i laminati in rame e sue leghe
Transcript
i laminati in rame e sue leghe
MATERIALI I LAMINATI IN RAME E SUE LEGHE Applicazioni nell’edilizia Fig. 1 Hotel ad Almere (Paesi Bassi), rivestito in TECU Brass (Alsop Associatet; fornitura KME). Sono lastre in ottone col 15% di zinco, appositamente studiate per l’impiego sulle facciate. Brass plates with 15% of zinc, purposely studied for façades. Una panoramica veloce ma nel complesso esaustiva dell’uso del rame e delle sue leghe (ottone e bronzo) nell’industria edilizia MARCO CRESPI 132 LAMIERA • SETTEMBRE 2006 I laminati in rame e leghe di rame sono largamente usati in edilizia, sia per le facciate che per le coperture di edifici, senza dimenticare gli elementi accessori come le gronde, i pluviali e le scossaline. Nella stragrande maggioranza dei casi viene usato il rame: per motivi legati più alle preferenze “cromatiche” dei progettisti che alle caratteristiche meccaniche del materiale, alcune volte vengono scelte sue leghe come l’ottone o il bronzo. Il tipo di rame usato nei laminati, che può trovarsi sotto forma di lastre o di nastri, viene indicato con la sigla Cu-DHP, dove Cu è il simbolo chimico del rame e DHP l’acronimo di “Deoxidised High residual Phosphor”. Si tratta di un rame in cui l’ossigeno non deve essere assolutamente presente nemmeno in tracce: per questo, a garanzia della totale disossidazione viene mantenuto un tenore di fosforo relativamente alto, poiché la presenza di un elemento esclude l’altro. La presenza del fosforo elimina i fenomeni di fragilità in ambiente riducente, migliora la deformabilità plastica a freddo e incrementa l’attitudine alla brasatura. L’ossigeno è “benvoluto” nel rame soltanto per le applicazioni elettriche, dal momento che non abbassa la conducibilità elettrica (cosa che invece accade con il fosforo): in questo caso si parla di un’altra qualità di rame, designata con la sigla Cu-ETP. La composizione chimica del rame Cu-DHP è la seguente: Cu = 99,90% minimo e 0,015 = P = 0,040%, con altri elementi presenti come impurezze trascurabili. Quindi, da qui in avanti, quando parleremo di rame “puro”, non ci scosteremo molto dalla realtà. La scelta del rame in edilizia risale a parecchi secoli fa: uno dei tetti in rame più antichi ancora esistente è quello del Duomo di Hildesheim in Germania (risalente al XIII secolo), mentre si hanno notizie di coperture ancora più antiche ma non più esistenti (v e d i riquadro a pag. seguente). La scelta di questo metallo è dovuta ad alcuni fattori fondamentali, il primo dei quali è la sua lavorabilità, dal momento che il rame è un metallo tenero e malleabile. La norma europea UNI EN 1172 (“Rame e leghe di rame - Nastri e lastre per edilizia”) individua tre stati fisici per le lastre di rame: il ricotto, il semiduro e duro, caratterizzati da un carico minimo di rottura R rispettivamente pari a 220, 240 e 290 N/mm2. Il rame ricotto deve avere un allungamento alla rottura del 33% minimo: pertanto è il più adatto laddove sono previste lavorazioni con forti deformazioni del laminato: per esempio quando si devono piegare le lastre con bassi raggi di curvatura, addirittura su se stesse a 180°, senza che si creino crepe, come ben sanno i lattonieri quando uniscono due lastre di rame attraverso la tecnica chiamata aggraffatura. I tipi di rame R240 e il R290 vengono applicati quando è necessaria una maggiore rigidità, come per i pannelli a doghe usati posati in orizzontale sulle facciate. A titolo di confronto, un acciaio inox AISI 304 ha un carico di rottura 540-750 N/mm2, mentre un AISI 316 arriva “solo” a 530-680 N/mm2; il rame non ha una resistenza meccanica tale da esser usato per impieghi strutturali, ma solo ROLLED SECTIONS MADE OF COPPER AND ITS ALLOYS Applications in the building industry A quick but exhaustive survey of the use of the copper and of its alloys (brass and bronze) in the building industry per copertura “estetica”. La pedonabilità di una normale copertura in rame può avvenire solo se le lastre poggiano completamente su una superficie piana sottostante (tipo assito di legno o calcestruzzo, o uno strato tipo pannello “sandwich”), oppure se questa ha un profilo grecato e uno spessore che permettono di raggiungere la rigidità necessaria a reggere il peso di una persona. Sempre per quanto riguarda la lavorabilità, la malleabilità non viene meno alle basse temperature e, nel caso di veloci raffreddamenti dopo l’esecuzione di brasature forti, non si verificano fenomeni di tempra e Fig. 2 Villa a Gardessen (Germania) rivestita in TECU Gold (Architekturbüro m3xh; fornitura KME): si tratta di una lega rame-alluminozinco, che conferisce un aspetto dorato all’edificio. A copper-aluminiumzinc alloy, which confers a golden look to the building. 133 SETTEMBRE 2006 • LAMIERA MATERIALI UN MATERIALE CHE VIENE DA LONTANO Già gli antichi Egizi erano in grado di produrre rame laminato impiegabile per le tubazioni, ma le prime testimonianze di rame utilizzato in architettura risalgono “solo” con i Romani, che chiamavano cuprum questo metallo, che veniva estratto soprattutto a Cyprum, cioè a Cipro: proprio da cyprum-cuprum deriva il nome del rame in alcune delle lingue moderne europee: copper (inglese), cuivre (francese), cobre (spagnolo e portoghese), kupfer (tedesco), koppar (svedese), cupru (romeno). Per esempio il Pantheon era ricoperto di lastre di bronzo dorato, poi “sottratte” dal Bernini per ricavare le colonne tortili in S. Pietro, mentre il tempio di Giove Capitolino era ricoperto da tegole di rame dorato. Sembra inoltre che la basilica di S. Sofia a Costantinopoli (oggi moschea a Istanbul) fosse, nella sua prima edificazione, rivestita all’esterno di rame. In secoli più vicini a noi, vale la pena di riportare quanto il famoso Andrea Palladio scriveva nel primo dei Quattro Libri dell’Architettura al capitolo VI Dei Metalli (1570): «Di rame si cuoprono alcuna volta gli edifici pubblici, e ne fecero gli antichi i chiodi, che doroni volgarmente si chiamano […]. Si fanno anco chiodi e arpesi di ferro, ma essi li fecero per lo più di rame, perché meno dal tempo può essere consumato, essendo ch’egli non arrugginisca». Bisogna aggiungere che il rame non era l’unico metallo impiegato per coperture di edifici monumentali: oltre a lui c’era anche il piombo. Il piombo era largamente usato grazie alla sua lavorabilità e brasabilità ed ancora oggi esistono grandiosi esempi di coperture fatte con questo metallo; quest’ultimo aveva però lo svantaggio degli spessori rilevanti (e relativa necessità di ossature più robuste del tetto), della forte dilatazione e del basso punto di fusione (da tenere in considerazione in caso di incendio). Col passare del tempo, il piombo veniva gradualmente abbandonato a favore del rame; il Dizionario Storico di Architettura di Quatrenière De Quincy, edito a Mantova nel 1842, riporta le seguenti parole: «Invece di tavole di piombo possono impiegarsi con molto vantaggio, delle lamine di rame, le quali esigono minor grossezza, perché il rame è più compatto, più solido e si altera meno del piombo alle vicende delle stagioni, donde risulta che le coperture di rame sono più leggere e talvolta meno costose. La maniera ordinaria d’impiegare le lastre di rame per formare delle coperture è di unire le une alle altre col mezzo di doppia piega e di attaccare ciascuna foglia sulle tavole dell’armatura del tetto con viti nascoste sotto le pieghe. Ma essendo questa materia soggetta a dilatarsi più del piombo [il che non è propriamente esatto, perché i coefficienti di dilatazione di rame e piombo sono rispettivamente 16,8 e 29,3 * 10-6 °C-1, N.d.A.], per la sua elasticità, le foglie si gonfiano nell’eccessivo calore a segno di strappare le viti. Si può riparare a tale inconveniente con l’ordinarle a fasce, cominciando dal basso del tetto e procedendo sino al comignolo [nel senso del colmo, N.d.A.], e formandole di pezzi che si ricoprono a vicenda per 8 - 10 cm come le ardesie». quindi di aumento di durezza del materiale: infatti il rame mantiene la struttura cristallina c.f.c. in tutto il campo di esistenza dello stato solido. Ritornando ai motivi che fanno apprezzare e scegliere il rame, c’è la resistenza alla corrosione: rimandiamo per gli approfondimenti all’articolo su [7]. È sufficiente ricordare che la perdita di spessore di una lastra di rame esposta a differenti atmosfere (marina, rurale, industriale e industriale-marina) è stata misurata in un millesimo di millimetro all’anno circa. La durata nel tempo di una copertura in rame, oltre alla resistenza chimica, è dovuta anche al fatto che le caratteristiche meccaniche non VALORI DEI COEFFICIENTI DI DILATAZIONE TERMICA LINEARE Materiale Alluminio Acciaio Acciaio inox AISI 304 Piombo Rame Zinco Zinco al titanio (dalla norma UNI 10372, marzo 2004, prospetto 2) 134 LAMIERA • SETTEMBRE 2006 Coeff. dilatazione termica ( x 10-6 °C-1) 23,6 12,0 17,0 29,3 16,8 27,4 22,0 vengono alterate per azione della luce e degli agenti atmosferici: pertanto non c’è bisogno di una manutenzione periodica (sempre che il lattoniere abbia fatto bene il suo lavoro…). Infine, il rame vanta una relativa leggerezza nei confronti dei coppi tradizionali: venendo impiegati laminati con spessori sottili che vanno dai 5 ai 10 decimi di millimetro, un metro quadrato di rame pesa dai 4,4 ai 8,9 kg circa; di conseguenza la struttura portante del tetto può essere a sua volta meno “robusta” e pesante. Il rame ha una dilatazione (e contrazione) termica abbastanza contenuta: tra i metalli impiegati per le coperture, come si osserva dalla tabella a fianco, soltanto l’acciaio comune dilata meno del rame. La dilatazione termica è un fattore da tenere in grande considerazione poiché la differenza di temperatura che può subire una lastra nel corso di un anno è elevatissima e maggiore di quel che si pensi: infatti bisogna tenere conto non tanto della temperatura ambiente bensì di quella superficiale della lastra: in alcuni casi le norme spingono ad assumere in sede di progetto una temperatura di +80°C come massima e di –20° come minima. In architettura, non vi è un solo “tipo” di rame: oltre al rame “lucido” (colore rosso) in commercio esistono anche diverse finiture superficiali, come quelle ossidate (colore marrone scuro) e quelle patinate (colore verde): queste finiture, ottenute a livello industriale, non fanno altro che replicare i colori del rame dopo l’esposizione agli agenti atmosferici (anche in questo caso vedi [7]). L’industria, attraverso un trattamento meccanico-chimico, riesce in fase di produzione a ricreare gli ossidi e i sali sulla superficie della lastra, senza aspettare gli anni o i decenni delle patine naturali. Le caratteristiche meccaniche di queste lastre sono identiche a quelle del rame “normale”, dal momento che varia soltanto la finitura: pertanto le deformazioni plastiche a freddo dovute a lavorazioni tipo aggraffatura, piegatura e curvatura non differiscono rispetto a quelle del rame rosso. Al massimo, viene raccomandata una certa attenzione nello stoccaggio e immagazzinamento, nonché di prestare attenzione durante l’esecuzione di brasature per non alterare localmente l’aspetto estetico della superficie. Eventuali graffi o minuti distacchi di patina nella zona di piegatura possono evidenziare il rame lucido sottostante, ma questo è destinato nel tempo ricoprirsi dei suoi sali e uniformarsi con il resto della superficie. Analogo è il discorso per il rame stagnato, che in natura ovviamente non si forma. Questo è sempre il solito rame Cu-DHP, ricoperto su ambedue i lati da un sottilissimo strato di stagno lucido; nel corso del tempo il colore si evolve in un grigio opaco, tipo “tetti di Parigi”. Anche in questo caso le caratteristiche meccaniche non differiscono da quelle del rame puro. Per dovere di cronaca, la norma europea UNI EN 1172 codifica un altro tipo di rame, indicato con la sigla CuZn0,5, che però in Italia non viene usato e che non tratteremo in questa sede. Oltre al rame puro, vi è un utilizzo (percentualmente basso, ma di utilizzo crescente) delle sue leghe, in particolare gli ottoni. Come noto, l’aggiunta di un metallo varia le proprietà del metallo base. Nel caso dello zinco nel rame, la variazione più evidente è quella del colore: già col 20% di zinco si ottiene il classico giallo ottone; oltre a questo lo zinco migliora le proprietà meccaniche, come la durezza e il carico di rottura e mantiene la resistenza alla corrosione a livelli analoghi a quelli del rame. Grazie a questa maggiore robustezza, i laminati in ottone vengono impiegati sulle facciate, dal momento che la maggiore rigidità non li fa piegare sotto il loro stesso peso e rende più difficili deformazioni dovute a urti accidentali. Una delle leghe più note è senz’altro l’architectural bronze (o bronzo architettonico) che, nonostante il nome, in realtà è un ottone chiamato così per la sua somiglianza con il bronzo. L’architectural bronze (spesso designato con la sigla americana C38500, con un range di composizione: Cu 55,0-60,0%; Pb 2,0-3,8; Fe 0,35% max; Zn il resto) ha la sua applicazione più famosa nel Seagram Building di Chicago progettato dagli architetti Van der Rohe e Philips. Questa lega è stata usata per travi e montanti a vista, parapetti, lastre in facciata; per rafforzare l’effetto visivo sono stati montati vetri ambrati. Un’altra lega usata dai progettisti è l’OT 67, sigla ormai “datata” che indica un ottone con il 67% di rame; si noti che a volte questa viene confusa con il bronzo architettonico. Una caratteristica di questi laminati in ottone Fig. 3 Dettaglio di laminati in bronzo aggraffati di colore rossobruno. Rispetto alle normali lastre di rame, l’ossidazione di questa lega avviene in maniera molto più lenta (TECU Bronze, fornito da KME). Detail of bronze folded rolled sections of red-brown colour. In comparison with standard copper plates, the oxidation of this alloy is much slower. Fig. 4 Un’immagine della sede Natuzzi Americas a High Point, nella Carolina del Nord (USA). La facciata è rivestita da 795 pannelli, spessore 3 mm, in OT 67 brunito in tonalità scura, per complessivi 1800 m2 (arch. Mario Bellini, realizzazione Astec). Façade coated by 795 panels, 3 mm thickness, in OT 67 burnished in dark shade, for total 1800 m2. 135 SETTEMBRE 2006 • LAMIERA MATERIALI Fig. 5 Dettaglio della precedente. Detail of the previous image. Fig. 6 Copertura a scandole di rame pre-inverdito. Shingle covering of pre-aged copper. è senz’altro la possibilità di essere bruniti artificialmente, in tonalità più o meno scure a seconda delle esigenze dei progettisti. Un esempio particolare è lo Show Room Natuzzi in High Point (North Carolina, USA), con 1800 m2 rivestito da 795 pannelli di ottone, variamente inclinati e ancorati ad una sottostruttura, pensati per resistere a venti di oltre 200 km/h, come impone la normativa locale. Un’altra lega in ottone è l’OT 85, cioè una lega con il 15% di zinco. Con queste percentuali la lega non raggiunge il colore giallo intenso tipico degli ottoni, ma rimane su un giallo rossastro, che si opacizza e tende gradualmente verso il bruno. Dal punto di vista meccanico, questa lega ha un carico di rottura R che varia generalmente da 260 a 410 N/mm2 a seconda del grado di incrudimento. A conoscenza di chi scrive, non vengono mai impiegate lastre allo stato fisico duro o semiduro, poiché non si potrebbero raggiungere i bassi raggi di curvatura necessari per una buona aggraffatura; pertanto si impiegano solo lastre con valori relativamente bassi di R, dotate comunque di sufficiente stabilità e rigidezza strutturale: possono allora essere bene impiegate per le facciate anche a livello del suolo, grazie anche alla resistenza all’abrazione meccanica. Queste leghe di ottone hanno una elevata durata nel tempo e resistenza alla corrosione, oltre che un minore prezzo. Il peso è quasi uguale: 8,75 kg/dm3 del OT85 contro i 8,89 kg/dm3 del rame puro. Oltre agli ottoni, è da segnalare l’impiego del bronzo, cioè una lega rame-stagno già nota nel campo dell’arte (statue, medaglie e campane) e della tecnologia, in particolare laddove è necessaria un’alta resistenza all’usura (cuscinetti, ingranaggi e organi di trasmissione in genere). In commercio esistono lastre di composizione di CuSn4; queste hanno sempre qualche traccia di fosforo (da 0,01% min a 0,4% max) il quale viene aggiunto per disossidare e aumentare la durezza del bronzo. Il colore di partenza di questa lega è un rosso-bruno, il quale subisce la tipica ossidazione del rame, anche se molto più lentamente. Accanto a queste più leghe “tradizionali”, vi è da registrare una lega rame-alluminiozinco, di composizione designata con la sigla CuAl5Zn5Sn1Fe0,5: questa presenta un bellissimo aspetto dorato, che però ne sconsiglia il trattamento con alcuni processi a caldo come la brasatura o la saldatura, che ne rovinerebbero localmente la colorazione. La resistenza meccanica è notevole: dai 450 ai 560 N/mm2: pertanto a volte vengono usati specifici trattamenti termici di ricottura per rendere più facilmente lavorabile la lastra. L Bibliografia [1] UNI EN 1172: Rame e leghe di rame - Nastri e lastre per edilizia. [2] UNI 10372: Coperture discontinue - Istruzioni per la progettazione, l’esecuzione e la manutenzione di coperture realizzate con elementi metallici in lastre. [3] Gianni Guiotto, Natuzzi Americas: Un design tutto italiano per una sfida al “solito”, “Rame Notizie” n.29, III trimestre 1998. [4] Umberto Barbisan, “...Ma essi li fecero per lo più in rame perché meno dal tempo può essere consumato”, “Rame Notizie” n.14, settembre 1993. [5] Cesare Comoletti, The roof: the evolution of the species, “Archaeometallurgy in Europe”, Congresso AIM 2003. [6] KME, Rame Tecu, Progettazione, lavorazione e installazione. [7] Marco Crespi, Lastre di rame - Passivazione e rilascio: durata nel tempo e resistenza, “Lamiera” n.9, settembre 2005, pp. 236-240. 136 LAMIERA • SETTEMBRE 2006