Il laboratorio dell`energia

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Il laboratorio dell`energia
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10-11-2008
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Attualità
STUDI SULLE FONTI ALTERNATIVE DAL MIT DI BOSTON
Il laboratorio dell’energia
Ernest Moniz, direttore dell’Iniziativa Energetica del MIT (Massachusetts Institute of
Technology) di Boston, ha recentemente dichiarato a Massimo Gaggi (Corriere della Sera)
l’importanza di coinvolgere filantropi e potenziali investitori per finanziare nuovi studi
e progetti sulle energie alternative
E
lettronica organica, idrati di metano (il
cosiddetto ‘ghiaccio che brucia’), biocombustibili potenziati grazie all'ingegneria genetica, una nuova generazione
di accumulatori elettrici, sistemi automatici per
la ricerca petrolifera in mare e a grandi profondità, gestione dell'anidride carbonica prodotta
nei processi di liquefazione del carbone, geotermia profonda: il direttore dell'Iniziativa
Energetica del Mit di Boston, Ernest Moniz, illustra una sorta di ‘galleria delle meraviglie’ della
più prestigiosa accademia scientifica del mondo.
Moniz è un celebre fisico, manager-amministratore (sa come mettere insieme team di ricerca e
come collegare accademia, industria e governo,
ed ha la ‘ricetta’ giusta per finanziare i progetti,
grazie al fascino con il quale sa ‘intrigare’ filantropi e potenziali investitori.
Il quesito è forte: fonti energetiche alternative e
risparmio, in futuro, pur crescendo, rimarranno
marginali rispetto all'enorme fame di energia
del nostro Pianeta, oppure si sta davvero innescando un ‘effetto-moltiplicatore’, come quello
che ha alimentato la rivoluzione dell'information
technology?
I governi e le multinazionali dell'auto hanno fallito: tre decenni di progetti suggestivi hanno
prodotto risultati molto limitati. Ce la possono
fare i cervelli delle grandi università e gli innovatori della Silicon Valley che stanno spostando i
loro interessi dalle tecnologie informatiche a
quelle energetiche?
Moniz invita alla prudenza: meglio non illudersi,
infatti, che, dall'oggi al domani, possa nascere
una Google del vento o del solare: nell'informatica conta soprattutto l'idea, mentre gli investimenti possono essere relativamente limitati.
Nell'energia, invece, «abbiamo a che fare con
business che valgono migliaia di miliardi di dollari, ovvero, commodity il cui spostamento
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LAB ottobre 2008
IL MONDO
DEL LABORATORIO
richiede infrastrutture imponenti».
Come sempre, servono grandi imprese e grandi
capitali. Ma il metodo collaborativo è quello giusto: progetti che nascono dallo sforzo congiunto di aziende innovative e ricercatori.
Il ruolo dei fondi e delle agenzie scientifiche
federali rimane, ma è frenato dai vincoli burocratici e amministrativi.
Il Massachusetts Institute of Technology di
Boston, da questo punto di vista, occupa una
posizione strategica non solo per il suo prestigio
e le capacità dei suoi ricercatori, ma anche perché — fa notare Moniz — è stato il primo, insieme all'Università californiana di Stanford, a credere al binomio industria-università e a sviluppare importanti partnership con le imprese.
Oggi il Mit ha numerosi partner tra i quali alcuni gruppi europei, addirittura più numerosi di
quelli americani. Inoltre, lavora con la Chevron
alla ricerca in acque profonde, mentre con la
Ford sviluppa motori diesel avanzati e una nuova
generazione di batterie per l'auto elettrica, ma
le sfide più ambiziose sono quelle che sta
affrontando con la BP nell'area del carbone
‘pulito’ e con gli italiani dell'Eni proprio nel solare: i processi che vanno oltre il silicio sono
un'area nella quale i laboratori di Novara del
gruppo hanno già fatto un grosso lavoro.
Con altri partner, soprattutto francesi e spagnoli, il Mit conduce, poi, ricerche sulle altre energie
rinnovabili e sul metano ‘intrappolato’ nel terreno delle tundre.
Un altro settore promettente è quello della geotermia, che in Italia siamo abituati a considerare
collegata a fenomeni geologici come i soffioni di
Larderello. Gli studi condotti dal Mit hanno dimostrato che con la geotermia profonda è possibile
produrre elettricità a costi comparabili con quelli
delle centrali tradizionali; in quest'area ha un
accordo di collaborazione con un altro gruppo italiano, l'Enel, ha selezionato sei siti negli Usa dai
quali, scavando pozzi molto profondi, sarà possibile estrarre acqua calda e vapore ad alta pressione, capaci di far girare le turbine di una centrale.
ACCORDO ENI/MIT
50 MILIONI DI DOLLARI PER IL SOLARE
Le nuove frontiere dell'energia solare e i progetti di ricerca di avanguardia sul petrolio ed il gas
saranno al centro della collaborazione fra Eni e Mit, siglata a Boston.
50 milioni di dollari e' la cifra complessiva che Eni ha stanziato per partecipare ai programmi di
ricerca del prestigioso Massachusetts Institute of Technology, per i prossimi cinque anni.
Meta' del finanziamento sara' destinato al progetto ‘Solar Frontiers Research Program’, un programma finalizzato allo sviluppo di tecnologie solari avanzate che si svilupperà in sei diverse aree
di intervento. Mentre i restanti 25 milioni di dollari serviranno a finanziare un'altra serie di progetti di ricerca sull'energia, che spaziano dal petrolio al gas, agli idrati di metano, fino alle alternative per il settore dei trasporti.
Saranno studiati nuovi meccanismi per ottimizzare le operazioni di estrazione petrolifera al fine di
ridurre perdite e sprechi. Per rafforzare la sua presenza nel campo dello studio e della ricerca, per
offrire concrete possibilita' ai giovani ricercatori, Eni ha inoltre deciso di stanziare le risorse necessarie per dieci borse di studio annuali (nel corso dei cinque anni) per gli Eni-Mit Energy Fellows.
Eni sosterra' in qualita' di Founding member, la ricerca di metodologie di valutazione per il potenziale commerciale di start-up tecnologie energetiche innovative.