manuale-disfagia-avr-20_12_2010
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A CURA DEL GRUPPO AVR BENATI GIUSEPPE CANOVA GIULIANA CECCARELLI PAOLA CIUCCI GABRIELE CONSALICI ELENA DALL'ARA SANDRO FARNETI DANIELE NALDI ANDREA NUGHINI SILVIA RASI FABRIZIO SANTULLO ANTONIETTA PRESENTAZIONE L’acquisizione della consapevolezza teorica di favorire mediante lo strumento delle linee guida stili di pratica assistenziale basati su criteri di documentata efficacia, è un’esigenza professionale e sociale non più eludibile, la dimostrazione da parte di una comunità professionale della propria capacità di autogoverno. Questo manuale ne è una testimonianza. I principali scopi sono: - un contributo all’apprendimento continuo attraverso la diffusione delle evidenze scientifiche; - uno stimolo alla verifica della base scientifica del proprio agire; - un auspicio, laddove sia opportuno e attraverso strategie mirate, di una modifica dei comportamenti professionali. E’ certo che lo sviluppo di linee guida non è garanzia del suo adeguato utilizzo, l’impegno maggiore è nell’implementazione e nella creazione di una consapevolezza della sua esistenza, di ciò che essa implica e dei suoi benefici per i diversi attori coinvolti. 1 SOMMARIO/INDICE PREMESSA INTRODUZIONE METODOLOGIA DI SVILUPPO DEL MANUALE ELEMENTI DI ANATOMO-FISIOLOGIA E FISIOPATOLOGIA CAPITOLO 1 Raccomandazioni e razionale: • prevenzione/screening • trattamento • formazione del personale CAPITOLO 2 Percorso per la gestione precoce del paziente ictale con disturbi di deglutizione La riabilitazione in fase acuta Igiene del cavo orale CAPITOLO 3 Prevenzione e trattamento della malnutrizione nello stroke in fase acuta ALLEGATI Schema di sintesi operativa Schede operative La formazione del personale Gli strumenti per la misurazione del peso corporeo BIBLIOGRAFIA 2 PREMESSA Se la deglutizione deriva dal risultato combinato di forze che mantengono il bolo fuori delle vie respiratorie durante il transito in faringe, la disfagia deriva da un disordine in questo percorso, durante il suo inizio o dalla coordinazione di queste forze. Ciò può realizzarsi durante il transito orale, faringeo o esofageo, con il risultato di una deglutizione non protettiva sulle vie respiratorie (alte e/o basse) o non in grado di detergere le cavità dal bolo in transito. La disfagia è un sintomo comune a molte patologie o l’esito di diverse terapie. La disfagia costituisce un’eventualità frequente e talora sottovalutata durante l’evento cerebrovascolare acuto, poiché si verifica dal 28% al 45% dell’ictus cerebrale acuto emisferico. Qualora non riconosciuta, tale manifestazione ha risvolti negativi sull’evoluzione del paziente cerebrovascolare, sia per le complicanze respiratorie che per le conseguenze nutrizionali e di disidratazione. Alcuni dati di letteratura (ASHA Special Populations: Dysphagia. Edition Rockville MD 2002) stimano come una disfagia é presente fra il 13-14% dei pazienti ricoverati in reparti di degenza per acuti, il 30-35% di pazienti in centri di riabilitazione ed il 40-50% in lungodegenze. Il 15-50% della popolazione dopo i 65 anni presenta disfagia (Feinberg M.J., Knebl J., Segall L. Aspiration and the elderly. Dysphagia; 1990;5:61-71.) mentre complicanze respiratorie rappresentano la 5° causa di morte dopo i 65 anni e la 3° dopo gli 85 anni (La Croix AZ, Lipson S, Miles TP, White L. A prospective study of pneumonia hospitalizations and mortality of US older people: the role of chronic conditions, health, behaviour and nutritional status. Public Health Reports. 1989;104:350360). Fra il 1991-98 si è avuto il 93,5% di aumento delle ospedalizzazioni dell’anziano in relazione ad infezioni polmonari da aspirazione (Baine WB, Yu W, Summe JP Epidemiologic Trends in the hospitalization of elderly Medicare patients for pneumonia, 1991-1998. Am J public health 2001; 91:1121-3). Si stima che negli USA 16.500.000 persone nel 2010 necessiteranno di cure per disfagia (12. U.S Census Bureau, Populations Projection Program. Department of Commerce Population Division. Washington, DC, 2000 Jan). Affligge il 13% di pazienti con lesioni emisferiche unilaterali e il 71% con lesioni bilaterali. Dati più recenti (Martino el al 2005, Mann et al 2001) stimano una incidenza di disfagia nel paziente stroke in fase acuta al 60%, entro un mese al 20%, a 2-3 mesi al 10%. Secondo dati dell’Agency of Health Care Policy and Research (Agency for Health Care Policy and Research. Diagnosis and treatment of swallowing disorders (dysphagia). Evidence Report Technology Assessement n. 8, 1999), il 75% di pazienti ospedalizzati per stroke lamentano disfagia che nel 91% dei casi può persistere a tre mesi dall’episodio acuto. Il 43-54% di questa popolazione presenta inalazione che si complica nel 40% dei casi con broncopolmoniti. Il 4% di questi soggetti muore per complicanze respiratorie. Altri dati documentano come la sopravvivenza di pazienti stroke con disfagia a 3 mesi dall’episodio acuto (Sharma et al 2001) si riduce di 3 volte rispetto ai non disfagici mentre per coloro che hanno una aspirazione documentata radiologicamente tale rischio si riduce di 11 volte. Pazienti stroke che falliscono il test dell’acqua hanno una maggiore probabilità di sviluppare complicanze respiratorie (Sellars et al. 2007) così come pazienti stroke screenati in fase acuta vedono ridotto tale rischio di 3 volte. In base a questi ed altri dati, la necessità di identificare quanto più precocemente possibile pazienti stroke con disfagia diventa un imperativo che realizza l’obiettivo di ridurre le complicanze precoci e 3 a medio-lungo termine ma anche di ridurre la spesa sanitaria e migliorare la QOL per paziente. Questo obiettivo bene si coniuga con l’esigenza delle attuali aziende sanitarie di standardizzare percorsi di diagnosi-terapia ma si scontra con alcuni rilevazioni che ci provengono dalla quotidianità del nostro operato: − una valutazione completa del paziente disfagico è complessa e richiede competenze e abilità: il numero di professionisti in grado di compiere questa valutazione è limitato − standard di cura per pazienti stroke raramente vengono stabiliti per la disfagia − percorsi standardizzati di presa in carico precoce presso i Centri disfagie non sono sempre implementati − carenza di comunicazione fra operatori di uguale o diversa estrazione (cartella clinica integrata, consegne ai cambi di turno) − carenza di consapevolezza del disturbo di deglutizione (formazione). Implementare percorsi di presa in carico precoce di disturbi di deglutizione (screening) in pazienti stroke implica attivare una cascata di eventi sanitari che impegna operatori professionali diversi: medici, di assistenza e riabilitazione. Un percorso razionalmente costruito prevede che il personale sia adeguatamente formato sull’argomento e le competenze dei diversi operatori vengano rispettate all’interno di un team multi professionale. Se adeguatamente funzionante il percorso deve permettere, oltre ad obiettivi precedentemente esposti, di: - ridurre i carichi di lavoro - ridurre il costo della assistenza mantenendone la qualità. Punti di riflessione preliminari per affrontare il problema possono essere i seguenti: − foniatri e logopedisti come referenti ed istruttori − termini temporali realistici − identificazione di figure di snodo − amministrazione e personale stabile − comunicazione tra tutti i partecipanti Il reperimento delle risorse per la realizzazione di percorsi di presa in carico precoce di disturbi di deglutizione (screening) presso le diverse realtà territoriali può inizialmente rappresentare il primo punto da affrontare. 4 INTRODUZIONE Scopo Lo scopo principale di questo manuale è di fornire agli operatori sanitari raccomandazioni utili nella pratica clinica ad impostare interventi appropriati e necessari per identificare e gestire la disfagia nei pazienti colpiti da stroke nella fase acuta. Gli obiettivi sono: Individuare i soggetti a rischio da avviare a procedure di screening Fornire ai professionisti gli strumenti ed i metodi migliori per valutare pazienti con disfagia Uniformare il comportamento fra le diverse figure professionali di team interdisciplinari Fornire al professionista un documento di riferimento per “audit clinici” (verifica del processo assistenziale attuato). A chi è indirizzato il manuale Questo manuale è indirizzato a tutti i professionisti della salute inclusi: manager, medici, infermieri, logopedisti, fisioterapisti, personale di supporto. Per poter garantire un approccio coordinato e migliorare l’assistenza ai pazienti, la valutazione del rischio, la prevenzione e il trattamento devono essere viste come aree di intervento inter-professionale. Il manuale non può sostituire né travalicare la responsabilità individuale del professionista nel prendere appropriate decisioni nelle diverse situazioni e per un determinato paziente, in collaborazione con il paziente stesso, il familiare o altri enti. Articolazione del manuale La struttura del manuale si articola in quattro sezioni: − Raccomandazioni per la prevenzione/screening, per il trattamento e formazione del personale con relativo razionale (capitolo 1). − Procedura per la gestione precoce del paziente ictale con disturbi di deglutizione e procedura per l'igiene del cavo orale (capitolo 2). − Procedura per la prevenzione e trattamento della malnutrizione nello stroke in fase acuta (capitolo 3). − Sezione allegati comprendenti: uno schema di sintesi operativa, protocolli e schede operative Revisione del manuale Periodicamente il gruppo di lavoro effettuerà una ricerca ed analisi della bibliografia per valutare la necessità di eventuali aggiornamenti ed integrazioni del manuale. 5 METODOLOGIA DI SVILUPPO DEL MANUALE Individuazione del gruppo di lavoro e membri di consulenza Il manuale è stato sviluppato grazie al lavoro di un gruppo multidisciplinare di Area Vasta Romagna afferente alle seguenti Unità Operative e strutture organizzative: Audiologia e Foniatria Direzione Infermieristica Fisiatria Fisioterapia Neurologia Team Nutrizionale I partecipanti sono stati identificati sia per la loro competenza ed esperienza in merito al tema della disfagia sia per la loro competenza ed esperienza sulla ricerca di evidenze. Adattamento delle raccomandazioni La scelta e l'adattamento delle raccomandazioni ha assunto come riferimento la linea guida SIGN “Management of patients with stroke: identification and management of dysphagia A national clinical guideline GIUGNO 2010”. Un panel di esperti composto dal gruppo che ha redatto il manuale ha provveduto all'adattamento locale delle raccomandazioni. Il livello e rispettivo grading delle evidenze riportato dalla linea guida è il seguente: 1++ Meta-analisi, revisioni sistematiche di RCT o RCT di alta qualità e con rischio molto basso di bias 1+ Meta-analisi, revisioni sistematiche, o RCT ben condotti con basso rischio di bias 1- Meta-analisi, revisioni sistematiche, o RCT con un elevato rischio di bias 2++ Revisioni sistematiche di studi caso-controllo o di coorte di alta qualità . Studi caso-controllo o studi di coorte di alta qualità e con un rischio molto basso di bias 2+ Studi caso controllo o di coorte ben condotti con un basso rischio di bias 2- Studi caso-controllo o di coorte con un elevato rischio di bias 3 Studi non analitici, ad esempio, case reports, serie di casi 4 Opinine di esperti A Almeno una meta-analisi, revisione sistematica, o RCT classificato come 1 + +, e direttamente applicabili alla popolazione target, oppure un corpo di evidenze consistenti principalmente in studi classificati come 1 +, direttamente applicabili alla popolazione target B un corpo di evidenze che includono studi classificati come 2 + +, direttamente applicabili alla popolazione target, oppure evidenza estrapolata da studi classificati come 1 + + o 1 + C Un corpo di evidenze che includono studi classificati come 2 +, direttamente applicabili alla popolazione target, oppure evidenza estrapolata da studi classificati come 2 + + D Prove di livello 3 o 4, oppure evidenza estrapolata da studi classificati come 2+ GOOD PRACTICE POINTS Raccomandazioni di buona pratica sulla base dell'esperienza clinica del gruppo di sviluppo delle linee guida 6 Ricerca bibliografica e consultazione di banche dati Nella seguente tabella è riportato il report della ricerca effettuata: FONTE PAROLE CHIAVE (se utilizzate) ESITI totali Citazione bibliografica Perti nenti BANCA DATI COMPARATIVA SNLG 0 SNLG 1 1 Regione Toscana - Linea guida diagnosi e cura dell’ictus - 2009 FLI Federazione Logopedisti Italiani 1 1 Consensus Conference Torino, 29 gennaio 2007 - Linee guida sulla gestione del paziente disfagico adulto in foniatria e logopedia Canadian best practice recommendations for stroke care. Canadian Stroke Network - Disease Specific Society Heart and Stroke Foundation of Canada (revised 2008 Dec). Clinical guidelines for acute stroke management. National Stroke Foundation (Australia) - 2007 Oct. NGC National Guideline Clearinghouse "DYSPHAGIA" AND "ACUTE STROKE" 33 American Association of Neuroscience Nurses. Guide to the care of the hospitalized patient with ischemic stroke. 2nd ed. Glenview (IL): American Association of Neuroscience Nurses; 2008 May-Jun 5 Cough and aspiration of food and liquids due to oralpharyngeal dysphagia: ACCP evidence-based clinical practice guidelines. Chest 2006 Jan Institute for Clinical Systems Improvement (ICSI). Diagnosis and initial treatment of ischemic stroke. 2009 Jun. SIGN 1 Cochrane Database of Systematic Reviews DYSPHAGIA AND STROKE TRIP "dysphagia" AND "acute stroke" Management of patients with stroke: identification and management of dysphagia A national clinical guideline GIUGNO 2010 1 Interventions for dysphagia in acute stroke Philip MW Bath, Fiona J Bath-Hextall, David Smithard January 2009 2 2 Acupuncture for dysphagia in acute stroke Yue Xie, Liping Wang, Jinghua He, Taixiang Wu July 2008 25 Agency for Healthcare Research and Quality (AHRQ). Diagnosis and treatment of swallowing disorders (dysphagia) in acute-care stroke patients. Rockville, MD: Agency for Healthcare Research and Quality (AHRQ) 1999 1 7 ELEMENTI DI ANATOMO-FISIOLOGIA E FISIOPATOLOGIA Deglutizione normale L’assunzione di cibo è un atto complesso che consente l’introduzione, oltre che di alimenti e quindi energia, di informazioni provenienti dall’ambiente esterno. In questo senso è una attività che ci relaziona con la realtà che ci circonda. Le strutture coinvolte in questo complesso evento sono principalmente contenute nel distretto cervico-facciale e in vario modo deputate alla fonazione, alla verbalità articolatoria, alla esplorazione e conoscenza del mondo esterno. La deglutizione è l’abilità a convogliare sostanze solide, liquide, gassose o miste dall’esterno allo stomaco. Questo percorso è delimitato da due sfinteri, labiale ed esofageo inferiore e può realizzarsi in senso bidirezionale (ad esempio nei ruminanti), sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Il vomito, sotto questa ottica, non è un meccanismo della deglutizione. Nell’uomo il percorso intersfinteriale si realizza attraverso una regione anatomica delimitata da quattro strutture: si parla di quadrivio naso-bucco-laringo-esofageo ad indicare quella cavità viscerale (principalmente del faringe) dove le vie digerente e respiratoria si incrociano con la necessità vitale di mantenere distinte ed autonome la funzione respiratoria e deglutitoria. La deglutizione è un atto motorio altamente integrato: alla sua realizzazione intervengono organi effettori del distretto cervico-facciale sotto il controllo di un centro bulbare (Centro della Deglutizione). Il centro è adiacente il Nucleo del Tratto solitario e il nucleo Ambiguo e provvede all’automatismo della deglutizione: è rappresentato bilateralmente e la sua attivazione inibisce il centro del vomito, della tosse e del respiro, garantendo sincronia fra deglutizione e respirazione. Riceve afferenze corticali, sottocorticali e sensitive dal glossofaringeo, vago, trigemino. L’arco riflesso della deglutizione si realizza nel centro bulbare attraverso : - vie afferenti che veicolano al bulbo gli stimoli sensitivi (meccanici ma anche chimici) a partenza dalla mucosa oro-faringo-laringea indotti principalmente dal transito del bolo; - vie efferenti motrici che partono dai nuclei dei nervi cranici impegnati nella deglutizione: . nella fase orale il V (muscoli masticatori), VII (muscolatura mimica della faccia), XII (muscolatura intrinseca della lingua); . nella fase faringea il IX e il X (muscolatura del palato, faringe e laringe). Il controllo centrale della deglutizione si innesta sull’arco riflesso bulbare. Gli stimoli sensitivi raccolti in periferia (trigemino, glossofaringeo e vago) giungono al talamo, e da qui raggiungono la corteccia sensitiva della regione postrolandica (area 3,2,1 di Brodman). La corteccia premotoria (area 6 di Brodman), la corteccia precentrale e il lobo dell’insula in vario modo provvedono alla attività dei nuclei dei nervi cranici motori attraverso le vie cortico-nucleari del sistema piramidale (area 6) provvedendo ad una attivazione volontaria del riflesso deglutitorio. La regolazione della sequenza motoria è sottoposta al controllo del sistema extrapiramidale e cervelletto. Da un punto di vista operativo nella deglutizione riconosciamo 5 fasi precedute da una fase anticipatoria indotta da segnali chimici che in vario modo dispongono all’assunzione successiva di sostanze: − Fase 0: preparazione extraorale delle sostanze da ingerire e superamento dello sfintere labiale; è volontaria. − Fase 1: preparazione orale delle sostanze mediante insalivazione, perisalivazione, detersione buccale, fino ad ottenere il “bolo”. E’ volontaria; − Fase 2: stadio orale o coinvolgimento del bolo verso l’istmo delle fauci ed avvio del riflesso deglutitorio (dura circa un secondo). E’ volontaria; − Fase 3: stadio faringeo o transito del bolo nel quadrivio faringeo; è una successione di atti involontari che trasferiscono il bolo dalla cavità orale all’esofago, garantendo la chiusura delle vie respiratorie sia in alto, verso il rinofaringe, che in basso verso il laringe, ed opponendosi al transito inverso dalle vie digerenti. Dura circa un secondo; − Fase 4: stadio esofagea, involontario (dura circa 8-20 secondi); 8 − Fase 5: stadio gastrico. In pratica gli alimenti, già prima di essere introdotti in bocca, vengono adeguatamente predisposti, manipolati (eventualmente con l’ausilio di “protesi”) e resi disponibili ad essere assunti. Fase Orale: superato l’ostio labiale l’alimento viene masticato e triturato per l’azione combinata delle mascelle e lingua ma anche guance e pavimento orale fino a che il cibo, impastato con la saliva o altro liquido, viene ridotto a bolo e posizionato in una doccia mediana del corpo linguale. La punta della lingua, fissata dietro la papilla retroincisale superiore, guida la propulsione del bolo all’indietro, all’interno di una camera ad alta pressione delimitata dalle arcate dentali contrapposte. Fase Faringea: il bolo oltrepassa l’istmo delle fauci, dove è localizzata una prima area reflessogena che avvia il riflesso faringeo della deglutizione. Il faringe viene fissato in alto e lateralmente: il velo palatino si solleva a chiudere il rinofaringe. Il laringe seguendo il movimento dell’osso ioide viene sollevato in alto e in avanti mentre l’epiglottide si ribalta all’indietro; le corde vocali vere, false e le pliche ariepiglottiche si medializzano a chiudere il passaggio in laringe. I seni piriformi si aprono a raccogliere il bolo convogliandolo in basso verso lo sfintere esofageo superiore (SES) che inizialmente è chiuso. La muscolatura faringea si contrae in un’onda peristaltica che anticipa l’apertura del SES, segue il bolo in basso verso lo sfintere e ripulisce il faringe. Fase Esofagea: inizia la fase esofagea con una serie di onde peristaltiche primarie e secondarie che spingono il bolo verso lo stomaco. Un atto deglutitivo normale richiede circa due secondi per completarsi (fase oro-faringea); inizia in maniera volontaria e si conclude in maniera involontaria. Il tempo della fase volontaria varia con la consistenza e volume del bolo (solido o liquido) che deve essere ingerito. Vale la pena di ricordare che fisiologicamente oltre i 65 anni si registra una riduzione dell’efficienza dell’atto deglutitivo legato a fenomeni di invecchiamento delle strutture deputate al suo espletamento, in particolare un depauperamento della componente muscolare (sarcopenia). In condizioni normali ciò permette un adattamento progressivo che permette una funzionalità dello stesso. In presenza di stressors tale condizione può divenire un fattore di comorbidità scivolando in una condizione patologica. Quanto sopra detto non è valido per la deglutizione del bambino, realizzandosi con modalità di accrescimento di strutture e funzioni fino all’età di 12-13 anni. Disfagia La disfagia è sintomo di una patologia variamente localizzata o sistemica. Rispetto alla deglutizione normale, come sopra schematizzata, rappresenta una espressione di disagio e/o devianza, realizzandosi senza una adeguata protezione sulle basse vie respiratorie. Questo comporta la “penetrazione” di bolo o secrezioni in laringe o la loro “aspirazione” o inalazione nelle basse vie respiratorie. Ciò può avvenire stimolando la tosse (quale meccanismo difensivo) o in maniera silente cioè in assenza di tosse. L’inalazione può indurre broncopolmoniti e col tempo fibrosi polmonare con insufficienza respiratoria. L’aspirazione può avvenire prima, durante o dopo la deglutizione secondo eventi temporali che la valutazione strumentale deve definire. Risulta comodo distinguere le disfagie in base alla localizzazione del disturbo e all’età del paziente. Disturbi della deglutizione in età evolutiva sono principalmente legati a malocclusioni dentali e dismorfismi cranio-facciali, patologie disgenetiche o neurologiche (S. di Down e oligofrenie, paralisi cerebrali infantili, schisi palatine); nell’adulto e nell’anziano sono perlopiù legati a patologie neurologiche centrali o periferiche (SLA, paralisi bulbari, S. di Wallemberg, Parkinson) e a posttrauma (ivi includibili anche quelle secondarie a chirurgia maggiore sul capo-collo). Rispetto alla localizzazione del disturbo e da un punto di vista operativo risulta proficuo distinguere fra una disfagia alta (orofaringea) ed una disfagia bassa (esofagea). Le disfagie basse sono dovute perlopiù a patologie esofagee; le disfagie alte, oggetto della nostra trattazione, sono dovute ad un disordine della fase orale e/o faringea della deglutizione. 9 CAPITOLO 1 RACCOMANDAZIONI TRATTE DALLE LINEA GUIDA SIGN “MANAGEMENT OF PATIENTS WITH STROKE: IDENTIFICATION AND MANAGEMENT OF DYSPHAGIA A NATIONAL CLINICAL GUIDELINE GIUGNO 2010”. PREVENZIONE/SCREENING Valutazione clinica iniziale della deglutizione e dell’alimentazione dopo l'ictus Raccomandazioni 1. Tutti i pazienti con ictus dovrebbero essere sottoposti a screening per disfagia, prima di ricevere cibo e bevande. (Grado C) 2. Il test del bolo d’acqua dovrebbe essere utilizzato come parte dello screening per il rischio di aspirazione nei pazienti con ictus. (Grado B) 3. L'anamnesi del paziente deve tener conto di comorbidità e altri fattori di rischio (ad esempio fumo o malattie respiratorie) per identificare il rischio aumentato di sviluppare polmonite ab ingestis. (Grado C) 4. I pazienti con disfagia devono essere monitorati ogni giorno nella prima settimana al fine di individuare un rapido recupero. Le osservazioni devono essere registrate come parte del piano di assistenza.(Grado D) Una tipica procedura di screening della deglutizione dovrebbe includere: iniziale considerazione del livello di coscienza del paziente e del grado di controllo posturale. Se il paziente è in grado di collaborare attivamente e in grado di essere sostenuto in posizione verticale la procedura dovrebbe comprendere anche l'analisi dell'igiene orale, del controllo delle secrezioni orali, e se appropriato, il test del bolo d’acqua. (Grado B) 5. Lo screening precoce e ripetuto per il rischio nutrizionale è necessario per consentire adeguati interventi nutrizionali. (Good practice point) 6. Il rischio nutrizionale del paziente dovrebbe essere stabilito secondo una procedura di screening valida, affidabile e adatta per pazienti colpiti da ictus. (Grado D) La valutazione del rischio nutrizionale deve essere effettuata entro le prime 48 ore con regolare rivalutazione in seguito durante il recupero del paziente e devono essere registrati prima di ogni dimissione.(Grado D) La valutazione del rischio nutrizionale del paziente dovrebbe includere una valutazione della loro capacità di mangiare in modo indipendente e una registrazione periodica del loro consumo alimentare. (Grado D) Il monitoraggio continuo dello stato nutrizionale deve includere una combinazione dei seguenti parametri: test biochimici (ad es bassa pre-albumina, compromissione del metabolismo del glucosio); status della deglutizione, perdita di peso non intenzionale, valutazione di mangiare e dipendenza; apporto nutrizionale.(Grado D) I risultati del processo di screening nutrizionale devono guidare il rinvio del caso ad un dietologo per la valutazione e la gestione. (Grado D) 7. Lo screening nutrizionale dovrebbe comprendere: l'indice di massa corporea (BMI), la capacità di alimentarsi, l'appetito, la condizione fisica e la condizione mentale.(Grado D) Razionale 1. La disfagia interessa una grande percentuale dei pazienti con ictus indipendentemente dalla localizzazione del danno cerebrale. La difficoltà di deglutizione può determinare aspirazione e ridotta assunzione orale con complicanze potenzialmente gravi quali polmonite, malnutrizione e disidratazione. Poiché queste complicanze possono essere reversibili o evitabili, è importante sottoporre a screening tutti i pazienti colpiti da ictus, al fine di individuare le persone a rischio. 2. Il test del bolo d’acqua viene spesso utilizzato per identificare il rischio di aspirazione. Al paziente vengono somministrati cucchiaini di acqua e invitato a deglutire: sono osservati insorgenza di tosse o alterazione nella voce. Se non vi sono segni negativi, al paziente viene 10 somministrato un quantitativo maggiore di acqua da un bicchiere. Questo test ha una sensibilità riportata > 70% e una specificità del 22-66% per la previsione di aspirazione ed è un test di screening utile e con giusta sensibilità. 3. La somministrazione di farmaci per le condizioni pre-esistenti che determinano disfagia come effetto collaterale potenziale deve essere interrotta (ad esempio bifosfonati e integratori di potassio). La disfagia in associazione a compromissione polmonare (ad esempio, malattie polmonari croniche ostruttive, il fumo o la tosse inefficace) può aumentare il rischio di polmonite. La necessità di aiuto per alimentarsi ha dimostrato essere un fattore di rischio significativo per lo sviluppo di polmonite nei pazienti anziani. La carie e la presenza di batteri cariogeni e di altri agenti patogeni nel cavo orale possono essere importanti fattori di rischio per la polmonite ab ingestis nei pazienti anziani. 4. I pazienti non sufficientemente stabili per una valutazione, dovranno essere riconsiderati ogni giorno per evitare ritardi per la completa valutazione clinica. Nella pratica clinica, il processo di screening per l'identificazione di questi pazienti è attuato da un esperto professionista nella gestione della disfagia (di solito un logopedista). Se la procedura di screening non individua eventuali difficoltà, al paziente può essere consentito di mangiare e bere secondo programmi graduali e partendo dal primo livello, evitando inutili restrizioni all'assunzione orale in attesa di una completa valutazione clinica. I test di screening sono basati su fattori di rischio identificati e devono essere effettuati da personale sanitario addestrato alla procedura. Nelle aree per acuti si tratta di solito di un infermiere esperto. Studi di valutazione della funzione deglutitoria dopo ictus acuto suggeriscono che molti pazienti con disfagia riescono a recuperare già durante la prima settimana e la maggior parte migliora alla fine della seconda settimana. I protocolli di screening devono includere un chiaro percorso di azione per tutti i possibili risultati (ad esempio nulla per bocca, inizio della dieta orale). I pazienti che sono a digiuno o a dieta dovrebbero continuare a ricevere i farmaci clinicamente essenziale per via appropriata. In un certo numero di procedure di screening simili tra loro sono descritte in letteratura; tutte si basano su una gamma di caratteristiche cliniche, volte a evidenziare la disfunzione nella deglutizione. 5. Studi osservazionali hanno stabilito che tra il 16 e il 49% dei pazienti con ictus, con o senza disfagia, sono denutriti al momento del ricovero in ospedale. Inoltre, la disfagia di per sé è associata a malnutrizione. I fattori di rischio di denutrizione al momento dell'accesso alla riabilitazione sono: l'uso del sondino naso gastrico, un precedente episodio di stroke; diabete mellito. I fattori di rischio di malnutrizione ad una settimana dallo stroke sono: denutrizione pre-esistente, problemi di deglutizione; aumento del cortisolo libero urinario. 6. Lo screening nutrizionale è una procedura semplice e rapida, che identifica le caratteristiche cliniche note per essere associate con una modificazione dello stato nutrizionale. I risultati del processo di screening dovrebbe dirigere tutte le ulteriori azioni necessarie, ad esempio, l'intervento di un dietologo per una valutazione globale nutrizionale, o la registrazione di cibo e di assunzione di liquidi. Lo screening regolare e precoce dei pazienti con ictus per la denutrizione è importante. Studi su popolazione colpita da ictus hanno concluso che deficit nutrizionali si sviluppano durante tutta la fase di riabilitazione e ciò indica la necessità di un più strutturato monitoraggio dello stato nutrizionale. In uno studio il 57% dei pazienti sono risultati aver perso peso da una settimana a 6 mesi dopo l'ictus e il 22% erano denutriti a sei mesi post ictus. Il monitoraggio continuo del rischio nutrizionale richiede la valutazione di una serie di parametri diversi. Una revisione sistematica sulla difficoltà di alimentazione post ictus evidenzia la necessità di valutare la capacità di alimentarsi in modo autonomo e il volume di cibo consumato. Altri fattori predittivi di rischio nutrizionale identificati sono: l'ictus grave, dipendenza severa, bassi livelli di pre-albumina, metabolismo del glucosio alterato e perdita di peso involontaria. Le evidenze sostengono la necessità di combinare i risultati di tutti questi parametri per fornire una valutazione accurata e costante dello stato nutrizionale, piuttosto che affidarsi a una singola misura. 7. Anche se molti strumenti di screening utilizzano l'indice di massa corporea come criterio per valutare la malnutrizione, una recente revisione ha concluso che il peso e i suoi cambiamenti sono più sensibili e più dinamici come parametri di screening nelle persone anziane. Pesare e misurare i pazienti colpiti da ictus può presentare alcuni problemi pratici, come la necessità di attrezzature specialistiche e di formazione. Il Malnutrition Universal Screening Tool (MUST), avviato nel 2004, è stato approvato dalla British Dietetic Association, dal Royal College of Nursing e dal Registered Nursing Home Association. Ulteriori informazioni sono disponibili presso il sito www.bapen.org.uk 11 Valutazione del rischio di disidratazione La disfagia è associata a disidratazione, ma non sono state identificate evidenze sui fattori predittivi. Non vi è alcuna evidenza di una chiara relazione tra l'aspirazione radiologico e la disidratazione orale. Valutazione clinica al letto del paziente Raccomandazioni 1. Una valutazione clinica standardizzata al letto del paziente (CBA) dovrebbe essere effettuata da un professionista esperto nella gestione della disfagia.(Grado B) L'utilizzo del CBA, sviluppato e testato da Logemann, o uno strumento simile, è raccomandato. (Grado B) Razionale Due revisioni sistematiche hanno valutato la sensibilità e la specificità della valutazione clinica al letto del paziente (CBA) della deglutizione orofaringea. La definizione di CBA varia tra gli studi. Vi è necessità di ricerca sulla CBA per definire uno strumento standardizzato che permettera un confronto diretto e l'aggregazione dei dati. Il CBA sviluppato da Logemann contiene 28 elementi ed è stato testato per l'affidabilità. Il raggruppamento di alcuni elementi aumenta la sensibilità e la specificità per l'individuazione di problema nella fase orale della deglutizione, aspirazione, ritardo e disordini nella fase faringea della deglutizione. Valutazione strumentale Raccomandazioni 1. Il test al bario modificato e la valutazione endoscopica della deglutizione sono entrambi metodi validi per valutare la disfagia. Il medico deve considerare qual'è il più appropriato per pazienti diversi in contesti diversi. (Grado C) Razionale Il CBA può essere utilizzato anche per determinare la necessità e opportunità di ulteriori valutazioni strumentali. I limiti del CBA, come ad esempio scarsa capacità di rilevare l'aspirazione silenziosa e scarsa informazione sull'efficacia di un intervento, significa che un sistema di valutazione strumentale affidabile, rapido e conveniente dovrebbe essere disponibile per tutti i pazienti dopo ictus acuto. Il test al bario modificato (MBS) è una valutazione dinamica della fase orale, della faringe e dell'esofago con videofluoroscopia. Essa fornisce una valutazione completa strumentale della deglutizione, determinando non solo se il paziente è a rischio di aspirazione, ma anche il perché. Il MBS è considerato il "gold standard" nella valutazione della disfagia, sia diagnostico che terapeutico. La valutazione endoscopica della deglutizione (FEES) si attua con un endoscopio flessibile introdotto dalle narici fino alla faringe. Due studi ben condotti indicano tale valutazione strumentale come economica, portatile e affidabile alternativa alla MBS. Nessuna anestesia è stata utilizzata in uno di questi studi prima di passare l'endoscopio. Il FEES ha mostrato di essere efficace quanto MBS nell'individuare penetrazione laringea, aspirazione e residui. Sensibilità e specificità sono i migliori per la penetrazione (100% e 75%) e l'aspirazione (88% e 92%). Inoltre costituisce un prezioso strumento per osservare il movimento del bolo attraverso l'ipofaringe e misurare l'efficacia della protezione delle vie aeree. Il FEES non può essere utilizzato per valutare la fase orale della deglutizione o i disturbi del movimento del bolo al momento della deglutizione. 12 TRATTAMENTO Modifica della dieta e utilizzo di tecniche compensative Raccomandazioni 1. Consigli sula modificazione della dieta e tecniche compensative (posture e manovre) dovrebbero essere dati a seguito di una valutazione completa della deglutizione. (Grado D) La dieta con modifica nella consistenza degli alimenti si deve presentate attraente e appetitosa. I pazienti devono avere una scelta di piatti.(Grado D) La dieta può essere integrata per consentire ai pazienti di soddisfare il fabbisogno nutrizionale. L'assunzione di liquidi e alimenti deve essere monitorata e, se indicato, richiedere la consulenza al dietologo. (Good practice point) Razionale La modificazione della dieta riguarda la struttura o viscosità del cibo e dei liquidi. Le tecniche compensative (manipolazione di testa o postura del corpo) o le manovre (manipolazione di un aspetto isolato del meccanismo della deglutizione) sono esercizi o strategie per facilitare o stimolare la deglutizione. L'obiettivo di queste strategie è quella di influenzare la velocità e la direzione del flusso del bolo. La modificazione della dieta e l'uso di posture o manovre hanno dimostrato di essere efficace in soggetti specifici utilizzando videofluoroscopia e standard di gestione della disfagia dopo l'ictus. Terapia della disfagia Raccomandazioni 1. Tutti i pazienti che presentano disfagia per più di una settimana dovrebbero essere valutati per determinare la loro idoneità ad un programma di terapia riabilitativa. Occorre prendere in considerazione: la natura della compromissione; l'idoneità del paziente in termini di motivazione e stato cognitivo. (Grado D) I pazienti con disfagia orofaringea dovrebbero aderire ad un programma di riabilitazione che comprenda esercizi riparatori oltre a tecniche di compensazione e modificazione della dieta. (Grado B) 2. A seguito degli esiti rilevati dallo screening nutrizionale, i pazienti identificati come denutriti e quelli a rischio di denutrizione, devono essere indirizzati ad un dietologo e considerati per la prescrizione di supplementi nutrizionali per via orale come parte del loro piano globale di assistenza nutrizionale. (Grado C) 3. I pazienti nella prima fase di recupero devono essere riesaminati ogni settimana da un team multidisciplinare, per accertare se necessitano di nutrizione enterale a più lungo termine (> 4 settimane). (Grado D) L'alimentazione attraverso gastrostomia percutanea endoscopica (PEG) è il percorso consigliato per i pazienti che necessitano di nutrizione enterale a lungo termine (> 4 settimane). I pazienti che necessitano di nutrizione enterale a lungo termine devono essere rivalutati periodicamente. (Grado B) Razionale 1. La gestione della disfagia è spesso basata su un approccio di compensazione. Approcci di terapia facilitatoria sono approcci terapeutici attivi che mirano ad avere un effetto diretto e duraturo sulla fisiologia della deglutizione dopo l'ictus. Un solo RCT che mette a confronto l'approccio standard per la gestione della compensazione della disfagia con l'inclusione di un intervento attivo di terapia comportamentale ha dimostrato una tendenza costante verso maggiori esiti positivi con una percentuale maggiore di pazienti che riescono a tornare ad una dieta normale e migliorare la deglutizione a sei mesi post ictus. Un piccolo RCT sull'efficacia di un programma di esercizi di potenziamento muscolare sovraioidei ha dimostrato miglioramenti significativi. Quattordici dei 27 pazienti presentavano disfagia cronica post-ictus e si alimentavano tramite SNG prima dell'intervento. I programmi di rafforzamento sopraioidei sono progettati per avere un effetto sulla biomeccanica della deglutizione faringea aumentando l'apertura esofagea 13 superiore e l'escursione laringea anteriore e riducendo il rischio di aspirazione post deglutizione. Uno studio di coorte che ha esaminato l'efficacia degli esercizi linguali, ha mostrato un effetto positivo su tutti i pazienti del campione, anche nei pazienti fino a quattro anni post ictus. 2. Lo stato nutrizionale scadente post ictus aumenta il tempo di permanenza in ospedale e il rischio di complicanze e di malnutrizione; al momento del ricovero è un indicatore di scarsi risultati a sei mesi dopo l'ictus. In uno studio multicentrico randomizzato e controllato di grandi dimensioni, i risultati non supportano l'uso di routine di supplementi nutrizionali per via orale in pazienti con ictus. Una meta-analisi, combinando i dati della sperimentazione FOOD con i dati della popolazione anziana ricoverata in ospedale, ha dimostrato una mortalità ridotta e meno complicazioni con la prescrizione di integratori nutrizionali per via orale per i pazienti identificati come denutriti. Questo studio ha evidenziato il problema della compliance del paziente con la supplementazione nel lungo periodo. Continua ad esserci una mancanza di evidenze su supporto nutrizionale attraverso la fortificazione degli alimenti e consigli dietetici specifici. 3. I pazienti con disfagia, che non sono in grado di soddisfare le loro esigenze nutrizionali dovrebbero essere considerati per la nutrizione enterale il più presto possibile, entro una settimana dall'esordio. Tale decisione deve essere presa da un team multidisciplinare in accordo con il paziente e i suoi familiari. Nonostante la mancanza di evidenze a sostegno della nutrizione enterale, molti pazienti tollerano bene il SNG e trarranno beneficio dalla somministrazione di nutrienti, fluidi e farmaci, per questa via, nelle prime settimane di trattamento . Uno studio prospettico di coorte di pazienti con disfagia dopo ictus suggerisce che l'alimentazione enterale precoce nei pazienti denutriti porta beneficio; non viene indicato però un tempo di inizio. Uno studio simile ha indicato che la decisione di inserire una PEG dovrebbe basarsi su: compromissione della deglutizione, necessità di alimentazione enterale per più di due settimane o incapacità di tollerare l'alimentazione tramite SNG manifestata in almeno due occasioni. Un report suggerisce che i pazienti con disfagia significativa a 5-7 giorni sono ad alto rischio di deterioramento nutrizionale e dovrebbe essere considerati per il precoce posizionamento di una PEG; tale studio però include un basso numero di pazienti. La sperimentazione FOOD è un insieme di tre studi multicentrici, internazionali, randomizzati e controllati che hanno arruolato pazienti ammessi in ospedale con un ictus. Due degli studi hanno chiesto se la tempistica e il metodo di alimentazione enterale per i pazienti disfagici colpiti da ictus hanno influenzato i loro esiti. I dati suggeriscono che a la nutrizione enterale precoce può ridurre la mortalità e che, se non ci sono seri motivi pratici per cui la PEG debba essere utilizzata, la nutrizione enterale dove essere somministrata attraverso un SNG. Gli studi non supportano la strategia di inizio precoce nutrizione enterale tramite PEG in pazienti disfagici colpiti da ictus. Igiene orale Raccomandazioni 1. Una buona igiene orale deve essere mantenuta nei pazienti con disfagia, in particolare in quelli con PEG o SNG, al fine di promuovere la salute orale e il comfort del paziente. (Grado D) Razionale: I pazienti con disfagia post stroke possono avere particolari problemi a mantenere una buona igiene orale. L'igiene orale è una parte importante della cura del paziente e non si deve presumere che i pazienti che non possono deglutire e vengono nutriti per via parenterale non richiedono cura della bocca. Una buona igiene orale deve essere mantenuta in tutti i pazienti per garantire la rimozione della placca, il non proliferare dei microrganismi patogeni in bocca, la prevenzione delle malattie orali e dentali e conseguente riduzione del rischio di polmonite ab ingestis. Gestione dei farmaci Raccomandazioni 1. Il metodo più appropriato di somministrazione dei farmaci dovrebbe essere valutato con il 14 consulto dei farmacisti.(Grado D) Razionale I pazienti con disfagia spesso hanno difficoltà ad assumere i farmaci. La somministrazione di farmaci tramite SNG o PEG può presentare dei problemi. Possono essere disponibili formulazioni alternative di farmaci e di vie di somministrazione. Non è sempre opportuno schiacciare compresse in quanto ciò potrebbe influire sulla farmacocinetica o sull'efficacia del farmaco; sono possibili anche interazioni farmaco-alimenti. Cura dei pazienti con disfagia Raccomandazioni 1. Il personale, i familiari e i pazienti dovrebbero essere formati sulle tecniche di alimentazione. Tale formazione deve comprendere: conoscenza delle modifiche di comportamento alimentare; la preparazione dei prodotti alimentari; la gestione dei fattori comportamentali e ambientali; cura dell'igiene orale; gestione in caso di soffocamento. (Grado D) Razionale Diversi pacchetti formativi per infermieri e caregiver sono stati descritti in letteratura, sia per la cura domiciliare che ospedaliera. I pacchetti formativi si differenziano per il livello di ingresso richiesto e vanno dalla semplice sensibilizzazione alle buone pratiche alla formazione specifica in tutti gli aspetti della cura della disfagia per un "Infermiere Specializzato in Disfagia". Tutti gli operatori sanitari deve possedere le conoscenze e le competenze per nutrire i pazienti con disfagia in modo sicuro. Gli effetti del danno cognitivo o comunicativo nella gestione dei pazienti disfagici Raccomandazioni 1. La comunicazione, la funzione cognitiva, e la capacità di processo decisionale devono essere routinariamente valutati nei pazienti con disfagia. (Grado D) Razionale Ai pazienti con alterazione cognitiva o comunicativa, le informazioni devono essere fornite in modo adeguato. Le barriere alla comunicazione efficace (in particolare disfasia o confusione) sono comuni nei pazienti con ictus e disfagia. I pazienti con ictus grave associato a disfasia (ad es totale sindrome cerebrale anteriore) o iniziale deterioramento cognitivo tendono ad avere una prognosi peggiore rispetto ai pazienti senza queste caratteristiche. Se un adulto è incapace di agire, fare, comunicare, comprendere, o ricordare le decisioni, qualsiasi trattamento medico deve essere formalmente certificato dal medico responsabile secondo i termini di legge. 15 16 LA FORMAZIONE DEL PERSONALE Formazione per lo screening e la valutazione Raccomandazioni 1. Tutto il personale coinvolto nella rilevazione e gestione della disfagia dovrebbe essere formato secondo le raccomandazioni del proprio gruppo professionale. (Grado D) Criteri standard dovrebbero essere stabiliti per l'interpretazione dei risultati delle valutazioni radiologiche e endoscopiche. (Grado D) Il pacchetto formativo per gli infermieri deve comprendere: fattori di rischio per la disfagia, i primi segni di disfagia; osservazione nelle abitudini del consumo di cibo, test del bolo all'acqua, monitoraggio di idratazione, peso e rischio nutrizionale.(Grado D) Razionale Pochi dati sono disponibili su formazione necessaria per diventare competenti in materia di screening della disfagia attraverso il test del bolo d'acqua. Uno studio suggerisce che l'affidabilità è migliore se gli esaminatori hanno ricevuto una formazione completa, sia teorica che pratica. E' generalmente riconosciuto che gli infermieri svolgono un ruolo fondamentale per l'identificazione precoce delle difficoltà di deglutizione. Una revisione sistematica di studi descrittivi raccomanda che la conoscenza e la pratica infermieristica dovrebbero includere: fattori di rischio, primi segni, l'osservazione delle abitudini alimentari, di controllo del peso, indice di massa corporea e idratazione. 17 CAPITOLO 2 PERCORSO PER LA GESTIONE PRECOCE DEL PAZIENTE ICTALE CON DISTURBI DI DEGLUTIZIONE Scopo Indicazioni per la realizzazione di un percorso multidisciplinare per la gestione del paziente ictale degente in reparti per acuti. Il percorso potrebbe essere successivamente implementato in contesti ove risultano degenti utenti con disturbi di deglutizione a diversa eziologia e/o diversi fattori di comorbidità. Obiettivi Identificare precocemente, nella popolazione ictale, pazienti con disturbi di deglutizione. Identificare precocemente pazienti da inviare a percorsi valutativi specifici. Identificare pazienti da avviare a percorsi di terapia specifici. Ridurre la insorgenza di complicanze a breve, medio e lungo termine legate a disfagia. Campo di applicazione Stroke unit, RI, RA, AS, OBI Definizioni AS: altro setting BSE: bedside swallowing evaluation F: Foniatra FI: Fisiatra FT: fisioterapista I: Infermiere L: Logopedista MR: medico referente di UO OBI: osservazione breve intensiva ORL: specialista otorinolaringoiatra PR: procedure di screening RA: reparti per acuti RD: Radiologo RI: reparti intensivi SEDD: studio endoscopico dinamico della deglutizione SRDD: studio radiologico dinamico della deglutizione T: terapia TN: team nutrizionale TO: terapista occupazionale Matrice delle Responsabilità/Attività Responsabilità I L MR F ORL RD FT TO TN R R R Attività 1 Valutazione di eleggibilità al percorso 2 Procedure di Screening R R 3 BSE R R R R R C C C R R 4 SEDD 5 SRDD 6 Terapia e counselling R = responsabile R C = coinvolto 18 R R Il Diagramma di flusso Medico Referente di UO Radiologo Foniatra Dieta Logopedista Foniatra ORL Infermiere Medico Referente di UO Logopedista Fisioterapista per Logopedista Medico Referente di UO Medico Referente di UO Terapista Occupazionale OS Team Nutrizionale Infermiere Procedure di Screening BSE SEDD SRDD PAZIENTI CANDIDATI TERAPIA Descrizione delle Attività Pazienti con disturbi di deglutizione devono essere identificati in ogni setting ospedaliero (RI, RA, AS, OBI) e valutati per verificarne l'eleggibilità al percorso. Le procedure di screening (allegato 2) hanno lo scopo di identificare pazienti con disturbi di deglutizione, anche potenziali e devono essere messe in atto entro le 24 ore dal ricovero. Vengono effettuate da personale addestrato, giornalmente o in base al giudizio clinico, fino alla stabilizzazione delle condizioni generali e delle abilità deglutitive. Le procedure di screening sono subordinate alla presenza di pre-requisiti alla alimentazione orale, che devono sempre essere verificati prima della procedura, e da una adeguata igiene orale. L’esito del test viene riportato in cartella clinica. 19 I pazienti identificati da procedure di screening vengono avviati a percorsi di valutazione più completi (bedside swallowing evaluation – BSE) (allegato 3). Il logopedista è la figura professionale indicata ad eseguire tale valutazione. Ove non fosse disponibile tale professionalità la BSE deve essere eseguita dal medico referente di UO. La BSE deve: 1) identificare pazienti da avviare ad una alimentazione adeguata per volumi e consistenze, 2) identificare le manovre e/o posture protettive sulle basse vie respiratorie, 3) identificare le abilità funzionali degli effettori in pazienti da avviare ad un percorso terapeutico. Nella valutazione clinica il medico di UO può avvalersi del fisioterapista per valutare i pazienti in trattamento riabilitativo neuromotorio. I pazienti selezionati dalla BSE e qualora sussistano le indicazioni cliniche, vengono avviati a procedure diagnostiche strumentali dinamiche (allegato 4), usualmente la valutazione endoscopica o radiologica. Il SEDD (studio endoscopico dinamico della deglutizione) è eseguito dall’otorinolaringoiatra o altra figura medica addestrata a tale procedura. dal foniatra, L’SRDD (studio radiologico dinamico della deglutizione) è eseguito dal radiologo, eventualmente in collaborazione con il foniatra o il logopedista o il medico referente di UO. Le procedure strumentali devono: 1) identificare gli aspetti fisiopatologici che causano disfagia, 2) valutare l’efficacia motoria e la sensibilità degli effettori della deglutizione, 3) verificare l’efficacia protettiva di manovre/posture o di altre strategie alimentari adottate. La BSE e il referto della valutazione strumentale devono fornire le indicazioni per impostare il piano terapeutico, elaborato e attuato da tutte le figure professionali coinvolte (medico referente di UO, logopedista, fisioterapista, terapista occupazionale, team nutrizionale, infermiere). Infatti il piano terapeutico può prevedere consegne di sorveglianza al pasto da affidare all’infermiere (counselling), adattamenti dietetici e comportamentali, un approccio indiretto sugli effettori orofaccilai e faringo-laringei o un approccio diretto mediante l’adozione di manovre e posture da utilizzarsi assumendo il bolo. Questi approcci possono essere utilizzati contemporaneamente. La terapia ha l’obiettivo di portare il paziente ad una deglutizione funzionale, ovvero protettiva sulle basse vie respiratorie e tale da permettere una alimentazione, idratazione e assunzione di farmaci adeguate. La continuità di cura deve sempre essere rispettata. Ovvero a passaggio attraverso ogni setting o al domicilio, deve essere predisposto un piano di dimissione del paziente che identifichi l’esito degli accertamenti fino a quel momento eseguiti in merito al disturbo di deglutizione e lo stato attuale del piano di trattamento oltre agli accorgimenti dietetici necessari a realizzare una deglutizione funzionale. Deve inoltre, essere predisposto un piano di sorveglianza (se sussiste necessità di controlli) e le figure professionali deputate a realizzarlo (ADI, MMG, caregivers). Indicatori/Parametri di Controllo n. pazienti con disfagia ricoverati/n. pazienti con complicanze respiratorie X 100 n. pazienti avviati ad altra procedura/ n. pazienti correttamente valutati X 100 n. giorni di degenza media in RI-RA in pazienti screenati/ pz non screenati+screenati X 100 Il principale indicatore di un percorso di gestione adeguato, è rappresentato dal numero di pazienti con disturbi di deglutizione correttamente identificati da procedure di screening, BSE o strumentali che non sviluppano complicanze (respiratorie, nutrizionali).La riduzione del numero di giorni di degenza in RI o RA è un altro indicatore utile. L’efficacia del percorso sarà rappresentata dal numero di pazienti che correttamente passano da un livello di valutazione a quello successivo. In relazione alla iniziale fluttuazione dello stato di salute che pazienti ictali presentano, è stimabile che circa il 60% di pazienti vengano avviati da procedure di screening ad una BSE e che dalla BSE il 40% di tali pazienti venga avviato ad una valutazione strumentale. Tali percentuali potranno essere legata alla esperienza del personale coinvolto nel team. Lista di Distribuzione Direttore Sanitario di Azienda, Direttore Assistenziale di Azienda, Direttore dei Presidi Ospedalieri, Direttore Sanitario di Presidio, Direttori di Dipartimento, Direttori di UO, Responsabile Infermieristico di dipartimento, Coordinatori di UO, ADI, NOA, RSA 20 LA RIABILITAZIONE IN FASE ACUTA Il trattamento riabilitativo è finalizzato alla prevenzione dei danni secondari, al migliore recupero funzionale compatibile con le risorse biologiche, ambientali e socio-familiari del paziente. Nell’ambito del modello organizzativo “stroke care” l’intervento riabilitativo dovrà possedere i seguenti requisiti: • presa in carico riabilitativa precoce entro 48 ore dall’ingresso in ospedale; • continuità assistenziale intraospedaliera e territoriale (passaggio corretto e guidato alla fase post-acuzie specificatamente riabilitativa, con l’obiettivo del miglior recupero funzionale possibile e di favorire un miglior reinserimento sociale utilizzando la rete dei servizi territoriali); • definizione di un progetto riabilitativo individuale (presa in carico globale del paziente con la definizione di uno specifico Progetto Riabilitativo Individuale da realizzarsi mediante l’attivazione di programmi di rieducazione motoria, cognitiva, relazionale e garanzia di un adeguato supporto psicologico). Gli interventi riabilitativi devono essere realizzati nel rispetto dei seguenti principi: operare per obiettivi chiaramente individuati e misurabili; sviluppare programmi riabilitativi da realizzare nell’arco dell’intera giornata; operare in team con modalità interprofessionali; individuazione del medico fisiatra responsabile del progetto riabilitativo; la definizione all’interno del Progetto Riabilitativo Individuale della continuità terapeutica extraospedaliera attraverso il coinvolgimento dell’equipe multiprofessionale territoriale; attivazione di adeguati strumenti per la comunicazione scritta ed orale quali la cartella clinica integrata e le riunioni periodiche del team finalizzate a stabilire e aggiornare gli obiettivi e sviluppare attività di audit interno al fine di migliorare la qualità e la sicurezza dell’intervento. È consigliato, di minima, l’utilizzo del protocollo di valutazione del paziente emiplegico vascolare elaborato dal gruppo di studio SIMFER Emilia Romagna. Nella fase ospedaliera dell’assistenza riabilitativa al paziente con ictus sono prevedibili le seguenti fasi riabilitative: Riabilitazione in Fase Acuta; Intensiva ed Estensiva Post-Acuzie. La presa in carico riabilitativa precoce non può essere ricondotta ad una semplice consulenza a chiamata, ma presuppone la partecipazione del fisiatra e dei professionisti della riabilitazione all’interno del team multidiscplinare e multiprofessionale della “stroke care”. In tale fase il ruolo di coordinatore del team multidisciplinare e multiprofessionale è assunto dal responsabile dell’area di degenza dedicata al ricovero dei pazienti con ictus in fase acuta. L’obiettivo specifico della riabilitazione in fase acuta (coordinata dal fisiatra), consiste nel garantire: • la realizzazione di programmi finalizzati a prevenire le complicanze; • valutare la disabilità complessiva mediante l’utilizzo della Scala di Rankin e del relativo gradiente di modificabilità e conseguente predisposizione, laddove necessario; • avviare precocemente il paziente alle altre strutture riabilitative ospedaliere e/o territoriali e/o favorire la dimissione protetta al domicilio del paziente. Qualora non vi sia l’indicazione ad una presa in carico riabilitativa, ma il paziente necessita comunque di assistenza, l’equipe multidisciplinare e multiprofessionale ospedaliera collaborerà con l’equipe multidisciplinare e multiprofessionale territoriale alla predisposizione di un adeguato piano assistenziale individuale. Se il paziente presenta caratteristiche cliniche di rischio di alta instabilità, il percorso più appropriato è verso aree e/o strutture di Lungo Degenza Post-Acuzie; se presenta caratteristiche di basso rischio d’instabilità clinica è più appropriato un percorso verso Strutture Residenziali protette o verso il proprio domicilio. 21 IGIENE DEL CAVO ORALE Scopo/Obiettivi Descrivere le modalità per l'esecuzione dell'igiene del cavo orale. Garantire il mantenimento dell'integrità e dell'idratazione della mucosa orale, la rimozione della placca batterica al fine di prevenire irritazioni, infezioni, alitosi e carie. Promuovere il comfort e la stima di se Campo di applicazione La procedura si applica in tutti i pazienti parzialmente o totalmente dipendenti delle UU.OO. di AVR Definizioni Aspirazione: Entrata di cibo o liquido nelle vie aeree. Valutazione: Raccolta e analisi dei dati soggettivi ed obiettivi sul rischio di un cliente o su un problema, per giungere ad un giudizio sulla cura dei bisogni del cliente Dentati: Nella terminologia dei denti, questa parola descrive un soggetto che ha alcuni o tutti i denti naturali. Edentuli: Si riferisce ad un individuo a cui mancano parzialmente o totalmente i denti. Gengivite: Infiammazione del tessuto gengivale senza recessione gengivale caratterizzato da infiammazione e rossore del tessuto gengivale e che sanguina con lo spazzolino Screening: Identificazione presunta di una malattia o difetto non riconosciuto dall'applicazione di test, esami o altre procedure che possono essere fornite rapidamente Matrice delle Responsabilità/Attività FIGURE RESPONSABILI INFERMIERE OSS Valutazione del bisogno di igiene del cavo orale R C Cura della protesi R C Identificazione degli strumenti e degli agenti di pulizia appropriati per l'igiene orale R C Determinazione della frequenza R C Esecuzione dell’igiene del cavo orale R C ATTIVITA’ R= responsabile C= coinvolto 22 Il Diagramma di flusso Paziente che richiede assistenza per l’igiene del cavo orale Valutazione del bisogno di igiene orale Presenza di Anormalità? Sì Riferire al medico Eseguire il trattamento prescritto No Presenza di protesi? Sì Cura della protesi No Identificazione degli strumenti e degli agenti di pulizia appropriati per l'igiene orale Determinazione della frequenza Esecuzione dell’igiene del cavo orale 23 Descrizione delle Attività Valutazione del bisogno di igiene del cavo orale L'utilizzo di uno strumento di valutazione del bisogno di igiene del cavo orale è utile per compiere l'accertamento iniziale e in itinere. Tale valutazione permette anche di identificare quali sono i pazienti a rischio di sviluppo di problemi, come la stomatite, la mucosite e le malattie parodontali. L'allegato 5 riporta la scala Oral Health Assessment Tool per lo screening Dentale modificato da Kayser-Jones e coll. (1995) by Chalmers (2004). Cura della protesi Spazzolare la dentiera, usando una spazzola da dentiera, regolarmente dopo ogni pasto o almenoprima di andare a letto per rimuovere i frammenti di cibo sciolto, la placca e le macchie. Sciacquando le dentiere sotto l'acqua dopo i pasti si rimuoveranno anche i frammenti di cibo sciolto. Non usare polveri abrasive o sostanze abrasive poiché graffiano la dentiera rendendola più suscettibile al trattenimento dei frammenti, della placca e alle macchie. Spazzolare attentamente sia la dentiera che le gengive. Dovrebbe essere usato uno spazzolino morbido per le gengive.Usare una spazzola diversa per pulire i denti naturali presenti. Se l’impiego di uno spazzolino da denti risulta doloroso, provare ad usare un dito avvolto in una stoffa pulita umida. Rimuovere la dentiera ogni notte, e riporla a bagno durante la notte nell'acqua calda con un detergente per dentiera. Mettendo a bagno la dentiera si rammollisce la placca e il tartaro. Rimuovendo la dentiera dalla bocca per molte ore si aiuta la prevenzione dell'irritazione gengivale e la possibile infezione da candidiasi. Dopo avere messo a bagno durante la notte la dentiera, risciacquare e spazzolare come descritto sopra prima di indossarla per il giorno. Identificazione degli strumenti e degli agenti di pulizia appropriati per l'igiene orale Il seguente elenco non intende essere inclusiva di tutto, ma fornisce piuttosto esempi per una serie di prodotti utilizzati nell'erogazione della cura igienica orale Spazzolini manuali: gli Spazzolini a setole morbide e molli sono da preferire per evitare danni ai denti e alle gengive. Gli Spazzolini con la testina piccola (pediatrico) possono essere più efficaci per arrivare nelle aree difficili (la forma e la taglia dello spazzolino da denti dovrebbe essere scelto correttamente per la bocca dei pazienti per un ottimale erogazione della cura orale). Gli spazzolini da denti dovrebbero essere sostituiti almeno ogni tre mesi. Mettere gli spazzolini da denti dritti per permettere all'aria di asciugarli. Dovrebbero essere spazzolati tutti i tessuti orali e non solo denti. I pazienti con dentiere hanno bisogno di spazzolare i tessuti orali con una spazzola molle. Spazzolini elettrici: gli Spazzolini da denti a motore, oscillando, ruotando possono essere più efficaci nel rimuovere placca che i tradizionali spazzolini da denti manuali Spazzolini con aspirazione: Report clinici suggeriscono l'uso di spazzolini da denti con aspirazione negli individui con disfagia diagnosticata o in coloro che sono intubati Prodotti per il risciacquo orale: i prodotti per il risciacquo a base di alcol dovrebbero essere evitati nei pazienti che hanno la bocca asciutta. Dovrebbero essere evitate le soluzioni combinate per il risciacquo Per gli individui con i denti le soluzioni per il risciacquo dovrebbero contenere fluoro. Il Fluoro è un agente chimico che rimineralizza e protegge i denti dalla demineralizzazione. Prodotti che contengono fluoruro (dentifrici e collutori orali) sono necessari solo nei pazienti con i denti. La soluzione o il gel di Clorexidina sono agenti antimicrobici. Consultare un farmacista, un team di dentisti e/o il medico prima di usare questo prodotto. È richiesta la prescrizione. L'uso a lungo termine della clorexidina orale può dar luogo ad alterazioni del gusto e a chiazze marroni sui tessuti duri e sulle dentiere. I Prodotti al fluoro dovrebbero essere usati separatamente con un minimo di due ore. La concentrazione preferita del prodotto è lo 0.12% (senza alcol per individui con bocca asciutta) Tamponi in schiuma: i tamponi di schiuma possono essere usati per applicare topicamente altri 24 prodotti nei pazienti che hanno la mucosa sensibile. Possono essere usati per rimuovere i frammenti di superficie, ma sono inefficaci per la rimozione della placca; gli spazzolini da denti sono più efficaci per la rimozione della placca e la stimolazione gengivale, anche quando sono combinati con sola acqua L'Utilizzo di uno spazzolino da denti per rimuovere i frammenti è più efficace. Usare con cautela nei soggetti che manifestano comportamento reattivo, che sono a rischio di morsicare e deglutire/soffocare con il tampone. Non usare tamponi con limone e glicerina. I tamponi al limone e alla glicerina causano il rammollimento e l'erosione dello smalto del dente Sostituti della saliva: possono facilitare la masticazione, la deglutizione, la fonazione e diminuisce i risvegli notturni a causa della bocca asciutta La medicazione delle gengive con clorexidina acetato/ xilitolo ha dimostrato di ridurre la stomatite da dentiera e le cheiliti Idratanti: i prodotti a base d'acqua sono raccomandati rispetto ai prodotti a base di petrolio (es. vaselina). I prodotti a base d'acqua Idratano i tessuti asciutti, mentre i prodotti a base di petrolio servono primariamente a prevenire l'ulteriore perdita di umidità. Se è una procedura sicura, il sorseggiare acqua, può essere la miglior idratazione Detergenti per la lingua: la lingua dovrebbe essere spazzolata o dovrebbe essere pulita per ridurre l'alito cattivo. Gli spazzolini per la lingua o i detergenti sono più efficaci nel ridurre l'alito cattivo, che il solo spazzolino Dentifrici: la scelta del dentifricio dovrebbe dipendere dalle necessità individuali del paziente/cliente. I dentifrici che non fanno schiuma dovrebbero essere usati negli individui con disfagia diagnosticata o per quelli che non tollerano la schiuma. I dentifrici al fluoro sono per i soggetti dentati. Le paste al Fluoro non sono richieste per coloro che sono edentuli. Se richiesto usare un dentifricio per denti sensibili. Detergenti interprossimali: il filo interdentale (Flossing) pulirà le superfici dei denti inarrivabili dallo spazzolino. Gli esempi di questo prodotti includono il tradizionale filo, bacchette per il flossing, stimolatori interdentali e scovolini (proxabrushes), Nistatina: agente antifungino comunemente prescritto per trattare le infezioni da candida. Consultare un farmacista, il dentista e/o il medico prima di utilizzare questo prodotto. Trattamenti umidificanti: trattamenti umidificanti ( acqua e soluzione fisiologica, saliva artificiale, gel umidificante, balsamo per labbra) sono da eseguire come trattamento preferenziale in caso di xerostomia, in combinazione /alternativa a soluzioni a base di acqua/soluzione fisiologica. Prodotti utilizzabili: − saliva artificiale a base di mucina o carbossimetilcellulosa (ci sono evidenze discordanti sulla sua efficacia nell’umidificare il cavo orale). − stimolanti salivari (trattamento umidificante preferenziale per alcuni target di pazienti). − tamponi umidificanti consentono l’umidificazione delle mucose, non svolgono alcun ruolo nella rimozione della placca e nell’igiene del cavo orale. Determinazione della frequenza L'igiene orale deve essere svolta almeno due volte al giorno, su una base routinaria. Spazzolare i denti due volte al giorno è considerata una norma sociale e comunque, questa raccomandazione è in relazione diretta con il controllo e l'accumulo del biofilm, della placca e dell'alitosi Esecuzione dell’igiene del cavo orale Sono state sviluppate una moltitudine di tecniche per spazzolare i denti, ma nessun metodo si è dimostrato essere superiore. La tecnica descritta di seguito è un esempio di un metodo per spazzolare i denti. Posizionare lo spazzolino da denti al margine della gengiva con un angolo di 45°. Pigiare leggermente le setole contro i denti e le gengive. Muovere lo spazzolino da denti con un movimento piccolo, vibratorio. Per pulire le superfici interne dei denti anteriori, mettere lo spazzolino da denti in posizione diritta e mettere le setole al margine della gengiva. Muovere lo spazzolino da denti nelle direzioni dalle gengive ai denti 25 Uno strumento molto utile per guidare l'erogazione della cura ad un cliente è il piano individuale di cura. Il piano di cura identifica i bisogni del cliente ed evidenzia il livello di servizi e cura necessari per soddisfare tali bisogni. Il piano di cura identifica: problemi determinati durante la valutazione iniziale; le mete centrate sul cliente, come si rapportano ai problemi identificati inclusi gli outcomes conseguibili; ed interventi o strategie che mirano a realizzare le mete desiderate. Quando viene regolarmente fatta una revisione e un aggiornamento, il piano di cura può offrire un'accurata, attinente e costante comunicazione tra tutti gli operatori. L'allegato 6 riporta un esempio di piano di cura in merito all'igiene orale. 26 CAPITOLO 3 PREVENZIONE E TRATTAMENTO DELLA MALNUTRIZIONE NELLO STROKE IN FASE ACUTA Redatto da: Gruppo disfagia nello stroke AV Romagna Benati Giuseppe, Coordinatore team nutrizionale Forlì Giaquinto Ester, Coordinatore team nutrizionale Cesena Ruggeri Federico, Coordinatore team nutrizionale Rimini Santini Daniela, Coordinatore team nutrizionale Ravenna Oggetto e scopo Descrivere tutte le attività eseguite dagli operatori medici, infermieristici e di supporto per la diagnosi ed il trattamento del paziente con stroke in fase acuta a rischio o con malnutrizione in atto. Lo scopo è di assicurare qualità e continuità della cura, prevenire e trattare la malnutrizione. Campo di applicazione Questa procedura si applica a tutti i pazienti con stroke in fase acuta. Definizioni Malnutrizione: lo stato di nutrizione in cui una carenza di energia, proteine o altri nutrienti causa eventi avversi attraverso modificazioni della composizione corporea, funzione e outcome clinico. (NA)=Nutrizione Artificiale: un intervento terapeutico mediante il quale è possibile soddisfare integralmente i fabbisogni nutrizionali di pazienti altrimenti non in grado di alimentarsi sufficientemente per via naturale. (NE)=Nutrizione Enterale: una forma di NA che utilizza l’infusione di nutrienti totalmente o parzialmente attraverso l’apparato digerente. (NP)=Nutrizione Parenterale: una forma di NA parziale o totale, che utilizza l’infusione per via venosa periferica o centrale di nutrienti in pazienti in cui i fabbisogni non vengono soddisfatti attraverso l’alimentazione orale o la NE. Integrazione orale: l’utilizzo di preparati a formulazione chimica definita, da somministrare per via orale in forma liquida o cremosa pronti all’uso, o in polveri da ricostituire, alcuni “nutrizionalmente completi”, in grado di rappresentare cioè la sola fonte nutrizionale, altri, definiti modulari, da aggiungere a cibi solidi e liquidi al fine di aumentare la proporzione di alcuni nutrienti (carboidrati, proteine). (BMI)=Body Mass Index: una misura dello stato nutrizionale, che considera il risultato del rapporto tra peso espresso in chilogrammi e altezza al quadrato espressa in metri. Variazione percentuale del peso abituale: è una misura in percentuale rispetto al peso abituale della differenza tra peso abituale e peso attuale. (MUST)=Malnutrition Universal Screening Tool: scala di valutazione rapida e semplice per identificare pazienti a rischio o con malnutrizione in atto. (PEG)=Percutaneous endoscopic gastrostomy: tecnica di nutrizione artificiale enterale che permette l’infusione di alimenti attraverso una gastrostomia percutanea confezionata per via endoscopica. 27 Generalità Lo “stroke” rappresenta una patologia in grado di incrementare fortemente il rischio di comparsa di uno stato di malnutrizione. Inoltre, frequentemente l’evento neurologico acuto insorge in pazienti anziani e polipatologici, caratterizzati da un elevato di rischio di malnutrizione: percentuali variabili dal 16 al 49% dei pazienti afferenti in ospedale per un ictus risultano già malnutriti. La presenza di un malnutrizione all’ingresso del paziente ictato rappresenta un indice prognosticamente negativo in termini di outcome, durata dell’ospedalizzazione, riabilitazione, prognosi quod vitam e costi. Di conseguenza, il trattamento della disfagia deve essere strettamente coordinato al trattamento della malnutrizione e del suo rischio. Il trattamento nutrizionale può avvenire per via naturale (con cibi di normale consistenza o di consistenza modificata, liquidi ispessiti di differente consistenza, supplementi modulari o nutrizionalmente completi), o in modo artificiale, attraverso una infusione di alimenti per via intestinale (NE) o per via venosa (NP). Identificazione del paziente a rischio o con malnutrizione Lo screening nutrizionale è uno strumento formale semplice, poco costoso e ripetibile di valutazione del rischio di malnutrizione. Esso rappresenta in questi pazienti il punto di partenza del processo nutrizionale. La valutazione del rischio nutrizionale deve essere effettuata entro le 48 ore dall’ingresso del paziente da parte del medico e infermiere referenti del paziente. I test di screening attualmente disponibili sono molti, con differente specificità e sensibilità, a seconda del setting assistenziale di applicazione. Il Malnutrition Universal Screening Tool (Allegato 7) rappresenta un test di facile esecuzione, con modalità semplici di addestramento del personale esecutore, applicabile in ambito ospedaliero in fase acuta e proponibile anche nel monitoraggio del paziente nelle fasi successive, in modo da garantire la massima continuità assistenziale. Il test è basato su tre items valutativi: BMI, variazione percentuale del peso rispetto al peso abituale negli ultimi 3-6 mesi, presenza di fattori acuti di malattia. Il primo items attribuisce un punteggio in base al calcolo del BMI, dato dalla formula seguente: Peso attuale (kg) ----------------------- = BMI (Kg/m2) [Altezza (m)]2 Il secondo item attribuisce un punteggio in base alla variazione percentuale del peso, calcolata con: Peso abituale anamnestico (kg) – Peso attuale (kg) ----------------------------------------------------------------- x 100 = ∆ % Peso abituale anamnestico (kg) Il terzo items attribuisce uno score in base all’effetto della patologia acuta sugli apporti previsti nei 5 giorni successivi alla valutazione. I punteggi raccolti per ciascun item devono essere sommati e lo score raggiunto definisce il rischio nutrizionale come basso, medio o alto. Ogni reparto che accoglie pazienti ictati in fase acuta deve essere dotato quindi di una bilancia pesa persone o di strumenti adatti alla valutazione del peso per pazienti allettati (es. sollevatore bilancia, pesa barelle, ecc). In caso il test di screening specifico esiti in un basso rischio di malnutrizione, il test va ripetuto alla dimissione dal reparto o comunque entro 7 giorni dalla presa in carico del paziente. Ove il test sia indicativo di medio o elevato rischio nutrizionale il paziente deve essere sottoposto ad una valutazione nutrizionale. 28 La valutazione nutrizionale Quando il test di screening risulti indicativo di medio o elevato rischio di malnutrizione devono essere registrati quotidianamente gli apporti con un diario alimentare (Allegato 8). La valutazione clinica complessiva, il grado di disfagia, la valutazione qualitativa degli apporti dal diario alimentare, l’andamento del peso e, in particolare in pazienti obesi, la valutazione dell’assetto proteico laboratoristico (protidemia totale, albumina, prealbumina sieriche) possono indurre il medico di reparto alla prosecuzione del monitoraggio, all’avvio di protocolli di trattamento concordati o all’attivazione diretta del Team nutrizionale di riferimento per la propria realtà. Il trattamento nutrizionale Counselling nutrizionale e le modificazioni di consistenza della dieta In presenza di bassi apporti nutrizionali misurati con diario alimentare, la prima strategia adottabile è il counselling dietetico, che consiste nel tentativo di migliorare gli apporti con strategie generali di implementazione attraverso la via naturale. In presenza di un rischio nutrizionale o di una malnutrizione e di un possibile disturbo della deglutizione compensabile con una modificazione di consistenza della dieta viene: • esclusa la presenza di fattori iatrogeni; • esclusa la presenza di fattori legati alla preparazione, fornitura, gusto degli alimenti; • tentata la modificazione di consistenza della dieta. Le strategie previste in questa fase comprendono innanzitutto la scelta di alimenti e di preparazioni più gradite, l'adeguamento delle porzioni, l'eventuale modifica della consistenza dei cibi e dei liquidi. In ogni realtà deve essere presente un percorso standardizzato di fornitura dalla cucina di pasti di consistenza differente (auspicabile l’utilizzo di almeno 4 consistenze: cremosa, tritata fine, tritata grossa, dieta facilitata o morbida). In caso di necessità di personalizzazione della dieta, viene richiesto l’intervento diretto del Team nutrizionale nella figura professionale della dietista. I supplementi orali In pazienti con stroke in cui, nonostante le modificazioni di consistenza della dieta, gli apporti sono inferiori ai fabbisogni ma superiori al 50% è indicato l’intervento con supplementi orali, di consistenza adeguata. Tali supplementi possono essere in polvere, in grado quindi di fortificare la dieta naturale ai pasti o in forma liquida e cremosa, da assumere invece preferibilmente a piccoli volumi refratti lontano dai pasti principali. La prescrizione del supplemento orale deve avvenire in modo chiaro nella cartella clinica del paziente, tracciando successivamente la somministrazione e la assunzione da parte del paziente, al fine di valutarne la compliance. La Nutrizione Enterale E’ oramai assodato che in caso di tratto gastroenterico funzionante la tecnica di nutrizione artificiale preferibile è quella enterale. La scelta della sede di infusione e della tecnica di enterale da adottare dipende da: tipologia di danno neurologico acuto, gravità del disturbo deglutitorio e previsione della durata di ridotti apporti per via naturale, stato nutrizionale presente alla presa in carico. La sede di infusione deve essere quella più fisiologica possibile, privilegiando quindi l’infusione gastrica, e riservando quella digiunale in pazienti con alterato stato di coscienza e rischio inalatorio da rigurgito di materiale alimentare. La previsione di una durata di un intervento con nutrizione enterale superiore alle 4 settimane privilegia la scelta del confezionamento di una PEG rispetto alla sonda naso enterale. I dati attualmente presenti in letteratura sul tempo di avvio di una NE sono contrastanti. E’ ragionevole pensare che una malnutrizione in atto prima del ricovero debba essere trattata precocemente (entro le 48/72 ore); in caso di un paziente ictato normonutrito il tipo di stroke e la previsione di ridotti apporti per un periodo superiore a 5 giorni può indurre all’avvio di una NE. Negli altri pazienti è possibile l’utilizzo di una supplementazione idroelettrolitica temporanea (inferiore a 5 giorni). L’avvio di una NE può avvenire su prescrizione diretta del Team nutrizionale o da parte del medico di reparto, secondo protocolli e modalità prescrittive concordate con il Team. In ogni caso, il piano nutrizionale prescritto deve contenere: il tipo di soluzione adottata, il volume giornaliero, la velocità di infusione con pompa, i volumi di acqua utilizzati per l’idratazione del paziente. La NP va riservata, in aggiunta se possibile ad una NE di minima, ai pazienti in cui la sola via enterale non è in grado di coprire i fabbisogni in modo completo. 29 La dimissione Il piano nutrizionale attuato durante la fase acuta e da realizzare nel postacuto deve essere esplicitato nella lettera di trasferimento medica e infermieristica del malato. In caso di passaggio in ambito territoriale tale piano va necessariamente concordato con il Team nutrizionale aziendale. Al fine di garantire anche per l’aspetto nutrizionale la massima continuità assistenziale, in caso di passaggio del paziente dalla fase acuta a: • domicilio – vanno seguite le procedure aziendali che regolano la dimissione protetta, con realizzazione di un piano nutrizionale concordato con il medico di medicina generale; • altre strutture territoriali (RSA/AAA, case protette) – concordato il piano con l’equipe medico infermieristica di struttura. 30 Allegato 1 SCHEMA DI SINTESI OPERATIVA A. SCREENING OBIETTIVO IDENTIFICAZIONE PRE-REQUISITI ED ELEGGIBILITA’ ALLA PROCEDURA VALUTAZIONE PER EVENTUALE PERCORSO DI CURA RIABILITATIVA OPERATORI COINVOLTI TEMPI Entro 24 Medico di U.O ore dal ricovero Fisiatra Entro 48 ore dal ricovero AZIONE F: FREQUENZA D: DURATA Valutazione F: giornaliero o a clinica del livello giudizio clinico di coscienza, postura, span D: su indicazione clinica attentivo Valutazione clinica F: su indicazione clinica D: su indicazione clinica STRUMENTI INDICATORI DI VERIFICA A giudizio del clinico Documentazione sanitaria A giudizio del clinico Documentazione sanitaria MUST N° di screening presenti in documentazione sanitaria a. PRE-REQUISITI ASSENTI − paziente malnutrito: alimentazione enterale entro 48 ore − paziente normonutrito: supplementazione idroelettrolitica temporanea (inferiore a 5 giorni) b. PRE-REQUISITI PRESENTI − somministrazione test di screening (vedi punto 2) SCREENING NUTRIZIONALE Medico di U.O Entro 48 Infermiere ore dal OSS ricovero Esecuzione del test (medico e infemiere) dopo rilevazione del peso (OSS) F: Basso rischio: alla dimissione o entro 7 giorni; Medio/alto rischio: il paziente deve essere sottoposto a valutazione nutrizionale D: 10 minuti 31 SCREENING DISFAGIA Infermiere Entro 24 ore dal ricovero Somministrazione F: giornaliero o a test e giudizio clinico aggiornamento documentazione D: 10-15 minuti circa sanitaria Test dell’acqua N° di screening presenti (protocollo SIGN n documentazione 2010) sanitaria a. SCREENING NEGATIVO − ripresa graduale alimentazione per os (modificazioni di consistenza della dieta) − osservazione del pasto (vedi allegato) b. SCREENING POSITIVO − si avvia il paziente a valutazione clinica non strumentale (BSE) B. LA RIABILITAZIONE IN FASE ACUTA OBIETTIVO PRESA IN CARICO RIABILITATIVA PRECOCE OPERATORI COINVOLTI Fisiatra Fisioterapista TEMPI AZIONE Definizione di Entro 48 ore un progetto dall’ingresso riabilitativo in ospedale individuale F: FREQUENZA D: DURATA F: giornaliero o a giudizio clinico D: su indicazione clinica STRUMENTI Progetto Riabilitativo Individuale INDICATORI DI VERIFICA Documentazione sanitaria C. VALUTAZIONE CLINICA NON STRUMENTALE (BSE) OBIETTIVO OPERATORI COINVOLTI Medico di U.O VALUTAZIONE CLINICA NON STRUMENTALE Logopedista /Fisioterapista opportunamente formati TEMPI AZIONE Entro 24 ore dalla positività dello screening Somministrazione della procedura 32 F: FREQUENZA D: DURATA F: a giudizio clinico D: 20-30 minuti STRUMENTI BSE (Logemann, Smithard) INDICATORI DI VERIFICA Presenza della valutazione clinica in documentazione sanitaria a. PAZIENTE ALIMENTABILE PER OS − ripresa graduale alimentazione per os secondo l’esito della BSE (vedi allegato) − counselling e consegne al pz e/o caregiver (vedi allegato) − identificare pazienti da avviare a procedure diagnostiche strumentali o ad altri specialisti del team (vedi punto C) − osservazione del pasto (vedi allegato) ulteriore BSE a giudizio del Medico di UO − ulteriore BSE a giudizio del Medico di UO b. PAZIENTE NON ALIMENTABILE PER OS − attivazione del team nutrizionale − counselling e consegne al pz e/o caregiver (vedi allegato) − identificare pazienti da avviare a procedure diagnostiche strumentali o ad altri specialisti del team (vedi punto C) − ulteriore BSE a giudizio del Medico di UO D. VALUTAZIONE CLINICA STRUMENTALE I pazienti selezionati alla BSE, e qualora sussistano le indicazioni cliniche, vengono avviati a procedure diagnostiche strumentali: OPERATORI COINVOLTI TEMPI Foniatra VALUTAZIONE CLINICA STRUMENTALE ORL Medico di U.O Dopo BSE OBIETTIVO Radiologo Foniatra VALUTAZIONE CLINICA STRUMENTALE Logopedista Medico di U.O Dopo BSE AZIONE F: FREQUENZA D: DURATA Somministrazione F: a giudizio clinico della procedura D: variabile Somministrazione F: a giudizio clinico della procedura D: variabile 33 STRUMENTI SEDD SRDD INDICATORI DI VERIFICA Presenza del referto della valutazione in documentazione sanitaria Presenza del referto della valutazione in documentazione sanitaria E. VALUTAZIONE NUTRIZIONALE OPERATORI COINVOLTI OBIETTIVO VALUTAZIONE NUTRIZIONALE Team nutrizionale e/o medico di UO secondo protocolli stabiliti con il team TEMPI AZIONE Valutazione clinica, degli apporti Entro 24 nutrizionali e dei ore dallo fabbisogni, screening individuazione di nutrizionale un piano nutrizionale di trattamento F: FREQUENZA D: DURATA F: a giudizio clinico D: 30 minuti STRUMENTI Antropometria; diario alimentare; esami di laboratorio INDICATORI DI VERIFICA N° di valutazioni presenti in documentazione sanitaria F. TRATTAMENTO, COUNSELLING E CONSEGNE AL TEAM OBIETTIVO TRATTAMENTO DISFAGIA OPERATORI COINVOLTI TEMPI Medico di UO Logopedista Fisioterapista T. occupazionale Infermiere Team nutrizionale Dopo osservazione e/o valutazione clinica strumentale/ non strumentale AZIONE F: FREQUENZA D: DURATA STRUMENTI INDICATORI DI VERIFICA TERAPIA DIRETTA: manovre e posture/esercizi con il bolo TERAPIA INDIRETTA: intervento sugli effettori oro-facciali e faringo-laringei MODIFICAZIONI DIETA STUDIO AUSILI 34 F: a giudizio clinico A giudizio clinico D: a giudizio clinico N°di trattamenti riportati in documentazio ne sanitaria Apporti prevedibili per os completi: counselling nutrizionale +/- variazione di consistenza della dieta; TRATTAMENTO NUTRIZIONALE Team nutrizionale e/o medico/infermiere Entro 48-72 di UO secondo ore dal protocolli stabiliti ricovero con il team Apporti prevedibili per os > 50% del fabbisogno: counselling+modificazione di consistenza della dieta+integratori nutrizionali; Schemi dietetici standardizzati per livello di consistenza; A giudizio clinico protocolli/procedure per la prescizione dei diversi trattamenti nutruizionali Apporti prevedibili < 50% del fabbisogno +/- malnutrizione con previsione di insuccesso degli interventi precedenti: nutrizione enterale (completa o integrativa) COUNSELLING Medico di UO Logopedista Fisioterapista T. occupazionale Infermiere Team nutrizionale Dopo osservazione e/o valutazione clinica strumentale/ non strumentale Colloquio con familiari, care-giver Passaggio consegne all’equipe assistenziale 35 ove necessario, vitto ospedaliero personalizzato (dietista); F: a giudizio clinico D: a giudizio clinico A giudizio clinico Materiale prestampato N° pazienti trattati con supplementi orali e N° pazienti con nutrizione enterale N° di colloqui riportati in documentazio ne sanitaria G. ALLEGATO F: FREQUENZA OBIETTIVO OSSERVAZIONE DEL PASTO OPERATORI COINVOLTI Medico di UO Infermiere OSS Logopedista FT TO TEMPI AZIONE Osservazione di: - voce gorgogliante Dopo - affaticabilità screening - distraibilità e/o val. - perdita di bolo dalla bocca clinica - tosse strumen - crisi asfittiche tale/ non - stasi di bolo in cavo orale strumen tale Valutazione apporti e compilazione del diario alimentare D: DURATA F: in base alle necessità 2- cura delle protesi Infermiere Oss A giudizio 3- identificazione strumenti e agenti di pulizia clinico del cavo orale 4- determinazione frequenza 5- esecuzione igiene cavo orale GESTIONE E SOMMINISTRAZIONE FARMACI Infermiere Medico di U.O. Valutazione formulazioni alternative e vie di somministrazione più idonee Su indicazio Preparazione del prodotto ne clinica Somministrazione farmaco 36 Check list di osservazione D: variabile 1- valutazione del bisogno di igiene del cavo orale IGIENE ORALE STRUMENTI F: a giudizio clinico D: a giudizio clinico OHAT: Oral Health Assessment Tool per lo screening dentale (modificato da Kayser-Jones e coll. 1995) by Chalmers 2004 Piano giornaliero di cura orale Procedura regionale gestione farmaci per os (inserire il nome corretto della procedura in allegato) INDICATORI DI VERIFICA N° check list compilate in documentazione sanitaria N° valutazioni apporti e diari alimentari compilati in documentazione sanitaria N° di OHAT compilate in documentazione sanitaria N° di piani giornalieri di cura orale in documentazione sanitaria Presenza di scheda integrata di terapia in documentazione sanitaria Allegato 2 PROTOCOLLO DI SCREENING FLI (SIGN 2010) Il paziente può star seduto con il tronco eretto e rimane sveglio e attento per almeno 15 min? no Non somministrare nulla per bocca e mantenere l’igiene orale. Considerare il supporto nutrizionale artificiale. Consultare il dietologo quando appropriato no Promuovere immediatamente l’igiene orale si Non somministrare nulla per bocca e richiedi una valutazione specialistica si Non somministrare nulla per bocca e richiedi una valutazione specialistica si La bocca è pulita? si Sedere il paziente e dare un cucchiaino d’acqua per 3 volte. Posizionare il dito a livello laringeo e sentire la deglutizione. Osservare ogni cucchiaino Sono presenti alcuni di questi segni? - assenza di deglutizione - tosse - tosse ritardata - alterazione della qualità vocale (chiedere al paziente di dire /a/) no Osserva il paziente bere con continuità un bicchiere d’acqua. Sono presenti alcuni di questi segni? - assenza di deglutizione - tosse - tosse ritardata - alterazione della qualità vocale (chiedere al paziente di dire /a/) no Inizia l’alimentazione orale (cibi morbidi) con cautela. Continua a osservare eventuale presenza di tosse o di infezioni toraciche e rivolgiti al logopedista se necessario PROTOCOLLO DI SCREENING AUSL RIMINI 37 NOME:……………………...….… COGNOME……………………….……… DATA……………….. PREREQUISITI: pz vigile pz risvegliabile pz collaborante tossisce a comando deglutisce a comando seduto al letto controlla il capo controlla il tronco STEP 1: Abilità comunicative pz afasico pz disartrico pz disfonico: voce soffiata voce gorgogliante ………………………………………………………………………………………………… Sensibilità tattile labbra cavo orale faringe (gag) presente presente presente assente assente assente Innalzamento laringeo normale ridotto STEP 2: 5 cucchiai piccoli di acqua gelificata Tempo di preparazione orale normale allungato ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… ……………………. Segni orali presenti: pooling drooling stasi di cibo ……….. assenti Segni respiratori presenti: tosse pre-deglutitoria tosse intra-degl. tosse post-degl. assentiM ………………………………………………………………………………………………… COMMENTI ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… 38 Allegato 3 LA VALUTAZIONE CLINICA NON STRUMENTALE – BSE La valutazione clinica non strumentale (Bedside Swallowing Evaluation) è formata da quattro parti: Anamnesi: generale e specifica (l’infermiere può agire da facilitatore anamnestico) Valutazione Informale (può essere eseguita dal medico referente: valuta le seguenti funzioni ◦ Stato mentale ◦ Linguaggio ◦ Articolazione e parola (speech) ◦ Respirazione e funzioni respiratorie ◦ Voce e risonanza ◦ Postura ◦ Labbra: sensibilità, forza e funzione sfinteriale ◦ Apertura della bocca ◦ Muscoli della masticazione ◦ Denti e parodonto ◦ Salivazione ◦ Sensibilità cavo orale e orofaringe (riflesso del vomito) ◦ Lingua: mobilità e forza ◦ Velo palatino ◦ Deglutizione volontaria − − − Valutazione formale: da eseguirsi da personale esperto e formato; prevede la esecuzione di test con diverse tipologie e volumi di bolo, verificando la comparsa di segni orali (drooling, pooling, espulsione di bolo dal tracheostoma, deglutizione multipla) o segni respiratori (tosse, voce gorgogliante). La presenza di questi segni può richiedere, in determinati contesti clinici, la esecuzione di esami strumentali. Esistono diversi protocolli di BSE, variamente standardizzati ma sostanzialmente esiste ancora molta variabilità fra i diversi centri. Vi è concordanza sul fatto che la BSE deve prevedere la valutazione dei pre-requisiti alla alimentazione (vigilanza, attenzione, orientamento), la possibilità di controllo del capo e del tronco e la valutazione della sensibilità, motricità e prassie delle strutture orofaringee e laringee. La possibilità di procedere in questa valutazione condiziona la esecuzione dei test con bolo. 39 BSE FUNZIONE VALUTAZIONE CLINICA NON STRUMENTALE Stato mentale Annotazioni: Linguaggio Annotazioni: Articolazione e parola Intelligibilità: _______________________________ Velocità: __________________________________ Errori predominanti: _________________________ Respirazione e Funzione respiratoria Tosse, raclage, sonorità, produttiva: _____________ Annotazioni: _______________________________ Espirazione prolungata (sec.): __________________ Voce e Risonanza Disfonia: roca, soffiata, umida. _________________ Rinolalia (chiusa, aperta): _____________________ Postura capo e tronco Simmetrica, flessione, estensione, lateralizzazione, rotazione: _________________________________ Altro: _____________________________________ Labbra Sensibilità: _________________________________ Forza: _____________________________________ Drooling: __________________________________ Apertura della bocca Normale, ridotta: ____________________________ Muscoli masticatori Massetere, temporale, pterigoidei: ______________ Annotazioni: _______________________________ Denti e parodonto Salivazione Sensibilità cavo orale e orofaringe Lingua Protesi: ____________________________________ Elementi mancanti: __________________________ Parodontopatie: _____________________________ Stato della mucosa: __________________________ Entità (pooling): ____________________________ Annotazioni: _______________________________ Lingua: ___________________________________ Archi palatini: ______________________________ Riflesso del vomito: _________________________ Osservazione generale: _______________________ Mobilità: __________________________________ Forza: _____________________________________ Velo del Palato Morfologia e mobilità (destra, sinistra): __________ Annotazioni: _______________________________ Deglutizione volontaria Normale, ridotta, assente: _____________________ 40 SCREENING PER LA DISFAGIA OROFARINGEA (Logemann et al 1999) Variabili legate alla storia medica 1. Storia di polmoniti ricorrenti 2. Frequenti innalzamenti della temperatura corporea 3. Sospetto di polmonite ab ingestis 4 Intubazione (1 settimana) o tracheotomia (6 mesi) prolungata si si si si Variabili comportamentali 5. Stato di veglia alterato 6. Agitazione/ridotta collaborazione 7. Ridotta attenzione/interazione 8. Non coscienza del deficit deglutitorio 9. Non coscienza delle secrezioni tracheobronchiali 10. Inabilità a gestire le secrezioni tracheobronchiali si si si si si si no no no no no no Funzioni grossomotorie 11. Scarso controllo posturale (incapacità a stare a busto eretto) 12. Affaticabilità si si no no Risultati dei test oro-motori 13. Alterazioni di anatomia o fisiologia orale, faringea o laringea 14. Incapacità a seguire i suggerimenti 15. Disartria 16. Debolezza della muscolatura facciale 17. Aprassia orale 18. Ridotta sensibilità orale 19. Contrazione delle pareti faringee allo stimolo del vomito 20. Assenza di deglutizione di saliva 21. Assenza di tosse e raschiare di gola volontari si si si si si si si si si no no no no no no no no no no no no no Osservazioni durante deglutizioni di prova (1 cc di acqua, 1 cc di budino, ½ biscotto) 22. Aprassia delle deglutizione si no 23. Residui intraorali si no 24. Tosse/schiarimento di gola si no 25. Ritardo di innesco del riflesso si no 26. Ridotta elevazione laringea si no 27. Voce gorgogliante si no 28. Ripetute deglutizioni per ogni bolo si no N° “sì” totali:......... N° “sì” nelle funzioni grossomotorie e nelle variabili comportamentali:......... N° “sì” nei test oro-motori e nelle osservazioni nella deglutizione:......... 41 Allegato 4 LA VALUTAZIONE CLINICA STRUMENTALE La valutazione clinica non strumentale (BSE) identifica pazienti da avviare a procedure diagnostiche strumentali. Il riscontro di segni orali o respiratori alla BSE rappresenta una indicazione alla prosecuzione delle procedure diagnostiche. La possibilità di una aspirazione silente, nei pazienti con stroke, va sempre considerata: in queste circostanze è opportuno avviare il paziente a procedure strumentali di studio della deglutizione (ASHA 2002, AHCPR 1999, Splaingard et al 1988). Lo studio strumentale della deglutizione deve permettere di identificare il momento patogenetico alla base del disturbo di deglutizione (Farneti 2001). Tale studio ha le seguenti finalità: - visualizzare gli effettori della deglutizione (cavo orale, sfintere velofaringeo, faringe, laringe ed esofago cervicale) - stimare l’efficacia della componente muscolare (simmetria, forza, pressione, tono, range e grado di movimento, coordinazione e velocità) - stimare la sensibilità dei distretti - stimare la presenza di aspirazione e la comparsa di tosse - stimare secrezioni a ristagno n faringe e laringe - stimare la natura esofagea di una disfagia - stimare la più sicura ed efficiente via di nutrizione ed idratazione - stimare la valenza protettiva sulle basse vie respiratorie di posture e manovre Lo studio radiologico ed endoscopico della deglutizione sono oggi ritenuti equivalenti nello studio di pazienti con disturbi di deglutizione. Gli studi che hanno posto a confronto studio radiologico ed endoscopico hanno dimostrato che entrambe le metodiche sono comparabili e presentano valori di sensibilità, specificità e capacità predittiva equivalenti (AHCPR, 1999; Gomes et al, 2004; Hiss et al, 2003, Leder, 1998). Un orientamento corretto è quello che consideri le due metodiche come complementari avendo, ognuna, vantaggi e svantaggi (vedi Tabella seguente). Sarà il clinico che, per ogni singolo caso, sceglierà la metodica più appropriata alla definizione diagnostica e alle indicazioni terapeutiche. SEDD e SRDD: vantaggi e svantaggi (Farneti, Favero in press) ESAME SEDD VANTAGGI SVANTAGGI Poco invasiva Esecuzione relativamente facile Ben tollerata Possibile per tempi prolungati (affaticabilità) Possibile in pazienti acuti, critici e non responsivi (eseguibile al letto) Ripetibile (impiego routinario) Economica Feed-bak terapeutico Stima la possibilità di alimentazione orale Uso di alimenti naturali Visualizzazione diretta delle strutture Studia la componete motoria e sensitiva dei distretti Visione prossima a quella tridimensionale Stima e gestione dei ristagni ottimale Studio in tempo reale dell’intero atto deglutitorio Parametrizzazione temporale SRDD 42 Studio non completo della fase faringea (white-out deglutitorio) Permette considerazioni indirette su - fase orale - fase esofagea Paura e disagio Scarsa visione in atti deglutitivi ripetuti Non possibile se alterazioni delle alte vie aeree Invasiva (rischio radiologico) Esecuzione talvolta disagevole Onerosa Ambiente dedicato Personale dedicato Visione bidimensionale Studio della sola componente motoria (reazione ad inalazione, se documentata) Affaticamento difficilmente valutabile Studio radiologico dinamico della deglutizione (SRDD). I protocolli di studio oggi utilizzati si basano sulla metodica del pasto baritato modificato (Logemann 1998). Tale protocollo permette di studiare la fase orale, faringea ed esofagea della deglutizione verificando il passaggio di bolo nelle vie aeree (aspirazione) ovvero il comportamento degli effettori al passaggio di diverse tipologie e volumi di bolo contrastati con bario. Allo stesso modo permette di verificare l’efficacia protettiva di manovre e posture. Esiste grande variabilità nella esecuzione della metodica e nella interpretazione dei risultati, con valori di variabilità inter-intraindividuale molto alta (66-98%) (Perry and Love 2001). La determinazione di aspirazione è il dato più affidabile benché la sua correlazione allo sviluppo di complicanze respiratorie è contraddittoria (Kuhlemeier et al 1998, Smithard et al 1996). La metodica è condizionata dalla esposizione a rischio radiologico, necessità di trasportare in setting dedicato il paziente e dalla necessità di personale dedicato (alto costo). È eseguita dal Radiologo con la presenza in consolle del Foniatra o del Logopedista. La strumentazione utilizza strumenti analogici o digitali, questi ultimi disponendo di algoritmi che ricostruiscono l’atto deglutitivo mediante 30 acquisizioni per secondo. Le tabelle che seguono riassumono le principali tappe dello SRDD Studio endoscopico dinamico della deglutizione (SEDD) È condotta senza anestesia, mediante un endoscopio a fibre ottiche introdotto in cavità nasale fino alla cavità del faringe. È una procedura di relativa facile esecuzione, ripetibile, economica e che espone il paziente a modesti rischi (epistassi); reazioni vagali sono estremamente rare (Farneti 2001). Può essere condotta, in alternativa allo studio radiologico (Aviv 2000, Langmore et al 1991) al letto del paziente, anche se in condizioni critiche o instabili. Permette lo studio della sola fase faringea della deglutizione (escluso il tempo del whiteout), ricavando informazioni indirette sulla fase orale ed esofagea. Lo SEDD permette uno studio elettivo dello sfintere laringeo, della sensibilità, oltre alla visualizzazione e gestione dei ristagni (Farneti 2008). Viene preferibilmente eseguita dal foniatra o da personale opportunamente formato sulla conoscenza della fisiopatologia della deglutizione e dei principi di riabilitazione (Position statement Commissione FEES – GISD, Schindler et al 2009). SEDD ha dimostrato la stessa affidabilità dello SRDD nella determinazione di penetrazione, aspirazione e studio dei ristagni. Si è dimostrata più sensibile e specifica nel determinare penetrazione (100% e 75%) e aspirazione (88% e 92%). Inoltre è un dispositivo utile per verificare la efficacia protettiva di manovre e posture (Langmore et al 1991). Le tabelle che seguono riassumono le principali tappe dello SEDD 43 Allegato 5 Sono disponibili numerosi strumenti di valutazione del bisogno di igiene del cavo orale (Atchison & Dolan, 1990; Bauer, 2001; Burke & Wilson, 1995; Calabrese, Friedman, Rose & Jones, 1999; Berger & Petersen, 1988; Fitch, Munro, Glass, Pellegrini, 1999; Jenkins, 1989; Kayser-Jones, Bird, Paul, Long & Schell, 1995; MacEntee & Wyatt, 1999; Roberts, 2000; Thai, Schuman & Davidson, 1997) ma solo pochi di questi strumenti sono stati convalidati attraverso trials clinici randomizzati e ripetuti. La selezione dello strumento di assessment è stata fatta sulla base del setting di riferimento in quanto convalidato per l’uso nelle lungodegenze o nei setting di cura residenziali, e può essere usato su soggetti con disturbi cognitivi e per la relativa semplicità di utilizzo dell strumento stesso. Oral Health Assessment Tool per lo screening Dentale (modificato da Kayser-Jones e coll. (1995) by Chalmers (2004) Cliente: Compilato da: Data: Punteggio: il punteggio finale è dato dalla somma dei punteggi delle otto categorie e possono variare da 0 (molto sana) a 16 (molto malsano). Anche se il punteggio cumulativo è importante per valutare la salute orale, il punteggio di ciascun elemento deve essere considerato individualmente. Se ogni categoria ha un punteggio di 1 o 2, è necessario richiedere per il paziente una visita dal dentista. Categoria 0 = salute 1 = modifiche 2 = poco sano Labbra Lisce, rosa, umide Secche, screpolate, rosse ai lati Gonfie, pezzi ulcerati bianchi,rossi, sanguinanti o ulcerate ai lati Lingua Normale, umida, ruvida , rosa Chiazzata, fissurata, rossa, Chiazze rosse o bianche, ulcerata, gonfia Gengive e tessuti Rosa, Umide, lisce non sanguinanti Secche, lucenti, ruvide, gonfie, ulcera/piaga sotto la dentiera Gonfie, sanguinanti, ulcerate, con chiazze bianche/rosse, arrossate sotto la dentiera Saliva Tessuto umido, flusso salivare libero e acquoso Secchezza, tessuto appiccicoso, poca saliva, il cliente sostiene di avere la bocca secca Bruciore e rossore, poca saliva presente, la saliva è spessa, il cliente sostiene di avere la bocca secca Denti naturali Si/No Denti e radici sane 1-3 denti o radici danneggiate, o denti molto danneggiati 4 o + denti mancanti o radici danneggiate, oppure denti molto danneggiati, meno di 4 denti Dentiera Si/No Nessun dente o 1 area o dente danneggiato, area danneggiata, indossata solo 2-3 ore die, ben indossata fissa non fissa, allentata Più di 1 area o dente danneggiato, smarrita o non indossata, necessita di adesivo, non fissa Pulizia orale Pulita, non cibo o tartaro in bocca o sulla dentiera Cibo, tartaro, placca su 1-2 Cibo, tartaro, placca sulla maggior aree della bocca o su piccola parte della bocca o della dentiera, area della dentiera, alitosi alitosi grave Dolore ai denti Nessun comportamento, parola o segno fisico di dolore Segni orali o comportamentali di dolore, come il fare smorfie, masticare le labbra, aggressività, inappetenza Inviare da un dentista Iniziare gli interventi di cura orale Rivedere ancora l’igiene della persona Data:____/____/______ 44 Punti Segni di dolore (gonfiore della guancia, gengive, denti rotti o ulcere) così come segni verbali o comportamentali (smorfie, inappetenza, aggressività) ___ 16 Allegato 6 PIANO GIORNALIERO DI CURA ORALE Cliente:____________________ __________ Stanza:_____________Data:______________ Denti naturali: Superiore Dentiera: Superiore Inferiore Inferiore Denti Naturali L’igiene Orale necessita di miglioramento Spazzola i denti e la linea della gengiva Usa prodotti per la bocca secca Non usa spazzolini Dentiera Rimuove la dentiera di notte La dentiera necessita di ammollo in aceto Riporre la protesi in acqua a temperatura ambiente Trattare il palato rosso/candidasi La dentiera necessita di pulizia (giornaliera) 45 Dentiera parziale: Superiore Inferiore Senza Denti No assistenza Minima assistenza 46 Cura totale Allegato 7 MUST (Malnutrition Universal Screening Tool) BMI Perdita di peso in 3-6 mesi Effetto di patologia acuta 0 ≥20.0 0 ≤5% 1 18.5-20.0 1 5-10% 2 ≤18.5 2 ≥10% Aggiungi uno score di 2 se non c’è stato o è verosimile che non ci sarà nessun apporto per > 5 giorni Aggiungi i punteggi RISCHIO TOTALE DI MALNUTRIZIONE 0 1 ≥2 BASSO MEDIO ALTO TRATTAMENTO DI ROUTINE OSSERVAZIONE TRATTAMENTO Ospedale – ogni settimana Ospedale – diario di 3 gg Struttura – ogni mese Struttura – come in ospedale Ospedale – riferisciti a personale qualificato per l’implementazione degli apporti Ripeti lo screening Comunità – ogni anno per gruppi Comunità – ripeti lo screening da speciali (es < 75 aa) 1 a 6 mesi Struttura – come in ospedale Comunità – come in ospedale 47 Allegato 8 DIARIO ALIMENTARE DATA COGNOME E NOME NUMERO LETTO PAZIENTE COLAZIONE PRANZO CENA SPUNTINO 1 SPUNTINO 2 48 Allegato 9 LA FORMAZIONE DEL PERSONALE Tutto il personale coinvolto nella rilevazione e gestione della disfagia deve possedere le adeguate conoscenze in merito a tutti gli aspetti riguardanti l’argomento nonché adeguata esperienza clinica pratica. Gli elementi da prendere in considerazione per l’addestramento teorico e pratico del personale sono i seguenti: − fattori di rischio per la disfagia, − primi segni di disfagia; − osservazione nelle abitudini del consumo di cibo, − test del bolo all'acqua, − monitoraggio idratazione, − peso e rischio nutrizionale. − screening, valutazione clinica e strumentale di pazienti disfagici − valutazione clinica non strumentale − valutazione clinica strumentale − piano di trattamento: principi generali, terapia diretta e terapia indiretta Per poter realizzare una formazione completa, sia teorica che pratica si può abbinare un corso di formazione a distanza che tramite la piattaforma e learning di area vasta potrebbe raggiungere un gran numero di operatori con una formazione su campo per l'addestramento. 49 Allegato 10 GLI STRUMENTI PER LA MISURAZIONE DEL PESO CORPOREO Il monitoraggio del peso corporeo è un fattore fondamentale nella valutazione del rischio di malnutrizione nel paziente colpito da ictus; gli strumenti per la misurazione del peso corporeo vanno dai letti bilancia, sollevatori con bilancia incorporata, pesapersone elettroniche, bilancie basculanti. Da una ricognizione effettuata presso le aziende di AVR è emerso il seguente quadro: Azienda Tipologia di bilancia Numero Ubicazione AUSL Rimini Sollevatore con pesapersona 8 Rianimazione, post acuti, geriatria e ortopedia Letti o poltrone bilancia 30 Dialisi 50 BIBLIOGRAFIA Agency for Health Care Policy and Research. Diagnosis and treatment of swallowing disorders (dysphagia). Evidence Report Technology Assessement n. 8, 1999. Agency for Health Care Policy and research. Diagnosis and treatment of swallowing disorders (dysphagia). Evidence report Technology assessment n. 8, 1999. ASHA Special Populations: Dysphagia. Edition Rockville MD 2002 ASHA Special Populations: Dysphagia. Edition Rockville MD 2002. Aviv JE. Prospective, randomized outcome study of endoscopy versus modified barium swallow in patients with dysphagia. Laryngoscope 2000; 110(4):563-74. Circolare 4 2004 Regione Emilia Romagna. ESPEN guidelines for nutrition screening 2002.Clin Nutr 2003;22(4): 415–421. 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