La pittura in Basilicata nella prima metà del

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La pittura in Basilicata nella prima metà del
CONSIGLIO REGIONALE
DI BASILICATA
SCHEDE DI
DOCUMENTAZIONE
UFFICIO DEL
SISTEMA INFORMATIVO
di: Rosa Villani
Foto S.B.A.S. (Matera)
E
tà angioina
XIV secolo
LA PITTURA IN BASILICATA NELLA PRIMA META’ DEL ’300
Agli inizi del ’300 la pittura ancora si nutre di iconografie e stilemi tardo bizantini, ne sono prova i
numerosi affreschi o lacerti presenti in tutta la regione, in particolare a Matera: il San Leone Magno
nella chiesa di Santa Maria ad Anzi, la Madonna con Bambino fra gli Arcangeli in una lunetta del
Duomo di Melfi, la Hodigitria nelle chiese rupestri materane della Vaglia e di Santa Maria della
Palomba, i frammenti di affreschi trovati in una chiesa rupestre sottostante al vecchio seminario
materano, ecc.
Le testimonianze artistiche della metà del secolo inclinano, con evidenza, verso l’ambiente campano, dal quale giungono informazioni, prodotti (trittico di Colobraro, trittichetto portatile nell’Episcopio
di Acerenza, trittico nella Rabatana di Tursi) ed artisti (anonimo autore della Santa Caterina d’Alessandria, del Cristo di Pietà e dell’Angelo Gabriele nella chiesa della SS. Trinità di Venosa).
Verso l’orbita campana, e precisamente napoletana, gravita anche il pittore della Santa Chiara, e
forse del San Francesco, nella chiesa di San Francesco a Potenza e trovano collocazione la Madonna con Bambino ed angeli nella chiesa rupestre della Vaglia a Matera, i brani dell’abside del convento di San Francesco a Senise, la Crocifissione nella cripta della Madonna di Virtù sempre a Matera,
la Madonna con il Bambino sul ginocchio sinistro nella SS. Trinità di Venosa.
La chiesa di San Francesco a Potenza
Gli elementi architettonici
L’attuale chiesa di S. Francesco sorge, nel 1274, su un antico oratorio protoromanico di cui oggi
restano, secondo il D’Acunti, dei frammenti a foglie di palma, attaccati sulla parete esterna di sinistra della chiesa.
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L’impianto planimetrico, rimasto inalterato, è di un’austera semplicità: un’unica navata, priva di
transetto, coperta da un tetto a spioventi con capriate lignee e conclusa da un’abside semicircolare.
Quest’ultima è contrassegnata da un arco trionfale in pietra della fine del XIV secolo, da una monofora
trilobata a doppia strombatura e da una volta a crociera poligonale, segnata da costoloni in pietra
che si raccordano ad esili colonnine, incastonate nella parete e ingentilite da capitelli con foglie
d’acanto.
Lungo le pareti longitudinali si aprono, a sinistra, tre monofore ogive a doppio strombo, risalenti alla
fase di costruzione della chiesa, a destra, delle finestre della fine del ’300 o inizi ’400.
All’esterno, la chiesa presenta una facciata altrettanto semplice con un timpano a spioventi, una
rotonda monofora e un maestoso portale in pietra di forme durazzesche, risalente alla prima metà
del ’400. Quest’ultimo incornicia una porta lignea, composta da otto serie di formelle con vari
motivi figurativi, intagliata nel 1499.
Sul lato sinistro è addossata l’unica ala superstite del chiostro del vecchio convento (fondato nel
1266) a cui si accede attraverso un portale rinascimentale, proveniente
dalla Cappella dell’Immacolata, originariamente all’interno della chie- Potenza. Chiesa di S. Francesco. S. Francesco d’Assisi (Foto: Rosa Villani).
sa. Più in fondo si eleva il campanile, il cui impianto originario (secolo
XIV) è stato stravolto dai numerosi restauri e rimaneggiamenti. Alto 35
metri, esso si articola su quattro livelli costituiti da un massiccio
basamento, da un ordine di finestre romaniche e due ordini di gotiche e
si conclude con una cuspide, sostituita ad un originario piccolo tetto a
padiglione.
Dell’antico convento rimangono soltanto il portale d’ingresso, sistemato alla base del campanile, e una porta lignea intagliata e traforata.
Gli affreschi di Santa Chiara e San Francesco
All’interno delle nicchie lungo la parete destra della chiesa si collocano
due affreschi raffiguranti Santa Chiara (cm. 85 x 25) e San Francesco
(cm. 90 x 27). Santa Chiara, in posizione frontale, è raffigurata con il
bruno saio francescano, una cappa e un velo neri bordati di bianco, un
sottogola bianco e un libro rilegato in rosso, tenuto in grembo dalla
mano sinistra, di cui sono visibili le unghie quadrate delle prime due
dita. Il volto, contornato dall’aureola, è austero al pari dell’abito e del
portamento: le labbra corte sembrano sigillate in una piega amara e gli
occhi, leggermente strabici, guardano in un punto fisso senza espressione.
In alto il riquadro reca una fascia decorativa a motivi geometrici.
2 San Francesco, anch’egli in posizione eretta, è rappresentato di mezzo
Scheda 9 profilo, con il saio marrone stretto in vita da un cordone e un libro nella
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mano sinistra. Il volto è contornato dalla barba e dalla corolla di capelli scuri che lascia scoperta la
calotta cranica, circondata dall’aureola. Il collo è coperto da un cappuccio che ricade su di esso
formando un anello.
Nel 1975 Ruotolo mette in relazione le immagini dei due
santi con le opere napoletane della prima metà del ’300 e
istituisce un confronto diretto tra la Santa Chiara francescana
e la Santa Caterina d’Alessandria affrescata nella chiesa della
SS. Trinità di Venosa, per il linearismo fluido che caratterizzerebbe entrambe le figure, e il San Francesco con il polittico
di Ottana Cattedrale, eseguito dal “Maestro delle Tempere
Francescane” nel 1340.
Nel 1980 la Grelle data la Santa Chiara al quarto-quinto
decennio del XIV secolo e, nel ravvisarvi “un’aria napoletana appena toccata dalla presenza di Lello”, attribuisce il dipinto ad un anonimo frescante, autore forse anche del San
Francesco dirimpetto, che avrebbe dipinto pure nella chiesa
materana della Vaglia la Deésis ampliata con le immagini di
San Giacomo e di Santa Maria di Valleverde.
Otto anni dopo A. Simonetti ritorna sugli affreschi
francescani, ma esclude, per Santa Chiara –“caratterizzata Potenza. Chiesa di S. Francesco. S. Chiara (Foto: Rosa
Villani)
da un disegno più piatto e lineare, prodotto da una maestranza artigianale che si esprime con un linguaggio dal
tono dimesso”- la stretta somiglianza sia con la Santa
venosina, pervasa da “uno straordinario preziosismo”,
che con la Deésis della Vaglia, permeata di “sostrato
bizantineggiante”.
Per quanto riguarda il San Francesco, Simonetti lo
postdata di un secolo, per le strette affinità che intravede
tra questo e gli affreschi con Santi, eseguiti sui pilastri
della chiesa di San Donato a Ripacandida, databili attorno al quinto decennio del XV secolo.
Si tratterebbe di una pittura in rapporto, non solo, con le
manifestazioni campane più salienti, “ma in sintonia anche con il filone salentino, che ha negli affreschi di Santa
Caterina a Galatina il centro di irradiazione più determinante”.
Del resto Michele D’Elia, parlando dei beni artistici e
storici della Lucania, aveva, già nel 1987, riportato i due 3
Matera. Cripta di S. Maria della Vaglia. Deesis con S. Giacoaffreschi della chiesa potentina di San Francesco alla stessa Scheda 9
mo e S. Maria di Valleverde (Part.).
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epoca di quelli di San Donato a Ripacandida, deducendone però un’ “indubbia origine marchigiana”
e una collocazione “nell’ambito della scuola fabrianesca”.
BIBLIOGRAFIA
E. D’ACUNTI: Storia e arte nella chiesa di San Francesco a Potenza, 1973;
R. RUOTOLO: Schede O. A. n. 7-8, 1975, Archivio Catalogo Soprintendenza per i Beni
Artistici e Storici di Matera;
A. GRELLE IUSCO: Catalogo della Mostra. Arte in Basilicata, Roma, 1981, p. 39;
M. D’ELIA: I beni artistici e storici in Lucania, in “Mezzogiorno, Lucania, Maratea”, 1987,
p. 107;
A. SIMONETTI: Potenza, chiesa di S. Francesco di Assisi, affreschi raffiguranti S. Francesco e S. Chiara, in “Insediamenti francescani in Basilicata”, Ediz. Ministero Beni Culturali e
Ambientali, 1988, pp. 183-184.
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