Programmazione e controllo nelle aziende e amministrazioni

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Programmazione e controllo nelle aziende e amministrazioni
INNOVAZIONE AMMINISTRATIVA
E CRESCITA DEL PAESE
Rapporto con raccomandazioni
LA FUNZIONE DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO NELLE AZIENDE
E AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE: CRITICITA’ E PROSPETTIVE
Fabrizio Pezzani
Testo in corso di revisione
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LA FUNZIONE DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO NELLE AZIENDE
E AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE:
CRITICITA’ E PROSPETTIVE
Fabrizio Pezzani
Sommario: Premessa 1. Lo scenario 1.1 globalizzazione e liberalizzazione 1.2 Competizione
territoriale 1.3 Dinamica ambientale 1.4 Evoluzione dei sistemi sociali
2. La situazione
strutturale ed istituzione italiana 2.1 Debito pubblico 2.2 Modelli di stato 2.3 Modelli di
controllo nelle p.a.: i diversi approcci 3. Le tendenze evolutive 3.1 Evoluzione del quadro
normativo e situazione attuale 3.2 nuovo orientamento dei sistemi manageriali 3.3 Balance
scorecard (cenni e rinvio) 4. Evoluzione dei sistemi di contabilità 4.1 introduzione 4.2 La
contabilità finanziaria 4.3 Il rinnovamento dei sistemi contabili pubblici 5. L’internal audit
nelle aziende e nelle amministrazioni pubbliche: basi concettuali e prospettive applicative 5.1
l’internal audit nelle imprese 5.2 l’attivita’ svolta ed i benefici attesi dall’internal audit 5.3
l’internal audit nelle aziende ed amministrazioni pubbliche: presupposti e prospettive 5.4 le
criticita’ del sistema dei controlli ed il ruolo dell’internal audit 5.5 l’utilita’ dell’internal audit
nelle aziende ed amministrazioni pubbliche 6. Indicazioni applicative
Premessa
L’evoluzione dei sistemi di programmazione e controllo deve essere vista con
riferimento allo scenario generale dei sistemi socio-economici, al cambiamento nei
modelli di Stato, alla tipologia dei modelli di controllo sviluppati nelle amministrazioni
pubbliche ed al loro orientamento, ai sistemi contabili di supporto alla loro funzionalità
rispetto alle finalità richieste ed infine al grado di rendicontabilità esterna (problemi di
indirizzo, decisionali in genere, valutativi).
1) Lo scenario
Il contesto socio-economico sta rapidamente cambiando a livello nazionale ed a livello
internazionale, i principali aspetti di cambiamento sono legati a:
•
Globalizzazione e liberalizzazione
•
Competizione e confronto (sistemi di mercato)
•
La dinamica ambientale e la sua imprevedibilità
•
Evoluzione dei sistemi sociali e degli assetti istituzionali.
1.1 Globalizzazione e liberalizzazione
L’economia è sempre più caratterizzata da una crescente dinamicità dovuta alla
maggiore libertà di scelta nell’allocazione dei capitali e dei fattori produttivi in ragione
di una più elevata redditività; l’evoluzione della tecnologia, specie nell’ambito
dell’informatica, consente la delocalizzazione di diverse funzioni ed attività aziendali in
aree geografiche anche lontane ma tali da garantire gli stessi risultati a condizioni
economiche più vantaggiose. La liberalizzazione e la globalizzazione sono fenomeni che
si autoalimentano con una rapidità tale da rendere difficile il loro governo specie da
parte degli organismi sovranazionali i cui sistemi di governance e di raccolta del
consenso devono scontare tempi decisionali più lunghi e dimostrano una relativa
inadeguatezza nel governo dei fenomeni sociali ed economici tale da giustificare un
ripensamento dei loro sistemi di funzionamento e più in generale da sistemi di
governance.
1
1.2 COMPETIZIONE TERRITORIALE
L’ effetto della dinamica economica è quello di alimentare una crescente competizione
tra stati, specifici territori ed imprese.
La competizione che si sta affermando è caratterizzata da una forte attenzione alla
riduzione dei costi come fattore critico di successo; la capacità di ridurre più
rapidamente i propri costi di produzione rispetto ai concorrenti consente di aggredire il
mercato con vantaggi di prezzo ed alimentare quindi la relazione tra minori prezzi,
maggiori volumi di produzione e vendita, minori costi unitari e quindi di nuovo minori
prezzi, in modo tale da guadagnare rapidamente crescenti quote di mercato e
marginalizzare i competitori.
Questa competizione ha inoltre un elemento di forte aggressività e mira ad eliminare i
concorrenti rinunciando quindi a possibili forme di competizione collaborativa che
potrebbero favorire un processo di crescita più equilibrato.
Questa competizione si estende a settori che ne erano tradizionalmente esclusi come la
pubblica amministrazione e più specificatamente alla sanità, alla istruzione, alle
amministrazioni centrali, regionali e locali che devono attivarsi per rendere appetibili i
loro territori tramite l’offerta di servizi di alta qualità e di condizioni economiche
vantaggiose per la produzione con la ricerca di un miglioramento dell’efficacia e
dell’economicità della loro azione, per ottimizzare l’impiego di risorse e rendere più
trasparenti i risultati.
1.3 DINAMICA AMBIENTALE
L’evoluzione della dinamica ambientale è tale da ridurre l’orizzonte temporale entro cui
sia giustificato spingersi con l’attività previsionale e le decisioni strategiche. Se si pensa
che prima della guerra dello Yom Kippur (1974) le aziende automobilistiche americane
facevano proiezioni di vendita per il 2000, oggi risulta difficile fare significative
previsioni per l’orizzonte di un anno. Questo vincolo previsionale obbliga ad assicurare
processi decisionali rapidi ed ad avere assetti organizzativi flessibili; per le imprese si
pone il problema di combinare i vantaggi economici derivanti dalle dimensioni, come
evidenziato nel precedente paragrafo, alla flessibilità ed alla rapidità di adattamento al
contesto ambientale che cambia avviando operazioni di delocalizzazione produttiva. Per
le pubbliche amministrazioni si pone il problema di introdurre elementi di flessibilità e
rapidità in modelli procedurali e decisionali che tendono ad allungarsi per mantenere il
rispetto di una normativa che richiede esigenze di trasparenza. Proprio con riferimento a
questo punto va segnalato come la limitazione della mobilità per il pubblico impiego,
spesso oggetto di contestazioni sindacali, può diventare un fattore di rigidità al
cambiamento imposto dalla dinamica ambientale tale da pregiudicare l’evoluzione del
sistema paese.
L’esigenza di orientare le amministrazioni pubbliche al futuro per anticipare i
cambiamenti ed aumentare il grado di competitività territoriale è ostacolata oltre che dal
ritardo culturale in termini di competenze di management anche dalla struttura e dai
modelli che hanno finora orientato la costruzione delle finanziarie; infatti i continui
cambiamenti in merito ai trasferimenti, alla ridefinizione dei tetti spesa, spesso in corso
d’anno, l’evoluzione delle normative fiscali costituiscono un reale ostacolo all’attività di
previsione pluriennale, basti, ad esempio, pensare alla difficoltà che può sorgere per
questi motivi nella definizione di un programma di investimenti. Un altro elemento che
ostacola la capacità di orientamento al futuro è dato dal disallineamento fra:
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ASSETTI
ISTITUZIONALI
(ruolo politico)
DECISIONI POLITICHE
ASSETTI
PRODUTIVIORGANIZZATIVI
ATTIVITA’ E RISULTATI
(relazioni risultati-bisogni)
(ruolo manageriale)
DECISIONI DI
GESTIONE
DECISIONI DI APPREZZAMENTO
DEI RISULTATI
IMPLICAZIONI IN
TERMINI DI FEED BACK
Infatti, mentre le combinazioni gestionali necessitano di un orientamento a lungo
l’orizzonte temporale dei bisogni politici è tradizionalmente di breve periodo, specie
quando sistemi elettorali inadeguati non consentono di formare esecutivi forti e compatti
in grado di affrontare anche conflitti sociali generati dal cambiamento. In questo senso
una maggiore accountability potrebbe favorire una maggiore partecipazione e
condivisione delle scelte politiche da parte della collettività e quindi un maggiore
sostegno ai decisori.
1.4 EVOLUZIONE DEI SISTEMI SOCIALI
Le conseguenze delle dinamiche economiche hanno effetto sull’evoluzione dei modelli
sociali orientati da fenomeni migratori crescenti e da un minore legame con il territorio
d’origine. Ne conseguono processi di crescente confronto internazionale che portano
alla diffusione di più comuni modelli di vita e di consumo, attese di servizi di maggiore
qualità e conseguentemente un impegno più attento da parte delle pubbliche
amministrazioni a favorire processi di integrazione ed a ridurre le crescenti forme di
divario economico fra classi sociali e territori. Una delle conseguenze delle dinamiche
economiche cui si è fatto cenno è il rapido evolversi delle condizioni di competitività e
di attrattività dei vari territori in ragione dei flussi di investimento in entrata ed in uscita
e delle conseguenti delocalizzazioni delle produzioni; questi fenomeni hanno creato un
crescente divario tra territori e classi sociali favorendo un più rapido processo di
accumulo di ricchezza presso determinate istituzioni/aziende ed i loro stakeholders;
certamente questo pone un problema in ordine al ripristino di condizioni di riequilibrio
delle diversità attraverso politiche mirate che si allontanano sempre di più dalla semplice
sovvenzione per favorire l’evolversi di precisi processi di sviluppo.
Sono necessari, per sostenere queste politiche di perequazione, rigorosi sistemi di
controllo della formazione e redistribuzione della ricchezza per non alimentare aree di
inefficienza e di illegalità.
In generale i fenomeni precedentemente indicati generano condizioni di sviluppo la cui
dinamicità richiede che siano posti in essere condizioni tecniche-organizzative in grado
di orientare ed adattare i sistemi socio-economici ai cambiamenti. Tutto questo finisce
per incidere sui modelli di vita, di consumo, di produzione e redistribuzione della
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ricchezza ed inevitabilmente è necessario per aumentare il livello di trasparenza e
rendicontabilità delle decisioni per acquisire il maggiore grado di consenso possibile.
2) La situazione strutturale ed istituzionale italiana
Lo Stato italiano si colloca in questa fase storica con alcuni elementi di debolezza legati
alla dimensione del debito pubblico, alla scarsa funzionalità dei sistemi di controllo ed
alla necessità di evoluzione verso nuovi modelli di Stato.
2.1 Debito pubblico
Uno dei principali problemi da affrontare, sia per rispettare i patti di stabilità derivanti
dall’appartenenza alla UE, sia per non continuare a drenare le risorse alla crescita ed allo
sviluppo, è la possibilità di ridimensionare il debito pubblico.
Il debito si è andato progressivamente formando negli anni ottanta tramite una politica
di deficit spending che consentiva di compattare le maggioranze politiche tramite un
tacito accordo tra politica e società fino a quando le dimensioni del debito ed i
conseguenti interessi sono diventati insostenibili per il paese a tal punto da assorbire in
un certo periodo storico quasi la metà delle entrate per la copertura degli interessi ed a
impedire conseguentemente di perseguire qualsiasi politica di sviluppo economico; il
debito si è andato alimentando grazie ad una politica di costruzione dei bilanci
preventivi nei quali venivano sistematicamente sottostimate le uscite e sovrastimate le
entrate, tutto ciò in mancanza di un idoneo sistema di controlli ha generato
progressivamente una situazione debitoria pesante ed inoltre non riconducibile a
specifiche responsabilità.
L’entrata nell’Euro ha consentito di ridurre il trend di crescita grazie anche ad una
situazione favorevole di decrescenti tassi di interesse; tuttavia il debito è continuato a
crescere raggiungendo nuovi massimi storici nonostante il beneficio annuo di minori
interessi, alle entrate per privatizzazioni ed alle operazioni di finanza straordinaria
derivanti dalle cartolarizzazioni; queste ultime operazioni, in particolare, sono state
usate come entrate per abbassare il deficit di periodo e non per ridurre il debito per cui, a
fronte di un debito crescente, si è ridotto l’ammontare delle garanzie patrimoniali e la
credibilità nelle politiche di risanamento del paese La politica di rilancio del Paese è in
parte condizionata dalla dimensione e dalla dinamica del debito nei confronti dei quali
gli attuali sistemi di controllo e di contenimento non hanno funzionato nella sua
regolazione e nell’individuazione di precise aree di responsabilità.
L’approccio di un sistema di controllo macroeconomico, come vedremo, ha favorito la
visione del sistema pubblico come insieme di istituzioni gerarchicamente ordinate
caratterizzate da forte indifferenziazione, mentre in una logica di controllo manageriale
il sistema pubblico viene visto come insieme di aziende autonome e l’equilibrio
complessivo dipende dalla capacità di raggiungere l’equilibrio per ciascuna azienda a
cui va correlata una precisa responsabilità rendicontabile sul raggiungimento dello
stesso; tutto ciò ad evidenza, sottolinea la criticità e la centralità del sistema dei controlli
e degli strumenti contabili.
La necessità di procedere ad una riduzione del debito genera inevitabilmente l’insorgere
di conflitti sociali; infatti la formazione del debito di pende in larga misura da ricchezza
distribuita senza essere stata prodotta e questa ha generato modelli di vita e di consumo
che si sono consolidati nel tempo ed ora risulta difficile contenerli o ridurli perché le
persone non sono disponibili a rinunciarvi. Proprio per questi motivi le manovre di
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riduzione del debito generano conflitti sociali che la politica non sempre ha la forza di
fronteggiare. Emerge con sempre più convinzione da parte della società civile la
richiesta di una maggiore trasparenza per tutte le istituzioni; peraltro questa esigenza è
legata alla riduzione di risorse, specie da parte pubblica, aspetto che comporta la
necessità di rendere conto delle risorse impiegate rispetto alle finalità e quindi di attuare
manovre atte ad eliminare trasferimenti indebiti di ricchezza che non potrebbero essere
accettati da chi è costretto a modificare i propri stili di vita.
CAPACITA’ DI RISPOSTA ED ANTICIPAZIONE
2.2 I modelli di stato
Uno dei problemi ancora irrisolti è il definitivo passaggio verso modelli di Stato più
coerenti con l’attuale contesto socio-economico. Le riforme istituzionali rappresentano
apparentemente un ostacolo insormontabile forse non tanto sui contenuti quanto sul
modo di affrontarli. Infatti al tradizionale modello di riforma rigida che trova
difficilmente una sufficiente base di consenso si dovrebbe contrapporre un modello
flessibile/aperto nel senso che si dovrebbe pensare a riforme che abbiano in sé la
possibilità di essere riviste in relazione ad una realtà profondamente dinamica che
richiede un continuo sforzo di adattamento degli assetti istituzionali secondo il seguente
schema:
DINAMICA DELLE
VARIABILI
AMBIENTALI
•Economiche
•Sociali
•Tecniche/fisico
ASSETTI E RIFORME
ISTITUZIONALI
LIVELLO DI
QUALITA’
RAGGIUNTO
(rendicontazione)
CAPACITA’ DI
RISPOSTA AI
BISOGNI
Sostanzialmente possiamo osservare la spinta verso due modelli di Stato:
a)
Stato regolatore
b)
Stato federale
a) STATO REGOLATORE
Storicamente possiamo individuare i seguenti modelli di Stato:
•
Stato dei diritti: mirante a garantire uniformità di comportamenti su tutto il
territorio con l’attenzione prevalente verso la produzione di norme e leggi;
5
•
Stato della perequazione: mirante a colmare le diversità di condizioni
economiche fra i vari territori e garantire tramite i trasferimenti un maggiore equilibrio
economico come garanzia per la conservazione di una più solida e condivisa unità
sociale;
•
Stato dei servizi: mirante ad intervenire nell’economia attraverso l’erogazione
diretta dei servizi in sostituzione ed in alternativa ai privati.
Tradizionalmente l’intervento dello Stato si è caratterizzato per una prevalente
attenzione all’erogazione dei servizi e per una carente attenzione all’equilibrio
economico a causa anche delle inadeguate metodologie contabili e dell’insufficienza dei
sistemi di controllo. La carenza di questi elementi ha favorito il prevalere di una logica
politica nelle scelte di investimento e di occupazione a scapito di una razionalità e
rendicontabilità economica che non era facile costruire. In questo modo si è costruito il
progressivo squilibrio finanziario che ha dato luogo al rapido formarsi del debito
pubblico.
A fronte di questa situazione si rende necessario ripensare ad una forma di
ridimensionamento dell’intervento diretto dello Stato in economia – si parla a questo
proposito di Stato più leggero – mirante a disinvestire ed a fare intervenire i privati
regolandone il ruolo e le modalità operative, - si parla a questo proposito di Stato
regolatore.
In questo senso il ruolo della pubblica amministrazione diventa un ruolo di
programmazione e di coordinamento dell’intervento degli altri, attività che richiede
ancora fortemente di rafforzare le capacità di normare, di misurare, di controllare, di
contrattare individuando le strumentazioni anche contabili per sostenere e legittimare
questo ruolo.
E’ necessario precisare in merito a questo passaggio, il senso di espressioni legate al
ruolo del mercato, al rapporto tra pubblico e privato, al sistema di normazione, controllo
e di rendicontazione.
Per quanto riguarda il mercato è necessario diffidare di chi lo assume come una sorta di
panacea che risolve tutti i problemi e quindi fondando l’economia sul mercato
risolverebbe tutti i problemi. La Storia ha dimostrato che l’economia di mercato ha
prevalso nell’economia collettivista ma ha dimostrato di non essere in grado di dare
risposte complete ai bisogni della società come il sistema economico statunitense
dimostra. Il mercato è un’istituzione che è valida solo se è in grado di rispondere
positivamente ai problemi economico-sociali, non è certamente un meccanismo
autolegittimato che, in quanto tale, risolve tutti i problemi. Infatti il mercato non si
preoccupa dei problemi sociali e del malessere delle minoranze, a riprova di questo le
istituzioni non profit sono nate negli USA per far fronte ai fallimenti del mercato mentre
in Italia sono nate per far fronte al fallimento dell’intervento dello Stato.
In questo senso il ruolo della P.A. rimane di elevata criticità e deve essere rivisto il suo
ruolo, specie con riferimento a quello dei privati, infatti rispetto al modello che ha
caratterizzato l’ultima parte del XX secolo, dove il privato ed il pubblico sono stati visti
come antagonisti, va affermandosi la necessità di contrapporre un modello orientato alla
collaborazione ed all’interdipendenza.
Per sostenere questo passaggio abbiamo bisogno di un nuovo modo di normare e
regolare l’intervento della P.A. e dei privati per verificare anche a priori le implicazioni
economiche ed operative; questo modo deve essere in grado di garantire il controllo e la
verificabilità delle norme accompagnando la cultura giuridica con quella aziendale. In
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caso contrario si ripete l’esperienza delle Authority che producono norme e regolamenti
ma non sono in grado di controllare l’applicabilità delle stesse perché mancano adeguati
sistemi di controllo a priori e a posteriori.
b) STATO FEDERALE
Un successivo modello di Stato verso cui si stanno evolvendo tutte le democrazie
avanzate è quello dello Stato federale. Il passaggio ad un federalismo compiuto è legato
più ad esigenze fisiologiche – organizzative che a reali motivazioni politiche. Infatti in
una realtà che cambia in continuazione è necessario avere un assetto organizzativo
altamente flessibile, capace di anticipare i problemi, adattare in corsa i cambiamenti,
non perdere le opportunità; questo implica, tra l’altro, la capacità di prendere decisioni
in tempi rapidi riducendo quindi i livelli decisionali.
La situazione del nostro Paese è caratterizzata da territori profondamente diversi per
problemi ambientali, risorse, morfologia, è quindi necessari prevedere che ciascuno di
essi individui un proprio percorso di crescita coerente con la propria tipicità e criticità.
E’ necessario quindi che ciascuno sia dotato di una propria autonomia completa, in
questo senso l’autonomia deve essere istituzionale, legislativa e finanziaria.
In altri termini ogni territorio, a differenza di un modello di Stato centralizzato, deve
essere in grado di definire i propri bisogni, le loro priorità e di individuare le risorse e le
combinazioni per farvi fronte in modo, però, da assumersi precise responsabilità sui
risultati raggiunti o mancati e darne conto ai cittadini. L’autonomia è tale quando lo è
anche finanziariamente altrimenti continua a perpetuare il dibattito sullo scarico di
responsabilità tra amministrazioni centrali e periferiche sul fatto che le prime accusano
le seconde di spendere troppo e le prime, invece, ribattono di avere trasferimenti troppo
scarsi. Con una autonomia completa, il livello di flessibilità del Paese sarebbe raggiunto
dalla capacità dei rendere altamente flessibile ogni singolo territorio; questo sistema
richiede tuttavia un elevato sistema di controllo ed accountability perché sia sostenibile.
Infatti mentre l’UE ci richiede di rispondere ai patti di stabilità in modo trasparente, è
chiaro che il livello di accountability che noi dobbiamo avere verso i nostri partners
europei deve trovare uguale simmetria all’interno del Paese; infatti il bilancio proposto
alla UE è una sommatoria di singoli equilibri e può risultare che alcuni territori siano in
grado di coprire le mancanze degli altri. Si parla a questo proposito di federalismo
solidale che si basa sulla possibilità che Regioni più ricche siano in grado di sostenere
un fondo di perequazione a favore di quelle più deboli; è evidente che la rinuncia da
parte delle prime a parte della ricchezza prodotta deve essere giustificata in modo
trasparente dal fatto che le altre, quelle in squilibrio economico-finanziario, dimostrino
di avere gestito con attenzione e rigore le risorse assegnate; se invece, in mancanza di
una trasparente rendicontazione si ipotizza che queste siano usate a causa di una non
corretta gestione per sostenere il consenso politico può verificarsi che due Regioni di
governi politici opposti possano venire a trovarsi nella situazione che una finanzi l’altra
di opposta maggioranza per acquisire il consenso politico che le si riversa contro in
occasione delle tornate elettorali; in questo modo si creerebbero rapidamente le
condizioni di rottura dell’unità nazionale.
Va altresì ricordato che il federalismo comporta costi per la devolution di funzioni e
disparità nella qualità dei servizi erogati nelle varie regioni; anche in questo caso il
rischio che le differenze tra le prestazioni di servizi pubblici crescano troppo tra Regione
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e Regione; potrebbe ulteriormente creare problemi di reale identificazione di comune
cittadinanza.
Il modello di Stato federale comporta una visone più aziendalista del sistema delle
amministrazioni pubbliche per il fatto che ciascuna deve essere in grado di fare quadrare
i conti tra risorse, bisogni e risultati utilizzando gli strumenti di programmazione,
controllo e rendicontazione più idonei.
Ad evidenza in un modello di questo genere anche le amministrazioni centrali devono
essere accountable verso le altre amministrazioni ed essere quindi in grado di dimostrare
il corretto ed efficiente impiego di risorse tanto più che queste derivano dalle altre
amministrazioni.
2.3 I modelli di controllo nelle p.a.: diversi approcci
Il problema del controllo nelle P.A. ha avuto diversi approcci disciplinari che sono
riconducibili ai seguenti:
•
Approccio macroeconomico
•
Approccio giuridico
•
Approccio politologico
•
Approccio manageriale.
Questi approcci disciplinari affrontano diverse parti della filiera:
RISORSE Ö PROCESSI Ö PRESTAZIONI Ö BISOGNI
Û
Ý
GRADO DI SODDISFACIMENTO
Ed in relazione a questa possono essere così sinteticamente collegati
APPROCCIO
MACROECONOMICO
APPROCCIO
GIURIDICO
TETTI DI SPESA
CONFORMITA’
DELL’AZIONE
AMMINISTRATIVA
RISORSE
(INPUT)
PROCESSI
(PROCEDURE)
APPROCCIO
POLITOLOGICO
VALUTAZIONE
POLITICHE
PUBBLICHE
APPROCCIO
AZIENDALE
RELAZIONE RISORSE-RISULTATI
P.A.= SISTEMA DI AZIENDE AUTONOME
P.A.= SISTEMA UNITARIO ED INDISTINTO
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RISULTATI
I diversi approcci disciplinari possono essere sinteticamente descritti nelle loro
caratteristiche e nei loro limiti.
APPROCCIO MACROECONOMICO: si fonda sull’attenzione e sulla definizione dei
tetti di spesa e sui sistemi di contabilità finanziaria; in particolare mira a riconoscere il
sistema pubblico come uniforme e indistinto ed a porre l’attenzione sull’impiego degli
input senza collegarli agli output e trova raccordo ad elementi di rinforzo con la
concezione giuridico-amministrativa della contabilità pubblica. In particolare tende a far
coincidere il controllo di gestione con la ricerca dell’efficienza senza avere, in mancanza
della contabilità economica, strumenti di reale misurazione della stessa.
La determinazione dei tetti di spesa è quasi sempre fatta sulla base dei valori storici con
una logica che in passato era definita come incrementale; in particolare questo modello
usa il dato consuntivo come indicativo di un livello di efficienza raggiunto da cui partire
per individuare il possibile incremento e quindi il nuovo tetto di spesa; in questo modo
vengono premiati gli enti che hanno un più elevato livello di spesa storica ed inducono
gli stessi in ogni caso a raggiungere il nuovo tetto da cui si partirà per i prossimi
incrementi. Non vi sono in altri termini elementi in grado di incentivare e premiare la
ricerca dell’efficienza perché si verrebbe, in questi casi, penalizzati a causa dei più bassi
livelli di spesa storica su cui calcolare le future variazioni incrementali. La storia ha
dimostrato l’inefficacia di questi sistemi di controllo con l’incremento costante del
debito pubblico; la mancanza, inoltre, di confronto con i risultati (output) e la verifica
sistematica ed analitica dei consuntivi con i preventivi non consente di leggere
l’andamento delle inefficienze ed intervenire su di esse.
APPROCCIO POLITOLOGICO: rispetto al controllo macroeconomico si colloca in una
posizione opposta mirando a porre la sua attenzione sugli output dell’azione
amministrativa intesi come modifica nei bisogni di riferimento per l’azione pubblica in
senso lato per la politica pubblica, intesa questa come insieme di azioni miranti a creare
le condizioni per dare risposta a bisogni e domande dei servizi pubblici.
Il problema della misurazione viene affrontato in vari modi tra cui quello degli “impatti
netti degli interventi” o quello legato ad un ampio sistema di indicatori d’impatto delle
politiche stesse – efficacia esterna, efficacia interna, qualità dei risultati e qualità
percepita e così via -; l’impiego degli indicatori avvicina questo approccio alle dottrine
economico-aziendali. In particolare va sottolineato il crescente interesse al legame tra
risultati delle azioni amministrative e la funzionalità interna delle singole
istituzioni/aziende; questa maggiore sensibilità ai processi di trasformazione interna
presenta un ulteriore momento di incontro con gli studi economico-aziendali.
APPROCCIO GIURIDICO: si basa sulla verifica di legittimità dell’azione
amministrativa così come viene disciplinata dalla normativa di riferimento. E’
certamente l’approccio più consolidato nella pubblica amministrazione, di derivazione
weberiana che ha ispirato in vario modo le amministrazioni pubbliche legate ad una
tradizione giuridica fondata sul diritto romano. Viene altresì definito come controllo
burocratico e si fonda sull’idea di potere predefinire dei modelli astratti in grado di
esprimere l’ottimalità di funzionamento di un’amministrazione pubblica, questi modelli
vengono tradotti in norme e regolamenti il cui rispetto dovrebbe portare a risultati
positivi ed attesi; il mancato raggiungimento degli stessi in questo approccio, viene
messo direttamente in relazione con il non rispetto delle norme e procedure indicate e da
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seguire per raggiungere i risultati attesi, non viene messo invece in discussione
l’impianto normativo che è alla base del modello.
APPROCCIO ECONOMICO-AZIENDALE: si fonda sulla continua e sistematica
correlazione tra risorse Ö attività Ö risultati e mira a confrontare il volume, il costo
delle risorse ed i processi nei quali vengono impiegate per arrivare alle prestazioni finali
con i risultati responsabilizzando gli operatori sugli stessi. Il controllo economicoaziendale anche definito come controllo manageriale impiega modelli di contabilità
economica rispetto alla contabilità finanziaria usata negli altri approcci e mira, a
differenza degli stessi, a considerare il sistema pubblico come sistema di aziende
autonome. In questa concezione l’equilibrio complessivo è il risultato dei singoli
equilibri economico finanziari sul cui andamento sono responsabilizzati gli organi di
governo: peraltro il modello economico-aziendale è quello che è più coerente con il
federalismo e le autonomie. Va precisato che il concetto di “azienda” viene
impropriamente rapportato a quello d’impresa; gli studi economico aziendali
definiscono e studiano un concetto astratto di azienda come organizzazione complessa
in cui i fattori produttivi devono essere variamente combinati per realizzare risultati
(prodotti e servizi) ceduti ad altre aziende per il tramite di operazioni di scambio.
Le aziende vengono classificate in base alle finalità che perseguono; si parla di aziende
patrimoniali di consumo, di aziende di produzione – imprese -, di aziende composte
pubbliche ed infine di aziende non profit. Le aziende si differenziano in base alle finalità
che sono in alcuni casi esclusivamente di profitto – imprese – in altri casi di
soddisfacimento dei bisogni pubblici. In tutti i casi diventa rilevante la ricerca di
ottimizzazione dell’impiego di risorse rispetto ai risultati; questo giustifica l’impiego di
tecniche contabili ed organizzative miranti a realizzare l’ottimo complessivo.
Il termine aziende quindi deve essere correttamente interpretato per evitare impropri usi
del termine.
LE RELAZIONI TRA CONTROLLO BUROCRATICO E CONTROLLO
MANAGERIALE
I due approcci si differenziano profondamente in ordine alle metodologie contabili, alle
finalità ed alle implicazioni organizzative
CONTROLLO BUROCRATICO
ORIENTATO ALLA FORMA
CONTROLLO MANAGERIALE
ORIENTATO ALLA RELAZIONE
RISORSE-RISULTATI
FOCALIZZATO SUL PREVENTIVO E
SCOLLEGATO DAL CONSUNTIVO
FOCALIZZATO SULLA RELAZIONE
CONSUNTIVO-PREVENTIVOCONSUNTIVO
ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE
AGLI OBIETTIVI
BASATO SULLA CONTABILITA’
ECONOMICA
PREMIANTE
PREVALENZA CONTROLLO INTERNO
APERTO
RAPIDITA’ DECISIONALE
ORGANIZZAZIONE INDIPENDENTE
DAGLI OBIETTIVI
BASATO SULLA CONTABILITA’
FINANZIARIA
SANZIONATORIO
MOLTEPLICITA’ DI CONTROLLI EST
CHIUSO
ALLUNGAMENTO TEMPI
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DECISIONALI
RIGIDO AL CAMBIAMENTO
ORIENTATO A IMPEDIRE
DINAMICO, FLESSIBILE
ORIENTATO A FARE
Schematicamente si possono configurare come segue i differenti ambiti del controllo
INPUT
COMBINAZIONI
PRODUTTIVE
RISORSE
PRODUTTIVE
OUTPUT
OUTCOME
EROGAZIONE
DI PRODOTTI
E SERVIZI
PROCESSI
AMMINISTRATIVI
CONTROLLO
BUROCRATICO
IMPATTO SUI
BISOGNI
CONTROLLO
POLITICO
CONTROLLO MANAGERIALE
3) Tendenze evolutive
3.1 EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO E SITUAZIONE ATTUALE
Il quadro normativo in tema di controllo può essere schematicamente ricondotto ai
seguenti momenti:
•
L. 142/90: possibilità di istituire forme autonome di controllo interno;
•
D.Lgs 29/93 – D.Lgs 77/95: avvio del PEG, dei nuclei di valutazione, dei
servizi di controllo interno e di controllo di gestione; introduzione della contabilità
economica in aggiunta alla contabilità finanziaria che rimane la più rilevante;
•
D.Lgs 286/99: definizione dei sistemi di controllo con un approccio più
aziendale senza indicazione delle strumentazioni più idonee a supportare e a
differenziare i vari tipi di controllo.
Gli aspetti attuativi delle normative scontano le osservazioni fatte in precedenza avendo
dato maggiore enfasi agli aspetti formali che all’applicazione sostanziale e quindi non
avere generato la necessaria cultura per il cambiamento. Alla fine di questa stagione di
riforma si possono individuare gli aspetti positivi che è comunque possibile riscontrare e
quelli negativi che permangono come freno ad un reale cambiamento.
Aspetti positivi:
•
Focalizzazione sull’impiego delle risorse e maggiore impiego di analisi costibenefici;
•
Maggiore coordinamento tra le funzioni (servizi), specie grazie al PEG, che
consente di superare il più tradizionale approccio a canna d’organo;
•
Maggiore orientamento verso la programmazione che viene vista, specie
quella pluriennale, in modo più personalizzato e non come mero adempimento formale e
reiterazione dei consuntivi;
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•
Maggiore attenzione ai problemi di misurazione e di valutazione delle
performances personali e degli obiettivi unitamente ad una più attenta verifica delle aree
di responsabilità;
•
Maggiore diffusione della logica e della cultura aziendale ed inserimento
anche di nuove professionalità più coerenti con l’esigenza di cambiamento.
Per contro possiamo evidenziare gli aspetti negativi:
•
Enfasi sulle regole, specie sancita in atti formali riscontrabile nel tentativo di
volere disciplinare in modo formale i sistemi ed i processi di controllo; in questo modo
si vincola la flessibilità e si rallenta l’operatività reale;
•
Prevalenza di logiche contabili autorizzative che porta ad un appesantimento
del piano dei conti con un’analiticità eccessiva delle voci di entrata e di spesa ed una
conseguente moltiplicazione di variazioni delle poste contabili per i mutati aspetti
operativi ed esigenza di variazioni, forse non è casuale, specie negli enti locali, un
allungamento dei tempi di approvazione dei preventivi ed un’accentuazione di
mancanza di chiarezza;
•
Limitato impiego di indicatori di risultato che vengono individuati in modo
superficiale ed approssimativo a causa anche della mancata implementazione di un più
ordinato e coerente sistema contabile. Questa debolezza si riflette nell’individuazione
degli indicatori di budget con riferimenti talora astratti e generali;
•
Limitato uso del sistema di reporting come naturale conseguenza di quanto
sopra indicato; il reporting si presenta complesso, non selettivo e conseguentemente
poco fruibile. La debolezza di tali sistemi inficia complessivamente i sistemi di controllo
perché viene a mancare l’attenzione sui risultati, sulle responsabilità e sull’attività di
feed-back che è funzionale all’attività di programmazione che risulta inficiata nella sua
capacità di reale indirizzo;
•
Limitata personalizzazione nell’attività di progettazione ed implementazione
dei sistemi di controllo perché si tende ad orientarsi verso prodotti standard o software
applicativi di base più diffusi che facilitano l’acquisizione ma necessitano di specifici
adattamenti. Tende a prevalere un approccio formale e burocratico per il quale il
principio di fondo è quello di essere conformi alla normativa che risponde alla domanda:
cosa è necessario fare per essere in regola? e non a quella: a cosa mi serve il sistema di
p. & c.;
•
Scarsi legami con l’attività strategica e di programmazione perché, come
conseguenza di quanto sopra, tende a prevalere l’attenzione al rispetto di procedure; la
limitata attenzione all’esame dei consuntivi, lo scarso e, talora, inutilizzato sistema di
reporting indeboliscono l’orientamento delle attività a lungo tempo che rischiano di
essere formulate attraverso la reiterazione del budget annuale e non incorporano
realmente gli obiettivi di cambiamento a medio-lungo tempo;
•
Debolezza degli organismi di controllo ed in particolare della figura del
controllore che fatica a trovare una sua dimensione operativa nella struttura che sembra
perennemente in bilico tra i vecchi sistemi –logica burocratica – ed i nuovi – logica
manageriale. Tutto ciò in definitiva comporta un isolamento del controllore, un suo
indebolimento ed un conseguente tentativo di reintroduzione di forme di controllo
burocratico.
Per una disamina più completa sui sistemi dei controlli – esterni ed interni – si rinvia
alla parte sull’internal audit nella P.A. come elemento di razionalizzazione e di
coordinamento.
12
3.2 IL NUOVO ORIENTAMENTO DEI SISTEMI MANAGERIALI, LE
CRITICITA’ EMERGENTI
L’orientamento verso l’esigenza di accelerare l’introduzione di logiche manageriali è
accentuato dalle considerazioni precedentemente fatte sull’evoluzione degli scenari e dei
modelli di Stato; in particolare l’attenzione verso la dimensione strategica comporta
l’esigenza di introdurre modificazioni sui sistemi contabili e sugli assetti organizzativi
affinché anche questi ultimi siano coerenti con l’esigenza di tempestività, di flessibilità e
di orientamento ai risultati opportunamente misurati ed elementi di base per le
valutazioni e l’apprezzamento delle responsabilità come indicate dalla seguente figura:
Il nuovo orientamento dei
sistemi manageriali
Strategia
Programmazione
Rendicontazione
Attività
L’ambiente dinamico ed imprevedibile
riduce l’orizzonte temporale (strategia
vs. programmazione)
I tempi di implementazione
delle decisioni si allungano
Rivedere strumenti
contabili
Monitoraggio
esterno
Monitoraggio
interno
Effetti organizzativi
•Elasticità
•Coordinamento
•Innovazione
Influenza organizzativa
Come emerge dalle precedenti considerazioni, il tema del controllo rappresenta oggi
forse come la maggiore criticità del paese nel senso della sua inadeguatezza come
strumenti di indirizzo e verifica e rendicontazione dei risultati. La criticità dei sistemi di
controllo riguarda non solo il settore pubblico ma anche quello privato come dimostrano
scandali recenti e non, che hanno per oggetto le imprese del nostro paese.
Il tema del controllo si collega a quello della rendicontabilità specie in questo periodo in
cui la necessità di orientare e ridurre il debito riduce le risorse disponibili ed incide su
modelli di vita e di consumo in senso generale.
La criticità dei sistemi di controllo nel pubblico e nel privato dipende dalle soluzioni
tecnico-contabili ed organizzative che possono essere individuate ma in modo più
marcato da un maggiore orientamento culturale ed etico ai sistemi di controllo. Questo
secondo aspetto risulta più determinante ai fini di una loro diffusione; infatti
l’esperienza degli anni passati sull’attuazione delle riforme dimostra che la prevalente
attenzione alla produzione di norme e regolamenti puntuali nell’idea che questi
potessero essere automaticamente implementati senza preoccuparsi della reale
attuazione ha portato ad un basso livello di realizzazione delle stesse riforme.
13
Paradossalmente ci ritroviamo con un elevato numero di norme e regolamenti, forse il
più elevato tra i paesi della Comunità Europea e con la minore attenzione ed attuazione
degli stessi; probabilmente questo dovrebbe essere un segnale importante per ripensare a
come attuare i modelli di cambiamento del sistema pubblico.
In modo non molto diverso si pone il problema per quanto riguarda il settore privato
dove è riscontrabile una scarsa trasparenza in generale e questo evidentemente non aiuta
il sistema nella rimozione del problema.
La strategia si fonda sulla possibilità di costruire un modello decisionale coerente in
grado di garantire il coordinamento tra le varie funzioni – servizi – aziendali e di
orientare il comportamento verso obiettivi di medio-lungo tempo selezionando e
definendo dei criteri di priorità tra i vari obiettivi – aree di attività – individuando le
sinergie tra di essi e definendo criteri di misurazione ex ante tali da potere essere
confrontati con i risultati conseguiti.
Il processo di formulazione della strategia deve essere tale da coinvolgere tutta
l’organizzazione in modo da trasformare gli obiettivi generali in obiettivi particolari e
coinvolgere l’organizzazione sia come partecipazione all’individuazione degli obiettivi
strategici sia come responsabilizzazione nel loro perseguimento; in questo modo si può
operare per generare nel tempo un progressivo cambiamento culturale.
Il controllo strategico successivo e concomitante deve consentire di individuare i
problemi, gli obiettivi e le loro priorità monitorandone il livello di raggiungimento
traducendo in politiche e linee di azione i bisogni e le domande della collettività; in
particolare deve i meccanismi di intenzione tra vertice politico e la struttura
amministrativa individuando le rispettive aree di autonomia e di responsabilità per
facilitare ex-post l’interpretazione dei risultati ed evidenziare i problemi sorti nello
svolgimento delle attività in modo da correggerli riorientando i comportamenti.
Un sistema di controllo strategico dovrebbe avere il compito di monitorare i programmi
oggetto di attività ed in particolare i tempi, le risorse impiegate, il rispetto degli equilibri
economico-finanziari di lungo tempo e le implicazioni esterne in termini di output ed
outcome delle attività svolte secondo il seguente schema:
La progettazione del
sistema di controllo
strategico
E’ necessario definire un modello per la programmazione ed il
monitoraggio dei programmi/progetti strategici (sistema di
indicatori finanziari, economici ed extracontabili rilevanti),
coinvolgendo fin da subito i dirigenti e realizzando report
periodici per la verifica del raggiungimento degli obiettivi
quali/quantitativi.
Fasi
progra
mma/p
rogetto
%
realizza
zione
previst
a
%
realizza
zione
effettiv
a
Tempi
previsti
Tempi
effettivi
1
2
3
14
Ulterior
i tempi
previsti
Risorse
finanzia
rie
previst
e
%
risorse
finanzia
rie
impegn
ate
%
risorse
finanzia
rie
aggiunt
ive
L’esperienza italiana sui sistemi di controllo strategico come applicazione del D.Lgs
286/99 ha avuto un limitato effetto per motivi riconducibili in generale a quanto prima
rilevato sull’incidenza della cultura giuridica come elemento ancora dominante nei
comportamenti degli operatori nelle P.A.
In particolare i motivi della scarsa implementazione sono riconducibili al contenuto
della 286/99 che tende a mantenere separati i modelli di controllo mentre invece tutti i
sistemi devono essere integrati ed interagire fra di loro; questa interpretazione porta a
rallentare l’implementazione e la funzionalità dei sistemi facendo perdere la loro utilità e
la loro strumentalità mentre invece viene nel tempo, a causa di ciò, favorita
un’interpretazione più legata al rispetto di un adempimento di legge.
Un conseguente secondo aspetto è più legato ad una più generale mancanza di cultura
organizzativa e manageriale che limita il grado di utilità dello strumento; inoltre questa
carenza tende a scollegare il momento di avvio del processo di pianificazione strategica
e l’adeguamento e coordinamento degli assetti organizzativi.
I vantaggi derivanti dall’attuazione di un sistema di controllo strategico possono essere
sinteticamente così individuati:
•
Focalizzazione sulle attività di lungo tempo e loro utilizzo per orientare i
comportamenti organizzativi ed il loro adeguamento alla necessità imposta dalla
dinamica ambientale;
•
Maggiore equilibrio nei rapporti tra amministratori-politici e struttura
amministrativa che consente un più agevole riscontro delle rispettive aree di
responsabilità;
•
Ricerca di un equilibrio economico-finanziario di lungo tempo che dovrebbe
essere perseguito con più continuità per garantire un equilibrio tra generazioni;
•
Incentivazione di una cultura della flessibilità, della responsabilità e
dell’innovazione che garantiscono sistemi organizzativi più aperti;
•
Possibilità di avviare sistemi di rendicontazione esterni più trasparenti e
comprensibili.
La non risolta definizione degli assetti istituzionali in termini di federalismo compiuto e
le conseguenti implicazioni in termini di governance dei diversi enti territoriali in
relazione alle diverse dipendenze gerarchiche ed ai diversi ambiti di operatività pone un
problema di autonomia e coerenza nelle scelte di indirizzo strategico dei conseguenti
sistemi di controllo e valutazione delle responsabilità come ad esempio di evidenzia
nella seguente figura:
ENTI
ENTI COINVOLTI
POLITICHE STRATEGIE LOCALI
RISORSE
AMBIENTE
INFRASTRUTTURE
LAVORO
OCCUPAZIONE
SICUREZZA
ISTRUZIONE
SANITA’
ENTI
LOCALI
CONFIN
15
PROVINCE REGIONI AMM.NI RUOLO
CENT. PRIVATI
E’ evidente la necessità di definire ambiti di autonomia ma anche di promuovere la
collaborazione tra enti territorialmente confinanti e tra soggetti privati che sempre più
frequentemente saranno chiamati ad operare in sinergia ed in sostituzione al pubblico.
Gli elementi di conflitto possono crescere in presenza di amministrazioni politicamente
diverse e di normative complesse che richiedono tempi di implementazione lunghi e non
coerenti con le esigenze di rapidità richiesta da una dinamica ambientale mutevole.
3.3 LA BALANCE SCORECARD (cenni e rinvio)
La necessità di creare organizzazioni orientate alla strategia ed al cambiamento e di non
separare i momenti di definizione della strategia, della sua implementazione e verifica
ha suggerito l’introduzione e l’attuazione di strumenti organizzativi sempre più
coinvolgenti, dalla direzione per obiettivi alla balance scorecard che è n sistema
complesso di misurazioni applicato inizialmente alla realtà delle imprese private ed
articolato ad integrare quattro diverse dimensioni:
•
I rapporti con i clienti
•
I processi interni
•
Lo sviluppo nel lungo periodo
•
Le remunerazioni finanziarie
Le finalità della BSC sono sostanzialmente di promuovere un’attivazione organizzativa
nella definizione della strategia dall’alto verso il basso e viceversa per tradurre e
condividere la strategia a tutti i livelli aziendali nonché l’identificazione dei fini, la
comunicazione degli obiettivi ed il loro collegamento con la strategia complessiva
dell’azienda individuando i target, l’allocazione delle risorse ed i criteri di misurazione
dei risultati; la continuità dell’azione è funzionale a promuovere la diffusione di ????
crescenti e coerenti agli obiettivi aziendali dell’organizzazione.
L’attuazione della BSC nel settore pubblico ha visto finora limitate applicazioni perché
trattandosi di un’evoluzione dei tradizionali sistemi di controllo deve potere essere
calata su una consolidata cultura e prassi aziendale in tema di sistemi di controllo che,
come abbiamo visto, rappresentano una reale criticità del Paese.
La finalità applicativa nel pubblico risponde ai seguenti obiettivi:
•
colmare il gap tra missione, strategia e misure operative;
•
facilitare l’orientamento alla strategia ed alla sua realistica individuazione;
•
spostare il focus da programmi ed iniziative verso outcome da definire,
misurare e raggiungere;
•
creare coerenze tra scelte strategiche, organizzative e di gestione.
In questo senso la BSC non sostituisce gli altri strumenti del controllo ma può diventare
un elemento di raccordo del sistema di programmazione e controllo – anche strategico –
e di governo delle relazioni esterne ed interne all’azienda, come può essere evidenziato
nella seguente figura:
16
La Balanced Scorecard
nel settore pubblico
1
Relazio ne
con gli utenti e gli
stakeho lder (indagini di
customer satisfacio n)
2
4
Qualità dei processi e
apprendimento
organizzativo (misure di
accuratezza, formazio ne
dei dipendenti)
Equilibrio econo mico
(misure di efficienza
finanziaria e di costo)
CONTROLLO
STR ATEG ICO
Innovazio ne, apprendimento
organizzativo e sviluppo sostenibile
del territorio (rapidità e qualità di
erogazione dei servizi)
3
1.
il quadro 1 – relazioni con utenti e stakholder – implica:
•
monitoraggio del rapporto tra amministrazione e propri interlocutori
•
verifica della soddisfazione degli utenti e della capacità dell’ente di realizzare
rapporti di fiducia e di collaborazione con i propri stakeholder.
Rientra qui anche la capacità dell’ente di svolgere un ruolo di posizionamento e di
governance (attraverso Carta dei Servizi, Bilancio Sociale, ecc…)
2.
il quadro 2 – qualità dei processi e apprendimento organizzativo implica:
•
ridefinizione dei processi interni per la riduzione della burocrazia e
l’aumento dell’efficienza amministrativa.
Si collegano a questo aspetto le previsioni in materia di semplificazione dei
procedimenti amministrativi e di riqualificazione degli assetti organizzativi, nonché le
pratiche per l’ottenimento della certificazione di qualità (ISO 9000)
3.
il quadro 3 – equilibrio economico - implica:
•
efficienza nell’impiego delle risorse economiche dell’ente, anche in
un’ottica di equilibri sociali ed intergenerazionali;
•
l’ente finanzia i servizi principalmente attraverso l’imposizione di
tasse e tributi non direttamente correlati alla quantità e alla qualità dei servizi usufruiti
dal contribuente;
•
il monitoraggio dell’equilibrio finanziario è fondamentale per il
passaggio da un sistema di finanza derivata a uno di finanza autonoma in cui gli enti
sono responsabili del reperimento delle risorse necessarie per finanziare la propria
attività.
4.
il quadro 4 – innovazione, apprendimento organizzativo e sviluppo
sostenibile del territorio implica:
•
capacità di adeguare la struttura e le risorse alla propria mission,
facendo attenzione allo sviluppo del patrimonio tecnologico e professionale ed alla
17
costruzione di una cultura aziendale (indagini sul clima organizzativo, adeguamento
delle professionalità, ecc…)
•
è compito dell’ente locale individuare particolari carenze
(professionali o strumentali) del territorio ed agire direttamente (con propri servizi) o
attraverso stimoli (attività di indirizzo e sostegno) sull’iniziativa privata per la
soddisfazione dei bisogni della collettività.
4) L’evoluzione dei sistemi di contabilità pubblica
4.1 INTRODUZIONE
Il dibattito sulle riforme dei sistemi contabili nelle amministrazioni pubbliche è di
particolare attualità ma, nonostante i molteplici contributi di studiosi ed operatori, stenta
a trovare modelli propositivi che abbiano un’ampia condivisione al punto da renderli di
pratica comune.
I sistemi contabili in genere hanno una finalità strumentale e dimostrano la loro utilità
quando rispondono ai fabbisogni informativi per orientare e controllare i processi
gestionali ed in senso lato le combinazioni produttive generali.
Negli ultimi tempi i sistemi contabili delle aziende di produzione e delle aziende
composte pubbliche hanno cercato di rispondere a profonde sollecitazioni che derivano
da cambiamenti nei processi di produzione e di commercializzazione legati alla
globalizzazione, per quanto riguarda le prime, ed ai cambiamenti negli assetti
istituzionali ed al recupero di economicità per quanto riguarda le seconde.
In entrambi i casi il confronto e la competizione internazionale hanno spinto verso
l’esigenza di accountability nei confronti degli azionisti per le aziende di produzione e
nei confronti dei cittadini per le aziende composte pubbliche.
Le aziende di produzione devono rispondere in merito al corretto impiego delle risorse
produttive nel rispetto di generali condizioni sociali ed ambientali e dei risultati
conseguiti che devono essere rappresentati in modo veritiero e corretto; gli scandali
economico-finanziari degli ultimi anni, sia in Italia che all’estero, hanno mostrato i
limiti dei generali sistemi di controllo e di salvaguardia nei confronti dei terzi messi in
atto dalle istituzioni pubbliche e private a ciò preposte.
Vi è in essere, dunque, un profondo ripensamento sui sistemi contabili e sui criteri di
valutazione delle poste di bilancio per consentire di rispondere alle esigenze di un’ampia
disclosure; anche gli sviluppi degli studi sulla corporate social responsibility e la loro
applicazione pratica rispondono alle stesse istanze di cui sopra.
Il dibattito sui sistemi contabili nelle aziende composte pubbliche e, nella fattispecie,
nelle autonomie locali è incentrato sulla trasferibilità dei sistemi di contabilità
economica, in sostituzione od in aggiunta alla contabilità finanziaria, in quanto più
idonei a rispondere alle nuove istanze di responsabilizzazione, di informazione e di
rendicontazione richieste dalle modifiche negli assetti istituzionali e dalla necessità di
adeguamento ai vincoli contabili imposti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione
europea.
4.2 LA CONTABILITA’ FINANZIARIA
L’opportunità di cambiamento richiede alcune riflessioni in merito ai limiti della
contabilità finanziaria rispetto ai fabbisogni informativi, di orientamento e di controllo
necessari alla gestione attuale delle autonomie locali.
18
La contabilità finanziaria nasce come strumento di regolazione dei rapporti tra cittadinititolari dei diritti di rappresentanza- e gli amministratori- soggetti cui viene delegato il
potere-; in particolare, deve consentire un equilibrio economico e sociale tra le risorse
prelevate in modo coattivo ed il loro impiego. Il sistema di contabilità finanziaria si
sviluppa in un modello di Stato centralizzato con una relativa uniformità di
comportamenti delle istituzioni pubbliche, con un importante intervento dello Stato
nell’ambito dei servizi pubblici e con un relativo fabbisogno di controllo sulla
formazione del debito pubblico. Viene privilegiata la sua funzione di strumento di
controllo preventivo e certo, per questo sviluppa una funzione autorizzativi e adotta un
sistema a partita semplice mirante a rilevare i flussi finanziari in entrata e in uscita senza
il problema, quindi, delle rettifiche di fine esercizio tipiche della contabilità economica.
Viene privilegiata l’attenzione alle decisioni preventive su tetti di spesa come momento
prioritario rispetto alla valutazione degli effetti delle decisioni ed alla comprensione dei
fati gestionali e si consolida l’attenzione alle regole e alle procedure formali al fine di
garantire il rispetto degli equilibri di bilancio.
Le responsabilità, anche di natura amministrativa, sono collegate al mancato rispetto dei
tetti di spesa e delle procedure formali.
La crescente complessità ed articolazione dell’intervento pubblico hanno generato nel
tempo una crescente divaricazione tra le caratteristiche di tale strumento contabile e le
esigenze di misurazione e di controllo reale della gestione, contribuendo ad assegnare
alla contabilità pubblica la funzione di acquisire e mantenere il consenso piuttosto che la
capacità di indirizzo e di controllo della situazione amministrativa.
In relazione a tali caratteristiche si sono progressivamente diffusi comportamenti miranti
all’espansione della spesa pubblica sia tramite sovrastima delle entrate e sottostima delle
uscite per favorire la politica dei trasferimenti, sia tramite sovrastima degli stanziamenti
per opere pubbliche a cui seguono bassi livelli di impegno, operazioni, queste finalizzate
a favorire la formazione del consenso.
La prevalente attenzione al preventivo ha fatto progressivamente perdere valore al
documento consuntivo come elemento di confronto per valutare le variazioni degli
scostamenti rispetto ai preventivi e le cause che hanno generato le stesse per risalire alla
responsabilità organizzativa diretta.
Inoltre, le manovre politiche consociative o la necessità di allargare o mantenere il
consenso ha spinto verso l’espansione della spesa tramite operazioni di copertura talora
definibili come “illusioni contabili”; infatti, i processi di misurazione non sono oggettivi
ma dipendono dalle tecniche e dai metodi adottati, che possono portare a risultati
diversi; in particolare, ad esempio, ciò consente di assumere interpretazioni
asimmetriche dei medesimi risultati contabili, in relazione alle diverse parti politiche
interessate ed alla conseguente attribuzione al governo di volta in volta in carica di
ammanchi o di “buchi contabili”.
L’esame di questi comportamenti ha generato i seguenti effetti:
•
La mancata individuazione di aree di responsabilità nella formazione della
spessa, con reciproche accuse tra amministrazioni centrali ed autonomie locali in merito
al non rispetto dei limiti della stessa;
•
Il progressivo spostamento nel tempo dell’equilibrio economico tramite il
sistematico ricorso all’indebitamento garantito e legittimato istituzionalmente dalla
figura dello Stato come garante;
•
La crescente difficoltà di valutazione del valore dei beni/servizi ottenuti
rispetto al valore della ricchezza prelevata in modo coattivo;
19
•
L’inadeguatezza degli strumenti contabili in uso a sostenere processi
decisionali sempre più complessi ed articolati in ordine alle attività di programmazione,
di controllo e di scelta tra alternative;
•
Un aumento non più sostenibile del debito pubblico su cui si sono scaricate le
conseguenze di un tacito patto tra eletti ed elettori che ha consentito la distribuzione di
ricchezza contro consenso politico;
•
È stata distribuita ricchezza non ancora prodotta ed è servita a diffondere
modelli di vita e di consumo attualmente non sostenibili; ciò comporta a fronte di
manovre atte a contenere e ridurre il debito, il rischio di conflitti sociali derivanti dalla
rinuncia a questi modelli.
4.3 IL RINNOVAMENTO DEI SISTEMI CONTABILI PUBBLICI
Rispetto alla contabilità finanziaria la contabilità economico-patrimoniale si presenta
come uno strumento più utile ai fabbisogni informativi sopra indicati.
In particolare, la contabilità economico-patrimoniale consente di:
•
Conoscere i risultati dell’azione amministrativa e le alternative a fronte di
scelte decisionali, elementi in questo momento più importanti che subordinare l’attività
a predefiniti vincoli di risorse di tetti di spesa;
•
Attribuire rilevanza all’azione del controllo consuntivo per verificare le
variazioni rispetto al preventivo, risalire alle cause riconducendole a precise aree di
responsabilità organizzativa;
•
Impostare e attivare un articolato sistema di programmazione e controllo in
grado di sostenere con un opportuno sistema informativo i processi decisionali sempre
più complessi ed articolati. Esso ha un alto livello di flessibilità e di adattabilità ad una
situazione ambientale mutevole che richiede variazioni in termini di allocazione di
risorse tra le varie attività; la contabilità finanziaria in questo senso presenta una
strutturale rigidità nelle procedure e nell’impiego e rappresenta un notevole limite
quando i sistemi informativi devono supportare processi decisionali con limitati
orizzonti temporali;
•
Misurare l’economicità delle scelte ed evitare il patologico spostamento nel
tempo della ricerca dell’equilibrio economico che fino ad oggi è stato possibile grazie al
sistematico ricorso all’indebitamento e all’incremento del debito pubblico;
•
Misurare in modo preciso, tramite anche il contributo della contabilità
analitica, le aree di responsabilità organizzativa attribuendo a ciascuna di esse obiettivi
di risultato per riscontrare poi il livello di raggiungimento;
•
Dare trasparenza di comunicazione ai cittadini sulle risorse acquisite e sul loro
impiego rispetto al soddisfacimento dei bisogni pubblici; il calcolo e la distribuzione dei
fattori produttivi – costi – secondo la loro destinazione e non in base alla loro natura
consentono di valutare le decisioni, i progetti, i programmi rispetto ai bisogni e dare
evidenza esterna alla scelte pubbliche;
•
Misurare i costi dei servizi pubblici al fine di esprimere un giudizio sul loro
valore, sull’utilità della loro erogazione in presenza di alternative e di risorse scarse e di
avviare un meccanismo di competizione con altri soggetti, ad esempio privati,
stimolando la ricerca di maggiore efficienza ed economicità;
•
Misurare i reali fabbisogni di aree/servizi verso i quali si attuano trasferimenti
di risorse al fine di evitare trasferimenti impropri perché basati su indicazioni contabili
non trasparenti o finalizzate a mascherare la realtà.
20
5) L’internal audit nelle aziende e amministrazioni pubbliche: basi concettuali e
prospettive applicative
Le seguenti considerazioni prendono spunto da un’approfondita riflessione sull’attuale
assetto del sistema dei controlli ad oggi esistente nel settore pubblico. In particolare, si
evidenzia una forte discrasia tra:
•
La tensione dell’impianto normativo e dell’assetto istituzionale verso un
sistema “integrato” di controlli interni ed esterni e unitario;
•
La realtà applicativa degli enti e delle aziende pubbliche, nella quale si
riscontra l’attivazione di una serie di controlli da parte di un insieme di organi interni
(servizio controllo di gestione, servizi economico-finanziari, revisori dei conti e sindaci
etc.) ed esterni (Corte dei conti, società di revisione, etc.) spesso frammentario, nei quali
i differenti organi hanno una sovrapposizione di compiti mentre ampie sfere di controllo
rimangono scoperte.
In altre parole, si avverte oggi l’esigenza di chiarire quali aree di controllo debbano o
possano essere occupate dagli organi interni ed esterni e l’esigenza di un presidio
unitario del sistema dei controlli, anche al fine di un monitoraggio continuo
sull’affidabilità ed adeguatezza dello stesso. In tal senso un ruolo fondamentale è svolto
nelle aziende di produzione dalla funzione di interna audit, che costituisce l’oggetto di
osservazione del gruppo di lavoro con riferimento alle forme ed alle caratteristiche che
tale funzione può utilmente assumere nelle aziende del settore pubblico.
5.1 L’INTERNAL AUDIT NELLE IMPRESE
La funzione di internal audit nasce e si sviluppa nell’ambito delle aziende di
produzione. E’ dunque necessario analizzare tale contesto al fine di comprendernele
caratteristiche, le attività e identificare le esigenze cui rispondere.
La funzione di internal audit nell’ambito delle imprese è definibile nei seguenti termini:
la funzione deputata al monitoraggio del sistema di controllo interno aziendale per
verificare che esso sia adeguatamente disegnato (architettura del sistema) e operante
(funzionamento del sistema), allo scopo di consentire ai manager responsabili delle
singole unità organizzative di poterne controllare l’operatività in linea con gli obiettivi
definiti a livello aziendale.
Le caratteristiche fondamentali dell’internal audit
In relazione alla precedente definizione, l’internal audit nell’ambito dell’impresa
assume le seguenti caratteristiche fondamentali
Collocazione organizzativa: l’internal audit è una funzione aziendale, solitamente
collocata in staff all’alta direzione aziendale
Le tipologie di attività svolta: costituisce oggetto dell’attività dell’internal audit il
complessivo sistema dei controlli interni (d’ora in poi SCI) gestito dall’azienda. Il
sistema di controllo interno è definibile per tutte le classi di aziende come
L’insieme degli strumenti/delle regole informative e organizzative designate e operanti
allo scopo di consentire sia preventivamente sia a consuntivo l’indirizzo ed il
monitoraggio delle performance aziendali in relazione al perseguimento degli obiettivi
definiti dall’alta direzione.
In linea generale, i fabbisogni di controllo cui risponde ogni sistema di controlli interni
sono riconducibili a tre categorie:
21
•
L’economicità delle operazioni di gestione, intesa come presidio dell’efficacia
nel raggiungimento degli obiettivi e del livello di efficienza nella gestione delle attività;
•
L’attendibilità del sistema informativo aziendale, inteso come strumento di
supporto alla presa di decisioni e alla produzione di report e documenti oggetto di
valutazione autonoma
•
La conformità alle normative specifiche del settore di appartenenza di tipo
obbligatorio (materia civilistica , fiscale, penale, ambientale, sicurezza su lavoro,
privacy, normative di prodotto/settore, ecc) o volontario (certificazione qualità, norme
etiche, ecc.)
La seconda tipologia di controlli interni esaminati in termini di profilo di adeguatezza
architetturale e di funzionamento operativo, la funzione di internal audit si sviluppa
rispetto a tre aree fondamentali di intervento:
•
Operational Auditing – finalizzato alla verifica (di attendibilità e
funzionamento) dei controlli deputati al confronto tra obiettivi gestionali di economicità
e risultati organizzativi ottenuti e che sono finalizzati a evitare lòo scostamento tra
obiettivi e risultati (controlli “di gestione”);
•
Financial Auditing – o revisione contabile propriamente detta; finalizzato alla
verifica dell’attendibilità dell’insieme di procedure e regole che presidiano la gestione
contabile e la produzione di report contabili (controllo di regolarità contabile);
•
Compliance Auditing – finalizzato alla verifica dei controlli deputati al
confronto tra determinati obiettivi di conformità alle normative applicabili ed i
comportamenti adottati (controllo di legittimità, controllo di regolarità amministrativa,
sistemi di gestione della qualità della sicurezza, della responsabilità sociale, etc.);
•
Management Auditing – finalizzato alla verifica dei controlli che svolgono con
continuità il confronto tra determinati obiettivi competitivi, economico-finanziari e
socio-ambientali ed i risultati ottenuti, onde prevenire scostamenti significativi rispetto
alle aspettative del soggetto economico di istituto (controllo strategico).
Evidentemente, presupposto dell’attività di internal auditing è l’esistenza di un sistema
di controlli interni chiaro e presidiato dall’azienda a livello organizzativo e informativo;
il SCI costituisce infatti l’oggetto stesso dell’attività di internal audit.
Ulteriore presupposto logico all’attività dell’internal audit è che il sistema dei controlli
interni di un’azienda è un sistema flessibile e dinamico (“un abito su misura”) che deve
essere aggiornato, adattato e rinnovato su base continuativa in relazione alle necessità
specifiche dell’azienda e dei sottosistemi che la compongono.
5.2 L’ATTIVITA’ SVOLTA ED I BENEFICI ATTESI DALL’INTERNAL AUDIT
In linea generale si può dire che l’oggetto dell’attività di internal audit è duplice:
•
L’insieme dei processi aziendali caratteristici, amministrativi e di supporto, al
fine di verificare i rischi inerenti all’attività ed al contesto interno ed esterno all’azienda
e valutare i fabbisogni di controllo;
•
L’insieme delle forme di controllo gestite dall’azienda, in relazione ai
fabbisogni di controllo, all’entità dei rischi associati, all’attitudine dei controlli a gestire
i fabbisogni sottostanti.
Logicamente, il contenuto dell’attività dell’internal audit consiste nelle seguenti attività:
22
•
La valutazione dell’attendibilità, dell’adeguatezza e dell’attitudine a porre
rimedio alla vulnerabilità intrinseca nella gestione caratteristica ed amministrativa
dell’azienda;
•
L’identificazione delle aree di controllo “critiche” e in relazione all’attività ed
all’ambiente dell’azienda ed in relazione alla non adeguatezza dei controlli in essere;
•
La valutazione sulle alternative di diminuzione del profilo di vulnerabilità
dell’azienda ai rischi (operativi, finanziari, di sanzioni, di non raggiungimento degli
obiettivi, etc.) che possono consistere nel riorientamento dei processi aziendali, nella
riconfigurazione del SCI, nel trasferimento ad altri soggetti dei rischi, nell’accettazione
di determinate aree di rischio.
Quanto appena affermato va correlato al concetto di “beneficio del controllo”: il sistema
dei controlli genera benefici dell’azienda in quanto permette di minimizzare rischi che
possono portare alla perdita di efficienza, efficacia, economicità o pregiudicare la
continuità dell’azienda.
In questo senso, l’internal audit inteso come funzione che presidia il sistema dei
controlli ha il suo beneficio atteso nella garanzia di realizzazione dei benefici delle
attività di controllo stesse.
In particolare i benefici dell’internal audit si possono riassumere come segue:
•
verifica che il controllo sull’economicità (controllo di gestione) sia adeguato in
termini informativi e organizzativi nella propria missione di orientamento dei
comportamenti alla realizzazione degli obiettivi (copertura del rischio di perdite
economiche e non raggiungimento degli obiettivi della direzione)
•
verifica che il controllo di tipo amministrativo e contabile sia adeguato nella
propria missione di garantire l’attendibilità del sistema informativo contabile e
conseguentemente sia un valido supporto alla presa delle decisioni e sia un trasparente
mezzo di comunicazione esterna dei valori economico-finanziari generati dalla gestione
(copertura del rischio di decisioni incoerenti poiché prese sulla base di informazioni
non esatte e dal rischio di sanzioni e perdita di fiducia esterna a seguito di informazioni
finanziarie non reali)
•
verifica che il controllo sulla regolarità e il rispetto delle norme obbligatorie e
volontarie sia efficace nell’evitare comportamenti e atti sanzionabili (copertura dal
rischio di sanzioni amministrative o di altro tipo).
5.3 L’INTERNAL AUDIT MELLE AZIENDE E AMMINISTRAZIONI
PUBBLICHE: PRESUPPOSTI E PROSPETTIVE
Guardando alla definizione sopra data di internal audit, quale funzione preposta al
monitoraggio ed al miglioramento continuo del sistema dei controlli interni sulla base
dei fabbisogni dell’azienda, l’operazionalizzazione della funzione nel contesto delle
aziende pubbliche richiede la conoscenza della configurazione del sistema di controlli
interni proprio del contesto di riferimento.
Il sistema dei controlli nelle amministrazioni pubbliche italiane
Nel presente paragrafo si passano in rassegna le principali tipologie di controlli che
interessano in le amministrazioni pubbliche. Nel seguente paragrafo si chiariscono le
attuali problematiche di funzionamento di tale sistema di controlli ed alla luce di queste
ultime si identificano gli spunti di riflessione per lo sviluppo della funzione di internal
audit nel contesto pubblico italiano.
23
È necessario ricordare preliminarmente che sulle aziende e le amministrazioni
appartenenti al settore pubblico gravitano differenti tipi di controllo:
•
controlli “esterni” e controllo “interni” a seconda dell’appartenenza o meno
all’ente dell’organo di controllo;
•
controlli “preventivi”, “concomitanti” o “successivi”, a seconda della
tempistica di effettuazione del controllo;
•
controlli “di legittimità” o “di merito” a seconda del metodo e dell’oggetto del
controllo (nel primo caso attestandosi la regolarità di singoli atti di gestione, nel
secondo l’opportunità di singoli atti o la corrispondenza ai principi della sana gestione
della stessa).
Le dinamiche di aziendalizzazione e l’evoluzione dell’assetto istituzionale del sistema
pubblico hanno portato nel corso degli anni ’90 alla diminuzione del peso relativo del
controlli di legittimità a preventivo a favore dei controlli successivi di legittimità e di
merito. Ad una fase di rafforzamento dei controlli “interni”, che ha avuto il suo culmine
nella normativa di sistematizzazione del complessivo sistema degli stessi (D.Lgs.
286/’99), è recentemente seguita una nuova espansione dei controlli esterni successivi,
sia di legittimità che di merito.
Si analizzeranno di seguito in modo più compiuto l’attuale impostazione dei controlli
interni e dei controlli esterni.
I controlli interni. Il nuovo assetto dei controlli dettato dal D.Lgs. 286/’99 è obbligatorio
per le strutture statali, motivatamente derogabile da parte delle altre amministrazioni
pubbliche (e quindi anche dagli enti locali) ed applicabile alle amministrazioni regionali
nell’ambito della loro autonomia legislativa ed organizzativa.
Il controllo interno, secondo detta legge, si classifica in base alle finalità per cui il
controllo stesso è posto in essere:
•
controllo di regolarità amministrativa e contabile, diretto a garantire la
legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa, le cui verifiche
devono rispettare i principi generali della revisione aziendale, in quanto applicabili alla
pubblica amministrazione;
•
controllo di gestione, diretto alla verifica dell’efficacia, dell’efficienza e
dell’economicità dell’azione amministrativa al fine di ottimizzare il rapporto tra costi e
risultati, anche attraverso interventi di correzione; esso ha per oggetto l’unità
organizzativa al fine di valutarne il rendimento e pone, a fondamento dell’analisi, il
profilo della economicità ovvero della corretta utilizzazione dei mezzi rispetto ai fini;
opera in maniera integrata con le altre due tipologie di controllo (valutazione della
dirigenza e controllo strategico) e supporta la funzione dirigenziale;
•
valutazione della dirigenza (tipologia che necessita della diretta conoscenza
dell’attività del dirigente da parte di chi valuta in prima istanza, dell’approvazione della
valutazione espressa da chi valuta in seconda istanza nonché della partecipazione al
procedimento del soggetto valutato), diretto alla valutazione delle prestazioni del
personale con qualifica dirigenziale tenendo in considerazione i risultati dell’attività
amministrativa e della gestione; rappresenta il terzo stadio del controllo interno ed ha un
collegamento diretto con il controllo di gestione poiché procede a verificare se il
risultato riscontrato da quest’ultimo sia imputabile (ed in quale misura) ai singoli
dirigenti dell’unità organizzativa controllata;
24
•
controllo strategico, diretto a valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in
sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione
dell’indirizzo politico attraverso la congruenza tra i risultati conseguiti e gli obiettivi
predefiniti; supporta l’organo di indirizzo politico; si differenzia dal controllo di
gestione perché ha come parametro di riferimento l’amministrazione nella sua interezza
e perché pone, quale elemento centrale per la valutazione, il profilo della efficacia
dell’azione amministrativa (raggiungimento degli obiettivi individuati in sede politica).
Tale sistema di controlli è governato da un insieme di organi: il collegio dei revisori o
collegio sindacale (prevalentemente controllo di regolarità amministrativa e contabile), i
servizi di controllo in staff alla Direzione Strategica o alle direzioni operative (controllo
di gestione e controllo strategico), il nucleo di valutazione (valutazione dei dirigenti) o
altri organi quali il servizio economico-finanziario, gli affari generali e legali, etc.
I controlli esterni. Il sistema dei controlli esterni è gestito prioritariamente dalla Corte
dei Conti. Secondo la recente L.131/2003, la Corte esercita un controllo di tipo
preventivo e di legittimità nei confronti degli atti del Governo ed esercita un controllo
successivo sulla gestione delle amministrazioni pubbliche e degli enti sovvenzionati in
via ordinaria dallo Stato. Tale controllo consiste nelle seguenti attività:
•
verifica del rispetto degli equilibri di bilancio (Comuni, Province, Città
Metropolitane e Regioni) ed in particolare al rispetto del patto di stabilità interna (enti
locali, regioni) e dei vincoli imposti dall’appartenenza all’Unione Europea (enti pubblici
istituzionali);
•
il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di principio
e di programma;
•
•
la “sana gestione” finanziaria e il buon andamento degli Enti Locali;
il funzionamento dei controlli interni
e pertanto si configura come controllo sia di merito che di legittimità.
Esiste poi una funzione “referente” nei confronti del Parlamento che attiene in senso
lato al controllo sulle amministrazioni pubbliche, e che si esplicita in referti sulla
finanza locale e regionale e in controlli a livello “centrale” sulla copertura finanziaria
delle nuove leggi di spesa, sulla corrispondenza del bilancio dello stato alla legge di
bilancio (cd. giudizio di “parificazione”) sulla compatibilità dei contratti collettivi
nazionali di lavoro nel quadro della programmazione finanziaria.
5.4 LE CRITICITA’ DEL SISTEMA DEI CONTROLLI ED IL RUOLO
DELL’INTERNAL AUDIT
Si riportano alcuni spunti di riflessione che riguardano l’attuale sistema di controlli ed i
soggetti che ne presidiano le varie componenti:
•
mancanza di chiarezza nel collegamento tra le fattispecie di controllo e gli
organi, interni ed esterni agli enti, preposti ai controlli: sembrano sussistere aree di
sovrapposizione di competenze legislativamente normate alternate e a volte in
corrispondenza con aree “grigie” sostanzialmente non presidiate. Il controllo sul buon
andamento della gestione, la verifica del rispetto del patto di stabilità interno e degli
equilibri finanziari sono due esempi di compiti in sovrapposizione tra collegio dei
25
revisori e corte dei conti, con particolare riferimento all’ambito degli enti pubblici e
degli enti collegati alle regioni, quali le aziende sanitarie. La L.131 attribuisce alla Corte
dei Conti compiti molto ampi di controllo sulla gestione, che si estendono alla verifica
del rispetto dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità della gestione e che si
sovrappongono alla funzione di “revisione gestionale” ed alla funzione di
collaborazione con i Consigli degli enti locali attribuite dalla normativa al collegio dei
revisori/dei sindaci. La sovrapposizione di compiti tra organi di controllo si è accentuata
ulteriormente con la previsione contenuta nella L.191/2004 che obbliga i servizi
controllo di gestione degli enti locali di inviare i referti di controllo alla Corte dei Conti,
postulando addirittura un controllo esterno di merito sulla gestione.
•
È presumibile che la Sezione territoriale della Corte dei Conti non sia in grado
di assolvere a tale compito né in termini di risorse a disposizione né a livello di
metodologia di controllo, successiva alla gestione e necessariamente derivata da altri
controlli. I programmi di controllo delle sezioni regionali confermano tale ipotesi,
optando per controlli sulla gestione “a campione”, che prendono in oggetto
indicativamente un’azienda sanitaria locale o una decina di enti locali all’anno per
regione. Non è peraltro sempre chiaro chi ad oggi nella sostanza svolga tale controllo
sull’andamento della gestione, in quanto tra gli organi “interni” gli uffici di controllo di
gestione svolgono il ruolo di alimentazione e reportistica ordinaria in relazione a sistemi
informativi interni consolidati ed i revisori spesso nella prassi si limitano a controlli di
natura contabile sulle risultanze del rendiconto.
•
integrazione del sistema di controlli interno e interazione tra organi di
controllo: il D.Lgs. 286/’99 indica che le funzioni di controllo interno debbano essere
svolte dagli enti e dalle aziende “in modo integrato”, pur precisando la separazione
logica ed operativa tra gli stessi. In realtà, nella prassi di questi ultimi anni sembra
riscontrarsi uno sviluppo dei controlli in parte frammentario, settoriale, con balzi in
avanti in alcune realtà e in alcuni tipi di controllo alternati ad una situazione di generale
arretratezza in altri settori delle amministrazioni pubbliche;
•
la configurazione del controllo strategico sembra ancora oggi in larga parte
indefinita in termini di strumenti, processo organizzativo, misure e organi di controllo.
In particolare sembrano da definire gli ambiti di integrazione e di complementarietà con
il controllo di gestione;
•
il collegamento tra il processo di programmazione e controllo aziendale e la
valutazione del personale dirigente e in particolare la capacità del sistema di valutazione
e incentivazione di orientare al raggiungimento degli obiettivi strategici ed operativi
dell’amministrazione;
•
l’adeguatezza delle misure e del processo del controllo di gestione e del
controllo strategico in relazione alle strategie ed ai programmi dell’amministrazione, ai
processi caratteristici, al contesto interno ed esterno di riferimento. Secondo i
commentatori, alcune delle carenze più usuali consistono in indicatori stereotipati,
sovradimensionati nel numero, non significativi.
•
modalità di accesso in relazione al contenuto del controllo: anche in questo
caso i commentatori la prassi applicativa degli enti segnala che non sempre le modalità
e le metodologie di controllo sono adeguate ai contenuti dello stesso. Ad esempio,
l’esercizio delle funzioni di verifica del buon andamento della gestione e di
collaborazione con il Consiglio dell’ente locale richiederebbe al collegio dei revisori un
26
accesso frequente alle sedute degli organi rappresentativi ed esecutivi, una interazione
stretta con gli organi tecnico-amministrativi e una presenza più che trimestrale. Ancora,
l’esercizio delle ampie funzioni di controllo sulla gestione affidate alla Corte dei Conti
sulle Pubbliche amministrazioni richiederebbero una stretta interdipendenza e
complementarietà con l’attività di controllo svolta dagli organi interni (si pensi al
controllo sugli equilibri di bilancio, al buon andamento della gestione), mentre spesso
sono svolte in via separata. Ciò può determinare una duplicazione delle attività o la
diminuzione della loro efficacia.
•
profilo di fiduciarietà degli organi di controllo: le varie fattispecie di controllo
non sempre sono interpretate in funzione collaborativa rispetto agli organi
rappresentativi, esecutivi e tecnico-amministrativi delle amministrazioni pubbliche. In
particolare, il controllo di regolarità amministrativa e contabile, di legittimità e il
controllo successivo sulla gestione sono nella realtà spesso interpretati in termini
“ispettivi-oppositivi”, mentre il controllo di gestione e il controllo strategico sono
considerati “al servizio” degli organi dell’ente. Ciò, influenzato anche dall’impostazione
del D.Lgs 286/’99 che impone la netta separazione tra le fattispecie di controllo interno,
non contribuisce all’integrazione ed all’unitarietà del sistema dei controlli nelle
amministrazioni pubbliche.
Le considerazioni sopra sviluppate hanno inteso evidenziare l’attuale esigenza di
rafforzamento dell’integrazione del sistema di controlli interni e di chiarificazione dei
compiti e delle interazioni tra i soggetti preposti agli stessi.
Va letta in questo senso l’esigenza dell’introduzione del concetto di internal auditing
nel contesto di riferimento.
5.5 L’UTILITA’ DELL’INTERNAL AUDIT NELLE AZIENDE E NELLE
AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
Alla luce della chiarificazione concettuale proposta, si riassumono alcuni spunti di
riflessione che concernono lo sviluppo della funzione di internal audit nelle
amministrazioni pubbliche e che rappresentano linee guida per la futura riflessione del
costituendo Osservatorio:
•
L’identificazione dei soggetti deputati alla funzione di internal audit e la
loro collocazione organizzativa: l’internal audit non deve essere forzatamente inteso
come un nuovo ruolo da imporre obbligatoriamente alle aziende sotto forma di incarichi
formali o ulteriori strutture organizzative (considerata la tendenza a creare sovrastrutture
e a stratificare organi e compiti propria della realtà pubblica), ma in senso più generale
come un’esigenza sostanziale di presidio unitario del sistema di controllo interno delle
aziende. In questo senso è necessario prendere in considerazione le singole tipologie di
aziende che compongono il sistema pubblico in ottica contingente e considerare quali
siano i soggetti più adeguati allo svolgimento di tale ruolo, se uno degli organi di
controllo interno esistenti (collegio dei revisori/sindacale, servizi di staff alla direzione,
servizio economico-finanziario) o una nuova figura di staff. In quest’ultimo caso dovrà
essere attentamente considerata la collocazione organizzativa, se a supporto dell’alta
direzione (Direzione Generale negli Enti Locali, Regioni e ASL/AO, Consiglio di
Amministrazione negli Enti Pubblici Istituzionali, etc.) o alternativamente degli organi
esecutivi o rappresentativi (dove esistenti).
27
•
Le forme e il contenuto dell’attività di internal auditing in relazione alle
differenti tipologie di aziende pubbliche: anche se esiste una disciplina dei controlli
interni comune per la generalità delle amministrazioni pubbliche, queste ultime
nell’ambito della rispettiva autonomia possono derogare alla stessa; inoltre, la
configurazione degli organi di controllo nelle varie tipologie di aziende è in parte
peculiare. In considerazione di tali elementi è necessario progettare la funzione di
internal audit in modo peculiare a seconda dei differenti contesti, ed in particolare a
seconda dei fabbisogni di integrazione tra i controlli interni, all’esistenza di una chiara
suddivisione di compiti tra gli organi addetti al controllo, all’esistenza di aree di
sovrapposizione o indeterminatezza nei rispettivi compiti di questi ultimi.
•
L’opportunità di un riordino dell’assetto dei controlli e degli organi preposti:
ad oggi, la stratificazione legislativa in materia di controlli generata delle ultime leggi
finanziarie, dalla L.131/2003 e della L.191/2004 sembra aver causato una
sovrapposizione di compiti e di attività negli organi di controllo interno ed esterno, a cui
peraltro fa da contrasto l’esistenza di aree di indeterminatezza e di mancato presidio
sostanziale. In questo senso, ci si deve interrogare se sia più opportuno: i) un riordino
complessivo del sistema dei controlli che tenga in considerazione i compiti dei diversi
soggetti ad esso preposti, valorizzando la funzione di integrazione dell’internal audit o
ii) un chiarimento “sostanziale” delle norme esistenti finalizzata ad appianare le aree di
sovrapposizione, colmare le “aree grigie” del controllo e identificare le aree e i
contenuti dell’interazione tra gli organi preposti.
•
I principi di auditing nelle aziende pubbliche, le specificità dell’auditing nelle
aziende pubbliche e la replicabilità delle esperienze internazionali e delle imprese di
produzione dove si è affrontato il tema delle tipologie di controllo che compongono la
funzione di internal auditing, parlando di auditing “operativo”, auditing “finanziario”,
auditing “manageriale” e auditing “normativo”. L’auditing normativo e l’auditing
finanziario sono fortemente peculiari rispetto ai sistemi contabili utilizzati dai differenti
tipi di aziende pubbliche e risultano ad oggi ambiti di controllo fortemente regolati
(Principi di revisione per il controllo di regolarità amministrativa e contabile degli Enti
Pubblici Istituzionali, Circolare Vademecum per la revisione amministrativo-contabile
negli Enti Pubblici) e operativamente più presidiato. L’auditing operativo e manageriale
è al contrario un aspetto ad oggi poco indagato e presidiato, anche per la sua ampiezza:
dalla valutazione dei rischi operativi in termini di raggiungimento degli obiettivi
dell’azienda alla verifica di adeguatezza e significatività delle misure del controllo
strategico e di gestione. La statuizione di principi e di modelli di auditing operativo e
manageriale risulta quindi una frontiera da affrontare, anche guardando alle esperienze
maturate nell’ambito delle imprese di produzione e a livello internazionale dalle aziende
pubbliche
6) Indicazioni applicative
6.1 LO SCENARIO PER LE INDICAZIONI
Lo scenario a cui si devono intendere estese le indicazioni ed implicazioni operative è il
seguente:
•
Sviluppo e completamento del progetto federale e delle autonomie in senso
completo in quanto tale assetto istituzionale ed organizzativo è più coerente con le
esigenze di cambiamento, sviluppo ed adattamento ad una dinamica ambientale elevata;
28
•
Autonomia completa sta a significare in senso istituzionale, giuridico e
finanziario cioè riconoscimento formale, ambiti di intervento definiti e capacità di
raccolta e destinazione di risorse;
•
Responsabilità sui risultati sia in termini di equilibri economico-finanziari sia
in termini di raccolta e di combinazione di risorse;
•
Modello di Stato verso una forma welfare-mix come elemento di transizione da
un modello culturale ed uno federale delle autonomie e come ruolo dello Stato
nell’economia più mirante a ridurre il ruolo di intervento diretto ed uno più di
regolazione ed in grado di incentivare partnership tra pubblico e privato.
La definizione di uno scenario a cui tendere è indispensabile per rendere coerenti e
compatibili le politiche di sviluppo e legislative altrimenti restano slegate fra di loro,
contraddittorie ed elementi di ostacolo allo sviluppo dell’economia e della società in
quanto continuamente sbilanciati tra un modello di stato a tendere più innovativo (stato
regolatore e federale) ed un modello più conservatore (stato centrale ed interventista
nell’economia) che lascia il Paese nel guado e rende continuamente disallineati gli
assetti istituzionali, politici e quelli dell’economia reale.
6.2 LE INDICAZIONI
L’individuazione dello scenario comporta il superamento di alcune problematiche:
•
Il confronto culturale tra giuristi ed economisti deve tendere ad una forma di
condivisione/collaborazione perché una realtà complessa richiede l’intervento di più
professionalità per semplificare l’approccio alla complessità e renderla comprensibile ed
affrontabile. Se, invece, come ora, prevale l’idea di un forte interventismo normativo, si
rischia di complicare l’interpretazione della realtà ed il tipo di cambiamenti richiesti
dalla necessità di adattamento ad una realtà rapidamente mutevole e di ritardare i
processi decisionali nello sviluppo;
•
La revisione dei sistemi di controllo che, come visto, rappresentano la vera
criticità del Paese semplificandoli ed orientandoli fortemente verso i risultati e
l’individuazione specifica e precisa delle responsabilità attualmente non percorribile. Vi
è infatti un continuo rilancio di responsabilità economiche tra amministrazioni centrali e
periferiche e tra operatori pubblici e quelli privati. La mancata chiarificazione del
sistema dei controlli rende di fatto inutile qualsiasi reale processo di cambiamento e di
responsabilizzazione. E’ ovvio che il vero sforzo va fatto per indirizzare verso una
cultura dei controlli accettata e condivisa non come momento di ispezione ma come
momento per la creazione di una convivenza civile su cui si può realmente basare, al di
là delle tante chiacchiere, un reale sistema democratico. In mancanza di questo
passaggio si rischia, come si sta verificando oggi, un progressivo aumento dell’illegalità;
•
L’utilità di approccio aziendalistico mirante a considerare il sistema pubblico
non come insieme di istituti gerarchicamente ordinati ma come insieme di aziende
autonome che devono perseguire il proprio equilibrio economico-finanziario di lungo
termine rispondendone con i propri amministratori di fronte ai cittadini. In questa va
rafforzato il concetto di “accountability” in senso generale fra i vari territori tra di loro,
fra amministrazioni centrali e periferiche, tra istituzioni di controllo ed operatori privati
in modo che sia chiaro il livello di contributo di ciascuno allo sviluppo della società e
dell’economia;
•
La necessità di ripensare alle grandi riforme come quelle relative al ruolo del
lavoro pubblico per il quale deve diventare indispensabile, coerentemente con quanto
29
sopra detto, una sistematica e continua attenzione alle responsabilità, ai risultati
misurabili, condivisi e legati ai sistemi di valutazioni coerenti. I sistemi contabili di
controllo devono permettere questo passaggio per i seguenti motivi:
ƒ
Separare le responsabilità politiche da quelle tecniche di amministrazione per
favorire lo sviluppo di professionalità più neutrali ed indipendenti;
ƒ
Favorire la mobilità ed il riassetto organizzativo legato a posizioni di sovra e
sotto dimensionamento in modo da creare organizzazioni flessibili, aperte al
cambiamento e propositive;
ƒ
Correggere l’uso talora inappropriato dello spoil-system pur evitando che
venga usato come strumento di penalizzazione e di rallentamento di sviluppi
professionali;
•
La necessità di promuovere modelli contabili idonei a supportare questi
cambiamenti per favorire le decisioni in merito alla raccolta, allocazione delle risorse e
valutazioni dei risultati e loro rendicontazione alla società e promuovere la cultura della
responsabilità sociale. L’autonomia e modelli contabili idonei permettono di decidere su
come indirizzare i processi di cambiamento delle risorse pubbliche, basti pensare ad un
uso più corretto delle risorse patrimoniali;
•
Avviare processi di apertura al mercato anche con liberalizzazioni che siano
orientate a promuovere il cambiamento lasciando specie alle autonomie territoriali la
possibilità di scelta in merito a fusioni, cessioni, collaborazioni per tutto ciò che ad
esempio riguarda le public-utilities;
•
Ripensare ai modelli istituzionali politici di riferimento perché siano allineati
con le esigenze di sviluppo reale dell’economia e della società per evitare che diventino,
come adesso, solamente di scontro, di ritardo, di confusione nell’individuazione delle
priorità tali da ostacolare il rilancio complessivo del Paese. E’ necessario rifarsi anche
ad elementi e modelli quantitativi e contabili per supportare, motivare e rendere
condivisibili le decisioni e non lasciarle solo frutto di slogan.
Il Paese ha bisogno di cambiare per adattarsi ad un mondo rapidamente mutevole per
questo ha bisogno di trasparenza, di senso delle istituzioni e di capacità da parte dei vari
soggetti di assumere comportamenti responsabili e trasparenti perché possano forse
essere anche condivisi.
6.3 Sintesi e conclusioni
In presenza di dinamica ambientale elevata è necessario pensare a questi modelli di
riferimento:
•
assetti istituzionali orientati al decentramento ed in grado di avere in sè
elementi che consentano un loro adeguamento nel tempo e che ne favoriscano la
capacità di avere una strategia, proporla ed implementarla;
•
responsabilità sui risultati e modelli contabili idonei a supportare la
rendicontabilità responsabile a tutti i livelli (accountability);
•
organizzazioni flessibili in grado di affrontare e promuovere il cambiamento
nella logica di responsabilità – risultati – riconoscimenti professionali ed indipendenza;
•
modelli di normazione (riforme) orientati ad affrontare la complessità con la
semplificazione, la snellezza e con l’attenzione alla sperimentazione, alla valutazione e
diffusione delle best practices;
•
modelli di controllo diffusi, condivisi, finalizzati e continuamente rivedibili per
adattarli alle mutevoli esigenze poste dal cambiamento;
30
•
capacità di favorire l’autonomia anche tramite forme di collaborazione tra
territori diversi anche se afferenti ad aree geografiche di regioni diverse;
•
capacità di favorire la collaborazione tra pubblico e privato superando il
modello concettuale di contrapposizione che ha caratterizzato il secolo scorso per
favorire partnership responsabili, condivise e trasparenti.
la rendicontabilità trasparente e responsabile deve essere promossa a tutti i livelli per
superare la logica della raccolta del consenso politico a breve tempo e orientarla verso il
lungo tempo ed alla creazione di valore pubblico misurabile e condiviso.
Certamente le carenze in tema di controllo, come visto, dipendono dal generale contesto
culturale e valoriale che caratterizza il sistema socio-economico italiano, in quanto
anche le migliori tecniche e norme sono disattese quando manca la volontà o la
motivazione per rispettarle.
da una verifica con altri paesi, si può osservare come il livello di accountability dipenda
dal sistema dei valori condivisi nella società e dai modelli comportamentali di
riferimento e dal funzionamento anche in termini di etica da parte delle istituzioni, della
politica e dell’economia. nei paesi scandinavi, ad esempio, più orientati a sistemi di
welfare, l’accountability e’ rafforzata dalla partecipazione dei cittadini, in forma
associativa, alla vita pubblica che legittima le gerarchie e l’autorità. nei paesi di cultura
anglosassone le regole del mercato consentono ai competitori un reciproco controllo
specie quando si tratta di acquisire risorse pubbliche.
In conclusione i sistemi di controllo/autocontrollo che garantiscono reali forme di
democrazia sociale possono fondarsi non tanto su regole e tecniche condivise ma su un
reale sistema di valori diffusi che giustificano comportamenti coerenti alla necessità del
loro mantenimento.
31