Un`“anatra all`arancia” cucinata in salsa leggera per gli spettatori di

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Un`“anatra all`arancia” cucinata in salsa leggera per gli spettatori di
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MARTEDÌ 26 GENNAIO 2010
il Cittadino
Cultura & Spettacoli
n Il confine tra leggerezza e ba­
nalità spesso è sottile: L’anatra
all’arancia, la commedia di
Marc Gilbert Sauvajon tratta
dal romanzo The secretary bird
di William Douglas Home, è or­
mai un classico del teatro legge­
ro, sospesa tra l’atmosfera da
sophisticated comedy, fatta di
battute incalzanti, e un ritmo
da vaudeville, caratterizzato
dalla rapidità dell’azione e dal­
l’accumularsi di imprevisti ma­
liziosi. Riproposta in un adatta­
mento curato e diretto da Ennio
Coltorti e interpretato da Cor­
rado Tedeschi e Debora Caprio­
glio, la commedia è passata sul
palcoscenico delle Vigne a Lodi
domenica sera, per la stagione
di Prosa 1. L’impressione è pre­
cisamente che
la le ggere zza
ariosa e frivola
di un testo col­
laudatissimo
in numerose ri­
prese teatrali e
cinematografi­
ch e s i a s t at a
banalizzata, so­
prattutto a cau­
sa del trasferi­
mento del­
l’azione da un
cottage inglese
a una villa neo­
cafona in una
Brianza di ma­
niera, in un in­
treccio nel qua­
le infastidisco­
no soprattutto
le caratterizza­
zioni minori,
la se g retaria
bella e svampi­
ta Patty Pat, af­
fidata alla im­
barazzante ex
miss Italia Glo­
ria Bellicchi, e
la sguaiata e
invadente ca­
meriera brian­
zola interpreta­
ta da Gioietta Gentile, brava at­
trice e doppiatrice, qui costretta
in un ruolo farsesco ed esagera­
to, di una comicità lontana dal­
l’umorismo “freddo” del testo
(arriva un ennesimo mazzo di
fiori? Commento «Qui sembra
di essere all’orto botanico!» e
via di questo passo). I due prota­
gonisti sono bravi e Tedeschi
sfrutta non solo la sua forma­
zione teatrale di tutto rispetto,
ma il suo innegabile piglio da
comunicatore, adoperato con
garbo anche nella lunga espe­
rienza televisiva, al servizio di
una interpretazione per quanto
possibile misurata, anche dove
è obbligato a gigioneggiare per
esigenze di ruolo, quello del ma­
rito impenitente dongiovanni,
bugiardo, inaffidabile, cinico e
fedifrago. È brava anche Debora
Caprioglio, la moglie insoddi­
sfatta che medita una fuga ro­
mantica con il suo nuovo inna­
morato,e poi finisce per scopri­
re che il bugiardo, inaffidabile,
fedifrago eccetera eccetera è
proprio quello che lei, nono­
stante tutto, ama, e nel finale i
due si accingono a partire per il
loro settimo viaggio di nozze.
Lo spettacolo, comunque, è sta­
to molto apprezzato dal pubbli­
co, che ha riempito la sala oltre
il “tutto esaurito”, imponendo
addirittura di aggiungere una
fila supplementare di sedie, e
che ha mostrato di apprezzare
ritmi e toni della commedia con
risate e applausi anche a scena
aperta; tanto che Tedeschi, in
chiusura, ha voluto sottolineare
il piacere di questo nuovo in­
contro con il pubblico lodigiano
(l’attore era stato a Lodi anche
nella scorsa stagione con un
originale allestimento del pi­
randelliano Uomo dal fiore in
bocca), con il quale, evidente­
mente, si trova in grande sinto­
nia.
Annalisa Degradi
O L T R E
I L
P A L C O S C E N I C O
La fede di San Paolo,
la preghiera di Testori
Rossella Mungiello
Un testo appesantito
da troppi caratteristi
ALLE VIGNE
UNA RIVISITAZIONE “BRIANZOLA” DELLA COMMEDIA
Un’“anatra all’arancia”
cucinata in salsa leggera
per gli spettatori di Lodi
Debora
Caprioglio
e, sopra,
l’attrice
in una scena
con Corrado
Tedeschi
(anche in alto)
Un pizzico di follia
e una strana coppia:
l’ironia di Simon
ha stregato Casale
n Mettete quattro amiche, una più
sconclusionata dell'altra in una ca­
sa tra bucce di banane e panni non
stirati, tra cenere di sigarette e
partite a Trivial. È questo l'incipit
de La strana coppia, divertente
commedia nella versione al femmi­
nile di Neil Simon, per la regia di
Francesco Tavassi, andato in scena
con successo domenica sera, inau­
gurando così il cartellone di prosa
del Teatro comunale di Casale.
Quattro matte in scena: c'è del ge­
nio nella follia di Olly (Elisabetta
Pozzi), poco donna di casa e molto
artista, generosa anche con l'ex­
marito. Ma arriva Florence (Ma­
riangela D'Abbraccio), l'opposto
nevrastenico e maniacale di Olly:
impasticcata, vuole suicidarsi per­
ché il marito l'ha lasciata. Ma se c'è
del genio in Olly, c'0è pure una for­
ma di generosa presunzione: Olly
si porta in casa l'amica inguaiata
creando così una nuova, strana
coppia al femminile.Se non esistes­
se, Flo, bisognerebbe inventarla:
torcicolli, sinusiti, allergie (per
sturarsi le orecchie si stira la gola),
tute isolanti che la rendono una
specie di astronauta solo per fare i
mestieri di casa: peraltro quello
che ha sempre fatto, agli ordini di
marito e dei due figli. Ora la casa è
perfetta, asettica, impeccabile, più
simile a una sala chirurgica o allo
studio di un avvocato, che ad un ap­
partamento abitabile. C'è pure un
piccolo aspirapolvere sotto forma
di robot che gira per casa con in­
quietante mostruosità. Persino le
partite a Trivial non sono più quel­
Un momento dello spettacolo andato in scena domenica sera nel teatro di Casale
le e somigliano a sedute spiritiche.
E la convivenza con Flo è impossi­
bile. Dal cilindro Olly estrae una
serata con due spagnoli del condo­
minio newyorkese: sono due fratel­
li di Barcellona uno più strambo
dell'altro, i quali ci provano, ricam­
biati da Olly ma non da Flo: essen­
do entrambi gli spagnoli divorziati,
ecco che entrambi nutrono una
sintonia con Flo che rimungina pa­
teticamente il passato, non essendo
ancora stata capace di elaborare il
lutto, e facendo così piangere i due
istrioni, mandando per giunta a ra­
mengo la serata “galante”. Anche
la normalità ormai è al capolinea:
«Non faccio più nemmeno sogni
sporchi, perché arrivi tu e me li pu­
lisci!» ringhia Olly a Flo.
E la caccia via, con Flo che accetta
e si rifugia dai due spagnoli cui fa­
rà loro da serva, in apparenza. In
questo spettacolo rodatissimo, con
tutte le attrici al meglio che diver­
tono e si divertono, in questo mi­
crouniverso di ironia e amarezza
al femminile, di crepuscoli d'amici­
zia e continue epifanie di resurre­
zioni, ecco che i ruoli si scambiano.
Nel gioco delle parti, mentre ri­
prendono le partite di Trivial, ora è
Olly a non tollerare più tutta la
sporcizia della vita precedente il
ciclone Flo; la quale ora pare rina­
ta, nuova, proprio come i muri e le
sedie e le vetrate che anche nell'ul­
tima scena, mentre si chiude il si­
pario, lei è intenta a pulire. Lo spet­
tacolo finisce dov'era cominciato,
con le quattro amiche al tavolo del
Trivial, il rullare dei dadi nel ba­
rattolo, il rombo del temporale lon­
tano e l'eco dell'aspirapolvere per­
sistente quasi ronfasse davvero.
Dario Paladini
Andrea Soffiantini durante l’intensa lettura scenica nella sala dei Comuni
n La parola come un grido che è sofferenza e liberazione insieme,
perché «tutto si compie nel “qui” del teatro». È in questo spazio tem­
po che unisce corpo e voce e coscienza, che si scopre un’evangelizza­
zione dolorosa che conduce sempre e comunque all’ inesorabilità del
Cristo. Una prova intensa e di grande pathos per l’attore Andrea
Soffiantini, quella di domenica sera nella sala dei Comuni della
Provincia per la rassegna Oltre il palcoscenico. Sua la voce, sua la
sofferenza, sua la fatica di pronunciare il grido di Giovanni Testori
e della sua Traduzione della
Prima Lettera ai Corinti.
Del pubblico l’emozione di
condividere con l’attore la di­
mensione «altra» della tra­
scinante conversione testo­
riana in cui «l’uomo anima­
le niente percepisce se non ciò
che è Dio» e in cui il corpo
stesso del teatro è il corpo di
Cristo, il centro del dramma.
Una traduzione figlia anche
della sofferenza personale
dell’uomo Testori, che l’ha
consegnata ai posteri nella
sua Cristica potenza pro­
prio negli ultimi giorni della
sua vita. È la regia di Fran­
co Calmieri a disegnare una
pièce che alla Traduzione di
Testori ne affianca un’altra:
quella che scrive la vita del
drammaturgo milanese, che
scava nella forza della sua conversione, che disegna la sagoma del­
l’uomo oltre che dello scrittore. Sono pause, momenti per tirare il
fiato nell’intreccio di versi e preghiere della Traduzione, in cui Sof­
fiantini racconta la religiosità secondo Testori in quello che sembra
essere un dialogo personale tra lui e il regista, come se fossero impe­
gnati in una prova dello spettacolo stesso.
La pièce allora, tra un lungo tavolo colmo di fogli, una sedia, un in­
ginocchiatoio, l’asta di un microfono, diventa teatro nel teatro, forse
di espressione ultima di un uomo che ha trovato sul palco lo stru­
mento per gridare la scoperta della carità passando attraverso
l’esempio di San Paolo. Come in un’attesa e rimandata professione
di fede, la Lettera non può essere considerata semplicemente tradu­
zione. Nelle parole di Testori, a volte pronunciate con fatica, in altri
momenti urlate, in altre ancora recitate senza pause, quasi fossero
un fiume in piena, si rintraccia il passaggio obbligato tra traduzio­
ne e riconversione. E il rapporto con l’Apostolo della genti, allora,
non si limita all’immedesimazione. Diventa un dialogo intimo a cui
Testori credente ha affidato anche il dramma della sua coscienza fe­
rita davanti ai drammi della realtà che vedeva e che viveva.
Commuove l’inno conclusivo alla Carità, la consapevolezza della
presenza del Cristo «che invade le assi con il suo cadavere», ma è an­
che il Dio della Salvezza perché «primula e viola di chi si è addor­
mentato».
L’intensa voce
di Andrea
Soffiantini
per la “Prima
Lettera
ai Corinti”
MILANO
Rafal Blechacz, enfant prodige del piano:
il Conservatorio rende omaggio a Chopin
n Oggi alle 20,30 nella sala Verdi del
Conservatorio di Milano il giovane
pianista polacco Rafal Blechacz apre
una sorta di festival pianistico all’in­
terno della stagione del Quartetto, che
nel giro di poche settimane ospita una
rosa di interpreti di livello. Rivelatosi
con la vittoria al Concorso Chopin di
Varsavia nel 2005, Blechacz esprime
una visione nuova del pianoforte ro­
mantico, interpretato in maniera più
asciutta e nervosa. Il programma al­
l’apparenza pare centrato su uno dei
massimi compositori per pianoforte
dell’Ottocento, quel Frederick Chopin
Rafal Blechacz in concerto
che da qui alla fine dell’anno, per le il
160esimo anniversario della scompar­
sa, avrà la sua opera sezionata in ogni suo recesso più segreto.
Non c’è però solo Chopin nel repertorio di Blechacz, che possiede
tecnica, stile e personalità che lo rendono interprete ideale dell’in­
tero repertorio pianistico. Come dimostra questo programma che
rivela in Bach e Mozart le origini e in Debussy lo sviluppo di uno
stile ­ quello di Chopin ­ che ha cambiato la storia della musica.
Fantasie e aperitivo,
il mix della Gerundia
n Nell’800, in mancanza di tv, dischi
e dvd, l’unico modo per ascoltare
un’opera senza andare a teatro era in­
vitare a casa propria un pianista, in­
caricandolo di eseguire per la platea
domestica una Fantasia tratta ap­
punto dall’opera in questione. Oggi,
volendo, per ascoltare La forza del de­
stino o Le nozze di Figaro è sufficien­
te qualche clic su Youtube, ma ai tanti
che nel tardo pomeriggio di sabato
scorso si sono dati appuntamento in
via Besana a Lodi è bastato sedersi
nel salone dell’Accademia Gerundia
dove, seduto al pianoforte in un paio
di scarpe di vernice rossa, Matteo An­
dreini stava per dare inizio al suo ap­
plauditissimo concerto. In scaletta
fantasie scritte da Martucci, Liszt e
Thalberg su opere di Verdi, Bellini,
Mozart e Rossini ­ le prime due più
A lato,
Matteo Andreini
durante
il concerto
di sabato
alla Gerundia:
in scaletta
alcune fantasie
scritte
da Martucci, Liszt
e Thalberg su opere
di Verdi, Bellini,
Mozart e Rossini
drammatiche, le altre buffe ­ tutte ese­
guite con grande intensità e senza
spartito sul leggio: «Imparare a me­
moria un brano non è difficile, diffici­
le è interpretarlo con la giusta carica
espressiva» ha detto Andreini al ter­
mine del concerto, durante l’aperitivo
offerto dalla direzione dell’accademia
nelle sale del Museo dello strumento
musicale. Disponibile, sorridente, An­
dreini si è intrattenuto con il pubblico,
stringendo mani e rispondendo a do­
mande sotto gli occhi soddisfatti del
direttore dell’accademia, Pietro Fari­
na: «La formula
dei concerti­aperi­
tivo sta funzio­
nando. Volevamo
creare uno spazio
in cui il pubblico
potesse confron­
tarsi su quanto
appena ascolta­
to». Visto l’affolla­
mento attorno al
tavolo del buffet
l’intento è stato
ra ggiunto, e
ascoltando i com­
menti dei com­
mensali la perfor­
mance di Andrei­
ni può dirsi sen­
z’altro gradita.
«È stato un con­
certo ricco di emo­
zioni ­ ha sintetizzato una spettatrice
­. Gli artisti che salgono su questo pal­
co sono sempre di ottimo livello». Ap­
puntamento dunque per sabato 6 feb­
braio con la fisarmonica di Marco
Valenti, in programma un concerto
dal titolo Emozioni nel tempo.