proposta per un modello integrato di intervento finalizzato al

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PROPOSTA PER UN MODELLO INTEGRATO DI INTERVENTO FINALIZZATO AL RECUPERO/REINSERIMENTO DEGLI UOMINI AUTORI DI VIOLENZA La violenza sulle donne costituisce una grave violazione dei diritti umani, incompatibile con la dignità e il valore della persona, che prescinde da qualsiasi geografia, cultura o etnia: è una manifestazione di potere e di controllo, radicata nelle disparità esistenti a livello sociale fra uomini e donne, che ostacola e limita la libertà e il diritto delle donne all’autodeterminazione. La violenza di genere è caratterizzata da una serie di condotte di abuso fisiche, sessuali, psicologiche ed economiche, che si verificano spesso nell’ambito di una relazione di intimità, ad opera di partner ed ex partner, che provocano danni gravi al benessere psicofisico della donna e degli eventuali figli/e. Per questo motivo tale violenza è stata anche definita una questione di “salute pubblica” attinente alla salvaguardia dei diritti fondamentali della persona, e non più un problema solo “privato”. La Direttiva n. 29/2012 del Parlamento Europeo che è stata inserita nell'allegato B alla legge europea 2013 (legge 6 agosto 2013, n. 96, “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea”, al paragrafo (17) delle premesse fornisce una definizione della violenza di genere: “La violenza di genere è considerata una forma di discriminazione e una violazione delle libertà fondamentali della vittima e comprende la violenza nelle relazioni strette, la violenza sessuale (compresi lo stupro, l'aggressione sessuale e le molestie sessuali), la tratta di esseri umani, la schiavitù e varie forme di pratiche dannose, quali i matrimoni forzati, la mutilazione genitale femminile e i cosiddetti «reati d'onore», e al paragrafo (18) della violenza nelle relazioni strette: “è quella commessa da una persona che è l'attuale o l'ex coniuge o partner della vittima ovvero da un altro membro della sua famiglia, a prescindere dal fatto che l'autore del reato conviva o abbia convissuto con la vittima”. Il paragrafo (38) inserisce le persone vittime di violenze reiterate nelle relazioni strette e le vittime della violenza di genere tra le “persone particolarmente vulnerabili”. Il concetto di violenza ha subito modifiche nel tempo. La recente letteratura scientifica internazionale in materia ha affiancato all’uso di categorie interpretative connesse a patologie sociali o psicologiche, ambito in cui veniva collocata la violenza esercitata dagli uomini sulle donne una nuova concezione ancorata alla normalità delle relazioni tra generi e ad un sistema di valori “appreso”, fortemente connotato da sociali identità e ruoli maschili e femminili, a tutt’oggi presenti a livello sociale, storicamente caratterizzati da subalternità e dipendenza del femminile dal maschile e dalla mancanza di competenze e capacità maschili a vivere relazioni informate al riconoscimento e al rispetto della differenza. La violenza sulle donne, dunque, non è soltanto l‘eredità di antiche mentalità e retaggi di uomini che ritengono le donne “inferiori”, ma è anche la manifestazione della incapacità maschile di accettare e riconoscere l’autonomia e la libertà delle donne di autodeterminarsi. I comportamenti dell’autore di violenza sono fortemente condizionati da stereotipi culturali e sociali radicati relativi alle identità e al ruolo degli uomini e delle donne nella società e nella famiglia, dall’“apprendimento” della violenza e dell’esercizio di “potere e controllo” come metodo per condurre le relazioni e risolvere i conflitti, nonché dalla difficoltà nella gestione di emozioni e sentimenti. ***** Da quanto premesso, risulta evidente che la violenza sulle donne non costituisce un “problema delle donne” così che per un’efficace azione di contrasto bisogna ampliare la visione del fenomeno, oltrepassando l’antica convinzione che gli interventi rivolti agli autori di violenza siano “inconferenti” con gli interventi per il sostegno delle vittime. 1 Appare corretto, quindi, aderire alle recenti impostazioni della letteratura, per avviare programmi di intervento e reinserimento diretti agli uomini autori di violenza, al fine di interrompere il ciclo della violenza anche nella sua “trasmissione” fra generazioni. Questa nuova lettura della violenza sulle donne è stata recepita anche in alcuni documenti di indirizzo legislativo a livello internazionale con i quali le istituzioni nazionali sono state sollecitate a farsi carico del fenomeno della violenza sulle donne nella sua complessità, e quindi, ad intervenire anche sugli uomini che la perpetrano. L’organizzazione internazionale delle Nazioni Unite (Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, 1993) ed il Consiglio d’Europa (Raccomandazione Rec (2005) 5 “Programmi di intervento con gli autori”) hanno invitato gli Stati, nell’ambito della doverosa attività di vigilanza, per contrastare, prevenire e punire atti di violenza nonché per proteggere le vittime, ad organizzare interventi e programmi volti ad incoraggiare gli autori della violenza ad adottare un comportamento non violento, aiutandoli innanzitutto a azioni riconoscere la violenza e ad assumersene la responsabilità. Anche il Parlamento Europeo con la Risoluzione del 5 aprile 2011 in materia di contrasto alla violenza sulle donne “ribadisce la necessità di lavorare tanto con le vittime quanto con gli aggressori, al fine di responsabilizzare maggiormente questi ultimi ed aiutare a modificare stereotipi e credenze radicate nella società che aiutano a perpetuare le condizioni che generano questo tipo di violenza e l'accettazione della stessa”. La Convenzione del Consiglio d’Europa contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica dell’11 maggio 2011, la c.d. Convenzione di Istanbul, all’articolo 16 (Programmi di intervento di carattere preventivo e di trattamento) stabilisce la necessità di implementare interventi rivolti agli uomini: “1 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per istituire o sostenere programmi rivolti agli autori di atti di violenza domestica, per incoraggiarli ad adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali, al fine di prevenire nuove violenze e modificare i modelli comportamentali violenti. 2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per istituire o sostenere programmi di trattamento per prevenire la recidiva, in particolare per i reati di natura sessuale. 3 Nell’adottare le misure di cui ai paragrafi 1 e 2, le Parti si accertano che la sicurezza, il supporto e i diritti umani delle vittime siano una priorità e che tali programmi, se del caso, siano stabiliti ed attuati in stretto coordinamento con i servizi specializzati di sostegno alle vittime.”. Su queste linee di pensiero si inserisce il legislatore italiano che con, l’adozione del decreto-­‐legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, ha stabilito la necessità di promuovere azioni per il recupero degli autori di violenza. IL RECUPERO/REINSERIMENTO DELL’UOMO AUTORE DI VIOLENZA Le ragioni che hanno determinato l’esigenza di elaborare e promuovere interventi diretti agli uomini maltrattanti, fino a pochi anni fa non presa in considerazione, al di là delle disposizioni di legge, si possono così riassumere: 1. la violenza contro le donne, agìta in larga maggioranza da uomini, è un problema maschile che tende a “scomparire” nelle pratiche sociali; è necessario promuovere un’assunzione di responsabilità individuale e collettiva dell’uso della violenza, da parte degli uomini; 2. il lavoro con gli uomini, diretto a far cessare l’uso della violenza nelle relazioni di intimità, risponde alla domanda di molte donne vittime che rifiutano la violenza, ma vogliono mantenere la relazione di intimità con il partner, salvaguardando la propria sicurezza e comporta un particolare riguardo alla tutela della sicurezza della vittima, che a sua garanzia è sempre informata sugli sviluppi del trattamento; 2 3. gli interventi rivolti agli uomini che usano violenza, tanto nel metodo quanto nei contenuti, devono considerare il contesto sociale e culturale che alimenta le disparità tra uomini e donne e non possono limitarsi al piano individuale o a considerare il singolo comportamento violento, né prescindere da un approccio di genere nella lettura della violenza; 4. gli uomini autori di violenza hanno bisogno di interventi appropriati innanzitutto perché la ragione principale del recupero è l’interruzione della violenza, in secondo luogo per diventare pienamente consapevoli della violenza che attuano e riconoscere le loro responsabilità per la violenza agìta, nonché imparare a condurre le relazioni con le donne in condizione di non violenza, di parità e di rispetto reciproco; 5. appare importante prevenire gli stessi comportamenti violenti nelle nuove relazioni e in quelle consolidate, in quanto gli uomini devono imparare ad acquisire nuove capacità e competenze per cambiare e conoscere comportamenti alternativi alla violenza e gestire i conflitti senza prevaricazione imparando ad entrare in contatto con le proprie emozioni e i propri sentimenti; 6. molti autori di violenza sono anche padri e mantengono una forma di relazione con i propri figli/e e, quindi, è necessario aumentare la loro sicurezza ed evitare che possano emulare gli stessi comportamenti violenti. ***** Ciò premesso, si intende elaborare un quadro di indirizzo per la realizzazione di azioni di prevenzione di comportamenti violenti e l’attivazione di interventi per il recupero e l’accompagnamento dei soggetti responsabili di atti di violenza, al fine di far cessare i comportamenti violenti e di contrastare la negazione della responsabilità maschile e i valori legittimanti la violenza di genere. In altri termini, l’azione di sistema volta al contrasto della violenza sulle donne, oggetto di numerose intese e protocolli territoriali, dovrebbe rappresentare la sede in cui è definito il lungo e complesso processo informato alla protezione e sicurezza della vittima e alla cessazione delle violenze da parte degli autori. Tale processo deve includere tanto gli interventi diretti agli autori della violenza quanto gli interventi a sostegno delle vittime, ribaltando l’ottica dell’intervento sulla donna quale soggetto passivo, privo di competenze sulla situazione e patologicamente dipendente dal maltrattante. Non bisogna, infatti, dimenticare che per contrastare e prevenire la violenza sulle donne è necessario mantenere una visione complessiva del fenomeno che consenta di adottare un sistema di interventi rivolto a tutti i soggetti coinvolti nella violenza e che attivi tutti i componenti della rete secondo le diverse competenze e affrontare e contrastare il fenomeno con un approccio strutturato. Sul piano metodologico, il presente documento di indirizzo si appoggia alle indicazioni presenti in risoluzioni e raccomandazioni e buone prassi internazionali e nazionali, che incoraggiano i programmi di intervento con gli autori di violenza chiamati in causa come parte del problema e, dunque, anche della soluzione. LA RETE: COLLEGAMENTO DEI CENTRI PER UOMINI MALTRATTANTI CON GLI ALTRI OPERATORI CHE INTERVENGONO IN CASO DI VIOLENZA Secondo i risultati di diverse ricerche l’efficacia dei programmi di intervento rivolti agli uomini dipende in modo decisivo dal sistema complessivo di intervento in cui sono inseriti e, quindi, dalle reazioni e dalle risposte di ciascuno dei soggetti che compongono la rete. 3 L’indirizzo comune che si vuole diffondere è volto a sollecitare la consapevolezza, soprattutto a livello istituzionale, circa l’opportunità di prevedere piani di intervento diretti a contrastare la violenza di genere che favoriscano il collegamento fra i soggetti competenti per recupero gli interventi con i maltrattanti e le reti territoriali di servizi, pubblici e privati, per il sostegno delle vittime, al fine di predisporre risposte integrate e coordinate. Il collegamento dei Centri rivolti agli autori di violenza con gli operatori competenti per l’accompagnamento della donna nel percorso di uscita dalla violenza può, infatti, assicurare una migliore valutazione della tipologia dei comportamenti maltrattanti subiti e del livello di gravità e favorire l’individuazione di appropriate misure di protezione e sicurezza per le vittime e la limitazione delle recidive, attraverso la predisposizione di procedure condivise. Creare un “punto di contatto” specifico e competente, capace di dare una risposta appropriata alla violenza di genere rivolgendosi agli autori, collegato ai “nodi di servizio” in rete per il sostegno della donna, significa intervenire sul responsabile degli abusi sul piano della prevenzione affinché non ci sia una “nuova vittima” e si limiti fino alla eliminazione il reiterarsi delle violenze verso la stessa. La diffusione sul territorio di un modello di rete degli operatori diretto al sostegno della donna vittima di violenza che sia in contatto e operi in collaborazione con i Centri di intervento per gli autori di violenza rappresenta la declinazione della nuova impostazione dei sistemi di contrasto alla violenza sulle donne. Non è sufficiente aumentare e/o migliorare i servizi a favore delle vittime, ma occorre favorire “la presa in carico tempestiva della situazione di violenza” ossia la “della assunzione di responsabilità degli atti violenti”, di qualunque natura essi siano, da parte degli stessi autori. In particolare, sul versante istituzionale, il collegamento dei Centri di interventi per uomini violenti con la rete territoriale di soggetti competenti al contrasto delle violenza di genere dovrebbe contribuire ad ampliare le attività di sensibilizzazione, di informazione, di ricerca e di monitoraggio, dirette al fine di prevenire, a tutti i livelli, il fenomeno e a riconoscere più velocemente le situazioni di violenza e fra di esse quelle maggiormente a rischio di violenze gravi e di letalità e a fornire risposte appropriate. La promozione di sinergie potrà essere formalizzata con i consueti meccanismi: accordi e protocolli regionali e territoriali, che potranno prevedere procedure di interazione tra la rete integrata, formata dagli operatori che svolgono assistenza alle donne e i Centri di intervento per l’uomo che ha agito violenza. I servizi invianti sono individuati con particolare riferimento ai seguenti soggetti pubblici e privati: 1. le istituzioni competenti per l’ordine pubblico (le Forze dell’Ordine, Questura-­‐ in caso di ammonimento-­‐ e Uffici territoriali di Governo); 2. i servizi socio-­‐sanitari (le Amministrazioni regionale, provinciale e comunale, le strutture di accoglienza e di tutela dei minori – ASL – SERT, servizi alcologici, consultori); 3. gli Ordini professionali (avvocati, medici, psicologi, pedagogisti, nuove forme come counsellors e figure di coaching); 4. il sistema giudiziario e dell’amministrazione penitenziaria (tribunali, magistrati di sorveglianza, Uffici di esecuzione penale esterna); 5. gli operatori competenti nell’ambito del privato sociale per il reinserimento delle donne vittime di violenza (Case delle Donne, Centri Antiviolenza e Organizzazioni di volontariato). I PROGRAMMI RIVOLTI AGLI UOMINI AUTORI DI VIOLENZA La finalità principale degli interventi rivolti agli autori è promuovere l’interruzione della violenza e la sicurezza della donna e dei figli, nonché un cambiamento culturale e la diffusione di modelli di 4 comportamento nelle relazioni tra uomini e donne improntati al rispetto dei diritti fondamentali e della libertà e autodeterminazione femminile. I programmi per gli autori di violenza dovrebbero perseguire tre principali obiettivi: 1. la sicurezza delle mogli/compagne (o delle ex) e degli eventuali figli; 2. l’interruzione della violenza; 3. l’assunzione della responsabilità del comportamento violento. Tuttavia, l’opportunità di coinvolgere gli autori di violenza in programmi per il loro recupero, non deve essere intesa come alternativa alla condanna, sia giudiziaria che etica, ma come misura aggiuntiva per prevenire futura violenza. La Legge del 28-­‐4-­‐2014, n. 67 ha introdotto l’ art. 168-­‐bis c.p. -­‐ (Sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato) che testualmente recita: ” Nei procedimenti per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell'articolo 550 del codice di procedura penale, l'imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova”. La messa alla prova comporta l'affidamento dell'imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma trattamentale che contiene prescrizioni comportamentali volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. I servizi di giustizia riparativa possono essere di grande beneficio per le vittime, ma richiedono garanzie volte ad evitare la vittimizzazione secondaria e ripetuta, l'intimidazione e le ritorsioni. E’, inoltre, opportuno tenere conto della natura e della gravità del reato e comunque devono trovare il consenso libero e informato della vittima. Presupposto per l’avvio di questo percorso è che l’autore del reato abbia riconosciuto la gravità dei fatti commessi. Il principio dal quale non si può prescindere nel lavoro con gli uomini violenti è la condanna dei comportamenti violenti e, dunque, il rifiuto di qualsiasi giustificazione della violenza sulla donna e sui minori coinvolti; gli interventi devono essere diretti ad una netta assunzione di responsabilità della violenza e al riconoscimento del suo disvalore, etico e morale, in quanto modalità di risoluzione del conflitto, devono, inoltre, affrontare la questione dei ruoli e degli stereotipi di genere, ai fini dell’adozione di comportamenti basati sul rispetto di sé e della partner (o ex). Peraltro, la realizzazione dei programmi per gli autori violenti non può essere considerata un’esperienza episodica ed indipendente, ma dovrebbe essere collocata nell’ambito delle iniziative e delle azioni di contrasto alla violenza di genere e svilupparsi parallelamente ai servizi di sostegno alle vittime, di cui non rappresenta in alcun modo una alternativa. I percorsi seguiti dalla vittima e dal maltrattante dovrebbero essere coerenti rispetto al comune obiettivo di prevenire nuovi atti di violenza, garantendo la sicurezza delle donne e dei minori coinvolti, ma correre paralleli, in quanto fondati su bisogni differenti: la donna deve essere sostenuta nel suo percorso di uscita dalla violenza e dotata delle risorse necessarie per farvi fronte, mentre l’uomo deve essere accompagnato in un percorso di cambiamento mirante all’abbandono della violenza e della colpevolizzazione della vittima, deve imparare ad interrompere la violenza e ad assumersi la responsabilità della propria violenza senza colpevolizzare la vittima, entrando contemporaneamente in contatto con il proprio mondo emotivo sviluppando empatia e riconoscimento verso l’altra e gli altri. I PERCORSI INDIRIZZATI AI MALTRATTANTI E MIRATI AL CAMBIAMENTO NELLE RELAZIONI DI GENERE Il contrasto alla violenza di genere non dovrebbe essere raffigurato come un processo in emergenza, perché la violenza è una costante diffusa nella società, ma una azione di sistema che 5 sia, pur volta all’interruzione immediata dell’abuso, funzionale, soprattutto, alla prevenzione, nel lungo periodo, di qualsiasi forma di recidiva. Infatti, si ritiene che per sviluppare il cambiamento culturale dell’uomo nelle relazioni di genere e la diffusione di una cultura dei diritti umani, e in particolare dei diritti delle donne, nonché di modelli di comportamento basati sul rispetto della partner o ex partner, sia fondamentale realizzare percorsi di formazione e cambiamento rivolti al maltrattante. Nello specifico l’indirizzo comune che si propone è la promozione, nel quadro della programmazione regionale e territoriale, anche con riferimento ai piani finanziati da risorse comunitarie, di iniziative mirate a facilitare l’acquisizione, da parte dei maltrattanti, di strumenti per superare gli stereotipi e i vissuti esperienziali personali violenti, verso l’adozione di comportamenti basati sul rispetto di sé e della partner o ex partner. I predetti interventi e programmi psico-­‐educativi potranno essere realizzati nell’ambito delle collaborazioni formalizzate tra i Centri di intervento per uomini violenti e la rete di intervento a favore delle donne vittime, attraverso convenzioni o protocolli che prevedano, tra l’altro, le procedure per la condivisione/concertazione dei contenuti e per la valutazione circa l’efficacia. Occorre, dunque, un intervento sicuramente efficace e tempestivo sul piano della repressione laddove le violenze vengono denunciate, che sia, tuttavia, integrato con l’offerta di programmi psico-­‐educativi diretti a far cessare la violenza che agiscano sull’uomo violento e diretti a promuovere interpersonali una cultura del rispetto delle libertà e dell’autodeterminazione femminile. A tal fine, si propongono due àmbiti di intervento: 1. il primo livello implica il dialogo e la concertazione di azioni di informazione, di carattere socio-­‐educativo, attraverso la comunicazione e sensibilizzazione con le Istituzioni della comunità locale, con riferimento agli ambienti scolastici e ai luoghi di lavoro; in quest’ultimo caso si potrebbe prevedere il coinvolgimento, mediante convenzioni, delle Consigliere regionali e provinciali di parità; 2. un secondo livello concerne i contenuti dei programmi atti a mettere in moto progetti di cambiamenti individuali e sociali . LA STRUTTURA DEI PROGRAMMI All’interno del carcere, attraverso l’attività del Gruppo di osservazione e trattamento (educatori, assistenti sociali, medici, esperti psicologi o criminologi, polizia penitenziaria ed altri che conoscono il detenuto, ad es. insegnanti, volontari, ecc), sono rilevati, fin dal momento del primo ingresso i bisogni, le carenze e le cause che hanno portato alla condotta criminale (art 13 legge n. 354/75 e artt. 27, 28 e 29 dpr 230/2000). Sulla base di questi risultati viene formulato il programma di trattamento e sono individuati gli interventi più adeguati al recupero sociale. I risultati dell’osservazione sono in supporto delle decisioni del Magistrato di Sorveglianza per la concessione dei benefici penitenziari (permessi, detenzione domiciliare, affidamento in prova, semilibertà ecc). La partecipazione ai programmi di reinserimento, all’esterno del carcere, invece, potrà essere sia su base volontaria che obbligata per legge. La partecipazione volontaria implica la necessità di fornire una risposta tempestiva ad una richiesta spontanea di aiuto e, quindi, l’apertura di una linea telefonica e di un luogo ove sia possibile effettuare idonei colloqui individuali e/o un lavoro di gruppo. Il primo contatto potrà avvenire attraverso e-­‐mail o telefono gratuitamente con copertura delle 24 ore garantita da segreteria telefonica e richiamata entro il giorno successivo, onde potere offrire supporto in tempi molto brevi. 6 L’invio coatto è connesso alle ipotesi di sospensione e sostituzione della pena o di detenzione domiciliare e coinvolge le istituzioni pubbliche quali la Procura presso il Tribunale o presso il Tribunale dei Minori, la magistratura di sorveglianza, l’Amministrazione penitenziaria, le Questure nel caso di ammonimento all’autore di aggressioni, nonché nelle situazioni in cui si è provveduto ad un allontanamento dal domicilio coniugale sia in sede civile che penale. Dovrebbero comunque essere fornite alle vittime, su richiesta, informazioni specifiche sulla scarcerazione dell'autore del reato, almeno nei casi in cui possa sussistere un pericolo o un rischio concreto di danno per le vittime. La segnalazione dell’aggressore può essere effettuata anche dalle strutture pubbliche e private (Centri antiviolenza e Centri di accoglienza comunali/servizi sociali) che forniscono sostegno alla vittima. Nella fase di avvio del trattamento e, comunque, nei casi di violenza si esclude, come già previsto nelle prassi internazionali, il ricorso a terapie di coppia e a forme di mediazione familiare, ritenute pericolose perché possono non mettere in sicurezza la donna vittima di violenza e collocano su un falso piano di parità uomo e donna e consentono all'uomo di mantenere la sua capacità di manipolazione e di intimidazione. Laddove vi siano figli/e minori e si sia in presenza di una separazione, attuata o in corso, ritenuta in letteratura come uno dei maggiori fattori di rischio di nuove e più gravi violenze, le autorità competenti devono considerare in via prioritaria la sicurezza della ex partner e dei figli coinvolti. In particolare, il diritto di visita del padre che ha usato violenza contro la madre e/o i figli/e non può essere predisposto senza una valutazione della situazione di violenza pregressa e, nel caso di adesione del genitore maltrattante ad un percorso di cambiamento, senza la valutazione e il monitoraggio dei risultati. Ad ogni modo si raccomanda, in via preliminare, la predisposizione di visite ai figli/e in condizioni di protezione. La conclusione del percorso/trattamento si ha quando l’autore ha interrotto la violenza e ha preso consapevolezza delle ragioni che hanno motivato la violenza stessa, non ha avuto da tempo comportamenti violenti e ha fatto azioni riparative nei confronti di chi ha subito violenza. La valutazione del rischio rappresenta una fase importante di qualsiasi intervento diretto agli autori di violenza. Essa comporta la valutazione della gravità della situazione di violenza e un lavoro prognostico circa il rischio futuro che nuove violenze o violenze più gravi vengano messe in atto e viene fatta in momenti differenti da quando si è a conoscenza della violenza subita da parte di una donna. L’intervento rivolto all’autore di violenza deve considerare i risultati della valutazione del rischio di recidiva, condotta con procedure condivisibili e scientifiche e quindi con metodi strutturati, insieme al monitoraggio dei comportamenti e alla predisposizione di eventuali misure preventive, cautelari e interdittive, dirette a salvaguardare la sicurezza della vittima. Nel caso di denuncia penale, la valutazione del rischio può riguardare anche le fasi successive all’eventuale avvio di un procedimento penale. In caso di condanna può riguardare tutto l’apparato dell’Amministrazione penitenziaria e le decisioni prese in merito dalla magistratura di Sorveglianza e in merito a quello che è il lavoro svolto in seno all’osservazione scientifica della persona, in fase trattamentale, da parte del GOT (Gruppo Osservazione e Trattamento). LA FORMAZIONE SPECIFICA DEGLI OPERATORI Il lavoro con gli uomini che usano violenza non può essere frutto di improvvisazione, ma deve essere elaborato e condotto da personale qualificato professionalmente, che si sia formato specificamente sul tema della violenza contro le donne ed abbia fatto un percorso personale sull’identità di genere e le proprie dinamiche legate a violenza e prevaricazione. 7 La formazione e l’aggiornamento degli operatori delle strutture deputate ad intervenire con gli autori di violenza, è uno strumento per il miglioramento continuo della qualità delle prestazioni erogate durante il trattamento nei confronti dell’aggressore e per lo sviluppo della loro professionalità, volto a garantire la qualità e l’appropriatezza degli interventi, che non possono tradursi in forme di vittimizzazione secondaria, né tantomeno in modalità di lavoro che risultino collusive con chi agisce violenza. La formazione, a tutti livelli, rappresenta quindi una leva essenziale nel processo di innovazione culturale e sociale che si intende promuovere al fine di contrastare il fenomeno della violenza di genere e andare nella direzione del rispetto dei diritti umani e della libertà e autodeterminazione femminile. Essa costituisce, peraltro, un cardine fondamentale per il controllo della qualità dei servizi resi dai Centri di intervento rivolti all’uomo che ha agito violenza, qualità connessa alla specializzazione e diversificazione delle domanda di tutela e di benessere delle vittime e che non possono prescindere dalla salvaguardia della sicurezza delle donne e dei minori coinvolti. Gli operatori che intervengono per il cambiamento dei comportamenti violenti maschili nei confronti delle donne, ai fini di una presa di coscienza e volontà di trovare altre modalità di relazione uomo-­‐donna, dovrebbero avere la disponibilità, periodica, di accesso alla formazione, anche continua, non solo generale ma specifica, in materia di parità tra uomini e donne e di violenza di genere, che consenta loro l’individuazione precoce dei rischi e il recupero dell’aggressore, nonché di riconoscere le radici culturali e sociali della violenza di genere e di formulare conseguentemente gli interventi. E’ necessaria, quindi, l’adozione di criteri comuni per la formazione e per l’aggiornamento in materia di violenza di genere, così che i messaggi rivolti ai maltrattanti, alle donne a i minori che ne sono vittima e alla collettività, siano omogenei e concordi innanzitutto nel condannare la violenza e nella richiesta di una assunzione di responsabilità da parte degli uomini che la usano.
Al riguardo, si auspicano forme di collaborazione tra la rete per il reinserimento delle vittime, con particolare riferimento al sistema, pubblico e privato, dell’istruzione e della formazione professionale (Istituti scolastici e Università, Centri provinciali per l’istruzione degli adulti e Istituti per la formazione) e i Centri di intervento rivolti agli autori, finalizzata alla offerta di corsi di formazione e aggiornamento mirati al cambiamento del maltrattante, in collaborazione con la rete dei servizi per le vittime. IL MONITORAGGIO, LA VALUTAZIONE E LA MISURAZIONE DELL’EFFICACIA DEI PROGRAMMI L’accertamento della qualità, l’analisi supportata da specifica documentazione e la valutazione dell’efficacia degli interventi rivolti agli autori del programma dovrebbero essere oggetto costante di attenzione, di attività di monitoraggio e di ricerca. Gli operatori dei Centri di intervento per uomini violenti dovrebbero creare e sviluppare, in condivisione con i servizi di sostegno alle donne vittime di violenze, procedure per controllare (monitorare e verificare) in modo continuo i processi e i risultati del loro lavoro, collegando le risultanze con le conoscenze emerse dalla ricerca e dalle migliori pratiche presenti a livello nazionale ed internazionale. Le verifiche della qualità e dell’efficacia dei programmi e dei servizi offerti potrebbero rappresentare la base per la costituzione di collaborazioni stabili tra istituzioni pubbliche e soggetti privati, basati su standard che prevedano budget specifici per i servizi volti a contrastare la violenza, sulla base della qualità degli interventi e del rapporto costi-­‐benefici. 8