Numero 3 - Le Cese
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Numero 3 - Le Cese
La voce delle Cese Mensile gratuito della Pro-Loco di Cese dei Marsi _________________________________________ Anno I Numero 3 – 30 Luglio 2006 _____________________________________ CES’ESTATE! Arriva Agosto, tempo di vacanze per molti, ed il nostro paese si anima di persone, bambini, feste e sagre, iniziative culturali, sportive e sociali, prima dei festeggiamenti patronali di fine mese. Un mese per vivere la bellezza dei nostri luoghi con la vitalità di chi li popola, ai ritmi antichi e sempre nuovi che fanno di Cese il posto speciale che conosciamo. Il calendario inizia SABATO 5 AGOSTO con la FESTA DELLA BIRRA, appuntamento ormai storico organizzato dalla Pro Loco con la degustazione di birre scelte e piatti tipici, al ritmo della musica per tutte le età. L’evento del SABATO seguente, 12 AGOSTO, è “CESE SORELLA DI KOPATKEVICI”, giornata di incontro e socializzazione tra i nostri ragazzi e bambini con un gruppo di pari-età della città bielorussa (all’iniziativa è dedicato l’articolo a pagina bassa). LUNEDÌ 14 AGOSTO, poi, si tornerà tra i tavoli della Pro-loco per la tradizionale SAGRA DEI CECI, anche questo appuntamento immancabile nell’estate cesense per l’allegria della serata e la rinnovata tradizione culinaria. MERCOLEDÌ 16 AGOSTO, quindi, avranno di fatto inizio i festeggiamenti patronali con la ricorrenza di SAN ROCCO, o meglio SANTO ROCCO come ci piace chiamare il venerato (...continua a pag. 2) CESE SORELLA DI KOPATKEVICI LA MISURA DEL PALLONE. Nove Luglio 2006. L’Italia è per la quarta volta campione del mondo di calcio. In faccia ai cugini mai amati, ai giochi di potere, alle polemiche sulle vicende della cosiddetta “calciopoli”. Già, la giustizia sportiva non può e non deve dimenticare. Dal Circo Massimo allo stadio Olimpico la strada non è molta, ma separa due mondi che sembrano non appartenere alla stessa realtà. Processi veloci, probabilmente smaniosi (decidete voi se giustamente o meno), terminati – almeno per ora – con la condanna 26 APRILE 1986: il disastro di Chernobyl è compiuto! L’esplosione del reattore numero quattro ha messo in scacco il mondo intero destando preoccupazione in tutta l’umanità. 2006: sono passati venti anni e, mentre ancora si parla di uranio, di fusione e fissione, dell’opportunità o meno del nucleare, a poche migliaia di chilometri dal nostro paese, nelle zone limitrofe al reattore, ad alcuni bambini è negato uno dei diritti più importanti: quello all’infanzia. Di fronte a tali problemi, …continua a pag.2 in una sera d’estate, spinti da un recente documentario, mentre discutevamo . delle cause e delle conseguenze di quell’immane tragedia, abbiamo deciso che non era il caso di terminare la discussione con un insignificante, e spesso egoistico: “E che ci vó fa’?!?”, ma che sarebbe stato più opportuno un siloniano: “CHE FARE?”. Mossi dall’entusiasmo abbiamo quindi scoperto che, da almeno due anni, nella Marsica esiste un comitato della fondazione “Aiutiamoli a Vivere”, che ogni anno ospita un numero crescente di “orfani sociali” provenienti da Kopatkevici, un piccolo centro della Bielorussia nella regione di Gomel. Alcuni membri del comitato, illustrandoci le difficili condizioni di vita dei bambini di quella zona (per i quali il governo bielorusso finanzia un euro al giorno), ci hanno invitato ad organizzare una giornata per regalar loro quel sorriso spesso negato dalla vita. È nato cosi il progetto “Cese sorella di Kopatkevici”, grazie anche alla Pro-Loco di Cese che ha organizzato per il prossimo 12 AGOSTO una giornata di incontro tra i ragazzi ed i bambini di Cese ed i meno fortunati fratelli bielorussi. Anche tu lettore puoi dare una mano ad organizzare la giornata, contattando la Pro-Loco e dando semplicemente la tua disponibilità a collaborare, a preparare i giochi, a rendere l’incontro davvero speciale. Perché sorridere è un diritto di La processione della “Madonna dejj’ómmeni”. tutti…“Basta poco, che ci vò?” LA MISURA DEL PALLONE (da pag.1) della Juventus e, in misura minore, di Fiorentina, Lazio e Milan. Dirigenti di Società, uomini di potere delle Federazioni, arbitri ed assistenti, “precari” puniti con sospensioni, inibizioni ed ammende. Chi ama questo sport e chi sta cercando di risanarlo si è probabilmente posto la mia stessa domanda, e si è già dato un’ovvia risposta. Qual è il vero calcio? Non certo quello che ci costringe a seguire i processi ed i dibattimenti anziché le magie del campo. La mia risposta, però, coinvolge anche una considerazione sui valori che ogni sport dovrebbe insegnare. Il vero calcio è quello della maglia di una nazionale, delle lacrime sincere di gioia e disperazione, degli applausi ai tifosi, della lealtà. È un calcio senza soldi e senza interessi, senza trucchi o sotterfugi. È quello in piazza o contro una serranda...quello del campo in pozzolana, al freddo, giocato per puro amore, povero. La misura del pallone sta nel piede di un bambino. AFRICA MISSION IN MADAGASCAR La scorsa settimana è tornato dal Madagascar il gruppo Africa-Mission/ Azione Cattolica. La pesca di beneficenza organizzata a Cese per questa missione ha fruttato ben 400 euro, e la metà di questi sono giunti al nostro Padre Carmine, il quale ha voluto salutare i propri compaesani ringraziandoli caldamente della ormai nota generosa partecipazione. Dunque, grazie ancora a tutti! CES’ESTATE (continua da pag.1) a cui è dedicata la chiesetta alle pendici del Monte Salviano meta della solenne processione nel giorno consacrato al Santo. L’evento culturale che coinvolgerà tutto il paese avrà luogo GIOVEDì 17 AGOSTO, con la PRESENTAZIONE DEL “DIZIONARIO DEL DIALETTO CESENSE” di Osvaldo Cipollone. Una serata dedicata non solo all’importante lavoro letterario (un’iniziativa patrocinata dalla Regione Abruzzo, dalla Provincia dell’Aquila e dal Comune di Avezzano cui collaborano anche la Pro-Loco di Cese ed il Comitato festeggiamenti patronali 2006), con gli interventi di esponenti del sociale e della cultura, ma anche a rivisitazioni sceniche di folclore che cattureranno l’attenzione e stimoleranno la partecipazione di tutto il pubblico. Altri eventi si susseguiranno per tutto il mese, primi fra tutti quelli sportivi: il 1° TORNEO di CALCETTO tra i RIONI del PAESE, la quarta edizione del MEMORIAL di CALCIO “MARIO COSIMATI” e tutti gli altri tornei di sport e gioco. Molte, poi, le serate di musica e spettacolo organizzate dal Comitato Feste 2006 (composto dai giovani cinquantenni del 1956) in vista delle solennità di fine mese. Nei giorni della festa patronale sarà inoltre allestita la seconda MOSTRA FOTOGRAFICA curata da Alfredo Cipollone, con i fotogrammi dei suoi scatti più suggestivi ed originali. Sarà infine la volta dei FESTEGGIAMENTI IN ONORE DI SAN GIUSEPPE (SABATO 26 AGOSTO) e SANTA MARIA (DOMENICA 27 AGOSTO), con le seguitissime processioni solenni (un vero evento religioso e popolare), i giochi tradizionali per grandi e bambini, i concerti in piazza e gli immancabili spettacoli pirotecnici. Una giostra di avvenimenti unica, arricchita da tutte le iniziative che fioriranno contestualmente, nel cui roteare molti impareranno ad amare (ancor di più) Cese, le sue voci, la serenità di un paese più che mai vivo, con le feste ed i giochi, gli incontri, la cultura e le tradizioni. I grandi troveranno diletto e svago nell’estate cesense, i ragazzi ritroveranno le loro scalette al suono di una chitarra o della morra ed i più piccoli si godranno la libertà di giornate che poi diranno indimenticabili. Le emozioni che tornano hanno tutti i colori di una festa. La riflessione UNA PACE DI TUTTI Mi fanno male gli occhi a dover leggere ancora di distruzione, di missili “intelligenti”, di truppe ammassate, di profughi. Non voglio più ascoltare notizie di attentati, rapimenti, minacce terroristiche, instabilità cronica. Purtroppo, però, di tanto in tanto la “polveriera mediorientale” (come piace ai giornalisti) torna a catturare l’attenzione del mondo su un conflitto – di idee, di potere, di interessi e solo strumentalmente di religione – mai risolto. Ci si può schierare da una parte o dall’altra, si può continuare a chiedersi chi abbia cominciato per primo (come si faceva da bambini!), si può indagare sui burattinai che muovono i fili dietro le quinte, o ancora sugli interessi internazionali che ruotano attorno al Medio-Oriente. Basta. Non voglio avere nessun colore. È purtroppo assodato, oramai, che una convivenza serena tra popoli così diversi non è possibile alle attuali condizioni. La soluzione? Ne hanno discusso in questi giorni i rappresentanti di molti Paesi e degli Organismi internazionali, nella speranza che non sia solo un palliativo per la crisi libanese, ma riesca a dare una stabilità duratura all’intera zona. Le mie scarse convinzioni si riducono a due: credo che ogni popolo abbia diritto alla propria indipendenza ed autodeterminazione, ma anche che – allo stesso tempo – nessuno abbia il diritto di rivendicarlo con la forza. Non accetto i soprusi ma non voglio kamikaze. Non voglio terrorismi di alcun genere né Stato. Eppure leggo e vedo ancora città distrutte, aeroporti e strade saltati, folle di profughi migranti, ragazzi armati, imbottiti, con gli occhi pieni di paura. Immagini che ogni volta penso sepolte tornano a far male…non voglio più chiedermi di chi sia la colpa, è inaccettabile che debba ancora. Se esiste (ed esiste) una pace che non è silenzio, allora è senza colore, non ha fazione politica, non indossa la kefia né il kippār, non è cristiana o ebrea o musulmana; so che sa volare, parla tutte le lingue del mondo e grida alle coscienze…è una pace di tutti. Cultura popolare LA MORRA La morra è un gioco dalle origini antichissime. Possiamo ritrovarne le prime tracce addirittura nell'antico Egitto: in una tomba di un alto dignitario di corte si vede chiaramente il defunto intento a stendere il braccio con un numero, contrapposto ad un altro giocatore. Sebbene vi siano indizi dello stesso gioco anche tra i Greci, tuttavia è nell'epoca latina che se ne hanno le più chiare manifestazioni, anche scritte: in un passo di Cicerone si legge, ad esempio, che dignus est qui cum in tenebris mices, ossia "è persona degna quella con cui puoi giocare alla morra al buio". In latino la morra era indicata come micatio, dal verbo micare (digites), ossia “protendere le dita” nel gioco. Durante il Fascismo la morra è stata segnalata come gioco proibito e tuttora la legge la vieta nei luoghi pubblici. Questo perché, soprattutto nel Nord-Italia, la morra era praticata a tutti gli effetti come gioco d'azzardo. Soprattutto in passato, inoltre, la violenza gestuale e verbale del gioco si prestava benissimo a malintesi ed equivoci che a volte avevano dei risvolti drammatici. In effetti, a Cese come nel circondario ed in tutte le zone in cui è diffusa (prime fra tutte il Friuli e la Sardegna), la sfida, la provocazione e lo “sfottò” rappresentano dimensioni fondamentali della morra. La capacità e l’astuzia verbale dei giocatori spesso possono fare la differenza, soprattutto con l’imposizione del ritmo nelle jettàte e l’assoggettamento dell’avversario (specialmente dopo un serie di punti). Non è un caso che sovente il “ddù” diventi La morra in un’incisione di “ddùmate!” e il “trè” sia “trèma!”, né che le unità divengano migliaia Bartolomeo Pinelli (1810) (“ssé-mila!”) o l’ultimo suono venga prolungato ed urlato in caso di punto a proprio favore. Se gli avversari sono in rapporti di familiarità e confidenza, inoltre, entra a far parte del gioco anche una sorta di “confronto fisico” tra gli stessi, così come una certa “aggressività” verbale tesa ad intimidire il competitore. La morra ha inoltre generato nel tempo una propria terminologia o ha fatto proprie voci ed espressioni del nostro dialetto; alcuni dei vocaboli e dei modi di dire più diffusi: (manna’ o rei’) a ppeto (possibilità di riprendere una partita dall’inizio quando la squadra o il giocatore conquista la parità), reccolle le deta (capacità di cogliere la successione ripetitiva di gioco dell’avversario), schiuffà (sottintendendo le mani: sbattere le mani ogni 5 punti conquistati), repete (gettare due o più volte lo stesso numero), guerretta (passatella che un tempo faceva da seguito alla morra). Alcune espressioni tipiche sono poi: “Chiudi ‘ssa forchetta ca me sta’ a caccia’ j’ócchi!” (quando l’avversario gioca ripetutamente il due) e “Feniscila có ‘sso morzóno / có ‘ssa palanca !” (in riferimento all’uno giocato con il pugno chiuso o al cinque a mano aperta). In passato la morra era giocata anche nelle stalle, la bevanda in palio veniva prelevata con i secchi, le conche o le tine e si beveva da jo manèro (il mestolo di rame). Lo spazio “naturale” di questo passatempo tradizionale, ad ogni modo, era e resta la notte; spesso, dunque, chi vorrebbe riposare accetta di “chiudere un occhio”, cosciente del fatto che, soprattutto in piazza, e Un momento del torneo di morra dell’estate 2005. soprattutto d’estate, il gallo canta a volte…alle ddù. LA CONSULTA DEI GIOVANI Lo scorso 27 Luglio si è svolta la prima riunione della Consulta dei Giovani del Comune di Avezzano. L'occasione di incontro era volta ad informare tutti i giovani iscritti delle iniziative che la Consulta potrà promuovere e dare indicazioni sulla disciplina di elezione degli organi e sul prossimo calendario elettorale. Ma facciamo un passo indietro. La Consulta nasce con deliberazione del Consiglio Comunale n° 28 del 27 Marzo 2006, per iniziativa dell’assessore Luigi Sigismondi, come risposta alle esigenze dei giovani che “si lamentano della scarsa attenzione delle istituzioni al proprio mondo e desiderano partecipare alle scelte, per una città più vivibile e che offra maggiori occasioni di relazioni”. Tra le finalità del nuovo organo consultivo se ne annoverano alcune di grande portata ed interesse: anzitutto “garantire a tutti la partecipazione, creando attività di promozione culturale e aggregazione”; ma anche “favorire la creazione di nuovi gruppi sul territorio” e “promuovere possibilità di confronto con le Associazioni e le Istituzioni”. L’iscrizione alla Consulta (fase preliminare all’elezione dei membri della stessa) era aperta ai giovani dai 15 ai 32 anni ed ha destato l’interesse di molti ragazzi, tanto che gli iscritti sono stati in totale 727, con 265 ragazze. Anche 18 giovani di Cese hanno risposto “presente”, a conferma di un rinnovato entusiasmo ed interesse per il proprio paese, le iniziative di rilievo locale e le opportunità ad esse legate. In linea con lo slogan della Consulta: “largo ai giovani”. Il racconto GIORNATA DI MEZZ’ESTATE Mattina. Apro faticosamente gli occhi. Riesco a rendermi conto che è ancora buio… cioè il sole è già alto, ma non abbastanza da farmi ritenere che sia ora di scendere dal letto. Provo a girarmi dall’altra parte alla ricerca della sveglia, ma non è necessario: un trattore transita in direzione Avezzano. Il lavoro per qualcuno sta per cominciare. Posso rimettermi a dormire. Mi sveglio. Finalmente la stanza è prepotentemente illuminata: saranno certamente passate le 10. Guardo i numeri rossi alla mia sinistra… 10:32. Mi ritrovo davanti ad una bella tazza di latte caldo: pochi pensieri, l’estate! Sono in pantaloncini, è ora di cominciare a correre. C’è aria di pigrizia in piazza, la pigrizia dei giovani studenti in vacanza. Passo davanti il campo sportivo… non è più quello di una volta: il calcetto al coperto mi ricorda che il futuro è arrivato anche a Cese. In lontananza si vede la pesa. La strada è in salita, la strada è incrinata, la strada è scoscesa! Ripiombo nel passato. Cerco di non pensare alla fatica. L’abbaiare improvviso di un grosso cane fa aumentare le pulsazioni cardiache. Ecco la discesa. Il fontanile non è distante. Mi guardo intorno: gente laboriosa che lavora i campi… il rumore affievolito di qualche trattore sembra disturbare non più di tanto il cammino inesorabile della natura che mi circonda. Il vento fa danzare grossi alberi. Sto attento a non calpestare l’acqua, mentre osservo, in debito d’ossigeno, qualche bravo cristiano riempire le sue bottiglie di plastica: la giornata è ancora lunga… sorrido. La Madonna delle Grazie: un brivido, un pensiero. Quando ero bambino il cortile della gentile chiesetta mi sembrava più grande. I lampioni: sto finalmente rientrando nel paesello. Un cassonetto per l’immondizia giace in una strana posizione, sempre quella, oramai da anni. Le prime villette. Una donna mi viene incontro… no, abbandona la strada: dolce o bolletta? Mi immetto sulla via principale. Nessuna macchina in transito. I bar sono vuoti. Sembro essere il padrone di tutto. Ho bisogno di una doccia. Pomeriggio. La gente riposa. Il silenzio è assordante. Ho voglia di fare qualcosa. Accendo distrattamente la tv… il solito errore del primo pomeriggio! Mi affaccio alla finestra: è tutto immobile. No. Una lucertola sembra approfittare della situazione per andare a caccia di cibo. Qualche innocua nuvola si aggira nei pressi delle cime più alte dei monti. Una musica in lontananza… ora è più vicina: il gelataio! Bambini festosi invadono improvvisamente la strada. E’ ora di uscire. In piazza, dei giovani in tenuta sportiva giocano a carte: li saluto e mi siedo ad osservarli. Dopo pochi minuti vorrei alzarmi, ma non c’è molto altro da fare. Alla spicciolata, altri ragazzi si avvicinano: alcuni di loro non li riconosco. Mi chiamano… è il mio amico che non vedo da un po’ di tempo. Cominciamo a chiacchierare. Decidiamo di fare una passeggiata. Mentre ci avviciniamo alla “Madonnina”, salutiamo in modo formale qualche anziano che passa il tempo seduto all’aria aperta. Nei pressi della bianca effigie, delle donne recitano il rosario, per nulla infastidite dal rumore dell’acqua che zampilla superba dalla vicina fontana. Mi giro d’istinto dall’altra parte: a fatica si scorge l’erba alta del cortile della vecchia scuola elementare… quanti ricordi! Ci accostiamo all’edificio e sostiamo in silenzio per un lungo istante. Tornando indietro, oltrepassiamo la “chiesa vecchia” e penso a quanto sia buffo che un luogo sacro mi faccia tornare in mente il raggiungimento della maggiore età. In breve giungiamo al bar. Ancora gente che gioca a carte, circondata da annoiati spettatori. Sulla porta, il calendario delle partite del torneo di calcetto: mi informo sugli incontri della sera. Si avvicina qualcuno. Parliamo di calcio e di poco altro. Comincia il rompete le righe per gli appassionati della briscola. E’ quasi ora di cena. Sera. Mi incammino frettolosamente lungo la via principale: la partita alla Pro-Loco è già iniziata. La piazza è praticamente vuota. Più in là alcune persone sembrano percorrere il mio stesso tragitto… mi piacerebbe chiamarle, ma non le conosco. Uscendo dal paese, pare rivelarsi l’odore dell’estate. Finalmente le luci dei riflettori. I gradoni del campo di calcetto sono già per buona parte riempiti. L’incontro scivola via tra le solite bonarie polemiche. Osservo divertito i bambini che, come tradizione, si riversano gioiosamente sul terreno di gioco al termine della partita. Rimango un poco a chiacchierare del più e del meno, sotto la luce di un riflettore che richiama senza sosta insetti chissà di quale specie. Una bibita fresca serve più a far trascorrere il tempo che a smorzare la pallida calura della serata. E’ il momento di tornare in paese. La piazza appare trasformata… anche quest’anno si rinnova il miracolo dell’estate: decine di giovani affollano l’ormai familiare scalinata della chiesa. Qualcuno beve una birra. Un ragazzo intona motivi famosi con la sua chitarra, seguito a ruota da improvvisati interpreti. Altri, un po’ in disparte, si divertono ad alzare la voce giocando a morra. Ognuno sembra avere il suo ruolo preciso. Osservo, sbalordito, tutto questo. Basta… è ora di gettarsi nella mischia! Sono passate le 3 del mattino. La piazza è oramai silenziosa. Siamo rimasti in pochi, amici d’infanzia. Ricordiamo le avventure passate. Sto per commuovermi, ma riesco a trattenermi. Ci salutiamo. Chiudo gli occhi. Ripenso alla giornata passata. Mi addormento felice. STORIE ZEN In questa piccola rubrica vi presentiamo alcuni spunti di riflessione che ci offre la filosofia Zen, tralasciando ogni notazione religiosa. Lo Zen infatti “non è una setta, ma un'esperienza”. Dedicate a queste poche righe qualche secondo, consapevoli che lo Zen è per eccellenza “imprendibile e paradossale, irridente verso ogni sapienza soddisfatta, spesso nascosto dietro gli schemi del vuoto e del nonsapere”. 1. LA STRADA FANGOSA Una volta Tanzan ed Ekido camminavano insieme per una strada fangosa. Pioveva ancora a dirotto. Dopo una curva, incontrarono una bella ragazza, in chimono e sciarpa di seta, che non poteva attraversare la strada. "Vieni, ragazza" disse subito Tanzan. Poi la prese in braccio e la portò oltre le pozzanghere. Ekido non disse nulla finché quella sera non ebbero raggiunto un tempio dove passare la notte. Allora non poté più trattenersi."Noi monaci non avviciniamo le donne" disse a Tanzan "e meno che meno quelle giovani e carine. È pericoloso. Perché l'hai fatto?" "Io quella ragazza l'ho lasciata laggiù" disse Tanzan "tu la stai ancora portando con te?" (Da “101 storie Zen” N.Senzaki,P.Reps-Adelphi) Edizione curata da Roberto Cipollone. Articoli curati da Roberto ed Emanuele Cipollone, Alessandra Serone ed Angelo Torge con la collaborazione di altri soci. Per informazioni, proposte, commenti e suggerimenti scrivete a: [email protected] o visitate www.lecese.eu.