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PARTE NONA
CAPITOLO VI
Le riforme e le rivoluzioni: Illuminismo e Neoclassicismo (1748-1815)
Ugo Foscolo, § 4
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Ugo Foscolo
All’amica risanata
[Poesie]
È questa la più matura delle *odi foscoliane. Fu composta fra la primavera del 1802 e quella del 1803 per
Antonietta Fagnani Arese, amante del poeta. Costei era stata a lungo malata durante l’inverno 18011802; e il componimento saluta, come dice il titolo, il ristabilirsi della sua salute (risanata significa appunto ‘guarita’; mentre in amica è presente il senso latino di ‘amante’).
Il testo rimanda, più che alla tradizione arcadica, all’ultimo Parini. L’orientamento classicistico è testimoniato anche dalle fonti greche e latine.
All’amica risanata rappresenta uno dei risultati più consapevoli e maturi del neoclassicismo foscoliano: l’armonia, l’equilibrio, in una parola la bellezza, sono esaltati quali supremi valori capaci di dare senso alla vita. E poco importa che si tratti di un senso perlopiù illusorio e fugace: alla poesia spetta anzi di dare loro solidità e durata. La bellezza della donna amata e l’altezza espressiva del dettato poetico finiscono quindi per
fondersi nella funzione di consolare gli uomini e di soddisfarne il bisogno di significato.
da U. Foscolo, Opere, a cura di F.
Gavazzeni, I, Poesie e tragedie,
Einaudi-Gallimard, Torino 1994.
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metrica Ode di sedici strofe di sei versi ciascuna (cinque settenari e un endecasillabo), con rime secondo lo schema abacdD. Il secondo e il quarto verso della strofa,
liberi dalla rima, sono entrambi sdruccioli.
1-12 Come (qual) dalle caverne (antri) marine appare fra le
tenebre che fuggono [dinanzi a lui] l’astro più caro a Venere [: il pianeta Venere] con i (co’<i>) capelli (crini) pieni di rugiada (rugiadosi), e abbellisce (orna) il proprio
(suo) viaggio con la luce (col lume) del sole (dell’eterno
raggio), così si risollevano (sorgon; con *metafora) le
tue membra divine (dive) dal letto (talamo) di malattia
(egro = malato), e in te rivive la bellezza, la dorata (au-
Qual dagli antri marini
L’astro più caro a Venere
Co’rugiadosi crini
Fra le fuggenti tenebre
Appare,e il suo vïaggio
Orna col lume dell’eterno raggio,
Sorgon così tue dive
Membra dall’egro talamo,
E in te beltà rivive,
L’aurea beltate ond’ebbero
Ristoro unico a’mali
Le nate a vaneggiar menti mortali.
Fiorir sul caro viso
Veggo la rosa, tornano
I grandi occhi al sorriso
Insidïando; e vegliano
Per te in novelli pianti
Trepide madri, e sospettose amanti.
Le Ore che dianzi meste
Ministre eran de’farmachi,
Oggi l’indica veste,
E i monili cui gemmano
rea) bellezza dalla quale (ond’<e>) le menti degli uomini
(mortali) nate per inutili passioni (a vaneggiar = a delirare) ebbero l’unica consolazione (ristoro) ai [loro] mali. La vasta *similitudine iniziale, che si stende su due intere strofe, innalza la figura della destinataria alla sfera
del mito classico, presentando subito il tema centrale
dell’ode: il potere consolatore della bellezza (cfr. vv. 1012). Co’ rugiadosi crini: duplice riferimento: alla dea Venere, nata dalle acque; al pianeta Venere, che si immagina sorgere, con i suoi raggi (indicati per *metafora dai
crini), sul mare. Le nate...mortali: è il tratto pessimistico di fondo dell’ideologia foscoliana, scarsamente fiduciosa nel destino dell’uomo.
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese Manuale di letteratura
13-18 Vedo (veggo) rinascere (fiorir) sul [tuo] caro viso il
colorito roseo (la rosa), e i [tuoi] grandi occhi tornano
a sorridere seducendo (insidïando = tendendo insidie);
e per causa tua (per te) madri preoccupate (trepide)
e amanti gelose (sospettose) vegliano [: restano sveglie e controllano] con (in) nuovi (novelli) pianti [: timori e sofferenze]. Le madri sono preoccupate che la
donna, tornata alla precedente bellezza, seduca i loro
figli; le amanti, che seduca i loro uomini.
19-30 Le Ore che poco fa (dianzi ) erano tristi (meste)
distributrici (ministre) dei farmaci, oggi [ti ] portano (recano) il vestito di seta (indica = dell’India) e
i gioielli (i monili ) che (cui ) adornano (gemmano)
[G. B. PALUMBO EDITORE]
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Le riforme e le rivoluzioni: Illuminismo e Neoclassicismo (1748-1815)
Ugo Foscolo, § 4
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Ugo Foscolo ~ All’amica risanata
Effigïati Dei
Inclito studio di scalpelli achei,
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figure di Dei (effigïati Dei) [: sogg.] lavoro (studio) meraviglioso (inclito) di artigiani (scalpelli; con *metonimia) greci (achei) e le bianche calzature (i candidi coturni) e gli [altri] abbellimenti (amuleti) per cui (onde) ai balli (a’cori) notturni i giovani (i garzoni) dimenticano (obbliano) le danze ammirando te, [o] Dea, te
[che sei] causa (principio) di sofferenze (d’affanni) e
di speranze. Guarita, la donna partecipa nuovamente ai
balli, seducendo con il proprio fascino gli uomini presenti. L’elencazione dei vari ornamenti della donna ne
innalza la figura, anche grazie alla caratterizzazione classica (cfr. coturni) o magica (cfr. amuleti) di alcuni di
essi. Le Ore: la maiuscola indica la personificazione, in
perfetto stile neoclassico. Coturni: è propriamente l’alto calzare usato nel teatro classico dagli attori tragici.
31-42 [I giovani ti ammirano] sia (o) quando abbellisci (adorni) l’arpa [: la onori suonandola] sia (e) con i ritmi (numeri) originali (novelli) sia con i dolci (molli) contorni del-
E i candidi coturni
E gli amuleti recano
Onde a’cori notturni
Te, Dea, mirando obbliano
I garzoni le danze,
Te principio d’affanni e di speranze.
O quando l’arpa adorni
E co’novelli numeri
E co’molli contorni
Delle forme che facile
Bisso seconda, e intanto
Fra il basso sospirar vola il tuo canto
Più periglioso; o quando
Balli disegni,e l’agile
Corpo all’aure fidando
Ignoti vezzi sfuggono
Dai manti, e dal negletto
Velo scomposto sul sommosso petto.
All’agitarti, lente
Cascan le trecce,nitide
Per ambrosia recente,
Mal fide all’aureo pettine
E alla rosea ghirlanda
Che or con l’alma salute april ti manda.
Così ancelle d’Amore
A te d’intorno volano
Invidïate l’Ore,
Meste le Grazie mirino
Chi la beltà fugace
Ti membra, e il giorno dell’eterna pace.
le [tue] forme, che cedevole (facile) bisso [: una stoffa pregiata] modella (seconda; vb.), e intanto il tuo canto vola
più pericoloso [: perché conquista i cuori] tra il sospirare
sommesso (basso) [degli ascoltatori ammirati]; [e ti ammirano] sia quando tracci (disegni; vb.) balli, e affidando
l’agile corpo all’aria sfuggono bellezze (vezzi) nascoste
(ignoti =sconosciuti) dalle vesti (dai manti) e dal dimenticato (negletto) velo scomposto sul petto agitato (sommosso). La donna è raffigurata in due attività attraverso le
quali il suo fascino si manifesta al massimo: suonare l’arpa e ballare. La rappresentazione della donna è dominata da una vena schiettamente sensuale, con frequenti indugi sulle attrattive fisiche (le forme del corpo messe in risalto dalla stoffa, mentre suona, la dolcezza seducente del
canto, il mostrarsi imprevisto di parti del corpo abitualmente coperte dai vestiti, nei movimenti della danza).
43-48 Ai tuoi movimenti (all’agitarti) [: nel ballo], cascano lentamente le trecce, brillanti (nitide) per l’unguento (ambro-
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sia) [messo su di essi] recentemente, non sostenute (mal
fide = affidate in modo insicuro) dal pettine d’oro e dalla
corona (ghirlanda) di rose che ora la primavera (april) ti
regala (ti manda) insieme (con) alla salute vivificante (alma). Ambrosia: è propriamente la bevanda profumata degli dei classici, che conservava loro l’immortalità. La *metafora si collega dunque a un tema centrale dell’ode: la
facoltà di eternare la bellezza attraverso la poesia.
49-54 Così volano intorno a te, invidiate [dalle altre donne],
le Ore, ancelle dell’amore, [e] le Grazie maledicano (meste…mirino = guardino in modo funebre) chi ti ricorda
(ti membra) [che] la bellezza [è] fugace e il giorno della
pace eterna [: la morte]. Si compie qui una svolta nella
struttura dell’ode, dalla quale prende l’avvio la parte più
apertamente ideologica. Circondata dalla bellezza, la donna non deve ricordare che la bellezza passa e la vita finisce. Così: nei modi descritti ai vv. 19-48. Le Grazie: secondo il mito classico, sono le tre ancelle di Venere.
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55-60 La casta Artemide abitava (tenea) le pendici del [monte] Parrasio [ed era] una [donna] mortale che guidava le
vergini [: ninfe] oceanine e faceva (fea) sibilare (fischiar)
in lontananza (lungi) le corde (i nervi) dell’arco cidonio,
terrore dei cervi. Prende il via una serie di esempi atti a
dimostrare il potere della poesia di rendere divina ed
eterna la bellezza di donne famose. Il primo esempio riguarda Artemide, dea greca della morte (e regina dei
Campi Elisi), nonché della caccia e dei boschi, raffigurata anche nella luna quale sorella del sole/Apollo; la quale era inizialmente una comune mortale, abilissima nella caccia. Oceanine vergini: si tratta di sessanta ninfe
assegnate da Zeus ad Artemide per accompagnarla nella caccia, così come narra il poeta greco Callimaco. Cidonio: cioè ‘costruito a Cidone’, città rinomata per l’industria
degli archi; è *epiteto classico.
61-66 La fama la (lei; cioè Artemide) proclamò (predicò) figlia
dell’Olimpo (olimpia) [: cioè dea, figlia di Giove e Latona];
il mondo, timoroso (pavido), la chiama Dea (Diva), e le
consacrò il trono dell’Eliso (l’Elisio soglio), e la freccia (telo) infallibile (certo), e i monti e in cielo la luna (il carro della luna; con immagine classica tradizionale). La fama, che
Mortale guidatrice
D’oceanine vergini
La Parrasia pendice
Tenea la casta Artemide
E fea terror di cervi
Lungi fischiar d’arco cidonio i nervi.
Lei predicò la fama
Olimpia prole; pavido
Diva il mondo la chiama,
E le sacrò l’Elisio
Soglio,ed il certo telo,
E i monti, e il carro della luna in cielo.
Are così a Bellona,
Un tempo invitta amazzone,
Die’il vocale Elicona;
Ella il cimiero e l’egida
Or contro l’Anglia avara
E le cavalle ed il furor prepara.
E quella a cui di sacro
Mirto te veggo cingere
Devota il simolacro,
Che presiede marmoreo
Agli arcani tuoi lari
Ove a me sol sacerdotessa appari
Regina fu,Citera
E Cipro ove perpetua
Odora primavera
Regnò beata, e l’isole
Che col selvoso dorso
Rompono agli euri e al grande Ionio il corso.
ha divinizzato Artemide, si è servita soprattutto degli strumenti dei poeti. Per le qualità divine di Artemide in terra,
nell’oltretomba e in cielo, cfr. la nota precedente. Elisio:
dei Campi Elisi, il paradiso del mito classico.
67-72 Allo stesso modo (così) la poesia (il vocale Elicona = il
[monte] Elicona risonante dei canti poetici) attribuì (die’ =
diede) altari (are) a Bellona, [che] un tempo [era una]
guerriera (amazzone) invincibile; ella prepara ora l’elmo (il
cimiero) e lo scudo (l’egida) [: le armi] e le cavalle e il furore contro l’avida (avara) Inghilterra (Anglia). Un altro
esempio di divinizzazione legato alla volontà degli uomini
di eternare virtù eccelse, e reso possibile dalla poesia: la
guerriera Bellona (un’antica divinità italica, sorella di Marte e dea della guerra). Contro l’Anglia: in riferimento alla
crisi dei rapporti tra Francia e Inghilterra,che sfocerà (maggio 1803) nella rottura della Pace di Amiens.
73-84 E quella [dea; cioè Venere] a cui ti vedo (te veggo) incoronare (cingere) devotamente di sacro mirto la statua di
marmo (marmoreo) che è presente (presiede) nelle tue
stanze intime (agli arcani tuoi lari), dove soltanto a me ti
mostri (appari) [quale] sacerdotessa, [quella Venere] fu regina, regnò beata su Citera e Cipro dove profuma (odora)
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una eterna primavera, e sulle isole che con i monti (dorso = schiena) boscosi (selvoso) interrompono il passaggio
(il corso) ai venti (agli euri) e al grande [Mar] Ionio. Terzo, decisivo esempio di donna divinizzata, avente a oggetto la stessa Venere, nel nome della quale si è aperta l’ode
e già paragonata all’amata nelle due strofe iniziali. Dea
dell’amore e della bellezza,Venere abitò secondo il mito Citera e Cipro, regnandovi; qui Foscolo ne allarga il regno a
includervi anche le altre isole ioniche, così da consentire
il riferimento conclusivo alla propria origine in quel territorio fortunato. Il collegamento tra Venere e la destinataria
è qui sottolineato anche dalla rappresentazione, che mostra la Fagnani Arese intenta a onorare con il mirto,la pianta a lei sacra, una statua della dea posta nelle sue stanze. Qui essa è sacerdotessa di Venere in quanto si dedica
ai piaceri dell’amore, mostrandosi solamente al poeta in
tale attività, cioè dandosi solo a lui. Lari: propriamente
sono divinità protettrici dei romani (ma di origine etrusca);
dato che venivano venerati all’interno delle case, essi indicano qui appunto l’interno domestico. Euri: l’Euro è propriamente il vento di sud-est, o Scirocco, secondo il nome
classico; qui vale, in genere,‘venti’.
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85-96 Nacqui (ebbi…la culla) in quel mare [: lo Ionio], lì
(ivi) si aggira (erra) [come] spirito senza corpo (ignudo) la fanciulla [amante] di Faone [: Saffo], e se di notte il vento (zeffiro) soffia (spira) dolcemente sul mare
(sui flutti) le rive (i liti) fanno risuonare (suonano) una
lira lamentosa (un lamentar di lira): per cui io (ond’io),
pieno della sacra atmosfera (aer = aria) nativa, trasporto (derivo) per te le corde eolie [: l’ispirazione della poesia greca] sulla impegnata (grave) cetra [: poesia] italiana, e [tu], circondata dal canto delle mie poesie (fra
gl’inni miei), avrai quale dea (divina) gli onori (i voti)
delle discendenti (delle…nepoti) lombarde (insubri).
Ebbi in quel mar la culla,
Ivi erra ignudo spirito
Di Faon la fanciulla,
E se il notturno zeffiro
Blando sui flutti spira
Suonano i liti un lamentar di lira:
Ond’io,pien del nativo
Aer sacro, su l’Itala
Grave cetra derivo
Per te le corde eolie,
E avrai divina i voti
Fra gl’inni miei delle insubri nepoti.
Nato nel mare greco, sotto l’influsso della poesia lirica
di quei luoghi, Foscolo dichiara la continuità della propria ispirazione rispetto a quel mondo; e la donna che
lui oggi canta vivrà eterna nel futuro così come è accaduto alle dee greche. Ebbi…culla: si ricordi che Foscolo nacque nell’isola di Zacinto. Di Faon la fanciulla: la
grande poetessa greca Saffo, vissuta intorno al 600 a.
C., secondo una leggenda si sarebbe uccisa per amore
del giovane Faone gettandosi da una rupe sul mare. Zeffiro: è voce classica che indica il vento occidentale, leggero e perlopiù primaverile. Lira: è propriamente uno
strumento a corde pizzicate, diffuso nell’antica Grecia;
indica poi per estensione la poesia (detta appunto “lirica”) in quanto accompagnata in Grecia dal suono di
tale strumento. Grave cetra: strumento simile alla lira.
Qui è detta grave (cioè ‘seria, impegnata’) a indicare
l’impegno e l’elevatezza dei testi lavorati da Foscolo.
Derivo: indica in senso stretto la trasposizione delle corde dalla lira eolica di Saffo alla cetra italiana usata dal
poeta; e indica la volontà classicistica del poeta. Eolie:
cioè ‘della Eòlide’, la zona dell’Asia Minore abitata dai
greci Èoli; in dialetto eolico scrissero i grandi lirici Saffo
e Alceo. Insubri: cioè ‘della Insùbria’, nome antico e letterario della Lombardia.
guida alla lettura
La raffinata elaborazione formale
La natura classicistica (o, meglio, neoclassica) dell’ode si rivela innanzitutto nella straordinaria raffinatezza formale. È sempre scartata la
soluzione più diretta o più ovvia, a vantaggio della più eletta, letteraria e nobilitante. Ciò è vero per il lessico, per lo stile, per le immagini.
Il lessico appunta il maggiore impegno nobilitante proprio sui tratti più
quotidiani e comuni, e per esempio sui vari elementi del vestiario della destinataria: «indica veste» 21, per “vestito di seta”; «monili» 22,
per “gioielli”; «candidi coturni» 25, per “scarpe bianche”; «manti» 41,
per “stoffe”. Allorché poi s’incontri un più comune «velo» (v. 42), all’innalzamento provvede l’aggettivo («negletto») e soprattutto la struttura metrico-sintattica, con l’*enjambement e la distribuzione degli at-
tributi prima e dopo il sostantivo. Un tipo speciale di nobilitazione
lessicale riguarda il ricorso a nomi propri classici, soprattutto a partire dal v. 55.
Lo stile è costantemente innalzato attraverso la complicazione sintattica.
Le immagini nobilitano la materia rappresentata, a partire dall’ampia *similitudine iniziale, bloccandola in quadri di intenso valore
simbolico e di particolare significato espressivo: la donna che si alza dal letto, guarita; che si adorna per recarsi al ballo; che suona l’arpa e canta; che danza; che onora la statua di Venere di una corona
di mirto.
La struttura dell’argomentazione
Dietro la ricercata ornamentazione formale si mostra una volontà argomentativa ben netta, affidata a una struttura rigorosa. Basti pensare alla rispondenza tra apertura e chiusura dell’ode: la donna amata
si alza dal letto come Venere dal mare; l’amata sarà deificata grazie al
poeta formatosi nel regno anticamente governato da Venere. E basti an-
che pensare alla divisione del testo in due parti di lunghezza uguale (48
versi ciascuna): la prima destinata a rappresentare la guarigione della donna e il suo ritorno in società; la seconda contenente l’aspetto più
strettamente argomentativo, con esempi di donne famose divinizzate
dall’arte.
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esercizi
Comprendere
1
Fai la parafrasi delle prime tre strofe.
6
Che funzione assume il riferimento alle dee del passato?
7
Quale ruolo riserva per sé il poeta? Che cosa giustifica le sue
ambizioni?
Analizzare e interpretare
2
Qual è a tuo parere il significato della *similitudine con la
quale si apre il componimento?
3
Quale funzione assumono nel testo le Ore?
4
A quale poetica si ispira la descrizione della bellezza seducente della Fagnani Arese?
5
Il verso 52 segna una profonda cesura nell’ode e impone
una svolta argomentativa: perché? Da quali elementi in
realtà è preparato e preannunciato il mutamento?
Approfondire
8
Poni a confronto la descrizione della bellezza della Fagnani
Arese con quella di Teresa nell’Ortis; sottolinea analogie e
differenze facendo riferimento ai contesti diversi.
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Rifletti, a partire da esempi appropriati, sulla forma del binomio amore e morte nei testi letterari; chiediti poi se la
soluzione foscoliana sia originale rispetto ad altre a te
note.
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