Raccontacene un`altra, Mr. Ball.

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Raccontacene un`altra, Mr. Ball.
Raccontacene un’altra, Mr. Ball.
Gli australiani, si sa, hanno uno humor radicato, ereditato dagli inglesi da cui discendono. Il nostro
amministratore delegato, Mr. Cramer Ball, non smentisce quest’ indole burlona e nell’arco di questi
due anni, continua a fare dello spirito non sempre ben accetto.
Da quando è stato eletto amministratore delegato di questa compagnia, ci ha riempito di parole
vacue, alle volte esprimendo dei concetti qualunquistici e irriverenti verso i lavoratori e le
organizzazioni sindacali, alle volte confondendo allegramente i ruoli all’interno della nostra azienda,
tanto che per qualche tempo il personale credeva di rivivere l’esperienza inconcludente dell’ex
amministratore delegato Cimoli.
Appena insediato, Mr. Ball rivolse a tutti i lavoratori di ogni settore, piloti, assistenti di volo, tecnici,
addetti alla biglietteria l’invito a proporre cinque idee per far produrre utili alla nostra azienda. Lui,
pagato centinaia di migliaia di euro, se non milioni, chiedeva ai lavoratori che hanno tutte altre
mansioni e stipendi mediocri in confronto al suo, di aiutarlo, tirando fuori delle idee valide per
risanare questa azienda.
In questi due anni abbiamo assistito a degli sprechi inenarrabili, che a parlarne sembra quasi che ci
si trovi a Zelig. Migliaia di persone hanno dovuto sottostare a delle decisioni molto discutibili, solo
per accontentare i vezzi di dirigenti presuntuosi e di un management incompetente ed arrogante.
Migliaia di persone per mesi e mesi hanno dovuto affrontare 6 ore di volo per andare dai tre ai
cinque giorni ospiti in un albergo a cinque stelle ad Abu Dhabi a parlare del nulla, per fare un corso
che li faceva diventare da “bravi a bravissimi”, con tanto di gita finale in mezzo al deserto, tutto
ovviamente a spese della compagnia; non contenti di questo spreco, hanno riorganizzato lo stesso
corso anche a Fiumicino, questa volta senza safari.
Hanno avuto la bella pensata di modificare gli aerei da poco riverniciati e cambiare gli interni,
ristrutturare il training center, la palazzina Alpha e la palazzina Bravo. Hanno avuto l’indecenza di
cambiare le storiche divise bellissime e funzionali, con dei vestiti di pessima fattura e gusto,
oltretutto inadatti al lavoro che si svolge. Sono stati attentissimi ai particolari, su come sprecare
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meglio il denaro, con rossetti e suppellettili costosi, borsette in pelle adatte al trasporto di pizzette
e tramezzini; hanno indetto ricevimenti e convention affittando auditorium, pagando star della
musica e del cinema per far mostra di ciò che non erano. Il tutto senza avere i soldi. Indebitandosi
sempre di più.
Fino a sei mesi fa, la nostra compagnia sembrava che fosse stata miracolata; dopo l’estate, il
momento più redditizio per le finanze delle compagnie, scoprivamo che stavamo con la corda al
collo.
Dica la verità signor Ball: ci ha raccontato una “palla” come diciamo in Italia, che poi guarda caso è
la traduzione esatta del suo nome. Lei è un pallonaro, come sono stati gli altri amministratori
delegati che l’hanno preceduta. Lei sperava nell’Expo, ma è stato un flop; sperava nelle olimpiadi di
Roma, che non si sono fatte; lei sperava nel giubileo che, anche quello, è stato molto al di sotto delle
aspettative. E adesso, siccome ha portato al fallimento questa azienda propone ai lavoratori un
contratto da schiavi sottopagati, credendo che in questo modo si risani l’azienda. Se anche tutto il
personale di terra e di volo lavorasse gratis, facendo turni di 14 ore al giorno, la nostra compagnia
perderebbe soldi comunque. Questa idea che lei ha sul lavoro, denota che lei in realtà non sa di cosa
parla. Non si risana uno Stato alzando le accise sulle sigarette e la benzina. Non si risana una
compagnia massacrando i suoi lavoratori.
Quando si amministra una società complessa come l’Alitalia, non si va per tentativi; non si opera
nell’incertezza e alla mercé dei venti. Qualsiasi amministratore serio, redige un piano industriale
dettagliato e mantiene ciò che dice. Ma lei, evidentemente, come le abbiamo scritto all’inizio, è un
burlone e la serietà poco le si addice.
Faccia un favore a tutti: per decenza rassegni le dimissioni, e si assuma le responsabilità che le
competono a fronte dell’ennesimo dissesto finanziario di una Compagnia allo sbando.
La verità della cronaca ha stabilito che le colpe dell'azienda nel suo recente passato non erano certo
attribuibili a mancanze o sovra-organico dei lavoratori, bensì alla responsabilità di una gestione
scellerata di manager colpevoli.
I lavoratori di questa azienda hanno subito all'epoca un attacco mediatico diffamatorio e calunnioso;
ciò nonostante chi è rimasto a raccogliere i cocci degli errori altrui è ancora oggi orgoglioso della
propria professionalità e della storia gloriosa dell'azienda.
Negli ultimi mesi, purtroppo, vediamo riproporsi le stesse subdole dinamiche che vogliono
allontanare l'opinione pubblica dalla realtà, nascondendo mire volte a deresponsabilizzare un
management ormai non più difendibile.
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Forti dell'esperienza data dalla mattanza sociale perpetrata nel 2008, con il primo fallimento,
riconosciamo oggi chiari i segnali di pericolo e siamo ora noi a denunciare lo scenario pericoloso che
si sta delineando.
Le trattative tra Alitalia e la controparte sindacale sono iniziate con due handicap: una scadenza
dietro l'angolo (28 febbraio, data oltre la quale l'azienda procederebbe all'applicazione di condizioni
unilateralmente stabilite anche a fronte dell'assenza della cosiddetta "ultrattività") e la
presentazione di proposte contrattuali irrealistiche, in alcuni punti anche illegali.
La cosa che fa pensare è il fatto che al primo tavolo (quello dell'elencazione dei punti di richiesta) si
sono sedute per Alitalia persone che, piacciano o meno, sono capaci sostenitori di trattative, gli
stessi individui che hanno portato la compagnia, rappresentandola, oltre le empasse del 2008 prima
e del 2014 poi: quindi parliamo di elementi consapevoli del rischio di stressare un confronto oltre
misura, che conoscono i limiti di forzatura e li sanno gestire.
In questo caso, però, sembra che tali limiti siano stati totalmente ignorati o addirittura spostati oltre
l'immaginazione.
E non può non nascere il sospetto che l'ordine di forzare con questa inimmaginabile modalità sia
arrivato dall'alto, da molto in alto, dal gradino più elevato della proprietà: istituti bancari ed Abu
Dhabi. Non si può non pensare di essere di fronte ad un fallimento pilotato per i seguenti punti:
1) Assenza effettiva di un piano industriale
2) Proposta contrattuale in alcuni punti non conforme alle disposizioni di legge italiane
3) La già citata tempistica, di certo non definibile congrua per una trattativa così delicata
4) Apparente totale indisponibilità a trattare da parte aziendale, percepita dalla controparte.
Le Organizzazioni Sindacali e le Associazioni Professionali coinvolte sembra quasi che siano state
messe con le spalle al muro non per siglare un accordo, bensì per essere poste nelle condizioni di
non poterlo firmare: i contenuti della proposta vanno ben oltre l'irricevibilità, sono pura
fantascienza anche in relazione, come già accennato sopra, all'applicabilità legale di alcuni punti
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(tempistiche di richiesta di congedo parentale, assenza di ferie nel periodo estivo, numero di riposi
mensili del personale navigante sotto i limiti vincolanti, turni di 12h consecutive per il personale di
terra).
Non può non sorgere il dubbio che ci si trovi di fronte ad una mera operazione finanziaria: le banche
coinvolte vanno a braccetto, in questa manovra, con un centro d'interesse che non è primariamente
un riferimento per il trasporto aereo nel mondo ma è, piuttosto, un grande nucleo di finanza globale
ovvero Abu Dhabi.
Questa operazione finanziaria con esito già scritto (fallimento, garanzia parziale dei creditori inclusi
gli stessi istituti bancari possessori di quote capitale, "ricostruzione" della compagnia di medie
dimensioni con riassunzione capestro dei licenziati per fallimento, sotto minaccia di riduzione alla
fame e con i soli salari d'ingresso) metterebbe a terra 12.000 famiglie più l'indotto ma, si sa, di fronte
alla dea finanza il materiale umano è solo una rilevazione statistica.
Le paure dei dipendenti relative alle futuribili condizioni di lavoro sono energia sprecata: se questo
sospetto è fondato (e a nostro avviso lo è, anzi, è molto più di un sospetto) una terrificante storia
già scritta sta per prendere vita, con danno enorme per le persone coinvolte ma anche per l'intero
sistema paese.
Roma, 5 febbraio 2017
ACC
AirCrewCommittee
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