Pontiggia Giuseppehot!

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Pontiggia Giuseppehot!
Pontiggia, Giuseppe (1934 - 2003)
Il residence delle ombre cinesi, Mondadori, 2004
Il paesaggio è mobile (221-227)
[221]
Mai come nella nostra epoca l’uomo è vissuto in un paesaggio mobile. […] Nella Storia
d’Inghilterra del Trevelyan la mappa dell’isola negli ultimi millenni prima di Cristo cambia
continuamente colori sotto i nostri occhi: i boschi che, per l’abbondanza delle piogge la ricoprivano
interamente cedono immensi spazi all’agricoltura e alla pastorizia, e nelle sue immagini brumose ed
epiche Trevelyan fa echeggiare le scuri dei raccoglitori e le grida dei primi marinai.
[225]
Il paesaggio inviolato della natura, soprattutto dei boschi e delle montagne, ha sempre rappresentato
per gli uomini un mondo alternativo. Non solo una fonte di pericolo, ma un luogo di rifugio, un
totalmente altro che ispirava speranze di liberazione. […]
Ma nell’ultimo secolo ha prevalso una concezione diametralmente opposta: da alternativa utopica e
visionaria il paesaggio si è mutato in merce equiparabile a qualsiasi altra, da sfruttare nel disprezzo
di tradizioni, uomini, animali e cose.
Il mondo in un fazzoletto (243-249)
[L’intero breve saggio è dedicato alle “carte”, a partire dalla carta delineata da Stevenson per l’Isola
del Tesoro]
[245-246]
Stevenson ricorda che, prima di scrivere l’isola del tesoro, aveva schizzato una mappa delle sue
coste immaginarie e che la mappa del tesoro si era trasformata nella mappa del romanzo. […]
Il tesoro non è la meta della mappa, è la mappa. […]
Stevenson aggiunge che “la mappa è stato l’elemento più importante della trama” e ne fa la sorgente
segreta dello scrivere. […]”E’ mia opinione – mia superstizione, se volete – che chi è fedele alla
propria mappa, consultandola ogni giorno e ogni ora, e si lascia da essa ispirare, ne ottiene un
sostegno. […] Il racconto affonda le sue radici nel disegno, cresce in quel terreno , è la spina
dorsale che sostiene le parole […] Studiando la mappa si scoprono legami altrimenti ignorati”.
La mappa diventa in Stevenson […] la “proiezione prima” della sua immaginazione e a sua volta lo
ispira, in uno scambio in cui l’autore, più che l’artefice, è il medium. Ma quanto vale per la scrittura
vale per quella idea di mappa in cui gli uomini hanno sempre proiettato il tesoro dei loro sogni.
Tovagliolo, fazzoletto, piccolo panno. E’questo il prestito punico che ha originato il latino mappa.
Mappa mundi fazzoletto del mondo. […]
Le mappe erano state create nell’antichità con ambizioni più circoscritte, studiare territori, indicare
percorsi, tracciare rotte. Preziose nella guerra come nel commercio, nell’architettura, come nelle
colonizzazioni […]
[248-249]
Le mappe stanno rivelando sempre di più una natura ambigua. Descrizione o dominio? O
descrizione per esercitare il dominio? […]
Ho l’impressione che siamo assediati dalle mappe. […] Se cerchiamo la felicità e fuggiamo il
dolore, migliaia di mappe ci indicano come riuscirci. E già il numero ci scoraggia. Quanto alle
mappe della malattia e della morte, non c’è che l’imbarazzo della scelta, proprio quando, ahimè,
non l’abbiamo.
Difficile trovare per la mappa delle comunicazioni un termine più catturante di rete. […]
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E le mappe dell’inconscio? Freud non pare abbia mai usato il termine mappa. Però ci ha lasciato,
sempre negandola, una topologia dell’apparato psichico: parla di regioni, di istanze, di strati, di
province. […] Rinuncia al sogno di una mappa precisa […]. Ma la sua mappa, mutila, parziale,
incompleta, divinatoria, sarà quella memorabile di chi ha scoperto un continente.
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