Il processo “Minotauro" e il processo “Colpo di coda” non si sono

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Il processo “Minotauro" e il processo “Colpo di coda” non si sono
Il processo “Minotauro" e il processo “Colpo di coda” non si sono ancora conclusi ma hanno
evidenziato un unico aspetto degno di essere ricordato. Parliamo dell’interessamento della
‘ndrangheta alle elezioni del 2011.
La politica, i segretari cittadini di partito, tutti coloro che parteciparono alle elezioni di quell’anno,
hanno mai fatto autocritica sulle tattiche e sulle strategie messe in campo per vincere le elezioni?
Minotauro e Colpo di Coda saranno ricordati a lungo a Chivasso per un altro motivo.
Queste due operazioni fanno luce su un fenomeno prima poco conosciuto, percepito come
lontano e soprattutto confinato in una criminalità rozza e violenta: usura, droga, morti
ammazzati, pistole e fucili. Un fenomeno lontano dall’economia cittadina, dalla società
civile e dalla politica. L’8 giugno 2011 abbiamo aperto tutti gli occhi su un problema nuovo
e vicinissimo a noi.
Da allora tutto è cambiato. Ci sono stati in questi anni molti momenti di riflessione – grazie
soprattutto a Libera – che hanno aiutato a capire e che hanno anche messo fortemente in
discussione il modo di fare politica. Ci tengo però a sottolineare due cose.
Primo: guai a chi pensa che il problema non lo riguardi. Le forze politiche di opposizione –
centrodestra e M5S – probabilmente per motivi diversi non hanno mai partecipato a questi
momenti formativi. O non sono interessati o pensano evidentemente di essere al di sopra del
problema. E’ un grave errore e in prospettiva un fatto molto pericoloso per Chivasso.
Secondo: non si tratta di fare autocritica sulle strategie per vincere le elezioni. L’accordo con
l’UDC dal punto di vista politico era la cosa giusta da fare e la rifarei oggi stesso. Non si
possono valutare le scelte fatte prima dell’8 giugno con le conoscenze di oggi.
Spiegati meglio
Se avessimo avuto anche solo il sospetto che dentro l’UDC di Massimo Striglia fosse
annidata una costola dell’ndrangheta mai avremmo fatto un accordo elettorale.
Nessuno ha venduto l’anima al diavolo per vincere le elezioni del 2011 e mai né a me né ad
alcuno dei segretari di allora (Vitale, Riva Cambrino, Cambursano, Debernardi) furono fatte
proposte o richieste anomale.
Anche ciò che emerge da alcuni atti processuali è assolutamente fuorviante. Chi dice che
“consapevolmente” il centrosinistra avrebbe stretto accordi con la ‘ndrangheta dice il falso.
Una diffamazione da cui purtroppo non abbiamo potuto difenderci in tribunale in quanto
chiamati semplicemente a testimoniare su precise domande. Il fatto che sia di moda parlar
male della politica non può giustificare una falsa rappresentazione della verità.
La classe politica di oggi in che cosa può dirsi diversa da quella che nel 2011 scese in campo con
liste e candidati
Come dicevo, oggi è diversa la consapevolezza del fenomeno e dei meccanismi che portano
le mafie ad annidarsi nell’economia e nella politica.
Devo però aggiungere che subito dopo Minotauro il centrosinistra ha reagito con
determinazione. Tutti ricordiamo i primi consigli comunali con De Mori. Proviamo a
rileggere i giornali e analizzare cosa veniva scritto sul centrosinistra che decise di escludere
Striglia dalla giunta. Fu una decisione difficile ma giustissima. Allo stesso modo fu una
decisione difficile ma saggia quella di Ciuffreda di escludere i Moderati dalla competizione
del 2012.
Che cosa si è fatto per renderla diversa?
La classe politica esistente cambia solo grazie alla formazione. E su questo ci siamo
impegnati veramente a fondo anche se qualcuno dice che è solo “aria fritta”.
La nuova classe politica invece, oltre allo sforzo di selezione e la predisposizione di codici
etici, si costruisce grazie ai cittadini. Sono loro che nel tempo selezionano i politici con il
voto e costruiscono i propri rappresentati. Chiedo a tutti di darci una mano in questo. Serve
più partecipazione e certo il clima generale di antipolitica non aiuta.
L’ex Procuratore Capo di Torino Caselli davanti alla Commissione parlamentare antimafia ha detto
che la giunta del sindaco Gianni De Mori, vincitrice alle elezioni del 2011, sarebbe stata sciolta, se
De Mori non si fosse dimesso. Il centrosinistra chivassese è consapevole che sarebbe potuto
avvenire tutto questo e non è avvenuto per semplice casualità?
Certamente ne siamo consapevoli. Aggiungiamo però una cosa. Il centrosinistra – lo stesso
centrosinistra con in testa il PD – nel 2012 ha rivinto le elezioni. Gli elettori e poi anche la
commissione di inchiesta hanno capito che l’attuale classe dirigente era estranea a quel
mondo.
Il centrodestra dal 2011 sino ad oggi ha sempre mantenuto un profilo basso. Non è anomalo che un
sindaco (parliamo di Libero Ciuffreda) di centrosinistra, cioè di una coalizione che ha rischiato di
finire commissariata per fatti di ‘ndrangheta, continui insistentemente a mischiare le carte, volando
alto sui fatti contestati dalla Procura della Repubblica nell’ambito di Minotauro e molto basso su
altri avvenimenti ormai datati?
Io non penso che si tratti di volare alto o basso. Come amministratori ci ritroviamo spesso
con fatti del passato che tornano attuali: il PalaLancia, Chind, ex-Convento di via del
Collegio ecc. Non si può tacere sulle cattive gestioni che hanno ancora oggi ripercussioni
importanti. I fatti recenti di ‘ndrangheta non sono taciuti: sono al centro di molte nostre
iniziative, dalla Consulta per la Legalità al decalogo L10 sottoscritto con Libera.
Dopo quasi cinque anni al governo della città, quanto è produttivo continuare a rivangare un passato
che se anche avesse degli scheletri nell’armadio, al di fuori di fatti collegati alla ’ndrangheta,
sarebbero già prescritti?
Come dicevo non ha senso se questi fatti sono circoscritti al passato. Ma invece ha senso
quando ad esempio dobbiamo spiegare perché Chind rischia oggi di fallire. Chivasso non
può dimenticare il passato. Oggi Pasteris più volte ha ribadito la sua estraneità con il
passato che lo ha preceduto. Giusto. Ma alle prossime elezioni chi saranno i suoi compagni
di viaggio? Sbaglio a dire che saranno più o meno gli stessi di allora?
Che senso ha, a giudizio della segreteria del Pd, che un sindaco denunci in un’intervista a Klaus
Davi, fatti di ‘ndrangheta su cui nessuno sta indagando. Parliamo della macchina rigata
parcheggiata nel cortile del palazzo municipale. E che senso ha che un sindaco sostenga di vivere
sotto lo stretto controllo delle Forze dell’Ordine…
Bé, non si tratta certo di dare un giudizio politico. E’ vero che normalmente gli avvertimenti
mafiosi sono di tipo diverso, ma io penso che l’intenzione del Sindaco fosse quella di
sottolineare come a Chivasso certi segnali anche “minori” possano essere vissuti con una
preoccupazione diversa e maggiore, con un disagio finora sconosciuto. Da sempre c’è uno
stretto contatto con le Forze dell’Ordine ma ovviamente questo non vuol dire che il Sindaco
sia sotto scorta.
Nel 2010, pochi mesi prima delle elezioni e quasi un anno prima degli arresti Minotauro, La Voce
del Canavese pubblicò un dossier sulla ‘ndrangheta prendendo spunto dall’inchiesta Crimine della
Procura della Repubblica di Milano. Tra le altre cose e leggendo quegli atti, venimmo a sapere e lo
abbiamo scritto che sino a quell’anno ancora non esisteva una locale di ‘ndrangheta nella nostra
città. Il centrosinistra o se preferisci il Pd, di fronte a quelle notizie, cosa pensò. A quel dossier, ma
anche all’omicidio di un Ursini che abitava a Chivasso o di fronte alle armi ritrovate al bar il
Timone e a casa dei Trunfio?
La nascita della “locale” chivassese in realtà è precedente. Il riferimento in Crimine è
inesatto. Le indagini di Minotauro hanno dimostrato – con varie intercettazioni ambientali che nel 2008 c’è un’ambasciata in Calabria che chiede di aprire una seconda locale nel
chivassese. (Quella poi aperta a Livorno Ferraris)
La “locale” di Chivasso nel 2008 era quindi già attiva da tempo.
In ogni caso ho riletto proprio nei giorni scorsi il dossier e ti confermo l’impressione che era
peraltro il nostro “vissuto” di allora. Una ‘ndrangheta violenta, droga, pistole e fucili. I
riferimenti ai Trunfio non c’erano. E’ vero che i politici devono essere più attenti a questi
fenomeni. Lo abbiamo imparato. Ma è altrettanto vero che il nostro mestiere non è fare
indagini e stabilire chi è colpevole e di che cosa. Addirittura gli stessi principi di legalità ci
impongono di considerare con molta attenzione una presunta colpevolezza legata ai “si
dice”. Dobbiamo piuttosto essere sempre onesti, rinunciando a pratiche o richieste illecite
sia che lo chieda un ‘ndranghetista calabrese sia che lo chieda un contadino piemontese da
cento generazioni.
Un amministratore onesto potrà certamente stringere la mano ad un mafioso perché non lo
conosce ma non esiterà un attimo a cacciarlo via quando gli chiederà di favorirlo in un
appalto o se gli proporrà voti in cambio di favori.
Ancora nel 2011 in campagna elettorale giravano buoni benzina, promesse di lavoro, singoli
candidati da 500 voti. Altro che i 150 voti della “cordata” Trunfio. Quella stagione politica
spero sia chiusa per sempre e non si riapra più.