutarono ancora con un ultimo, lungo abbraccio senza parole. Poi lei si voltò e si allontanò camminando svelta. Lui la seguì con lo sguardo fino a che non si confuse fra la folla e per la prima volta avvertì che qualcosa della vita se ne stava andando. Si sentì improvvisamente più vecchio, vecchio come in realtà era, ma come non aveva mai pensato di essere fino a quel momento, nemmeno quando si erano lasciati. Sarebbe dovuto andare nella stessa direzione di lei, ma svoltò dalla parte opposta. Improvvisamente si sentiva strano, con un senso di vuoto, tanto che non riusciva più a ricordare bene quei ragazzi, nemmeno il viso di Chantal che pure aveva appena visto. La sua attenzione fu attratta da una pubblicità dove il volto di una bambina sorrideva felice. Poteva essere nell’età di chi sta iniziando ad andare a scuola. Si domandò se poteva assomigliare alla figlia di Chantal. Dopo tutto quella bambina doveva la vita un po’ anche a lui, a quel numero di telefono scritto su un pezzo di carta passato da una mano ad un’altra al ritorno da una gita in montagna. DICEMBRE 2015 49 le nostre radici Grande Guerra e follia Franco Lupano Il 15 ottobre 1918 il sottotenente Michelangelo Cornalis veniva ricoverato nel manicomio di Collegno. Aveva con sé una relazione clinica particolareggiata che si concludeva così: “Al suo ingresso al Centro psichiatrico di Reggio Emilia il Cornalis si mostrò agitatissimo; poscia subentrò una fase di calma e di depressione a cui seguì un periodo in cui furono osservati fatti di decadimento mentale abbastanza imponenti, per trarre la seguente conclusione: è fuor di dubbio che nei riguardi del S.T. Cornalis si sia trattato di una forma di eccitamento ebefrenico in forma di confusione mentale protratta, con grave agitazione e clamorosità, cui residua un evidente grado di decadenza mentale in forma dissociativa schizofrenica”. La sua storia, insieme a quella di altri 94 militari, è raccolta in un faldone nell’archivio manicomio, ed è particolarmente interessante per la sua evoluzione successiva. Ma tra giugno 1915 e dicembre 1918 sono stati centinaia i soldati ricoverati a Collegno per disturbi psichiatrici: per la maggior parte di loro la documentazione disponibile è scarsa, ma sufficiente a dare un’idea di ciò che la guerra poteva causare sulla mente umana. In questo campo sono numerose le ricerche effettuate in varie parti d’Italia e già pubblicate, grazie alla progressiva catalogazione degli archivi manicomiali ma nulla finora è stato fatto a Collegno. (vedi www.cartedalegare.san.beniculturali.it accedi dal Qr a lato) È per questo che il CISO (Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospedaliera) ha iniziato ad analizzare tutta la documentazione relativa al periodo della I° guerra mondiale. Sono emerse tre principali linee di ricerca: 1) I soldati: misura del fenomeno, cause, evoluzione; 2) Le donne: la guerra come causa di patologia psichiatrica nelle donne e nella famiglia; 3) Gli psichiatri: la scienza medica di fronte a un fenomeno “nuovo”, perché “nuova” è la guerra che si combatte. L’ultimo argomento ci riporta al caso del sottotenente. All’ingresso venne preso in carico dal dottor Socrate Raimondi il quale, avendo capito le ragioni della sua crisi mentale, cercò di guarirlo mediante una terapia di derivazione psicoanalitica, cioè attraverso la scrittura di un memoriale per portare al livello di coscienza il conflitto interiore causa della nevrosi in cui era caduto. Una tecnica simile quindi a quella utilizzata dagli analisti, ma ben diversa da quella di altri psichiatri che miravano a ricondurre il paziente al suo ruolo di soldato mediante terapie violente come l’uso di stimolazioni elettriche dolorose, punizioni disciplinari, isolamento, comandi urlati, e che erano diffuse presso i servizi psichiatrici degli eserciti europei dell’epoca. La lettura del memoriale ripercorre tutta la sua vita militare dall’arruolamento il 21 aprile 1917. Ecco come descrive la ritirata di Caporetto: “Volgevano i tristi giorni di ottobre in cui la virtù italiana fu sommamente provata. Il mio reggimento, mentre meno ce lo aspettavamo, fu richiamato in trincea. (…) Io ero ammalato, ma mi sembrava una viltà in quei momenti insistere sui miei malesseri ed il 20 ottobre partii col mio reggimento alla volta della linea delle quote sul dosso Faiti. Qui trovammo l’inferno; bombardamenti scuotevano la terra e l’aria incessantemente; io per resistere alla fatica e alle veglie dovevo ricorrere spesso a caffè ed a liquori (cognac, marsala). Resistetti fino al giorno 27, in cui fui assalito da forte febbre (39 gradi) e chiesi visita. Riconosciuto, fui inviato alla dolina grande per attendere l’ambulanza che mi doveva portare all’ospedale. Cominciavano a circolare voci allarmanti, però la verità ci fu abilmente nascosta”. Verità che però divenne drammaticamente evidente nelle successive 24 ore: “Era il 28 ottobre la pioggia continuava a cadere dirottamente le strade erano ingombre di camion, arti- 50 DICEMBRE 2015 Una scena dal film “Torneranno i prati” di Ermanno Olmi, il racconto di una notte sul fronte Nord-Est dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917 sugli Altipiani. glierie, carri, muli ecc. ecc.; io un po’ a piedi un po’ salendo su camion, un po’ facendomi trasportare da carri riuscii a raggiungere prima Cervignano, poi il Tagliamento e finalmente il 29 ottobre sera l’ospedaletto da campo di San Paolo del Tagliamento. La febbre oltrepassava i 40 gradi (…) Erano momenti di gran confusione e minacciando l’ospedaletto di essere preso dagli Austriaci, il 1° novembre 1917 ci diedero il si salvi chi può, cosicché fui costretto di nuovo a fuggire”. I mesi successivi passano tra ricovero, convalescenza e servizi nelle retrovie, ma il 1° maggio 1918 viene inviato al fronte. Qui è nuovamente colto da febbre e ricoverato, dimesso l’8 giugno, in tempo per partecipare all’offensiva del Piave, il 13 e 14 giugno. Il 15 giugno la situazione precipita: “Fui preso da una crisi nervosa: mi morsicai un dito, saltai per un prato lì vicino e mi presero una specie di convulsioni. Fui portato semisvenuto all’infermeria del battaglione dove l’aspirante medico mi fece rinvenire con dei sali. Fu allora che sentii che il reggimento doveva spostarsi per andare all’assalto e mi proposi di far valere i miei mali per andare all’ospedale; quindi esagerai fingendo di non capire più nulla ed il dottore definì il mio male come uno choc nervoso e mi inviò in barella all’infermeria reggimentale”. Segue un tentato suicidio con la baionetta, probabilmente simulato, e ripetuti tentativi da parte dei superiori di farlo “rinsavire” con minacce varie a cui egli oppone un ostinato mutismo, finché chiede di parlare col suo generale, al quale “gridai che se avevo mancato mi fucilassero pure al petto non alla schiena poiché non ero né un vile né un traditore, e di morire non avevo paura. Fui legato più stretto da quel momento 15 giugno 1918 di sera io non fui più padrone di me stesso”. Michelangelo Cornalis fu dimesso da Collegno il 4 dicembre 1918 in quanto non affetto da malattia mentale, ma con la proposta di una licenza di sei mesi. La guerra intanto era finita. Lui aveva appena compiuto vent’anni. Nel centenario dell’entrata in guerra dell’Italia, il CISO Piemonte ha deciso di dedicare, il 6 novembre 2015 a Torino, il suo II° Congresso a “La prima guerra mondiale: salute, malattie, sanità e assistenza”, che si svolgerà a, e nel quale verranno presentati i risultati delle ricerche in atto e di altre riguardanti altri aspetti della storia sanitaria dell’epoca, come la grande epidemia dell’influenza “spagnola” del 1918-19. Per info: www.cisopiemonte.it Bibliografia Giacomo L. Vaccarino – Paura, nevrosi, onore: esperienze di guerra di un giovane ufficiale torinese, Bollettino storico-bibliografico subalpino, 1997, pp. 659-675 DICEMBRE 2015 51 rubriche Pianeta solidarietà Un master per il sorriso dei poveri del mondo ...la serenitànda! dell’igiene profo san casa sanificazione ad ozono Sanificare gli ambienti dove viviamo significa salvaguardare la nostra salute. Il sistema san casa di Ren Pell sfrutta le proprietà antimicrobiche dell’ozono e garantisce la perfetta disinfezione di materassi, cuscini, tappeti e poltrone DIRETTAMENTE A CASA TUA vo r un preventi Chiamaci pe o to a rsonalizz ino gratuito e pe ll en Pe più vic R r e n rt a p l a rivolgiti È un sistema REN PELL A.M.G.I VILLANOVA D’ASTI (AT) strada per Chieri 60 tel. e fax 0141.946381 www.renpell.com [email protected] www.facebook.com/renpellamgi 52 DICEMBRE 2015 Mentre stiamo chiudendo in redazione questo numero di Torino Medica è scaduto il tempo per l’iscrizione al Master universitario di 1° livello della COI “SALUTE ORALE NELLE COMUNITÀ SVANTAGGIATE E NEI PAESI A BASSO REDDITO ”, 7a edizione a.a. 2015/16 che prenderà avvio nel prossimo gennaio. Pubblichiamo ugualmente il programma in PDF per dare notizia di un evento formativo importante sia a livello culturale che di cooperazione sanitaria internazionale, gestita secondo parametri di qualità ottimale. Programma di studio: Modulo 1: Cooperazione internazionale e attori. Sistemi sanitari nei PVS. Modulo 2: Le comunità svantaggiate e la fragilità sociale in Italia e in Europa. Modulo 3: Promozione della salute orale nei PVS e nei Paesi sviluppati. Modulo 4: Primary Oral Health Care. Modulo 5: Progettazione degli interventi di salute orale nei PVS. DICEMBRE 2015 53 rubriche Pianeta solidarietà Nella foto sotto, da sinistra: Luisa Mondo Coordinatrice Commissione Volontariato dell’Ordine; Matteo Ballesio di “SOS SALUTE E SSVILUPPO”; Eva Mesturino di “CUTE PROJECT”; Costanzo Bellando di “NUTRIAID” Il volontariato è di casa all’Ordine Costanzo Bellando I referenti delle associazioni che si occupano di cooperazione in PVS (Paesi in Via di Sviluppo), di assistenza ai migranti in Italia, e di assistenza ai malati ed ai loro famigliari, sono stati invitati il 18 novembre scorso nella sede dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino, Villa Raby, Corso Francia 8 per un incontro di presentazione delle attività associative. “L’obiettivo dell’iniziativa – come hanno scritto nell’invito il prof. Giuseppe Costa, Coordinatore della Commissione Ordinistica Solidarietà Nazionale e Internazionale ed equità dell’accesso alle cure e la d.ssa Luisa 54 DICEMBRE 2015 Mondo, Coordinatrice della Commissione Ordinistica Associazione di malati e volontari- è stato quello mettere in relazione le varie Associazioni tra loro e con l’Ordine dei Medici nell’ottica di una maggior collaborazione con i Medici operanti sul territorio”. A tutti gli invitati all’incontro è stato chiesto di presentare una scheda compilata per un censimento delle realtà associative presenti nella nostra provincia e dell’attività svolta. NiFe Anche chi frequenta da tanti anni il mondo del volontariato non può non essere rimasto colpito dalla quantità e dalla varietà delle Associazioni che hanno risposto a questa proposta dell’Ordine dei Medici di Torino. Le tematiche a cui si rivolgono le varie Associazioni spaziavano dall’aiuto ai migranti alla assistenza per specifiche patologie, dalle attività nei Paesi in Via di Sviluppo all’aiuto alle donne in difficoltà, a mille altre problematiche in cui il volontariato può concorrere a coprire dei bisogni che non sempre trovano una risposta adeguata. È emersa una grande disponibilità dei volontari (sanitari, pazienti, familiari di malati, comuni cittadini) ad intraprendere attività impegnative per tentare di risolvere i problemi più svariati: spesso però le Associazioni stentano a farsi conoscere e solitamente non esiste un coordinamento o anche solo un contatto tra le diverse realtà, che rischiano così di sprecare risorse, di non usufruire di esperienze altrui e di non avere quell’effetto di “massa critica” che può portare a farsi meglio valere nel rapporto con le istituzioni. L’Ordine dei Medici di Torino si è quindi proposto di creare questo tipo di collegamento, realizzando inoltre un registro delle associazioni che agiscono sul nostro territorio e favorendo il contatto tra gli operatori che si occupano di aree comuni. Per quanto riguarda ad esempio l’assistenza a determinate patologie, può essere estremamente utile per il medico poter usufruire di un portale in cui reperire le Associazioni che forniscono assistenza al paziente e alla sua famiglia. Allo stesso modo un potenziale volontario può venire a conoscenza di tutte le sfaccettature di un mondo spesso sconosciuto in cui trovare l’attività più confacente alle propie attitudini. Le esperienze fin qui realizzate di creazione di una rete tra entità affini sono estremamente positive, con scambi che migliorano grandemente la qualità del lavoro e le ricadute per i beneficiari: ne sono un esempio le stesse Commissioni Ordinistiche che hanno organizzato l’incontro o il COP (Consorzio Ong Piemontesi che si occupano di sanità). Il ruolo dell’Ordine per favorire questa modalità di lavoro in rete si conferma centrale. DICEMBRE 2015 55 rubriche in libreria STORIE DI CURA AL DOMICILIO SUL DECLINARE DELLA VITA Frammenti di specchio MARIA MILANO, GIULIANA BONDIELLI Franco Angeli Edizioni (Laboratorio Sociologico, Ricerca empirica ed intervento sociale) Pagine 173, € 23,00 La morte rappresenta una delle molte irrisolte contraddizioni culturali dell’Occidente. Dagli anni Ottanta dell’altro secolo, votati all’edonismo consumistico, la morte è diventata progressivamente un oggetto tanto misterioso da essere negato nella sua stessa essenza e rimosso in una realtà che, tra l’altro, ben pochi conoscono. Eppure… Eppure forse perché tutti sappiamo, di sicuro dall’età della ragione, che rappresenta l’epilogo naturale della vita (di ogni vita) la morte è diventata anche un’ossessione difficilissima da gestire, con cui fare i conti sempre più spesso complessi e difficili da gestire. Si parla sempre più spesso di morte senza magari aver mai visto morire 56 DICEMBRE 2015 un essere vivente con il quale eravamo legati da affetto, amicizia, conoscenza più o meno approfondita. Dei problemi legati alla fine sono pieni giornali, TV, libri, Internet… E dal momento che la morte è un argomento che riguarda personalmente in maniere diretta ognuno di noi, tutti pretendiamo di esprimere la nostra opinione senza sentire, molto spesso, il bisogno di confrontarci prima con le nostre reali conoscenze. Quanti favorevoli all’eutanasia conoscono ad esempio lo stato dell’arte della terapia del dolore e quanti si sono domandati se esista un rapporto tra richiesta di eutanasia e attuazione efficace della terapia del dolore? Il libro di Maria Milano e Giuliana Bondielli muove da una prospettiva culturale che è, di fatto, un ribaltamento della situazione di conoscenza della morte che caratterizza l’Italia. Per fotografare la situazione le autrici hanno selezionato cinquantadue storie di cura inerenti il fine vita, scritte da Medici di Medicina Generale e dai “caregivers”: ovvero la rete di persone, professioni, competenze medico-assistenziali, e affetti, che assicurano la cura, l’accudimento e la tutela dei malati terminali. Un insieme di racconti che hanno a volte la capacità narrativa, sempre sorprendente, espressa da un’istantanea e a volte le promesse sintetiche e suggestive racchiuse in “corto” o in un trailer di un film. Nel mosaico che le autrici compongono, la conoscenza della fine della vita e le modalità con cui questa si presenta tra le mura domestiche (concepite e progettate, spesso, come esercizio architettonico più o meno militante di una vita senza fine e senza difficoltà fisiche) costituisce molto più di una testimonianza e qualcosa di meno (risultato assolutamente previsto dalle autrici) di un documento. Si potrebbe definire uno strumento di conoscenza, a beneficio della consapevolezza che tutti dovremmo possedere, messo a disposizione da medici di famiglia, medici palliativisti, infermieri domiciliari, assistenti sociali, famigliari e “caregivers” formali. La consapevolezza consiste nel delineare, rispetto alla fine della vita vissuta a casa propria, gli ostacoli, le incongruenze, le perplessità di tutte le figure umane che si muovono nell’orizzonte esistenziale di un malato terminale. Ostacoli, incongruenze, perplessità che possono tradursi in una domanda che a due donne (le autrici che hanno come valore esistenziale aggiunto l’esercizio della Medicina Generale) viene probabilmente in modo quasi istintivo: quali sono le emozioni che emergono nella rete malato/familiari/medico? Ma è nel capitolo a pagina 149, intitolato “Fuoriscena: la visione del filosofo”, uno degli aspetti di conoscenza più importanti da rivendicare a gran voce da parte di noi medici: “Di volta in volta occorre stabilire l’equilibrio tra medico e paziente, non soltanto nei casi più estremi, per esempio di fronte a una richiesta di suicidio assistito. In ogni caso l’autonomia del paziente, le sue scelte, le sue aspettative e i suoi valori non possono ridurre il medico a puro strumento dei propri desideri, soprattutto quando il rapporto medico e paziente si è stabilito e consolidato nel tempo, come è per lo più il caso dei medici di medicina generale, né il medico può ridurre il paziente a mera argilla da plasmare”. Questa rivendicazione di autenticità professionale e di cittadinanza (nel senso più pieno che l’Educazione Civica ci ha insegnato durante l’arco di studi della Scuola dell’Obbligo) è forse il concetto meno diffuso e praticato dai media che affrontano i passaggi esistenziali della fine con piglio ideologico, teologico ma mai di profilo deontologico così complesso e completo che tale citazione comporta. Letto da Guido Giustetto DICEMBRE 2015 57 rubriche AVVISO DI SELEZIONE PER TUTOR VALUTATORI PER LO SVOLGIMENTO DELLA PROVA PRATICA DEI LAUREATI CANDIDATI ALL’ESAME DI STATO ABILITANTE ALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DI MEDICO-CHIRURGO avvisi e comunicati ORARIO UFFICI Orario degli Uffici amministrativi dell’Ordine in vigore dall’1 settembre 2015 Lunedì 8.30-13.30 14.00-17.30 Martedì 8.30-13.30 14.00-17.30 Mercoledì 8.30-13.30 14.00-17.30 Giovedì 8.30-13.30 14.00-17.30 Venerdì 8.30-13.30 14.00-17.30 Si comunica anche che l’Ufficio Previdenza (pratiche Enpam) dall’1 settembre 2015 osserva il seguente orario: Lunedì 8.30-13.30 Martedì 8.30-13.30 Mercoledì8.30-13.30 Giovedì 8.30-12.30 Venerdì 8.30-12.30 LA SEGRETARIA DELL’ORDINE D.ssa Rosella Zerbi I CORSI FAD DELLA FNOMCEO Ricordiamo ai nostri iscritti che sul Portale della FNOMCeO (www.fnomceo.it), seguendo il percorso che ora indichiamo, potranno acquisire tutte le informazioni relative ai Corsi di Formazione a Distanza (FAD) attivi e seguendo le indicazioni potranno anche iscriversi e svolgerli. LA FEDER.S.P.EV PER GLI ISCRITTI ALL’OMCeO DI TORINO La “Federazione Sanitari Pensionati e Vedove” si occupa della risoluzione dei problemi economico-sociali dei medici, farmacisti, veterinari che godono di una pensione e dei loro famigliari. Per maggiori informazioni o per accedere ai servizi dell’Ente, si può telefonare alla signora Teresa Gariglio, 333/8440475, Presidente provinciale dell’Ente, o al dott. Giorgio Cappitelli, 348/6703250, Presidente regionale. La redazione di TM PER COMUNICARE UN CAMBIO DI INDIRIZZO Si chiarisce agli iscritti che la procedura corretta per la segnalazione all’ordine di un cambio di residenza o di indirizzo prevede obbligatoriamente la compilazione dell’apposito modulo scaricabile all’indirizzo: www.omeco.to.it à modulistica à modulo variazione indirizzo Questo modulo deve essere inviato via mail all’indirizzo: [email protected] o inviato tramite fax al numero: 011505323 Inoltre si pregano gli iscritti di segnalare alla segreteria amministrativa eventuali disguidi di spedizione della rivista Torino Medica. Entrati nell’homepage dall’indirizzo www. fnomceo.to.it occorre scorrere col puntatore del mouse, verso il basso, la prima colonna a sinistra. Arrivati al blocco di link cliccabili denoLa Redazione di Torino Medica (RTM) minato “NOTIZIE” scorrere col puntatore sino a “Corsi di formazione”. Cliccandovi sopra si I CORSI accede alla pagina dedicata ai Corsi FAD che ha FAD DELLA FNOMCeO Ricordiamo ai nostri iscritti che sul Portale della FNOMCeO (www.fnomceo.it), seguendo il percorso che ora indichiamo, potranno acquisire tutte le informazioni relative ai Corsi di l’indirizzo: http://www.fnomceo.it/fnomceo/ Formazione a Distanza (FAD) attivi e seguendo le indicazioni potranno anche iscriversi e svolgerli. Entrati nell’homepage dall’indirizzo www.fnomceo.to.it occorre scorrere col puntatore del mouse, showVoceMenu.2puntOT?id=112 verso il basso, la prima colonna a sinistra. Arrivati al blocco di link cliccabili denominato “NOTIZIE” scorrere col puntatore sino a “Corsi di formazione”. Cliccandovi sopra si accede alla Di seguito pubblichiamo anche il codice Qrcheche pagina dedicata ai Corsi FAD ha l’indirizzo: http://www.fnomceo.it/fnomceo/showVoceMenu.2puntOT?id=112 permette l’accesso diretto da smartphone. Di seguito pubblichiamo anche il codice Qr che permette l’accesso diretto da smartphone. L’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Torino ha sottoscritto una Convenzione con l’Università di Torino per gli adempimenti previsti dal Regolamento concernente gli esami di Stato di abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo modificato con decreto n. 445 del 19 ottobre 2001 e pubblicato sulla G.U. n. 299 del 27 dicembre 2001 e reso applicativo dall’Ordinanza ministeriale del 23 febbraio 2004. Le sopra citate norme prevedono che l’esame di Stato di abilitazione alla professione consista in una prova pratica e in una prova scritta. Alla prova scritta si accede solo dopo il superamento di una prova pratica a carattere continuativo consistente in una prova clinica pratica della durata complessiva di tre mesi articolati in un mese svolto presso un reparto di medicina, un mese presso un reparto di chirurgia e per un mese presso un medico di medicina generale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale e realizzati, dopo il conseguimento della laurea (art. 1 DM 19.10.2001, n. 445). In forza alla Convenzione con l’Università, il Consiglio Direttivo dell’Ordine è tenuto a predisporre un elenco di medici operanti in qualità di dirigente medico in reparti di medicina generale, medicina d’urgenza o geriatria, medici operanti in qualità di dirigente medico in reparti di chirurgia generale, chirurgia d’urgenza, ortopedia, otorinolaringoiatria, urologia o ginecologia e medici di medicina generale convenzionati con il SSN, che possano dichiarare, sotto la propria responsabilità, di possedere i requisiti minimi di seguito elencati per ciascuna categoria. Medici operanti in qualità di dirigente medico in reparto di medicina generale e chirurgia generale 1. essere iscritti all’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino 2. assenza di provvedimenti disciplinari sanzionati con provvedimento definitivo di sospensione dall’esercizio della professione nei dodici mesi precedenti 3. possedere almeno cinque anni di anzianità di servizio in un reparto ospedaliero o universitario di medicina o chirurgia 4. svolgere normalmente sia attività di reparto che ambulatoriale 5. avere congrua disponibilità di tempo per tale impegno 6. impegnarsi a frequentare il corso di formazione previsto Medici di medicina generale convenzionati con il SSN 1. essere iscritti all’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino 2. assenza di provvedimenti disciplinari sanzionati con provvedimento definitivo di sospensione dall’esercizio della professione nei dodici mesi precedenti 3. possedere almeno dieci anni di anzianità di convenzione per la Medicina Generale con il SSN 4. avere in carico al momento della domanda un numero di scelte superiore a 750 5. disporre di un sistema informativo adeguato 6. avere congrua disponibilità di tempo per tale impegno 7. impegnarsi a frequentare il corso di formazione previsto L’elenco così costituito, formato da tutti gli aspiranti alla attività di Tutore in possesso dei requisiti minimi, verrà sottoposto alla Commissione Paritetica composta dai membri dell’Università e dell’Ordine per l’individuazione dei Tutori. La Commissione Paritetica Ordine-Università, preso atto dell’elenco dei Medici che sono in possesso dei requisiti minimi, dovrà procedere alla formazione di un elenco che verrà trasmesso alla Regione (combinato art.1, comma 2 Tirocinio, DM n. 445 del 19 ottobre 2001 e art. 27, comma 3, DL n. 368 del 17 agosto 1999) Per la validità della domanda farà fede la data di protocollo della stessa, che può essere inoltrata o per lettera raccomandata (C.so Francia 8 – cap.10143) o per raccomandata a mano direttamente agli uffici dell’Ordine o per fax al numero 011- 505323 o per e-mail [email protected]. Il candidato dovrà consegnare la domanda, come da modelli allegati, attestante il possesso dei requisiti minimi. Torino, 30/10/2015 Il Presidente dell’Omceo della provincia di Torino Guido Giustetto 58 DICEMBRE 2015 DICEMBRE 2015 59 rubriche corsi e congressi in pillole I corsi ECM organizzati dall’OMCeO di Torino e gli eventi congressuali di cui viene pubblicato gratuitamente titolo, data e luogo in cui si tengono (dopo segnalazione alla redazione e la successiva approvazione per la pubblicazione) sono consultabili in Rete sul sito istituzionale www.omceo.to.it Ente di Formazione Giuridica con sede a Torino e sul portale www.torinomedica.com Provider per la erogazione di crediti ECM con accreditamento provvisorio n. 4914 Certificazione di Qualità ISO 9001:2008 per progettazione ed erogazione di corsi di formazione Comitato scientifico di alto profilo con professionisti di riconosciuta esperienza e docenti universitari AUXILIA IURIS • SI INDIRIZZA AGLI OPERATORI SANITARI: corsi ECM • tavole rotonde • convegni AUXILIA IURIS FORMA CON METODI CASISTICI SU TEMI ATTUALI: • norme vigenti: problemi e approfondimenti • evoluzione giurisprudenziale • profili di responsabilità • norme nuove e in itinere SEDE LEGALE: C.so Galileo Ferraris, 18 - 10121 TORINO Tel +39 011 5175535 – Fax +39 011 5186836 [email protected] - www.auxiliaiuris.it 60 DICEMBRE 2015 DICEMBRE 2015 61 congressi Pubblicazione di programma a pagamento Ottenuta l’autorizzazione preventiva alla pubblicazione da parte della Direzione della rivista, gli inserzionisti possono rivolgersi direttamente a SGI Srl (sig.ra Daniela Cazzaro), al numero telefonico 011.359908 per informazioni preliminari sulle condizioni economiche. XVI Convegno A.M.I.A. R. Agopuntura e Medicina non Convenzionale nei disturbi del Sistema Nervoso 9 aprile 2016 – Centro “Congressi Unione Industriale Torino”, via Fanti 17, Torino, ore 9,00-18,15 Iscrizione gratuita 4 Crediti ECM per la professione Medico Chirurgo per tutte le specialità Presidente: dott. Piero Ettore Quirico Segretaria Scientifica: G.B. Allais, G. Lupi, A. Magnetti Iscrizioni presso segreteria organizzativa CSTNF: tel. 011.3042857; e-mail: [email protected] Patrocini richiesti: Regione Piemonte Città di Torino Ordine dei Medici di Torino F.I.S.A. F.I.A.M.O. S.I.R.A.A. Contenuti ed aggiornamenti del programma dell’evento saranno pubblicati non appena disponibili sul sito web: www.agopuntura.to.it 62 DICEMBRE 2015 Un grande impegno dedicato ai bambini Il Poliambulatorio Villa Iris di Pianezza si impegna quotidianamente nel dare ai vostri figli i migliori strumenti e le più elevate professionalità per accompagnarli nella crescita. Un metodo delicato ma incisivo utilizzato anche con gli adulti e che contraddistingue la Struttura Sanitaria. I SERVIZI DEDICATI AI BAMBINI: PUNTO PRELIEVO, VISITE SPECIALISTICHE, LOGOPEDIA, NEUROPSICOMOTRICITÀ, AUDIOLOGIA E FONIATRIA, PSICOLOGIA, PET THERAPY, CENTRO ODONTOIATRICO, ACQUATICITÀ PER INFANTI, LABORATORI DI TEATRO, ATTIVITÀ LUDICHE. dedicato ai bambini Scopri di più su www.poliambulatoriovillairis.it IL POLIAMBULATORIO VILLA IRIS ESTENDE L’ORARIO DALLE 7,30 FINO ALLE 21 i tazion Preno E ON LIN Puoi prenotare 24 ore su 24 sul sito poliambulatoriovillairis.it la tua prestazione sanitaria anche in convenzione con il SSN, semplicemente collegandoti da smartphone, tablet o computer. 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