Artroscopia caviglia

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Artroscopia caviglia
ARTROSCOPIA DI CAVIGLIA
A cura di A. Branca e R. Zini
2004 Springer ed.
Patologia extra-articolare
Marco Guelfi, Massimiliano Grasso, Emilio Abello, Ferdinando Priano
Dr. Marco Guelfi- Via Caprera 7/3- 16146 Genova
Tel. 3483853713 Fax. 0103531397 E-mail: [email protected]
Dr. Massimiliano Grasso- Via Monticelli 2/2- 16100 Genova
Tel. 010886800
Dr. Emilio Abello- Via Don Minzioni 8/9 16145 Genova
Tel. 3473101677
.Pr. Ferdinando Priano- Via Montallegro 51 16145 Genova
Tel./Fax 010582931 E-mail: [email protected]
Introduzione
Lo sviluppo dell’artroscopia ha determinato l’avvento di metodiche endoscopiche per il trattamento di un
numero sempre maggiore di patologie e tra queste anche alcune extra-articolari. La prima patologia extra-articolare
trattata endoscopicamente, è stata la sindrome del tunnel carpale, seguita dalla fascite plantare inserzionale; è infatti del
1993 la prima pubblicazione di Barrett sul release endoscopico della fascia plantare. Negli ultimi dieci anni molte sono
le patologie extra-articolari dell’arto inferiore ad essere trattate con tecniche endoscopiche, riportiamo qui di seguito la
nostra esperienza in questo settore iniziata nel 1995 con il release della fascia plantare, proseguita con la fascectomia
della loggia tibiale anteriore nelle sindromi croniche della loggia negli sportivi, con la borsite dolorosa trocanterica e
l’anca a scatto, la tendinite inserzionale Achillea in calcagno di Haglund, la tendinite del flessore lungo dell’alluce
nell’impingement posteriore di caviglia .
Sindrome compartimentale cronica del tibiale anteriore
Questa sindrome può essere inserita nell’ambito delle cosiddette Shin Splints cioè le sindromi
compartimentali attenuate; sono dovute ad un aumento di pressione all’interno della loggia tibiale anteriore conseguenza
di esercizio fisico prolungato ed esasperato. Tale aumento di pressione induce ischemia dei muscoli interessati e
conseguente comparsa di sintomatologia caratterizzata da crampi, dolore urente a livello del tibiale anteriore ed una
anomala sensazione di gonfiore. I sintomi compaiono durante lo sforzo e non sono influenzati dall’impatto del piede col
suolo; si manifesta spesso in maniera subdola, nelle forme iniziali non impediscono il gesto atletico, solo nei casi più
gravi si presenta l’evenienza di interrompere il gesto atletico. Questo perché si può arrivare all’obliterazione acuta
transitoria dell’arteria tibiale, dovuta in ipotesi patogenetica ad un aumento dei liquidi interstiziali [1]. I soggetti più
colpiti sono i giovani atleti sottoposti ad allenamenti intensi: soprattutto quando vengano incrementati i carichi di lavoro
o quando siano sottoposti ad allenamenti errati; tra i fattori predisponenti si devono considerare gli atteggiamenti
posturali viziati della gamba e del piede (valgismo calcaneare), il gesto atletico ed i carichi di lavoro eccentrico. Il
pattinaggio, il calcio, il rugby, la ginnastica artistica e la corsa (mezzofondo e fondo) sono gli sport maggiormente
responsabili nell’insorgenza di questa patologia. Il quadro clinico è caratterizzato dalla scarsi sintomi a riposo, da dolore,
durante l’attività sportiva alla faccia antero-esterna della gamba, che può risultare indurita od addirittura lignea alla
palpazione; la flessione plantare della caviglia e del piede evoca dolore così come la supinazione. La diagnosi è
prevalentemente clinica e si avvale di test, tra i quali il Ratschow-test, la misurazione della pressione intramuscolare
prima, durante e dopo attività fisica intensa, Rx, RMN , esame neuroelettrico ed eventuale scintigrafia ossea; la diagnosi
differenziale va posta con periostite, fratture da stress della corticale anteriore della tibia, tenosinoviti, sindromi nervose
o vascolari canalicolari, disturbi del sistema nervoso centrale, miopatie, infezioni e tumori. Infine si differenziano dalle
sindromi compartimentali acute in quanto queste ultime sono conseguenza di un violento evento traumatico osteoarticolare o dei tessuti molli di grave entità [2-3]. Nella maggior parte dei casi il trattamento conservativo, che consiste
nel “riposo attivo”, FKT (U.S. terapia, stretching), FANS orali, bendaggi funzionali della tibiotarsica ed eventuali ortesi
per il piede, offre buoni risultati. In caso di fallimento della terapia conservativa la risoluzione chirurgica si rende
necessaria. Essa consiste nella sezione longitudinale della fascia del tibiale anteriore; naturalmente, se effettuata a cielo
aperto, la fasciotomia richiede una incisione ampia ed una esposizione prolungata delle fibre muscolari, con possibili
successivi fenomeni di retrazione cicatriziale ed ernia muscolare [4]. In questa ottica l’evoluzione della tecnica
endoscopica ha portato a trattare con buoni risultati la sindrome del tibiale anteriore con fasciotomia endoscopica
percutanea [5-6]. La tecnica consiste nell’eseguire il release della fascia muscolare del tibiale anteriore attraverso due
piccole incisioni, prossimali e due distali di circa 0,5 cm. (Fig. 1) praticate a distanza di circa 2-3 cm. attraverso queste
incisioni si visione a 30°da una parte e un bisturi artroscopico, che può essere sia ad uncino che a coda di rondine con
lato tagliente posto anteriormente, può esser utilizzata anche una forbice Click-Line tipo Hook o basket e un endoscopio
rigido con angolo di visione a 0° e camicia da 10 mm. #. L’ottica e lo strumento tagliente vengono posizionati nel
sottocutaneo, una volta individuata la fascia (Fig. 2) si procede alla sua sezione con il tagliente scelto, la sezione può
essere eseguita sia per via anterograda sia per via retrogada a seconda dello strumentario impiegato (Fig. 3). Si può
2
eseguire una sola incisione longitudinale della fascia oppure due incisioni longitudinali, parallele fra loro, ad alcuni cm.
di distanza l’una dall’altra, particolare attenzione va rivolta ad evitare lesioni del nervo peroneo superficiale che
attraversa la fascia del tibiale anteriore all’unione del terzo medio con il terzo distale. Sono stati trattati 11 Pz. affetti da
sindrome cronica del tibiale anteriore, 7 maschi e 4 femmine; 4 calciatori, 3 pattinatori, 2 mezzofondisti, 1 rugbista e 1
ginnasta; l’età media era di 26 aa. (18 - 38), il Follow-Up medio è di 29 mesi (minimo 6 mm. - max. 50); il ritorno
all’attività sportiva è avvenuto in media dopo 4 settimane e all’allenamento intenso dopo 6 settimane; in 3 casi abbiamo
eseguito la fasciotomia con una sola sezione mentre in 8 casi abbiamo eseguito la sezione su due linee parallele come
descritto sopra. I parametri considerati per valutare i risultati sono il dolore post-operatorio, la soddisfazione del
paziente, i tempi di ritorno allo sport e il livello di recupero delle prestazioni; i risultati sono stati ottimi in 8 casi, buoni
in 2 casi e discreti in 1 caso, questo caso lamenta dolore sulle cicatrici cutanee, i due buoni hanno avuto un ritorno allo
sport rallentato [7]. Riteniamo questa tecnica molto efficace, purché attuata con le giuste indicazioni e dopo un accurato
iter diagnostico differenziale, la rapida guarigione e il rapido ritorno all’attività sportiva tendono ad indurre una
estensione delle indicazioni e questo può essere il pericolo maggiore della metodica.
Tendinite inserzionale Achillea, sindrome di Haglund
Con il termine sindrome di Haglund si definisce la patologia della regione calcaneare posteriore caratterizzata
da borsite retroachillea, tendinopatia inserzionale del tendine di Achille e prominenza dell’angolo calcaneare superiore
(Fig. 4) che determina impingement con la faccia anteriore del tendine di Achille (Fig.5). Dal punto di vista anatomico
il complesso posteriore del calcagno è rappresentato dal tendine di Achille, dall’angolo postero-superiore del calcagno,
dalla borsa retrocalcaneare e dalla borsa tendinea, la prima è fatta a ferro di cavallo ed è situata tra la faccia anteriore del
tendine e il calcagno svolge la funzione di ridurre l’attrito tra queste due componenti, la seconda o borsa avventizia è
situata tra il tendine di Achille e la cute (Fig.6) [8]. La clinica è caratterizzata da dolore in sede calcaneare posteriore,
zoppia e difficoltà a calzare scarpe chiuse, la terapia è conservativa e si avvale di ortesi per ridurre il conflitto osteotendineo, terapia fisica locale, viscosupplementazione con acido ialuronico [9]. Nel caso in cui necessario l’intervento
chirurgico, questo consiste nell’eliminare il conflitto tra osso e tendine, le tecniche tradizionali prevedono l’asportazione
della prominenza ossea (Fig.7) [10], Helal ha proposto l’osteotomia di calcagno che porta il suo nome che consiste in
una osteotomia a cuneo dorsale di flessione della porzione distale del calcagno e fissazione con vite, si esegue poi la
scarificazione del tendine per stimolare la neoangiogenesi e la bursectomia [11-12]; la scarificazione può essere eseguita
anche per via endoscopica [13]. Da più di un anno eseguiamo la asportazione dell’angolo superiore del calcagno per via
endoscopica, eseguendo contemporaneamente la bursectomia e il debridement del tendine di Achille eseguiamo due
3
portali, uno postero-mediale, il primo, ed uno postero-laterale [14]
Portali:
ƒ
Postero-mediale: incisione di circa 5 mm. circa 1 cm. anteriormente e medialmente al t. di Achille, 2-3
cm. cranialmente al margine superiore del calcagno, si entra direttamente nello spazio del triangolo di
Kager (Fig.8).
ƒ
Postero-laterale: previa trans-illuminazione per evitare lesioni al nervo surale si esegue una incisione di
circa 5 mm. 1 cm., circa, anteriormente e lateralmente al t. di Achille, 1-2 cm. cranialmente al margine
superiore del calcagno (Fig.9) .
Strumenti:
Utilizziamo una ottica standard per artroscopia di spalla per avere un elevato in-flow, pompa, radiofrequenze e
strumentario motorizzato (shaver e burr o acromionizer); dopo aver eseguito i due portali si esegue un accurato
debridement con shaver del tendine (Fig.10) con asportazione della borsa pre-achillea, pulizia della zona di inserzione
del tendine sull’osso (Fig.11) e infine calcaneo-plastica con burr o acromionizer fino ad aver eliminato il conflitto ossotendine (Fig.12) [14].
Fascite plantare inserzionale calcaneare
La fascite plantare è una patologia di frequente riscontro e al contempo di non rapida e non facile guarigione, il
trattamento conservativo è il trattamento d’elezione, consiste nel riposo, l’impiego di ortesi plantari, l’impiego di FANS
per via sistemica, terapia fisica (U.S. in acqua, Laser, Roentgen, Onde d’urto), infiltrazioni locali di corticosteroidi. Deve
essere attuato sempre e protratto a lungo, nel 90% circa dei casi si ottengono buoni risultati, qualora il risultato, dopo
almeno 12 mesi di terapia conservativa adeguata e correttamente eseguita, sia insoddisfacente si può porre una
indicazione chirurgica [15]. In questi casi abbiamo eseguito la fasciotomia plantare endoscopica con tecnica ad un
portale, dal Gennaio 1995 al Giugno 1997 abbiamo eseguito 32 fasciotomie plantari endoscopiche in 27 Pz. (5 bilat.),
l'età media dei Pz. è di 39 aa., l’intervallo medio tra la comparsa dei sintomi e l’intervento è stato di 13 mesi ( min. 11,
max. 16). I Pz. sono stati trattati tutti in regime di Day-Hospital, con anestesia loco-regionale e concessione di carico
parziale al risveglio dell’arto. Nel 1998 abbiamo presentato i risultati preliminari, considerando solo i pazienti sottoposti
ad intervento nel periodo preso in considerazione per avere un follow-up minimo di 12 mesi, su 27 Pz. operati abbiamo
avuto 23 pazienti soddisfatti, 3 parzialmente soddisfatti e uno insoddisfatto [16]. Stiamo monitorando tutti i pazienti
sottoposti ad intervento e alla riunione della Società Italiana di Chirurgia e Medicina del Piede, svoltasi il 11.11.01 in
occasione del 86° Congresso della S.I.O.T. di Roma, abbiamo riportato i risultati del periodo preso in considerazione per
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avere un follow-up sufficientemente lungo (minimo 48 mesi); su 27 Pz. operati, 24 si sono presentati al controllo, tra
questi 21 erano soddisfatti, 2 parzialmente soddisfatti ed uno insoddisfatto, sei sono stati i Pz. Che nel frattempo si sono
fatti operare all’arto controlaterale [17]. Da circa un anno eseguiamo la tecnica a due portali che abbiamo visto essere
più comoda e di più semplice esecuzione, utilizziamo lo stesso strumentario, modificato opportunamente, da un lato si
introduce l’ottica, dall’altro il bisturi endoscopico. Eseguiamo l’intervento con il Paziente in posizione supina, anestesia
loco-regionale e laccio emostatico alla caviglia, la serie da noi riesaminata è stata operata con tecnica ad un portale,
attualmente eseguiamo quella a due portali per maggiore comodità e semplicità di intervento. Il primo portale è quello
mediale, è situato sul prolungamento di una linea che passa posteriormente al margine posteriore del malleolo mediale
che interseca l’origine mediale della fascia plantare alla tubertosità calcaneare (Fig.13). Si introduce la cannula
plantarmente alla fascia (Fig.14)e si esegue il portale laterale all’apice della cannula stessa (Fig.15), si posiziona
l’endoscopio medialmente (Fig.16) e il bisturi lateralmente (Fig.17), visualizzata la fascia (Fig.18) si esegue con il
bisturi retrogrado (Fig.19) la sezione dei due terzi mediali della fascia che deve essere sezionata a tutto spessore in modo
da vedere il muscolo flessore breve delle dita sporgere dalla fascia tagliata (Fig.20). C’è stata molta controversia su
questa tecnica, noi riteniamo, in accordo con Ferkel, Palumbo, Barret e Kinley [18-19], che quando l’indicazione
terapeutica sia quella di eseguire una fasciotomia plantare, la tecnica endoscopica sia da preferire a quella a cielo aperto
per gli importanti vantaggi (minima cicatrice, nessuna immobilizzazione, carico precoce, guarigione più rapida, ripresa
lavorativa e/o sportiva più veloce). Le casistiche più recenti [20] riferiscono buoni risultati in più del 90% dei casi con
follow-up superiore ai due anni. Il problema riteniamo che sia soprattutto nell’indicazione, i Pz. devono essere sottoposti
ad un corretto iter diagnostico clinico e strumentale, e ad un adeguato e corretto periodo di terapia conservativa, solo nei
casi di insuccesso di quest’ultima consigliamo la fasciotomia; sicuramente è molto utile seguire il decalogo redatto dalla
AOFAS (Società Americana di Chirurgia del Piede e Caviglia) in cui vengono ricordate e ribadite le indicazioni, le
controindicazioni e la necessità di adeguata terapia conservativa [19].
Sindrome di Civinini-Morton
Come tutti sanno è una metatarsalgia causata dalla compressione del nervo interdigitale comune, il 3° spazio
intermetatarsale è quello maggiormente colpito (85% circa), che sviluppa fibrosi perineurale fino alla formazione di
voluminosi neuromi; la sintomatologia è suggestiva e consente spesso già di far diagnosi durante la raccolta dei dati
anamnestici, è caratterizzata da dolore urente all’avampiede durante la deambulazione con la scarpa chiusa, tale
sintomatologia impone l’arresto immediato e regredisce togliendo la scarpa. La diagnosi è essenzialmente clinica, esami
quali la Rx, l’ecografia e la RMN possono essere di aiuto nei casi dubbi o con quadro clinico atipico, la terapia è
5
inizialmente conservativa e si avvale di presidi ortesici, fisici, di infiltrazioni di corticosteroidi; la soluzione chirurgica è
proposta dopo l’insuccesso della terapia conservativa, prevede la neurolisi o la neurectomia che può essere effettuata per
via dorsale o plantare. La percentuale di insuccessi è piuttosto elevata e si aggira intorno all’80%, ed è dovuta
principalmente ad una errore diagnostico, alla scelta dello spazio sbagliato, ad una rimozione insufficiente ad una
insufficiente lisi del legamento intermetatarsale. Da alcuni anni utilizziamo l’endoscopia dello spazio IM interessato
come primo tempo dell’intervento chirurgico così possiamo ben evidenziare il neuroma e decidere se eseguire
semplicemente la neurolisi sezionando il legamento intermetatarsale o eseguire la neurectomia [14]. Il paziente è posto
in posizione supina, anestesia periferica, laccio emostatico alla caviglia, incisione di 1 cm. nello spazio interdigitale
interessato (Fig.21) , utilizziamo lo strumentario (Fig.22) per il release endoscopico del tunnel carpale, una volta
evidenziato il neuroma (Fig.23) parliamo con il Pz. che può assistere all’intervento sul monitor, e proseguiamo con la
asportazione a cielo aperto (Fig.24) del nervo con il neuroma.
Impingement posteriore di caviglia e tendinite del Flessore lungo dell’alluce
La sindrome da impingement posteriore di caviglia è caratterizzata da dolore posteriore della caviglia che può
manifestarsi sia lateralmente, al didietro dei tt. Peronieri che medialmente sul decorso del flessore lungo dell’alluce o in
entrambe le sedi. Si manifesta nei soggetti costretti a caricare a lungo stando sulla punta dei piedi e quindi colpisce in
particolare ballerini e sportivi come ginnasti, saltatori e pattinatori su ghiaccio (pattinaggio artistico). La posizione
forzatamente equina della caviglia determina una compressione della porzione posteriore dell’astragalo e dei tessuti
capsulari posteriori che vengono compressi tra tibia e calcagno in particolare in presenza di “Os trigonum” (Fig.25 e 26)
o di ipertrofia della apofisi posteriore dell’astragalo, spesso a questo si associa tendinite del Flessore Lungo dell’Alluce.
Questa condizione di impingement porta ad una limitazione funzionale ed anche alla sospensione dell’attività sportiva,
quando la terapia conservativa non sortisce effetto si rende necessaria la terapia chirurgica che solitamente consiste
nell’asportazione dell’Os-trigonum o del processo trigono dell’astragalo e nella tenolisi del F.L.A. [21].
Anatomia comparto posteriore
ƒ
Tubercolo Laterale (origine del legamento astragalo-peroneale posteriore)
ƒ
Tunnel osteo-fibroso per il tendine flessore lungo dell’alluce
ƒ
Tubercolo mediale
ƒ
Os-trigonum: è il tubercolo laterale in “pseudo-artrosi” della porzione posteriore dell’astragalo, è presente in
una percentuale del 7-10% della popolazione e ha una incidenza di bilateralità del 50%. (Fig.27)
Quadro clinico
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La maggior parte di persone che hanno l’os trigonum non sono infastidite dalla sua presenza, e la sintomatologia è
difficilmente in rapporto con le dimensioni; infatti ci sono casi asintomatici in cui l’os trigonum è più grande e casi
sintomatici in cui l’O.T. è più piccolo, comunque è più spesso asintomatico che sintomatico. La posizione in flessione
plantare completa, specie sotto carico, evoca dolore alla porzione posteriore della caviglia, sia medialmente che
lateralmente, può essere presente gonfiore e tumefazione lungo il decorso del tendine F.L.A., dolore e senso di scatto
alla flesso estensione dell’alluce, positività del test di Tomasen, l’infiltrazione di 1 cc. di Carbocaina può essere utile per
confermare la diagnosi [22]. La sintomatologia spesso compare dopo un evento traumatico quale una distorsione della
caviglia che può determinare la mobilizzazione dell’O.T. e la lesione delle connessioni legamentose, altra causa può
essere la instabilità della caviglia che può conseguire alla lesione dei suoi legamenti, infatti durante la flessione plantare
l’astragalo tende a scivolare in avanti se non è trattenuto dai legamenti, scivolando in avanti si verifica il meccanismo di
schiacciamento della porzione posteriore dell’astragalo (Fig.28) o dell’O.T. tra il margine posteriore della tibia e la
faccia superiore del calcagno. Una radiografia in laterale della caviglia in posizione neutra è in grado di dimostrarne la
presenza e in posizione di massima flessione plantare si può evidenziare la compressione dell’O.T. tra malleolo tibiale
posteriore e porzione superiore del calcagno. L’esame R.M.N. (Fig.29) può mettere in evidenza l’eventuale necrosi
dell’O.T. o del processo laterale, la tenosinovite del F.L.A., la presenza di uno pseudomenisco o di una plica sinoviale
posteriore [23].
Trattamento
Il trattamento di elezione è quello conservativo [24]:
ƒ
modificare il gesto atletico cercando di evitare il movimento che evoca dolore
ƒ
terapia con FANS per via sistemica e locale
ƒ
terapia fisica (U.S., Onde d’urto, mgnetot.)
ƒ
infiltrazione locale di corticosteroidi
ƒ
viscosupplementazione con ac. Ialuronico (in caso di tendinite F.L.A.) [9]
Occasionalmente, solo in caso di fallimento della terapia conservativa, può essere indicato il trattamento chirurgico che
consiste nella asportazione dell’O.T. o del processo posteriore dell’astragalo che verrà eseguita con approccio posterolaterale (Fig.30), nel caso sia presente anche tendinite del F.L.A. è necessario eseguire l’accesso postero mediale per
poter eseguire anche la tenolisi [25-26]. Da alcuni anni pratichiamo questo tipo di intervento in artroscopia, i portali che
utilizziamo sono:
ƒ
portale postero-mediale
7
ƒ
portale postero-laterale
ƒ
portale postero-mediale inferiore (accessorio)
Postero-mediale: incisione di circa 5 mm. circa 1 cm. anteriormente e medialmente al t. di Achille, 2-3 cm.
cranialmente al margine superiore del calcagno, è a 6 mm. dal fascio vascolo-nervoso, il limite di sicurezza è dato
dal tendine del flessore lungo dell’alluce (Fig.31 e 32).
Postero-laterale: previa trans-illuminazione per evitare lesioni al nervo surale si esegue una incisione di circa 5
mm. 1 cm., circa, anteriormente e lateralmente al t. di Achille, 1-2 cm. cranialmente al margine superiore del
calcagno, medialmente e posteriormente al n. surale ed alla vena piccola safena. La distanza media con il nervo
surale è di circa 6 mm., con la vena di circa 9 mm. (Fig.33, 33bis e 34)
Postero-mediale inferiore (accessorio): è posizionato più distalmente (1 cm circa) e più posteriormente rispetto
al postero-mediale (Fig.35 e 36)
Si evidenzia la porzione posteriore dell’articolazione tibio-astragalica, il processo trigono dell’astragalo o l’Os
trigonum con abbondante tessuto fibroso reattivo (Fig.37), a volte può essere presente una plica sinoviale o uno pseudo
menisco. In flessione plantare è ben evidente il conflitto che si produce tra porzione posteriore della tibia, Os trigonum
o processo posteriore dell’astragalo e faccia superiore del calcagno. Eseguito il debridement posteriore con asportazione
del tessuto fibroso si ha una buona visione anche del tendine flessore lungo dell’alluce (Fig.38), se tendinosico il
tendine FLA viene sottoposto a tenolisi. Si procede quindi alla asportazione dell’Os trigonum (Fig.39 e 40) che viene
liberato dalle sue connessioni con la capsula articolare e con l’astragalo, si controlla il regolare scorrimento del FLA e
l’assenza di impingement tra le componenti articolari. Suturati i portali si esegue un bendaggio modicamente
compressivo che viene mantenuto per 24 ore, si concede il carico parziale per 5-6 gg., successivamente carico completo
e recupero dell’articolarità, a un mese stretching e corsa leggera, a due mesi ripresa degli allenamenti.
Anca a scatto laterale con borsite trocanterica
L’anca a scatto è una entità nosologica caratterizzata da una sensazione di scatto doloroso durante movimenti di
flesso-estensione e rotazione della coscia sul bacino. Nella maggior parte dei casi lo scatto è extra-articolare e pertanto si
riconoscono tre tipi di anca a scatto:
•
Laterale
•
Anteriore
•
Posteriore
8
Nella forma laterale lo scatto è dovuto allo scavalcamento brusco del tendine tensore della fascia lata sul grande
trocantere durante la flessione dell’anca come nel movimento di accovacciamento. Questa patologia colpisce il 2-3 %
degli sportivi di entrambe i sessi, nel 25% dei casi si manifesta dopo un trauma, nel 50% è legata ad un sovraccarico
funzionale, nel 46% dei casi allo scatto si accompagna dolore localizzato nella zona dove viene avvertito la scatto, solo
nel 5% dei casi si associa dolore irradiato [27]. La terapia d’elezione è conservativa, consiste in:
•
Riposo
•
Fans
•
Terapia riabilitativa (stretching, controllo posturale)
•
Terapia fisica locale ( Tens, US, Onde d’urto)
•
Infiltrazione locale di steroidi
•
Viscosupplementazione con ac. Ialuronico [9]
In caso di insuccesso, con persistenza di scatto doloroso con notevole riduzione della normale attività sportiva e, in
alcuni casi, lavorativa, può essere indicata la terapia chirurgica che prevede la bursectomia e la plastica del tensore della
fascia lata [28]. Questo intervento normalmente eseguito a cielo aperto con via di accesso laterale diretta di circa 10 cm.
alla regione trocanterica (Fig.41 e 42) può essere eseguito per via endoscopica con due portali di 5 mm. circa (Fig.43),
uno antero-laterale posizionato circa 2 cm. anteriormente al grande trocantere e uno postero-laterale posizionato circa 3
cm posteriormente al trocantere (Fig.44), eseguiti i portali si esegue l’asportazione della borsa con strumentario
motorizzato (shaver) (Fig.45), si esegue sezione parziale (Fig.46) trasversale, a tutto spessore, del tensore della fascia
lata (Fig.47) sopra il trocantere ed emostasi (Fig.48), sutura e medicazione compressiva per 24 ore, carico e movimento
liberi. Utilizziamo una ottica standard per artroscopia di spalla per avere un elevato in-flow, pompa, vaporizzatore e
strumentario motorizzato (shaver)[14].
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artroscopico per via posteriore. 3-1: pp 30-35
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Didascalie foto:
1.
I 4 portali sulla faccia antero-esterna della gamba attraverso I quail vengono introdotti l’ottica e gli strumenti.
2.
Visualizzazione endoscopica della fascia della loggia tibiale anteriore, del bisturi e del tessuto adiposo
sottocutaneo.
3.
Visualizzazione endoscopica del muscolo tibiale anteriore dopo la sezione della fascia.
4.
Aspetto radiografico di un calcagno con ipertrofia dell’angolo postero-superiore da m. di Haglund.
5.
RMN caviglia: tendinopatia inserzionale molto estesa dell’Achille in m. di Haglund.
6.
Aspetto clinico di m. di Haglund.
11
7.
Aspetto radiografico post-operatorio di un calcagno dopo osteotomia angolo postero-superiore.
8.
Portale mediale.
9.
Portali mediale e laterale.
10. Debridement del t. di Achille con shaver.
11. Bursectomia con radiofrequenze.
12. Resezione angolo postero-superiore del calcagno con burr.
13. Reperi anatomici per il posizionamento del primo portale, quello mediale.
14. Introduzione della cannula nel portale mediale.
15. Portale laterale all’apice della cannula.
16. Introduzione dell’ottica.
17. Ottica da un lato e bisturi dall’altro.
18. Visualizzazione endoscopica della fascia plantare.
19. Inizio della sezione della fascia plantare con bisturi retrogrado.
20. Aspetto finale della fascia sezionata a tutto spessore con visualizzazione del muscolo sottostante.
21. Portale a livello dello spazio intermetatarsale da esplorare.
22. Introduzione della cannula nello spazio intermetatarsale da esplorare, sotto al legamento IM.
23. Visualizzazione del neuroma.
24. Asportazione a cielo aperto del neuroma.
25. Aspetto Rx di Os Trigonum dell’astragalo.
26. Disegno schematico rappresentate l’OT
27. Disegno schematico rappresentante i rapporti tra FLA, fascio vascolo-nervoso postero-mediale e astragalo.
28. Quadro Rx di ipertrofia del processo trigono dell’astragalo con le componenti tibiale e calcaneare (frecce) che
entrano in conflitto con l’astragalo (cerchio) in flessione plantare della caviglia.
29. Quadro RMN, peritendinosi FLA e fibrosi posteriore della caviglia.
30. Asportazione chirurgica a cielo aperto dell’Os Trigonum.
31. Reperi anatomici e posizionamento del portale mediale su preparato anatomico.
32. Portale mediale.
33. Preparato anatomico che mette in evidenza i rapporti tra il portale laterale e le strutture anatomiche (n. surale e
tt. peronieri). 33.Bis : Preparato anatomico che evidenzia le strutture anatomiche postero mediali e postero
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laterali.
34. Portale postero laterale.
35. Reperi anatomici e posizionamento del portale mediale inferiore accessorio su preparato anatomico.
36. Portali postero mediale e P.M. inferiore accessorio.
37. Visualizzazione endoscopica dell’Os Trigonum.
38. Visualizzazione endoscopica dell’Os Trigonum e del FLA che appare tendinosico.
39. Liberazione ed asportazione dell’Os Trigonum.
40. L’Os Trigonum asportato.
41. Via di accesso laterale alla regione trocanterica.
42. Bursectomia trocanterica a cielo aperto.
43. Reperi anatomici e sede dei portali alla borsa trocanterica.
44. Introduzione dell’endoscopio attraverso il portale posterolaterale.
45. Visualizzazione della borsa trocanterica e asportazione mediante strumentario motorizzato (shaver).
46. Si inizia la sezione del tensore della fascia lata con RF.
47. Sezione a tutto spessore parziale del tensore della fascia lata eseguita con RF.
48. Emostasi.
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