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Aus eiserner Zeit [Da un tempo ferrigno]
ciclo di Lieder di Franz Lehár, editore Ludwig Krenn, Vienna 1915.
I testi sono di Fritz Löhner; Karl Dankwart Zwerger; Franz van Westeren; Hugo Zuckermann; Erwin Weill.
Trutzlied
Canto per la difesa
Es tönen die Hörner Tag um Tag,
Und rufen zum Kämpfen und Sterben,
Es dröhnen die Mörser Schlag um Schlag
Und rufen zu Tod und Verderben.
Tuonano i corni giorno dopo giorno
E chiamano al combattimento e alla morte,
rimbombano i mortai colpo dopo colpo,
e chiamano alla morte e alla rovina.
Es schlagen die Jungen Schlacht um Schlacht
Und sie säen mit Blut und mit Eisen,
Es klagen die Alten Nacht um Nacht,
Es weinen die Witwen und Waisen.
I giovani si battono battaglia dopo battaglia
E seminano con il sangue e con il ferro.
I vecchi si lamentano notte dopo notte;
piangono le vedove e gli orfani.
Die eiserne Würfel fällt und rollt,
Wir konnten anders nicht wähle,
Wir haben das Schreckliche nicht gewollt,
Nun gnad’ aber Gott ihren Seelen!
Il dado di ferro cade e rotola,
non potremmo scegliere diversamente,
non abbiamo voluto questo orrore,
ora però Dio perdoni alle loro anime.
Ich hab’ ein Hüglein. Ein Frauenlied.
Possiedo una collina. Un canto di donna.
Ich hab’ ein Hüglein im Polenland
Und weiβ nicht wo essteht,
Ich weiβ nur, daβ ewig an seinen Rand
Meine Liebe pilgern geht.
Possiedo una collina in Polonia,
ma non so dov’è, io so soltanto
che il mio amore va sempre
come pellegrino sul suo pendio.
Sie standen in Blumen,
Auch er war dabei, dann brauste der Zug heran,
Da hob sich ein endloser Jubelschrei …
Aber mir hat es wehgetan.
Erano tutti nel fiore degli anni.
Anch’egli lo era quando il treno
Passò rombando. Si levò un grido di giubilo,
ma a me ha portato dolore.
Es winkte noch grüβend mit der Hand,
Dann zog er … fort ins Polenland.
Agitò la mano per salutare ancora,
poi partì per la Polonia.
Nun hab’ ich ein Hüglein im Polenland
Und weiβ nicht wo es steht,
Ich weiβ nur, daβ ewig an seinen Rand
Meine Liebe pilgern geht.
Possiedo una collina in Polonia,
ma non so dov’è, io so soltanto
che il mio amore va sempre
come pellegrino sul suo pendio.
Nur einer …
Uno soltanto …
Es reiβt der Wind vom Baum ein Blatt,
Von vielen tausend einen.
Wer merkt, was er genommen hat?
Nur eines ist doch keines.
Il vento strappa una foglia dall’albero,
una su molte migliaia.
Chi si accorge di quale abbia preso?
Solo una è come nessuna.
Ein kleiner, kleiner Zwieg allein,
An dem das Blatt gehangen,
Wird’s fühlen, todestraurig sein.
Und um Verlornes bangen.
Un piccolo, piccolo ramo,
sul quale pendeva la foglia,
lo sentirà e sarà mortalmente triste
E sarà infelice per quanto ha perso.
Es reiβt der Tod aus einem Heer
Von vielen tausend einen.
Wer merkt und miβt den einen? Wer?
Nur einen heiβt doch keinen.
La morte strappa da un esercito
Di molte migliaia uno soltanto.
Chi se ne accorge e lo rimpiange? Chi?
Solo uno vuol dire nessuno.
Ein enger, enger Kreis allein,
Wird um den einem kleiner
Und wird zu Tode traurig sein
Den alles war ihm einen.
Solo un piccolo, piccolo gruppo
si rimpicciolirà di uno
e sarà mortalmente triste
poiché uno rappresentava tutto.
Reiterlied 1914.
Canto del galoppo 1914.
Drüben am Wiesenrand hocken zwei Dohlen.
Fall’ich am Donaustrad? Sterb’ich in Poland?
Was liegt daran? Was liegt daran?
Eh’ sie meine Seele holen,
Kämpf’ ich als Reitersmann.
Là sul bordo del prato stanno due cornacchie.
Cadrò sulla riva del Danubio? Morirò in Polonia?
Che cosa importa? Che cosa importa?
Prima che lei si prenda la mia anima,
combatterò al galoppo.
Drüben am Ackerrain schreien zwei Raben.
Wer dich der erste sein, den die begraben?
Was ist dabei? Was ist dabei?
Viel Hunderttausend traben in uns’rer Reiterei!
Là sul campo gridano due corvi.
Sarò il primo che lei seppellirà?
Che vale? Che vale?
Migliaia galoppano nel nostro squadrone!
Drüben im Abendrot fliegen zwei Krähen, wann
kommt der Schnitter Tod, um uns zu mähen?
Es ist nicht schad’! Es ist nicht schad’!
Seh’ ich nur uns’re Fahnen wehen auf Belgerad!
Là nel tramonto volano due cornacchie.
Quando arriva la morte mietitrice, per mietere noi?
Non mi dispiace! Non mi dispiace!
Vedo solo le nostre bandiere volare verso Belgrado!
Drüben am Wiesenrand hocken zwei Dohlen
…………………………..
Là sul bordo del prato stanno due cornacchie.
………………………..
Il quinto brano della raccolta porta come titolo Fieber. Tondichtung [Febbre. Poema sinfonico]. La versione
per canto e pianoforte fu edita nel 1915. Esiste una più tarda versione orchestrale.
Luce! Sorella, luce! La lampada sembra così appannata, pesa su di me come mille libbre. Sono così stanco e
l’aria nella sala è calda e pesante. Le mie tempie martellano e, ahimè, la ferita brucia, penetra e taglia
Come posso ancora ballare oggi? Eppure devo, infatti l’ho promesso. Ella sarà con me, la biondina. Ecco sta
già salendo rapida le scale con il vestito bianco, su bianche scarpette di seta. Eccomi, sono qui! Ora prego,
il tuo braccio. Leggere come mosche e via in là, come trasfigurati.
Però, alt! Cosa è questo? La mia compagnia? Il trombettiere suona l’allarme? Come arrivate fino a qui?
Cosa volete? Riposate un volta per bene, anche voi siete così stanchi … volete bere? La lingua si attacca al
palato? Acqua! Acqua! Anch’io ho sete come la mia gente …
Ecco si sente di nuovo il walzer. Permette? … ma questo non è il walzer, questa è la tempesta!
Hurrà, dietro a me! Non ci devono prendere, prendere sempre bene la mira, non sparare nel vuoto! In sito
la baionetta! Toccate e colpite! Brava gente. Brava. Il capitano sarà fiero, ora tornate indietro e alzatevi
senza fare rumore.
Ora chiudo gli occhi e vorrei sognare, solo sognare, sognare e dimenticare, dimenticare ….
No, non voglio ballare! Orchestra, suona! Per l’ultima volta oggi fatemi vedere il mio walzer preferito, che
tante volte ho sentito …
E poi la marcia di guerra che tutti abbiamo cantato, ricordate, con essa noi si procedeva … Nella pioggia di
proiettili risuonava alle nostre orecchie e ci strappava fino alle fosse del nemico …
Oh, mamma, tu sei qui… quale sorpresa. Sento la tua mano fermala sulla mia fronte, ora rimango con te.
Sono di nuovo là, dove da bambino giacevo tra le tue braccia! Quando me ne sono andato, vedi, l’ho fatto
volentieri ed ora posso dire che ero pronto a combattere per la gloria e per la giustizia. Dammi la tua
mano, mamma, fa così bene, e se muori così, muori da eroe. Vedi là, la fiaccola della vittoria ci ricompensa.
Sulle finestre su cui aderisce il freddo ghiaccio brucia l’alba rossastra. “Signor Capitano medico! Il cadetto
del letto 8 è morto”.
Poesie di Rabindranath Tagore (1861-1941, premio Nobel 1913), dall’edizione inglese della raccolta Gitanjali.
Traduzione francese di André Gide.
Alfredo Casella, nello scegliere i testi, li denomina “chants funèbres” e intitola la raccolta L’adieu à la vie.
(la traduzione italiana è di G. Salvetti)
O toi, suprême accomplissement de la vie,
Mort, o ma mort, accours et parle-moi tout bas.
Jour après jour j'ai veillé pour t'attendre;
pour toi j'ai supporté les joies et les angoisses de la vie.
Tout ce que je suis, tout ce que j'ai, et mon espoir
et mon amour, tout a toujours volé vers toi
dans le mystére.
Un dernier éclair de tes yeux et ma vie
sera tienne à jamais.
On a tressé des fleurs et la couronne
est prête pour l'époux.
Après les épousailles l'épousée quittera sa demeure,
et seule ira dans la nuit solitaire
à la rencontre de son Seigneur.
Tu, supremo raggiungimento della vita,
Morte, o Morte mia, accorri e parlami sommessamente.
Giorno dopo giorno ho vegliato per aspettarti;
per te ho sopportato le gioie e le angosce della vita.
Tutto quello che io sono, tutto quello che ho,
la speranza e l’amore, tutto è volato verso di te
nel mistero.
Un ultimo lampo dei tuoi occhi e la mia vita
Sarà tua per sempre.
Hanno intrecciato dei fiori e la corona
è pronta per lo sposo.
Dopo le nozze la sposa lascerà la sua dimora,
e se ne andrà nella notte solitaria
incontro al suo Signore.
A cette heure du départ
souhaitez-moi bonne chance, mes amis!
Ciel est rougissant d'aurore;
le sentier s'ouvre merveilleux.
Ne me demander pas ce que j'emporte.
Je pars en voyage les mains vides
et le coeur plein d'attente.
Je mettrai ma couronne nuptiale.
Je n'ai pas revêtu la robe brune des pélerins;
sans crainte est mon esprit
bien qu'il y ait des dangers en route.
Au terme de mon voyage paraîtra l'étoile du soir,
et les plaintifs accents des chants de la vesprée
s'échapperont soudain de dessous l'arche royale.
Nell’ora della partenza
Auguratemi buona fortuna, amici miei!
Il cielo è rosso di aurora;
il sentiero si apre meraviglioso.
Non mi domandare quello che porto con me.
Io parto per il viaggio con le mani vuote
E il cuore pieno di attesa.
Metterò la mia corona nuziale.
Non ho indossato l’abito scuro dei pellegrini;
il mio spirito è senza timore
anche se ci sono pericoli sulla strada.
Al termine del viaggio apparirà la stella della sera,
e gli accenti lamentosi dei canti del Vespro
svaniranno presto sotto l’arco reale.
Dans une salutation suprême, mon Dieu,
que tous mes sens se tendent
et touchent ce monde à tes pieds.
Pareil un nuage de juillet
traînant bas sa charge d'averses,
que mon esprit s'incline devant ta porte
dans une suprême salutation.
Que les cadences de mes chants
confluent en un accord unique,
et rejoignement l'océan de silence
dans une suprême salutation.
Pareil au troupeau migrateur d'oiseaux
qui nuit et jour volent impatients
vers les nids qu'ils ont laissés dans la montagne,
que ma vie, o mon Dieu, s'essore toute
vers son gite éternel
dans une suprême salutation.
In un ultimo saluto, Dio mio,
lascia che tutti i miei sensi si tendano
e tocchino questo mondo ai tuoi piedi.
Come una nube di luglio che abbatte
il suo carico di tempesta,
lascia che il mio spirito si inchini davanti alla tua porta
in un ultimo saluto.
Lascia che le cadenze dei miei canti
confluiscano in un accordo unico,
e raggiungano l’oceano di silenzio
in un ultimo saluto.
Come uno stormo di uccelli migratori
lascia che notte e giorno volino impazienti
verso il nido che hanno lasciato sulla montagna,
lascia che la mia vita, o mio Dio, si slanci tutta
verso la sua dimora eterna
in un ultimo saluto.
La versione per canto e pianoforte è stata edita da Chester nel 1915. Le prime due liriche sono state composte a Parigi nella
primavera del 1915; le ultime due sono state composte nel luglio dello stesso anno a Prascorsano nel Canavese (prov. di Torino).
La versione per canto e gruppo strumentale è del 1926.
L’esecuzione odierna presenta le liriche 1, 3 e 4.