Il giacimento di quarzite bargiolina sul M. Bracco

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Il giacimento di quarzite bargiolina sul M. Bracco
IL GIACIMENTO DI “QUARZITE DI BARGE” SUL MONTE BRACCO: CRITERI DI
PROSPEZIONE, TECNICHE DI COLTIVAZIONE ED UTILIZZO DI SISTEMI INFORMATIVI
FINALIZZATI ALLA VALORIZZAZIONE DELLA RISORSA
MARILENA CARDU (°) (°°), ENRICO LOVERA (°), PAOLO SASSONE (°°°)
(°) DIGET, Politecnico di Torino; (°°) FIRGET – CNR, Politecnico di Torino; (°°°)Geologo, libero
professionista
Riassunto
La coltivazione della quarzite a spacco naturale sul Monte Bracco è condotta da tempi ormai lontani.
Alle difficoltà di caratterizzazione del giacimento, per quanto riguarda estensione, potenza e soprattutto stato di
fratturazione dei corpi lapidei ancora utilizzabili, si accompagna una situazione estremamente complessa sul
terreno, dovuta alla presenza di discariche di passate coltivazioni.
Agli studi di prospezione ed alle prove di campo sull’abbattimento del materiale si accompagna, nella gestione
del territorio e dell’attività, per la massima valorizzazione del materiale estratto, l’utilizzazione di sistemi
informativi di interessanti prospettive.
Introduzione
Il Monte Bracco è un rilievo montuoso localizzato nel settore interno dell'arco delle Alpi Cozie; il suo
versante orientale é a strapiombo sulla pianura cuneese occidentale, mentre quello nord-occidentale é
caratterizzato dalla presenza di un esteso corpo tabulare di quarzite di età permo-scitica che induce una
morfologia più dolce e regolare.
Remote informazioni sulla coltivazione della quarzite risalgono al XIII Secolo; sin da allora è stata oggetto di
sfruttamento per la produzione di lastre per la realizzazione di coperture e rivestimenti.
L'area interessata dal giacimento è situata ad una quota compresa tra 1100 m e 1300 m s.l.m. circa e si estende
complessivamente per circa 2,5 km2 al contorno delle coordinate UTM 32T LQ 67 49 2.
All'interno di tale area si individuano, in Comune di Barge, due zone oggetto di coltivazione a mezza costa: Pian
Lavarino e Pian Martino.
1. Caratteristiche geologiche dell’area
E’ possibile definire una possibile "successione stratigrafica", dalla base verso l'alto, dei litotipi affioranti
nella zona:
- Gneiss occhiadini più o meno laminati e caolinizzati afferenti al basamento cristallino del Massiccio DoraMaira: tale litotipo caratterizza i contrafforti orientali del M. Bracco, ove sono presenti affioramenti lungo
l'estesa bastionata a sbalzo sulla pianura saluzzese. La foliazione regionale presenta immersioni verso NordOvest con deboli inclinazioni (mediamente comprese tra 0° e 20°). Le geometrie delle strutture deformative
all'interno dello gneiss occhiadino ricalcano quelle individuate nell'ambito del banco quarzitico, il che evidenzia
una comune evoluzione dinamo-metamorfica dell'ammasso.
All’interfaccia con le soprastanti coperture, nel settore sommitale del Monte Bracco, ma anche in altri adiacenti
siti geologicamente e geostrutturalmente affini recentemente interessati da iniziative minerarie, é presente un
fenomeno di intensa alterazione del basamento gneissico, che si ritiene di tipo prevalentemente idrotermale: in
tali settori lo gneiss é trasformato in un sabbione biancastro ove la caolinizzazione dei feldspati originari rende la
roccia pressoché incoerente;
- Serie detritica intercalata ("paragneiss”): si tratta di un sottile livello detritico brunastro a composizione
arcosica e con abbondante mica chiara, che può essere presente al contatto tra i sottostanti gneiss alterati e il
banco di quarzite; la potenza é compresa fra 1 e1,5 m, con caratteristiche comunque tali da essere considerato un
vero e proprio sterile;
- Quarzite "bargiolina": in generale gli spessori del banco utile osservabili lungo i fronti attuali non eccedono i 5
m, superando raramente i 6 m. Alla base del banco spesso si ritrova un orizzonte discontinuo di quarzite
estremamente deformata, con ripiegamenti irregolari, interessata da fenomeni idrotermali di alterazione ove si
riscontra sovente l'associazione in vena di quarzo e tormalina. In tal caso la quarzite non presenta neppure buoni
caratteri di sfaldabilità e pertanto è da considerarsi sterile. Il banco utile è generalmente ricoperto da una coltre
eluvio-colluviale quaternaria di potenza variabile da pochi decimetri a oltre 5 m, che passa in modo netto al
substrato quarzitico senza che si possano rinvenire litotipi di età o natura differente rispetto a quelli citati.
Essendo la quarzite un litotipo tra i più resistenti ai
processi di alterazione chimica, i modesti fenomeni di
ossidazione superficiale indotti dagli agenti esogeni
hanno avuto il pregio di conferire la tipica colorazione
dorata alla parte superiore dell'ammasso, rendendo più
pregiato il prodotto ottenibile, senza modificarne
sostanzialmente le caratteristiche litotecniche rispetto
al banco di quarzite grigia sottostante.
Dalle osservazioni di terreno il banco quarzitico
sembra possedere una propria continuità geometrica
tabulare su tutto il settore nord-occidentale del Monte
Principali piani di fratturazione (in
Bracco, con lievi ondulazioni localizzabili attorno ad
Scistosità S1 ed S2 e piani di stranero)
to
e di faglia (in tratteggio)
un asse NO-SE, come sottolineato da una leggera
dispersione dei valori di giacitura (Figura 1). E'
verosimile ipotizzare, e gli sporadici dati di sottosuolo
lo confermano, che verso la parte culminale del M.
Bracco il banco tenda ad assottigliarsi a causa di
fenomeni erosivi quaternari.
Figura 1 - Diagrammi di Schmidt relativi agli elementi
geostrutturali rilevati nell'area; sono rappresentate le
immersioni e le inclinazioni delle diverse discontinuità
(Sassone, 1996).
Lineazioni e intersezione di fase
(S2/S1)
Piani fragili duttili a basso angolo
2. Criteri di prospezione applicati e risultati
Negli ultimi anni, allo scopo di fornire agli operatori i dati geologico-geominerari di base, sono state
condotte, in più fasi, campagne di indagine multidisciplinare. Nel complesso le indagini ad oggi svolte hanno
consentito di produrre un'elevata e diversificata quantità di dati geologico-petrografici, geofisici, geomeccanici e
litotecnici, fornendo una base informativa complessiva, anche se non omogenea, sull'area.
Tra i primi studi di prospezione eseguiti si citano le indagini geofisiche condotte da CINA et al. (1991), le quali
hanno previsto l'applicazione sperimentale di metodologie S.E.V. per la valutazione preliminare dei depositi di
quarzite con risultati interessanti; tuttavia, i successivi riscontri in fase di coltivazione hanno messo in evidenza
la limitata affidabilità del metodo riguardo alla valutazione della potenza e presenza del banco, rendendo incerta
l’individuazione della porzione di giacimento ancora da sfruttare. Le ipotesi formulate circa la resa in fase di
estrazione non sono a loro volta state pienamente convincenti. Successive analisi sull’indice di fratturazione
media misurato lungo i fronti non hanno consentito di ottenere dati rappresentativi e generalizzabili circa
l'effettiva resa del giacimento, essendo tale indice molto variabile da zona a zona.
Ulteriori indagini geologiche hanno consentito di verificare la possibile estensione del banco coltivabile
nell’ambito del Comune di Barge, evidenziando i lineamenti geostrutturali e litotecnici fondamentali del
deposito (Sassone, 1996; Sassone, 1997). L'analisi strutturale associata allo studio petrografico ha permesso di
chiarire i processi metamorfici e deformazionali che sono stati geneticamente responsabili dell'ottima qualità
della Quarzite di Barge.
Nell’ambito dell’indagine sono state eseguite prove di laboratorio per la caratterizzazione della quarzite e dei
materiali feldspatici presenti in alcuni affioramenti messi in luce al di sotto del banco coltivato.
Sono state inoltre condotte alcune sperimentazioni geofisiche circa l’applicabilità del medoto GPR (Ground
Penetrating Radar) alla valutazione degli spessori del cappellaccio di alterazione, del banco quarzitico e dei
sottostanti limiti geolitologici. I risultati, raffrontati con la reale situazione stratigrafica messa in luce da specifici
scavi in trincea, non hanno consentito una corretta localizzazione del limite inferiore del banco quarzitico e, nel
complesso, una caratterizzazione “quantitativa” degli spessori utili realmente presenti; la limitata precisone dei
risultati, in prima ipotesi, potrebbe essere correlata all’elevato stato di fratturazione del banco ed al fatto che le
prove erano state effettuate in periodi molto piovosi.
2.1 Metodologie di prospezione proponibili
In base a quanto emerso dagli studi ad ora attuati, pare interessante riflettere sulle effettive esigenze di
indagine richieste dalle oggettive necessità di salvaguardia del giacimento e delle ricadute economiche ed
occupazionali che derivano dal suo sfruttamento, ma anche dell’assetto ambientale del Monte Bracco.
Nell’ottica di un’imminente revisione e rinnovo dei contratti di concessione dei giacimenti di quarzite, l’esigenza
più significativa é quella di raggiungere un sufficiente grado di conoscenza del deposito; é inoltre innegabile
l’interesse di disporre di ulteriori dati circa la potenza del deposito feldspatico sottostante: ciò anche nell’ottica
di prevederne o meno l’eventuale sfruttamento in sintonia con l’evoluzione dell’attività di cava.
La metodologia che pare più proponibile, essenzialmente in merito alla determinazione della potenza del banco
utile, é quella della prospezione attraverso sondaggi a carotaggio continuo, che consentono il prelievo di
campioni utilizzabili per successive indagini di laboratorio. Purtroppo il limite del metodo é posto dall’elevata
abrasività del materiale, che richiederebbe ingenti quantitativi d’acqua per il raffreddamento dell’utensile, non
facilmente disponibili sul M. Bracco, se non a costi elevati, che ne limitano l’applicabilità. Peraltro l’impiego di
sondaggi a distruzione, associati ad un’analisi (essenzialmente visiva) del materiale via via attraversato, pur
limitando i costi e le difficoltà, consentirebbe la sola determinazione della potenza del banco, ma in nessun caso
la qualità litotecnica (e verosimilmente nemmeno il colore) della quarzite.
Data la distribuzione geometrica del banco, ripartito, come detto, su due aree principali, occorrerebbe adottare
un’omogenea maglia di indagine per allineamenti subparalleli ai fronti principali, con spaziatura ed arretramento
rispetto ai fronti attuali non superiori a 50 m. Su ogni zona dovrebbero, in prima istanza, essere realizzati non
meno di quattro sondaggi, i cui dati, associati alle analisi dei fronti, fornirebbero una caratterizzazione
quantitativa circa la cubatura della porzione di giacimento immediatamente sfruttabile.
Il risultato sarebbe quello di mettere in evidenza dei “prismi” il più possibile regolari, con cubatura di circa
12.000/12.500 m3, corrispondenti a grandi linee (in base a una resa presunta del 20%) al quantitativo annuo
sinora dato in coltivazione ad ogni concessionario.
Dato il valore medio di potenza calcolato, sarebbe possibile individuare a priori e con buona precisione ogni area
assegnabile per la coltivazione secondo periodi autorizzativi quinquennali.
La ripetizione nel tempo dei sondaggi, secondo allineamenti che dovrebbero il più possibile tendere a
regolarizzare ed allineare i fronti secondo la direzione media delle maggiori discontinuità fragili dell’ammasso
(direttrici circa NNO-SSE e/o E-O, peraltro condizionanti i metodi di coltivazione, la resa percentuale e la
stabilità nel breve e medio termine - cfr. Figura 1).
La stima delle rese medie del giacimento “vergine”, pur restando difficile da esplicitare a priori, risulterebbe via
via affinabile mediante il controllo delle produzioni ottenibili da ogni “prisma” considerato, così come eventuali
nuovi dati sull’assetto tettonico dovrebbero essere registrati, per consentire un aggiornamento progressivo delle
conoscenze geostrutturali e geometriche dei lotti.
3. Tecniche di coltivazione
La coltivazione di pietre ornamentali è sempre, in qualche misura, opportunistica, nel senso che la
successione delle operazioni, più che aderire strettamente ad un progetto messo a punto sulla base di calcoli
rigorosi, deve potersi adeguare a molte variabili dipendenti da condizioni locali, favorevoli o meno, in gran parte
non note a priori e da variazioni, spesso imprevedibili, della richiesta. Le piccole unità produttive, inoltre, non
sono in grado di affrontare il costo che richiederebbero cambiamenti rivoluzionari di macchine, mezzi e metodi.
In questo campo il miglioramento della produttività è principalmente perseguito attraverso piccoli cambiamenti,
che non condizionano l’assetto e la struttura di base della coltivazione.
Nel caso delle cave esaminate nel presente contesto occorre, in particolare, distinguere due zone: quella
compromessa, oggetto di parziale coltivazione in passato con differenti criteri, macchine e produttività, nella
quale non è perseguibile una regolare pianificazione (ma in cui è talora, comunque, economicamente accettabile
il recupero di vecchie discariche) e l’area indisturbata o vergine, dove può aver luogo una coltivazione regolare
a gradini.
Le aree attualmente attive nel bacino sono gestite da due operatori i quali, pur operando con differenti tecniche
(l’uno utilizza esplosivi, l’altro un metodo di scavo meccanico basato sull’impiego di martelli demolitori)
effettuano grosso modo lo stesso ciclo di produzione.
Lo scavo è condotto con il semplice obiettivo di separare fra loro i monoliti naturali, aprendo i giunti esistenti e
sviluppando quelli latenti, per quanto possibile senza indurre, nella roccia destinata a rimanere integra, alcun
danneggiamento.
Il materiale viene quindi trasportato al piazzale di cava, sparso su un’area sufficientemente estesa ed ivi cernìto,
al fine di scartare i frammenti troppo piccoli od inutilizzabili; le lastre ritenute idonee sono invece regolarizzate
con martelli e scalpelli ed inviate, mediante dumper, in laboratori a valle che provvedono ad un’ulteriore
selezione e finitura.
La resa in lastre è intorno al 20% per il materiale escavato nell’area vergine e sempre inferiore al 10% per quello
proveniente dall’area compromessa.
3.1 Abbattimento con esplosivi
La perforazione è effettuata mediante perforatrici pneumatiche a rotopercussione montanti fioretti
monoblocco in grado di eseguire fori con diametro di circa 38 mm e lunghezza massima di 3.5 - 4 m
(corrispondente all’altezza del gradino, poiché non si effettua sottoperforazione).
Gli esplosivi impiegati sono polvere nera e dinamite (quest’ultima soprattutto con funzione di booster); il
caricamento è frazionato (lo schema è riportato in Figura 2; si noti l’analogia con tecniche del tipo air decking) e
l’innesco, laterale, é ottenuto mediante miccia detonante lungo foro, collegata ad un ramo di miccia detonante
portante; il brillamento è simultaneo. I consumi specifici sono bassi, dell’ordine di 100 g/m3, comunque
confrontabili con quelli di attività di cava analoghe.
Se l’abbattimento è a gradino, in presenza di
tre superfici libere (frontale, superiore e
laterale), i fori sono effettuati su una sola fila,
parallela alla fronte, con spalla ed interasse di
circa 2 m.
In presenza di due sole superfici libere
(analogamente a quanto accade nello scavo di
trincee) sono state invece sperimentate due
alternative:
a. volata tradizionale, realizzata con maglia
di tiro su più file e con caricamento frazionato
delle mine (Figura 3); l’effetto del brillamento
è una frattura più o meno netta lungo il piano
dei fori, con un blando distacco del volume,
usualmente non soggetto a dislocazione, ma
facilmente
asportabile
mediante
pale
caricatrici;
b. volata di presplitting (Figura 4), effettuata
mediante cariche tubolari sottili disaccoppiate,
utilizzando tre cartucce/foro di esplosivo di
profilatura, con dimensioni 18 x 500 mm, e
brillamento simultaneo; l’effetto della volata è
l’ottenimento di due fratture abbastanza nette
e regolari lungo gli allineamenti dei fori, con il
volume di roccia fra esse compreso
sufficientemente
frammentato
da
non
richiedere l’uso di ulteriori cariche di
produzione: la quantità di lastre lavorabili
prodotte è risultata comparabile a quella
ottenuta da abbattimenti ordinari (circa 20%).
Figura 2. Schema di caricamento di un foro da mina
Si è osservato, quindi, che cariche sottili possono vantaggiosamente sostituire il convenzionale sistema di
caricamento misto anche nella produzione ordinaria, grazie ad uno scarso danneggiamento indotto nella roccia.
L’ANFO potrebbe essere un ulteriore candidato, pur richiedendo un diametro di perforazione maggiore per
assicurare la corretta detonazione.
Figura 3. Schema di volata realizzata con maglia di tiro su più file e caricamento frazionato delle mine
Figura 4. Volata di presplitting effettuata mediante cariche tubolari sottili disaccoppiate
Gli operatori fanno ancora riferimento al convenzionale consumo specifico, espresso in g/m3, per il calcolo delle
cariche; l’analisi di risultati di abbattimenti in cave di rocce lastrificate ha tuttavia mostrato che tale criterio
potrebbe convenientemente essere sostituito da quello consistente nel calcolare le cariche allo scopo di guidare la
frattura attraverso il piano dei fori, adottando un interasse molto minore della spalla e trascurando praticamente
la resistenza a taglio della roccia (se i fori sono perforati perpendicolarmente alla scistosità).
3.2 Abbattimento con martello demolitore
E’ impiegato un martello demolitore idraulico pesante, i cui dati principali sono riportati in Tabella 1,
montato sul braccio di un escavatore cingolato.
L’azione del martellone può essere così sintetizzabile (Figura 5): posizionamento dell’escavatore E con il
braccio B in direzione ortogonale alla fronte F; il martellone M opera circa normalmente alla scistosità S.
L’energia immessa nella roccia è tale da provocare, nell’intorno del punto d’impatto, un’azione di frantumazione
ed il superamento della resistenza a trazione della roccia lungo le discontinuità; la punta del martellone penetra
ed agisce dunque come una leva sul blocco, vincendone la resistenza residua e provocandone la caduta al piede
della fronte.
Sulle pareti si osserva il risultato di un taglio
abbastanza netto: sono evidenti le tracce
lasciate dal martellone, rappresentate da una
sequenza di strisciate nell’intorno delle
quali la roccia appare fratturata, con
incremento di materiale fine. L’effettiva
azione di distacco pare prevalentemente
correlabile al tempo impiegato per la
penetrazione della punta nel materiale.
Figura 5. Schema
martellone sulla roccia
Tabella 1. Principali dati tecnici del martello demolitore
Peso
Energia d’urto
Frequenza
Potenza installata
Potenza effettiva
Rendimento
dell’azione
del
2200 kg
4000 J
350 – 600 colpi/minuto
48.75 kW (max) – 37.33 kW (min)
40.00 kW (max) – 23.32 kW (min)
0.82
L’idea di sfruttare, nello scavo con martello demolitore idraulico, la scistosità per “guidare” l’utensile nella
roccia (il che equivale ad usare il martello orizzontalmente) pare senz’altro attraente ed è stata sperimentata; i
risultati non sono tuttavia parsi confortanti, essendo stato ottenuto un minor numero di lastre lavorabili rispetto al
sistema convenzionale: la causa può essere attribuita alle sollecitazioni a flessione indotte nella roccia, che
inducono fratture indesiderate nelle lastre.
Si segnala che altre unità estrattive, nelle quali la coltivazione è attuata principalmente mediante esplosivo, sono
pervenute ad analoghe conclusioni: le mine eseguite parallelamente alla scistosità, con l’idea di sfruttare il
sistema principale di giunti, danneggiavano eccessivamente la roccia.
4. Utilizzo di sistemi informativi finalizzati alla valorizzazione della risorsa ed alla tutela dell’ambiente
A fronte di metodi di coltivazione quasi artigianali ed a lavorazioni successive decisamente artigianali,
la gestione, da parte degli enti preposti (Comune in primo luogo, Regione e Provincia), di una risorsa preziosa ed
apprezzata a livello internazionale, com’é la quarzite di Barge, può valersi invece di strumenti informativi
moderni ed avanzati. Le analisi geologiche, territoriali ed ambientali, che devono essere alla base di una corretta
gestione di un bacino estrattivo, anche se di limitata estensione, unite alle considerazioni tecniche sui metodi di
coltivazione più appropriati per lo sfruttamento razionale dello stesso, possono trovare una efficace sintesi ed
una funzionale organizzazione all’interno di Sistemi Informativi Territoriali (S.I.T.).
Si tratta, in estrema sintesi, di sistemi informatici in grado di gestire ed analizzare contemporaneamente
parametri cartografici, descrittivi e numerici. Caratteristica fondamentale di tali applicazioni è infatti la capacità
di elaborare dati cartografici di diverso tipo (raster e vettoriali), con la possibilità di associare ad ogni oggetto
rappresentato una base dati.
Inoltre, rispetto ad una rappresentazione puramente geometrica degli oggetti presenti nella realtà, un S.I.T. è in
grado di mantenere e gestire tutte le informazioni che riguardano le mutue relazioni spaziali tra i diversi
elementi, cioè di strutturare i dati definendone anche la topologia (intesa come insieme di regole per definire in
modo esplicito le relazioni, i rapporti di connessione e di continuità tra gli elementi spaziali e per collegare tali
elementi alle relative descrizioni). Ogni oggetto inserito in un S.I.T. deve infatti essere georeferenziato, con
attribuzione delle sue coordinate spaziali reali, memorizzate secondo un sistema di riferimento assoluto (UTM,
Gauss-Boaga, ecc.).
Oltre a questi aspetti geometrici, il sistema, per essere efficace, deve prevedere l’inserimento al suo interno di
dati descrittivi, definiti attributi, dei singoli oggetti reali.
È proprio la capacità di associare agli elementi geometrici, rappresentativi di oggetti o aree sul territorio,
informazioni di vario tipo (dati alfanumerici, testi, foto, disegni) e di gestire questi numerosi e complessi attributi
a distinguere un S.I.T. da una normale applicazione per cartografia, in quanto obiettivo finale del sistema è
quello di analizzare dati, per diventare uno strumento di supporto alle decisioni.
Le applicazioni attualmente più diffuse dei S.I.T. sono legate alla gestione di reti tecnologiche, ma sempre più si
stanno affermando utilizzazioni specifiche nel campo della pianificazione urbanistica e del territorio.
Tra le attività di trasformazione del territorio, quella estrattiva rappresenta sicuramente un settore molto
particolare, che comporta spesso notevoli alterazioni del territorio in cui viene attuata. Anche nel caso di una
coltivazione semi-artigianale, con produzioni annue neanche paragonabili con quelle di altri bacini estrattivi di
pietra ornamentale, l’impatto sul territorio è evidente e ben noto a chiunque abbia presente la situazione attuale
del Monte Bracco. Proprio per questo motivo è necessario che i processi di pianificazione e la gestione tecnicoamministrativa di un bacino estrattivo siano il più possibile ottimizzati ed integrati con un efficace controllo
ambientale. Gli enti designati per questi compiti hanno quindi interesse a dotarsi di strumenti di lavoro nuovi,
che consentano una maggiore possibilità di analisi ed una migliore capacità di sintesi, oltre ad una maggiore
efficacia di lettura, gestione ed aggiornamento dei dati utili.
L’organizzazione di un S.I.T., finalizzato alla gestione e valorizzazione di una risorsa, quale quella presente sul
Monte Bracco, dovrebbe partire dalla realizzazione di diversi piani tematici (layer), sui quali riportare
graficamente tutte le informazioni necessarie alla più completa descrizione e caratterizzazione dell’area in
esame. Essenziale è quindi l’acquisizione di dati certi, in modo da creare una base informativa completa relativa
alle caratteristiche morfologiche, paesaggistiche, idrologiche, geologiche, litologiche e giacimentologiche della
zona. Ognuno di questi aspetti viene a costituire un piano tematico che illustra graficamente le peculiarità
rilevate e che può essere sovrapposto automaticamente alla cartografia di base, assumendo una collocazione
spaziale assoluta.
Si elencano nel seguito, a titolo di esempio, i piani tematici che devono necessariamente essere presenti in un
S.I.T. dedicato alla gestione di attività estrattive, con particolare riferimento al caso del Monte Bracco.
Nel piano relativo all’assetto territoriale e paesaggistico si riportano le aree coperte da vegetazione,
distinguendo, ad esempio, tra boschi, prati, rimboschimenti artificiali e così via, e le aree interessate invece
dall’attività estrattiva, evidenziando in modo diverso le zone attualmente in attività da quelle occupate da
discariche o oggetto di interventi di recupero ambientale.
Molto importante, per le finalità di un S.I.T. di questo tipo, sono i piani che mostrano la distribuzione delle
risorse sulla superficie e nel sottosuolo del Monte Bracco. In un piano si riportano quindi gli affioramenti di
quarzite e di gneiss, mentre in un altro si rappresenta la situazione più probabile delle riserve giacimentologiche.
Con un riferimento, puntuale o lineare, si possono indicare i punti in cui sono stati condotti i rilievi
geostrutturali, i campionamenti o qualunque altra prova in situ; ad ogni punto si associano tutti i dati ed i risultati
relativi alle misure o alle prove eseguite, in modo da renderli immediatamente consultabili e “collocabili” sul
territorio. Allo stesso modo si possono inserire nel sistema, sotto forma di immagini, altre informazioni
necessarie o utili per la completezza del quadro: le sezioni significative, i diagrammi di Schmidt relativi ai vari
elementi geostrutturali rilevati, fotografie che immediatamente illustrino determinate situazioni e così via.
Un piano deve essere dedicato in modo particolare all’attività estrattiva, descrivendo in dettaglio
l’organizzazione dell’attività di cava nei cantieri operanti sul Monte Bracco, classificando in modo più
approfondito le aree in base alla destinazione ed all’uso: aree attualmente in coltivazione in zona vergine o in
zona compromessa, aree abbandonate dalla coltivazione, aree di discarica, ecc.
Le aree di estrazione della quarzite sono quasi interamente proprietà del Comune di Barge, quindi lo
sfruttamento del giacimento viene concesso onerosamente, mediante un contratto con le ditte interessate. Risulta
quindi necessario un piano in cui si riportino i limiti delle superfici autorizzate, con tutti i dati tecnicoamministrativi utili, relativi alle ditte operanti. Così, anche eventuali zone sottoposte a vincoli di legge, ad usi
civici o ad altre prescrizioni che limitino lo sfruttamento del giacimento, devono essere esplicitate su uno
specifico piano.
Altri layer possono, ovviamente, essere aggiunti in qualsiasi momento, per rappresentare particolari tematismi
che si ritenga necessario considerare, mentre quelli elencati in precedenza sono da ritenersi necessari perché il
sistema possa fornire risposte complete ed essere di reale supporto nei processi decisionali.
La fase di raccolta ed organizzazione dei dati è quindi fondamentale affinché il sistema possa diventare un
efficace strumento di gestione e di valorizzazione di una risorsa preziosa quale la quarzite del Monte Bracco e
soprattutto possa essere frequentemente aggiornato in modo semplice.
I risultati più immediati si possono ottenere effettuando operazioni di analisi spaziale, proprie dei S.I.T.
Mediante tale analisi, partendo dalle informazioni esistenti nel database geografico creato, possono essere
realizzati nuovi livelli informativi, associando i dati in modo da identificare relazioni prima non chiaramente
visibili. Tipico esempio sono le analisi effettuate con la semplice sovrapposizione di più livelli informativi
(overlay).
Quest’operazione risulta molto utile in fase di pianificazione dell’evoluzione nel tempo delle aree di
coltivazione: infatti, sovrapponendo i diversi piani, si possono individuare immediatamente le aree dal punto di
vista geo-giacimentologico più indicate per l’estrazione di materiale di buona qualità e di cui,
contemporaneamente, si conosce la situazione vincolistica e paesaggistica.
Anche la delicata gestione delle discariche può essere migliorata, identificando in modo chiaro le porzioni che
possono essere destinate ad un definitivo recupero ambientale, quelle che potrebbero essere ricoltivate o
interessate da macinazione degli scarti per usi industriali (settore ceramico soprattutto) e quelle, invece, che
coprono porzioni di giacimento sfruttabile, per cui ne risulterebbe inutile e controproducente l’avvio di
operazioni di recupero ambientale.
In base al contratto, in scadenza alla fine del 2000, tra il Comune di Barge e le due ditte operanti, l’attività
estrattiva di quarzite è limitata ad una quantità massima di materiale (pari a 5.000 t) asportabile durante un anno
di attività e verificata mediante pesata dei camion in uscita dalle cave. In vista della gara per l’assegnazione delle
nuove concessioni, il Comune intende invece passare da un limite ponderale ad uno basato sulla superficie
escavabile, da esaurire completamente in un dato periodo di tempo (m2/anno). A questo proposito, molto utile
può essere la possibilità dei S.I.T. di calcolare in modo automatico le aree, consentendo di passare
immediatamente alla valutazione di cubature, una volta nota la potenza del giacimento. Eseguendo poi
interrogazioni incrociate ed applicando appositi filtri, in ogni momento è possibile verificare l’andamento
dell’attività estrattiva; ad esempio, nota la produzione, si può visualizzare la resa realizzata in un determinato
periodo di tempo, creando poi carte tematiche che evidenzino l’andamento della resa in funzione del luogo e del
periodo dell’anno in cui si sta coltivando.
Queste sono solo alcune tra le principali potenzialità che offre un S.I.T.; molte altre applicazioni si individuano
di volta in volta, in funzione del problema specifico che si deve affrontare e per il quale occorre trovare soluzioni
tecnicamente valide.
In conclusione, l’utilizzo corretto di un S.I.T., applicato alla gestione di un’attività estrattiva, anche se di limitata
dimensione produttiva, ma importante per il valore tecnico e commerciale della roccia estratta, presenta diversi
vantaggi. In primo luogo consente una visione globale del sito, svincolata dalle dimensioni finite di un foglio
cartaceo, per quanto concerne soprattutto l’inquadramento territoriale e geo-giacimentologico. In secondo luogo
consente di fare previsioni oggettive sull’andamento futuro dell’attività estrattiva, tenendo contemporaneamente
sotto controllo tutti i fattori, amministrativi ed ambientali, che influiscono sullo sfruttamento razionale delle
risorse. La possibilità di un continuo aggiornamento dei dati rende poi il sistema sempre attuale e valido.
Condizione essenziale è però che il sistema sia ben “progettato”, in modo che non rappresenti solo un’onerosa e
sterile raccolta di dati dalla quale l’utente finale non riesce ad estrapolare nuove informazioni utili.
In definitiva, lo scopo è quello di gestire, in modo semplice ed integrato, una grande quantità di dati eterogenei,
potendo effettuare ogni tipo di interrogazione complessa, al fine di individuare indirizzi per la valorizzazione di
una risorsa preziosa e non rinnovabile, tenendo sempre in conto la salvaguardia dell’ambiente.
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