La politica della paura Articolo di Grazia Naletto uscito su Il

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La politica della paura Articolo di Grazia Naletto uscito su Il
La politica della paura
Articolo di Grazia Naletto uscito su Il Manifesto del 14 ottobre 2009
L’uccisione di Abdul Guibre a Milano, l’aggressione a Emmanuel Bonsu a Parma, l’attentato
incendiario a Navtej Singh a Roma sono violenze razziste che ricordano in molti: la loro gravità è
tale che i media non hanno potuto ignorarle. Il punto è: sono casi “isolati”, come qualcuno vuole
farci credere minimizzando ciò che sta succedendo nel nostro paese, o si collocano in un contesto
politico e culturale che tende a legittimare la xenofobia e il razzismo e, conseguentemente, a
giustificare, quando non ad incoraggiare, atti e comportamenti sociali intolleranti e razzisti?
I casi di intolleranza e razzismo riportati dai media dal gennaio 2007 a oggi raccontano una società
in cui accanto alle violenze fisiche gravi, sempre più frequenti, che riescono a richiamare
l’attenzione dei media nazionali e divengono oggetto del dibattito pubblico, gli episodi di ostilità e
di intolleranza nei confronti dei migranti e delle minoranze sono moltissimi e investono tutti gli
ambiti della vita, non conoscendo differenze di classe né geografiche. Solo per riportare qualche
esempio, capita che a Civitanova Marche un quarantenne di origini africane sia licenziato a causa
del colore della sua pelle (6/01/2007), a Bergamo un bambino di 12 anni sia picchiato e insultato dai
coetanei in un oratorio (10/03/2007), a Bolzano due giovani marocchini non possano entrare in
discoteca (23/03/2007), a Torino quattro giovanissimi aggrediscano con una spranga un coetaneo di
cittadinanza marocchina (18/12/2007). A Milano i controllori dell’azienda locale di trasporti
eseguono controlli “mirati” nei confronti di cittadini stranieri (30/05/2008), a Rimini una ragazza
rom in cinta viene colpita a calci mentre chiede l’elemosina (6/06/2008), a Venezia una turista che
indossa il niqab non riesce a visitare un museo (27/08/2008). A Milano una maestra invita una
mamma di origine straniera a “riportare il figlio nella giungla” (3 ottobre 2008), mentre il presidente
di un municipio romano chiude le fontanelle pubbliche perché “attirano i rom” (17/10/2008). Le
linee di autobus separate per cittadini italiani e stranieri sono proposte a Trapani (20/11/2008) e a
Foggia (3/04/2009). Alcuni cittadini di origine straniera vengono segnalati alle autorità di ps da
alcuni operatori sanitari (Brescia, 9/04/2009; Napoli 5/03/2009) mentre il dibattito del ddl 733/b,
oggi legge n.94/2009, è ancora in corso in Parlamento. Il razzismo in Italia esiste e purtroppo si sta
diffondendo in modo preoccupante. Il primo dovere che abbiamo è non rimuoverlo e raccontarlo in
modo sistematico; ma, naturalmente, questo non è sufficiente.
I disagi economici e sociali che interessano fasce sempre più ampie della popolazione possono
spiegare da soli la diffusione dei sentimenti xenofobi e razzisti? Sicuramente esiste nel nostro paese
una “questione sociale” che è stata e continua ad essere rimossa dai governi di qualsiasi colore. Un
rilancio delle politiche di inclusione sociale per tutti e tutte e una distribuzione più equa delle risorse
disponibili ridurrebbero forse l’esigenza di individuare nuovi nemici e capri espiatori. Ma vi è un di
più che va cercato nel ruolo svolto dagli attori politici e mediatici che influenzano più di altri
l’orientamento dell’opinione pubblica e, dunque, sono in grado di condizionare in modo
significativo l’agire sociale.
Già a partire dal maggio 2007 alcune voci isolate denunciarono come l’utilizzo strumentale della
paura (e della sua presunta percezione diffusa) da parte di alcune aree della sinistra rischiasse di
aprire la strada all’intolleranza e al razzismo: l’antico nesso di causalità tra immigrazione e
criminalità fu infatti riproposto in modo ossessivo. La collocazione delle politiche migratorie e
sull’immigrazione nell’ambito esclusivo delle politiche sulla sicurezza, ha raggiunto con l’ultimo
pacchetto sicurezza un livello inedito. Ma l’attuale Governo ha fatto qualcosa di più. E’ riuscito a
trasformare in senso comune l’idea che la presenza di donne e uomini nati altrove mette in pericolo
i diritti dei cittadini italiani (alla “sicurezza”, alla salute, alle prestazioni sociali, all’istruzione,
all’abitare). Parallelamente, sui media è tornata a prevalere una rappresentazione stigmatizzante dei
migranti grazie alla selezione mirata delle notizie che li vedono coinvolti in fatti di cronaca nera.Vi
è una specularità tra la norma contenuta nella legge 125/2008, che ha introdotto l’aggravante di un
terzo della pena per il cittadino straniero irregolare, e le modalità con le quali la stampa si è
occupata, ad esempio, della violenza perpetrata ai danni di una giovane quattordicenne a Roma
presso il parco della Caffarella (14/02/2009). Il caso ha occupato a lungo le prime pagine dei media
nazionali con le foto di due cittadini rumeni, presunti colpevoli risultati poi innocenti,
accompagnate da dati sulla criminalità, parziali quando non fuorvianti, il cui unico scopo era
dimostrare la maggiore propensione dei migranti alla devianza. Altre violenze sessuali compiute da
cittadini italiani ai danni di minori nello stesso periodo, sono rimaste invece confinate nelle pagine
dei quotidiani locali.
Forte di una campagna decennale di propaganda xenofoba e razzista, la Lega Nord è riuscita ad
acquisire un’egemonia culturale che, anche grazie a una debolissima opposizione democratica, ha
potuto tradursi in leggi esplicitamente discriminatorie e in quel “comune sentire” che ispira ormai
troppo spesso comportamenti intolleranti e razzisti. Se un Governo decide di respingere in massa le
donne e gli uomini, nella maggioranza potenziali richiedenti asilo, che arrivano per mare; se è un
Presidente del consiglio a dichiarare pubblicamente il suo “no ad un’Italia plurietnica”; se le ronde
sono sancite per legge; perché un giovanissimo non dovrebbe sentirsi legittimato a insultare o ad
aggredire un coetaneo di origini straniere? Chi volesse prendere le distanze ha un’occasione per
farlo: scendere in piazza a Roma il 17 ottobre.