Il gemello solitario
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Il gemello solitario
Autore: Michele Garau Titolo : Il gemello solitario Loro erano conosciuti da tutti quanti semplicemente come “I Gemelli”. In realtà si chiamavano Luca e Simone; fin da piccoli abituati ad essere un’unica entità, erano cresciuti solamente con loro stessi, ma a tutti stava bene così: erano felici anche ora che erano diventati quindicenni. Tutto andava bene finché non giunse quella sera: niente di particolare, finche non caddero a terra quei vetri e non entrò quello sconosciuto. Sembrava un tipo nella media. Sparò subito ai loro genitori, e saltò loro addosso facendoli trasalire: ne approfittò per legarli ad un pilastro e tappargli la bocca con il nastro adesivo che aveva nella borsa. Premette il coltello contro le loro gole, intimando il silenzio; come se ci fosse stato il bisogno di chiederlo, erano talmente sconvolti da riuscire a malapena a respirare. Fece un giro per la casa, cercando qualcosa di valore: la cosa poteva essere considerata una perdita di tempo. Luca e Simone, che erano sempre rimasti chiusi in loro stessi subirono il primo impatto con la violenza del mondo. Dopo sei o sette ore che erano legati al pilastro, quell’uomo tolse loro il nastro adesivo dalla bocca e offrì loro dell’acqua: bevettero avidamente. Circa mezz’ora più tardi alcune auto della polizia passarono accanto a casa loro, forse per un giro di controllo e il sequestratore si innervosì. Simone non riuscì più a trattenere la pressione e gli sfuggì un urlo. L’uomo allora perse la testa e corse verso il pilastro dove erano legati i due fratelli che terrorizzati chiusero gli occhi. Accadde tutto in un attimo; quando Luca riaprì gli occhi era sporco di sangue e il corpo di Simone accanto a lui. Non urlò, non si agitò e non versò una sola lacrima. Rimase semplicemente immobile a guardare il fratello e l’uomo che scappava urlando, con la borsa con dentro i pochi oggetti di valore che avevano in casa. Il giorno dopo i vicini insospettiti dal fatto che nessuno fosse uscito di casa allertarono la polizia che si trovò di fronte una scena terribile: Luca fu trasportato subito all’ospedale più vicino; fisicamente, a parte un paio di lividi stava bene. Dopo la sua dimissione, andò a vivere con suoi zii: cercarono di metterlo a suo agio e di incoraggiarlo ad andare avanti, ma lui non disse una parola: innalzò una barriera tra lui e il mondo che difficilmente sarebbe stata abbattuta. Passarono circa tre settimane, ma Luca se ne stava sempre per conto suo, ancora troppo sconvolto da quello che era successo per poter andare avanti: il lato negativo dell’avere un gemello. Non si cercano amici perché il tuo gemello è il tuo più grande amico, non parli con nessuno perché è il tuo gemello che fa da confidente e hai l’illusione di non essere mai solo. Una volta tornato a scuola, professori e compagni di classe fecero di tutto per far si che Luca non si sentisse agitato. Un paio di giorni dopo alla classe, si unì un nuovo ragazzo: Andrea. Era un ragazzo nella norma, dal carattere allegro e solare, che fece subito amicizia con tutti, tranne che con Luca: i suoi nuovi compagni di classe lo avevano fermato dicendogli quello che era successo, pensando che fosse troppo improvviso conoscere un nuovo ragazzo. I giorni passarono ma la situazione non migliorava, così Andrea decise di presentarsi. “Ciao” disse tendendogli la mano: non ricevette alcuna risposta. “Io mi chiamo Andrea, tu?” ma anche stavolta Luca rimase zitto. “Luca” rispose lui sottovoce, senza alzare la testa. “Piacere di conoscerti, spero di diventare tuo amico.” “Diventare tuo amico? Perché?”, disse a voce più alta ”Perché dovrei fare amicizia con te, tu sei solamente un altro ‘singolo’ che non sa cosa vuol dire nascere, essere e vivere da gemello!!” Quelle parole, non fecero molto effetto su Andrea, che probabilmente riusciva a capire come si sentisse quel ragazzo, ma ne fecero parecchio su Luca: salì sul bus che lo avrebbe portato alla casa degli zii, e chiuse gli occhi, di solito riusciva a pensare così. Capiva perché se l’era presa: perché ancora rifiutava l’idea che Simone non ci fosse più, non voleva accettarla, voleva semplicemente che tutti gli avvenimenti di quel mese sparissero, ma non gli sembrava comunque una buona ragione per prendersela con quell’Andrea… In fondo, in tutto quel tempo solo lui avevo provato a parlargli direttamente. Pensieri di questo genere, si intrufolarono nella mente di Luca, e forse gli risultarono talmente estranei che quasi non si riconobbe; aveva bisogno di rifletterci: si chiuse in camera sua, si sdraiò sul letto e abbracciò il cuscino, rimanendo a pensare per tutta la notte. Per i successivi due giorni non andò a scuola. Quando tornò, erano tutti presenti, tranne Andrea. Quando chiese a compagni e professori cosa fosse successo, loro risposero che Andrea era ricoverato all’ospedale: aveva uno pneumotorace. La notizia, lo fece sentire insolitamente agitato. Quello stesso giorno Luca andò a trovare Andrea, trovandolo addormentato nella sua camera, doveva essere esausto dopo quello che era successo, decise quindi di rimanere al suo fianco finché non si fosse svegliato. Quando Andrea si svegliò , trovò Luca che lo fissava. “C-ciao, come mai qui?” chiese debolmente. “Volevo solamente chiederti scusa per quello che ho detto l’altro giorno” disse tenendo la testa bassa “e volevo chiederti perché mi hai trattato in modo così gentile.” “Vuoi dire per-perché non me la sono presa per quello che h-hai detto?”, Luca annuì. “Semplicemente perché penso che tu sia un ragazzo a cui la vita ha riservato un brutto destino, facendoti perdere tuo fratello, ma che tu non l’abbia ancora accettato, così ho pensato che forse in quel brutto momento ti servisse un amico.” Luca guardò Andrea, e cominciò a piangere appoggiandosi sul letto: in quelle lacrime c’era tutto quello che aveva provato: per la perdita di Simone, per l’essersi isolato ma soprattutto, per la gioia di aver trovato un amico che lo capisse. Fu così che Luca, il gemello solitario si aprì finalmente al mondo.