Patrick MODIANO, premio Nobel della Letteratura per il 2014: una

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Patrick MODIANO, premio Nobel della Letteratura per il 2014: una
Patrick
MODIANO,
premio
Nobel della Letteratura per il
2014: una sopresa, anzi, una
buona sorpresa.
L’anno scorso il premio Nobel della
Letteratura è stato assegnato in modo del
tutto inatteso alla scrittrice canadese Alice
MUNRO. La stessa sorpresa ha segnato l’attribuzione del prestigioso premio letterario sei anni
prima allo scrittore francese Jean-Marie Gustave LE CLÉZIO e anche quest’anno,
contrariamente alle previsioni, il prestigioso riconoscimento è andato alla lunga vita letteraria di
Patrick MODIANO,” mémorialiste nébuleux et méticuleux archiviste de soi”, con la seguente
motivazione: ” per l’arte della memoria con la quale Modiano evoca i destini umani più
impercettibili e ripropone la vita sotto l’Occupazione”.
A settant’anni (Modiano nasce nel 1945 a Boulogne-Billancourt), nella sua ultraquarantennale
carriera di scrittore, il premio Nobel era l’unico riconoscimento letterario che mancava all’autore
del famoso “Dora Bruder”. Patrick MODIANO in passato ha ricevuto il premio Roger-Nimier con
il romanzo “La Place de l’Étoile” (1968, il gran premio dell’Accademia francese con “Les
Boulevards de ceinture” (1972), il premio Goncourt con “Rue de boutiques oscure” (1978), il
premio Prince Pierre de Monaco (1984), il gran premio Paul Morand nel 2000, il premio mondiale
Cino del Duca nel 2010 per l’intera sua opera.
Era per strada quando verso le 13h. e 15 mn. di giovedì 09 Ottobre 2014 Patrick MODIANO
apprende la notizia che gli era stato attribuito il premio Nobel della Letteratura per il 2014. È
sinceramente felice ma stenta a darvi credito (come tanti anche lui pensava che il premio Nobel
sarebbe stato finalmente assegnato allo scrittore statunitense Philip ROTH, il grande favorito ed
eterno sconfitto). Alle insistenti domande che giornalisti, scrittori e intellettuali gli rivolgono in
un’ora di conferenza stampa nella saletta strapiena al numero 5 di rue Sébastien Bottin, diventata
rue Gallimard in occasione del centenario della casa editrice più prestigiosa al mondo, Modiano
risponde con l’abituale tono pacato ma non nasconde un evidente imbarazzo che risulta anche dalle
sue frasi incomplete.
Una frase-pensiero è chiaramente espressa e cioè che Modiano scrittore solitario stenta a ritrovarsi
in un’immagine pubblica notoria. È consapevole che la società “étroite, pesante et vociférante”
secondo Philippe Lancon, sta attraversando una fase di brutale e incerta transizione. Non era
difficile per lo scrittore vivere con i fantasmi dell’ultima guerra mondiale e con le ombre all’interno
della comunità parigina, ma adesso sente il peso del riconoscimento della sua opera e riflette sul
ruolo dello scrittore.
Ecco di seguito un mio personale commento su uno dei suoi testi più efficaci.
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“Les événements que j’évoquerai jusqu’à ma vingt et unième année, je les ai vécus en
transparence…Je voulais traduire cette impression que beaucoup d’autres ont ressentie avant moi :
tout défilait en transparence, et je ne pouvais pas encore vivre ma vie ».
Patrick MODIANO, Un Pedigree, Éditions Gallimard, Paris, 2005.
Un Pedigree o il romanzo portfolio.
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Spesso un testo breve rivela meglio il talento di uno scrittore. Patrick MODIANO
nel suo “Un pedigree” (Testo originale: Éditions Gallimard, Paris, 2005;
Versione italiana, Giulio Einaudi editore, Torino, 2006) conferma la sua vena
narrativa assai seducente, espressa in una lingua semplice e lineare,
tradizionalmente classica. Anche se c’è, per il lettore poco accorto, il rischio che
questo piccolo testo lo porti in una realtà troppo diversa dalla sua, popolata di
fantasmi del passato che riappaiono sotto forma di incubi.
Non c’è testo di Modiano in cui l’autore non faccia riferimento all’ultima guerra mondiale e al
periodo dell’Occupazione a Parigi. Una realtà storica e culturale che non ha vissuto, ma di cui
comunque ha subito le conseguenze sul piano profondamente intimo (non dimentichiamo che
Albert Modiano, il padre di Patrick, era ebreo).
Il testo sembra più un documento autobiografico che un romanzo. Vi troviamo, infatti, gli
ingredienti del percorso autobiografico alla maniera del portfolo: “l’io” del narratore che fa tutt’uno
con “l’io” del protagonista, una lunga e snervante successione di strade, di quartieri, di date, di
caffè, di nomi di persone reali più o meno conosciute, di luoghi di passaggio riportati con
scrupolosa esattezza, diremmo “fotografica”, che potrebbe suscitare, a primo acchito, nel lettore, un
sentimento di fastidio e di rifiuto.
Invece, sotto la penna sicura di Modiano, questi stessi fatti e gesti si animano prodigiosamente,
trascinando il lettore e Modiano stesso in un’atmosfera di sogno, alla ricerca delle radici. “J’écris
pour savoir qui je suis, pour me trouver une identité” -- risponde l’autore a una domanda sul senso
della sua scrittura.
È che Modiano vuole respirare l’odore del tempo passato, non certamente con spirito nostalgico
(tutti sanno le sue idee sulla Collaborazione), ma per colmare una lacuna culturale e ambientale
che associa alle sue origini dolorose e oscure. Scrivendo “Un pedigree” Modiano ha voluto
riempire un vuoto, gli anni della sua infanzia e della sua adolescenza, per ritrovarvi un legame con
se stesso e con i suoi genitori. L’autore premio Nobel intraprende questo viaggio a ritroso da vittima
vulnerabile segnata dalla solitudine. La sua famiglia è divisa e in disaccordo su tutto così che il
distacco dai suoi genitori è visto come una liberazione.
Sua madre, Luisa COLPEYN, di origine fiamminga, indifferente e preoccupata unicamente del suo
lavoro d’attrice, ama viaggiare e la buona tavola, non è stata in grado di trasmettere a suo figlio
l’amore e la sicurezza di cui Patrick aveva bisogno. Suo padre, Alberto, un uomo contorto e
ambizioso che vive una vita di precarietà e di corruzione, ammira le persone di successo.
Timido e stretto tra queste due personalità molto individualiste Modiano è solo ma decisamente
convinto a trovare la sua strada nella scrittura grazie alla quale egli riesce a costruire una identità
certa, la sua identità.
Prof. Raffaele FRANGIONE
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