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03 Marzo 2011 Pag. - LA POESIA DI ARTURO BRACHETTI “Se si può immaginare, si può fare”. La celebre frase di Walt Disney calza elegante ed azzeccata sull’arte di Arturo Brachetti. A vegliare lo spettacolo del trasformista, celebre prima all’estero e poi in Italia, c’è l’onirico paradigma disneiano, che dovrebbe tramutarsi nello stile di vita di qualunque artista intenda farsi riconoscere come tale. Brachetti è un incantatore. L’universalità del suo linguaggio è difficile da comparare. In “Ciak si gira” almeno due se non tre generazioni confuse tra il pubblico si scoprono ora in un circo, ora dentro un sogno popolato di sinistre presenze, ora dinanzi a miti senza tempo hollywoodiani e d’animazione. Brachetti stende i versi della sua poesia su una pellicola lunga cent’anni e più, dai Lumiere ad Harry Potter passando per Casablanca. Memorabile la scena del dialogo finale dove Brachetti è per meta Bogart e per metà la Bergman. Scorrono le evocazioni che prendono corpo sul palco. Da Charlie Chaplin a Nosferatu passando per Biancaneve e King Kong. Fa dei propri ricordi i binari lungo i quali scorre uno show dai ritmi serrati. Partire dalle prime tv in bianco e nero, volare da Roma a Hollywood, in sella ad visioni ed emozioni senza tempo. Garbo ed eleganza in uno spettacolo senza soste, con un picco emozionale che gli omaggi a Lon Chaney e Fellini sanno rendere. Il primo è per Brachetti il maestro, l’uomo dai mille volti che per primo mostrò al mondo la naturale abilità cangiante dell’artista unico e puro. Il regista e sceneggiatore romagnolo, con i suoi personaggi e mondi apparentemente irreali ma tremendamente concreti, è la traduzione vivente della filosofia di Disney e così pure di Brachetti. Non è un mago, non è un illusionista. Dieci, cento, mille Brachetti. O semplicemente incarnazione dell’arte nuda e pura del genio umano. Viene naturale farsi coinvolgere, pensare che il trucco non ci sia, perché lui rende tutto così naturale da farlo credere davvero. Nei binocoli che sbucano in platea in tanti infilano curiosi gli occhi. Ma come fa Charlot a diventare Frankestein in pochi secondi? E’come chiedersi come Shakespeare abbia potuto realizzare certi capolavori. A tante domande la miglior risposta è l’essere umano. Perché se si può immaginare si può fare. di Roberto Privitera OGGETTO CIAK, SI GIRA!